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sezione II civile; sentenza 4 aprile 1987, n. 3262; Pres. Maresca, Est. Sammartino, P. M. Fabi...

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sezione II civile; sentenza 4 aprile 1987, n. 3262; Pres. Maresca, Est. Sammartino, P. M. Fabi (concl. diff.); Guacci (Avv. De Mauro) c. Troso e Credito fondiario. Conferma App. Lecce 17 giugno 1983 Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 9 (SETTEMBRE 1987), pp. 2401/2402-2409/2410 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23179001 . Accessed: 24/06/2014 21:37 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.2.32.96 on Tue, 24 Jun 2014 21:37:23 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione II civile; sentenza 4 aprile 1987, n. 3262; Pres. Maresca, Est. Sammartino, P. M. Fabi(concl. diff.); Guacci (Avv. De Mauro) c. Troso e Credito fondiario. Conferma App. Lecce 17giugno 1983Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 9 (SETTEMBRE 1987), pp. 2401/2402-2409/2410Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179001 .

Accessed: 24/06/2014 21:37

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 10 aprile 1987, n. 3579; Pres. D'Alberto, Est. Marotta, P. M. Gazza ra (conci, conf.); Leanza (Avv. D'Agostino) c. I.n.p.s. (Avv. Maresca, Bartoli). Cassa Trìb. Patti 29 marzo 1985.

Previdenza sociale — Pensione — Diritto — Attività lavorativa svolta in un solo Stato membro della CEE — Disciplina (L. 17 luglio 1954 n. 823 ratifica e esecuzione dei seguenti accordi conclusi tra la Repubblica italiana e la Repubblica federale di

Germania: a) convenzione in materia di assicurazioni contro la disoccupazione e protocollo finale conclusi in Roma il 5 mag gio 1953; b) convenzione in materia di assicurazioni sociali e

protocollo finale conclusi in Roma il 5 maggio 1953; c) accor do aggiuntivo della convenzione in materia di assicurazioni so ciali del 5 maggio 1953 sulla concessione di rendite e pensioni per il periodo anteriore all'entrata in vigore della convenzione e protocollo finale conclusi in Roma il 12 maggio 1953: con

venzione, art. 1, 2, 3; reg. 25 settembre 1958 n. 3 CEE del

consiglio, relativo all'applicazione dei regimi di sicurezza socia le ai lavoratori subordinati e ai loro familiari che si spostano all'interno della Comunità, art. 9, 12).

Ove l'attività lavorativa sia stata svolta esclusivamente in uno Stato membro della Comunità economica europea ed in questo soltanto risulti costituito il relativo rapporto assicurativo, il la voratore potrà pretendere la prestazione previdenziale solo nei

confronti dello Stato alla cui legislazione è stato sottoposto e nel quale, in conseguenza, è stato assicurato in via esclusiva

(nella specie, è stata confermata la sentenza che aveva respinto la domanda di pensione d'invalidità avanzata nei confronti del l'I. n.p.s. da lavoratore che aveva svolto la sua attività soltanto nella Repubblica federale tedesca). (1)

Svolgimento del processo. — Esperito con esito negativo il pre scritto procedimento amministrativo, Benedetta Leanza, nata il

18 dicembre 1923, operaia, con ricorso depositato il 26 marzo

1980 — assumendo di essere affetta da malattie tali che ne aveva no ridotto la capacità di guadagno, in occupazioni confacenti alle

sue attitudini, nella misura richiesta dalla legge per la concessione

del trattamento di pensione — adiva il Pretore di Patti, in fun

zione di giudice del lavoro, per ottenere, nei confronti dell'I.n.p.s., l'accertamento del suo diritto alla pensione di invalidità e la con

seguente condanna dell'istituto di previdenza a corrisponderle la

predetta prestazione. Instauratosi il contraddittorio, l'I.n.p.s., costituitosi, eccepiva

la infondatezza della domanda, che, però, l'adito pretore, esple tata consulenza tecnica medico-legale, con sentenza dell'11-22 ago sto 1983, aderendo al parere espresso dal consulente, accoglieva

integralmente. La decisione, su appello dell'I.n.p.s., cui resisteva la Leanza,

veniva riformata dal Tribunale di Patti, che, con sentenza del

20-29 marzo 1985, rigettava la pretesa. Osservava il tribunale che

la Leanza — avendo svolto attività lavorativa soltanto nella Re

pubblica federale tedesca e non vantando nessun periodo assicu

rativo in Italia — non poteva pretendere la richiesta prestazione dall'istituto che gestisce in Italia l'assicurazione obbligatoria, non

consentendo la normativa comunitaria che il periodo assicurativo

(1) Conf. Cass. 10 maggio 1986, n. 3124, Foro it., Rep. 1986, voce Previdenza sociale, n. 159. Al di là della fattispecie decisa, il principio enunciato chiarisce che la contribuzione maturata nei paesi membri della CEE non vale di per sé a determinare l'insorgenza di alcun diritto in materia previdenziale a carico dello Stato di origine del lavoratore in cui

questi non possa far valere la qualità di assicurato. Ne deriva che tale condizione di assicurato va considerata il presupposto indefettibile perché possa farsi luogo alla totalizzazione dei periodi di contribuzione compiuti in due (o più) Stati, tanto ai fini del conseguimento delle prestazioni pen sionistiche vere e proprie che di ogni altro requisito occorrente per otte nere benefici indirettamente finalizzati al conseguimento della pensione quale, ad esempio, l'autorizzazione ai versamenti volontari.

Giova ricordare in proposito che l'unica ipotesi in cui viene concessa

dall'I.n.p.s. la pensione in assenza di un preesistente rapporto di lavoro e di assicurazione sociale in Italia è quella in cui il titolare di contribuzio ne estera maturata in paesi della CEE abbia prestato un periodo di servi zio militare obbligatorio in Italia. Tale periodo, infatti, è ritenuto accreditabile quale contribuzione figurativa nella assicurazione italiana in

base ai soli periodi di contribuzione estera, a seguito di una interpretazio ne in tal senso dell'art. 13, § 2, lett. d), del regolamento CEE n. 1408/71, destinato a garantire ai lavoratori che abbiano prestato il servizio militare

nell'ambito comunitario i benefici previdenziali riconosciuti dalle singole legislazioni nazionali. Tale interpretazione è stata estesa, in via equitati va, anche ai lavoratori cui risultano applicabili le convenzioni di sicurez

za sociale, vincolanti per l'Italia.

Il Foro Italiano — 1987.

in uno Stato possa essere utilizzato per ottenere le prestazioni da un altro Stato, in cui il lavoratore abbia trasferito la residenza

e non vi abbia però svolto attività lavorativa soggetta all'assicu

razione obbligatoria, ma soltanto che il lavoratore nazionale o

straniero, che vanti in Italia un periodo assicurativo, possa cu

mulare con questo quello maturato in un altro Stato della Comu nità economica europea.

Per la cassazione di tale sentenza, ricorre la Leanza sulla base di un unico motivo di annullamento. L'I.n.p.s. resiste con con troricorso.

Motivi della decisione. — Con l'unico motivo, cui è affidato il ricorso, la Leanza — denunciando violazione e falsa applica zione dell'art. 10 r.d.l. 14 aprile 1939 n. 636, nonché violazione

o, quanto meno, omessa applicazione degli art. 1, 2, 3 ss. della convenzione tra la Repubblica italiana e la Repubblica federale di Germania stipulata il 5 giugno 1953 in materia di assicurazione sociale (1. 17 luglio 1954 n. 823) — censura la impugnata senten

za, per averle il tribunale negato il diritto di beneficiare, in Italia, al fine di ottenere le relative prestazioni dall'I.n.p.s., del fondo

previdenziale costituito in Germania, non potendo far valere nes sun rapporto assicurativo costituito presso l'I.n.p.s. Sostiene la ricorrente che erroneamente il tribunale abbia ritenuto che la vi

gente normativa comunitaria non consenta al lavoratore italiano, che abbia svolto la sua attività lavorativa esclusivamente in Ger mania e non sia titolare di alcun rapporto assicurativo con

l'I.n.p.s., di pretendere, sulla base della contribuzione assicurati va eseguita in Germania, le relative prestazioni dall'istituto che in Italia gestisce l'assicurazione generale obbligatoria.

La censura non è fondata. Come questa sezione ha già avuto modo di rilevare (cfr. sent. n. 3124 del 10 maggio 1986, Foro

it., Rep. 1986, voce Previdenza sociale, n. 159), la citata conven zione tra la Repubblica italiana e la Repubblica federale di Ger mania è stata sostituita, per effetto dell'art. 5 del regolamento n. 3 emanato dal consiglio della Comunità economica europea per la sicurezza sociale dei lavoratori migranti, il 25 settembre

1958, dalle disposizioni del medesimo regolamento. Queste, peraltro, per quanto riguarda il punto in esame, non

divergono sostanzialmente da quelle della convenzione e da en trambe le discipline si desume che presupposti della loro applica bilità sono Io svolgimento di attività lavorativa e la conseguente costituzione del rapporto assicurativo, sia nello Stato di origine, sia nello Stato estero, membro della CEE. Infatti, la computabi lità delle contribuzioni eseguite presso Stati diversi (art. 9 regola mento cit.) e la «totalizzazione» dei periodi di assicurazione, in

quanto non si sovrappongano, sono previste unicamente per il caso in cui un lavoratore subordinato o assimilato sia stato sotto

posto «successivamente» o «alternativamente» alla legislazione di due o più Stati membri (art. 2, 17 e 18 convenzione cit., art.

16, 27, 32, 33 e 39 regolamento cit., art. 13 regolamento n. 4 in vigore dal 1° gennaio 1959).

Dalla esaminata normativa consegue che — ed il principio è stato già affermato nella citata sentenza n. 3124 del 10 maggio 1986 — ove l'attività lavorativa sia stata svolta esclusivamente in uno Stato ed in questo soltanto sia stato costituito il relativo

rapporto assicurativo, il lavoratore, come è stato esattamente ri

tenuto dal tribunale nella impugnata sentenza, potrà pretendere le prestazioni previdenziali solo nei confronti dello Stato, alla cui

legislazione è stato sottoposto e nel quale è stato quindi assicura

to in via esclusiva (art. 12 regolamento n. 3 cit.). Il ricorso dev'essere, pertanto, rigettato.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 4 aprile

1987, n. 3262; Pres. Maresca, Est. Sammartino, P. M. Fabi

(conci, diff.); Guacci (Avv. De Mauro) c. Troso e Credito fon

diario. Conferma App. Lecce 17 giugno 1983.

Divisione — Progetto predisposto dal consulente tecnico — Man

canza di contestazioni — Sentenza — Nullità — Insussistenza

(Cod. proc. civ., art. 789). Divisione — Progetto di divisione giudiziale — Natura giuridica

— Assenza di una parte nell'udienza di discussione del proget to — Irrilevanza (Cod. proc. civ., art. 789).

Anche ove nel giudizio divisorio non siano state sollevate conte

stazioni in ordine alla attribuzione delle quote secondo il pro

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2403 PARTE PRIMA 2404

getto del consulente tecnico, non è nulla la divisione disposta dal tribunale con sentenza, anziché dal giudice istruttore con

ordinanza. (1) Posto che la vincolatività del progetto di divisione non ha fonda

mento negoziale, ma processuale, è irrilevante l'assenza delle

parti (come pure la contumacia) alla discussione de! progetto stesso (nella specie, una parte, pur costituita, era rimasta as

sente nella udienza di discussione del citato progetto). (2)

(1) Unico precedente edito, in senso esattamente conforme, è Cass.

3 agosto 1977, n 3451, Foro it., Rep. 1977, voce Divisione, n. 31, richia

mata nella motivazione della sentenza in epigrafe; v. altresì", per implicito riferimento, Cass. 26 marzo 1981, n. 1779, id., Rep. 1981, voce cit., n. 53 («Il provvedimento ex art. 789 c.p.c. con cui in difetto di contesta

zioni è dichiarato esecutivo il progetto divisionale predisposto in corso

di causa, anche se emesso in forma di sentenza, trattandosi di pronuncia

priva di natura decisoria... non è impugnabile da soggetti estranei al rap

porto divisionale»). (2) La sentenza riprende un orientamento risalente nel tempo, ma di

recente ridotto in minoranza, secondo il quale il giudizio di scioglimento di comunione, anche laddove difetti del carattere contenzioso, non ha

mai natura contrattuale, rinvenendo sempre il suo fondamento negli isti

tuti di diritto processuale. V., in tal senso, Cass. 23 gennaio 1978, n.

289, richiamata nella motivazione della sentenza in epigrafe, Foro it.,

Rep. 1978, voce Divisione, n. 23 e, in extenso, con nota' di C. Carbone, Divisione giudiziale, rendiconto e poteri dell'avvocatura dello Stato nel

processo civile, in Giust. civ., 1978, I, 916; Comm. centrale 3 aprile 1963, n. 97475, Foro it., Rep. 1964, voce Registro, n. 487.

All'interno di questo orientamento generale è dato, peraltro, individua

re articolazioni differenti, correlate al modo di intendere la natura del

l'ordinanza stessa e più generalmente, del giudizio divisorio. Possono infatti

individuarsi tre posizioni giurisprudenziali e dottrinali:

a) al provvedimento si riconosce natura cognitoria contenziosa, come

il processo di cui partecipa (v., infatti, Cass. 22 ottobre 1973, n. 2676,

id., 1974, I, 1461, e 18 dicembre 1973, n. 3434, id., Rep. 1974, voce

Divisione, n. 35, e, con nota di A. Cerino-Canova, in Giur. it., 1976,

I, 1, 200; 25 gennaio 1949, nn. 95 e 99, Foro it., Rep. 1949, voce cit., nn. 63, 62, con nota di E. Minoli, Natura delle sentenze pronunciate nel corso del giudizio divisorio, in Giur. it., 1949, I, 1, 661). In particola re, l'ordinanza de qua viene qualificata come provvedimento decisorio, cioè come sentenza in senso sostanziale (v., al riguardo, Trib. Benevento

1° marzo 1952, Foro it., Rep. 1952, voce cit., n. 69, e E. Allorio, Giudi

zio divisorio e sentenza parziale con pluralità di parti, in Giur. it., 1946,

I, 1, 79, nonché Saggio polemico sulla giurisdizione volontaria, in Riv.

trim. dir. e proc. civ., 1948, 487) o come provvedimento ordinatorio ai

sensi degli art. 177 e 178 c.p.c. (v., in tal senso, Cass. 30 aprile 1955, n. 1216, Foro it., Rep. 1955, voce cit., n. 54, annotata da P. Pajardi, La funzione del notaio nel giudizio divisionale, in Giur. it., 1956, I, 1,

234, nonché I. An dolina, Note sull'oggetto del giudizio divisorio, in Riv.

dir. civ., 1960, II, 590); b) l'ordinanza è un provvedimento esecutivo, come lo stesso giudizio

divisorio si che, a mente dell'art. 176 c.p.c., detta ordinanza, dichiarata

dalla legge non impugnabile, è da considerarsi irrevocabile. V., in senso

conforme, E. Minoli, Contributo alla teoria del giudizio divisorio, Mila

no, 1950, 96;

c) l'ordinanza è un provvedimento non contenzioso ma volontario; per tanto, pur riconducendosi l'effetto divisorio alla statuizione giudiziale, esso ha quale presupposto necessario la «non contestazione» delle parti in ordine al progetto di divisione. In questo senso v. Trib. Napoli 9 gen naio 1958, Foro it., Rep. 1958, voce cit., n. 73, nonché E. Fazzalari, La giurisdizione volontaria, Padova, 1953, 201, e C. Mandrioli, Corso di diritto processuale civile, Torino, 1974, III, 186.

A sostegno, invece, della più recente e prevalente giurisprudenza (tenu ta a battesimo da Cass. 15 ottobre 1958, n. 3272, Foro it., Rep. 1958, voce cit., n. 82), intesa a ricondurre il nuovo assetto giuridico, conse

guenza dello scioglimento ex art. 789 c.p.c., all'accordo negoziale delle

parti, concretato dalla non contestazione esplicita o presunta del proget to, e ad escludere ogni incidenza della funzione giurisdizionale su una materia regolata dalla pattuizione contrattuale, v. Cass. 21 giugno 1985, n. 3728 e 26 gennaio 1985, n. 398, id., Rep. 1985, voce cit., nn. 35, 36; 20 dicembre 1983, n. 7525, id., Rep. 1983, voce cit., n. 38; 4 maggio 1982, n. 2737, id., Rep. 1982, voce cit., n. 34, e in extenso, con nota di C. Mandrioli, Sui rimedi contro l'ordinanza che approva il progetto di divisione pronunciata senza i presupposti di legge, in Giur. it., 1982, I, 1, 1514. Pertanto, all'ordinanza si assegna la semplice funzione di omo

logazione: cfr. Cass. 24 agosto 1981, n. 4984, Foro it., Rep. 1982, voce

cit., n. 37; 27 giugno 1980, n. 4032, id., Rep. 1980, voce cit., n. 22; 22 ottobre 1973, n. 2676, id., 1974, I, 1461.

Più puntualmente, all'interno di questo orientamento si afferma, per un verso che gli effetti sostanziali della divisione derivano dalla volontà delle parti (v. Cass. 25 gennaio 1983, n. 695, id., Rep. 1983, voce cit., n. 43; 31 gennaio 1983, n. 843, ibid., n. 42; Trib. Ariano Irpino 2 marzo

1982, id., Rep. 1982, voce cit., n. 33, e con nota di G. Azzariti, in Giur. merito, 1982, 791; Cass. 26 marzo 1981, n. 1779, Foro it., Rep.

Il Foro Italiano — 1987.

Svolgimento del processo. — Con sentenza del 7 febbraio 1980

il tribunale di Lecce dispose la divisione di un immobile, fra Mi

chele Ruggiero e Raffaele Guacci — che ne erano comproprietari in parti uguali — in conformità al progetto redatto in istruttoria

da un c.t.u., e nominò un notaio perché procedesse all'estrazione

a sorte dei lotti «al passaggio in giudicato della sentenza» me

desima.

La corte leccese — in contumacia di Luigi Troso e del Credito

fondiario s.p.a. di Roma, creditori ipotecari chiamati in causa — dichiarò inammissibile l'appello proposto da Guacci, osser

vando in relazione ai motivi del gravame — tra l'altro — che

il tribunale aveva provveduto in sostituzione del g.i. e quindi il

provvedimento impugnato aveva natura di ordinanza ex art. 789/3

c.p.c., come tale non impugnabile, che non era mai sorta conte

stazione fra le parti sulla formazione delle quote reali di cui al

progetto predisposto dallo stesso giudice istruttore e che la legge non pretende che il progetto divisionale sia discusso tra le parti

personalmente comparse ma abilita a ciò gli stessi procuratori

legali. Guacci ricorre con due motivi:

1) Violazione dell'art. 789 c.p.c. e nullità della sentenza: la

tesi sostenuta dalla corte di merito non è esatta perché, data la

natura negoziale dell'accettazione del progetto predisposto dal giu

dice istruttore, che l'ordinanza da questi pronunciata si limita

a dichiarare (tanto che un'eventuale impugnativa è ammessa, e

non in via processuale ma con normale azione cognitiva, contro

l'accordo e non contro l'ordinanza) la partecipazione personale dei condividenti è indispensabile e i difensori potrebbero valida mente sostituirli solo se muniti di mandato ad hoc.

2) Nullità della sentenza sotto il diverso profilo che, avendo,

in prime cure, il giudice istruttore rimesso la causa al collegio,

aveva con ciò manifestato il proprio intento di non operare nei

sensi voluti dal 3° comma dell'art. 789 e tale iniziativa non pote

va essere sindacata dal giudice del gravame. Gli intimati non si sono costituiti. Motivi della decisione. — 1. - Il secondo motivo — che convie

ne esaminare per primo — è infondato perché la corte di merito

era investita dell'impugnazione contro la «sentenza» del tribuna

le, e si pronunciò nei limiti di tale impugnazione, applicando il

principio pacifico in giurisprudenza che, comunque rimessa la causa

dall'istruttore al collegio, questo ha pieni poteri sostitutivi anche

con riguardo ai provvedimenti che l'istruttore avrebbe dovuto emet

tere ai sensi dell'art. 789 c.p.c. (tra le altre: Cass. n. 3451/77,

Foro it., Rep. 1978, voce Divisione, n. 31) e pertanto non ha

alcun rilievo l'osservazione contenuta in sentenza, e di cui si la

menta il ricorrente, che il giudice istruttore meglio avrebbe fatto

a non rinviare avanti il collegio le parti perché tra di esse «non

v'era mai stata controversia né sull'art dividendum né sull'entità

della quota a ciascuna spettante». 2. - Anche la questione sollevata col primo motivo va risolta

in senso contrario alla tesi sostenuta dal ricorrente.

A. - Dal confronto tra l'art. 789 e l'art. 791 in relazione al

l'art. 790 si evince che, mentre, nel caso in cui le operazioni di

divisione sono dirette da un notaio, esse si svolgono alla presenza delle parti personalmente comparse (tale essendo la ratio del 2°

comma dell'art. 790, dove l'assistenza dei procuratori è prevista solo come eventuale) nel caso in cui sono dirette dal giudice istrut

tore, il rapporto tra questi e le parti si instaura (e prosegue) nel

modo proprio e normale di ogni procedimento che, come quello

divisorio, si promuove con una citazione avanti al tribunale, cioè

attraverso la rappresentanza processuale dei loro procuratori ex

art. 82/3 c.p.c. L'art. 789, infatti, non contiene alcunché in senso

1981, voce cit., n. 53; 6 ottobre 1978, n. 4464, id., Rep. 1978, voce cit., n. 25; 9 ottobre 1975, n. 3200, id., Rep. 1975, voce cit., n. 30; 22 maggio 1973, n. 1482, id., 1974, I, 488); per l'altro verso, che l'ordinanza con cui si dichiara esecutivo il progetto di divisione non contestato non ha natura decisoria (v. Cass. 12 febbraio 1980, n. 1012, id., Rep. 1980, voce

cit., n. 18; 8 settembre 1977, n. 3919, id., 1978, I, 2871; Trib. Napoli 17 giugno 1974, id., Rep. 1976, voce cit., n. 26).

In dottrina, per una rassegna accurata dei diversi orientamenti emersi sul punto, v. A. Cerino-Canova, Correzione del progetto di divisione dichiarato esecutivo (art. 789 c.p.c.), in Giur. it., 1976, I, 1, 201; per un'analisi della giurisprudenza e dottrina che fanno capo all'orientamen to contrattualistico, v. M. Acone, nota a Cass. 29 ottobre 1971, n. 3056, in Foro it., 1972, I, 64; S. Satta, Sulla natura giuridica del procedimento di divisione, id., 1947, I, 356.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

contrario e l'espressione «il decreto» — di fissazione dell'udienza

di discussione del progetto — «è comunicato alle parti» deve in

tendersi nel significato in cui simili espressioni sono pacificamen te intese nell'intero codice di rito, in base al principio per cui,

quando le parti debbono stare in giudizio col ministero di un

procuratore legalmente esercente, le comunicazioni si fanno al

procuratore costituito, salvo che la legge disponga altrimenti (art.

170): e l'art. 789/2 non contiene eccezioni alla regola. Conforta questa tesi la considerazione che la domanda intro

duttiva di controversie del genere ha per oggetto — nella maggior

parte dei casi, e anche nella specie — sia l'accertamento del dirit

to alla divisione o allo scioglimento di qualsiasi altra comunione

di chi agisce, sia l'attuazione di tale diritto, che passa necessaria

mente attraverso la predisposizione e la discussione di un proget to ad hoc, donde è lecito argomentare che il legislatore ha voluto

attribuire al procuratore ad litem il potere di compiere non solo

tutti gli atti che servono alla miglior difesa del diritto della parte ad dividendum, ma anche del diritto di essa ad ottenere quella

porzione di beni che sia conforme alla quota spettantele in base

al titolo e/o alla legge e soddisfaccia le altre sue lecite aspettative. Né varrebbe obiettare che il difensore con procura non può

compiere atti che, pur non essendo espressamente dalla legge ri

servati alla parte, come nella specie, importano tuttavia disposi zione del diritto in contesa, se non ne ha ricevuto altrettanto

espressamente il potere (art. 84 c.p.c.) poiché gli atti dispositivi dalla legge vietati sono quelli che contrastano o che sono in qual che modo difformi o devianti o riduttivi rispetto all'interesse che

la parte ha domandato con la citazione di voler tutelare e per la cui difesa ha dato la procura al difensore, mentre, al contra

rio, il consenso di questi al progetto depositato dal giudice istrut

tore si presume dato sul presupposto della conformità di esso

al diritto del cliente ed eventualmente nel rispetto delle istruzioni

in merito avute nei normali abboccamenti col medesimo, proprio come in ogni altro caso in cui egli, nel corso del giudizio, propo ne istanza o si oppone ad istanze delle controparti, se ciò ritiene

di fare nell'interesse del mandante.

D'altra parte se l'art. 789 dovesse interpretarsi nel senso voluto

dal ricorrente, dovrebbe ripudiarsi più di un indirizzo giurispru denziale in materia, che sembra invece ormai consolidato, o af

fatto prevalente come, ad es.: a) quello per cui la contumacia

di un condividente in quanto vale mancanza di contestazione, non preclude la pronuncia dell'ordinanza di esecutorietà del pro

getto (tra le altre: Cass. 3291/53, id., Rep. 1953, voce cit., n.

47; 7/69, id., Rep. 1969, voce cit., n. 45; 1482/73, id., 1974, I, 488; 3162/73, id., Rep. 1973, voce cit., n. 43; 4984/81, id., Rep. 1981, voce cit., n. 48): non si spiegherebbe perché l'ordi

nanza sarebbe invece preclusa quando la mancanza di contesta

zione è riferibile ad un condividente costituito nel giudizio, non

presente di persona all'udienza, in cui è presente il solo difenso

re; b) quello per cui, agli effetti della rimessione della causa al

collegio per insorte contestazioni sul progetto predisposto dal giu dice istruttore, valgono anche le contestazioni sollevate da taluno

dei procuratori prima della fissazione dell'udienza di discussione, ad es. con memorie o con consulenze di parte (tra le altre —

non traspare dalla massima e lo si legge nel testo integrale —

Cass. 6181/81, id., Rep. 1981, voce cit., n. 47): se è potere dispo sitivo del diritto in contesa, che non rientra nel mandato ad litem

conferitogli al momento dell'instaurazione del giudizio, quello di

dare il consenso al progetto — che la parte, esercitando detto

potere personalmente all'udienza, potrebbe voler negare — do

vrebbe parimenti qualificarsi dispositivo il potere di negare il con

senso medesimo che la parte, se presente di persona all'udienza,

potrebbe voler dare.

B. - Ma a favore della soluzione qui prospettata vi è di più. È noto che è tuttora fortemente controverso in dottrina il pro

blema se la vincolatività del progetto predisposto e depositato dal giudice istruttore, e su cui non siano sorte contestazioni, ab

bia un fondamento negoziale ovvero processuale, cioè se la man

canza di contestazioni equivale alla prestazione di un reciproco

consenso tra i condividenti (da intendersi espresso per chi, pre

sente all'udienza, lo abbia dato con parole; tacito o presunto per

chi abbia taciuto in udienza o sia stato assente all'udienza mede

sima o addirittura contumace nel giudizio), in modo che tra loro

possa dirsi intervenuto un vero e proprio accordo, avente natura

contrattuale, si che l'ordinanza del g.i. nulla aggiunga d'imperio ma sia soltanto una specie di omologazione di tale accordo, un'at

testazione che il contratto si è regolarmente formato e quindi le

Il Foro Italiano — 1987 — Parte I-157.

parti sono tenute a darvi esecuzione perché, come ogni contratto, ha forza di legge tra le parti (art. 1372 c.c.).

Non ritiene questa corte di poter aderire a detta teoria, per le seguenti considerazioni.

Anzitutto valgono le differenze sostanziali — altrimenti inspie

gabili — tra formazione del progetto avanti al giudice istruttore

e formazione del progetto avanti al notaio delegato. Avanti al

notaio i due elementi, dell'indispensabile presenza delle parti in

persona (assistite o no dai propri procuratori) e dell'accordo che

tra loro deve intervenire perché il progetto diventi esecutivo (art. 791: «...se le parti non si accordano... il notaio trasmette il pro cesso verbale al giudice istruttore...»), sono in carattere con i

requisiti che l'art. 1325 richiede per la nascita di un contratto

(accordo delle parti, causa, oggetto e forma, quando richiesta

a pena di nullità) a nulla certo rilevando la sede e l'occasione

nelle quali avviene l'incontro dei consensi.

Consegue: a) che al contratto devono partecipare (di persona o a mezzo di mandatario ad hoc) tutti i condividenti (oltre ai

creditori intervenuti nel giudizio) e l'assenza o la contumacia di

taluno impedisce la conclusione di un valido contratto di divisio

ne (o di scioglimento della comunione); b) che il contratto, una

volta concluso, è soggetto «al comune regime d'impugnazione degli atti negoziali per vizi di volontà», ed eventualmente per difetto

dei requisiti posti a pena di nullità (o anche al regime della rescis

sione) indipendentemente dalla pronuncia del provvedimento che

dispone l'estrazione a sorte dei lotti (secondo Cass. 1045/83, id.,

Rep. 1983, voce cit., n. 41, l'azione di rescissione per lesione

ultra dimidium è proponibile solo dopo l'approvazione del verba

le di sorteggio). Avanti al giudice istruttore, invece, non è richiesto l'accordo

delle parti sul progetto, ma soltanto la mancanza di contestazio

ni, e, data la contiguità delle rispettive norme, alla differenza

delle locuzioni adoperate i procedimenti per altri versi analoghi, trattati sotto lo stesso titolo (il V: «Dello scioglimento di comu

nioni») non può non corrispondere, nel linguaggio del nostro co

dice di rito, una differenza di istituti.

Nel giudizio divisorio, mentre la fase notarile non ha natura

giurisdizionale, svolgendosi al di fuori del contatto col giudice e potendo addirittura i difensori esserne estromessi, sicché, esclu

sa come non necessaria la difesa tecnica, il notaio si trova di

fronte ai condividenti nella stessa qualità che avrebbe rivestito

se fosse stato stragiudizialmente incaricato da tutti di redigere

l'atto, la fase giudiziale viceversa si nutre delle garanzie proprie della giurisdizione poiché il progetto è predisposto da un giudice

(anche se si avvalga dell'opera di un esperto che però presta giu ramento avanti a lui — art. 194 disp. att. c.p.c. — e ne esegue le istruzioni e ne subisce il controllo) al di fuori di trattative e

contrattazioni vere e proprie dei condividendi e dei creditori in

tervenuti e in base alle rispettive situazioni soggettive prospettate dai difensori nella citazione e nelle comparse (tranne che siano

tra loro confliggenti, nel qual caso dovrà intervenire il collegio) delle quali egli deve tenere conto, nel formare le porzioni, secon

do diritto.

E la mancanza di contestazioni, all'udienza fissata per la di

scussione, se implica l'assenza di lite — donde la non necessità

di una sentenza — non implica necessariamente un accordo nel

senso tecnico-giuridico di cui al cit. art. 1321 c.c.: norma di dirit

to sostanziale — ma si traduce in un comportamento delle parti che l'ordinanza conclusiva valorizza in senso prettamente proces suale. Ciò significa che — ancora a differenza della fase notarile,

dove, se le parti personalmente si accordano sulle quote e sui

lotti come da progetto, il contratto cosi stipulato li vincola imme

diatamente ex art. 1372 c.c. — la mancanza di contestazioni al

l'udienza di discussione avanti al giudice non è sufficiente a

vincolare le parti al progetto, abbisognando per espressa volontà

della legge di quell'ulteriore, essenziale, atto che è l'ordinanza

del giudice istruttore.

Solo qualificando la mancanza di contestazioni in senso pro

cessuale, e non in senso sostanziale, si spiega come sia giuridica

mente possibile imporre anche agli assenti e addirittura ai

contumaci il progetto predisposto dal giudice alla cui discussione

essi non hanno partecipato. La contumacia è un comportamento che non può essere interpretato come consenso, sia pure tacito

o presunto, a quanto avviene nel giudizio divisorio, specie consi

derando che il contumace è già tale fin dall'inizio del procedi mento e quindi prima che il giudice (nomini l'esperto e)

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2407 PARTE PRIMA 2408

predisponga il progetto e fissi l'udienza di discussione (che non

va comunicata al contumace).

L'ordinanza, in caso di contumacia di taluno dei condividenti, trova fondamento e forza cogente in un principio generale valido

per ogni tipo di giudizio: l'accertamento e l'attuazione del diritto

di chi si rivolge al giudice non può trovare ostacolo nella non

partecipazione della controparte (regolarmente citata) e pertanto il riconoscimento del diritto potestativo a dividere, o a sciogliere la comunione, deve avvenire nonostante la contumacia della con

troparte, e cosi anche la formazione del progetto delle quote e

dei lotti. Non una manifestazione di volontà del contumace con

forme al progetto (consenso a un contratto) ma la redazione e

l'esecuzione di un progetto in assenza di qualsiasi manifestazione

di volontà del contumace e perciò scontando anche una sua pos sibile contrarietà al progetto medesimo.

A riprova si può aggiungere che se all'udienza fissata per la

discussione nessuna delle parti si presenti, sarebbe arduo ritenere

che la situazione sia da equipararsi alla mancata insorgenza di

contestazioni in presenza (almeno di una) di esse e che non sia

invece applicabile anche al giudizio divisorio l'art. 309 in relazio ne all'art. 181, con la conseguenza che il giudice istruttore, dopo i prescritti adempimenti, emetterà, si, un'ordinanza non impu

gnabile, ma di cancellazione della causa dal ruolo e non certo

di esecutorietà del progetto, che, in tal caso, non avrebbe alcuna

efficacia, tanto meno come contratto divisorio.

Questa corte ritiene, pertanto, che il progetto divisorio predi

sposto e depositato dal giudice istruttore ai sensi dell'art. 789

c.p.c. diventa vincolante per i condividenti per il combinato ef

fetto sia del comportamento di quelli fr^loro che siano comparsi all'udienza di discussione (mancata contestazione) sia dell'ordi

nanza con cui il giudice, nel dichiararlo esecutivo, esplicitamente o implicitamente dà atto della non insorgenza di contestazioni

e insieme suggella la regolarità degli atti che l'hanno preceduto e accompagnato, dando cosi rispettivamente conto del perché non

c'è bisogno né di emettere una sentenza né di attendere oltre o

compiere ulteriori attività per giungere a un titolo esecutivo.

Il solo comportamento delle parti — che suoni mancanza di

contestazioni — non è sufficiente a vincolarle (dovrebbe esserlo

se si configurasse, come vuole l'opposta tesi, come concretamen

te un contratto divisorio); né lo è la (sola) ordinanza del giudice istruttore che sia emessa in difetto di quel presupposto.

Ciò significa in una parola che il fondamento del vincolo è

prettamente processuale (concetto che nella sentenza n. 289/78,

id., Rep. 1978, voce cit., n. 23, è stato sinteticamente espresso col dire che gli «effetti di diritto sostanziale», che l'ordinanza

del giudice istruttore produce «nella sfera patrimoniale delle par

ti», «si ricollegano non manifestazioni di volontà riconducibili

al procedimento di formazione dei contratti, ma a momenti e

situazioni che sono tipiche del processo, cioè in definitiva ad una

condotta processuale in cui il mancato assolvimento dell'onere

di contestare il progetto assume rilevanza sufficiente ai fini della

legittimità dell'ordinanza del giudice»). Né vale l'obiezione che in tal modo si attribuisce natura deciso

ria a detta ordinanza e che all'istruttore non si attaglia il potere di decidere: proprio perché non c'è controversia da decidere, l'or dinanza non ha una vera e propria natura decisoria, essa sempli cemente chiude una fase del processo, nella forma che il legislatore ha ritenuto più idonea, in considerazione che il progetto è stato

predisposto nella piena garanzia giurisdizionale. Non è questo l'u

nico caso in cui il codice investe l'istruttore del potere di chiudere una fase processuale: ciò pure accade, ad es., nella specie regola ta dall'art. 350/1, in cui «se non sorgono contestazioni», l'istrut

tore dichiara con ordinanza — non importa se reclamabile al

collegio — l'inammissibilità o l'improcedibilità del giudizio di ap pello — e deve anche liquidare le spese — e non si può negare che si tratta di provvedimento idoneo a influire sulle posizioni sostanziali delle parti.

L'indirizzo giurisprudenziale prevalente accoglie la teoria con

trattualistica ma — ad avviso di questa corte, che ritiene di aderi

re, insieme con Cass. n. 289/78, cit., esaminato funditus il

problema, alla teoria processualistica — non sembra superare in maniera coerente lo scoglio rappresentato dall'incidenza della con tumacia di taluno dei condividenti sulla formazione del contratto di divisione e inoltre vi si colgono alquante perplessità.

Le sentenze nn. 1482 e 3162 del 1973 parlano di «accordo delle

parti» e di «negozio giuridico» pure in caso di contumacia ma non spiegano come questa (che come già detto, è propriamente

Il Foro Italiano — 1987.

un istituto processuale) si concilii con quelli (che sono regolati dal diritto sostanziale).

La sentenza n. 3291 del 1953, invece, parla di «accordo nego ziale» quanto al progetto predisposto dal notaio (divisione ami

chevole) e aggiunge che «la contumacia di uno o più interessati

impedisce la formazione di tale «accordo negoziale» ma non ha

effetto alcuno se il progetto è predisposto dal giudice istruttore

(divisione giudiziale): a stare alla massima, quindi, avanti al giu dice istruttore la vincolatività del progetto non poggia su di un

accordo.

La sentenza n. 4468 del 1978 (id., Rep. 1978, voce cit., n. 25)

nega che nella contumacia di taluno dei condividenti possa confi

gurarsi una «regolamentazione negoziale» della divisione quando il progetto è predisposto dal g.i.

La sentenza n. 3434 del 1973 (id., Rep. 1973, voce cit., n. 37) — in una specie in cui, dopo l'ordinanza di esecutorietà del pro

getto, il g.i. aveva rimesso le parti al collegio per la decisione

sulle spese, unico punto in contestazione, e il collegio con la sen

tenza aveva, in più, corretto alcuni errori materiali del progetto — nella prima parte ribadisce che l'ordinanza ha il contenuto

di un semplice controllo di legalità, mentre gli effetti sostanziali

della ripartizione si ricollegano ad un titolo negoziale soggetto alle comuni azioni contro i negozi giuridici (e quindi dichiara va

lida la statuizione dei giudici di merito sulle spese processuali, non modificativa del progetto) nella seconda parte, nel dichiarare

il ricorrente privo d'interesse perché si era doluto del modo e

non del risultato della correzione, afferma che, a norma dell'art.

288, ultima parte, c.p.c. — capo V: «Della correzione delle sen

tenze e delle ordinanze» — oggetto dell'appello avrebbe dovuto

essere lo stesso provvedimento corretto (senza spiegare come si

concilia la natura di negozio attribuita al progetto — erroneo — non contestato dalle parti, con la natura di provvedimento

giurisdizionale dato all'atto da correggere ed effettivamente cor

retto dal giudice di merito). La sentenza n. 1012 del 1980 (id., Rep. 1980, voce cit., n. 16)

— letta in extenso da un lato afferma che la ratio della norma

sta nella presunzione che le parti abbiano dato il consenso a che

la divisione avvenga nel modo predisposto dal g.i. (e quindi sem

bra sposare la tesi contrattualistica), dall'altro dice che «la legge

pone a carico delle parti l'onere delle contestazioni intorno al

progetto di divisione nell'udienza apposita, in difetto delle quali

impone al giudice di dichiarare con ordinanza esecutivo il proget to» (e non spiega come il principio di preclusione cioè la non

osservanza di un onere nel processo — possa armonizzare col

fondamento contrattuale — di diritto sostanziale — del vincolo

all'osservanza del progetto). Se dunque il fondamento su cui poggia la vincolatività del pro

getto predisposto dal giudice istruttore ha natura prettamente pro

cessuale, viene a cadere uno dei principali argomenti a favore

della tesi che vorrebbe le parti in persona presenti all'udienza

di discussione. Se si tratta di esaminare un progetto divisionale, magari con

l'ausilio di un consulente di parte, e di verificarne la corrispon denza alla posizione soggettiva del cliente come in precedenza

illustrata, e contemporaneamente controllare che siano state adem

piute tutte le condizioni imposte dal rito perché il procedimento sia regolare e si avvii validamente alla conclusione, non si vede

perché la facoltà di sollevare o no contestazioni sul progetto non

possa farsi rientrare nei poteri che il difensore con procura eserci

ta normalmente nel processo. Da notare in proposito che anche se tale principio (della non

necessità che le parti siano presenti di persona) non risulta for

malmente enunciato nelle massime ufficiali, nelle sentenze di cui

è dato leggere il testo integrale esso è pacificamente implicito e

sotteso alla trattazione in fatto e in diritto, che sempre si riferisce

a udienze di discussione svoltesi in presenza dei soli procuratori

(tra le altre: sent. n. 2864/76, id., Rep. 1976, voce Istruzione

preventiva, n. 8, comunicazione dell'ordinanza di fissazione del

l'udienza di discussione al procuratore costituito che non ha reso

noto al giudice ed alla controparte il decesso del cliente; n. 289/78

cit., «mancato insorgere dei difensori delle parti avverso il conte

nuto del progetto»; n. 1012/80, id., Rep. 1980, voce Divisione, n. 19, all'udienza fissata non potevano ritenersi sollevate conte

stazioni solo perché un legale aveva chiesto un rinvio, in quanto

egli non era munito di procura ad litem, mentre il vero difensore

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

non era comparso: dal che si deduce che, se fosse comparso in

udienza il procuratore costituito, avrebbe potuto validamente sol

levare contestazioni o dare il consenso). Sebbene non sia strettamente indispensabile ai fini della deci

sione del ricorso, mette conto esaurire l'ambito del primo motivo

là dove, a prova della natura negoziale delle dichiarazioni di ac

cettazione, espresse o tacite o presunte, rese dalle parti all'udien

za di discussione del progetto, si deduce che un'eventuale

impugnativa potrebbe rivolgersi solo contro l'accordo cosi rag

giunto — con le normali azioni cognitive ammesse per i contratti

in generale — e non contro l'ordinanza di esecutorietà.

La coerenza di tale conclusione con la premessa (è un accordo) è innegabile, ma se cade la premessa (non è un accordo) la con

clusione non può che essere diversa. Il riscontro della coerenza

logico-giuridica di una diversa conclusione con la diversa premes sa da cui la corte è partita serve ad un ulteriore controllo della

correttezza di questa e della sua conformità al sistema.

Ora, il giudizio divisorio fallirebbe il suo scopo (che è quello di pervenire, in unica fase o attraverso varie fasi a seconda delle

pretese e dell'intreccio degli interessi e dei nodi da sciogliere, alla

definitiva attribuzione a ciascuno dei condividenti di una porzio ne di beni della massa, se, al di fuori dei normali mezzi che i

contendenti hanno a disposizione per porre fine al giudizio senza

un intervento del giudice che non sia puramente dichiarativo (tran sazione extraprocessuale, rinuncia, cancellazione ed estinzione da

inattività) lo si facesse terminare con un atto puramente interlo

cutorio e fornite di altre cause fra le parti. Il c.d. contratto divi

sorio stipulato all'udienza nulla avrebbe di diverso da un contratto

di divisione amichevole che le parti stipulassero avanti ad un no

taio senza (o prima di) ricorrere al tribunale, cosicché, impugna to che sia tale contratto con le normali azioni, e dovendosi la

ricostituita comunione una buona volta sciogliere, stavolta giudi

zialmente, cioè in modo contenzioso, si perverrebbe di nuovo ad

un accordo divisorio ex art. 789, di nuovo impugnabile con le

normali azioni: e cosi via, con quale danno, specie per la parte in buona fede, è facile immaginare.

Ma questo illogico meccanismo non corrisponde affatto a quello

giuridicamente configurabile, alla stregua degli art. 784 ss. c.p.c. Il progetto è predisposto dal g.i. — ripetesi — in stretta ade

renza alle posizioni soggettive dei condividenti e in fedele appli cazione delle norme sostanziali che regolano la comunione, ereditaria o no, il modo in cui deve essere sciolta e i diritti che

ai singoli condividenti devono residuare. Non è assimilabile a un

tentativo di conciliazione, che è tutt'altra cosa e in occasione del

quale il g.i. può utilizzare anche ragioni di convenienza o di equi tà o metagiuridiche.

Pertanto (oltre che seguire la formazione stessa del progetto,

quando è affidata a un c.t.u., attraverso la nomina di un consu

lente tecnico di parte) i condividenti, ai quali deve esserne data

comunicazione, dal momento del deposito fino alla chiusura del

l'udienza di discussione si trovano in presenza di uno schema

di attuazione della divisione completa di tutti i dati necessari e

sufficienti perché ciascuno possa controllare con ogni garanzia la legalità e la giustizia sotto ogni profilo (la corrispondenza delle

porzioni alle quote ideali, il valore delle porzioni ai fini dei con guagli, l'entità e il valore dei frutti se ve ne sono, la congruità dei termini e delle altre modalità per le prestazioni accessorie, la stessa consistenza fisica e topografica degli immobili o parti di immobili inclusi nelle rispettive porzioni, ecc.).

E lo scopo precipuo dell'udienza di discussione è proprio quel lo di permettere alle parti (le quali, si presume, hanno previamen te esaminato a dovere il progetto depositato) di sollevare quelle

contestazioni, su qualsiasi punto o aspetto soggettivo/oggettivo, sostanziale o processuale, che ritengono a difesa dei propri diritti

(e che solleverebbero, come «impugnazioni» in senso strettamen

te giuridico-processuale, contro la sentenza che, in ipotesi di in

sorte contestazioni disponesse la divisione secondo uno schema

diverso da quello predisposto dall'istruttore) di modo che se le

parti non ritengono di sollevare contestazione alcuna, ed è emes

sa l'ordinanza di esecutorietà, ripugna al sistema permettere a

taluno di proporre in separata sede, in un giudizio ex novo, quel

le contestazioni (impugnazioni) per proporre le quali il codice ap

presta lo speciale procedimento del titolo V del libro quarto.

Promuovere una causa dopo l'ordinanza — inimpugnabile — (o

anche dopo il decreto di approvazione del verbale di sorteggio

delle quote: Cass. n. 1045/83 cit.) quando la stessa causa poteva

essere instaurata (e subito rimessa in decisione al collegio) in esito

Il Foro Italiano — 1987.

all'udienza di discussione perché le ragioni del promuoverla pren devano radice proprio in quel progetto sulla cui legalità e giusti zia i condividenti erano chiamati a discutere, sembra a questa corte svuotare il giudizio divisorio della sua specifica natura ri

spetto ad ogni altro giudizio. Un'ipotesi del genere si è verificata

proprio nell'attuale giudizio in cui il ricorrente, che nulla aveva

obiettato al progetto predisposto dall'istruttore e che, unitamente

alla controparte, aveva chiesto al collegio la restituzione degli atti

a quest'ultimo per l'estrazione a sorte dei lotti, si ricordò che

le porzioni non erano uguali alle quote (che è l'indagine principa le da svolgere in presenza di un progetto divisorio) solo in appel

lo, dopo che il tribunale, in conformità alle concordi richieste

e sostituendosi al g.i., aveva dichiarato esecutivo il progetto e

disposto per l'estrazione a sorte (e quindi, come statuito dalla

corte leccese, tardivamente).

Quanto sopra non significa che le parti, di fronte all'ordinanza

di esecutorietà, non hanno modo di reagire a qualunque anoma

lia od abnormità che essa suggella.

a) Intanto, se il g.i. esorbita dalle proprie attribuzioni funzio

nali (ad es. decidendo le questioni sorte in sede di discussione

e che dovrebbero invece essere rimesse al collegio) si ha un prov vedimento assolutamente estraneo e deviante rispetto al tipo re

golato dalla legge e insuscettibile dei normali mezzi d'impugnazione

proprio perché il legislatore non ha previsto l'anomalia, donde

la risorsa estrema del ricorso per cassazione ex art. Ill Cost., avendo il provvedimento sostanza decisoria.

b) In secondo luogo, le irregolarità e le nullità inerenti ai sin

goli atti e provvedimenti che precedono la pronuncia dell'ordi

nanza sono deducibili all'udienza di discussione insieme con le

doglianze riguardanti le valutazioni, le ripartizioni e le attribuzio

ni che costituiscono la parte sostanziale del progetto. Non c'è

motivo di non fissare per quelle lo stesso momento preclusivo di queste; se il processo è funzionale all'attuazione del diritto, la parte soddisfatta della porzione e del trattamento che ritiene

stia per toccarle in base al progetto, non ha interesse a dedurle; in caso contrario esse pure costituiranno oggetto delle «contesta

zioni» su cui dovrà decidere il collegio con sentenza.

c) Per quanto riguarda, infine, quegli elementi o presupposti la cui mancanza rende il provvedimento inesistente o inutiliter

dato (ad es.: difetto di sottoscrizione del giudice, non integrità del contraddittorio in caso di litisconsorzio necessario, mancata

partecipazione all'udienza di discussione dipendente da omessa

o nulla comunicazione del decreto di compensazione dei condivi

denti ex art. 789/2) valgono gli stessi rimedi (come la querela

nullitatis, sia da esperirsi in separato normale giudizio cognitivo, sia da esperirsi, per quelle nullità non potute dedurre nel giudizio

divisorio, anche in sede di opposizione all'esecuzione) che, am

messi dall'ordinamento contro i provvedimenti giurisdizionali su

scettibili, siccome decisori, di passare in giudicato, non c'è motivo

che non lo siano anche contro l'ordinanza de qua, che anche

se natura decisoria in senso proprio non ha, si vede attribuire

dalla legge la stessa o un'analoga efficacia (inimpugnabilità, ese

cutività). La relativa ampiezza del presente excursus (che, è ovvio, non

può essere esauriente) si è resa necessaria sia per la stretta intera

zione fra gli istituti coinvolti (se c'è contratto, può essere stipula to solo dalle parti in persona o da loro speciali mandatari, non

è ammissibile l'assenza o la contumacia, e l'impugnazione è am

messa solo tramite le normali azioni in via cognitiva; se non c'è

contratto, allora i procuratori legali sono abilitati a fare le di

chiarazioni, l'assenza o contumacia è irrilevante e gioca la preclu sione con le eccezioni elencate) sia per dare doverosamente conto

delle ragioni che inducono questa corte a non seguire — con la

sent. n. 289/78 (id., Rep. 1978, voce cit., n. 23) e qualche altro

sporadico precedente — la teoria contrattualistica che, a stare

alle massime ufficiali, sembra prevalente ma non offre una sod

disfacente composizione armonica di quei medesimi istituti (è un

contratto, ma può essere stipulato anche da parti assenti all'u

dienza o addirittura contumaci, quelle costituite sono rappresen tate alla medesima udienza semplicemente dai loro procuratori senza mandato ad hoc, l'impugnazione è ammessa solo con le

normali azioni cognitive in via separata, e tuttavia è ammesso

anche il ricorso per cassazione ex art. Ill Cost, come contro

un provvedimento decisorio).

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