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Sezione II civile; sentenza 5 ottobre 1953, n. 2650; Pres. La Via P., Est. Corduas, P. M. Trotta...

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Sezione II civile; sentenza 5 ottobre 1953, n. 2650; Pres. La Via P., Est. Corduas, P. M. Trotta (concl. conf.); Impr. Rancilio (Avv. Barbero, Russo, Nicolò) c. Gestione I.n.a.-Casa (Avv. dello Stato Del Greco) e I.n.p.s. Source: Il Foro Italiano, Vol. 86, No. 9 (1963), pp. 1875/1876-1879/1880 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23152847 . Accessed: 28/06/2014 07:42 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 141.101.201.39 on Sat, 28 Jun 2014 07:42:19 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione II civile; sentenza 5 ottobre 1953, n. 2650; Pres. La Via P., Est. Corduas, P. M. Trotta(concl. conf.); Impr. Rancilio (Avv. Barbero, Russo, Nicolò) c. Gestione I.n.a.-Casa (Avv. delloStato Del Greco) e I.n.p.s.Source: Il Foro Italiano, Vol. 86, No. 9 (1963), pp. 1875/1876-1879/1880Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23152847 .

Accessed: 28/06/2014 07:42

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1875 PARTE PRIMA 1876

La Corte, ecc. — Il ricorso, cosi come è proposto, esclu

sivamente per quanto attiene al rigetto, da parte del Con

siglio di Stato, dell'eccezione di illegittimità costituzionale

dell'art. 19 del r. decreto legge 2 novembre 1939 n. 1741

per asserto contrasto con gli art. 2, 24, 41 e 42 Cost, (per di più sollevata, in quella sede, dagli attuali resistenti e

non dagli attuali ricorrenti) e per difetto di giurisdizione del Consiglio di Stato in quanto esso, nel dicliiarare infon

data l'eccezione anzidetta di illegittimità costituzionale, avrebbe ecceduto dai limiti della propria giurisdizione, è

inammissibile.

Ai sensi, infatti, dell'art. 24 della legge 11 marzo 1953

n. 87, allorquando l'eccezione di illegittimità costituzio

nale viene respinta per manifesta irrilevanza, od infonda

tezza, mediante ordinanza del giudice davanti al quale essa è stata proposta, l'eccezione stessa può essere ripro

posta all'inizio di ogni grado ulteriore del processo, nella

stessa guisa in cui poteva ai sensi dell'art. 23 della stessa

legge n. 87 del 1953 essere proposta, nel corso del giudizio da

vanti alla autorità giurisdizionale nei gradi precedenti e, per

ciò, solo in via incidentale e, con obbligo da parte del giu dice superiore, di rivalutarne dapprima la rilevanza e, cioè, la necessità della sua risoluzione per la definizione del giudi zio proposto, e questa ritenuta, l'eventuale sua manifesta in

fondatezza, senza che tale suo rinnovato giudizio abbia il

valore ed il contenuto di una revisione del precedente ap

prezzamento del giudice inferiore al riguardo, trattandosi

di una renovatio e non di una vera e propria revisio prions instantiae.

Ritenuta, pertanto, la manifesta infondatezza della ec

cezione di illegittimità costituzionale di una disposizione di legge, da parte del giudice inferiore, non è ammissibile

un'impugnazione limitata soltanto alla questione di legit timità costituzionale, senza cbe sia, cioè, riproposto anche

il giudizio nelle ulteriori sue questioni di rito e di merito, ai fini della cui decisione soltanto l'eccezione può sempre essere in via incidentale ammessa, in quanto, cioè, si accerti

preliminarmente cbe il giudizio stesso, cosi devoluto al

giudice superiore, non possa da questo essere definito indi

pendentemente dalla risoluzione della questione di legit timità costituzionale, col riesame, pertanto, sia del giudizio sulla rilevanza, sia di quello relativo alla infondatezza

manifesta della eccezione stessa. È questo il motivo per il

quale il legislatore ba disposto, nel ricordato art. 24 della

legge n. 87 del 1953, cbe l'eccezione di illegittimità costi

tuzionale deve dal giudice essere eventualmente respinta

per la sua manifesta irrilevanza, od infondatezza, mediante

ordinanza adeguatamente motivata, appunto perchè sul

punto non viene a formarsi giudicato alcuno, così da per mettere all'eccezione stessa di essere liberamente ripro

posta, senza preclusione di sorta, in ogni grado ulteriore

del processo. La circostanza, poi, che il Consiglio di Stato abbia nella

specie ritenuto di pronunziarsi sulla eccezione proposta da

una delle parti nel corso della stessa sentenza, anziché, come avrebbe dovuto, con separata ordinanza motivata, ai sensi dell'art. 24 della ricordata legge 11 marzo 1953

n. 87, può costituire al più una violazione di legge d'ordine

processuale che, in sè stessa considerata, non dà luogo a

motivo di ricorso alle Sezioni unite della Suprema corte, in quanto, come è noto, i limiti dei poteri assegnati anche

dall'art. Ill Cost, alle Sezioni unite della Corte di cas

sazione in ordine alle decisioni del Consiglio di Stato, ri

guardano solo l'indagine avente per oggetto motivi attinenti

od inerenti alla giurisdizione, ma non anche le eventuali

violazioni di norme giuridiche in cui sia eventualmente

incorso il Consiglio di Stato nella propria decisione.

In ogni caso, poi, la pronunzia del Consiglio di Stato

sul punto, anche se contenuta e trasfusa nella sentenza, ha sempre valore sostanziale di ordinanza e non è comun

que suscettibile di passare in cosa giudicata, cosicché non

vi può essere sconfinamento giurisdizionale nella compe tenza riservata alla Corte costituzionale per la sola circo

stanza che il Consiglio di Stato abbia dichiarato infondata

l'eccezione, anziché manifestamente infondata, come meglio avrebbe dovuto dire, chiaro essendo che mai una tale pro

nunzia (sostanzialmente intesa soltanto a respingere la

richiesta remissione della questione al giudìzio della Corte

costituzionale) potrebbe assumere quel valore di giudicato sulla costituzionalità che solo può essere attribuita, secondo

la Costituzione vigente, alle pronunce della Corte costi

tuzionale.

Comunque riguardato, perciò, il ricorso, limitato come

è al punto relativo alla questione di legittimità costituzio

nale, è inammissibile, mentre la rilevata irricevibilità del

l'impugnazione cosi limitatamente proposta assorbe e rende

inutile l'esame di ogni altra questione di rito o di merito

introdotta dalle parti, compreso l'ulteriore profilo di asserto

difetto di giurisdizione del Consiglio di Stato, comunque tardivamente formulata solo in sede di memoria illustra

tiva e di discussione e cbe rimane, in ogni caso, travolta

dalla ritenuta inammissibilità del gravame. La dichiarata improcedibilità del ricorso importa la

condanna della ricorrente alla perdita del deposito ed alle

spese. Per questi motivi, dichiara inammissibile, ecc.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezione II civile ; sentenza 5 ottobre 1953, n. 2650 ; Pres. La Via P., Est. Corduas, P. M. Trotta (conci, conf.) ;

Impr. Eancilio (Avv. Barbero, Russo, Nicolò) c. Gestione I.n.a.-Casa (Avv. dello Stato Del Greco) e

I.n.p.s.

(Cassa ordinanza Pres. Trib. Milano 10 ottobre 1960)

Arbitrato — Deposito del lodo — Ordinanza del pre sidente del tribunale, che nega l'esecutorietà —

Rieorribilità in Cassazione (Costituzione della Repub blica, art. Ili, 2° comma; cod. proc. civ., art. 825).

Arbitrato — Deposito del lodo — Deposito della clau

sola compromissoria — Equipollente — Fattispe cie (Cod. proc. civ., art. 825).

È impugnabile con ricorso alla Cassazione per violazione di

legge l'ordinanza, definita non impugnabile dall'art. 825

cod. proc. civ., con la quale il presidente del tribunale ha

respinto il reclamo avverso il decreto del pretore, che aveva

negato Vesecutorietà del lodo arbitrale. (1) Non pud essere rifiutata l'esecutorietà del lodo arbitrale per

intempestività del deposito della clausola compromissoria e degli atti accessori se, in una con l'originale del lodo,

(1) Questione nuova, per quanto consta ; sull'art. Ili, 2»

comma, della Costituzione, v., da ultimo, Cass. 6 ottobre 1962, n. 2851 e 7 marzo 1963, n. 550, retro, 768 e 824, con note di ri

chiami, e, per qualche riferimento, Cass. 11 luglio 1963, n. 1867, retro, 1816, con nota di richiami.

Sulla impugnabilità, mediante ricorso per cassazione, di ordinanze di presidente di tribunale, cons. Bianchi d'EspiNOSA, in Biv. dir. proc., 1962, 220, e, a proposito dell'ordinanza di appro vazione del rendiconto del sequestratalo dei beni di profitta tori del regime (fascista), Cass. 26 aprile 1961, n. 235, Foro it., 1962, I, 1175, con nota di richiami.

Sulla natura del decreto d'esecutorietà del lodo, cons., nel

senso, ora respinto dalla Cassazione, che si tratti di atto di giu risdizione volontaria, Carnacini, Arbitrato rituale, n. 39 (voce del Novissimo digesto italiano), ove si legge, fra l'altro, che « quanto poi all'eventuale incompatibilità con l'art. Ili della Costituzione della norma che dichiara non impugnabile l'ordi nanza di accoglimento o di reiezione del reclamo, va ricordato che la Corte di cassazione non ha avuto occasione di pronunciarsi al riguardo durante gli otto anni, in cui il controllo di legittimità costituzionale delle leggi è stato transitoriamente affidato ai

giudici ordinari (art. VII, 2° comma, disposizioni trans, e fin.

Cost.) ; di conseguenza non resta che attendere il giudizio in

proposito della Corte costituzionale, se la questione sarà solle vata e se sarà considerata non manifestamente infondata dal

giudice a quo » ; sul rapporto tra lodo e decreto pretorile d'ese

cutorietà, Capaccioi.i, Arbitrato nel diritto amministrativo, 1957, nn. 9-17 ; Andrioli, Lesioni, I, n. 12.

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1877 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 1878

vengono depositati non già l'atto contenente la clausola

compromissoria, ma il capitolato generale d'appalto, con

tenente una clausola compromissoria, e l'ordinanza, con

la quale il collegio arbitrale aveva ordinato la esibizione

del capitolato, poi espressamente citato nel lodo. (2)

La Corte, ecc. — Fatto. — Con lodo arbitrale in data

6 giugno 1960 veniva decisa una controversia insorta tra

l'Impresa Gervasio Rancilio, la Gestione I.n.a.-Casa e l'Isti

tuto nazionale della previdenza sociale. Il lodo veniva depo sitato nella cancelleria della Pretura di Milano, ma il Pretore, con decreto 10 giugno 1960, negava la dichiarazione di

esecutività al lodo perchè non era stato depositato il con

tratto contenente la clausola compromissoria e gli atti con

i quali erano stati proposti i quesiti, come prescritto dal

l'art. 825 cod. proc. civile.

L'impresa reclamava al Presidente del Tribunale di

Milano, il quale, però, con ordinanza 10 ottobre 1960,

respingeva il reclamo. Osservava il Presidente : 1) che la

produzione dei documenti eseguita dopo la decisione del

Pretore e dopo il decorso del termine perentorio di cui

all'art. 825, 1° comma, cod. proc. civ. non poteva supplire alla mancata produzione degli stessi ; 2) che, relativamente

agli atti contenenti i quesiti, doveva riconoscersi che il

mancato tempestivo deposito dei medesimi non aveva rile

vanza, in quanto i quesiti sottoposti agli arbitri risultavano

integralmente riportati nel lodo ; 3) che invece, riguardo all'atto contenente la clausola compromissoria, esso non

era stato depositato, nè tale deficienza poteva essere ov

viata per il fatto che, tempestivamente, era stato deposi tato unitamente al lodo copia autentica del capitolato

generale per la Gestione I.n.a.-Casa, contenente una clau

sola compromissoria, posto che non esisteva alcuna prova che le disposizioni di tale capitolato dovessero applicarsi ai rapporti giuridici che avevano formato oggetto del lodo.

(Omissis) Diritto. — Con il ricorso la ricorrente Impresa, premesso

che l'ordinanza con la quale il Presidente del Tribunale ha deciso il reclamo, avendo contenuto e valore decisorio di sentenza, deve ritenersi impugnabile in Cassazione ai sensi dell'art. Ili della Costituzione, nonostante che il codice

(art. 825 cod. proc. civ.) la dichiaii non impugnabile, osserva, relativamente alla ritenuta mancanza di prova che la clau sola compromissoria fosse stata depositata, unitamente al

lodo, nella cancelleria del Pretore, che la denunciata ordi nanza ha omesso di rilevare che con lettera 19 maggio 1960 l'Avvocatura dello Stato aveva trasmesso al presidente del

collegio arbitrale, su richiesta del medesimo, due copie del

rogito Parisella 13 luglio 1950 con l'allegato capitolato gene rale di appalto contenente la clausola compromissoria. La

quale circostanza, deduce la ricorrente, costituiva la prova evidente che il capitolato generale e, in particolare, la clau sola compromissoria in esso contenuta, fosse applicabile ai

rapporti giuridici che avevano formato oggetto del lodo. All'esame del merito del ricorso è preliminare accertare

l'ammissibilità del ricorso in Cassazione avverso l'ordinanza

presidenziale. L'art. 825 stabilisce che il lodo arbitrale, con l'atto di

compromesso o con quello contenente la clausola compro missoria e gli atti con i quali sono stati proposti i quesiti, deve essere depositato nella cancelleria della pretura entro il termine perentorio di cinque giorni dalla sottoscrizione del lodo e che il pretore, accertata la tempestività del depo sito e la regolarità formale del lodo, lo dichiara esecutivo con decreto, contro il quale è ammesso reclamo al presidente del tribunale, che provvede con ordinanza non impugnabile.

È noto che, a seguito dell'entrata in vigore dell'art. Ili

della Costituzione e dell'interpretazione che di tale pre cetto ha dato questo Supremo collegio, tutti i provvedi menti decisori, ancorché siano dichiarati sentenze non im

(2) Per l'ammissibilità del deposito di equipollenti dell'atto contenente la clausola compromissoria vedi le due sentenze della

Cassazione, citate nella motivazione della presente. In dottrina, cons., in genere, Carnacini, 1 documenti da depositare con il

lodo, in Ri v. trim. dir. e proc. civ., 1963, 597.

gnabili o siano definiti ordinanze e decreti dalle leggi ante

riori, sono impugnabili in Cassazione per violazione di legge. L'Avvocatura dello Stato, pur condividendo l'indicato

principio, sostiene che il decreto del pretore, con il quale l'accertamento è limitato alla tempestività del deposito ed alla regolarità formale del lodo, è l'espressione di una at

tività amministrativa e costituisce un provvedimento di

volontaria giurisdizione, privo di carattere decisorio, e che l'ordinanza del presidente del tribunale, emessa in sede di reclamo contro il rifiuto di esecutorietà, ha ovviamente la medesima natura.

La Corte non condivide questa tesi.

Compito degli arbitri è quello di conoscere delle contro versie sottoposte dalle parti al loro giudizio e di decidere osservando le forme ed i termini prescritti dalla legge o dal

compromesso. Il procedimento formativo della decisione,

però, che si conclude con la emanazione del lodo, in tanto

acquista una efficacia processuale di accertamento, in quanto il pretore, esaminata la regolarità formale ed estrinseca del

lodo, lo renda esecutivo.

Dispone infatti il 3° comma dell'art. 825 con espressione assai significativa, che il decreto del pretore conferisce al lodo « efficacia di sentenza » e da ciò deriva che il compro messo, che è un negozio di diritto privato, non attribuisce

agli arbitri l'esercizio di una funzione giurisdizionale, ma che questo carattere viene impresso alla decisione, ed a

tutto il procedimento anteriore, dopo il riconoscimento, da parte del pretore, che gli arbitri hanno legittimamente adempiuto al mandato loro conferito.

Alla formulazione della sentenza arbitrale, che assume la fisionomia di un atto complesso, concorrono pertanto, sia

pure attraverso funzioni tra loro diverse e distinte, gli ar

bitri ed il pretore. Se, quindi, il decreto del pretore è un atto formativo della sentenza, non si vede come possa ad esso negarsi un carattere giurisdizionale, a meno di non

voler consentire la possibilità, palesemente inaccettabile, di far derivare la sostanza giurisdizionale dell'arbitrato da

un atto amministrativo. E giova altresì considerare che il

decreto del pretore, come l'ordinanza del presidente in sede

di reclamo, non essendo revocabili, sono privi di quel carat

tere di provvisorietà e non definitività che contraddistin

guono, invece, gli atti di volontaria giurisdizione. Nè vale obiettare che l'indagine del pretore (come del

presidente del tribunale in sede di reclamo) è limitata al l'accertamento della regolarità formale del lodo attraverso un procedimento di camera di consiglio e non contenzioso :

infatti, i criteri fissati dall'art. 825 al sindacato del pretore non escludono che il compito affidatogli dalla legge abbia un contenuto giurisdizionale, sia pure circoscritto al con

trollo di una regolare attività degli arbitri, e, se è vero che i provvedimenti camerali hanno normalmente carattere

amministrativo, è altrettanto vero che il legislatore con

sente, in alcuni casi, per ragioni di opportunità procedurale, che si svolgono con il rito della camera di consiglio anche

procedimenti di carattere giurisdizionale, che si conclu

dono con provvedimenti di eguale natura, quali, ad esempio, la sentenza dichiarativa di fallimento o quella diretta a

regolare la competenza. Infine, non è esatto che il contenuto amministrativo

del decreto del pretore possa dedursi dal fatto che il diniego di esecutorietà del lodo non importerebbe un pregiudizio irreparabile potendo, secondo l'Avvocatura, sempre essere

riproposto il giudizio arbitrale o iniziato un comune pro cedimento dinanzi al giudice, giacché questa possibilità, a

prescindere da ogni altra considerazione, occorrerebbe fosse

dimostrata, mentre possono essersi verificate decadenze o

prescrizioni per cui il diniego di esecutività del lodo com

prometterebbe in modo definitivo il diritto soggettivo della

parte interessata.

Accertata l'ammissibilità del ricorso in Cassazione con

tro il provvedimento del presidente del tribunale emesso

in sede di reclamo avverso il decreto del pretore che ha ne

gato la dichiarazione di esecutività del lodo, poche consi

derazioni sono sufficienti per dimostrare la fondatezza del

motivo proposto, il cui contenuto deve essere limitato al

dibattito circa la rilevanza del deposito della clausola com

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1879 PARTE PRIMA 1880

promissoria, avendo il provvedimento presidenziale rite

nuto regolare il deposito degli atti contenenti i quesiti, per essere stati i medesimi integralmente trascritti nel lodo.

Risulta accertato in punto di fatto che il contratto di

appalto 2 marzo 1953, con il quale, fra l'altro, era stata sti

pulata la clausola compromissoria, non è stato depositato unitamente al lodo, nè successivamente, ma che è stato

invece tempestivamente depositato il capitolato generale

per la Gestione I.n.a-Casa (rogito Parisella 13 luglio 1950), contenente una clausola compromissoria, nonché l'ordi

nanza 10 marzo 1960 del collegio arbitrale con la quale era

richiesto alle parti di produrre il predetto capitolato. Il Presidente del Tribunale ha ritenuto irrilevante, ai

fini dell'art. 825, il deposito del capitolato anziché dal con

tratto di appalto, affermando « non esistere alcuna prova che la clausola compromissoria contenuta nel capitolato I.n.a.-Casa dovesse in tutto o in parte applicarsi ai rap

porti giuridici che hanno formato oggetto del lodo », in

quanto il capitolato, costituendo un atto unilaterale del

l'Istituto, non poteva esplicare alcun effetto sui rapporti

giuridici con altre parti, a meno che non fosse esistito un

accordo in tal senso tra tutti i contraenti.

Questa motivazione, frutto di un eccessivo quanto in

giustificato rigorismo formale, contrasta con l'interpreta zione dell'art. 825 avendo questa Corte già altre volte av

vertito che, per la dichiarazione di esecutorietà del lodo, non è necessario il deposito del compromesso o dell'atto

contenente la clausola compromissoria allorquando da do

cumenti equipollenti emergeva la prova del patto arbitrale

e della sussistenza della controversia (Cass. n. 2060 del 1939, Foro it., Eep. 1939, voce Arbitramento, n. 60, e n. 3159 del

1953, id., Rep. 1953, voce cit., n. 90). Ora, a prescindere dal fatto che la procedura dinanzi

agli arbitri si è svolta sulla pacifica e mai contrastata esi

stenza della clausola compromissoria, il presidente non ha

attribuito il rilievo che meritava alla circostanza che nel

lodo arbitrale era stato espressamente citato il capitolato in

questione, richiamato dal contratto di appalto, e, anzi, ciò aveva dato luogo all'ordinanza 10 marzo 1960 (deposi tata unitamente al lodo), con la quale il collegio arbitrale

aveva invitato le parti a produrre detto documento, tra

smesso in effetti dalla Avvocatura dello Stato con nota

19 maggio 1960. La clausola compromissoria, pertanto, risultava sicu

ramente individuata in quanto lo stesso lodo, pur non con tenendone la letterale trascrizione, ne riportava il conte nuto per relationem, facendo riferimento, cioè, al capito lato, contenente all'art. 23 la clausola compromissoria, espressamente richiamato, come il lodo ne ha dato atto, nel contratto di appalto.

Tutto ciò, invero, forniva la dimostrazione che il capi tolato in questione e, in particolare, la clausola compromis soria in esso contenuta, era applicabile ai rapporti giuridici che avevano formato oggetto del lodo e che al mancato

deposito del contratto di appalto suppliva un documento

equipollente, dal quale emergeva la prova del patto arbitrale.

L'impugnato provvedimento, perciò, merita di essere cassato con rinvio allo stesso Presidente del Tribunale di Milano il quale, nel riesame della controversia, si unifor merà ai suindicati principi e provvederà anche sulle spese di questo grado.

Per questi motivi, cassa, ecc.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezione II civile ; sentenza 10 agosto 1963, n. 2283 ; Pres. Marletta P., Est. Coktesani E., P. M. Colli (conci, conf.) ; Azienda comunale autofilotramviaria Padova

A.c.a.p. (Avv. Zavarino, Benettin) c. Beccaro e

altri (Avv. Becca, Rosini), Pirolto (Avv. Bussi, Olivi).

(Gassa Pret. Padova 28 maggio 1961)

Sciopero —- Sciopero di

jjittimità (Costituzione

71, 72 ; cod. pen., art.

solidarietà — Limiti di Ic

della Repubblica, art. 39, 40,

502, 505).

Lo sciopero di solidarietà deve ritenersi legittimo, secondo

un accertamento di merito da compiersi caso per caso, sol quando esso sia attuato da lavoratori che fanno ri

corso all'azione diretta in adesione di altri lavoratori

per la tutela di un interesse che è anche per essi iden

tificabile o per il comune inquadramento dei due gruppi

nell'organizzazione sindacale di più elevato grado o perchè la controversia investe una questione di interesse generale

per le categorie di lavoratori complessivamente considerate ; al contrario lo sciopero attuato per l'unico intento di soli

darizzare con altri lavoratori già in sciopero è illegittimo,

difettando il presupposto di un proprio interesse profes sionale, onde in questa ipotesi è legittima l'irrogazione di sanzioni disciplinari da parte del datore di lavoro. (1)

(1) È ben noto come si sia sempre discusso della legittimità o no dello sciopero c. d. di solidarietà o di simpatia (da distin

guersi da quello di protesta), consistente, come il termine

esprime, nel ricorso all'azione diretta per aiutare il gruppo o la categoria di lavoratori direttamente impegnati in una controversia sindacale. Circa la legittimità di questa forma di sciopero, invero tradizionalmente praticato nelle più varie

esperienze sindacali, si è sempre obiettato che nel caso i lavo ratori scioperanti per solidarietà non hanno, per definizione, un loro interesse da tutelare ; in particolare la pretesa non è nella disponibilità della controparte. Circa le soluzioni adottate

negli ordinamenti esteri, v. la rassegna panoramica di Brioschi e Setti, Lo sciopero nel diritto, 1949, pagg. 54-57, nonchèla parte speciale dell'opera nella quale si dà partitamente conto della situazione esistente nei vari Paesi. In talune legislazioni si distin

gue poi tra lo sciopero di solidarietà primaria e quello di solida rietà secondaria, a seconda che esso sia attuato o no nell'àm bito della stessa categoria o della stessa industria e quindi nella ricorrenza o no di un interesse comune ai vari gruppi di scio

peranti. La questione si è riproposta, e sotto vari profili, anche nel

nostro attuale ordinamento, in riferimento alla generica procla mazione dell'art. 40 della Carta costituzionale. Specificatamente in giurisprudenza, nel senso della illegittimità, v. Cons, giust. amm. sic. 20 settembre 1960, n. 263, Foro it., Rep. 1960, voce

Sciopero, n. 36 ; Cons. Stato, Sez. VI, 6 novembre 1957, n. 795, id., Rep. 1957, voce cit., n. 11 ; Trib. Lucca 18 giugno 1953, id., Rep. 1953, voce cit., n. 22.

Per la legittimità di questa forma di sciopero, v. Pret.

Bologna 8 gennaio 1960, id., Rep. 1960, voce cit., n. 41 ; Assise Lucerà 5 aprile 1953, id., Rep. 1953, voce cit., n. 18.

Del problema si è discusso anche in dottrina, sia de iure condito sia de iure condendo. Per una rassegna delle varie opi nioni Pera, Problemi cost, del dir. sind. it., 1960 pag. 209 e segg. ; v. inoltre specificatamente Ardau, Contributo alla qualificazione giur. dello sciopero : lo sciopero di solidarietà, in Temi, 1954, 625 ; Teoria giur. dello sciopero, 1962, pag. 161 e segg., il quale distingue tra i due tipi di sciopero di solidarietà sopra deli neati ; Richard, Brevissime sugli scioperi politici e di solida rietà dei pubblici dipendenti, in Riv. dir. lav., 1958, II, 148, che contesta recisamente la legittimità di questa forma di sciopero ; Simi, Il dir. di sciopero, 1956, pag. 200, che ritiene la legittimità dello sciopero in questione quando sia identificabile in concreto un interesse comune. V. inoltre per i termini del prrblema Riva Sanseverino, Dir. sind., 19 54, pag. 402 ; I. Scotto, Il dir. di sciopero, 1958, pag. 104.

Naturalmente, come si è premesso, la questione può porsi sotto vari profili. Può ritenersi accolta in sede d'interpretazione dell'art. 40 Cost, la teoria c. d. economico-professionale dello sciopero, che la proclamazione costituzionale del diritto, così delimitato, non tocchi la configurazione che delle altre forme di sciopero venne data nel passato ordinamento corporativo, di guisa che, malgrado detto art. 40, lo sciopero di solidarietà dovrebbe considerarsi ancor oggi penalmente incriminabile ; v. in questo senso A. Giannini, Serrata e sciopero negli ordina menti italiani, in Riv. poi. econ., 1952, 485, e, meno decisamente, Sermonti, Illegittimità dello sciopero poi., in Mass. giur. lav., 1953, 13. Può invece ritenersi che, allo stato, o in virtù della

sopravvenuta norma costituzionale o, secondo altri, per il venir meno dell'ordinamento corporativo nel 1943-44, non possa parlarsi di delitto di sciopero di solidarietà, dovendosi reputare travolta la fattispecie prevista nell'art. 505 del codice Rocco : v. in tal senso e con varia motivazione, in generale o rispetto alle singole figure delittuose già contemplate nel codice penale : E. Battaglini, Dir. pen. del lav., in Trattato di dir. lav. di Borsi e Pergolesi, 1960, V, pag. 258, specificatamente per lo sciopero politico ; Giugni, La lotta sindacale nel dir. pen., 1951, pag. 21 e segg. ; Nuvolone, Le leggi penali e lajCost.,

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