sezione II civile; sentenza 9 dicembre 1999, n. 13746; Pres. Volpe, Est. Napoletano, P.M.Palmieri (concl. diff.); Tocci e altro (Avv. Melegari, Polito, Zeppieri) c. Grenga (Avv. Cardosi).Cassa App. Roma 26 giugno 1996Source: Il Foro Italiano, Vol. 123, No. 10 (OTTOBRE 2000), pp. 2887/2888-2891/2892Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23195544 .
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2887 PARTE PRIMA 2888
Il tribunale, infatti, si è limitato ad affermare che «nella fat
tispecie» ricorrono «tutti i requisiti richiesti dall'art. 2103 c.c.,
compreso quello dello svolgimento di mansioni superiori». Così argomentando, il tribunale non ha considerato che l'e
sercizio di mansioni corrispondenti alla qualifica superiore non
è sufficiente per l'acquisizione del diritto regolato dall'art. 2103
c.c., come modificato dall'art. 13 1. n. 300 del 1970, essendo, al contrario, indispensabile accertare — come precisato — che
l'utilizzazione del lavoratore sostituto (nel caso, del Sorrenti) in mansioni superiori non sia avvenuta per sostituire un lavora
tore con diritto alla conservazione del posto, nei limiti precisati,
dovendosi, altresì, tenere conto che, nel rapporto di lavoro, il
carattere vicario delle mansioni svolte (come pure viene dedotto
dall'attuale ricorrente) preclude il diritto del sostituto all'inqua dramento nella qualifica superiore del sostituito (Cass. 11331/98,
ibid., n. 981). L'accoglimento della censura nei limiti sopra specificati com
porta la cassazione della sentenza impugnata. La causa va rin
viata, per un nuovo esame, al Tribunale di Patti, che, tenuto
conto di quanto sopra precisato a proposito anche della ratio
dell'art. 2103 c.c., dovrà accertare se il sig. Paolo Sorrenti ab
bia o meno esercitato le mansioni corrispondenti alla qualifica
superiore non in sostituzione di lavoratore assente con diritto
alla conservazione del posto oppure sia stato utilizzato in man sioni vicarie in sostituzione del titolare dell'ufficio schedario, traendone le dovute conseguenze.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 9 dicem bre 1999, n. 13746; Pres. Volpe, Est. Napoletano, P.M. Pal mieri (conci, diff.); Tocci e altro (Avv. Melegari, Polito,
Zeppieri) c. Grenga (Avv. Cardosi). Cassa App. Roma 26
giugno 1996.
Nuova opera e danno temuto (denunzia di) — Fase di merito — Riproposizione della domanda riconvenzionale — Necessi tà — Esclusione (Cod. civ., art. 1171; cod. proc. civ., art.
50, 167, 688, 689).
In tema di procedimenti di denuncia di nuova opera soggetti alla previgente disciplina, qualora l'attore provveda a riassu mere tempestivamente il giudizio avanti al giudice competente per lo svolgimento della fase di merito, il convenuto che ab bia proposto domanda riconvenzionale nella fase sommaria non ha l'onere di riproporla in tal sede, dovendosi ritenere la stessa ritualmente e validamente proposta anche per la se conda fase (nella specie, il convenuto in riassunzione si era costituito depositando mandato in calce all'atto di riassunzio ne e riportandosi a quanto dedotto e richiesto in comparsa di risposta nella fase sommaria). (1)
(1) I. - A fronte della riaffermazione dell'appartenenza di entrambe le fasi del procedimento nunciativo ad un unico grado di giudizio — e quindi dell'unitarietà strutturale del procedimento stesso — compiuta dalla decisione odierna (in conformità alla recente Cass. 15 maggio 1996, n. 4504, Foro it., Rep. 1996, voce Nuova opera, n. 1, ed alla prevalente giurisprudenza a partire da Cass., sez. un., 28 giugno 1975, n. 2552, id., Rep. 1976, voce cit., n. 11, e Giusi, civ., 1976, I, 291, con nota di Alvino, ricordate anche in motivazione), deve essere ricordato come — proprio in riferimento alla proposizione della domanda riconvenzio nale — la giurisprudenza tendesse a valorizzare la distinzione fra le due fasi del procedimento.
La circostanza che la domanda di merito poteva essere proposta —
espressamente o implicitamente — nel ricorso introduttivo oppure suc cessivamente, dopo l'adozione dei provvedimenti interdittali (v., ad esem
II Foro Italiano — 2000.
Svolgimento del processo. — Silvana Grenga, con atto di ci
tazione notificato il 31 luglio 1981, riassumendo innanzi al tri
bunale di Latina, dichiarato competente per valore, un giudizio
per denuncia di nuova opera intrapreso avanti al Pretore di Pri
verno, lamentò che la costruzione intrapresa da Vincenzo e Ber
nardino Tocci in aderenza al suo fabbricato, sito in Sonnino, alla via S. Francesco, violava, tra l'altro, la distanza dalla ve
duta diretta esercitata da tempo immemorabile dal suo fabbri
cato ed impediva l'esercizio di una servitù di scarico di acque bianche e nere, esistente, anch'essa da tempo immemorabile,
pio, Cass. 7 ottobre 1986, n. 5909, Foro it., Rep. 1986, voce cit., n.
6, oppure, ancor più esplicitamente, Cass. 20 luglio 1963, n. 1992, id., Rep. 1963, voce cit., n. 19, e Giust. civ., 1964, I, 188; 8 giugno 1963, n. 1539, Foro it., Rep. 1963, voce cit., n. 23), ovvero nella citazione in riassunzione avanti al giudice competente, aveva infatti indotto la stessa giurisprudenza a ricollegare la preclusione di cui all'art. 167 c.p.c. all'atto difensivo immediatamente successivo al momento in cui — in concreto — la stessa domanda fosse stata proposta (v. Cass. 12 maggio 1980, n. 3129, id., Rep. 1980, voce cit., n. 6).
Il sistema sembrava quindi dover essere ricostruito nel senso che:
A) ove il denunciarne avesse introdotto la domanda di merito — pos sessoria o petitoria — già in sede di ricorso ex art. 688 c.p.c. (come era avvenuto anche nel caso odierno), il convenuto doveva proporre a pena di decadenza la domanda riconvenzionale in comparsa di costi tuzione e risposta nella stessa fase sommaria (siffatta possibilità di in troduzione della domanda di merito, anche in via implicita, nel ricorso ex art. 688 c.p.c. il più delle volte dava luogo al cumulo delle due
fasi, tollerato da ampia parte della giurisprudenza). B) Nell'ipotesi che la domanda venisse proposta non nel ricorso in
troduttivo ma pur sempre nel corso della fase sommaria, la domanda riconvenzionale doveva essere proposta nella difesa immediatamente suc cessiva alla precisazione da parte del denunciarne: così nel caso che la specificazione del tipo di tutela richiesta — petitoria o possessoria — fosse avvenuta in sede di udienza di comparizione delle parti ovvero di precisazione delle conclusioni al termine della fase interdittale (v. Trib. Termini Imerese 29 marzo 1983, id., Rep. 1984, voce cit., n. 6, e Giur. merito, 1983, 1139, con nota di F. Ferina, Denunzia di nuova
opera e tempestività della domanda riconvenzionale, la quale ha appun to ritenuto inammissibile perché tardiva la riconvenzionale proposta sol tanto in sede di comparsa di costituzione e risposta a seguito della rias sunzione avanti al giudice competente), previa se del caso richiesta di un termine e/o fissazione di una nuova udienza per esaminare e contra stare la pretesa attrice (Ferina, op. cit., 1144).
Cass. 10 agosto 1977, n. 3689, Foro it., Rep. 1977, voce cit., n. 12, aveva tuttavia affermato che l'enunciazione della riserva di propor re domanda riconvenzionale formulata nel corso del procedimento non esonera il convenuto dall'onere di proporre quella domanda con la com parsa di risposta in sede di prima difesa avverso la domanda di merito precisata dal ricorrente al termine della fase interdittale.
C) Ove invece la specificazione della domanda di merito fosse avve nuta in sede di atto di riassunzione avanti al giudice competente (effet tuata dal ricorrente originario), la preclusione per il convenuto sarebbe stata ancorata alla relativa comparsa di risposta, cosicché ben avrebbe potuto introdursi in tal sede una domanda riconvenzionale anche non proposta in precedenza (ed in perfetto parallelismo con la possibilità di introduzione di domande nuove da parte dell'attore e di procedere alla chiamata in causa di terzi). Ove alla prosecuzione del giudizio aves se invece dato luogo l'originario resistente, la possibilità di formulare domande riconvenzionali in sede di atto di riassunzione avrebbe dovuto — a rigore — ritenersi esclusa qualora la precisazione della domanda di merito fosse avvenuta in sede di precisazione delle conclusioni al termine della fase sommaria (a tale fattispecie sembra essere riferita Trib. Ariano Irpino 22 dicembre 1992, id., Rep. 1994, voce cit. n. 5, e Giur. merito, 1994, 466, con nota di Covuccia e Mannetta, la quale ha tuttavia disatteso l'eccezione di inammissibilità della riconvenzionale proposta in tal sede, senza specificare in quale momento fosse avvenuta la precisazione della domanda da parte del ricorrente).
II. - Con l'entrata in vigore della 1. 353/90 la disciplina procedurale delle azioni di nunciazione è stata pressoché integralmente assorbita da gli art. 669 bis ss. c.p.c. (quale prima applicazione della nuova discipli na sui procedimenti cautelari alle denunce di nuova opera, v. Pret. Massa, ord. 11 ottobre 1993, Foro it., 1994, I, 625, cui adde Pret. Roma, ord. 18 luglio 1996, Giur. it., 1999, 1216, con nota di E. Vullo, In tema di competenza per l'attuazione dei provvedimenti nunciativi. In dottrina, da ultimo, A. Proto Pisani, Lezioni di diritto processuale civile3, Napoli, 1999, 659; A. Villecco, Il procedimento possessorio e di nunciazione, Torino, 1998, spec. 420 ss., cui adde Consolo, in Consolo-Luiso-Sassani, Commentario alla riforma del processo civile, Milano, 1996, 744 ss.; Patelli, Iprovvedimenti nunciativi, in I! nuovo processo cautelare a cura di G. Tarzia, Padova, 1993, 91 ss.; G. Frus, in Le riforme del processo civile a cura di S. Chiarloni, Bologna-Roma, 1992, 810; L. Montesano-G. Arieta, Il nuovo processo civile - L.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
a vantaggio del suo fabbricato ed a carico del fondo dei conve
nuti. Chiese, pertanto, la condanna dei convenuti alla riduzione
in pristino dello stato dei luoghi mediante demolizione delle opere
illegittimamente edificate, nonché al risarcimento dei danni. Men
tre il convenuto Bernardino Tocci, non costituitosi nella fase
pretorile, mantenne tale atteggiamento anche nella fase di meri
to, il convenuto Vincenzo Tocci, che si era ritualmente costitui
to nella fase pretorile, proponendo anche domanda riconven
zionale, innanzi al tribunale si costituì «depositando delega in
353/90, Napoli, 1991, 137 s., e v. anche, più brevemente, Satta-Punzi, Diritto processuale civile, Padova, 1996, 969-971; A. Attardi, Le nuo
ve disposizioni sul processo civile, Padova, 1991, 272. Per due ricostru
zioni peculiari, v., invece, M.G. Civinini-A. Proto Pisani, I procedi menti possessori, in Foro it., 1994, I, 626, e G. Olivieri, I provvedi menti cautelari nel nuovo processo civile, in Riv. dir. proc., 1991, 688
ss., 735. Sulle azioni di nunciazione, v. anche, recentemente, F. Rosel
li, Il possesso e le azioni di nunciazione, in Giur. sist. dir. civ. e comm.
fondata da W. Bigiavi, Torino, 1993, spec. 645 ss., oltre a G. Fran
chi, Denuncia di nuova opera e di danno temuto, voce àe\\'Enciclope dia giuridica Treccani, Roma, 1988, X, e L. Cabella Pisu, Denuncia
di nuova opera e di danno temuto, voce del Digesto civ., Torino, 1989,
V, 192). Le conseguenze della riforma sui procedimenti nunciativi sono state
individuate:
a) nell'accentuazione dell'autonomia fra la fase cautelare ante cau
sam e quella di merito, ovverosia del verificarsi di una soluzione di
continuità tra le due fasi del procedimento (stante il disposto dell'art.
669 octies c.p.c.: v. Pret. Massa, ord. 11 ottobre 1993, cit.), con il
tendenziale superamento della tradizionale concezione giurisprudenziale — espressa anche dalla sentenza odierna — dell'unitarietà strutturale
del procedimento (oltre alle decisioni sopra ricordate, v., ad esempio, Cass. 5 agosto 1977, n. 3563, Foro it., Rep. 1977, voce cit., n. 13; 21 maggio 1973, n. 1471, id., Rep. 1973, voce cit., nn. 4, 5; 23 aprile
1971, n. 1174, id., Rep. 1971, voce cit., n. 4. Sull'irrilevanza del difetto
dei requisiti per la proponibilità dell'azione di nunciazione nella succes
siva fase di merito, v. invece, da ultimo, Cass. 25 agosto 1997, n. 7976,
id., Rep. 1997, voce cit., n. 3; 7 agosto 1996, n. 7260, id., Rep. 1996, voce cit., n. 2);
b) nella maggior specificità ed analiticità del contenuto degli atti in
troduttivi delle due fasi, ed in particolare del ricorso cautelare ante cau
sam, dovendo ritenersi ormai superate e non più legittime le prassi giu
risprudenziali sopra accennate, favorevoli ad ammettere una notevole
dose di elasticità nella formulazione del ricorso (nonché, secondo un'im
postazione più rigorosa, nell'impossibilità di avanzare richieste orali in
corso di causa, in conformità all'indirizzo assunto in materia di proce dimenti cautelari in generale: v. Trib. Agrigento 24 novembre 1994,
id., Rep. 1995, voce Procedimenti cautelari, n. 98, e Giur. it., 1995,
1, 2, 570; in senso più liberale, v., tuttavia, Trib. Casale Monferrato
11 novembre 1996, Foro it., Rep. 1997, voce cit., n. 59, e Dir. ind.,
1997, 259, con nota di Cavallaro);
c) nella mera eventualità dello svolgimento della fase di merito, es
sendo questa necessaria solo in ipotesi di provvedimento positivo di
accoglimento del ricorso cautelare ante causam. 111. - Nell'attuale regime normativo la proponibilità della domanda
riconvenzionale:
a) secondo l'opinione manifestata dalla giurisprudenza in questi pri mi anni di applicazione della nuova disciplina uniforme sembrerebbe
dover essere esclusa per quanto attiene alla fase sommaria cautelare
(nel senso dell'inammissibilità si sono infatti espresse Pret. Taranto 16
aprile 1993, Foro it., 1993, I, 2010, con nota di A. Proto Pisani, e
Trib. Reggio Emilia, ord. 9 ottobre 1998, Giur. it., 1999, 1616, con
nota di E. Vullo, In tema di provvedimenti d'urgenza, domanda ricon
venzionale e valutazione del «periculum in mora». Favorevole alla pro
ponibilità della riconvenzionale, addirittura in forma orale in udienza,
v., invece, Trib. Casale Monferrato 11 novembre 1996, cit. Su posizioni
più sfumate la dottrina più recente: v., ad esempio, Consolo, in Consolo
Luiso-Sassani, op. cit., 627; altre indicazioni in Vullo, op. ult. cit.)-,
b) sembrerebbe doversi ritenere soggetta all'ordinaria disciplina per
quanto attiene alla fase di merito (naturalmente ove questa venga intro
dotta), stante la necessità di un nuovo, autonomo, atto introduttivo
(ed a differenza di quanto si verifica per i procedimenti possessori, ove
è già emerso il problema del raccordo fra le due fasi in ordine al matu
rare delle preclusioni per il convenuto, su cui v. le osservazioni di M.G.
Civinini in nota a Cass., sez. un., 24 febbraio 1998, n. 1984, in Foro
it., 1998, I, 1055 ss., spec. 1057, e, da ultimo, Pret. Bologna, ord.
9 aprile 1998, id., Rep. 1998, voce Possesso, n. 69, e Giur. it., 1998,
2069; A. Mondini, La fase introduttiva del processo possessorio dopo la sentenza delle sezioni unite, in Giusi, civ., 1998, I, 1781).
Nel senso che nessuna decadenza del diritto a proporre domanda ri
convenzionale può essere ravvisata nel giudizio per denuncia di nuova
opera ove tale domanda sia proposta nella prima udienza della fase
di merito, v. Trib. Teramo 9 gennaio 1993, Foro it., Rep. 1993, voce
Nuova opera, n. 4.
Il Foro Italiano — 2000.
calce all'atto di riassunzione e riportandosi a quanto dedotto
e richiesto in comparsa presso la Pretura di Priverno»; chiese,
peraltro, l'acquisizione del fascicolo esistente presso la stessa
pretura. L'adito tribunale, nella dichiarata contumacia di entrambi i
convenuti, in accoglimento parziale della domanda principale, condannò gli stessi a demolire l'immobile di loro proprietà nel
la misura idonea a consentire il ripristino della comoda fruizio
ne, da parte dell'attrice, delle servitù di veduta nei limiti del
l'art. 907 c.c. e di scarico nel pozzo esistente sul fondo dei Toc
ci, che condannò anche al risarcimento dei danni nella misura
di cinquecentomila lire.
Tale decisione, impugnata, con gravame principale, dai Tocci
e, con gravame incidentale, dalla Grenga, ha trovato conferma
nella sentenza resa in data 26 giugno 1996 dalla Corte d'appello
di Roma.
Ha ritenuto la corte del merito che correttamente il giudice
di primo grado avesse dichiarata la contumacia del convenuto
Vincenzo Tocci e la decadenza dello stesso dalla domanda ri
convenzionale, poiché, attesa l'autonomia della fase di merito
rispetto a quella interdittale nei procedimenti di denuncia di nuo
va opera o di danno temuto, così come l'attore in riassunzione
deve notificare un nuovo atto di citazione all'altra parte, questa
deve costituirsi a norma dell'art. 166 c.p.c., depositando il pro
prio fascicolo contenente anche la comparsa di risposta, con
la quale dev'essere proposta l'eventuale domanda riconvenzionale.
Né, ad avviso del giudice d'appello, il vizio della costituzione
del predetto convenuto poteva dirsi sanato dall'acquiescenza del
l'attrice in riassunzione, in considerazione del carattere non di
spositivo delle norme violate.
La statuizione sarebbe stata diversa, secondo la corte distret
tuale, se il convenuto avesse tempestivamente depositato il pro
prio fascicolo della fase pretorile con la comparsa di risposta.
Quanto, poi, al merito, il giudice d'appello ha ritenuto che
dalla prova per testi offerta dalla Grenga, non smentita dalle
risultanze della consulenza tecnica d'ufficio, secondo la quale non era possibile accertare in quale epoca fossero state aperte
le vedute, fosse emerso con assoluta certezza che, all'epoca del
la proposizione della domanda, era maturato il periodo di tem
po necessario ai fini della usucapione delle servitù rivendicate
dall'appellata. Avverso tale decisione il Tocci Vincenzo ed il Tocci Bernardi
no propongono ricorso per cassazione fondato su due motivi,
cui la Grenga resiste con controricorso, illustrato con successiva
memoria.
Motivi della decisione. — Col primo motivo i ricorrenti cen
surano l'impugnata sentenza per erroneità, difetto e contraddit
torietà di motivazione nonché per violazione ed erronea appli cazione del combinato disposto degli art. 171 e 291 c.p.c., che
ha determinato la nullità del giudizio e della sentenza di primo
grado, nonché dell'ordinanza collegiale del 15 luglio 1986.
Adducono, all'uopo, che, poiché la Grenga, riassumendo tem
pestivamente la causa innanzi al Tribunale e notificando l'atto
riassuntivo presso il domicilio eletto nella prima fase da essi
convenuti, aveva rispettato l'art. SO c.p.c., il processo era con
tinuato innanzi al tribunale con la conseguente conservazione
di tutti gli effetti sostanziali e processuali del giudizio iniziato
innanzi al pretore; sicché, l'eventuale mancata costituzione nel
la seconda fase del convenuto Vincenzo Tocci, costituitosi nella
prima fase, non avrebbe potuto determinarne la contumacia.
Tale errore, ad avviso dei ricorrenti, ha, peraltro, indotto in
contraddizione la corte d'appello quando, pur avendo conside
rato il Tocci Vincenzo contumace in primo grado, lo ha dichia
rato decaduto dalla possibilità di proporre la domanda ricon
venzionale per avere omesso di depositare il fascicolo prodotto
nella fase interdittale, mentre la ritenuta contumacia avrebbe
dovuto semplicemente determinare l'inammissibilità della doman
da riconvenzionale. Da ultimo, i ricorrenti rimarcano che il giu
dice d'appello non ha ben valutato la richiesta di acquisizione
del fascicolo relativo alla fase interdittale, che, invece, in virtù
della translatio iudicii verificatasi e dell'unitarietà del giudizio,
pur composto da due fasi, andava considerata come rivelatrice
della ritualità e validità della costituzione del Tocci Vincenzo.
La censura è fondata.
Il giudice d'appello, ritenendo necessario che il Tocci Vincen
zo, già ritualmente costituitosi nella fase pretorile, si costituisse
nuovamente nella fase di merito, instauratosi a seguito della
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2891 PARTE PRIMA 2892
riassunzione della causa, operata dalla Grenga nel termine fis
sato dal pretore, ha indubbiamente violato l'art. 50 c.p.c., ai
sensi del quale, eseguita tempestivamente (nel termine, fissato
dal giudice dichiaratosi incompetente o, in mancanza di tale
termine, in quello di sei mesi dalla comunicazione del provvedi
mento) la riassunzione, si verifica la translatio iudicii, per effet
to della quale il processo continua davanti al nuovo giudice, mantenendo una struttura unitaria e, perciò, conservando tutti
gli effetti sostanziali e processuali del giudizio svoltosi nella pri ma fase (cfr. Cass. 2 febbraio 1995, n. 1241, Foro it., Rep.
1995, voce Competenza civile, n. 123). Sicché, com'è stato coe
rentemente ritenuto in giurisprudenza (cfr. Cass. 28 ottobre 1994, n. 8917, id., Rep. 1994, voce Procedimento civile, n. 129), la
mancata costituzione del convenuto in riassunzione, che siasi
già costituito nella fase iniziale, non ne determina la contuma
cia, poiché le parti mantengono la posizione assunta nella fase
iniziale. A superare tale effetto naturale della translatio iudicii non
può valere il fatto, sottolineato nell'impugnata sentenza, che, con specifico riferimento ai procedimenti di nunciazione, la giu
risprudenza abbia talvolta evidenziata la reciproca autonomia
della fase interdittale e di quella di merito, poiché tale autono
mia, che non nega la strutturale unitarietà del procedimento, viene valorizzata al solo fine di dimostrare che i presupposti richiesti per l'ammissibilità dell'azione di denuncia di nuova opera o di danno temuto condizionano soltanto la possibilità di otte
nere i provvedimenti cautelari, sicché la domanda di merito re
sta del tutto svincolata da detti presupposti.
L'opinione che qui si esprime trova conforto nel condiviso
principio di diritto affermato da questa Suprema corte, secondo
cui «in tema di denuncia di nuova opera il procedimento nun
ciatorio a cognizione sommaria ed il procedimento di merito
a cognizione piena, pur essendo distinti, costituiscono fasi di
un unico grado di giudizio, anche quando si svolgano davanti
a giudici diversi, per essere il pretore incompetente rat ione vaio
ris a conoscere del merito, con la conseguenza che per tale se
conda fase non occorre una nuova domanda, essendo sufficien
te, valida ed efficace quella iniziale» (sent. n. 4504 del 15 mag
gio 1996, id., Rep. 1996, voce Nuova opera, n. 1). Tale
insegnamento si poneva nel solco già tracciato dalla giurispru
denza, quando, occupandosi del problema della necessità di una
nuova procura per la fase di merito, aveva escluso tale necessità
(Cass., sez. un., 28 giugno 1975, n. 2552, id., Rep. 1975, voce
cit., n. 5). Orbene, dai condivisi principi di diritto esposti è agevole trar
re il corollario che il convenuto, il quale nella fase sommaria
abbia già proposto una domanda riconvenzionale, non ha l'o
nere di riproporla in sede di merito, dovendosi ritenere ritual mente e validamente proposta, anche per la seconda fase, quel la proposta nella prima fase. Tale conclusione ancor più risulta
esatta nelle ipotesi, come quella in esame, in cui il convenuto
in riassunzione si riporti a tutte le deduzioni e richieste da lui
formulate nella fase sommaria.
Invero, non v'è ragione per distinguere tra ricorrente e resi
stente, poiché anche con riferimento al secondo conserva tutta
la sua efficacia processuale e sostanziale la costituzione in giu dizio verificatasi nella prima fase, con la conseguenza che nella
fase di merito non sarà necessario né rinnovare la sua costitu
zione in giudizio né riproporre la domanda riconvenzionale even
tualmente già proposta nella precedente fase.
Ciò posto, è superfluo esaminare gli altri rilievi critici operati dai ricorrenti, anche con riferimento alla valenza della richiesta
di acquisizione del fascicolo d'ufficio, contenente quello di par
te, relativo alla fase sommaria, avanzata nel corso della prima udienza innanzi al tribunale.
L'accoglimento del primo motivo assorbe il secondo motivo, col quale i ricorrenti, denunciando vizi di motivazione e viola
zione degli art. 907 e 1031 c.c., nonché dell'art. 112 c.p.c., cen
surano nel merito la decisione impugnata, essendo evidente che il vizio in procedendo rilevato) impone una nuova decisione nel
merito.
Conclusivamente, l'impugnata sentenza va cassata, con rin
vio, anche per il regolamento delle spese del giudizio di legitti
mità, ad altra sezione della Corte d'appello di Roma.
Il Foro Italiano — 2000.
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 16 no
vembre 1999, n. 775/SU; Pres. Iannotta, Est. Criscuolo, P.M. Lo Cascio (conci, conf.); Fall. soc. Icomec (Avv. Man
feroce, Maupoil) c. Min. lavori pubblici; Min. lavori pub blici (Avv. Cosentino) c. Soc. Assicuratrice edile (Avv. Ca
scino, Scofone), Fall. soc. Icomec. Cassa App. Milano 16
febbraio 1996.
Fallimento — Appalto di opere pubbliche — Rescissione in danno — Procedimento amministrativo — Opponibilità al curatore — Limiti (L. 20 marzo 1865 n. 2248, all. F, legge sui lavori
pubblici, art. 340; r.d. 25 maggio 1895 n. 350, regolamento
per la direzione, la contabilità e la collaudazione dei lavori
dello Stato che sono nelle attribuzioni del ministero dei lavori
pubblici, art. 27; r.d. 16 marzo 1942 n. 267, disciplina del
fallimento, art. 81). Fallimento — Credito della parte «in bonis» — Credito del fal
lito non liquido o non esigibile — Fatto genetico della obbli
gazione anteriore al fallimento — Compensazione — Ammis
sibilità (Cod. civ., art. 1243, 2917; r.d. 16 marzo 1942 n.
267, art. 56).
Il procedimento amministrativo di rescissione in danno dell'ap paltatore fallito è opponibile al fallimento soltanto se iniziato
prima dell'apertura del concorso, dovendosi individuare co
me inizio del procedimento l'atto di contestazione comunica
to all'appaltatore al fine di instaurare il contraddittorio. (1) La compensazione nel fallimento è ammessa anche quando il
controcredito del fallito divenga liquido od esigibile dopo il
fallimento, purché il fatto genetico dell'obbligazione sia ante
riore alla dichiarazione di fallimento, con la conseguenza che
è sufficiente che i requisiti di cui all'art. 1243 c.c. ricorrano
da ambedue i lati e sussistano al momento della pronuncia. (2)
(1) In termini, Cass. 26 febbraio 1991, n. 2052, Foro it., Rep. 1992, voce Opere pubbliche, n. 552. L'argomento non è stato affrontato mol te volte in passato, ma la regola fissata riproduce quanto invece da
tempo i giudici di legittimità sostengono a proposito della risoluzione, affermando che l'istanza di risoluzione di un contratto di compravendi ta per inadempimento dell'acquirente non trova ostacolo nella soprav venienza del fallimento del convenuto qualora essa risulti «quesita», prima della sentenza dichiarativa del fallimento; così Cass. 9 dicembre
1998, n. 12396, id., Rep. 1998, voce Fallimento, n. 377; 17 gennaio 1998, n. 376, ibid., n. 378; 5 gennaio 1995, n. 185, id., Rep. 1995, voce cit., n. 497; 21 febbraio 1994, n. 1648, id., Rep. 1994, voce cit., n. 278; 13 giugno 1983, n. 4045, id., Rep. 1984, voce cit., n. 276; Trib. Verona 23 luglio 1990, id., Rep. 1992, voce cit., n. 578; Trib. Palermo 12 giugno 1990, id., Rep. 1990, voce cit., n. 447; Trib. Catania 24
gennaio 1989, id., Rep. 1989, voce cit., n. 290; Trib. Pavia 8 gennaio 1987, id., Rep. 1987, voce cit., n. 451. Sul fenomeno dei rapporti fra risoluzione e fallimento, cfr. Zanarone, La risoluzione del contratto nel fallimento, Milano, 1970, 368; sulla stessa linea, Ricci, Lezioni sul
fallimento, Milano, 1998, II, 119; Ferro, La disciplina dei rapporti giuridici pendenti tra vocazione liquidatoria e capacità di gestione con trattuale degli organi concorsuali, in / rapporti giuridici pendenti a cura di M. Ferro, Bologna, 1998, 20; Manferoce, Effetti per i creditori, in Diritto fallimentare a cura di G. Lo Cascio, Milano, 1996, 576; Vas salli, Diritto fallimentare, Torino, 1994, I, 320; Bozza-Schiavon, L'ac certamento dei crediti e le cause di prelazione, Milano, 1992, 190; Sat
ta, Diritto fallimentare, Padova, 1990, 270; Pajardi, Manuale di dirit to fallimentare, Milano, 1986, 330.
(2-3) Dalla stessa fucina (la procedura del fallimento Icomec s.p.a.) che in un recentissimo passato aveva generato sentenze di opposto teno
re, sortisce la decisione che componendo un contrasto di giurisprudenza piuttosto articolato, opta per una interpretazione estensiva dell'art. 56 1. fall, così incrementando la lettura equitativa della norma che da più parti era stata suggerita.
Poiché proprio sulle colonne di questa rivista (Fabiani, Porte aperte per la compensazione giudiziale nel fallimento, in Foro it., 1997, I, 165), si è presa posizione sul tema in occasione di uno dei pochi prece denti cui le decisioni in rassegna danno continuità, le considerazioni che seguono hanno come presupposto le osservazioni svolte a suo tem po, osservazioni che trovano analitico e puntuale riscontro nelle senten ze in epigrafe.
I giudici di legittimità sostengono che:
a) l'art. 56 1. fall, rappresenta una deroga al principio della par con dicio creditorum in quanto chi si trova ad essere contemporaneamente debitore e creditore del fallito vede soddisfatto interamente il proprio credito;
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