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sezione II civile; sentenza 5 novembre 2001, n. 13631; Pres. Corona, Est. Settimj, P.M. Marinelli(concl. diff.); Franchini (Avv. Natoli) c. Deriu e altri. Cassa senza rinvio Giud. pace Torino 11dicembre 1997Source: Il Foro Italiano, Vol. 124, No. 12 (DICEMBRE 2001), pp. 3501/3502-3505/3506Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23196763 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 5 no
vembre 2001, n. 13631; Pres. Corona, Est. Settimj, P.M.
Marinelli (conci, diff.); Franchini (Avv. Natoli) c. Deriu e
altri. Cassa senza rinvio Giud. pace Torino 11 dicembre
1997.
CORTE DI CASSAZIONE;
Cassazione civile — Difetto di legittimazione passiva del
convenuto — Rilevabilità — Conseguenze
— Fattispecie
in tema di sentenza del giudice di pace (Cod. proc. civ., art.
100,113,360,384). Comunione e condominio — Condominio negli edifìci —
Quote contributive dei condomini morosi — Ripartizione
provvisoria tra gli altri condomini — Somme versate —
Azione di rimborso — Legittimazione passiva — Fattispe cie (Cod. civ., art. 1123, 1136).
Il difetto di legittimazione passiva, consistente nella oggettiva
impossibilità, in base a quanto affermato con l'atto introdut
tivo del giudizio, di identificare nel convenuto, dichiarata
mente estraneo al rapporto dedotto, il soggetto civilmente re
sponsabile della violazione del diritto fatto valere in giudizio, è rilevabile in ogni fase e grado del giudizio (ove sul punto non si sia formato un giudicato interno) e comporta l'inam
missibilità dell'azione (nella specie, la Suprema corte, rile
vando come dallo stesso atto introduttivo del giudizio risul
tasse l'estraneità dei convenuti al rapporto dedotto in causa, ha cassato senza rinvio la sentenza resa secondo equità dal
giudice di pace, che aveva respinto la domanda nel merito, e
dichiarato, ai sensi dell'art. 384, 2° comma, c.p.c., l'inam
missibilità della domanda stessa). (1) Il condomino che abbia versato somme in favore del condomi
nio in ottemperanza ad una delibera assembleare con la
quale, stante la morosità di alcuni condomini nel pagamento delle rispettive quote ed al fine di far fronte allo stato di ne
cessità connesso al pericolo di aggressione in executivis da
parte dei creditori del condominio, sia stata decisa la costitu
ii) Secondo principi acquisiti, di cui l'odierna sentenza fa applica zione. il difetto di legittimazione passiva sussiste quando l'attore pre tenda una pronuncia nei confronti di persona della quale egli stesso
prospetti l'estraneità al rapporto controverso (v., tra le altre, Cass. 3 di cembre 1999, n. 13467. Foro it.. Rep. 1999, voce Procedimento civile, n. 173). ovvero quando il convenuto, secondo la stessa prospettazione attorea, non risulti essere il soggetto nei cui confronti, in base alla legge che regola il rapporto dedotto in giudizio, l'azione promossa può essere esercitata (Cass. 17 maggio 2000, n. 6420, id.. Rep. 2000, voce cit., n.
179). Tale difetto, incidendo sulla regolarità formale del contradditto
rio, è rilevabile anche d'ufficio in ogni stato e grado del processo, an che in sede di legittimità, salvo l'effetto preclusivo del giudicato inter no (v. da ultimo, oltre alla citata Cass. 6420/00: Cass. 14 giugno 1999, n. 5878. ibid., n. 182; 17 dicembre 1999, n. 14270, id.. Rep. 1999, voce
cit., n. 167; 4 settembre 1998, n. 8775, id., Rep. 1998. voce cit., n. 176; 5 novembre 1997, n. 10843, id., Rep. 1997, voce cit., n. 170; 15 gen naio 1997, n. 363, ibid., n. 173; 27 ottobre 1995, n. 11190, id., 1996, I, 918, con nota di B. Gambineri); ed il suo accertamento, secondo quanto comunemente affermato, determina (piuttosto che la declaratoria di inammissibilità dell'azione, come ritenuto dalla pronunzia in rassegna) il rigetto della domanda per carenza di legittimazione passiva del con venuto (Cass. 22 novembre 2000. n. 15080, id.. Rep. 2000, voce cit., n.
176; 27 ottobre 1995. n. 11190, cit.; 27 febbraio 1995, n. 2224, id..
Rep. 1995. voce cit.. n. 170; 18 dicembre 1987, n. 9427, id., Rep. 1987, voce cit., n. 89; 16 novembre 1982. n. 6126, id., Rep. 1982, voce cit., n.
74), o, qualora il difetto di legittimazione venga rilevato in sede di le
gittimità, la cassazione senza rinvio della sentenza impugnata (Cass. 3 marzo 1995, n. 2463. id., Rep. 1995, voce Cassazione civile, n. 245; 25
maggio 1995, n. 5738, ibid., n. 246; 21 giugno 1991, n. 6990, id., Rep. 1992, voce cit., n. 96).
Come l'odierna sentenza non manca di considerare, d'altra parte, la
questione relativa alla legittimazione si distingue da quella concernente
l'effettiva titolarità del rapporto giuridico dedotto in causa, che attiene
al merito della controversia (cfr. Cass. 11190/95, cit., e, successiva
mente, Cass. 24 luglio 1997, n. 6916, id.. Rep. 1997, voce Procedi
mento civile, n. 171; 5 novembre 1997, n. 10843, cit.; 3 dicembre 1999, n. 13467, cit.; 17 maggio 2000, n. 6420, cit.; 7 dicembre 2000, n.
15537, id.. Rep. 2000, voce cit., n. 175); e, diversamente da quest'ulti ma, può essere dedotta in sede di legittimità anche in relazione alle
sentenze pronunziate dal giudice di pace secondo equità (in proposito, v.. da ultimo, con riferimento alle due differenti situazioni, Cass. 9
maggio 2000, n. 5858, ibid., voce Procedimento civile davanti al giudi ce di pace, n. 32, e 24 febbraio 2000. n. 2105, id., 2000. 1, 3545, con
nota di richiami).
Il Foro Italiano — 2001
zi one di un fondo speciale con le contribuzioni degli altri
condomini non morosi, può agire per la restituzione di quanto versato esclusivamente nei confronti del condominio, il cui
amministratore, a sua volta, ha il potere-dovere di attivarsi
nei confronti dei condomini morosi sia per l'esazione delle
quote originariamente dovute e non versate, sia per il recupe ro dei maggiori oneri sopportati dal condominio in conse
guenza delle azioni del terzo creditore (nella specie, la Su
prema corte, sulla base di tale principio e rilevando come
dallo stesso atto introduttivo del giudizio risultasse l'estra
neità dei convenuti al rapporto dedotto in causa, originato dalla delibera condominiale di costituzione del fondo specia le, pronunziando ai sensi dell'art. 384, 2° comma, c.p.c., ha
dichiarato inammissibile, per difetto di legittimazione passiva dei convenuti, la domanda proposta dal condomino nei con
fronti degli eredi di uno degli altri condomini la cui morosità
aveva costituito motivo della anzidetta delibera condominia
le). (2)
Svolgimento del processo. — Con atto di citazione 20-22 no
vembre 1996 Franca Franchini — premesso che, quale condo
mina del fabbricato sito in Torino alla via della Consolata 11, in
data 2 giugno 1996 aveva corrisposto all'amministratore del
condominio la somma di lire 1.987.569, quota parte d'un debito
condominiale nei confronti della soc. Campidonico, fornitrice
del gasolio da riscaldamento; che il pagamento era stato deciso,
con delibera condominiale 13 ottobre 1995, a seguito d'atto di
precetto della Campidonico basato su tre titoli esecutivi ottenuti
nei confronti del condominio (decreto ingiuntivo 23 dicembre
1985, sentenza di primo grado 23 settembre 1988 del Tribunale
di Torino, sentenza di secondo grado 19 aprile 1994 della Corte
d'appello di Torino); che gli oneri derivanti dai predetti titoli
esecutivi trovavano causa nella morosità di alcuni condomini, tra i quali Giampiero Deriu e Fiorina Picco ved. Deriu, Luisa
Gianotti Fautero e Agnese Manassero Grammatica; che l'ammi
nistratore del condominio, nell'invitarla a corrispondere la cifra
in questione, le aveva assicurato rimanere l'onere del paga mento dei maggiori costi derivanti dalla morosità dei singoli condomini a carico esclusivo di costoro; che, successivamente,
(2) Il principio riassunto in massima si fonda sulla considerazione che il rapporto originato dalla delibera condominiale di costituzione di un «fondo cassa» speciale per far fronte ai debiti del condominio, quale che ne sia il motivo, intercorre esclusivamente tra i condomini ed il
condominio; e che, peraltro, non potendo derogarsi, se non con una convenzione adottata all'unanimità dai partecipanti al condominio, ai criteri di ripartizione delle spese comuni stabiliti dall'art. 1123 c.c.
(cfr., tra le ultime, Cass. 19 febbraio 1997, n. 1511, Foro it.. Rep. 1997, voce Comunione e condominio, n. 130; 16 febbraio 2001, n. 2301, id., Mass., 169, e Arch, locazioni, 2001, 215), una deliberazione assemblea re che, a maggioranza, stabilisca di ripartire tra i condomini non morosi il debito delle quote di spesa dei condomini morosi, per la necessità di
far fronte con urgenza alle pretese dei creditori del condominio, può ritenersi consentita soltanto se provvisoria. Conformemente, a que st'ultimo proposito, v. Trib. Prato 5 aprile 1994, Foro it., Rep. 1996. voce cit.. n. 146 (e Arch, locazioni, 1996, 412), e Trib. Firenze 20 otto bre 1988, Foro it.. Rep. 1989, voce cit., n. 99 (e Arch, locazioni, 1989,
527). Circa la responsabilità dei condomini per le obbligazioni contratte
dal condominio verso terzi nell'interesse comune, la sentenza che si ri
porta mostra di aderire all'orientamento che li ritiene solidalmente re
sponsabili ab externo, secondo la regola generale di cui all'art. 1294 c.c.: in questo senso, v., tra le pronunzie più recenti, Cass. 23 febbraio
1999, n. 1510, Foro it.. Rep. 1999, voce cit., n. 85 (riportata per esteso in Arch, locazioni, 1999, 611), la quale osserva che, conseguentemente, ciascun condomino può essere escusso dal terzo creditore per l'intero
debito condominiale, indipendentemente dall'adempimento del suo ob
bligo contributivo nei confronti del condominio, salvo il diritto, una
volta pagato, di esercitare l'azione di regresso nei confronti degli altri
condomini, nei limiti delle rispettive quote millesimali, ex art. 1123 c.c.
e 68 disp. att. c.c.; Cass. 17 aprile 1993, n. 4558, Foro it.. Rep. 1993, voce cit., n. 147 (e Giust. civ., 1993, 1, 2683, con nota di M. De Tilla). La questione, tuttavia, è dibattuta: v., infatti, nel senso che i singoli condomini rispondono, anche verso l'esterno, soltanto per la propria
parte nei limiti stabiliti dall'art. 1123 c.c., Cass. 27 settembre 1996, n.
8530, Foro it., 1997,1, 872, con nota di V. Colonna (annotata anche da
R. Triola, in Giust. civ., 1997, I, 699. e A. Scarpa, in Rass. locazioni,
1997, 91): nonché Pret. Napoli 5 maggio 1998, Foro it., Rep. 1999, vo
ce cit., n. 173.
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3503 PARTE PRIMA 3504
in ragione di tale assicurazione, aveva più volte sollecitato sia il
condominio che i singoli condomini onde ottenerne la restitu
zione della somma de qua senza, tuttavia, conseguire alcun ri
sultato — conveniva Giampaolo Deriu e Fiorina Picco ved. De
riu quali eredi di Emanuele Deriu, Agnese Manassero Gramma
tica e Luisa Gianotti Fautero innanzi al Giudice di pace di Tori
no chiedendone la condanna al risarcimento del danno subito
con il pagamento della somma di lire 1.987.569, oltre agli inte
ressi di mora nei limiti della somma di lire 2.000.000. Nel costituirsi, il Deriu, la Picco ved. Deriu, la Manassero e
la Gianotti Fautero contestavano a vario titolo l'avversa doman
da e ne chiedevano il rigetto. Con sentenza 11 dicembre 1997 il Giudice di pace di Torino,
ritenuto che, in considerazione degli atti esaminati e delle con
trapposte tesi delle parti, non potesse ritenersi provata l'esclusi
va responsabilità dei convenuti per la situazione debitoria con
dominiale all'origine dell'esborso dedotto dall'attrice, respin
geva la domanda.
Avverso tale sentenza Franca Franchini proponeva ricorso per cassazione, con quattro articolati motivi, cui faceva seguire an
che due memorie.
Gli intimati non svolgevano attività difensiva.
Motivi della decisione. — La ricorrente denunzia, con il pri mo motivo, nullità della pronuncia per omessa motivazione cir
ca un punto decisivo della controversia nonché motivazione ap
parente ed argomentazioni inconciliabili ex art. 360, n. 5, c.p.c., in relazione agli art. Ill Cost., 1110, 1117, n. 3, 1123, 1132,
1292, 1298, 2033, 2934 c.c., 112, 116, 132, n. 4, c.p.c.; con il secondo motivo, insufficiente e contraddittoria motivazione cir
ca un punto decisivo della controversia ex art. 360, n. 5, c.p.c., in relazione agli art. 113, 115, 116 c.p.c., 1137 c.c.; con il terzo
motivo, violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex
art. 360, n. 3, c.p.c., in relazione agli art. 113, 115, 116, 214
c.p.c., 1132, 1135, 1175, 1183 c.c., 63 disp. att. c.c., 2033 c.c., e
motivazione contraddittoria e incomprensibile ex art. 360, n. 5,
c.p.c., tale da concretare carenza di motivazione; con il quarto motivo, omessa motivazione e inidoneità a fornire la ratio deci
dendi ex art. 360, n. 5, in relazione all'art. 91 c.p.c., e alla tarif
fa forense d.m. 5 ottobre 1994 n. 585.
Le surriportate censure non possono essere prese in conside
razione, non tanto per i rigorosi limiti all'impugnabilità delle
sentenze emesse dal giudice di pace ex art. 113, 2° comma,
c.p.c., quali evidenziati dalla giurisprudenza di legittimità, che
risulterebbero comunque ampiamente ostativi alle ragioni fatte
valere dalla ricorrente nonostante le argomentazioni da costei
addotte nell'evidente convincimento di superarli, ma, pregiudi zialmente, per un vizio di fondo della proposta azione, in quanto rivolta verso soggetti privi della necessaria legittimazione pas siva.
Si ritiene, infatti, dalla dottrina e dalla giurisprudenza di le
gittimità più recenti che le condizioni dell'azione — possibilità giuridica, interesse ad agire, legittimazione ad agire e contraddi
re — debbano essere accertate in relazione non alla loro sussi
stenza effettiva ma alla loro affermazione con l'atto introduttivo del giudizio, nell'ambito d'una preliminare valutazione formale
dell'ipotetica accoglibilità della domanda e, così configuratele,
possa parlarsi di condizioni la cui sussistenza dev'essere accer
tata con riferimento al momento della proposizione della do
manda stessa; altrimenti, l'accertamento non dell'ipotetica tito larità dell'azione ma dell'effettiva titolarità del rapporto contro
verso, così dal lato attivo come da quello passivo, attiene al me
rito della causa, investendo i concreti requisiti d'accoglibilità della domanda e, quindi, la sua fondatezza, onde va effettuato
con riferimento al momento della decisione.
In tale sistematica, la legittimazione o titolarità dell'azione
costituisce una condizione dell'azione stessa che si concretizza, dal lato attivo, nel diritto potestativo d'ottenere dal giudice una
decisione di merito e si risolve nel potere di promuovere il giu dizio, inteso ad una sentenza dichiarativa o costitutiva o di con
danna sul rapporto giuridico sostanziale dedotto ad oggetto di
controversia indipendentemente dalla sussistenza o meno del
l'effettiva titolarità attiva del rapporto stesso in capo all'attore, dacché si determina in base alla sola affermazione di questi della sua titolarità della posizione soggettiva attiva dedotta, on
de, per verificarne la sussistenza, devesi avere riguardo solo a
quanto dallo stesso affermato, prescindendosi dalla veridicità o meno di tale affermazione; conformemente, dal lato passivo, la
Il Foro Italiano — 2001.
legittimazione si determina con l'indicazione nel convenuto, da
parte dell'attore, del soggetto che, secondo le norme regolatrici del rapporto dedotto in giudizio giusta la detta prospettazione fattane dallo stesso, è destinato a subire gli effetti per il conse
guimento dei quali l'azione è stata proposta, e ciò indipenden temente dall'effettiva titolarità del rapporto in capo al conve
nuto medesimo.
In altri termini, l'accertamento della legittimazione attiva e
passiva deve rivolgersi alla coincidenza, dal lato attivo, tra il
soggetto che propone la domanda ed il soggetto che nella do
manda stessa è affermato titolare del diritto e, da quello passivo, tra il soggetto contro il quale la domanda è proposta e quello che nella domanda è affermato soggetto passivo del diritto o
comunque violatore di quel diritto; onde, ove di tale coincidenza
risultasse il difetto, essendosi fatto valere dall'attore un diritto
affermato come altrui salva l'ipotesi di legittima sostituzione,
od essendosi dallo stesso assunta la violazione del diritto fatto
valere ad opera di soggetto diverso da quello affermato parte del
rapporto dedotto, rimarrebbe ex actis accertato che, in
dipendentemente dalla rispondenza al vero dei fatti allegati,
comunque l'ipotetico diritto azionato o non apparterrebbe a co
lui che agisce ovvero non sarebbe violato o pregiudicato da co
lui contro il quale l'azione è proposta, e ciò non può che com
portare una pronunzia d'inammissibilità dell'azione per difetto
di titolarità attiva o passiva della stessa.
Nella specie, era già la stessa prospettazione dei fatti operata dall'attrice nel suo atto introduttivo innanzi al giudice dì pace a
porre un preliminare problema di legittimazione passiva da
esaminare e decidere, come si è evidenziato, in limine litis, ri
sultandone palese l'impossibilità d'identificare oggettivamente nei convenuti, dichiaratamente estranei al fatto costitutivo del
rapporto dedotto ed al rapporto stesso, i soggetti civilmente re
sponsabili della violazione al diritto fatto valere in giudizio,
consequenzialmente, obbligati ai comportamenti restitutori e/o
riparatori posti dalla pertinente normativa a carico degli autori
delle azioni e/o omissioni illegittime denunziate in citazione, dacché veniva in considerazione un requisito alla cui ricorrenza
era subordinato lo stesso anche solo ipotetico accoglimento della domanda.
La pretesa di rimborso fatta valere, in vero, per la stessa
esposizione dei fatti contenuta nell'atto di citazione, risultava
trarre origine da un pagamento effettuato dalla Franchini in fa
vore del condominio in ottemperanza ad una deliberazione con
dominiale, eppertanto il rapporto dedotto in giudizio vedeva
come parti esclusivamente la Franchini ed il condominio, a
maggior ragione ove si fosse considerato altresì che l'attrice
aveva anche dedotto esserle stata assicurata dallo stesso condo
minio la restituzione della somma versata ed aver ella ripetuta mente sollecitato tale adempimento.
Come questa corte ha già avuto modo d'evidenziare, in man
canza di diversa convenzione adottata all'unanimità quale
espressione dell'autonomia negoziale, la ripartizione delle spese condominiali deve necessariamente aver luogo secondo i criteri
di proporzionalità fissati nell'art. 1123 c.c. e. pertanto, non è
consentito all'assemblea condominiale, deliberando a maggio ranza, di ripartire tra i condomini non morosi il debito delle
quote condominiali dei condomini morosi e tuttavia, in ipotesi d'effettiva improrogabile urgenza di trarre aliunde le somme
necessarie, come nel caso d'aggressione in executivis da parte di
creditori del condominio, può ritenersi consentita una delibera
zione assembleare con la quale, similmente a quanto avviene in
un rapporto di mutuo, si tenda a sopperire all'inadempimento del condomino moroso con la costituzione d'un fondo cassa ad
hoc tendente ad evitare danni ben più gravi nei confronti dei
condomini tutti, esposti, dal vincolo di solidarietà passiva ope rante ab externo, alle azioni dei terzi.
In tale ipotesi, che è quella in esame, le circostanze che hanno
dato occasione alla deliberazione si pongono come motivi non
autonomi di essa, dalla quale soltanto vengono costituiti così
l'obbligazione di ciascun condomino di corrispondere la quota di sua pertinenza come l'obbligazione del condominio di resti
tuire le somme a tal titolo percette una volta identificati i con domini originariamente morosi e recuperato nei loro confronti
quanto dagli stessi dovuto per le quote insolute e per i maggiori oneri.
Nessun rapporto, neppure indiretto, s'instaura, invece, in ra
gione di siffatta delibera ed a seguito dell'adempimento da parte
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
di ciascun condomino all'obbligazione da essa derivante, tra i
condomini in tal guisa adempienti ed i condomini la cui moro
sità sia stata all'origine della delibera stessa, giacché questa si
pone come fatto genetico unico ed esclusivo del rapporto, del
quale identifica così i soggetti come le prestazioni tanto di dare
quanto di restituire.
A quest'ultima era, dunque, tenuto il condominio, il cui am
ministratore, in ragione dell'ufficio privato conferitogli con la
nomina, aveva il potere-dovere di attivarsi, così per l'esazione
delle quote originariamente dovute e non versate come per il re
cupero dei maggiori oneri sopportati dal condominio in conse
guenza delle azioni del terzo creditore, nei confronti dei condo
mini la cui morosità aveva dato luogo allo stato di necessità in
ragione del quale era stata adottata la delibera, e, in seguito, per
adempiere all'obbligazione di restituzione nei confronti dei
condomini con le contribuzioni dei quali, effettuate in ottempe ranza alla delibera, era stato costituito il fondo speciale desti
nato a far fronte allo stato di necessità.
La prestazione dedotta in giudizio, espressamente indicata
come effettuata in ottemperanza ad una specifica delibera as
sembleare adottata nelle dette circostanze, attenendo ad un rap
porto svoltosi esclusivamente tra la Franchini ed il condominio,
dava, dunque, titolo all'una esclusivamente per agire nei con
fronti dell'altro — che, se del caso, poteva a sua volta rivalersi
nei confronti dell'amministratore ove ne fosse stata ravvisabile
una colpevole negligenza — onde ottenerne la restituzione di
quanto allo stesso mutuato, ma non le consentiva d'agire nei
confronti di singoli condomini, se pure eventualmente all'origi ne della vicenda, dichiaratamente estranei al rapporto dedotto in
giudizio quale risultante dallo stesso atto di citazione e, quindi,
privi di legittimazione passiva. Tale difetto — che può essere rilevato in ogni fase e grado
del giudizio ove, come nella specie, non siasi sul punto formato
un giudicato interno, non essendosi su di esso avuta una specifi ca pronunzia
— comporta, come si è evidenziato, l'inammissi
bilità dell'azione che, previo annullamento senza rinvio del
l'impugnata sentenza in quanto pronunziata nonostante l'insus
sistenza d'una condizione dell'azione, va, dunque, dichiarata in
questa sede ex art. 384, 2° comma c.p.c. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 29
ottobre 2001, n. 13397; Pres. Giuliano, Est. Preden, P.M.
Frazzini (conci, parz. diff.); Soc. Winterthur assicurazioni
(Avv. Porpora, Camassa) c. Soc. Levante Norditalia assicu razioni (Avv. Spadafora, W. e M.C. Farruggia, Marzorati,
Donizelli, Galante), Autotrasporti fratelli Pedretti (Avv.
Sciubba, Rossi) e altri. Cassa App. Milano 7 luglio 1998.
Procedimento civile — Ordinanza successiva alla chiusura
dell'istruzione — Rinuncia alla sentenza da parte del di
fensore non munito di procura speciale — Ammissibilità
(Cod. proc. civ., art. 84, 186 quater). Procedimento civile — Ordinanza successiva alla chiusura
dell'istruzione — Rinuncia alla sentenza di uno solo dei li
tisconsorti necessari — Conseguenze (Cod. proc. civ., art.
186 quater, 331, 332).
Una volta pronunciata l'ordinanza successiva alla chiusura
dell'istruzione, è ammissibile la dichiarazione di rinuncia
alla sentenza effettuata dal difensore non munito di procura
speciale. (1)
(1) Contra, App. Venezia 14 aprile 1998, Foro it., 2000, I, 962, con nota contraria di Cea, e Nuova giur. civ., 1998,1, 880, con nota adesiva di Mazza.
Nel senso che l'ordinanza post-istruttoria trasformatasi in sentenza
Il Foro Italiano — 2001.
Ove nel giudizio di risarcimento dei danni da sinistro stradale, su richiesta del danneggiato, sia pronunciata ordinanza di
condanna ex art. 186 quater c.p.c. nei confronti dei danneg
giarti e dei loro assicuratori, la rinuncia alla sentenza di uno
solo di loro è idonea a far sì che l'ordinanza anticipatoria
acquisti l'efficacia della sentenza, rendendo pertanto ammis
sibile l'appello di tutti i condannati, anche di quelli che non
hanno rinunciato alla sentenza. (2)
sia appellabile nel termine di trenta giorni dalla data di deposito in can celleria della rinuncia dell'intimato, v. App. Milano 26 giugno 1998, Foro it.. Rep. 1999, voce Procedimento civile, n. 300, e, per esteso, Nuova giur. civ., 1999, I, 564, con nota di Chindemi; Riv. dir. proc., 1999, 1127, con nota di E.F. Ricci; Corriere giur., 1999, 751, con nota di Onniboni. Contra, nel senso che dalla data di deposito dell'atto di ri nuncia decorre il termine lungo per l'impugnazione, mentre per la de correnza del termine breve è necessaria l'ulteriore e successiva notifi cazione dell'ordinanza di condanna trasformatasi in sentenza in virtù della rinuncia, App. Brescia 14 aprile 2000, Foro it., 2000,1, 2506, con osservazioni di Cea.
In dottrina, sul problema delle forme della rinuncia alla sentenza, tra
gli ultimi, e per un'ampia sintesi del dibattito sul punto, v. Cea, Rifles sioni sull'art. 186 quater c.p.c., in Giur. it., 2000, 459 s.; Id., Variazio ni giurisprudenziali in tema di ordinanza successiva alla chiusura del
l'istruzione, in Foro it., 2000,1, 964 s.; Cirulli (-Basilico), Le condan ne anticipate nel processo civile di cognizione, Milano, 1998, 530 s.; Valitutti, Le ordinanze provvisoriamente esecutive. Padova, 1999, 234
ss., nonché, anche per ulteriori ragguagli, Santangeli, L'ordinanza successiva alla chiusura dell'istruzione, Catania, 2000 (ed. provv.), 239 ss.
(2) In senso conforme, App. Venezia, ord. 7 luglio 1997, Foro it.,
Rep. 1998, voce Procedimento civile, n. 303, e, per esteso, Resp. civ., 1997, 1200, con nota di Consolo.
Contra, App. Firenze 8 marzo 2000 e 7 novembre 2000 (identici pre sidente ed estensore). Foro it., 2000,1, 2506, e 2001,1, 1719, entrambe con osservazioni di Cea.
Per quel che concerne il problema dell'ammissibilità dell'ordinanza successiva alla chiusura dell'istruzione nei processi cumulativi, mentre la decisione in epigrafe si esprime favorevolmente, la giurisprudenza di merito manifesta la tendenza opposta: v., infatti, tutte nel senso dell'i
nammissibilità, Trib. Parma 29 ottobre 1998, id., Rep. 1999, voce cit., n. 303, e Riv. dir. proc., 1999, 1127, con nota di E.F. Ricci; Trib. Mo dena 4 giugno 1998, Foro it., Rep. 1999, voce cit., n. 291, e Giur. me
rito, 1999, 25; Trib. Treviso 14 aprile 1998, Foro it., Rep. 1999, voce
cit., n. 297, e Resp. civ., 1999, 194, con nota di Onniboni; Trib. Roma 15 luglio e 25 giugno 1997, Foro it., 1997, I, 3399; Trib. Taranto 6 lu
glio 1996, id., Rep. 1997, voce cit., n. 276, e Corriere giur., 1997, 950, con nota di Dalfino; Trib. Trani 28 febbraio 1996, Foro it., Rep. 1996, voce cit., n. 233, e Corriere giur., 1996, 707, con nota di Dalfino; sul
l'argomento, v. pure Pret. Massa, deer. 11 ottobre 1995, Foro it., 1995, I, 3354, e Corriere giur., 1995, 1406, con nota di Consolo, secondo
cui, una volta emanata l'ordinanza successiva alla chiusura dell'istru
zione, la rinuncia alla pronuncia della sentenza proveniente da alcuni soltanto dei convenuti, coobbligati in solido, determina, in considera zione dell'inscindibilità delle cause, la definizione del procedimento in
primo grado e l'archiviazione degli atti. In dottrina, oltre alle citate note di Consolo e E.F. Ricci, per un am
pio quadro del dibattito sul punto, v. Cirulli (-Basilico), Le condanne
anticipate, cit., 558 ss.; Valitutti, Le ordinanze provvisoriamente ese
cutive, cit., 245 ss., nonché, per ulteriori ragguagli, Sant angeli, L'or
dinanza successiva alla chiusura dell'istruzione, cit., 308 ss., spec. 379 ss.
* * *
Osservazioni in tema di rinuncia alla sentenza ex art. 186 «qua ter» c.p.c.
I. - Non credo ci sia molto da aggiungere a quanto detto, in maniera
chiara e convincente, dalla pronuncia in epigrafe. Per quel che concerne il principio riassunto nella prima massima, per
chi, come me (Riflessioni sull'art. 186 quater c.p.c.. in Giur. it., 2000, 459 s.; Variazioni giurisprudenziali in tema di ordinanza successiva
alla chiusura dell'istruzione, in Foro it., 2000, I, 964 s.), ha sempre ri
tenuto che il procuratore costituito possa rinunciare alla sentenza senza
bisogno di essere munito di un'apposita procura speciale, le parole di
Cass. 13397/01 in epigrafe sono — come suol dirsi con espressione forse greve, ma sicuramente icastica — tutto grasso che cola.
Credo che la decisione in rassegna (la prima della Suprema corte, almeno da quanto risulta dal panorama della giurisprudenza edita) con
tribuirà ad archiviare definitivamente un problema, la cui soluzione, in
parte, era stata fuorviata dalla suggestiva assonanza tra l'istituto della
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