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sezione II civile; sentenza 8 febbraio 1997, n. 1199; Pres. Sammartino, Est. Fantacchiotti, P.M....

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sezione II civile; sentenza 8 febbraio 1997, n. 1199; Pres. Sammartino, Est. Fantacchiotti, P.M. Sepe (concl. conf.); Girardello (Avv. Moscarini, Lavazza) c. Giacobbi (Avv. Barbato, Semini). Conferma App. Venezia 22 ottobre 1993 Source: Il Foro Italiano, Vol. 120, No. 3 (MARZO 1997), pp. 745/746-749/750 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23191833 . Accessed: 25/06/2014 02:21 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.34.79.214 on Wed, 25 Jun 2014 02:21:28 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sezione II civile; sentenza 8 febbraio 1997, n. 1199; Pres. Sammartino, Est. Fantacchiotti, P.M. Sepe (concl. conf.); Girardello (Avv. Moscarini, Lavazza) c. Giacobbi (Avv. Barbato,

sezione II civile; sentenza 8 febbraio 1997, n. 1199; Pres. Sammartino, Est. Fantacchiotti, P.M.Sepe (concl. conf.); Girardello (Avv. Moscarini, Lavazza) c. Giacobbi (Avv. Barbato, Semini).Conferma App. Venezia 22 ottobre 1993Source: Il Foro Italiano, Vol. 120, No. 3 (MARZO 1997), pp. 745/746-749/750Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23191833 .

Accessed: 25/06/2014 02:21

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

quello del negozio posto in essere. Orbene nel negotium mix

tion cum donatione, che è il contratto con il quale le parti volu

tamente stabiliscono un corrispettivo di gran lunga inferiore a

quello che sarebbe dovuto, con l'intento l'una di arricchire l'al

tra, si è in presenza di una situazione giuridica peculiare, carat

terizzata dal fatto che le parti si servono di un contratto onero

so con l'intento ulteriore di far conseguire ad una di esse un

arricchimento a titolo gratuito, in modo cioè da piegare la cau

sa tipica del contratto adottato alla realizzazione di una finalità

di liberalità. Poiché il negozio indiretto costituisce una delle espressioni

dell'autonomia privata, la forma negoziale, in linea di princi

pio, non può che essere quella del negozio adottato e non quel la del negozio che in modo tipico è previsto dall'ordinamento

per la realizzazione della causa al cui perseguimento è stata pie

gata la funzione del negozio posto concretamente in essere. Il

principio vale anche per le donazioni indirette, tanto più che

esso, lungi dal trovare ostacolo nel dato normativo, ne riceve

invece conferma, come si può desumere dall'art. 809 c.c., che, stabilendo quali siano le norme sulle donazioni che si applicano

agli altri atti di liberalità realizzati con negozi diversi da quello

tipico di cui all'art. 769 c.c., non richiama tra di esse quella che prescrive la specifica forma dell'atto pubblico (art. 782 c.c.) richiesta per la donazione. E d'altro canto non si è mancato

di osservare che, facendo la norma sulla forma della donazione

parte di quelle disposizioni volte a realizzare (per evitare che

lo spirito di liberalità possa trasformarsi in un pregiudizio del

donante) la tutela del medesimo (di regola con strumenti che

operano in modo preventivo) essa, a differenza delle norme che

assicurano la tutela dei terzi, non può essere estesa a quei nego zi che perseguono l'intento di liberalità con schemi negoziali

previsti per il raggiungimento di finalità di altro genere: troppo radicale sarebbe infatti in tal caso il sacrificio dell'autonomia

privata alla quale si deve ricondurre il potere delle parti di av

valersi delle figure negoziali per perseguire finalità lecite e, co

me tali, atte a trovare nell'ordinamento il loro riconoscimento.

Pertanto, poiché il negotium mixtum cum donatione non deve

rivestire la forma del contratto di donazione, ma invece quella

propria dello schema negoziale effettivamente adottato (v. Cass.

23 febbraio 1991, n. 1931, Foro it., Rep. 1991, voce Donazio

ne, n. 7; 28 novembre 1988, n. 6411, id., Rep. 1988, voce cit., n. 7; 27 febbraio 1986, n. 12266, id., Rep. 1986, voce cit., n.

3), la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio ad al

tra sezione della Corte d'appello di Brescia, la quale deciderà

la causa attenendosi all'enunciato principio di diritto.

Rimangono assorbiti gli altri motivi con i quali era stato de

dotto il vizio di motivazione in ordine all'accertamento del fine

di liberalità nei contratti per cui è causa e della prevalenza della

donazione sulla vendita.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 8 feb

braio 1997, n. 1199; Pres. Sammartino, Est. Fantacchiotti, P.M. Sepe (conci, conf.); Girardello (Avv. Moscarini, La

vazza) c. Giacobbi (Avv. Barbato, Semini). Conferma App.

Venezia 22 ottobre 1993.

Contratto in genere, atto e negozio giuridico — Preliminare di

vendita — Appartamento abusivo — Concessione in sanato

ria — Inesistenza — Esecuzione in forma specifica — Inam

missibilità (Cod. civ., art. 2932; 1. 28 febbraio 1985 n. 47, norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia,

sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie, art. 40).

Non si può dar luogo a trasferimento coattivo mercé sentenza

sostitutiva del definitivo dovuto dalle parti di un contratto

preliminare relativo alla vendita di un appartamento di edifi cio in costruzione, qualora dagli atti processuali non risulti

che il promittente venditore abbia dichiarato gli estremi della

Il Foro Italiano — 1997.

licenza edilizia o della concessione in sanatoria con la men

zione del versamento delle prime due rate della relativa

oblazione. (1)

Svolgimento del processo. — Rino Girardello, promittente ac

quirente dell'appartamento a pianoterra di un edificio in co

struzione posto in Dommegge di Cadore, ha chiamato in giudi zio la promittente venditrice, Carla Giacobbi Vocaturo, che, pur avendo ricevuto l'intero prezzo concordato (lire 18.000.000) ha

rifiutato di stipulare il contratto definitivo, chiedendo che sia

pronunciata, nei suoi confronti, sentenza che tenga luogo del

contratto non concluso, ai sensi dell'art. 2932 c.c.

(1) Il decisum della Cassazione non rappresenta una novità nel pano rama della giurisprudenza in tema di rapporti tra esercizio in forma

specifica dell'obbligo di concludere un contratto e regime della incom merciabilità dei manufatti abusivi, introdotto con 1. n. 47 del 28 feb braio 1985, notoriamente conosciuta come legge sul condono edilizio. Per giurisprudenza unanime la sanzione di nullità, comminata dall'art. 40 1. 47/85 per l'atto di vendita di costruzione edilizia stipulato in difet to dei requisiti di contenuto imposti dal medesimo articolo, si traduce in preclusione all'esecuzione in forma specifica del preliminare avente ad oggetto il trasferimento dell'unità edilizia (cfr. Cass. 13 agosto 1996, n. 7552, Foro it., Mass., 684; clarius, Cass. 9 dicembre 1992, n. 13024, id., Rep. 1992, voce Contratto in genere, n. 326; Trib. Catania 3 marzo

1989, id., Rep. 1989, voce cit., n. 317). Perché le parti possano fare richiesta al giudice di emettere sentenza costitutiva del diritto di pro prietà dell'immobile abusivo, occorre allegare la documentazione com

provante l'avvenuta presentazione della domanda in sanatoria di cui alla legge sul condono edilizio (v. Trib. Verona 16 gennaio 1987, ibid., voce Edilizia e urbanistica, n. 838).

La problematica in discorso e la soluzione giurisprudenziale ad essa relativa sono logicamente riferibili anche ai contratti preliminari che vincolano le parti (ovvero una di esse) alla stipula di un contratto defi nitivo destinato a dar luogo ad una delle vicende contemplate dall'art.

17, 1° comma, 1. 47/85, vale a dire al «trasferimento o costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali, relativi ad edifici o loro

parti, la cui costituzione è iniziata dopo l'entrata in vigore della presen te legge», e dall'art. 18, 2° comma, 1. cit., precisamente al «trasferi mento o costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali re lativi a terreni» (con riferimento alla fattispecie prevista da quest'ulti ma disposizione, cfr. Cass. 2 aprile 1996, n. 3028, specialmente in

motivazione, id., 1996, I, 2036; 9 luglio 1994, n. 6493, id., Rep. 1994, voce cit., 494).

Per altro verso, la posizione in argomento della sentenza riportata collima nettamente col pacifico orientamento giurisprudenziale che su bordina l'esecuzione in forma specifica dell'obbligo di concludere un contratto al requisito della possibilità giuridica e di fatto di stipulare l'atto traslativo, ossia, in negativo, all'assenza di circostanze di fatto o di diritto che impediscono alla sentenza di realizzare il risultato del contratto definitivo (v. Cass. 16 dicembre 1992, n. 13282, id., Rep. 1993, voce Contratto in genere, n. 382; 8 maggio 1991, n. 5119, id., 1991, I, 3373, con nota di richiami di F. Caso; App. Palermo 23 gen naio 1991, id., Rep. 1991, voce cit., n. 328; Cass. 8 novembre 1983, n. 6587, id., 1984, I, 465; e, a proposito di preliminari di vendita relati vi a lottizzazioni abusive, v. Trib. Napoli 28 ottobre 1983, id., Rep. 1985, voce cit., n. 224; Trib. Agrigento 29 giugno 1981, id., Rep. 1982, voce cit., n. 150).

La dottrina è sostanzialmente conforme all'orientamento giurispru denziale. Cfr. Areniello, Validità del preliminare di vendita di fabbri cati abusivi, in Corriere giur., 1994, 88; Checchini, Nullità formale e nullità sostanziale nell'alienazione dì immobili irregolari, in Riv. giur. urbanistica, 1986, 411. Sull'ambito di operatività degli art. 17, 18 e 40 1. 47/85, oltre agli autori citati, v. Vignali, Inapplicabilità ai con tratto preliminare dell'art. 40 l. 47/85, in Corriere giur., 1993, 633; Santarcanoelo, Condono edilizio. Formalità e nullità degli atti tra

vivi, Milano, 1991, passim; Mariconda, Nullità urbanistiche e discipli na generale del contratto nullo: le nullità relative ai terreni, in Corriere

giur., 1987, 751; Monaco, La «circolazione» degli edifici nel quadro della disciplina urbanistica, in Riv. giur. urbanistica, 1987, 543; Donisi, Abusivismo edilizio e invalidità negoziale, Napoli, 1986, 59; Alpa, Que stioni relative alla nozione di nullità nella legge di condono edilizio, in Riv. giur. edilizia, 1986, I, 100.

Nondimeno, dalla parte motiva della sentenza in rassegna emerge un dato da non trascurare: segnatamente, la preoccupazione per il promit tente acquirente circa l'impossibilità «di procurarsi la copia della do manda di concessione in sanatoria e la conseguente situazione di van

taggio in cui si troverebbe il promittente venditore che, omettendo di

produrre la domanda [in giudizio: n.d.r.], potrebbe a suo piacimento impedire il trasferimento coattivo». Sul punto, la soluzione prospettata dai giudici di legittimità si fonda essenzialmente su due strumenti nor mativi: il potere attribuito al giudice del merito, ai sensi dell'art. 213

c.p.c., di richiedere d'ufficio alla pubblica amministrazione le informa zioni scritte relative ad atti e documenti dell'amministrazione stessa,

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PARTE PRIMA

La Giacobbi Vocaturo ha resistito alla domanda sostenendo

che l'appartamento realizzato è diverso da quello promesso in

vendita, avendo il Girardello richiesto delle modifiche che ne

hanno alterato radicalmente le caratteristiche, ed ha, in subor

dine, chiesto, in via riconvenzionale, la condanna del Girardello

al pagamento del costo dei maggiori lavori eseguiti per la realiz

zazione dell'appartamento secondo le richieste di quest'ultimo. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d'appello di

Venezia, radicalmente riformando la decisione del giudice di pri mo grado, ha rigettato la domanda del Girardello, rilevando:

1) che l'appartamento promesso in vendita non è stato mai rea

lizzato dalla Giacobbi, avendo questa eseguito, secondando le

richieste del Girardello, un appartamento radicalmente diverso,

posto al piano rialzato, anziché al pianterreno, e con caratteri

stiche interne del tutto nuove, rispetto a quelle previste nel con

tratto preliminare; 2) che, conseguentemente, non è possibile l'esecuzione specifica del contratto preliminare, mediante sen

tenza che tenga luogo del contratto non concluso, dato che l'e

secuzione non può avere per oggetto un bene diverso da quello indicato nel predetto contratto; 3) che, in ogni caso, si tratte

rebbe di costruzione eseguita in difformità della licenza e perciò trasferibile a seguito del condono edilizio, nella specie verosi

milmente richiesto, solo allegando agli atti copia della domanda

di concessione in sanatoria con gli estremi dell'avvenuto versa

mento della oblazione.

Contro questa sentenza il Girardello ricorre in Cassazione.

La Giacobbi resiste con controricorso. Entrambi le parti hanno

depositato memoria.

Motivi della decisione. — Con unico articolato motivo il ri

corrente, denunciando la violazione ed errata applicazione del

l'art. 2932 c.c., addebita alla corte di merito: 1) l'errore di ave

re ritenuto che le difformità dell'appartamento, rispetto al pro

getto indicato nel contratto preliminare, benché non interferenti

sulla effettiva utilizzabilità del bene e sulle sue caratteristiche

essenziali, impedissero l'esecuzione specifica del contratto preli minare così ignorando che «in materia di esecuzione specifica

dell'obbligo di concludere un contratto, la condizione di identi

tà della cosa oggetto del trasferimento con quella prevista nel

preliminare non va intesa nel senso di una rigorosa corrispon

denza, ma nel rispetto dell'esigenza che il bene da trasferire

non sia oggettivamente diverso da quello considerato e che, per

tanto, in presenza di difformità non sostanziali e non interfe

renti sulla effettiva utilizzabilità del bene secondo le condizioni

contrattuali, ma soltanto sul relativo valore, non può negarsi al promissario acquirente la pronuncia costitutiva ex art. 2932

c.c., salva la necessità di adeguare al maggior o minor valore

del bene la controprestazione inizialmente pattuita»; 2) l'errore

di avere tratto la prova dell'importanza delle difformità dalla

presenza di un procedimento penale a carico della Giacobbi per

che le parti non possano produrre direttamente e che è necessario ac

quisire al processo; e il diritto attribuito, a chi abbia stipulato un con tratto preliminare con sottoscrizione autentica, di prendere visione, presso gli uffici comunali, di qualsiasi documento relativo all'immobile (art. 47, 1° comma, 1. 47/85). Diritto che, possiamo aggiungere, ai sensi

degli art. 22 1. 241/90 (norma generale sul diritto di accesso ai docu menti amministrativi) e 7 1. 142/90 (che stabilisce il diritto di accesso di tutti i cittadini agli atti amministrativi di enti locali), consente anche di ottenere copie degli atti in possesso all'amministrazione.

Il rischio avvertito dal promittente acquirente, infondato alla luce delle considerazioni svolte, fornisce peraltro lo spunto per accennare

all'ipotesi in cui la mancata collaborazione del promittente alienante nel rilascio delle dichiarazioni imposte dalla legge sia dovuta al fatto che costui non abbia presentato domanda di concessione in sanatoria del manufatto abusivo oggetto di vendita. Ebbene, posto che l'impegno delle parti di un preliminare non consiste solo nell'esprimere la volontà idonea a perfezionare il contratto definitivo, ma si concreta anche nel

compimento delle azioni preparatorie alla prestazione principale, che

esigono immediato intervento anteriore all'adempimento finale (cfr. Cass. 23 aprile 1980, n. 2679, Foro it., 1981, I, 177; in dottrina, v. Bianca, Il contratto, 3, 1996, 189; Gabrielli-Franceschelli, Il contratto preli minare, voce dell' Enciclopedia giuridica Treccani, Roma, 1988, IX, 9), sembra ragionevole ipotizzare che il promittente acquirente, di fronte alla mancata collaborazione del venditore in ordine alla prestazione del la domanda in sanatoria per le opere abusive, possa esercitare l'azione di adempimento e, in caso di sentenza in proprio favore, invocare la norma in materia di esecuzione in forma specifica dell'obbligo di fare, di cui all'art. 2931 c.c.

Il Foro Italiano — 1997.

il reato di cui all'art. 17, lett. a, 1. n. 10 del 1977 senza accor

gersi che in tale procedimento la Giacobbi era solo accusata

dalla costruzione in difformità del progetto approvato di parti dell'edificio diverse da quella in cui è stato ricavato l'apparta mento promesso in vendita; 3) l'errore di aver individuato l'og

getto del contratto preliminare esclusivamente sulla base delle

indicazioni in esso contenute senza tener conto del comporta mento successivo tenuto sia dalla promittente venditrice, che, ultimato l'appartamento, lo ha consegnato, sia dal promittente

compratore, che ha ricevuto il possesso dell'appartamento, e

della inequivoca volontà, con tale comportamento dimostrato

da entrambe le parti, di identificare l'appartamento realizzato

con quello indicato nel contratto preliminare; 4) l'errore, infi

ne, di aver ritenuto che quando si tratta di costruzione abusiva

per la quale è possibile concessione in sanatoria, la sentenza

che tenga luogo del contratto non concluso, ai sensi dell'art.

2932 c.c., presupponga la specifica dimostrazione dell'avvenuto

condono così ignorando che l'art. 40 1. n. 47 del 1985 espressa mente consente che la domanda di condono sia successivamente

allegata.

Ragioni di economia consigliano anzitutto l'ultima delle cen

sure che compongono l'articolato motivo in esame.

Essa è infondata e deve essere pertanto rigettata. L'art. 40, 2° comma, 1. 28 febbraio 1985 n. 47 stabilisce che

«gli atti tra i vivi aventi per oggetto diritti reali, esclusi quelli di costituzione, modificazione ed estinzione di diritti di garan zia o di servitù, relativi ad edifici o loro parti, sono nulli e

non possono essere rogati se da essi non risultano, per dichiara

zione dell'alienante, gli estremi della licenza o della concessione

a edificare o della concessione rilasciata in sanatoria ai sensi

dell'art. 31 ovveto se agli atti stessi non viene allegata una copia

per il richiedente della relativa domanda, munita degli estremi

dell'avvenuta presentazione ovvero copia autentica di uno degli

esemplari della domanda medesima, munita degli estremi del

l'avvenuta presentazione e non siano indicati gli estremi dell'av

venuto versamento delle prime due rate dell'oblazione di cui

al 6° comma dell'art. 35».

Il 4° comma del medesimo articolo aggiunge che «se la man

canza delle dichiarazioni o dei documenti, rispettivamente da

indicarsi o da allegarsi, non sia dipesa dall'insussistenza della

licenza o della concessione o dalla inesistenza della domanda

di concessione in sanatoria al tempo in cui gli atti medesimi

sono stati stipulati, ovvero dal fatto che la costruzione sia stata

iniziata successivamente al 1° settembre del 1967, essi possono essere confermati anche da una sola delle parti mediante atto

successivo, redatto nella stessa forma del precedente, che con

tenga la menzione omessa o al quale siano allegate la dichiara

zione sostitutiva di atto notorio o la copia della domanda indi

cate al comma precedente». Le citate disposizioni, dunque: 1) implicitamente prescrivono

che negli atti relativi ad edifici (o loro parti) sia contenuta l'in dicazione degli estremi della licenza o della concessione ad edi

ficare in sanatoria o sia, in mancanza della licenza, allegata copia della domanda di concessione (in sanatoria) munita degli estremi del versamento delle prime due rate della oblazione pre vista dall'art. 35; 2) espressamente prevedono una nullità for male o testuale (e non meramente virtuale) legata alla mancan za delle prescritte indicazioni e, tuttavia, sanabile con un suc cessivo atto che, contenendo le indicazioni omesse nel precedente atto o recando in allegato la domanda di concessione edilizia in sanatoria con gli estremi del versamento delle prime due rate dell'oblazione dovuta, ne integri il contenuto; 3) implicitamente prevedono (come è reso evidente dalla ratio legis e, comunque, dalla esclusione della sanatoria nei casi di inesistenza della li cenza edilizia o della domanda di concessione in sanatoria) una nullità sostanziale legata alla carenza della licenza o concessione edilizia o dalla assenza della domanda di concessione in sanato ria e del versamento della prescritta oblazione.

Il puntuale riferimento agli «atti giuridici tra vivi» rivela che il legislatore, che pure si è occupato, nel 5° comma dell'art. 40 (aggiunto dall'art. 8 bis d.l. 23 aprile 1985 n. 146), dei tra sferimenti operati nell'ambito delle procedure esecutive immo

biliari, non ha preso in considerazione i trasferimenti coattivi

che, per l'esecuzione del contratto preliminare di compravendi ta (cui, come già chiarito da questa corte, non sono applicabili le citate disposizioni dell'art. 40), si realizzano con sentenza, ai sensi dell'art. 2932 c.c.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Ma la sentenza prevista dall'art. 2932 c.c., attesa la sua pecu liare funzione sostitutiva di un atto negoziale dovuto dalle par

ti, non può certo realizzare un effetto maggiore o diverso da

quello che, in materia immobiliare, sarebbe stato possibile alle

parti, o che, comunque, eluda le norme di legge che governano, nella forma o nel contenuto, l'esercizio dell'automomia nego ziale delle predette parti.

Ciò impedisce la pronuncia della sentenza costitutiva di tra

sferimento prevista dall'art. 2932 c.c. non solo nei casi di assen

za della concessione edilizia, ma anche in quelli di omessa di

chiarazione degli estremi di tale concessione o di omessa allega zione della domanda di concessione in sanatoria con gli estremi

del versamento delle prime due rate della relativa oblazione.

Tale limite non può essere superato, per le sentenze, dalla

astratta possibilità della successiva sanatoria prevista dal 4° com

ma dell'art. 40 data l'evidente incompatibilità tra l'istituto della

c.d. conferma dell'atto nullo, previsto da questa disposizione, e le peculiari caratteristiche della sentenza e l'autorità del giudi cato che questa è necessariamente destinata ad acquistare.

Tale conclusione non è efficacemente contraddetta dalle con

siderazioni del ricorrente circa le inique conseguenze che esse

comportano a causa della impossibilità giuridica per il promit tente acquirente di procurarsi la copia della domanda di conces

sione in sanatoria e la conseguente situazione di vantaggio in

cui si troverebbe il promittente venditore che, omettendo di pro durre la domanda, potrebbe, a suo piacimento, impedire il tra

sferimento coattivo.

L'argomento ignora del tutto, infatti, che l'art. 40 1. n. 47

del 1985 attribuisce a chi abbia stipulato un contratto prelimi nare con sottoscrizione autenticata (o, comunque, riconosciuta

autentica) il diritto di prendere in visione presso gli uffici comu

nali di qualsiasi documento relativo all'immobile e trascura, co

munque, di considerare che l'art. 213 c.p.c. consente alla parte di procurare l'acquisizione dei predetti documenti sollecitando

ne al giudice (che, pur potendolo, non è tenuto a provvedere di ufficio) la richiesta alla pubblica amministrazione.

Né, vale, per escludere l'applicazione dei principi di diritto

ora illustrati alla fattispecie in esame, la circostanza che essi

dipendono da una norma entrata in vigore solo in corso di causa.

Questa corte ha ripetutamente chiarito, infatti, che la legge

sopravvenuta deve essere comunque applicata quando il rap

porto giuridico da essa disciplinato, ancorché sorto anterior

mente, non abbia ancora esaurito i suoi effetti e la norma inno

vatrice non sia diretta a regolare il fatto o l'atto generatore del rapporto ma gli effetti di esso (tra le molte, sent. 3202/76, Foro it., Rep. 1976, voce Tributi in genere, n. 332; 3231/87,

id., 1988, I, 1226) e tale principio, sul piano processuale, com

porta l'applicabilità dello ius superveniens in ogni stato e grado del giudizio (salvo il limite della cosa giudicata) e la decisiva

rilevanza, quindi, quando non sia altrimenti stabilito, della leg

ge da cui il rapporto controverso risulta regolato al momento

della decisione.

Contrariamente a quanto si è sostenuto dal ricorrente anche

nella discussione, le preclusioni alla esecuzione in forma specifi ca del contratto preliminare di vendita nascenti dall'art. 40 1.

28 febbraio 1985 n. 47 operano, dunque, non solo nei giudizi successivamente promossi, ma anche in quelli pendenti alla data

di entrata in vigore della predetta legge (sent. 13924/92, id.,

Rep. 1992, voce Contratto in genere, n. 326). Nel negare, in mancanza della copia della domanda di con

cessione edilizia in sanatoria dell'immobile costruito dalla Gia

cobbi in difformità della licenza, la possibilità della sentenza

di esecuzione specifica del contratto preliminare stipulato tra

le parti nel lontano 1974, la corte territoriale non ha affatto

violato, dunque, l'art. 2932 c.c., ma si è puntualmente unifor

mata, sia pure con una motivazione estremamente sintetica, ma

comunque sufficiente, ai principi di diritto come sopra indicati

circa i limiti di applicazione della predetta norma nei casi di

immobili costruiti senza concessione o in difformità della con

cessione edilizia.

3. - La rilevata infondatezza della censura che investe l'argo mento della decisione impugnata che fa leva sulla omessa pro duzione della domanda di concessione edilizia in sanatoria ren

de superfluo l'esame di tutte le altre censure, che investono l'al

tro ed alternativo argomento sul quale la corte territoriale ha

Il Foro Italiano — 1997.

appoggiato la sua decisione facendo leva sulla radicale diversità

che ci sarebbe tra l'immobile costruito dalla promittente vendi

trice e quello promesso in vendita.

È, infatti, evidente che, anche se fosse fondato, il predetto motivo di ricorso non potrebbe condurre alla cassazione della

sentenza impugnata dato che questa resterebbe comunque sal

damente ancorata alle ragioni, di per sé sufficienti, inutilmente

investite con la censura sopra esaminata.

4. - Il ricorso deve essere, dunque, rigettato.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 24 gen naio 1997, n. 761; Pres. Nicastro, Est. Limongeiai, P.M.

Leo (conci, conf.); Tammaro (Avv. Rago) c. Bianconi e altra

(Avv. De Tilla). Cassa App. Napoli 28 gennaio 1994.

Locazione — Legge 392/78 — Proroga legale del contratto alla

prima scadenza successiva all'entrata in vigore della 1. 359/92 — Ambito di applicazione (D.l. 11 luglio 1992 n. 333, misure

urgenti per il risanamento della finanza pubblica, art. 11; 1.

8 agosto 1992 n. 359, conversione in legge, con modificazio

ni, del d.l. 11 luglio 1992 n. 333, art. unico).

La proroga biennale del contratto di locazione, prevista dal com

ma 2 bis dell'art. 11 d.l. 333/92, aggiunto dalla l. 359/92, è applicabile anche ai rapporti di locazione in corso alla data

di entrata in vigore di tale disposizione. (1)

Svolgimento del processo. — Con atto del 27 novembre 1989

Bianconi Emilia e Delfino Carla, locatrice la prima e proprieta ria la seconda di un appartamento in Napoli, condotto in loca

zione da Tammaro Francesco, intimarono al conduttore licenza

per finita locazione al 4 maggio 1990 e lo convennero conte

stualmente dinanzi al Pretore di Napoli per la convalida. L'inti

mato si oppose ed il pretore, denegato il rilascio dell'immobile, rimise le parti dinanzi al tribunale (competente per valore), che

con sentenza del 22 aprile 1992, accolse la opposizione, dichia

rando che la locazione sarebbe cessata il 3 agosto 1993.

(1) La Corte di cassazione conferma l'opinione della giurisprudenza di merito assolutamente prevalente, condivisa anche dalla Corte costitu

zionale, secondo le quali, anzi, la disposizione di proroga introdotta dalla 1. 359/92, rispondendo all'esigenza eccezionale e transitoria di con sentire un graduale superamento del sistema di quantificazione legale del canone, finora vigente in materia di locazioni abitative, riguarda specificamente proprio (e soltanto) le locazioni in corso (de iure) al momento della sua entrata in vigore, ovvero alla data del 14 agosto 1992: v., tra le altre, Corte cost., ord. 17 luglio 1995, n. 331, e Pret. Macerata 10 dicembre 1994, Foro it., 1995, I, 2751; Pret. Milano, ord. 26 luglio 1994, ibid., 1991, con nota di richiami; Corte cost. 21 luglio 1993, n. 323, id., 1993, I, 2761, e ord. 8 giugno 1994, n. 226, id., 1994, I, 2332, con note di D. Piombo (entrambe riportate anche in Giust.

civ., 1993, I, 2299, e 1994, I, 1749, con note di N. Izzo). L'opposta interpretazione inizialmente proposta da Pret. Monza, ord.

19 ottobre 1992, Foro it., 1992, I, 3161, con nota di D. Piombo, e da Pret. Lucca, ord. 13 novembre 1992, id., 1993, I, 615, non sembra avere fatto molti proseliti: tra le pronunzie edite, sulla stessa linea si

rinvengono soltanto App. Napoli 2 giugno 1994, id., Rep. 1994, voce

Locazione, n. 318, e (come si ricava, peraltro, solo dalla lettura della

motivazione, riportata in Rass. locazioni, 1995, 34, con nota di A. Car

raio) 22 aprile 1994, Foro it., Rep. 1995, voce cit., n. 380. La stessa Corte d'appello di Napoli (una delle cui pronunzie, appunto, è stata cassata dalla sentenza qui riprodotta), tuttavia, è successivamente tor nata sui propri passi, aderendo, melius re perpensa, all'orientamento dominante: v. sent. 21 dicembre 1995, Arch, locazioni, 1996, 255.

Per una panoramica aggiornata dello stato della giurisprudenza in ordine alle varie problematiche originate dalla normativa in discorso, v. D. Piombo (M. Buoncristiano-V. Cuffaro-S. Giove), La nuova normativa sulle locazioni urbane, Napoli, 1996, 229 ss., e G. Galli, Locazioni di fondi urbani, in Commentario Scialoja-Branca, Bologna Roma, 1996, 48 ss.

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