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Sezione II civile; sentenza 5 aprile 1962, n. 720; Pres. La Via P., Est. Rossi G., P. M. Caldarera...

Date post: 27-Jan-2017
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Sezione II civile; sentenza 5 aprile 1962, n. 720; Pres. La Via P., Est. Rossi G., P. M. Caldarera (concl. conf.); Graziani (Avv. Romanelli) c. Mancini (Avv. Castellani) Source: Il Foro Italiano, Vol. 85, No. 10 (1962), pp. 1959/1960-1961/1962 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23150833 . Accessed: 28/06/2014 14:14 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.31.195.50 on Sat, 28 Jun 2014 14:14:11 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione II civile; sentenza 5 aprile 1962, n. 720; Pres. La Via P., Est. Rossi G., P. M. Caldarera(concl. conf.); Graziani (Avv. Romanelli) c. Mancini (Avv. Castellani)Source: Il Foro Italiano, Vol. 85, No. 10 (1962), pp. 1959/1960-1961/1962Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23150833 .

Accessed: 28/06/2014 14:14

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1959 PARTE PRIMA 1960

dalla prova dell'esistenza di un pericolo, ed e inderogabile dalla volonta delle parti, in. quanto disposta da ragioni di

sicarezza generate e di ordine pubblico. Il giudiee poträ, tuttavia, anclie stabilire, se lo riterrä, necessario, una di

stanza superiore a quella minima regolamentare, o scegliere

quella intermedia, opportuna, tra la minima e la massima, se stabilite.

Ove norme regolamentari non esistano o non provve dano ai riguardo la distanza sarä, stabilita allora, caso per caso, dal prudente apprezzamento del giudiee, in rapporto alle concrete condizioni di pericolositä dell'opera per i vi

cini: cade, cioö, la presunzione iuris et de iure di pericolositä delle opere in parola : a maggior ragione tale presunzione cade se i regolamenti non determinano la distanza da osser

vare dal confine per la costruzione di depositi destinati a

contenere particolari sostanze esplodenti o comunque peri colose o nocive, ma impongono opportune cautele di carat

tere tecnico al riguardo una volta che tali prescrizioni siano

state osservate: il costruttore poträ, cioe, dimostrare

l'inesattezza, nel caso concreto, di ogni pericolo di danno a carico dei fondi vicini al fine di essere dispensato dal ri

spetto anclie di una distanza dal confine con il vicino, da

stabilirsi ad opera del giudiee (cfr. Cass. n. 3344 del 1956, Foro it., Kep. 1956, voce Distanze legali, nn. 53, 54 ; n. 1536

del 1958, id., Eep. 1958, voce cit., n. 58 ; n. 2091 del 1961,

id., 1962, I, 1333). In sostanza, per l'art. 890 gl'impianti e i depositi ven

gono in considerazione per la intera capacita delle materie

che contengono a produrre danno, ed alia ratio della norma

e essenziale che, comunque, si raggiunga lo scopo di tu

telare la pubblica incolumita. Pertanto, se le norme regola mentari dettano particolari accorgimenti tecnici per la

costruzione di depositi di materie pericolose o nocive per la incolumita dei vicini, tali norme debbono essere sempre osservate (anclie perchc i depositi stessi non potrebbero entrare in uso e funzione, in quanto non otterrebbero il

benestare dell'autoritä, amministrativa) ; se stabiliscono

an che l'osservanza di distanze minime dal confine, pure queste debbono essere osservate, in relazione all'art. 890,

perche distanze legali quanto a rapporti di vicinato ; ma

ciõ non toglie perõ che, in concreto, il giudiee possa sta

bilire l'osservanza anche di distanze maggiori. Se i regolamenti non stabiliscono distanze il giudiee,

caso per caso, preciserä quale distanza debba essere osser vata in rapporto anche agli accorgimenti teenici posti in

opera dalla costruzione del deposito. Ed allora, per deeidere se applicare l'art. 889 o l'art. 890,

l'accento non va principalmente posto, come ha fatto

il Tribunale di Lucca sulle caratteristiche del contenente, ma su quelle del contenuto, deve, cioö, innanzi tutto accer

tarsi la natura del materiale che deve essere versato nella

cisterna, nel serbatoio, nel deposito, ecc., vale a dire se esso e potenzialmente peric.oloso per il vicino a causa di infil trazioni o spandimenti eventuali, o se esso sia intrinseca mente pericoloso o dannoso per la pubblica incolumita. Orbene non puõ essere negato che la nafta, quale olio mi nerale combustibile, e una materia di per se pericolosa a causa della sua infiammabilitä, della sua capacita a susci tare incendi e a provocare scoppi.

L'art. 63 t. u. leggi di P. s., approvato con r. decreto 18 giugno 1931 n. 773, considera pericolosi l'impianto o l'esercizio di depositi di olii minerali e dei loro derivati e residuati (oltre che delle sostanze, in genere, le quali pre sentano pericolo di scoppio o diincendio) erimanda, per essi, alle norme dettate dal regolamento speciale : attualmente 11 decreto min. 31 luglio 1934, modificato dal decreto min. 12 maggio 1937. Tale decreto min., nel classificare gli olii minerali in tre categorie, denomina quelli della cat. A

«liquidi i cui vapori possono dare luogo a scoppio » ; quelli della cat. B «liquidi infiammabili»; quelli della oat. 0

«liquidi combustibili» e per tutte e tre le categorie detta norme di sicurezza, con espresso riferimento all'art. 68 t. u. delle leggi di P. s. Tali norme sono stabilite anche per i serbatoi, in genere, di olii minerali (art. 64 e segg.) e, in

particolare, per quelli destinati agli impianti di riscalda mento centrale (art. 68). Tra gli altri accorgimenti si stabi

liace clie detti serbatoi debbono essere eostruiti in metallo

(lamiere di aeciaio) a forma cilindrioa e con asse oriz

zontale, cosicchö la possibility ehe il liquido in essi conte

nuto fuoriesca, si infiltri o si espanda nel fondo vicino b da

eonsiderarsi inesistente rispetto ai pericolo di incendio o

di sooppio insito nel liquido stesso ; ed ancbe per tale ra

gione non pare dubbio che la norma da tener presente e

d'applicare, nel caso concrete, sia l'art. 890 e non Part. 889. La sentenza impugnata deve essere, dunque, cassata

e il giudice di rinvio, che si designa nel Tribunale di Pisa, dovrä inquadrare la fattispecie concreta sotto l'art. 890

e, in particolare, i decreti min. 31 luglio 1934 e 12 maggio 1937. Quindi, dopo aver accertato se per la messa in opera del serbatoio in questione sono state osservate le norme di

sicurezza, dettate dal regolamento speciale per la costru

zione di serbatoi interrati destinati a contenere olii mi

neral] per l'alimentazione d'impianti di riscaldamento cen

trale, dovrä, anche stabilire, secondo la sua discrezionale ma

motivata valutazione, se l'osservanza delle prescrizioni tecniche insieme alia distanza di metri 1,50 del serbatoio

stesso dal confine siano, in concreto, misure sufficienti alia tutela delPincolumitä del vicino o se, invece, debba essere

prescritta una distanza eventualmente maggiore. Per questi motivi, cassa, ecc.

CORTE SÜPHEMA DI GASSAZIONE.

Sezione II civile ; sentenza 5 aprile 1962, n. 720 ; Pres.

La Via P., Est. Eossi Gk, P. M. Caldabera (concl.

conf.) ; Graziani (Aw. Romanelli) c. Mancini (Aw.

Castellani).

(Gonferma App. Napoli 9 gennaio 1960)

Confessione in materia civile —- Confessione giudi zialc — Revooa per errore di fatto — Prova (Cod. civ., art. 2732).

Lavoro (rapporto) — Lavoratori agrieoli — Fattore di campagna — Qualifica.

Ai fini della revoca della confessione clie si assume determi nata da errore di fatto non e sufficiente la dimostrazione della obiettiva inesistenza della circostanza ehe ha for mato oggetto della confessione, essendo altresl necessario

offrire la prova dei motivi che hanno suscitato nel confi tente Verroneo convincimento della veridicitä delle proprie ammissioni. (1)

La qualifica del prestatore di lavoro subordinato discende dalla natura delVattivitä concretamente espletata: per tanto, il c. d. fattore di campagna deve essere conside rato operaio od impiegato a seconda che egli si limiti ad

eseguire o a far esegwire da altri lavoratori manuali le

disposizioni del titolare dell'azienda o degli impiegati di

concetto, ovvero, rispettivamente, collabori, con una qual che autonomia e sia pure nell'ambito delle direttive del

Vimprenditore, alla gestione tecnica e amministrativa del l'azienda stessa. (2)

(1) Conf. Oass. 27 ottobre 1961, n. 2435, Foro it., Hep. 1961, voce Confessione civ., n. 30 ; 3 novembre 1960, n. 2966, id., Bep. 1960, voce cit., n. 26; 30 luglio 1958, n. 2770, id., Rep. 1958, voce cit., n. 19 ; 10 maggio n. 1650 e 24 gennaio n. 232 del 1957, id., Rep. 1957, voce cit., nn. 34, 35 ; 31 luglio 1950, n. 2262, id., Rep. 1950, voce cit., n. 8 (le tre ultime richia mate nella motivazione della presente),

In dottrina, v., da ultimo, Furno, Confessione (dir. proc. civ.), n. 11, voce dell 'Encyclopedia del diritto, VIII, pag. 897.

(2) Sulla determinazione della qualifica in base alia natura delle mansioni espletate, cfr. Cass. 9 marzo 1962, n. 478, Foro it., Mass., 135, e, per ciõ che in specie concerne la qualifica zione del dipendente di azienda agricola in rapporto all'espleta rnento di mansioni esecutive o di collaborazione tecnico-ammi nistrativa con poteri di autonomia, Oass. 19 luglio 1960, n. 2014, id., Rep. 1960, voce Lavoro (rapporto), n. 264.

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1061 GlURlSPRtJDENZA COŠTlTUZlONALE E ClVtLE 19(52

J j a Corte, ecc. — (Omissis). E decisivo osservare ehe la

Corte ha fondato la propria decisione anclie e soprattutto sulla circostanza ehe, in oeeasione del tentative di conci

liazione esperito dal giudice istruttore di 1° grado, il ma

rito della convenuta, eomparso nella veste di proeuratore

generale della stessa, aveva espressamente ammesso ohe il

rapporto di lavoro era eessato appunto 1'8 settembre 1954.

Ora, questa tormale ammissione, messa in speeifieo e par tieolare risalto nel verbale di quell'udienza, integra indub

biamente una mera e propria eonfessione giudiziale (il ehe

e stato in sostanza riconosciuto in questa sede dalla stessa

difesa della ricorrente) ; ed in conseguenza eostituisce

« piena prova » del fatto cui si riferisee (arg. ex art. 2731

e 2732 eod. civ.), tanto piu ehe non e stato mai contestato

ehe 1'atto rientrasse nei limiti della proeura eonferita dalla

Graziani ai proprio marito.

Ne giova opporre ehe la successiva deduzione come

sõpra formulata in appello dalla Graziani era intesa a

revoeare la eonfessione per errore di fatto, e ehe le prove dedotte a sostegno di essa miravano appunto a fornire la

dimostrazione di taie errore. In merito a questo profilo e

da rilevare ehe, ai fine di sostenere ehe, a norma dell'art.

2732 eod. civ., 1'efficacia probatoria della eonfessione e in

firmata da errore di fatto e quindi rieorrono gli estremi

per la revoca, non e sufficiente allegare e dimostrare la

oggettiva insussistenza del fatto confessato, ma oceorre

altresi dedurre e provare, sotto 1'aspetto soggettivo, ehe

il confitente, all'atto della dichiarazione, versava in stato

di errore (cfr. Cass. 31 luglio 1950, n. 2262, Foro it., Rep.

1950, voce Gonfessione civ., n. 8 ; 24 gennaio 1957, n. 232,

id., Rep. 1957, voce eit., n. 34; 10 maggio 1957, n. 1650,

ibid., n. 35) : il ehe importa ehe debbono essere pur chia

rite le circostanze e le ragioni ehe suscitarono nel confi

tente 1'erronea convinzione clie il fatto affermato fosse vero.

Ora, nel giudizio di merito la Graziani non ottemperõ affatto ai menzionato onere di allegazione e di prova. Ella,

infatti, nell'atto di appello si limitõ a sostenere ehe il rap

porto di lavoro era eessato il 31 agosto 1954, e ad indieare

gli elementi ehe, a suo avviso, suffragavano taie assunto, senza fare il benche minimo accenno alla diversa dichia

razione resa dal marito nel giudizio di prime cure, e senza

punto dedurre, neppure in forma vaga e implicita, ehe la

dichiarazione stessa era stata determinata da errore.

(Omissis) Con il secondo motivo la ricorrente si duole ehe la sen

tenza impugnata abbia riaffermato ehe ai Mancini spettava,

per la sua attivitä di fattore di campagna, la qualifica di

impiegato d'ordine, senza considerare ehe il fattore di cam

pagna 6 collocato tra i salariati, non solo dai contratti

collettivi postcorporativi del 1946 e del 1948 per la Pro

vincia di Campobasso, ritenuti dalla sentenza stessa non

vincolanti per le parti, ma anehe dal contratto collettivo

corporativo del 30 dicembre 1933, pure relativo alla detta

Provincia, le cui disposizioni avevano tuttavia efficacia

normativa in forza dell'art. 43 decreto legisl. 23 novem

bre 1944 n. 369. Anche questa censura e inattendibile.

In primo luogo va notato ehe il riferimento ai menzio

nato contratto collettivo del 1933 e del tutto inconferente,

giacche esso, a differenza di quelli postcorporativi, non

inelude affatto il fattore tra i salariati : taie contratto,

infatti, come si evince dall'art. 2, si riferisee ai soli « operai

agricoli», suddivisi in tre categorie (salariati annuali,:brac cianti fissi e braccianti avventizi) ; e nel dare la defin zione

dei « salariati annuali», precisa (art. 24) ehe debbono con

siderarsi tali i bifolchi, i pastori, i caprari, i guardiani agri coli e in genere tutti quelli (tra gli operai agricoli) ehe pre stano un'opera qualificata per un tempo determinato non

inferiore ad un anno. Pertanto, il detto contratto lascia

del tutto impregiudicata la questione relativa all'inqua dramento del fattore.

Ora, e ormai ius receptum ehe, per stabilire se un pre statore di lavoro debba qualificarsi impiegato ovvero ope raio si deve tener eonto della natura dell'attivita concreta

mente esereitata e non gia della denominazione ehe gli sia stata data ; ed in aderenza a questo fondamentale prin

oipio e statu ritenutu ohe il cusiddetto fatture o agente di campagna va inquadrato tra gli impiegati o gli operai a seconda della entitä ed importanza delle mansioni che, in relazione agli usi delle varie regioni nonche alle dimen sioni ed alle modalitä di organizzazione delle aziende agra rie, gli siano state in concreto affidate : in particolare, esso va eonsiderato operaio se abbia esplicato mansioni pura mente esecutive, consistenti nella custodia dei fondi e dei

prodotti e nel vigilare sugli altri lavoratori manuali, gui dandoli e, se del caso, coadiuvandoli, e trasmettendo ad

essi gli ordini deH'imprenditore o dei suoi collaboratori (e si noti che con esclusivo riferimento a queste mansioni esecutive il fattore e incluso tra i salariati dai contratti collettivi postcorporativi richiamati dalla ricorrente) ; men

tre, anche a termini del contratto c.ollettivo nazionale del 30 giugno 1938 per i tecnici addetti alle aziende agricole, deve considerarsi impiegato qualora, neU'esercizio delle suin dicate mansioni di vigilanza e di custodia, non si limiti ad

eseguire o far eseguire le disposizioni del titolare dell'azienda o del personale di concetto, ma sia investito di una certa

autonomia, e collabori sul piano tecnico ed amministrativo alia gestione dell'azienda stessa, come quando, ad es., sia investito di poteri disciplinari rispetto ai personale operaio da lui vigilato, provveda alla tenuta di registri contabili, o abbia faeoltä di stabilire di volta in volta, sia purenel l'ambito delle direttive dei superiori, il ciclo delle colture, la successione dei vari lavori e le concrete modalitä di esecuzione di essi, o quelle della custodia e conservazione dei prodotti, o sia incaricato di procedere, con una certa libertä di iniziativa, alla ripartizione o alia vendita dei

prodotti stessi ovvero all'acquisto o alia vendita del be stiame.

Ora, nella specie la Corte ha accertato, sulla base delle risultanze della prova testimoniale, specificamente menzio

nate nella motivazione della sentenza, che le mansioni del

Mancini non erano meramente esecutive e che egli era in

vestito di molte delle attribuzioni testö indicate, e ne ha

dedotto che si trattava di un'attivita che, pur se non pre sidiata da quel piu ampio potere di iniziativa che caratte rizza le funzioni degli impiegati di concetto, si estrinseca

senza dubbio su di un piano di diretta collaborazione con

il datore di lavoro. Ed alia stregua di questo apprezza mento, che e di mero fatto e quindi non censurabile in

questa sede, la conclusione eui la Corte e pervenuta, rite

nendo che il Mancini doveva essere inquadrato nella prima

categoria degli impiegati d'ordine, si profila giuridicamente

ineccepibile, giacche si adegua puntualmente ai principi dianzi ricordati. (Omissis)

Per questi motivi, rigetta, ecc.

GORTE SDPREMA DI GASSAZIONG.

Sezione II civile ; sentenza 16 marzo 1962, n. 548 ; Pres.

Varallo P., Est. Serra, P. M. Tavolaro (ooncl. conf.) ; Soe. romana zucchero (Aw. Frž) c. Angeli.

(Oassa App. Perugia 21 novembre 1959)

Lavoro (rapporto) — Indennilä di anzianitä — Li

quidazione «a scaglioni » — Ammissibilitä — Li

mit! (Cod., civ., art. 2120).

E valida la clausola di eontratto collettivo che determina I'in

dennitä di anzianitä «a scaglioni », ponendo a base del

computo per successivi gruppi di annualitä diverse e

progressive aliquote della retribuzione, sempre che la re

tribuzione medesima sia quella in atto al momento della

risoluzione del rapporto di lavoro e Vindennitä sia pro

porzionalmente conferita alVintera anzianitä di servizio. (1)

(1) In senso conforme, v. Cass. 30 ottobre 1961, n. 2485, Foro it., Rep. 1961, voce Lavoro (rapporto), n. 531 ; 10 novem bre 1959, n. 3319, id., Rep. 1959, voce cit., n. 610.

Il Foro Italiano — Volume LXXXV — Parte 7-125,

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