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sezione II civile; sentenza 9 settembre 1998, n. 8912; Pres. Baldassarre, Est. Vella, P.M. Cafiero...

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sezione II civile; sentenza 9 settembre 1998, n. 8912; Pres. Baldassarre, Est. Vella, P.M. Cafiero (concl. conf.0; L. Brombin (Avv. Giandomenici) c. E. Brombin (Avv. D'Astice, Beneduce). Conferma App. Venezia 6 ottobre 1994 Source: Il Foro Italiano, Vol. 121, No. 10 (OTTOBRE 1998), pp. 2755/2756-2757/2758 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23192911 . Accessed: 28/06/2014 09:37 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.0.146.74 on Sat, 28 Jun 2014 09:37:10 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione II civile; sentenza 9 settembre 1998, n. 8912; Pres. Baldassarre, Est. Vella, P.M. Cafiero(concl. conf.0; L. Brombin (Avv. Giandomenici) c. E. Brombin (Avv. D'Astice, Beneduce).Conferma App. Venezia 6 ottobre 1994Source: Il Foro Italiano, Vol. 121, No. 10 (OTTOBRE 1998), pp. 2755/2756-2757/2758Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23192911 .

Accessed: 28/06/2014 09:37

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2755 PARTE PRIMA 2756

CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 9 settem

bre 1998, n. 8912; Pres. Baldassarre, Est. Vella, P.M. Ca

feero (conci, conf.); L. Brombin (Avv. Giandomenico) c. E.

Brombin (Avv. D'Astice, Beneduce). Conferma App. Vene

zia 6 ottobre 1994.

Successione ereditaria — Rinuncia all'eredità — Accettazione di altro coerede — Revoca della rinuncia — Assenso dell'ac

cettante — Irrilevanza (Cod. civ., art. 525, 676, 1325, 1418).

Poiché la quota ereditaria del rinunciante si accresce ipso iure a favore del successivo chiamato accettante, la revoca della

rinuncia è nulla, anche se il rinunciante si è poi accordato con l'altro chiamato accettante. (1)

Svolgimento del processo. — Con atto di citazione notificato il 16 ottobre 1987 Luigi Brombin convenne davanti al Tribunale di Verona il proprio germano Elio esponendo che: a) con atto

del 26 maggio 1983 avevano entrambi accettato l'eredità del ge nitore Dario Brombin, deceduto il 28 settembre 1963 (l'altra figlia del defunto, Maria Teresa, aveva rinunciato all'eredità con dichiarazione del 20 marzo 1964) e, con scrittura privata del 17 maggio 1986, avevano diviso la proprietà immobiliare;

ti) suo fratello si era rifiutato di concludere l'atto pubblico di

divisione per cui non aveva potuto perfezionare la compraven dita della proprietà della sua porzione immobiliare in esecuzio ne di un contratto preliminare concluso con un terzo. Ciò pre messo chiese l'emanazione di una sentenza d'accertamento del

proprio diritto di proprietà sugli immobili assegnatigli con l'at to di divisione.

Il convenuto, costituitosi in giudizio, si oppose all'accogli mento della domanda adducendo che l'attore aveva rinunziato all'eredità con atto dell'11 marzo 1964 e che la sua dichiarazio ne di revoca dell'8 marzo 1983 era nulla perché questa, per pro durre i suoi effetti, secondo la disposizione dell'art. 525 c.c., deve precedere l'acquisto dell'eredità da parte degli altri chia

mati, mentre egli molto tempo prima della revoca, aveva accet tato l'eredità, comprensiva, per diritto d'accrescimento (art. 676

c.c.), della quota del congiunto.

Soggiunse che dalla nullità della dichiarazione di revoca era derivata quella degli atti successivi 26 maggio 1983 (accettazio ne eredità e cessione di quota) e 17 maggio 1986 (atto di divisio

ne). Questi atti furono dichiarati nulli dal tribunale con senten za del 7 dicembre 1989.

Il soccombente propose impugnazione affermando che:

A) il tribunale era incorso nella violazione dell'art. 112 c.p.c.

(1) Il rinunciante all'eredità decide di revocare la rinuncia, accordan dosi in tal senso con il coerede: la Suprema corte ravvisa l'intervenuto accrescimento della quota ereditaria a favore del coerede. Nei preceden ti, il problema dell'acquisizione della quota del rinunciante in favore del coerede accettante non era stato definito in termini precisi: v. Trib. Spoleto 25 settembre 1996, Foro it., Rep. 1997, voce Successione eredi taria, nn. 48, 49, ove pure si afferma, in contrasto con altra giurispru denza, che la revoca della rinuncia all'eredità non comporta di per sé accettazione dell'eredità ove non sia seguita da una manifestazione di volontà, espressa o tacita, volta all'acquisto della qualità di erede; con tra, Trib. Roma 24 giugno 1991, id., Rep. 1993, voce cit., n. 68, che si sofferma sulla qualificazione della revoca come accettazione, che può essere anche tacita, dell'eredità. Cfr. anche Cass. 6 dicembre 1984, n. 6412, id., Rep. 1985, voce cit., n. 46, per esteso in Giust. civ., 1985, I, 1974, che in motivazione sottolinea come, a seguito della rinuncia, si determini un periodo di coesistenza del diritto di accettazione dell'e redità a favore tanto del chiamato rinunciante quanto dei successivi chiamati, con relativa persistenza, quindi, della delazione del rinuncian te, accanto a quella dei chiamati di grado ulteriore; 8 giugno 1984, n. 3457, Foro it., Rep. 1985, voce cit., n. 52, per la quale la revoca della rinuncia alla eredità non è un atto autonomo o un negozio giuridi co assoggettato, sul piano formale o sostanziale, a propria particolare disciplina, ma è solo l'effetto di successiva accettazione dell'eredità da parte del rinunciante, che automaticamente si realizza quando tale ac cettazione, non preclusa di per sé dalla rinuncia, sia validamente ed efficacemente compiuta. Infine, qualifica come ius adcrescendi l'acqui sizione della quota del rinunciante in favore del coerede accettante, Cass. 19 ottobre 1966, n. 2549, id., 1967, I, 1845, con nota di B. Novella, ove si nega, peraltro, rilevanza all'accordo tra le parti per l'inderogabi lità della norma in questione; contra, App. Napoli 26 marzo 1965, id., Rep. 1966, voce Successione legittima o testamentaria, n. 51, nonché Cass. 30 gennaio 1930, id., 1930, I, 567, con nota critica di Salis, ibid., 924.

Il Foro Italiano — 1998.

avendo dichiarato la nullità dell'atto di revoca dell'accettazione

ereditaria e di quelli da esso dipendenti, benché con la citazione

introduttiva del processo fosse stata chiesta l'emanazione di una

sentenza di accertamento non della divisione ereditaria, ma del

l'autenticità delle sottoscrizioni apposte alla scrittura privata del

17 maggio 1986;

B) il tribunale avrebbe dovuto considerare la rinuncia ineffi

cace in quanto colui che l'aveva sottoscritta aveva anteriormen

te compiuto degli atti che rivelavano la sua inequivoca volontà

di accettare l'eredità; in ogni caso, avrebbe dovuto ritenere vali

da la revoca della rinunzia perché la norma dell'art. 525 c.c., che la vieta se l'eredità sia stata già accettata da altri chiamati, non è di ordine pubblico, ma derogabile con il loro consenso.

Il convenuto resistette al gravame e la Corte d'appello di Ve

nezia, con sentenza del 6 ottobre 1994, ha confermato la deci

sione di primo grado.

Luigi Brombin ricorre per cassazione con tre motivi.

Elio Brombin resiste con controricorso. Motivi della decisione. — 1. - Con il primo motivo si denun

zia la violazione degli art. 112 e 345 c.p.c. in relazione all'art.

360, nn. 3 e 5, dello stesso codice e si censura la sentenza impu

gnata adducendosi che la corte d'appello ha negato l'esistenza del vizio di extrapetizione della pronuncia di primo grado, con

la quale si era ritenuto che l'attore aveva chiesto l'accertamento del contenuto della scrittura in data 17 maggio 1986 e non la

verificazione dell'autenticità delle firme ad essa apposte, perché ha interpretato la domanda in base alla lettera delle espressioni

adoperate, senza utilizzare, come invece avrebbe dovuto, anche

gli altri criteri ermeneutici necessari per accertare la reale volon tà della parte.

Si aggiunge che la corte non avrebbe potuto dichiarare la nul

lità dell'atto di revoca della rinunzia, perché tale atto era «inva lido» e non nullo, data la natura derogabile della norma del

l'art. 525 c.c. in violazione della quale era stato posto in essere, e, quindi, per il suo annullamento sarebbe stata necessaria la

proposizione di una domanda specifica da parte di un soggetto interessato, non identificabile nella persona del germano che,

pur avendo acquistato la quota di eredità del rinunziante, aveva

poi aderito alla sua revoca.

Infine, si sostiene che i giudici di merito hanno riconosciuto la qualità ereditaria di Luigi Brombin, pur se l'hanno poi nega ta, perché avendo ritenuto che il fratello gli aveva venduto, con l'atto 26 maggio 1983 (dichiarato nullo limitatamente all'accet

tazione ereditaria) soltanto la propria quota di eredità, hanno

implicitamente ammesso che l'altra quota era intestata alla sua

persona.

In dottrina, sostengono l'irrilevanza degli accordi tra rinunziante e coeredi accettanti nei termini sopra esposti: Cicu, Successione per cau sa di morte, parte generale: Delazione e acquisto dell'eredità. Divisione ereditaria, in Trattato Cicu-Messineo, Milano, 1961, 217; Cariota Ferrara, Le successioni per causa di morte, Napoli, 1977, I, passim, che, altresì, qualificano l'acquisizione della quota del rinunziante al coe rede accettante come incremento. Cfr. anche Grosso, Burdese, Le suc cessioni, parte generale, in Trattato Vassalli, Torino, 1977, 354, e Fer ri, Disposizioni generali sulle successioni, in Commentario Scialoja Branca, Bologna-Roma, 1980, 126, il quale sottolinea che se la delazio ne è caduta con la rinuncia, non può dipendere da volontà privata il suo ripristino, poiché si verte in materia sottratta alla disponibilità delle

parti; contra, Giannattasio, Delle successioni, in Commentario al co dice civile, libro II, 2, Torino, 1971, 242. Sul carattere eccezionale del l'art. 525 c.c., cfr., altresì, Perego, Rinuncia all'eredità e sottrazione di beni da parte del chiamato, in Giusi, civ., 1985, 1975.

Parte della dottrina ha ammesso l'accrescimento nelle successioni le gittime, ancorandosi al dato testuale della legge. Così D'Avanzo, Delle successioni, Firenze, 1941, I, 184. Sulla stessa lunghezza d'onda, ma con argomentazioni di carattere più sostanziale, v. Ferrari, Accresci mento, in Trattato a cura di Rescigno, Torino, 1982, VI, 248. A tale orientamento si contrappone l'indirizzo che esclude lo ius adcrescendi dalle successioni legittime: v. Bianca, Diritto civile, Milano, 1982, II, 450; Carraro, La vocazione legittima alla successione, Padova, 1979, 80; Mengoni, Successione per causa di morte. Successione legittima, in Trattato di diritto civile e commerciale fondato da Cicu e Messineo, Milano, 1983, 190; Calapso, Brevi note sull'accrescimento nell'ambito della successione legittima, in Vita not., 1986, 446. Alquanto articolate sul punto paiono le soluzioni offerte da: Ferri, op. cit., 125, e Capoz zi, Successioni e donazioni, Milano, 1983, I, 220 e passim. Sulle proble matiche attinenti l'art. 676 c.c., cfr., da ultimo, Scarlatelli, Il diritto di accrescimento tra volontà e legge, in Vita not., 1994, 187 ss.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

2. - Con il secondo motivo, denunziandosi la violazione degli

art. 459, 470, 480, 525, 1418, 1421, 2934, 2937 e 2938 c.c. e

l'omessa, contraddittoria e insufficiente motivazione su punti

decisivi della controversia, in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5,

c.p.c., si censura la sentenza impugnata per avere la corte d'ap

pello ritenuto efficace l'eccezione con la quale il convenuto ave

va dedotto (nella fase di gravame) la prescrizione del diritto

del germano di accettare l'eredità, laddove avrebbe dovuto ne

gare ad essa qualsiasi rilevanza in quanto Elio Brombin aveva

rinunziato a valersi della prescrizione quando si era già compiu

ta, e quindi validamente ai sensi dell'art. 2937 c.c., sottoscri

vendo l'atto di accettazione d'eredità e cessione di quota del

26 maggio 1983. Inoltre si afferma, in contrasto con la decisione d'appello,

che Elio Brombin, sottoponendo a ipoteca, con l'atto del 10

aprile 1964, i beni immobili ereditari a garanzia del mutuo da

lui contratto, aveva tacitamente accettato solo la sua quota di

un terzo (la denunzia di successione trascritta il 24 aprile 1964

era stata presentata a nome di tutti e tre i chiamati all'eredità),

mentre quelle della sorella e del fratello l'aveva accettate fir

mando successivamente l'atto del 26 maggio 1983.

3. - Con il terzo e ultimo motivo, denunziandosi la violazione

degli art. 476 e 519 c.c. e 228 e 230 c.p.c. in relazione all'art.

360, nn. 3 e 5, di quest'ultimo codice, si critica la sentenza

impugnata per avere la corte d'appello dichiarato erroneamente

inammissibili i mezzi istruttori dedotti da Luigi Brombin per dimostrare che il suo atto di rinunzia all'eredità era inefficace

perché era stato preceduto da comportamenti dai quali emerge

va la sua inequivoca volontà di accettare l'eredità.

In particolare, si sostiene che il contenuto dell'interrogatorio

formale era specifico e non generico, come affermato invece

dalla corte del merito, e che la mancata indicazione dei testimo

ni non aveva determinato la decadenza dalla prova essendosi

l'appellante riservata la facoltà di precisare le generalità delle

persone da interrogare.

I motivi del ricorso — da esaminare congiuntamente essendo

strettamente connessi — sono tutti infondati.

Incensurabili in questa sede di legittimità, perché adeguata

mente e logicamente motivate, sono le conclusioni della corte

d'appello circa la validità ed efficacia della rinunzia alla eredità

di Luigi Brombin e dell'accettazione di questa da parte di suo

fratello Elio. Per quanto riguarda la rinunzia all'eredità la corte ha rileva

to che era contenuta nell'atto dell'11 marzo 1964 ed era piena

mente operante, essendosi Luigi Brombin limitato ad affermare

di avere compiuto degli atti di accettazione tacita dell'eredità

prima di rinunziare ad essa. E al riguardo ha ritenuto inammis

sibili i mezzi istruttori dedotti per dimostrare che vi era stata

accettazione osservando che l'interrogatorio formale deferito era

generico e che la prova per testimoni era stata articolata senza

l'indicazione delle persone da interrogare. Le censure contro que

sta statuizione sono prive di pregio, in quanto la specificità che

avrebbe caratterizzato l'interrogatorio non è stata posta in risal

to e il mancato uso, da parte della corte del merito, del potere

discrezionale di concedere un termine per l'indicazione dei testi

moni, aveva reso la prova inammissibile (sent. n. 9476 del 1993,

Foro it., Rep. 1993, voce Prova testimoniale, n. 15).

L'accettazione dell'eredità è stata poi ravvisata nell'atto in

data 19 aprile 1964 con cui Elio Brombin, a garanzia di un

mutuo da lui contratto, aveva costituito il diritto d'ipoteca sui

beni del patrimonio lasciato dal genitore, avendo la corte rite

nuto che tale atto per il suo contenuto dispositivo presuppone

va necessariamente la volontà di accettare l'eredità.

L'eccezione secondo cui dall'iscrizione ipotecaria si desumeva

l'accettazione della propria quota ereditaria ma non dell'intera

eredità, non può essere condivisa giacché, in conseguenza delle

rinunzie del fratello e della sorella (avvenute rispettivamente I'll

e il 20 marzo 1964), Elio Brombin, come ritenuto esattamente

nella impugnata pronuncia, aveva acquistato l'eredità nella sua

totalità per diritto d'accrescimento ai sensi dell'art. 676 c.c.

In presenza di questa situazione di fatto deve condividersi

la statuizione di nullità dell'atto in data 8 marzo 1983, con cui

Luigi Brombin aveva revocato la sua rinunzia all'eredità, e de

gli atti successivi da esso dipendenti (26 maggio 1983 e 17 mag

gio 1986). Infatti, ai sensi dell'art. 525 c.c., il chiamato che

Il Foro Italiano — 1998.

abbia rinunziato all'eredità può successivamente accettarla (in

tal modo revocando implicitamente la sua anteriore rinunzia)

in forza dell'originaria delazione purché questa non sia stata,

però, da lui perduta definitivamente in conseguenza dell'acqui

sto di altro chiamato. Né può ritenersi che la norma dell'art.

525 c.c. subordini al solo interesse dei terzi la revoca la quale

sarebbe, perciò, consentita qualora autorizzata da un accordo

concluso tra il rinunziante e gli acquirenti dell'eredità. A questa

tesi, accolta da parte della dottrina, non può aderirsi e la possi

bilità di revoca in tale ipotesi deve essere, pertanto, esclusa per

il carattere indisponibile della delazione che, una volta caduta,

non può rivivere per volontà dei privati (cfr., sul punto, Cass.

n. 2549 del 1966, id., Rep. 1966, voce Successione legittima

o testamentaria, n. 50) e anche per il principio in forza del

quale chi ha accettato l'eredità non può più rinunziare ad essa

(semel heres semper heres), essendo l'accettazione, a differenza

della rinunzia, un atto irrevocabile che non può essere sottopo

sto neanche a condizione o a termine (art. 475 c.c.). Nella specie la revoca è, quindi, nulla perché è stata compiu

ta in contrasto con la norma imperativa dell'art. 525 c.c. e per

ché manca del suo oggetto essendo stata la quota ereditaria da

essa presa in considerazione già acquisita al patrimonio del suc

cessivo chiamato accettante (art. 1418, 1325, n. 3, c.c.).

Inoltre, contrariamente a quel che si sostiene con il ricorso,

la nullità della revoca, come di ogni contratto o altro negozio

giuridico, poteva essere eccepita dal convenuto, parte interessa

ta, o rilevata d'ufficio dal giudice, ai sensi dell'art. 1421 c.c., non dovendo formare necessariamente oggetto di una specifica

domanda. In particolare, ai fini della declaratoria di nullità del

l'atto di divisione 17 maggio 1986, era ininfluente stabilire se

l'azione promossa da Luigi Brombin con l'atto introduttivo del

processo fosse d'accertamento del suo contenuto ovvero di veri

ficazione delle sottoscrizioni ad esso apposte, in quanto Elio

Brombin aveva interesse ad eccepire la nullità rispetto ad en

trambe le pretese.

Per quel che riguarda l'atto 23 maggio 1983, la pronuncia di nullità è stata correttamente limitata all'accettazione eredita

ria, giacché la rimanente parte di esso (cessione di quota) «era

estranea alla materia del contendere» e nulla impediva, comun

que, ad Elio Brombin di disporre dei beni dell'acquisito patri monio paterno.

Infine è appena il caso di rilevare, dopo quanto si è riferito,

che non deve esaminarsi per la sua sopravvenuta superfluità,

la censura con cui si critica la decisione d'appello per non esser

si in essa considerato che Elio Brombin aveva rinunziato impli

citamente a fare valere la prescrizione (da lui eccepita in appel

lo) del diritto del fratello all'accettazione ereditaria, avendo par

tecipato all'atto del 26 maggio 1983, quando la prescrizione stessa

si era già compiuta.

Consegue che si deve rigettare il ricorso.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 3 set

tembre 1998, n. 8761; Pres. Giuliano, Est. M. Finocchiaro,

P.M. Fedeli (conci, conf.); Palazzina c. Fumagalli e altro.

Regolamento di competenza d'ufficio.

Competenza civile — Immobile occupato senza titolo — Azione

di rilascio — Eccezione di esistenza di comodato — Compe

tenza per materia del pretore (Cod. proc. civ., art. 8, 31).

Qualora il convenuto resista alla domanda di rilascio per occu

pazione senza titolo, proposta nei suoi confronti, deducendo

di detenere l'immobile in questione in forza di un contratto

di comodato, la controversia rientra nella sfera di competen

za per materia del pretore, ai sensi dell'art. 8, 2° comma,

n. 3, c.p.c. (nel testo in vigore dal 30 aprile 1995), non rile

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