sezione II civile; sentenza 8 luglio 1998, n. 6653; Pres. Volpe, Est. Spagna Musso, P.M. Frazzini(concl. conf.); Marotta (Avv. Cimato, Martorano) c. Condominio via G. Pascoli 13/B, Casoria.Cassa Conc. Casoria-Arpino 10 gennaio 1995Source: Il Foro Italiano, Vol. 121, No. 10 (OTTOBRE 1998), pp. 2783/2784-2789/2790Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23192918 .
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2783 PARTE PRIMA 2784
degli art. 3 e 6 d.p.r. 21 settembre 1994 n. 698 (previsto dal
medesimo art. 11, 1° comma, della legge sopra indicata ed ema
nato ai sensi dell'art. 17, 2° comma, 1. 23 agosto 1988 n. 400) e per effetto della sentenza della Corte costituzionale 20 maggio
1996, n. 156 (che ha annullato in parte qua l'art. 3, 5° comma, del suddetto d.p.r. n. 698 del 1994), nelle controversie promos se dagli interessati davanti al giudice ordinario — e aventi per
oggetto, per un verso, l'accertamento sanitario e, per un altro
verso, l'erogazione delle provvidenze economiche — la legitti mazione passiva spetta, rispettivamente, al ministero del tesoro
e al ministero dell'interno.
Nel caso in esame, pacifico essendo che dalla Malquori, da
vanti al Pretore di Firenze, era stato contestato il provvedimen to amministrativo con il quale era stata disconosciuta l'esisten
za delle condizioni di invalidità, si deve ritenere che, in concre
to, la titolarità del rapporto controverso, dal lato passivo,
appartenesse al ministero del tesoro e non già a quello dell'in
terno. In accoglimento del ricorso per cassazione, quindi, la
sentenza impugnata deve essere cassata e, non essendo necessari
ulteriori accertamenti di fatto, ai sensi dell'art. 384, 1° comma,
c.p.c., la domanda proposta dalla Malquori deve essere rigetta ta (dato che in concreto il rapporto dedotto in giudizio va rife
rito ad un soggetto diverso da quello indicato dalla parte: v., in ordine alla distinzione fra questione che attiene al merito
della causa e questione relativa alla legittimazione, Cass. 28 marzo
1994, n. 3005, id., Rep. 1994, voce Procedimento civile, nn.
102, 103; 20 giugno 1994, n. 5920, ibid., n. 100; 17 marzo 1995, n. 3110, id., Rep. 1995, voce cit., n. 167, e 24 settembre 1996, n. 8432, id., Rep. 1996, voce cit., n. 138).
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 8 luglio 1998, n. 6653; Pres. Volpe, Est. Spagna Musso, P.M. Fraz
zini (conci, conf.); Marotta (Avv. Cimato, Martorano) c.
Condominio via G. Pascoli 13/B, Casoria. Cassa Corte.
Casoria-Arpino 10 gennaio 1995.
Comunione e condominio — Condominio negli edifici — Spese condominiali — Riscossione — Condomino apparente — Le
gittimazione passiva — Esclusione (Cod. civ., art. 1123; disp. att. cod. civ., art. 63).
In caso di azione giudiziale dell'amministratore del condominio
per il recupero della quota di spese di competenza di una
unità immobiliare di proprietà esclusiva, legittimato passivo è esclusivamente il proprietario di detta unità, e non chi pos sa apparire tale (come, nella specie, il conduttore, sulla base
della sua partecipazione alle assemblee condominiali), man cando — nei rapporti tra il condominio ed i singoli parteci
panti ad esso — le condizioni per l'operatività del principio
dell'apparenza del diritto, coessenziale alla tutela dei terzi in
buona fede. (1)
(1, 4) I. - La più recente delle sentenze in rassegna si uniforma a Cass. 27 giugno 1994, n. 6187, Foro it., 1995, I, 866, con nota di D. Piombo (annotata anche da V. Carbone, in Corriere giur., 1994, 831; M. De Tilla, in Rìv. giur. edilizia, 1995, I, 796), dissentendo dall'indi rizzo precedentemente seguito dalla stessa Suprema corte circa l'appli cabilità nell'ambito del condominio del principio c.d. dell'apparenza del diritto, ai fini dell'individuazione del soggetto tenuto al pagamento delle quote condominiali. Tra le pronunzie di merito, il nuovo indirizzo della corte di legittimità risulta condiviso da Pret. Salerno 5 dicembre 1996, Foro it.. Rep. 1997, voce Comunione e condominio, n. 120 (in extenso, in Rass. locazioni, 1997, 109); mentre all'opposto, nel senso
dell'operatività del suddetto principio dell'apparenza anche in ambito
condominiale, cfr., da ultimo: App. Perugia 21 novembre 1994, Foro
it., Rep. 1995, voce Contratto in genere, n. 219; Pret. Roma 14 novem bre 1994, ibid., voce Comunione e condominio, n. 130; Pret. Casoria
Il Foro Italiano — 1998.
II
CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 29 mag
gio 1998, n. 5307; Pres. Paterno, Est. Elefante, P.M. Se
pe (conci, conf.); Vitalone (Aw. Pettinari) c. Soc. naziona
le edile Vittoria e altro. Conferma Trib. Roma 27 ottobre 1992.
Astensione, ricusazione e responsabilità del giudice — Ricusa
zione — Sospensione automatica del processo — Esclusione — Conseguenze (Cod. proc. civ., art. 52, 54).
Prescrizione e decadenza — Spese condominiali sostenute dal
I'alienante per conto dell'acquirente — Diritto di rivalsa —
Prescrizione — Termine (Cod. civ., art. 2946, 2948). Comunione e condominio — Condominio negli edifici — Tra
sferimento di immobile di proprietà esclusiva — Assemblea — Partecipazione dell'acquirente — Presupposti (Cod. civ., art. 1136; disp. att. cod. civ., art. 63, 66, 67).
Confessione in materia civile — Comparsa conclusionale — Va
lore confessorio — Esclusione (Cod. civ., art. 2730, 2733; cod. proc. civ., art. 190, 228, 229).
Procedimento civile — Comparsa conclusionale — Rinunzia a
precedenti conclusioni — Omessa considerazione da parte del
giudice — Vizio di omessa pronunzia o di ultrapetizione —
Esclusione (Cod. proc. civ., art. 112, 190).
La presentazione dell'istanza di ricusazione del giudice non de
termina automaticamente ed ipso iure la sospensione del pro
cesso, sicché non è preclusa l'astensione ovvero la sostituzio
ne del giudice ricusato, né è illegittima la nomina e costituzio
ne del nuovo giudice designato. (2) In caso di trasferimento della proprietà di unità immobiliare
sita in edificio condominiale, il diritto dell'alienante, previsto nel contratto di compravendita, al rimborso delle spese con
dominiali da lui sostenute per conto dell'acquirente è sogget
21 maggio 1994, ibid., n. 131, nonché Giud. pace Taranto 24 luglio 1996, id., Rep. 1997, voce cit., n. 118.
Sull'esclusione della legittimazione passiva del conduttore di unità im mobiliare compresa nell'edificio condominiale, rispetto alla riscossione delle quote di spesa da parte dell'amministratore (ancorché competa al medesimo conduttore, per talune voci di spesa specificamente previ ste dall'art. 10 1. 392/78, intervenire all'assemblea dei condomini con diritto di voto), v. Cass. 13 gennaio 1995, n. 384, id., 1995, I, 2864, con nota di richiami; cui adde, Pret. Roma 14 novembre 1994, cit., e Conc. Caltanissetta 27 dicembre 1994, id., Rep. 1995, voce cit., n. 129 (annotata da G. Fortunato, in Rass. locazioni, 1995, 406).
II. - In caso di trasferimento di proprietà di un piano o porzione di piano dell'edificio condominiale, peraltro, come si ricava dalla qui riprodotta Cass. 5307/98, l'eventualità che l'alienante continui ad ap parire proprietario (e, quindi, condomino) non costituisce un problema per la gestione condominiale, dovendosi ritenere che lo status di condo mino, con tutti i diritti e gli oneri ad esso inerenti, si trasferisca dall'a lienante all'acquirente — nuovo condomino — soltanto quando que st'ultimo (o, eventualmente, anche il suo dante causa) abbia informato il condominio, in forma adeguata, dell'avvenuto passaggio di proprie tà. In senso conforme in ordine a tale principio, v. Cass. 14 marzo
1987, n. 2658, Foro it., Rep. 1987, voce cit., n. 149 (e Arch, locazioni, 1987, 270, che ha conseguentemente ritenuto legittima la disposizione del regolamento condominiale che, a tal fine, ponga a carico dell'alie nante l'onere di comunicare all'amministratore gli estremi del trasferi mento e i dati personali dell'acquirente), richiamata in motivazione, e 17 luglio 1973, n. 2093, Foro it.. Rep. 1973, voce cit., n. 25; nonché
(segnatamente, peraltro, con riferimento alla posizione dell'alienante, una volta che il condominio sia stato informato del mutamento di tito larità dell'unità immobiliare), Cass. 10 gennaio 1990, n. 9, id., Rep. 1990, voce cit., n. Ili (riportata in Giust. civ., 1990, I, 2098, con nota di M. De Tilla).
Sui criteri da tenere presenti per stabilire se onerato di determinate
spese condominiali sia il condomino alienante oppure l'acquirente, cfr., da ultimo, Cass. 2 febbraio 1998, n. 981, e 17 maggio 1997, n. 4393, Foro it., 1998, I, 2203, con nota di richiami.
(2) Il principio secondo cui la sola proposizione dell'istanza di ricu sazione non determina ipso iure la sospensione del procedimento, ai sensi dell'art. 52, 3° comma, c.p.c., risulta reiteratamente affermato, ancorché non con riferimento all'ipotesi qui ricorrente, dalla giurispru denza più recente (la quale ritiene che l'effetto sospensivo presupponga la delibazione dell'ammissibilità dell'istanza — ovvero il controllo della sua presentazione con il rispetto delle condizioni e dei termini di legge — che spetta al giudice ricusando): v. Cass. 1° aprile 1995, n. 3825, Foro it., Rep. 1996, voce Astensione, ricusazione e responsabilità del
giudice, n. 154; 24 aprile 1993, n. 4804, id., Rep. 1994, voce cit., n.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
to alla prescrizione ordinaria decennale, ex art. 2946 c.c., e
non alla prescrizione quinquennale di cui all'art. 2948 c.c. (3)
L'acquirente di un appartamento sito in edificio condominiale
non può dolersi di non essere stato invitato a partecipare al
l'assemblea dei condomini fino a quando non abbia notifica
to, o almeno comunicato, l'avvenuto passaggio di proprietà, rimanendo medio tempore in capo all'alienante la titolarità
dei diritti e degli obblighi relativi allo status di condomino. (4) La comparsa conclusionale, in quanto atto non sottoscritto dal
la parte e riconducibile alla sola volontà del difensore, non
è idonea a contenere dichiarazioni confessorie agli effetti de
gli art. 2730 e 2733 c.c. (5) Avendo la comparsa conclusionale la sola funzione di illustrare
le posizioni precedentemente assunte dalla parte, da tale atto
non può dedursi una volontà di rinunziarvi, con la conse
guenza che il giudice d'appello non incorre nel vizio di omes
sa pronunzia ove non esamini tale nuova questione, né incor
re nel vizio di ultrapetizione ove, conformemente alle conclu
sioni rese dall 'appellato, rigetti il gravame, senza considerare
l'eventuale rinunzia ad esse espressa solo in comparsa conclu
sionale. (6)
I
Svolgimento del processo. — A seguito di ricorso monitorio
dell'amministratore pro tempore del condominio dell'edificio di
via Giovanni Pascoli, 13/B di Casoria, quel giudice conciliato re, con decreto del 7 ottobre 1994, ingiunse a Corrado Marotta,
il pagamento della somma di lire 493.519, oltre le spese del pro
cedimento, quali oneri condominiali relativi all'«esercizio» del
l'anno 1993 e proporzionali alla quota di partecipazione del de
bitore al condominio dell'edificio. Al decreto si oppose il Marotta eccependo l'infondatezza del
la pretesa in ragione della sua qualità di conduttore di un'unità
19 (per esteso in Giust. civ., 1994, I, 3263, con nota di A.O. Comez); 18 marzo 1991, n. 2870, Foro it., Rep. 1991, voce cit., n. 17; 30 settem bre 1989, n. 3947, id., 1991, I, 600; 22 ottobre 1979, n. 5484, id.,
1981, I, 2787, con nota di G. Trisorio Liuzzi.
(3) Non constano precedenti in termini.
In materia condominiale, nel senso dell'applicabilità del termine quin
quennale di prescrizione, ex art. 2948, n. 4, c.c, al diritto di credito
vantato dall'amministratore per anticipazioni di spesa effettuate per conto
del condominio, attesa la periodicità annuale del suo obbligo di rendi
conto, v. Trib. Milano 5 novembre 1990, Foro it., Rep. 1991, voce
Comunione e condominio, n. 167 (che ha, invece, escluso l'operatività nella specie della prescrizione presuntiva di cui all'art. 2956, n. 2, c.c., non potendo l'attività di amministratore condominiale annoverarsi tra
quelle professionali in senso stretto).
Quanto alla decorrenza della prescrizione del credito del condominio
nei confronti di ciascun condomino per le spese comuni, cfr. Cass. 5
novembre 1992, n. 11981, id., Rep. 1993, voce cit., n. 151.
Con riferimento ai rapporti tra condomino-locatore e conduttore, nel
senso della prescrizione biennale, ex art. 6 1. 841/73, del diritto del
primo al pagamento degli oneri condominiali ripetibili, v., da ultimo,
Cass. 12 novembre 1997, n. 11163, id.. Rep. 1997, voce Prescrizione
e decadenza, n. 121; 28 ottobre 1995, n. 11260, id., 1996, I, 134, e
22 aprile 1995, n. 4588, id., 1995, I, 2862, con nota di richiami.
(5-6) Circa l'inidoneità della comparsa conclusionale a contenere di
chiarazioni confessorie, v., in senso conforme, oltre ai precedenti ri
chiamati in motivazione (Cass. 11975/90, Foro it., Rep. 1991, voce Pro
cedimento civile, n. 155; 674/82, id., Rep. 1982, voce Confessione civi
le, n. 6), Cass. 15 marzo 1994, n. 2465, id., Rep. 1994, voce cit., n.
3, e, da ultimo, 9 gennaio 1997, n. 108, id., Rep. 1997, voce Procedi
mento civile, n. 254.
Conformemente, quanto all'impossibilità di dedurre dalla comparsa
conclusionale una volontà di rinunzia della parte alle conclusioni già
rassegnate, v., d'altro lato, Cass. 13 giugno 1990, n. 5751, id., Rep.
1990, voce cit., n. 161. Attesa la funzione meramente illustrativa delle
posizioni processuali precedentemente assunte, propria della comparsa
conclusionale ex art. 190 c.p.c., si è avuto modo di sottolineare, altresì,
che le domande nuove in essa eventualmente formulate sono inammissi
bili (cfr., da ultimo, Cass. 2 febbraio 1996, n. 897, id., Rep. 1996,
voce cit., n. 204, e 3 gennaio 1998, n. 11, id., Mass., 3), e che il giudice non incorre nel vizio di omessa pronunzia ove non esamini una questio ne proposta per la prima volta in tale comparsa (v. Cass. 3 aprile 1987,
n. 3234, id., Rep. 1987, voce cit., n. 154; 9 giugno 1983, n. 3964, id.,
Rep. 1983, voce cit., n. 201), dovendo anzi egli, in sede di gravame, astenersi dal pronunziare su questioni nuove prospettate per la prima volta con la comparsa conclusionale nel procedimento di appello (v.
Cass. 24 gennaio 1986, n. 455, id., Rep. 1986, voce cit., n. 134).
Il Foro Italiano — 1998.
immobiliare e dell'assunto di aver partecipato alle assemblee con
dominiali avendone titolo in virtù del disposto dell'art. 10 1.
392/78. Con sentenza del 10 gennaio 1995 il giudice conciliatore ha
rigettato l'opposizione con la totale compensazione delle spese
processuali. Ha osservato in proposito quel giudice che assorbente, rispet
to all'indagine della titolarità dominicale dell'unità abitativa si
ta nell'edificio condominiale, era l'apparenza di detta titolarità
riferibile al comportamento del Marotta, consistente nella par
tecipazione ad assemblee condominiali, in queste compresa quella del 24 marzo 1994, all'esito della quale si approvò il riparto delle spese relative all'esercizio dell'anno 1993, e nella mancata
opposizione alla nota del 27 settembre successivo con la quale
gli venne richiesto il pagamento della quota dall'amministratore
condominiale, nel ragionevole convincimento, sebbene non suf
fragato dalle risultanze dei pubblici registri immobiliari, della qualità di condomino del Marotta medesimo.
Per la cassazione della sentenza, esponendo un motivo di cen
sura, ricorre il Marotta non resistito dall'amministratore con
dominiale. Motivi della decisione. — Con l'unico motivo di doglianza
il ricorrente denunzia, in relazione agli art. 360, n. 3, 113, 339
(nel testo novellato dalla 1. n. 399 del 1984) c.p.c., la violazione
dell'art. 1123, 1° comma, c.c., del principio regolatore dell'in
cidenza soggettiva dell'onere delle spese per la conservazione
ed il godimento delle parti comuni dell'edificio condominiale,
avendolo il giudice del merito ritenuto debitore di quelle spese
sebbene conduttore, e non proprietario, di un'unità immobilia
re sita nell'edificio di via Pascoli: così privilegiando, sulle risul
tanze dei registri immobiliari, un preteso comportamento come
tale.
La censura è fondata per l'assorbente considerazione dell'e
straneità, alla materia dell'incidenza degli oneri economici con
dominiali, del principio dell'apparenza del diritto. Il collegio, pur riconoscendo l'esistenza di decisioni di questa
corte nel senso della soluzione accolta nella sentenza impugna
ta, in particolare quelle 907/81, Foro it., 1981, I, 1318 (indicata
dal giudice conciliatore) e 5818/84, id., Rep. 1985, voce Comu
nione e condominio, n. 64, ritiene tuttavia di discostarsi da queste
e di aderire alla pronuncia 6187/94, id., 1995, I, 866 con la
quale si è negata l'operatività in subiecta materia del principio
dell'apparenza. Detto principio è coessenziale all'esigenza di tutelare l'affida
mento incolpevole del terzo, in buona fede, il quale, senza sua
colpa, abbia fatto affidamento su una determinata situazione
di diritto, solo apparentemente esistente, alla quale, senza l'o
peratività di detto principio, non potrebbe collegarsi nessun ef
fetto: con grave pregiudizio del terzo medesimo.
Nel rapporto tra l'ente di gestione (condominio) ed il singolo
condomino, identificabile nel proprietario esclusivo di singole
unità immobiliari e pro quota delle porzioni comuni, site nell'e
dificio, non è assolutamente ravvisabile l'esigenza di privilegia
re l'apparenza di una siffatta titolarità al fine di non pregiudi care l'ente medesimo.
Astraendo dalla primaria considerazione che l'ente di gestio
ne non è terzo ma parte del rapporto, non sorge nella specie
l'esigenza, finalizzata alla tutela dell'apparenza, di collegare ef
fetti giuridici ad una situazione di diritto apparente senza i qua
li il terzo, che senza sua colpa vi abbia confidato, risulterebbe
pregiudicato dalla non insorgenza di un rapporto giuridico dal
momento che quello fra l'ente di gestione ed ogni singolo con
domino, proprietario esclusivo di una porzione immobiliare e
partecipe pro quota della comunione delle porzioni non esclusi
ve, esiste nella realtà ed è, come desumibile dall'art. 1123 c.c.,
determinato dalla obiettiva indicata titolarità; né può, pertanto essere influenzato da alcun comportamento contrario.
La sentenza in esame deve essere, pertanto, cassata con rin
vio al Giudice di pace di Casoria: avuto riguardo alla disciplina transitoria dettata dall'art. 43 1. 21 novembre 1991 n. 374 istitu
tiva del giudice di pace, il quale, nel confermare la giurisdizione
del conciliatore per le cause innanzi allo stesso pendenti fino
al loro esaurimento, impone che, nel caso di controversia defi
nita da detto giudice con sentenza impugnata con ricorso per
cassazione, ove la corte statuisca il rinvio, il relativo giudizio
debba essere attribuito al giudice di pace non potendo al nuovo
esame della controversia provvedere un giudice non più esistente.
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2787 PARTE PRIMA 2788
Nel pronunziare sull'opposizione del Marotta al decreto in
giuntivo, il giudice di rinvio si adeguerà al principio di diritto
«in caso di azione giudiziale dell'amministratore condominiale
per il recupero della quota di spese di competenza di un'unità
immobiliare, legittimato passivamente è solo il proprietario di
detta unità e non chi possa apparire come tale mancando nei
rapporti tra l'ente di gestione ed i singoli partecipanti ad esso
le condizioni per l'operatività del principio dell'apparenza, coes
senziale alla tutela di terzi in buona fede».
II
Svolgimento del processo. — Con atto di citazione 19 giugno 1985 la s.r.l. Nazionale edile Vittoria conveniva in giudizio di
nanzi al Pretore di Roma Wilfredo Vitalone al fine di sentirlo
condannare al pagamento della somma di lire 2.632.097 per spese
condominiali relative ad un locale soffitta sito in Ostia-Lido, Lungomare Duca degli Abruzzi n. 28, per il periodo 1° giugno 1977-31 dicembre 1983. La società attrice asseriva di aver ven
duto il locale soffitta al Vitalone e di aver essa pagato le spese condominiali non avendovi provveduto l'acquirente.
Il Vitalone contestava la domanda, chiedendone il rigetto. In
corso di causa la s.r.l. Nazionale edile Vittoria chiamava in giu dizio il condominio Lungomare Duca degli Abruzzi, che respin
geva ogni pretesa avanzata nei suoi confronti.
Il Pretore di Roma condannava il Vitalone al pagamento in
favore della s.r.l. Nazionale edile Vittoria della somma di lire
2.632.097, oltre gli interessi dell'I,35% mensili dal 18 luglio 1985; respingeva la domanda della società attrice nei confronti del
condominio Lungomare Duca degli Abruzzi e condannava il Vi
talone alle spese di lite, dichiarando la sentenza provvisoria mente esecutiva.
Con sentenza dell'11 aprile-27 ottobre 1992, il Tribunale di
Roma rigettava l'appello proposto da Wilfredo Vitalone e con
fermava la decisione del pretore. Osservava il tribunale che non sussistevano gli asseriti motivi
di nullità della fase di riassunzione del giudizio di primo grado, a seguito del provvedimento 16 ottobre 1987 del pretore diri
gente di sostituzione di un giudice, per astensione, con altro
magistrato. Invero erano stati notificati al difensore del Vitalo
ne tutti gli atti relativi alla sostituzione del giudice, compresa l'ordinanza del nuovo giudice di rinvio dell'udienza istruttoria del 25 novembre 1987 al 19 gennaio 1988. Risultava poi dal
verbale di tale udienza che il 14 gennaio 1988 era stato notifica
to anche il ricorso per ricusazione, ex art. 54 c.p.c., ed il relati
vo decreto con indicazione dell'udienza di prosecuzione alla stessa
data di quella in precedenza già fissata dal nuovo giudice. Nel merito riteneva il tribunale che non poteva dubitarsi del
l'obbligo del Vitalone di pagamento degli oneri condominiali
e che era infondata l'eccezione di prescrizione, dovendosi appli care al caso quella ordinaria decennale, atteso che il suddetto
obbligo di pagamento discendeva dall'atto di acquisto del 9 mag
gio 1979, e non era ancora trascorso tale termine decennale, essendo stato il rimborso chiesto il 18 luglio 1984 e il giudizio iniziato il 19 giugno 1985.
Riteneva, infine, il tribunale che il Vitalone non poteva do
lersi di non essere stato convocato alle assemblee del condomi
nio in cui erano state deliberate le spese richiestegli, datp che
egli non aveva comunicato di essere diventato proprietario del
l'immobile in questione. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione Wil
fredo Vitalone in base a sei motivi, illustrati con memoria.
Gli intimati s.r.l. Nazionale edile Vittoria e condominio Lun gomare Duca degli Abruzzi n. 28 non hanno svolto attività di
fensiva.
Motivi della decisione. — A sostegno dell'impugnazione il ricorrente deduce:
1. Violazione dell'art. 54, ultimo comma, c.p.c. e dell'art.
313 c.p.c.; falsa applicazione dell'art. 297 c.p.c., in relazione
all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.; omessa motivazione.
A seguito dell'istanza di ricusazione del giudice, il procedi mento doveva essere riassunto ex art. 54, ultimo comma, c.p.c.; invece è stata tenuta un'udienza in data 25 novembre 1987, fis
II Foro Italiano — 1998.
sata dal pretore dirigente col provvedimento 16 ottobre 1989,
di sostituzione con altro magistrato del giudice ricusato.
A tale udienza il Vitalone non è comparso perché nessuno
gli aveva notificato il provvedimento di sostituzione del giudice contenente la data della nuova udienza del 25 novembre 1987.
Inoltre, data la sospensione disposta all'udienza del 21 set
tembre 1987, il procedimento — esauritasi la fase della ricusa
zione — doveva essere riassunto con ricorso. Ma al riguardo il pretore, per far coincidere l'udienza di rinvio da lui disposta al 19 gennaio 1988, con quella della riassunzione da lui fissata
alla stessa data, ha violato la normativa dell'art. 313 c.p.c. per ché ha fissato un termine per la notifica entro il 16 gennaio 1988 per l'udienza del 19 gennaio 1988, senza il rispetto dei termini di legge. Inoltre il ricorso per riassunzione non è stato
mai notificato al Vitalone e il giudizio è proseguito in sua assenza.
Consegue che l'intero procedimento a partire dall'udienza del
25 novembre 1987 o, per lo meno, dal 19 gennaio 1988 è nullo
ed invalido per evidente violazione dei diritti della difesa. Sul punto, l'impugnata sentenza ha asserito che non sussisto
no i dedotti vizi di nullità, senza rispondere alla denunciata man
cata riassunzione del procedimento ai sensi dell'art. 54, ultimo
comma, c.p.c., da effettuarsi con ricorso così come dispone l'art.
297 c.p.c.; e senza rispondere alla denunciata violazione del
l'art. 313 c.p.c. in ordine al mancato rispetto dei termini di
comparizione. Da parte del tribunale vi è stata una «non motivazione» ov
vero un'omessa motivazione, perché non ha dato risposta a quan to dedotto con l'atto di appello.
2. Violazione dell'art. 2948 c.c. e falsa applicazione dell'art.
2946 c.c., in relazione all'art. 360, nn. 1 e 3, c.p.c. Il tribunale ha rigettato l'eccezione di prescrizione del preteso
credito assumendo che si trattava di prescrizione decennale.
Al contrario la prescrizione da applicarsi al caso di specie era quella quinquennale di cui all'art. 2948 c.c. trattandosi di
oneri condominiali.
3. Violazione degli art. 1136, 1137, 1138 c.c., in relazione
all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.; omessa motivazione.
Nell'atto di appello era stato fatto presente che la s.r.l. Na
zionale edile Vittoria aveva omesso di comunicare al condomi
nio di Lungomare Duca degli Abruzzi l'avvenuta vendita del
locale al Vitalone ed aveva omesso altresì di informarlo delle
assemblee condominiali di volta in volta convocate nonché di
informarlo sulle richieste di pagamento delle spese condominia
li. Il Vitalone, pertanto, non poteva essere tenuto al pagamento di quanto stabilito in assemblee nelle quali egli aveva ben il
diritto di intervenire, di discutere, di contestare e di votare.
Sul punto l'impugnata sentenza non ha risposto ovvero ha
usato espressioni (quali «essendo pacifico» ovvero «è indiscuti
bile») che non hanno nulla di giuridico e non concretizzano
una qualche motivazione.
4. Violazione dell'art. 1123 c.c., in relazione all'art. 360, nn.
3 e 5, c.p.c.; omessa motivazione.
La società attrice non ha detto né dimostrato perché della
somma globale di lire 8.315.715, che essa era tenuta a versare al condominio, la minore somma di lire 2.632.097 doveva esse
re imputata al locale-soffitta del Vitalone, il quale aveva chiesto
che venissero specificati i vari importi periodici dovuti.
Al riguardo l'impugnata sentenza non ha speso una parola,
per cui è evidente la violazione dell'art. 1123 c.c. che impone che le spese condominiali siano ripartite secondo determinati
criteri.
5. Violazione e falsa applicazione dell'art. 2733 c.c. e del
l'art. 345 c.p.c., in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c. La s.r.l. Nazionale edile Vittoria in fase di appello ha ricono
sciuto l'infondatezza della propria pretesa e l'insussistenza del
credito. Invero la comparsa conclusionale di tale società in gra do di appello contiene espressa rinuncia a qualsivoglia pretesa nei confronti del Vitalone con esplicito riconoscimento di un
iniziale errore su di una circostanza determinante i rapporti tra
essa società e il Vitalone medesimo. Ed infatti in tale atto di
parte, da considerarsi confessione giudiziale (art. 2733 c.c.), si
legge: «da un approfondito esame della documentazione in suo
possesso l'appellata ha potuto constatare di non aver inviato,
per mero disguido, alcuna notizia al condominio circa il passag
gio di proprietà, a seguito di vendita, dell'immobile in oggetto
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
da essa all'avv. Vitalone. Pertanto i vari avvisi condominiali
di pagamento sono stati ricevuti, per il periodo di cui è causa
da essa soc. Nazionale edile Vittoria»; e conclude: «L'appellata confida pertanto che — attesa la presente lealtà processuale —
accolto l'appello dell'avv. Vitalone — vengano compensate le
spese del doppio grado di giudizio». 6. Violazione e inosservanza degli art. 112 e 360, n. 5, c.p.c.;
omessa e contraddittoria motivazione su un punto decisivo del
la controversia, anche in riferimento a palese ultrapetizione in
virtù del combinato degli art. 112 e 360, n. 5, c.p.c.
Il giudice dell'appello non ha minimamente valutato la nuova
realtà processuale determinatasi dalla rinuncia dell'appellata al
la sua pretesa che, facendo venire meno la materia del conten
dere, stante ormai le conclusioni conformi delle parti, impone
va l'unica pronuncia di accoglimento dell'appello e di caduca
zione della sentenza di primo grado, fatta salva la valutazione
sulle spese. Invero rigettando l'appello del Vitalone l'impugnata sentenza
si è pronunciata su un punto ormai inesistente della controver
sia ritenendo fondata la pretesa che la stessa parte aveva abban
donato.
1.1. - Il primo motivo è infondato.
Il tribunale ha spiegato perché nel caso specifico non ricorre
vano le dedotte nullità processuali, dato che vi era stata sostitu
zione di un giudice con altro, da parte del pretore dirigente,
con conseguente superamento dell'istanza di ricusazione e del
relativo procedimento, e dato che erano state osservate tutte
le disposizioni di legge in ordine alla notificazione del provvedi mento di sostituzione del giudice e fissazione della nuova udien
za, senza alcuna compromissione del principio del contradditto
rio, violazione di termini e diritto di difesa. Invero la presentazione dell'istanza di ricusazione non deter
mina automaticamente e ipso iure la sospensione del processo
(Cass. 1° aprile 1995, n. 3825, Foro it., Rep. 1996, voce Asten
sione, ricusazione, n. 154; 24 aprile 1993, n. 4804, id., Rep.
1994, voce cit., n. 19), sicché non è preclusa l'astensione ovvero
la sostituzione del giudice ricusato, né è illegittima la nomina
e costituzione del nuovo giudice designato.
2.2. - Anche il secondo motivo è infondato avendo l'impu
gnata sentenza spiegato perché nella fattispecie andava applica
ta la prescrizione ordinaria decennale (art. 2946 c.c.), con esclu
sione quindi di quella quinquennale di cui all'art. 2948 c.c.,
dato che il diritto della società venditrice di ottenere dal Vitalo ne il rimborso delle spese condominiali pagate per l'immobile
in questione derivava dallo specifico rapporto contrattuale di
cui all'atto del 9 maggio 1979.
Deve, infatti, escludersi l'applicabilità della prescrizione quin
quennale, prevista dall'art. 2948 c.c., in relazione al diritto al
rimborso, previsto nel contratto di compravendita, delle spese
condominiali che l'alienante abbia sostenuto per conto dell'ac
quirente. 3.3. - Il terzo motivo non ha pregio.
L'acquirente di un appartamento di un edificio condominiale
non può pretendere di essere considerato tale dal condominio
e dolersi di non essere stato invitato a partecipare all'assemblea
che ha deliberato in merito alle spese condominiali finché non
abbia notificato o, almeno comunicato, essendo il relativo one
re a suo carico, l'avvenuto passaggio di proprietà (Cass. 18 feb
braio 1980, n. 1176, id., Rep. 1980, voce Comunione e condo
minio, n. 143). Correttamente l'impugnata sentenza ha osservato che il Vita
Ione, dopo l'atto di acquisto del 9 maggio 1979, non ebbe a
comunicare al condominio l'avvenuto trasferimento in suo fa
vore della porzione immobiliare acquistata; comunicazione fat
ta soltanto dalla s.r.l. Nazionale edile Vittoria con lettera del
15 febbraio 1984, per cui, medio tempore, titolare dei diritti e degli obblighi relativi allo status di condomino era rimasta la società alienante, legittimata a partecipare alle assemblee con
dominiali e a farsi rimborsare le spese condominiali sostenute,
come espressamente previsto dallo specifico patto contrattuale
(art. 5) contenuto nell'atto d'acquisto.
L'estrapolazione di singole espressioni da tale contesto unita
rio e il tentativo di utilizzarle per inferirne pretese carenze argo
mentative non serve allo scopo, anche perché è insegnamento
di questo Supremo collegio che il giudice adempie all'obbligo
Il Foro Italiano — 1998.
della motivazione quando indica le risultanze da cui ha fatto
discendere il proprio convincimento.
4.4. - Parimenti destituito di fondamento è il quarto motivo
avendo l'impugnata sentenza specificato che solo la somma di
lire 2.632.097 era relativa alle spese condominiali — per il pe riodo 1° giugno 1979-31 dicembre 1983 — in relazione all'im mobile acquistato dal Vitalone, come risultava dalla documen
tazione versata in atti dall'attrice.
5.5. - Il quinto motivo è infondato.
La comparsa conclusionale, come atto non sottoscritto dalla
parte, e riconducibile alla sola volontà del difensore, non è ido
nea a contenere dichiarazioni confessorie agli effetti dell'art.
2730 c.c., in relazione all'art. 2733 c.c., costituenti piena prova
contro colui che l'ha fatta (Cass. 18 dicembre 1990, n. 11975,
id., Rep. 1991, voce Procedimento civile, n. 155; 5 febbraio
1982, n. 674, id., Rep. 1982, voce Confessione civile, n. 6). Pertanto il ricorrente non può pretendere che sia attribuita
rilevanza a tali dichiarazioni contenute nella comparsa conclu
sionale avversaria; e le considerazioni svolte al riguardo in me
moria ed illustrate nel corso della discussione orale nessuna in
cidenza possono avere ai fini della risoluzione della controversia.
6.6. - Pure il sesto motivo è infondato.
Invero, attesa la mera funzione, ex art. 190 c.p.c., della com
parsa conclusionale di illustrare le posizioni precedentemente as
sunte, dalle conclusioni in essa esposte non può dedursi una
volontà di rinuncia rispetto a quelle conclusioni contenute nei
precedenti atti processuali (Cass. 13 giugno 1990, n. 5751, id.,
Rep. 1990, voce Procedimento civile, n. 161), e il giudice di
appello non incorre nel vizio di omessa pronuncia ove non esa
mini tale nuova questione, ovvero nel vizio di ultrapetizione
ove, conformemente alle conclusioni rese dall'appellato, rigetti
il gravame, senza considerare tale eventuale rinuncia, espressa
dal difensore solo in comparsa conclusionale.
Così come avvenuto nel caso specifico dove il tribunale, cor
rettamente in base alle conclusioni rassegnate dall'appellata so
cietà, che aveva chiesto il rigetto dell'appello, ha respinto il gra vame del Vitalone, senza tener conto dell'eventuale rinuncia al
la propria pretesa espressa solo in comparsa conclusionale.
7. - Il ricorso va, pertanto, rigettato.
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 7 luglio
1998, n. 6613; Pres. De Tommaso, Est. Capitanio, P.M. Gia
calone (conci, conf.); Inps (Avv. Cantarini, Sarto) c. Cia
ramella. Conferma Trib. Firenze 7 aprile 1995.
Lavoro (rapporto di) — Dipendenti di imprese assoggettate a
procedure concorsuali — Danno per mancata attuazione di
direttiva Cee — Indennità — Interessi legali e rivalutazione
monetaria — Termine di decorrenza (Cod. proc. civ., art.
429; d.leg. 27 gennaio 1992 n. 80, attuazione della direttiva 80/987 Cee in materia di tutela dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro, art. 2).
L'indennità per il danno derivante dalla mancata attuazione della
direttiva 80/987/Cee, dovuta — ai sensi dell'art. 2, 7° com
ma, d.leg. n. 80 del 1992 — al dipendente di impresa assog
gettata a procedura concorsuale, ancorché dotata di funzione
risarcitoria del pregiudizio subito dal lavoratore, ha natura
giuridica di «credito di lavoro», cui si applica l'art. 429, 3°
comma, c.p.c.; pertanto, anche al fine di integrare il requisi
to della «adeguatezza» dell'indennità, spettano al lavoratore
gli interessi legali e la rivalutazione monetaria sulle somme
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