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Sezione II civile; sentenza 7 gennaio 1984, n. 103; Pres. Palazzolo, Est. Anglani, P. M. Nicita...

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Sezione II civile; sentenza 7 gennaio 1984, n. 103; Pres. Palazzolo, Est. Anglani, P. M. Nicita (concl. conf.); Soc. Ceria (Avv. Di Giorgio, Dodaro) c. Soc. Edil Steel (Avv. Cipriotti, Vichi). Regolamento di competenza avverso Trib. Lanciano 17 dicembre 1981 Source: Il Foro Italiano, Vol. 107, No. 2 (FEBBRAIO 1984), pp. 397/398-401/402 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23175556 . Accessed: 25/06/2014 03:37 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.44.78.143 on Wed, 25 Jun 2014 03:37:42 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione II civile; sentenza 7 gennaio 1984, n. 103; Pres. Palazzolo, Est. Anglani, P. M. Nicita(concl. conf.); Soc. Ceria (Avv. Di Giorgio, Dodaro) c. Soc. Edil Steel (Avv. Cipriotti, Vichi).Regolamento di competenza avverso Trib. Lanciano 17 dicembre 1981Source: Il Foro Italiano, Vol. 107, No. 2 (FEBBRAIO 1984), pp. 397/398-401/402Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23175556 .

Accessed: 25/06/2014 03:37

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

che ripropose tutte le eccezioni e difese formulate in primo

grado, la Corte d'appello di Catania con sentenza dei 28 marzo

1979, ora denunziata, confermò la sentenza del tribunale, ad

eccezione del capo relativo alle spese giudiziali, dichiarate total

mente compensate.

La corte di merito osservò tra l'altro che ad esoludere l'appli

cabilità del 2° comma dell'art. 764 non valeva la considerazione

che la transazione fosse coeva alla divisione, in quanto dall'esame

della scrittura privata e del successivo atto di permuta 27 luglio

1972 emergeva che « le parti avevano voluto porre fine alle

questioni insorte in ordine alla successione del de cuius e del

padre di quest'ultimo Zocco Feria Nicola ». Decisiva ai fini della

configurabilità di una transazione era la considerazione ohe le

parti, pur avendo il padre disposto dei propri beni con testamen

to, avevano rinunziato alla successione testamentaria dando luogo

d'accordo a quella legittima. Avverso questa sentenza Zocco Nicola ha proposto ricorso per

cassazione sulla base di due motivi con atto notificato anche a

Rizzo Ines consorte di lite nel giudizio di merito. L'intimato ha

resistito con controricorso ed ha proposto a sua volta ricorso

incidentale sulla base di due motivi. Il ricorrente principale ha

presentato memoria.

Motivi della decisione. — Va preliminarmente disposta la

riunione sotto il più antico numero di ruolo del ricorso principale

e di quello incidentale.

Con il primo motivo il ricorrente principale denuncia « viola

zione e falsa applicazione degli art. 763 e 764 c.c. in relazione

all'art. 360, n. 3, c.p.c. » e, dolendosi della ritenuta inammissibili

tà dell'azione di rescissione, deduce che « con le pattuizioni

concluse con i citati atti non sono state risolte questioni relative

alla divisione, bensì soltanto questioni ad essa logicamente prece

denti, relative alle modalità dell'azione ereditaria ». Orbene « l'art.

764 escludendo l'impugnabilità per rescissione delle transazioni

con le quali si sia posto fine alle questioni insorte a causa della

divisione, implicitamente ammette l'esperimento dell'azione rescis

soria per lesioni oltre il quarto in relazione a quelle transazioni

che in se stesse hanno determinato, come nella specie, Io sciogli

mento della comunione ereditaria ».

Con il secondo motivo denuncia « violazione degli art. 1970 e

1448 c.c. in relazione all'art. 360, n. 3, cp.c. », deducendo che la

corte di merito ha erroneamente ritenuto che la qualificazione di

aleatoria data dalle parti ai contratti stipulati escludesse la loro

impugnabilità per lesione oltre il quarto, non considerando che

l'alea è caratteristica essenziale delle transazioni e che queste

possono essere soggette, nei limiti di cui al primo motivo,

all'azione di rescissione.

I due motivi, da esaminarsi congiuntamente, in quanto investo

no un profilo di diritto sostanzialmente unico, sono infondati.

La corretta interpretazione del 2° comma dell'art. 764, secondo

cui « l'azione è ammessa contro la transazione con la quale si è

posto fine alle questioni insorte a causa della divisione o dell'atto

fatto in luogo della medesima, ancorché non fosse a riguardo

incominciata alcuna lite », postula, da un lato, l'esame della

natura della rescissione divisoria, dall'altro l'esame del rapporto

tra la disposizione riferita e le norme che disciplinano la transa

zione, in particolare gli art. 1965 e 1970 c.c.

In ordine al primo punto è pacifico in giurisprudenza e in

dottrina, ed emerge peraltro chiaramente dalla lettera del 1°

comma dell'art. 763 che, anche nell'ordinamento vigente, la rescis

sione divisoria (al contrario dell'azione generale di rescissione

collegata anche alla sussistenza dei requisiti soggettivi dello stato

di bisogno del contraente danneggiato e dell'approffittamento di

tale stato da parte dell'altro contraente), conserva un carattere

essenzialmente oggettivo, nel senso che l'unico requisito richiesto

consiste nello squilibrio tra il valore della porzione effettivamente

attribuita al condividente impugnante e quello della quota corri

spondente che gli sarebbe spettata.

Quanto al secondo punto si osserva che nella struttura del

contratto di transazione costituisce elemento essenziale la reci

procità delle concessioni e non anche l'equivalenza economica

delle stesse, sicché proprio nella non rilevanza dello squilibrio

economico risiede la ratio dell'art. 1970, il quale dispone che la

transazione non può essere impugnata per cause di lesione.

II principio, come sopra codificato, della incompatibilità del

rimedio rescissorio con la struttura essenziale del contratto di

transazione, costituisce indubbiamente un principio di carattere

generale, che va opportunamente correlato al disposto del 2°

comma dell'art. 764, che esclude appunto l'azione di rescissione

riguardo alla transazione con cui « si è posto fine alle questioni

insorte a causa della divisione o dell'atto fatto in luogo delle

medesime, ancorché non fosse a riguardo incominciata alcuna

lite ».

Come è stato affermato da una parte della dottrina, la formula

adoperata nella citata norma — a differenza di quella contempla ta nell'art. 1039 c.c. abrogato che si riferiva inequivocabilmente alle sole transazioni successive al perfezionamento dell'atto divi sorio (o paradivisorio) — sembra riferirsi, sottraendoli al rimedio

della rescissione, a tutti gli accordi divisori transattivi, in qualsia si momento essi siano intervenuti: e quindi non solo alle transazioni successive all'atto di divisione (o all'atto a questo equiparato) inerenti ai contrasti insorti in sede di interpretazione e di esecuzione dei medesimi atti, ma anche alle transazioni concluse nel corso dell 'iter divisorio (ohe, sebbene intervenute

anteriormente, siano tuttavia destinate a riverberare necessaria mente i loro effetti sul contenuto del successivo atto di divisione), escludendo in tal modo che questo possa essere considerato

autonomamente, alla stregua di un atto divisorio puro e semplice non transattivo, soggetto come tale a rescissione secondo le regole sancite dagli art. 763 e 764, 1° comma, c.c.

Tanto premesso in diritto si osserva che nella fattispecie la corte d'appello ha accertato con apprezzamento sorretto da con

grua e logica motivazione e, comunque, non investito sul punto da specifica censura, che gli accordi conclusi dalle attuali parti con la scrittura del 31 marzo 1972 ed attuati con il mezzo

tecnico-giuridico della permuta conclusa con atto pubblico del 27

luglio 1972 e della contestuale dichiarazione (con cui si dava atto del carattere fittizio del conguaglio di lire 3.500.000 che era stato dichiarato nell'atto di permuta intercorso fra i fratelli Zocco), integravano gli estremi della transazione, scaturendo chiara « la volontà dei coeredi di pervenire ad uno scioglimento della comunione ereditaria per porre tra loro fine ad ogni possibile questione a causa della successione in oggetto, prevenendo in tal modo le liti che sarebbero potute insorgere in relazione ai medesimi rapporti ».

Secondo i giudici d'appello l'avvenuta effettuazione di conces sioni reciproche emergeva invero chiaramente dal fatto che le

parti — oltre a dichiarare formalmente di voler transigere tutte le loro pretese, ivi compresi i diritti 'vantati dal de cuius sulla successione del di lui genitore — stabilirono: che tutti i beni relitti da Zocco Calafato Salvatore fossero ripartiti tra i due figli, secondo le norme sulla successione legittima, anziché in base al testamento con il quale il predetto aveva disposto del proprio patrimonio; e che non si tenesse inoltre conto ai fini predetti di eventuali azioni di riduzione di altra eredità.

La natura transattiva degli accordi come intercorsi tra le parti emergeva infine, secondo gli stessi giudici, dalla espressa dichiara zione con cui le parti stesse si diedero reciprocamente atto che « mediante la presente convenzione restano definiti, come detto

sopra, transattivamente ed aleatoriamente tutti i rapporti eredita ri ». f

Risulta quindi evidente che se i condividenti con la concreta formazione delle quote reciprocamente assegnatesi a 'Scioglimento della comunione ereditaria, mediante la citata scrittura privata del 31 marzo 1972 e l'atto pubblico di permuta del 27 luglio successivo, intesero prevenire e risolvere transattivamente, in via

definitiva, ogni possibile controversia in ordine alla concreta determinazione delle porzioni corrispondenti alle quote da asse

gnare a ciascun condividente — come hanno accertato i giudici del merito —, la delegata rescindibilità degli atti su indicati che è

stata affermata in applicazione dell'art. 764, 2° comma, non può essere censurata sotto nessuno dei profili che sono stati dedotti dal ricorrente.

Pertanto il ricorso principale deve essere rigettato. {Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; Sezione II civile; sentenza 7 gen naio 1984, n. 103; Pres. Palazzolo, Est. Anglani, P. M. Nicita

(conci, conf.); Soc. Ceria (Avv. Dr Giorgio, Dodaro) c. Soc.

Edil Steel (Aw. Cipriotti, Vichi). Regolamento di compe tenza avverso Trib. Lanciano 17 dicembre 1981.

Contratto in genere — Clausole predisposte — Deroga alla

competenza territoriale — Specifica approvazione per iscritto

(Cod. civ., art. 1341).

La clausola standardizzata, che stabilisca una deroga alla compe tenza per territorio dell'autorità giudiziaria, è efficace soltanto

se specificamente approvata per iscritto (nella motivazione si

precisa che non integra tale requisito di specificità la sottoscri

zione con la quale si accettano globalmente le clausole non

onerose e la clausola derogativa del foro competente). (1)

(1) iln senso conforme, v. Cass. 8 marzo 1982, n. 1467, Foro it., 1983, I, 172, con nota di richiami, cui adde, in dottrina, Le con

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PARTE PRIMA

Svolgimento del processo. — Con ricorso del 30 dicembre 1980

la società Edil Steel a r.l. chiese al presidente del Tribunale di

Lanciano l'emissione nei confronti della società Ceria in acco

mandita semplice di un decreto ingiuntivo per l'importo di lire

2.909.093, quale corrispettivo di lavori eseguiti per conto della

ingiunta, in un cantiere di S. Giorgio di Susa ed un altro in

Sulmona.

Avverso il decreto ingiuntivo la soc. Ceria propose opposizione con atto notificato il 2 marzo 1981, eccependo preliminarmente

l'incompetenza per territorio in quanto competente il Tribunale di

Torino in virtù di clausola specificamente approvata e sottoscritta

contenuta nel contratto, il pagamento del cui corrispettivo era

stato richiesto con l'ingiunzione, contestando nel merito la fonda

tezza della pretesa e proponendo domanda riconvenzionale di

risarcimento dei danni in lire 9.176.535.

Costituitasi in giudizio, la società Edil Steel contestò la fonda

tezza dell'opposizione, deducendo, in ordine alla eccepita incom

petenza « la nullità o quanto meno la inefficacia della clausola di

deroga della competenza per territorio di cui all'art. 1341, 2°

comma, ex:. ».

Rimessa la causa dal giudice istruttore per la decisione della

questione di competenza l'adito tribunale con sentenza non

definitiva del 17 dicembre 1981 rigettò l'eccezione di incompeten za per territorio, disponendo la prosecuzione del processo.

Premise essere accertato il fatto che « le obbligazioni dedotte in

giudizio si riferivano ai contratti di appalto stipulati per iscritto

dai titolari delle società Edi! Steel e Ceria, le cui condizioni

generali, scritte a stampa e predisposte unilateralmente dalla socie

tà Ceria, erano elencate in un foglio separato con unica sottoscri

zione in calce di Verna Giuseppe, titolare della società Ceria.

L'ultima delle clausole elencate tra le dette condizioni generali, individuata con il n. 15 prevedeva ohe per qualsiasi contestazione

la sola autorità giudiziaria è quella del foro di Torino ».

Osservò quindi alla stregua di tale accertamento che ai fini

della invocata efficacia della clausola derogativa della competenza « l'esigenza di specifica approvazione scritta non poteva, nella

specie, ritenersi soddisfatta » posto che la clausola stessa « non

aveva avuto una collocazione autonoma e distinta dalle altre

clausole (onerose e non) elencate con numerazione progressiva nel

la condizione generale e non era stata sottoscritta autonoma

mente ».

Doveva perciò concludersi che la clausola non potesse mutuare

la sua efficacia dal solo fatto che Verna Giuseppe aveva apposto in calce al suo modulo a stampa la sua sottoscrizione di

approvazione globale delle condizioni generali del contratto ma

-non certamente delle clausole onerose tra esse elencate ».

Avverso questa sentenza la società Ceria ha proposto istanza di

regolamento. La società Edil Steel, resiste con memoria depo sitata ai sensi dell'art. 47 c.p.c. Il procuratore generale ha con

cluso per il rigetto del ricorso e la dichiarazione di competenza del Tribunale di Lanciano. La ricorrente ha successivamente de

positato memoria difensiva. Motivi della decisione. — Con l'unico motivo la ricorrente si

duole per la ritenuta inefficacia della clausola derogativa e

deduce:

1) Il tribunale nel ritenere necessaria, ai fini della validità ed

efficacia, « l'esistenza di una formale ed espressa accettazione

della clausola », ha attribuito « ingiustificatamente valore assoluto

alla disposizione dell'art. 1341 », non considerando che detta

norma va interpretata « tenendo conto del disposto degli art.

1322, 1368, 1371 e 2702 che costituiscono un sistema organico di

cui essa fa parte ».

I principi alla base di tale norme riguardano infatti « la libertà

di contrattazione e disposizione dei diritti senza essere vincolati al

rispetto di particolari forme, la rilevanza degli usi contrattuali,

l'obbligo di comportarsi secondo buona fede da parte del con

traente che abbia liberamente sottoscritto la clausola ». Detti

principi debbono essere, a maggior ragione, applicati quando si

tratta di contratti stipulati tra imprenditori e le clausole in

dizioni generali di contratto, a cura di C. M. Bianca, Milano, 1979, I, G. De Nova, Obbligazioni e contratti, in Trattato di diritto privato, diretto da P. Rescigno, 10, Torino, 1982, 110 ss.

A titolo di curiosità comparatistica, sarà utile ricordare come, prim'ancora dell'AGB-Gesetz (che H. von Hippel, Die Schutz des

Scwacheren, Tiibingen, 1983, 43-44, non esita a definire « di limitata efficacia »), il legislatore tedesco avesse provveduto a metter al

bando — fatta eccezione per i rapporti contrattuali cui accedano

Vollkaufleute, commercianti a pieno titolo, e persone giuridiche di

diritto pubblico, nonché per un più limitato novero di casi specifici — le Gerichsstandsvereinbarungen, a prescindere dalla circostanza che esse facessero capo a condizioni generali di contratto o figurasse ro in pattuizioni individuali: cfr. W. Lòwe, Das neue Recht der

Gerichtsstandsvereinbarung, in NJW, 1974, 473.

discussione sono clausole d'uso costantemente inserite in tutti i

contratti di appalto, nei quali l'appaltatore debba eseguire più

lavori in località diverse, e sono dirette ad evitare l'eventualità

che l'impresa committente « debba agire o difendersi dinanzi a

più uffici giudiziari tra loro distanti ».

2) Il tribunale non ha considerato, in particolare, che « la

finalità dell'art. 1341 è soltanto quella di escludere ogni dubbio

sulla conoscenza della clausola attributiva della competenza esclu

siva ad un determinato foro » e che nel caso in esame doveva

ritenersi che il Verna Giuseppe — già imprenditore e, dopo la

costituzione della società Steel, amministratore unico della stessa — avendo sottoscritto numerosi contratti con la società Ceria per vari anni in proprio e nella successiva qualifica di amministratore « conoscesse perfettamente la sussistenza della clausola ed avesse ben valutato la convenienza di accettarla ».

3) Non ha considerato che l'art. 17 della convenzione di

Bruxelles del 27 settembre 1978, « che impegna i contraenti al

rispetto dei patti, comunque stipulati, derogativi della competen za » deve ritenersi quale norma comunitaria « recepita dal diritto

interno italiano ».

I rilievi della ricorrente, ispirati ad un interpretazione inesatta

dell'art. 1341, non sono fondati.

Come risulta dal chiaro testo legislativo, l'art. 1341, posto a

tutela del contraente il quale aderisce a clausole predisposte dall'altro contraente, disciplina in maniera diversa la validità ed

efficacia di tale clausole a secondo ohe le stesse debbano conside rarsi o meno onerose ai sensi del 2° comma.

Emerge in particolare dal 1° comma che l'efficacia delle

condizioni generali di contratto normali (ossia diverse da quelle elencate nel 2° comma) è subordinata alla conoscenza di esse o

quanto meno « alla conoscibilità in base all'uso di normale

diligenza » da parte del contraente per adesione.

In sostanza, una volta provata anche mediante presunzioni, quali ad es. la sottoscrizione (pura e semplice in calce al modulo in cui sono elencate, la conoscenza o conoscibilità delle condi zioni generali dei contratti, le stesse debbono considerarsi efficaci.

Per quanto riguarda invece le condizioni elencate nel 2°

comma (tra le quali quelle di deroga alla competenza dell'autorità

giudiziaria) la conoscenza è di per sé irrilevante ai fini del

l'efficacia, ove il contraente non le abbia « specificamente approva te per iscritto ». La necessità di una apposita ed espressa manife stazione di volontà emerge in -maniera inequivoca dal testo della

prima parte del 2° comma, ed in particolare dall'espressione « in

ogni caso non hanno efletto » la quale, essendo avversativa

rispetto alla frase dell'ultima parte del 1° comma « le ha cono sciute e avrebbe dovuto... », va intesa nel senso di « anche se conosciute » le condizioni (che stabiliscono ecc.) « non hanno effetto se ... ».

Da quanto sopra discende che, ferma restando per le clausole onerose la necessità di « un'approvazione specifica per iscritto »

occorre stabilire se nella singola fattispecie, risolvendo sostan zialmente una quaestio voluntatis, se possa ritenersi sussistente il

requisito della specifica approvazione. Al riguardo questa corte in numerose decisioni (cfr. fra le più

recenti Cass. 3 ottobre 1980, n. 5368, Foro it., Rep. 1980, voce Contratto in genere, n. 92) ha indicato alcuni criteri ai quali occorre attenersi in tale indagine.

È stato dalla citata decisione ritenuto che « non è necessario

che la distinta sottoscrizione segua una letterale enunciazione

della clausola ma è sufficiente che tale sottoscrizione sia apposta

dopo un'indicazione idonea quale quella consistente nel riferimen

to al numero che contraddistingue il patto nel modulo, mentre

resta irrilevante che la dicitura di espressa approvazione si riferisca anche ad altre clausole onerose, sempre richiamate con i

rispettivi numeri ».

Va rilevato infine che è fuori luogo il richiamo dell'art. 17

della convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, giacché tale

convenzione concerne la competenza giurisdizionale e l'articolo

richiamato non contiene alcuna deroga alla disciplina del codice

civile relativa ai contratti per adesione.

Quanto sopra premesso il collegio procedendo con poteri di

giudice di fatto all'esame dei documenti esibiti nel giudizio di

merito osserva essere esatto quanto accertato in fatto dal tribuna

le, e cioè che a ciascuno dei contratti, le cui obbligazioni sono state dedotte in giudizio, risulta allegato un modulo intestato « condi zioni generali di contratto » scritto a stampa nel quale sono elencati 15 paragrafi, l'ultimo dei quali contrassegnato col n. 15 è del seguente tenore « per qualsiasi contestazione la sola autorità

giudiziaria è quella del foro di Torino», che una parte delle clausole non possono essere considerate onerose ai sensi del 2°

comma; che, in calce vi è la pura e semplice sottoscrizione « Verna Giuseppe ».

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Orbene — premesso esser pacifico ohe la clausola in esame

integra una deroga alla competenza territoriale, in quanto indica un foro esclusivo, ed elimina in tal modo la competenza concor rente di altro giudice — deve ritenersi che la sottoscrizione

apposta con le modalità di cui sopra, in mancanza di alcuna indicazione di collegamento con la citata clausola derogativa, e

potendosi riferire anohe alle clausole non onerose, non è sufficiente ad integrare il requisito di specificità di cui all'art.

1341, 2° comma.

Va pertanto, respingendosi l'istanza di regolamento, dichiarata la competenza per territorio del tribunale adito. (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; Sezione I civile; sentenza 5 gen naio 1984, n. 14; Pres. Sandulli, Est. Caturani, P.M. Ca

risio (conci, conf.); Gallo (Avv. Monelli) c. Pasqualini; Pa

squalini (Avv. Giove) c. Gallo. Cassa App. Roma 9 febbraio 1981.

Separazione di coniugi — Separazione consensuale — Omologa zione — Accordi non omologati — Inefficacia (Cod. civ., art.

158).

L'impegno assunto da uno dei coniugi di rimborsare all'altro

talune spese sostenute in favore dei figli è inefficace ove non

risulti riprodotto, o espressamente richiamato, nel verbale di

omologazione della separazione consensuale. (1)

Svolgimento del processo. — Il Tribunale di Roma, pronun ciando sulla domanda proposta da Luciano Gallo nei confronti

della moglie Maria Grazia Pasqualini per la modifica delle

condizioni della separazione consensuale di cui al verbale 3

ottobre 1974, omologata il 14 novembre successivo, con sentenza

8 luglio 1978 disponeva ohe la patria potestà sui figli minori

Alberto e Pierfranco affidati alla madre, fosse esercitata da

entrambi i genitori; che l'assegno di mantenimento di lire

800.000, già posto a carico del Gallo, fosse da considerarsi

attribuito, nella misura di lire 300.000 a ciascuno dei figli e nella

residua misura di lire 200.000 a favore della moglie; rigettava la

domanda di adeguamento dell'assegno alla sopravvenuta svaluta

zione monetaria e quella di rimborso della metà delle spese sostenute per la domestica, entrambe avanzate dalla donna in via

riconvenzionale.

Su gravame principale della Pasqualini ed incidentale del

Gallo, la corte di Roma con la sentenza in questa sede impugna

ta, in parziale accoglimento dell'appello incidentale, elevava di

lire 100.000 l'assegno dovuto dal Gallo alla moglie a far tempo dal 24 novembre 1975 e di altre lire 100.000 con decorrenza dal

29 giugno 1978, con gli interessi legali; condannava il Gallo al

rimborso della somma di lire 482.430 in favore della Pasqualini, con gli interessi legali sempre dalla data del 29 giugno 1978.

Rilevava la corte — per quanto interessa il presente giudizio — che ove una clausola inclusa nel ricorso per separazione

'(1) Non risultano precedenti specifici in termini ad eccezione di

Cass. 5 settembre 1968, n. 2859, Foro it., Rep. 1968, voce Separazio ne di coniugi, n. 32, dalla quale la corte si discosta, avendo cura di

precisare come la particolarità della fattispecie — mancata inclusione della pattuizione nel verbale per errore materiale — condizionasse la validità del principio affermato.

La sentenza può dirsi nondimeno esemplare (verrebbe fatto di definirla didattica) per l'esatta comprensione della funzione dell'omo

logazione degli accordi intercorsi fra i coniugi in sede di separazione consensuale. Nel cassare la decisione con cui i giudici d'appello, seguendo forse una logica fondamentalmente equitativa, avevano at tribuito rilevanza giuridica ad un impegno di rimborso assunto in via meramente epistolare, non trasfuso cioè nel verbale omologato di

separazione, i giudici di legittimità aderiscono all'opinione dottrinale

più accreditata secondo la quale l'omologazione ha preminente carat tere di controllo di conformità dell'accordo all'interesse soprattutto dei figli (v. Mandrioli, Il procedimento di separazione consensuale, Torino, 1962, 92 ss.; Azzolina, La separazione personale dei coniugi, Torino, 1966, 217 ss.; Grassetti, in Commentario alla riforma del diritto di famiglia, a cura di Carraro, Oppo, Trabucchi, 1977, I, 1, 312 s.; Scardulla, La separazione personale dei coniugi e il divorzio, Milano, 1977, 95 ss.; da ultimo, Zatti e Mantovani, La separazione personale, (Padova, 1983, 386 s., con ampi riferimenti bibliografici e

giurisprudenziali, 389 ss., nonché Zatti, La separazione consensuale, in Trattato di diritto privato, diretto da Rescigno, 3, 1983, 123, 126

s.). Sulla separazione consensuale omologata quale fattispecie procedi

mentale di volontaria giuridizione v. Iannuzzi, Manuale della volon taria giurisdizione, Milano, 1977, 849 ss., 867 ss.

consensuale non risulti riprodotta nel verbale di separazione omo

logata, la medesima deve ritenersi d'accordo respinta ed elimina

ta; ohe peraltro era da ritenere valido l'impegno che, in aggiunta a quelli concordati in sede si separazione il Gallo aveva assunto, avente ad oggetto il rimborso di metà delle spese che la moglie sosteneva per la governante dei figli, Giulia Conti, e ciò anche

perché risultava che la stessa, giusta le condizioni poste dal

Gallo, aveva interrotto il rapporto di lavoro con costui e si era trasferita in casa della Pasqualini, per svolgere alle dipendenze della stessa le mansioni di govenante dei minori; che, tuttavia, poiché la Pasqualini non aveva provato l'ammontare del corri

spettivo versato alla Conti, a suo favore poteva essere disposto soltanto il rimborso di metà dei contributi previdenziali pagati.

Per la cassazione di questa sentenza ricorre Luciano Gallo, sulla base di tre motivi; resiste con controricorso e propone a sua volta ricorso incidentale, affidato ad unico motivo, Maria Grazia Pasqualini.

Motivi della decisione. — Il ricorso principale ed il ricorso incidentale perché proposti contro la stessa sentenza, devono essere riuniti (art. 335 c^px.).

Con i primi due motivi del ricorso principale, denunziandosi anche difetto di motivazione, si assume ohe l'impugnata sentenza ha affermato apoditticamente l'efficacia dell'impegno del ricorrente

di rimborsare la metà delle spese sostenute dalla moglie per la

governante dei minori, di cui alla lettera inviata alla Pasqualini prima della omologazione della separazione consensuale e non

trafuso nel relativo verbale, pur dopo aver ammesso che le

eventuali clausole ivi non riprodotte dovevano intendersi elimina te di comune accordo. D'altra parte, si rileva che soltanto fatti

nuovi possono giustificare una modifica delle clausole della sepa razione consensuale.

Le censure sono fondate. Il problema dei rapporti tra l'accordo dei coniugi ed il provvedimento di omologazione del giudice ai sensi degli art. 158 c.c. e 711 cjp.c. in tema di separazione consensuale anohe dopo la recente riforma del diritto di famiglia, non consente dubbi circa la natura giuridica e funzione dell'in

tervento giurisdizionale in materia, mentre tuttora è aperto il

dissidio in ordine alla revocabilità del consenso da parte di uno solo dei coniugi nelle more del provvedimento giudiziario.

Ponendo da parte quest'ultimo quesito che non interessa ai fini

della decisione del ricorso, deve essere ribadito in questa sede

quanto la dottrina ha concordamente ritenuto circa la funzione di

controllo che l'omologazione del giudice esplica nei confronti

delle condizioni della separazione stabilite dai coniugi nei loro

rapporti reciproci e verso i figli in quanto si tratti di patti che

siano conformi agli interessi superiori della famiglia.

Trattasi pertanto, secondo l'indirizzo che appare preferibile, di

fattispecie complessa, nella quale il contenuto del regolamento concordato tra i coniugi se trova la sua fonte nel relativo accordo acquista efficacia giuridica soltanto in seguito al provve dimento di omologazione. Il giudice invero, se non può di sua

iniziativa mutare le condizioni della separazione consensuale, ha

il potere di indicare ai coniugi le modifiche da adottare nell'inte

resse dei figli ed in caso di inidonea soluzione può soltanto allo stato rifiutare l'omologazione (art. 158, 2° comma, c.c.). E questa possibilità di intervento si deve ritenere ovviamente estesa a

qualsiasi patto incluso nel relativo verbale riflettente le condizioni della separazione, anche cioè ai patti che attengono ai rapporti reciproci tra i coniugi (es. obbligo del (mantenimento).

Discende da quanto precede che non può confermarsi l'indiriz

zo accolto da questa corte con la non recente sentenza 5

settembre 1968, n. 2859 (Foro it., Rep. 1968, voce Separazione di

coniugi, n. 32), secondo cui la convenzione con la quale i

coniugi, prima della omologazione della separazione consensuale, si distribuiscono l'obbligo del contributo patrimoniale verso i figli e determinano l'ammontare dei relativi assegni ed il modo di

somministrarli, conserva validità anche dopo la successiva omolo

gazione della separazione consensuale, salvo che non sia stata

espressamente modificata.

Anche se, come risulta dalla motivazione del precedente accen

nato, l'assolutezza del principio è poi mitigata da un accertamen

to di fatto compiuto dai giudici del merito secondo cui i coniugi in realtà avevano voluto confermare in sede di omologazione anche il fatto omesso per mero errore materiale, è da ritenere

che se si accoglie la tesi innanzi svolta non è possibile riconosce

re efficacia giuridica tra i coniugi a condizioni della separazione consensuale diverse da quelle consacrate nel relativo verbale

omologato del tribunale, sulle quali non si è potuto svolgere l'attività di controllo per legge devoluta al giudice in sede di

giurisdizione volontaria (art. 711 c.p.c.). Non può quindi seguirsi la distinzione accolta dalla impugnata

sentenza tra condizioni della separazione consensuale contenute

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