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sezione II civile; sentenza 9 dicembre 1999, n. 13746; Pres. Volpe, Est. Napoletano, P.M. Palmieri...

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sezione II civile; sentenza 9 dicembre 1999, n. 13746; Pres. Volpe, Est. Napoletano, P.M. Palmieri (concl. diff.); Tocci e altro (Avv. Melegari, Polito, Zeppieri) c. Grenga (Avv. Cardosi). Cassa App. Roma 26 giugno 1996 Source: Il Foro Italiano, Vol. 123, No. 10 (OTTOBRE 2000), pp. 2887/2888-2891/2892 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23195544 . Accessed: 28/06/2014 09:53 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 82.146.57.13 on Sat, 28 Jun 2014 09:53:07 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione II civile; sentenza 9 dicembre 1999, n. 13746; Pres. Volpe, Est. Napoletano, P.M.Palmieri (concl. diff.); Tocci e altro (Avv. Melegari, Polito, Zeppieri) c. Grenga (Avv. Cardosi).Cassa App. Roma 26 giugno 1996Source: Il Foro Italiano, Vol. 123, No. 10 (OTTOBRE 2000), pp. 2887/2888-2891/2892Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23195544 .

Accessed: 28/06/2014 09:53

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2887 PARTE PRIMA 2888

Il tribunale, infatti, si è limitato ad affermare che «nella fat

tispecie» ricorrono «tutti i requisiti richiesti dall'art. 2103 c.c.,

compreso quello dello svolgimento di mansioni superiori». Così argomentando, il tribunale non ha considerato che l'e

sercizio di mansioni corrispondenti alla qualifica superiore non

è sufficiente per l'acquisizione del diritto regolato dall'art. 2103

c.c., come modificato dall'art. 13 1. n. 300 del 1970, essendo, al contrario, indispensabile accertare — come precisato — che

l'utilizzazione del lavoratore sostituto (nel caso, del Sorrenti) in mansioni superiori non sia avvenuta per sostituire un lavora

tore con diritto alla conservazione del posto, nei limiti precisati,

dovendosi, altresì, tenere conto che, nel rapporto di lavoro, il

carattere vicario delle mansioni svolte (come pure viene dedotto

dall'attuale ricorrente) preclude il diritto del sostituto all'inqua dramento nella qualifica superiore del sostituito (Cass. 11331/98,

ibid., n. 981). L'accoglimento della censura nei limiti sopra specificati com

porta la cassazione della sentenza impugnata. La causa va rin

viata, per un nuovo esame, al Tribunale di Patti, che, tenuto

conto di quanto sopra precisato a proposito anche della ratio

dell'art. 2103 c.c., dovrà accertare se il sig. Paolo Sorrenti ab

bia o meno esercitato le mansioni corrispondenti alla qualifica

superiore non in sostituzione di lavoratore assente con diritto

alla conservazione del posto oppure sia stato utilizzato in man sioni vicarie in sostituzione del titolare dell'ufficio schedario, traendone le dovute conseguenze.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 9 dicem bre 1999, n. 13746; Pres. Volpe, Est. Napoletano, P.M. Pal mieri (conci, diff.); Tocci e altro (Avv. Melegari, Polito,

Zeppieri) c. Grenga (Avv. Cardosi). Cassa App. Roma 26

giugno 1996.

Nuova opera e danno temuto (denunzia di) — Fase di merito — Riproposizione della domanda riconvenzionale — Necessi tà — Esclusione (Cod. civ., art. 1171; cod. proc. civ., art.

50, 167, 688, 689).

In tema di procedimenti di denuncia di nuova opera soggetti alla previgente disciplina, qualora l'attore provveda a riassu mere tempestivamente il giudizio avanti al giudice competente per lo svolgimento della fase di merito, il convenuto che ab bia proposto domanda riconvenzionale nella fase sommaria non ha l'onere di riproporla in tal sede, dovendosi ritenere la stessa ritualmente e validamente proposta anche per la se conda fase (nella specie, il convenuto in riassunzione si era costituito depositando mandato in calce all'atto di riassunzio ne e riportandosi a quanto dedotto e richiesto in comparsa di risposta nella fase sommaria). (1)

(1) I. - A fronte della riaffermazione dell'appartenenza di entrambe le fasi del procedimento nunciativo ad un unico grado di giudizio — e quindi dell'unitarietà strutturale del procedimento stesso — compiuta dalla decisione odierna (in conformità alla recente Cass. 15 maggio 1996, n. 4504, Foro it., Rep. 1996, voce Nuova opera, n. 1, ed alla prevalente giurisprudenza a partire da Cass., sez. un., 28 giugno 1975, n. 2552, id., Rep. 1976, voce cit., n. 11, e Giusi, civ., 1976, I, 291, con nota di Alvino, ricordate anche in motivazione), deve essere ricordato come — proprio in riferimento alla proposizione della domanda riconvenzio nale — la giurisprudenza tendesse a valorizzare la distinzione fra le due fasi del procedimento.

La circostanza che la domanda di merito poteva essere proposta —

espressamente o implicitamente — nel ricorso introduttivo oppure suc cessivamente, dopo l'adozione dei provvedimenti interdittali (v., ad esem

II Foro Italiano — 2000.

Svolgimento del processo. — Silvana Grenga, con atto di ci

tazione notificato il 31 luglio 1981, riassumendo innanzi al tri

bunale di Latina, dichiarato competente per valore, un giudizio

per denuncia di nuova opera intrapreso avanti al Pretore di Pri

verno, lamentò che la costruzione intrapresa da Vincenzo e Ber

nardino Tocci in aderenza al suo fabbricato, sito in Sonnino, alla via S. Francesco, violava, tra l'altro, la distanza dalla ve

duta diretta esercitata da tempo immemorabile dal suo fabbri

cato ed impediva l'esercizio di una servitù di scarico di acque bianche e nere, esistente, anch'essa da tempo immemorabile,

pio, Cass. 7 ottobre 1986, n. 5909, Foro it., Rep. 1986, voce cit., n.

6, oppure, ancor più esplicitamente, Cass. 20 luglio 1963, n. 1992, id., Rep. 1963, voce cit., n. 19, e Giust. civ., 1964, I, 188; 8 giugno 1963, n. 1539, Foro it., Rep. 1963, voce cit., n. 23), ovvero nella citazione in riassunzione avanti al giudice competente, aveva infatti indotto la stessa giurisprudenza a ricollegare la preclusione di cui all'art. 167 c.p.c. all'atto difensivo immediatamente successivo al momento in cui — in concreto — la stessa domanda fosse stata proposta (v. Cass. 12 maggio 1980, n. 3129, id., Rep. 1980, voce cit., n. 6).

Il sistema sembrava quindi dover essere ricostruito nel senso che:

A) ove il denunciarne avesse introdotto la domanda di merito — pos sessoria o petitoria — già in sede di ricorso ex art. 688 c.p.c. (come era avvenuto anche nel caso odierno), il convenuto doveva proporre a pena di decadenza la domanda riconvenzionale in comparsa di costi tuzione e risposta nella stessa fase sommaria (siffatta possibilità di in troduzione della domanda di merito, anche in via implicita, nel ricorso ex art. 688 c.p.c. il più delle volte dava luogo al cumulo delle due

fasi, tollerato da ampia parte della giurisprudenza). B) Nell'ipotesi che la domanda venisse proposta non nel ricorso in

troduttivo ma pur sempre nel corso della fase sommaria, la domanda riconvenzionale doveva essere proposta nella difesa immediatamente suc cessiva alla precisazione da parte del denunciarne: così nel caso che la specificazione del tipo di tutela richiesta — petitoria o possessoria — fosse avvenuta in sede di udienza di comparizione delle parti ovvero di precisazione delle conclusioni al termine della fase interdittale (v. Trib. Termini Imerese 29 marzo 1983, id., Rep. 1984, voce cit., n. 6, e Giur. merito, 1983, 1139, con nota di F. Ferina, Denunzia di nuova

opera e tempestività della domanda riconvenzionale, la quale ha appun to ritenuto inammissibile perché tardiva la riconvenzionale proposta sol tanto in sede di comparsa di costituzione e risposta a seguito della rias sunzione avanti al giudice competente), previa se del caso richiesta di un termine e/o fissazione di una nuova udienza per esaminare e contra stare la pretesa attrice (Ferina, op. cit., 1144).

Cass. 10 agosto 1977, n. 3689, Foro it., Rep. 1977, voce cit., n. 12, aveva tuttavia affermato che l'enunciazione della riserva di propor re domanda riconvenzionale formulata nel corso del procedimento non esonera il convenuto dall'onere di proporre quella domanda con la com parsa di risposta in sede di prima difesa avverso la domanda di merito precisata dal ricorrente al termine della fase interdittale.

C) Ove invece la specificazione della domanda di merito fosse avve nuta in sede di atto di riassunzione avanti al giudice competente (effet tuata dal ricorrente originario), la preclusione per il convenuto sarebbe stata ancorata alla relativa comparsa di risposta, cosicché ben avrebbe potuto introdursi in tal sede una domanda riconvenzionale anche non proposta in precedenza (ed in perfetto parallelismo con la possibilità di introduzione di domande nuove da parte dell'attore e di procedere alla chiamata in causa di terzi). Ove alla prosecuzione del giudizio aves se invece dato luogo l'originario resistente, la possibilità di formulare domande riconvenzionali in sede di atto di riassunzione avrebbe dovuto — a rigore — ritenersi esclusa qualora la precisazione della domanda di merito fosse avvenuta in sede di precisazione delle conclusioni al termine della fase sommaria (a tale fattispecie sembra essere riferita Trib. Ariano Irpino 22 dicembre 1992, id., Rep. 1994, voce cit. n. 5, e Giur. merito, 1994, 466, con nota di Covuccia e Mannetta, la quale ha tuttavia disatteso l'eccezione di inammissibilità della riconvenzionale proposta in tal sede, senza specificare in quale momento fosse avvenuta la precisazione della domanda da parte del ricorrente).

II. - Con l'entrata in vigore della 1. 353/90 la disciplina procedurale delle azioni di nunciazione è stata pressoché integralmente assorbita da gli art. 669 bis ss. c.p.c. (quale prima applicazione della nuova discipli na sui procedimenti cautelari alle denunce di nuova opera, v. Pret. Massa, ord. 11 ottobre 1993, Foro it., 1994, I, 625, cui adde Pret. Roma, ord. 18 luglio 1996, Giur. it., 1999, 1216, con nota di E. Vullo, In tema di competenza per l'attuazione dei provvedimenti nunciativi. In dottrina, da ultimo, A. Proto Pisani, Lezioni di diritto processuale civile3, Napoli, 1999, 659; A. Villecco, Il procedimento possessorio e di nunciazione, Torino, 1998, spec. 420 ss., cui adde Consolo, in Consolo-Luiso-Sassani, Commentario alla riforma del processo civile, Milano, 1996, 744 ss.; Patelli, Iprovvedimenti nunciativi, in I! nuovo processo cautelare a cura di G. Tarzia, Padova, 1993, 91 ss.; G. Frus, in Le riforme del processo civile a cura di S. Chiarloni, Bologna-Roma, 1992, 810; L. Montesano-G. Arieta, Il nuovo processo civile - L.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

a vantaggio del suo fabbricato ed a carico del fondo dei conve

nuti. Chiese, pertanto, la condanna dei convenuti alla riduzione

in pristino dello stato dei luoghi mediante demolizione delle opere

illegittimamente edificate, nonché al risarcimento dei danni. Men

tre il convenuto Bernardino Tocci, non costituitosi nella fase

pretorile, mantenne tale atteggiamento anche nella fase di meri

to, il convenuto Vincenzo Tocci, che si era ritualmente costitui

to nella fase pretorile, proponendo anche domanda riconven

zionale, innanzi al tribunale si costituì «depositando delega in

353/90, Napoli, 1991, 137 s., e v. anche, più brevemente, Satta-Punzi, Diritto processuale civile, Padova, 1996, 969-971; A. Attardi, Le nuo

ve disposizioni sul processo civile, Padova, 1991, 272. Per due ricostru

zioni peculiari, v., invece, M.G. Civinini-A. Proto Pisani, I procedi menti possessori, in Foro it., 1994, I, 626, e G. Olivieri, I provvedi menti cautelari nel nuovo processo civile, in Riv. dir. proc., 1991, 688

ss., 735. Sulle azioni di nunciazione, v. anche, recentemente, F. Rosel

li, Il possesso e le azioni di nunciazione, in Giur. sist. dir. civ. e comm.

fondata da W. Bigiavi, Torino, 1993, spec. 645 ss., oltre a G. Fran

chi, Denuncia di nuova opera e di danno temuto, voce àe\\'Enciclope dia giuridica Treccani, Roma, 1988, X, e L. Cabella Pisu, Denuncia

di nuova opera e di danno temuto, voce del Digesto civ., Torino, 1989,

V, 192). Le conseguenze della riforma sui procedimenti nunciativi sono state

individuate:

a) nell'accentuazione dell'autonomia fra la fase cautelare ante cau

sam e quella di merito, ovverosia del verificarsi di una soluzione di

continuità tra le due fasi del procedimento (stante il disposto dell'art.

669 octies c.p.c.: v. Pret. Massa, ord. 11 ottobre 1993, cit.), con il

tendenziale superamento della tradizionale concezione giurisprudenziale — espressa anche dalla sentenza odierna — dell'unitarietà strutturale

del procedimento (oltre alle decisioni sopra ricordate, v., ad esempio, Cass. 5 agosto 1977, n. 3563, Foro it., Rep. 1977, voce cit., n. 13; 21 maggio 1973, n. 1471, id., Rep. 1973, voce cit., nn. 4, 5; 23 aprile

1971, n. 1174, id., Rep. 1971, voce cit., n. 4. Sull'irrilevanza del difetto

dei requisiti per la proponibilità dell'azione di nunciazione nella succes

siva fase di merito, v. invece, da ultimo, Cass. 25 agosto 1997, n. 7976,

id., Rep. 1997, voce cit., n. 3; 7 agosto 1996, n. 7260, id., Rep. 1996, voce cit., n. 2);

b) nella maggior specificità ed analiticità del contenuto degli atti in

troduttivi delle due fasi, ed in particolare del ricorso cautelare ante cau

sam, dovendo ritenersi ormai superate e non più legittime le prassi giu

risprudenziali sopra accennate, favorevoli ad ammettere una notevole

dose di elasticità nella formulazione del ricorso (nonché, secondo un'im

postazione più rigorosa, nell'impossibilità di avanzare richieste orali in

corso di causa, in conformità all'indirizzo assunto in materia di proce dimenti cautelari in generale: v. Trib. Agrigento 24 novembre 1994,

id., Rep. 1995, voce Procedimenti cautelari, n. 98, e Giur. it., 1995,

1, 2, 570; in senso più liberale, v., tuttavia, Trib. Casale Monferrato

11 novembre 1996, Foro it., Rep. 1997, voce cit., n. 59, e Dir. ind.,

1997, 259, con nota di Cavallaro);

c) nella mera eventualità dello svolgimento della fase di merito, es

sendo questa necessaria solo in ipotesi di provvedimento positivo di

accoglimento del ricorso cautelare ante causam. 111. - Nell'attuale regime normativo la proponibilità della domanda

riconvenzionale:

a) secondo l'opinione manifestata dalla giurisprudenza in questi pri mi anni di applicazione della nuova disciplina uniforme sembrerebbe

dover essere esclusa per quanto attiene alla fase sommaria cautelare

(nel senso dell'inammissibilità si sono infatti espresse Pret. Taranto 16

aprile 1993, Foro it., 1993, I, 2010, con nota di A. Proto Pisani, e

Trib. Reggio Emilia, ord. 9 ottobre 1998, Giur. it., 1999, 1616, con

nota di E. Vullo, In tema di provvedimenti d'urgenza, domanda ricon

venzionale e valutazione del «periculum in mora». Favorevole alla pro

ponibilità della riconvenzionale, addirittura in forma orale in udienza,

v., invece, Trib. Casale Monferrato 11 novembre 1996, cit. Su posizioni

più sfumate la dottrina più recente: v., ad esempio, Consolo, in Consolo

Luiso-Sassani, op. cit., 627; altre indicazioni in Vullo, op. ult. cit.)-,

b) sembrerebbe doversi ritenere soggetta all'ordinaria disciplina per

quanto attiene alla fase di merito (naturalmente ove questa venga intro

dotta), stante la necessità di un nuovo, autonomo, atto introduttivo

(ed a differenza di quanto si verifica per i procedimenti possessori, ove

è già emerso il problema del raccordo fra le due fasi in ordine al matu

rare delle preclusioni per il convenuto, su cui v. le osservazioni di M.G.

Civinini in nota a Cass., sez. un., 24 febbraio 1998, n. 1984, in Foro

it., 1998, I, 1055 ss., spec. 1057, e, da ultimo, Pret. Bologna, ord.

9 aprile 1998, id., Rep. 1998, voce Possesso, n. 69, e Giur. it., 1998,

2069; A. Mondini, La fase introduttiva del processo possessorio dopo la sentenza delle sezioni unite, in Giusi, civ., 1998, I, 1781).

Nel senso che nessuna decadenza del diritto a proporre domanda ri

convenzionale può essere ravvisata nel giudizio per denuncia di nuova

opera ove tale domanda sia proposta nella prima udienza della fase

di merito, v. Trib. Teramo 9 gennaio 1993, Foro it., Rep. 1993, voce

Nuova opera, n. 4.

Il Foro Italiano — 2000.

calce all'atto di riassunzione e riportandosi a quanto dedotto

e richiesto in comparsa presso la Pretura di Priverno»; chiese,

peraltro, l'acquisizione del fascicolo esistente presso la stessa

pretura. L'adito tribunale, nella dichiarata contumacia di entrambi i

convenuti, in accoglimento parziale della domanda principale, condannò gli stessi a demolire l'immobile di loro proprietà nel

la misura idonea a consentire il ripristino della comoda fruizio

ne, da parte dell'attrice, delle servitù di veduta nei limiti del

l'art. 907 c.c. e di scarico nel pozzo esistente sul fondo dei Toc

ci, che condannò anche al risarcimento dei danni nella misura

di cinquecentomila lire.

Tale decisione, impugnata, con gravame principale, dai Tocci

e, con gravame incidentale, dalla Grenga, ha trovato conferma

nella sentenza resa in data 26 giugno 1996 dalla Corte d'appello

di Roma.

Ha ritenuto la corte del merito che correttamente il giudice

di primo grado avesse dichiarata la contumacia del convenuto

Vincenzo Tocci e la decadenza dello stesso dalla domanda ri

convenzionale, poiché, attesa l'autonomia della fase di merito

rispetto a quella interdittale nei procedimenti di denuncia di nuo

va opera o di danno temuto, così come l'attore in riassunzione

deve notificare un nuovo atto di citazione all'altra parte, questa

deve costituirsi a norma dell'art. 166 c.p.c., depositando il pro

prio fascicolo contenente anche la comparsa di risposta, con

la quale dev'essere proposta l'eventuale domanda riconvenzionale.

Né, ad avviso del giudice d'appello, il vizio della costituzione

del predetto convenuto poteva dirsi sanato dall'acquiescenza del

l'attrice in riassunzione, in considerazione del carattere non di

spositivo delle norme violate.

La statuizione sarebbe stata diversa, secondo la corte distret

tuale, se il convenuto avesse tempestivamente depositato il pro

prio fascicolo della fase pretorile con la comparsa di risposta.

Quanto, poi, al merito, il giudice d'appello ha ritenuto che

dalla prova per testi offerta dalla Grenga, non smentita dalle

risultanze della consulenza tecnica d'ufficio, secondo la quale non era possibile accertare in quale epoca fossero state aperte

le vedute, fosse emerso con assoluta certezza che, all'epoca del

la proposizione della domanda, era maturato il periodo di tem

po necessario ai fini della usucapione delle servitù rivendicate

dall'appellata. Avverso tale decisione il Tocci Vincenzo ed il Tocci Bernardi

no propongono ricorso per cassazione fondato su due motivi,

cui la Grenga resiste con controricorso, illustrato con successiva

memoria.

Motivi della decisione. — Col primo motivo i ricorrenti cen

surano l'impugnata sentenza per erroneità, difetto e contraddit

torietà di motivazione nonché per violazione ed erronea appli cazione del combinato disposto degli art. 171 e 291 c.p.c., che

ha determinato la nullità del giudizio e della sentenza di primo

grado, nonché dell'ordinanza collegiale del 15 luglio 1986.

Adducono, all'uopo, che, poiché la Grenga, riassumendo tem

pestivamente la causa innanzi al Tribunale e notificando l'atto

riassuntivo presso il domicilio eletto nella prima fase da essi

convenuti, aveva rispettato l'art. SO c.p.c., il processo era con

tinuato innanzi al tribunale con la conseguente conservazione

di tutti gli effetti sostanziali e processuali del giudizio iniziato

innanzi al pretore; sicché, l'eventuale mancata costituzione nel

la seconda fase del convenuto Vincenzo Tocci, costituitosi nella

prima fase, non avrebbe potuto determinarne la contumacia.

Tale errore, ad avviso dei ricorrenti, ha, peraltro, indotto in

contraddizione la corte d'appello quando, pur avendo conside

rato il Tocci Vincenzo contumace in primo grado, lo ha dichia

rato decaduto dalla possibilità di proporre la domanda ricon

venzionale per avere omesso di depositare il fascicolo prodotto

nella fase interdittale, mentre la ritenuta contumacia avrebbe

dovuto semplicemente determinare l'inammissibilità della doman

da riconvenzionale. Da ultimo, i ricorrenti rimarcano che il giu

dice d'appello non ha ben valutato la richiesta di acquisizione

del fascicolo relativo alla fase interdittale, che, invece, in virtù

della translatio iudicii verificatasi e dell'unitarietà del giudizio,

pur composto da due fasi, andava considerata come rivelatrice

della ritualità e validità della costituzione del Tocci Vincenzo.

La censura è fondata.

Il giudice d'appello, ritenendo necessario che il Tocci Vincen

zo, già ritualmente costituitosi nella fase pretorile, si costituisse

nuovamente nella fase di merito, instauratosi a seguito della

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2891 PARTE PRIMA 2892

riassunzione della causa, operata dalla Grenga nel termine fis

sato dal pretore, ha indubbiamente violato l'art. 50 c.p.c., ai

sensi del quale, eseguita tempestivamente (nel termine, fissato

dal giudice dichiaratosi incompetente o, in mancanza di tale

termine, in quello di sei mesi dalla comunicazione del provvedi

mento) la riassunzione, si verifica la translatio iudicii, per effet

to della quale il processo continua davanti al nuovo giudice, mantenendo una struttura unitaria e, perciò, conservando tutti

gli effetti sostanziali e processuali del giudizio svoltosi nella pri ma fase (cfr. Cass. 2 febbraio 1995, n. 1241, Foro it., Rep.

1995, voce Competenza civile, n. 123). Sicché, com'è stato coe

rentemente ritenuto in giurisprudenza (cfr. Cass. 28 ottobre 1994, n. 8917, id., Rep. 1994, voce Procedimento civile, n. 129), la

mancata costituzione del convenuto in riassunzione, che siasi

già costituito nella fase iniziale, non ne determina la contuma

cia, poiché le parti mantengono la posizione assunta nella fase

iniziale. A superare tale effetto naturale della translatio iudicii non

può valere il fatto, sottolineato nell'impugnata sentenza, che, con specifico riferimento ai procedimenti di nunciazione, la giu

risprudenza abbia talvolta evidenziata la reciproca autonomia

della fase interdittale e di quella di merito, poiché tale autono

mia, che non nega la strutturale unitarietà del procedimento, viene valorizzata al solo fine di dimostrare che i presupposti richiesti per l'ammissibilità dell'azione di denuncia di nuova opera o di danno temuto condizionano soltanto la possibilità di otte

nere i provvedimenti cautelari, sicché la domanda di merito re

sta del tutto svincolata da detti presupposti.

L'opinione che qui si esprime trova conforto nel condiviso

principio di diritto affermato da questa Suprema corte, secondo

cui «in tema di denuncia di nuova opera il procedimento nun

ciatorio a cognizione sommaria ed il procedimento di merito

a cognizione piena, pur essendo distinti, costituiscono fasi di

un unico grado di giudizio, anche quando si svolgano davanti

a giudici diversi, per essere il pretore incompetente rat ione vaio

ris a conoscere del merito, con la conseguenza che per tale se

conda fase non occorre una nuova domanda, essendo sufficien

te, valida ed efficace quella iniziale» (sent. n. 4504 del 15 mag

gio 1996, id., Rep. 1996, voce Nuova opera, n. 1). Tale

insegnamento si poneva nel solco già tracciato dalla giurispru

denza, quando, occupandosi del problema della necessità di una

nuova procura per la fase di merito, aveva escluso tale necessità

(Cass., sez. un., 28 giugno 1975, n. 2552, id., Rep. 1975, voce

cit., n. 5). Orbene, dai condivisi principi di diritto esposti è agevole trar

re il corollario che il convenuto, il quale nella fase sommaria

abbia già proposto una domanda riconvenzionale, non ha l'o

nere di riproporla in sede di merito, dovendosi ritenere ritual mente e validamente proposta, anche per la seconda fase, quel la proposta nella prima fase. Tale conclusione ancor più risulta

esatta nelle ipotesi, come quella in esame, in cui il convenuto

in riassunzione si riporti a tutte le deduzioni e richieste da lui

formulate nella fase sommaria.

Invero, non v'è ragione per distinguere tra ricorrente e resi

stente, poiché anche con riferimento al secondo conserva tutta

la sua efficacia processuale e sostanziale la costituzione in giu dizio verificatasi nella prima fase, con la conseguenza che nella

fase di merito non sarà necessario né rinnovare la sua costitu

zione in giudizio né riproporre la domanda riconvenzionale even

tualmente già proposta nella precedente fase.

Ciò posto, è superfluo esaminare gli altri rilievi critici operati dai ricorrenti, anche con riferimento alla valenza della richiesta

di acquisizione del fascicolo d'ufficio, contenente quello di par

te, relativo alla fase sommaria, avanzata nel corso della prima udienza innanzi al tribunale.

L'accoglimento del primo motivo assorbe il secondo motivo, col quale i ricorrenti, denunciando vizi di motivazione e viola

zione degli art. 907 e 1031 c.c., nonché dell'art. 112 c.p.c., cen

surano nel merito la decisione impugnata, essendo evidente che il vizio in procedendo rilevato) impone una nuova decisione nel

merito.

Conclusivamente, l'impugnata sentenza va cassata, con rin

vio, anche per il regolamento delle spese del giudizio di legitti

mità, ad altra sezione della Corte d'appello di Roma.

Il Foro Italiano — 2000.

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 16 no

vembre 1999, n. 775/SU; Pres. Iannotta, Est. Criscuolo, P.M. Lo Cascio (conci, conf.); Fall. soc. Icomec (Avv. Man

feroce, Maupoil) c. Min. lavori pubblici; Min. lavori pub blici (Avv. Cosentino) c. Soc. Assicuratrice edile (Avv. Ca

scino, Scofone), Fall. soc. Icomec. Cassa App. Milano 16

febbraio 1996.

Fallimento — Appalto di opere pubbliche — Rescissione in danno — Procedimento amministrativo — Opponibilità al curatore — Limiti (L. 20 marzo 1865 n. 2248, all. F, legge sui lavori

pubblici, art. 340; r.d. 25 maggio 1895 n. 350, regolamento

per la direzione, la contabilità e la collaudazione dei lavori

dello Stato che sono nelle attribuzioni del ministero dei lavori

pubblici, art. 27; r.d. 16 marzo 1942 n. 267, disciplina del

fallimento, art. 81). Fallimento — Credito della parte «in bonis» — Credito del fal

lito non liquido o non esigibile — Fatto genetico della obbli

gazione anteriore al fallimento — Compensazione — Ammis

sibilità (Cod. civ., art. 1243, 2917; r.d. 16 marzo 1942 n.

267, art. 56).

Il procedimento amministrativo di rescissione in danno dell'ap paltatore fallito è opponibile al fallimento soltanto se iniziato

prima dell'apertura del concorso, dovendosi individuare co

me inizio del procedimento l'atto di contestazione comunica

to all'appaltatore al fine di instaurare il contraddittorio. (1) La compensazione nel fallimento è ammessa anche quando il

controcredito del fallito divenga liquido od esigibile dopo il

fallimento, purché il fatto genetico dell'obbligazione sia ante

riore alla dichiarazione di fallimento, con la conseguenza che

è sufficiente che i requisiti di cui all'art. 1243 c.c. ricorrano

da ambedue i lati e sussistano al momento della pronuncia. (2)

(1) In termini, Cass. 26 febbraio 1991, n. 2052, Foro it., Rep. 1992, voce Opere pubbliche, n. 552. L'argomento non è stato affrontato mol te volte in passato, ma la regola fissata riproduce quanto invece da

tempo i giudici di legittimità sostengono a proposito della risoluzione, affermando che l'istanza di risoluzione di un contratto di compravendi ta per inadempimento dell'acquirente non trova ostacolo nella soprav venienza del fallimento del convenuto qualora essa risulti «quesita», prima della sentenza dichiarativa del fallimento; così Cass. 9 dicembre

1998, n. 12396, id., Rep. 1998, voce Fallimento, n. 377; 17 gennaio 1998, n. 376, ibid., n. 378; 5 gennaio 1995, n. 185, id., Rep. 1995, voce cit., n. 497; 21 febbraio 1994, n. 1648, id., Rep. 1994, voce cit., n. 278; 13 giugno 1983, n. 4045, id., Rep. 1984, voce cit., n. 276; Trib. Verona 23 luglio 1990, id., Rep. 1992, voce cit., n. 578; Trib. Palermo 12 giugno 1990, id., Rep. 1990, voce cit., n. 447; Trib. Catania 24

gennaio 1989, id., Rep. 1989, voce cit., n. 290; Trib. Pavia 8 gennaio 1987, id., Rep. 1987, voce cit., n. 451. Sul fenomeno dei rapporti fra risoluzione e fallimento, cfr. Zanarone, La risoluzione del contratto nel fallimento, Milano, 1970, 368; sulla stessa linea, Ricci, Lezioni sul

fallimento, Milano, 1998, II, 119; Ferro, La disciplina dei rapporti giuridici pendenti tra vocazione liquidatoria e capacità di gestione con trattuale degli organi concorsuali, in / rapporti giuridici pendenti a cura di M. Ferro, Bologna, 1998, 20; Manferoce, Effetti per i creditori, in Diritto fallimentare a cura di G. Lo Cascio, Milano, 1996, 576; Vas salli, Diritto fallimentare, Torino, 1994, I, 320; Bozza-Schiavon, L'ac certamento dei crediti e le cause di prelazione, Milano, 1992, 190; Sat

ta, Diritto fallimentare, Padova, 1990, 270; Pajardi, Manuale di dirit to fallimentare, Milano, 1986, 330.

(2-3) Dalla stessa fucina (la procedura del fallimento Icomec s.p.a.) che in un recentissimo passato aveva generato sentenze di opposto teno

re, sortisce la decisione che componendo un contrasto di giurisprudenza piuttosto articolato, opta per una interpretazione estensiva dell'art. 56 1. fall, così incrementando la lettura equitativa della norma che da più parti era stata suggerita.

Poiché proprio sulle colonne di questa rivista (Fabiani, Porte aperte per la compensazione giudiziale nel fallimento, in Foro it., 1997, I, 165), si è presa posizione sul tema in occasione di uno dei pochi prece denti cui le decisioni in rassegna danno continuità, le considerazioni che seguono hanno come presupposto le osservazioni svolte a suo tem po, osservazioni che trovano analitico e puntuale riscontro nelle senten ze in epigrafe.

I giudici di legittimità sostengono che:

a) l'art. 56 1. fall, rappresenta una deroga al principio della par con dicio creditorum in quanto chi si trova ad essere contemporaneamente debitore e creditore del fallito vede soddisfatto interamente il proprio credito;

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