sezione II; parere 10 maggio 2000, n. 487/00; Min. lavori pubbliciSource: Il Foro Italiano, Vol. 126, No. 4 (APRILE 2003), pp. 289/290-295/296Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23198316 .
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
sull'emanazione dei regolamenti ex art. 17 cit. sia applicabile solo in caso di espressa previsione in tal senso contenuta nella
legge speciale che volta per volta attribuisce ad uno o a più mi
nistri la potestà regolamentare si risolverebbe, in realtà, nella
negazione di ogni contenuto precettivo dello stesso art. 17.
7. - In conclusione, l'appello deve essere integralmente di
satteso.
L'annullamento — disposto dal Tar e che viene qui confer
mato — della tariffa di cui al d.m. 20 agosto 1992 ha natural
mente l'effetto di prolungare l'applicabilità di quella previgen te, di cui al citato d.p.r. n. 641 del 1972, fino alla data in cui è
entrata in vigore quella successiva, di cui al d.m. finanze 28 di
cembre 1995.
CONSIGLIO DI STATO; sezione II; parere 10 maggio 2000, n. 487/00; Min. lavori pubblici.
Unione europea — Direttive comunitarie — Mancata attua
zione — Applicazione diretta (L. 9 marzo 1989 n. 86, norme
generali sulla partecipazione dell'Italia al processo normativo
comunitario e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari, art. 1).
Opere pubbliche —
Appalto — Lavori non complementari
né accessori — Trattativa privata — Esclusione (D.leg. 19
dicembre 1991 n. 406, attuazione della direttiva 89/440/Cee, in materia di procedure di aggiudicazione degli appalti di la
vori pubblici, art. 19). Strade — Ente nazionale strade — Alta vigilanza del mini
stro delle infrastrutture — Limiti — Attività di indirizzo e coordinamento — Ammissibilità — Ordini o direttive su atti di gestione — Esclusione (D.leg. 26 febbraio 1994 n. 143, istituzione dell'ente nazionale per le strade, art. 1, 2).
Secondo l'art. 1 l. n. 86 del 1989 lo Stato italiano, con i proce dimenti e le misure previste dalla stessa legge, deve garantire
l'adempimento degli obblighi derivanti dalla sua appartenen za alle Comunità europee e conseguenti all'emanazione di
regolamenti, direttive, decisioni e raccomandazioni che vin
colano la Repubblica italiana ad adottare provvedimenti di
attuazione; pertanto, ove il termine di conformazione al di
ritto comunitario fissato nelle direttive non sia rispettato con
attività di normazione interna di adeguamento, al suo scadere
i vuoti normativi o le disposizioni nazionali contrastanti, in
virtù del principio di ritrazione dell'ordinamento interno,
vanno rispettivamente riempiti e sanati automaticamente ed
immediatamente con l'applicazione diretta delle norme co
munitarie. (1)
(1) Il parere in epigrafe si dimostra coerente con il consolidato orientamento della giurisprudenza nazionale e comunitaria secondo cui. in caso di mancata attuazione di direttive comunitarie entro il termine
previsto, le autorità dello Stato membro, ivi compresa la pubblica am
ministrazione, sono tenute a disapplicare le norme interne con esse
contrastanti e a rispettare le direttive comunitarie, ove quest'ultime
contengano prescrizioni incondizionate e sufficientemente precise: nella giurisprudenza amministrativa, v., da ultimo. Cons. Stato, sez. VI, 29 marzo 2001, n. 1872, Foro it.. Rep. 2001, voce Sanitario, n. 340
(che osserva come «il principio della primauté del diritto comunitario
implica, quale inabdicabile corollario, il dovere della pubblica ammini
strazione, oltre che del giudice nazionale, di osservare le norme comu
nitarie direttamente operanti», ivi comprese le direttive aventi un con
tenuto sufficientemente preciso e non condizionato, «disapplicando
quelle interne con le prime confliggenti»); sez. IV 12 marzo 2001, n.
1407, ibid., voce Giustizia amministrativa, n. 424 (che afferma che
«tutti i soggetti competenti nel nostro ordinamento a dare esecuzione
Il Foro Italiano — 2003.
L'art. 9, 2° comma, lett. dj ed e), d.leg. 19 dicembre 1991 n.
406 legittima il ricorso alla trattativa privata per la realizza
zione di lavori aventi i caratteri di complementarietà, colle
gamento funzionale, accessorietà o ripetitività rispetto al
l'appalto principale; pertanto, non è ammesso il ricorso alla
procedura negoziata per la realizzazione e gestione di un
tratto autostradale del tutto distinto da quello originaria mente concesso, come tale privo dei requisiti di complemen tarietà ed accessorietà rispetto ad un tracciato principale. (2)
L'alta vigilanza del ministro delle infrastrutture nei confronti dell'ente nazionale per le strade non può risolversi nell'e
alle leggi ed agli atti aventi forza o valore di legge, tanto se dotati di
poteri di dichiarazione del diritto come gli organi giurisdizionali, quanto se privi di tale potere, come gli organi amministrativi, sono giu ridicamente tenuti a disapplicare le norme interne incompatibili con
quelle comunitarie direttamente applicabili», fra cui le direttive c.d.
«autoesecutive»); sez. VI 2 febbraio 2001, n. 430, ibid., voce Unione
europea, n. 924 (secondo cui l'eventuale contrasto della normativa in terna con le norme «self executing, contenute nelle direttive comunita
rie, fa assumere carattere recessivo alla normativa interna, e ne legitti ma la disapplicazione nel caso concreto da parte sia dell'autorità am
ministrativa, sia di quella giurisdizionale. Inoltre, le direttive comunita rie c.d. self executing non abbisognano, per il loro contenuto estrema mente chiaro e direttamente precettivo, della mediazione del legislatore nazionale, potendo trovare applicazione anche in assenza di norme sta tali o regionali integrative»); Tar Lazio, sez. Ili, 10 agosto 2001, n.
6985, inedita (secondo cui le direttive comunitarie rimaste inattuate do
po la scadenza del termine assegnato allo Stato membro e contenenti
disposizioni incondizionate e sufficientemente precise «si trasfondono immediatamente nell'ordinamento interno e non consentono l'applica zione delle norme interne confliggenti»); Tar Veneto 1° giugno 2001, n. 1373, inedita (per il quale le direttive comunitarie «sono immediata mente applicabili e vincolanti in virtù del principio del 'primato' del di ritto comunitario sull'ordinamento nazionale per cui — come è noto —
non solo i giudici nazionali, ma anche tutte le autorità amministrative sono tenute a disapplicare le disposizioni nazionali eventualmente con
trastanti»); Tar Campania, sez. Salerno, 3 maggio 2001, n. 436, inedita
(secondo cui «la direttiva ha carattere vincolante per il giudice nazio
nale, e comporta disapplicazione della norma difforme di diritto inter
no, ed infine che qualunque soggetto, ivi compresa la pubblica ammini
strazione, è tenuto al rispetto delle direttive comunitarie» anche prima della scadenza del termine). Circa i caratteri d'incondizionalità e suffi ciente precisione che qualificano le direttive autoesecutive, si è chiarito che tali caratteri consistono, rispettivamente, nell'assenza di margini di discrezionalità in capo agli Stati membri nell'attuazione delle norme medesime e nella determinazione con compiutezza, in tutti i loro ele
menti, della fattispecie astratta prevista dalle direttive e del contenuto del precetto ad essa applicabile (Cass. 1° febbraio 2000, n. 1099, id.,
Rep. 2000, voce cit., n. 853). Generalmente è, invece, esclusa la possibilità che le direttive possano
vincolare i singoli individui (v., da ultimo, Tar Emilia-Romagna, sez. I, 5 aprile 2001, n. 300, id., Rep. 2001, voce cit., n. 1329, che ha rilevato come «la direttiva non può creare obblighi a carico di un singolo e non
può quindi essere fatta valere in quanto tale nei confronti dello stesso»; Trib. Roma 4 giugno 1996, id., Rep. 1997, voce cit., n. 745, secondo
cui, in caso di mancato recepimento di una direttiva comunitaria, dalle
norme contenute in essa non possono discendere obblighi a carico di un
singolo; nello stesso senso, nella giurisprudenza comunitaria, cfr. Corte
giust. 11 luglio 1996, causa C-232/94, ibid., n. 740; 13 novembre 1990, causa C-106/89, id., 1992, IV, 173, con osservazioni di L. Daniele, No
vità in tema di efficacia delle direttive comunitarie non attuate). Infine, in tema di attuazione di direttive comunitarie, v. Cons. Stato,
ad. gen., 25 febbraio 2002, n. 2/02, id., 2002, III, 345, con nota di I.
Paola, secondo cui, anche a seguito dell'entrata in vigore del nuovo
art. 117, 5° comma, Cost., nell'ipotesi di mancata attuazione da parte delle regioni delle direttive comunitarie, spetta allo Stato il potere di
compiere, nelle materie di spettanza regionale, interventi legislativi o
regolamentari di carattere sostitutivo o suppletivo, «cedevoli di fronte
all'attivazione dei poteri regionali e provinciali normalmente compe tenti».
In dottrina, sull'efficacia diretta delle direttive comunitarie, cfr., fra
gli altri, A. Barone, L'efficacia diretta delle direttive fra certezze (co
munitarie) e fraintendimenti (nazionali), id., 1996, IV, 358; R. Di Pao
la, In tema di efficacia delle direttive comunitarie, in Temi romana,
1996, 130 ss.; L. Sbolci, Le direttive dettagliate dopo il trattato di Am
sterdam, in Riv. dir. internaz., 1997, 1086 ss.; G. Giacalone, Sull'effi cacia «verticale» e «orizzontale» delle direttive comunitarie, in Giust.
civ., 1998.1, 1980 ss.
(2) In senso conforme, cfr. Corte conti, sez. contr., 18 febbraio 1993, n. 18, Foro it.. Rep. 1993, voce Opere pubbliche, n. 219, secondo cui
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PARTE TERZA 292
mattazione di ordini, indicazioni o puntuali direttive in merito
a concreti atti di gestione, dovendosi invece limitare ad
un 'attività di indirizzo programmatico sulla complessiva po litica stradale, di coordinamento, di direttiva generale e com
plessiva, di verifica e controllo della gestione complessiva e
dei risultati raggiunti, senza poter scendere nel dettaglio di
concrete scelte gestionali che l'ente deve assumere nella sua
esclusiva competenza e responsabilità di soggetto pubblico
operante secondo i consueti parametri pubblicistici di effica cia ed economicità, rafforzati, sul piano dell'efficacia, dagli strumenti privatistici con cui esso agisce. (3)
l'art. 9, 2° comma, lett, d), d.leg. n. 406 del 1991 ammette il ricorso alla trattativa privata per affidare i nuovi lavori aggiuntivi all'impresa aggiudicataria dei lavori principali, anche quando si tratta di contratti di
appalto non assoggettati per valore alla normativa Cee, purché i lavori siano complementari, non siano contemplati nel progetto originario in
quanto resi necessari da una circostanza imprevista, non siano tecnica mente o economicamente separabili dall'appalto principale oppure, benché separabili, siano strettamente necessari al perfezionamento del
l'appalto; inoltre, il loro ammontare complessivo non deve, comunque, superare il cinquanta per cento dell'importo del progetto originario (nel caso di specie, si è escluso che i lavori di rifacimento di un impianto elettrico possano considerarsi complementari ed omogenei rispetto alle
opere originarie, consistenti nella bonifica e decontaminazione dell'a mianto di un edificio).
L'art. 9 d.leg. 406/91 è stato abrogato dall'art. 231 d.p.r. 554/99, emanato in base alla delega contenuta nell'art. 3 1. 109/94. Peraltro, è da ritenersi che, a prescindere da tale espressa abrogazione, la discipli na fissata dal d.leg. n. 406 fosse da considerarsi abrogata per effetto dell'emanazione della citata 1. 109/94, il cui art. 24 (così come modifi cato dalla 1. 216/95 e dalla 1. 415/98) ha regolamentato nuovamente l'affidamento di lavori a trattativa privata (v., in questo senso, Cons.
Stato, sez. V, 18 settembre 1998, n. 1312, id., Rep. 1999, voce cit., n.
302, secondo cui la materia della trattativa privata per l'affidamento
degli appalti di opere pubbliche è stata ridisciplinata per intero dalla 1. 109/94, che ha previsto con elencazione tassativa le ipotesi eccezionali in cui il ricorso a tale strumento è ancora consentito, implicitamente abrogando la normativa previgente, che disponeva in senso difforme; cfr., altresì, Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici 13 gennaio 2000, n. 1, <www.autoritalavoripubblici.it>, che ha evidenziato la si tuazione di originaria incompatibilità, tra la disciplina del d.leg. 406/91 e la normativa vigente in materia di trattativa privata, situazione che doveva portare a considerare in via interpretativa priva di efficacia detta disciplina anche prima della sua espressa abrogazione. V. però Cons. Stato, sez. II, 26 luglio 1995, n. 1964/95, Foro it., Rep. 1996, voce cit., n. 217, secondo cui l'art. 1. 6° comma, d.l. 101/95, convertito in 1. 216/95. ha stabilito che agli appalti aggiudicati o affidati entro la data di entrata in vigore della 1. 109/94 si applicano le norme della pre vigente normativa; pertanto, nel caso di appalto a trattativa privata per fezionato prima dell'entrata in vigore della citata legge, correttamente è
applicato l'art. 9, 2° comma, lett. b, d.leg. 406/91, che consente la trat tativa privata nell'ipotesi di lavori richiedenti specializzazione tecnica).
In dottrina, sulla trattativa privata in materia di lavori pubblici, v. R. Caranta, La nuova disciplina della trattativa privata: considerazioni sull'art. 24 l. n. 109 deI 1994, in Riv. trim, appalti, 1994, 771 ss.; N.
Fabiano, Trattativa privata e appalti pubblici, Milano, 1997; F. Stifa no, Commento all'art. 24 l. 109/94: la trattativa privata, in Riv. amm.
appalti, 1998, 329 ss.; L. Giampaolino, La disciplina della trattativa
privata e delle varianti nella I. n. 109 del 1994, c.d. legge «Merloni» e sue successive modifiche, in Foro àfnm., 1998, 2587 ss.; sulla normati va contenuta nel d.leg. 406/91, cfr. P. Cosentino, La trattativa privata secondo il d.leg. n. 406 del 1991, in Riv. trim, appalti, 1993, 353 ss.; R. Rametta, La trattativa privata nel d.leg. 19 dicembre 1991 n. 406 di
recepimento della direttiva comunitaria 89/440. id., 1994, 33 ss.; L.
Balucani, La trattativa privata nel d.leg. 406/91, ibid., 139 ss.
(3) In senso conforme, v. Cons. Stato, sez. IV, 17 gennaio 2002, n. 253, che sarà riportata in un prossimo fascicolo, con nota di richiami, secondo cui — a seguito del d.leg. 143/94 che ha trasformato l'Anas nell'ente nazionale per le strade — le competenze spettanti al ministro delle infrastrutture e dei trasporti in materia di strade ed autostrade sta tali sono limitate all'attività di vigilanza e di indirizzo programmatico; pertanto la competenza al rilascio delle concessioni per l'esercizio dei tratti autostradali deve ritenersi spettante all'ente nazionale per le stra de.
Occorre a tal proposito precisare che i poteri di vigilanza e di indiriz zo nei confronti dell'Anas sono stati mantenuti in capo al ministero delle infrastrutture anche dopo l'entrata in vigore dell'art. 7 d.l. 8 luglio 2002 n. 138, convertito in 1. 8 agosto 2002 n. 178, con cui l'Anas è stata trasformata in società per azioni.
Il Foro Italiano — 2003.
Considerato. — La soc. Satap — Soc. autostrade Torino
Alessandria-Piacenza — è concessionaria della costruzione ed
esercizio dell'omonima autostrada per effetto di concessione e
relativa convenzione del 9 febbraio 1972.
La suddetta convenzione è stata aggiornata e modificata con
successivi atti aggiuntivi del 3 giugno 1977, del 21 ottobre
1982, del 1° luglio 1986 e, infine, con quinto atto aggiuntivo e
modificativo del 27 settembre 1990, approvata con d.m. lavori
pubblici del 5 aprile 1991, registrato alla Corte dei conti in data
22 maggio 1991. Quest'ultima convenzione aggiuntiva venne
stipulata per l'affidamento della concessione di costruzione ed
esercizio fra le autostrade A21 e A6 da Asti a Cuneo, con inter
venti integrativi della viabilità esistente tra le predette autostra
de, nonché opere di ammodernamento e potenziamento del
l'autostrada esistente.
Tale convenzione aggiuntiva, nonostante siano passati quasi dieci anni dalla sua operatività, non risulta essere stata mai po sta in essere, a seguito di una serie di eventi riportati nella rela
zione dell'amministrazione (peraltro non adeguatamente docu
mentati in idonea ed esauriente allegazione) quali: contestazioni
mosse dall'Anas alla concessionaria, richieste di ulteriori finan
ziamenti pubblici (per circa ottocentoquaranta miliardi, ben ol
tre quello di trentacinque miliardi previsto nella convenzione
aggiuntiva del 1990) della stessa concessionaria, vicende penali in cui sono coinvolti, tra gli altri, soci ed amministratori della
Satap, dubbi di legittimità della stessa convenzione aggiuntiva del 1990 con riferimento alla normativa comunitaria ed interna
in materia di procedure di affidamento di concessioni di lavori
pubblici. Per provvedere alla realizzazione della tratta di collegamento
Asti-Cuneo l'ente concedente ha avviato una serie di iniziative,
peraltro di segno e contenuto incerto, tese al rinnovo dell'ultima
convenzione in atto.
In particolare, nella seduta del 2 dicembre 1999 l'ente sem
brerebbe voler propendere per una proroga della precedente convenzione aggiuntiva del 1990, che, secondo quanto suggerito anche dall'avvocatura generale dello Stato con pareri del 30 lu
glio e 30 settembre 1999, varrebbero anche come strumento
transattivo delle controversie in corso, non meglio specificate. In tale complesso e per molti aspetti non del tutto perspicuo,
anche sul piano della completezza istruttoria, quadro provvedi mentale, si innestano i quesiti rivolti a questo Consiglio di Sta
to.
Con riferimento alla legittimità della convenzione aggiuntiva del 1990 alla luce della normativa comunitaria ed interna la se
zione osserva, preliminarmente, che tale convenzione appare, allo stato, perfettamente operante, non risultando essere stati
mai adottati formali atti di risoluzione del rapporto ai sensi del
l'art. 340 I. n. 2248 del 1865 e dell'art. 27 r.d. n. 350 del 1895, di recesso unilaterale ex art. 345 stessa 1. n. 2248, di annulla
mento del provvedimento di approvazione della convenzione
aggiuntiva emesso ai sensi dell'art. 7 1. n. 287 del 1971, od altre
analoghe iniziative, come la decadenza dalla convenzione in ba
se alla previsione di cui all'art. 15 della precedente convenzione
aggiuntiva del 1° luglio 1986.
In tale contesto assumono rilievo preliminare i quesiti sub c) e d) di cui in premessa, se, cioè, la convenzione aggiuntiva del
1990 possa ritenersi legittima con riferimento ad un presunto
obbligo, gravante sull'amministrazione, di aggiudicazione della
concessione secondo un procedimento ad evidenza pubblica, ovvero se la stessa potesse essere dichiarata decaduta per viola
zione dell'art. 12 della citata convenzione del 1986, relativo al
requisito della limitazione dell'oggetto sociale alla costruzione
ed esercizio di autostrade già assentite ed alla partecipazione in
enti aventi fini analoghi; requisito che non v'è dubbio essere
venuto meno dal 1994, con le attività finanziarie poste in essere
dalla Satap attraverso l'acquisto di azioni Itifin s.p.a., peraltro a
condizioni assai svantaggiose per la stessa concessionaria, se
condo quanto emerge dalla relazione Anas del 10 gennaio 2000 e secondo quanto risulta, altresì, dal decreto penale di rinvio a
giudizio degli amministratori e soci Satap.
Quanto al primo punto, è da rilevare che il d.leg. 19 dicembre
1991 n. 406 ha disposto, all'art. 4, 2° comma, che ai fini del
l'applicazione delle regole procedimentali e sostanziali stabilite
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
dallo stesso decreto per l'esecuzione di lavori pubblici oltre so
glia comunitaria si considerano concessioni di lavori pubblici i
contratti aventi gli oggetti di cui al precedente 1 ° comma carat
terizzati dal fatto che la controprestasione a favore dell'impresa o dell'ente concessionario consiste unicamente nel diritto di ge stire l'opera oppure in questo diritto accompagnato da un prez zo.
Alla luce del disposto normativo, dunque, la concessione di
costruzione e gestione di autostrade era sottoposta al regime della procedura ad evidenza pubblica.
Tale conclusione trova d'altronde conforto nella giurispru denza del giudice contabile, che. dopo un'attenta ricostruzione
del quadro normativo in tema di costruzioni autostradali e delle
relative concessioni ha chiarito perché alla costruzione e gestio ne di autostrade sia applicabile la disciplina comunitaria intro
dotta nel nostro ordinamento con il d.leg. n. 406 del 1991 (Corte
conti, sez. contr. Stato, 6 novembre 1997, n. 136, Foro it., Rep. 1998, voce Strade, n. 25).
Tale disciplina, tuttavia, non troverebbe applicazione alla
convenzione aggiuntiva del 1990, sottoscritta ed approvata pri ma dell'entrata in vigore della nuova normativa, la quale ha in
novato al disposto dell'art. 1,1° comma, 1. n. 584 del 1977, per il quale ai fini dell'applicazione della stessa legge la concessio
ne di sola costruzione (è non pure quella di concessione e ge
stione) era equiparata all'appalto. E da ricordare anzitutto, al riguardo, il costante insegnamento
della Corte costituzionale, secondo il quale il riconoscimento
dell'ordinamento comunitario e nazionale come reciprocamente autonomi ma coordinati e comuni comporta l'immissione diretta
nell'ordinamento interno delle norme comunitarie immediata
mente applicabili, che operano direttamente come norme inve
stite di forza e valore di legge, aventi rango primario; con l'ulte
riore conseguenza che, in caso di conflitti tra i due ordinamenti
per le discrasie normative che sulla stessa materia si determina
no, quello comunitario prevale su quello interno, con il relativo
effetto di disapplicazione delle norme interne, configgenti con
quelle esterne, da parte dell'amministrazione che intenda porle a
fondamento della propria attività amministrativa e da parte del
giudice che sia chiamato ad applicarle in giudizio, fermo co
munque l'obbligo dello Stato italiano di assicurare l'adempi mento degli obblighi comunitari attraverso la conseguente atti
vità di normazione conformativa (Corte cost. 8 giugno 1984, n.
170, id., 1984, I, 2062; 11 luglio 1989, n. 389, id., 1991, I, 1076; 7 novembre 1995, n. 482, id., Rep. 1995, voce Unione eu
ropea, n. 661; 10 novembre 1999, n. 425, id., Rep. 1999, voce
Regione, n. 163; Cons. Stato, sez. IV, 5 giugno 1998, n. 918, id.,
Rep. 1998, voce Unione europea, n. 682, quest'ultima riferita
proprio alla necessità di rispetto delle norme comunitarie in
materia di modalità di scelta del contraente ante d.leg. n. 406).
È pur vero che la trasposizione delle norme comunitarie nel
l'ordinamento interno non è sempre assoluta ed incondizionata,
atteso che il principio di self executing sancito dalla giurispru denza della Corte di giustizia e della Corte costituzionale può talvolta trovare un limite nelle peculiarità dell'ordinamento in
terno (si pensi alla distinzione tra interesse legittimo e diritto
soggettivo sconosciuta agli altri paesi membri dell'Unione: cfr.
Cons. Stato, sez. consultiva atti normativi, 30 giugno 1997, n.
49/97, ibid., voce Istruzione pubblica, n. 518), ma questo non è
il caso delle concessioni di costruzione e concessione, per le
quali non vale nessuna condizione di specificità ordinamentale
interna: tant'è che già sotto il vigore della 1. n. 584 esse erano
state ritenute, dalla giurisprudenza, assoggettabili alla normativa
comunitaria sulla procedura di scelta del contraente
concessionario, proprio in virtù dei principi sopra ricordati del
l'esecutività prevalente ed immediata della norma comunitaria e
della disapplicazione della disposizione nazionale confliggente
(Cons. Stato, sez. IV, 18 gennaio 1996, n. 54, id., 1996, III,
442). Il fatto, dunque, che il d.leg. n. 406 del 1991 sia successivo
alla data della convenzione aggiuntiva del 1990 ed al conse
guente provvedimento di approvazione non rileva ai fini della
verifica della legittimità dei predetti atti, poiché a quelle date
trovava applicazione la direttiva, auto esecutiva, 89/440, solo
tardivamente recepita con il d.leg. n. 406, rispetto al termine di
Il Foro Italiano — 2003.
vacanza applicativa, che per tutti gli Stati membri scadeva —
per stessa ammissione dell'amministrazione riferente — il 19
luglio 1990, prima, dunque, della quinta convenzione aggiuntiva e modificativa stipulata con la Satap.
A contrastare l'applicazione della direttiva n. 440 non può certo valere il disposto dell'art. 36 del decreto n. 406, secondo il
quale la 1. 8 agosto 1977 n. 584 avrebbe cessato di avere appli cazione a far data dall'entrata in vigore del medesimo decreto,
salvo che per le procedure per le quali il bando di gara fosse
stato pubblicato o l'offerta fosse stata presentata anteriormente
alla suddetta data. Lo slittamento in avanti della decorrenza del
l'obbligo di conformazione al diritto comunitario rispetto alla
data da questo fissata si risolve anch'esso in un'antinomia nor
mativa tra ordinamenti, la quale si determina non solo con ri
guardo alle disposizioni sostanziali ma anche a quelle temporali.
Infatti, la necessità di un adeguamento tempestivo alle norme
sovranazionali, in base ai termini imposti per la conformazione
dei propri ordinamenti ai singoli Stati membri, costituisce prin
cipio formalmente recepito anche dall'ordinamento italiano.
Secondo l'art. 1 1. 9 marzo 1989 n. 86 lo Stato italiano, con i
procedimenti e le misure previste dalla stessa legge, deve ga rantire (in ogni forma e modalità, compresa quella di ordine
temporale) l'adempimento degli obblighi derivanti dalla sua ap
partenenza alle Comunità europee conseguenti all'emanazione
di regolamenti, direttive, decisioni e raccomandazioni che, in
conformità alle norme dei trattati istitutivi della Comunità euro
pea del carbone e dell'acciaio, della Comunità economica euro
pea e della Comunità europea dell'energia atomica, vincolano la
Repubblica italiana ad adottare provvedimenti di attuazione.
Va ancora ricordato, ai fini che qui rilevano, che secondo
l'art. 9 medesima 1. n. 86 le regioni a statuto speciale e le pro vince autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di com
petenza esclusiva, possono dare immediata attuazione alle diret
tive comunitarie. Anche da tali disposizioni appare evidente
come l'aspetto temporale sia un elemento essenziale per l'ob
bligo di adeguamento alle normative comunitarie.
Le predette considerazioni trovano conforto, ad avviso della
sezione, anche nella più recente giurisprudenza della Corte co
stituzionale, la quale, chiamata a pronunciarsi sull'ammissibilità
del referendum abrogativo della 1. n. 230 del 1962, ha avuto
modo di ribadire che l'obbligo di conformazione al diritto co
munitario sorge a carico dello Stato italiano anche in pendenza del termine dilatorio di adeguamento fissato nelle direttive
(Corte cost. 7 febbraio 2000, n. 41, id., 2000,1, 701 ).
Di qui la conseguenza che ove quel termine non sia rispettato con attività di normazione interna di adeguamento, al suo scade
re i vuoti normativi o le disposizioni nazionali contrastanti van
no, in virtù del principio di ritrazione dell'ordinamento interno,
rispettivamente riempiti e sanati automaticamente ed immedia
tamente con l'applicazione delle norme comunitarie.
Neppure può sostenersi che tale obbligo possa nella fattispe cie considerarsi recessivo rispetto agli affidamenti ingenerati nel
concessionario, anche ai fini di eventuali pretese risarcitone che
questi potrebbe accampare ove si addivenisse alla caducazione
della convenzione aggiuntiva del 1990.
Ciò potrebbe forse ipotizzarsi nel caso che quella convenzio
ne avesse avuto uft'èSè'ótiziófté quantomeno parziale, ma questo non è, poiché, come detto, il rapporto concessorio non ha mai
avuto concreta attuazione anche per colpa del concessionario, in
relazione agli inadempimenti, richieste di ulteriori finanziamen
ti, ritardi e vicende penali di cui egli è stato ed è protagonista. Non è concepibile neppure una salvezza della convenzione in
parola mediante il ricorso ai principi della trattativa privata per la scelta del concessionario, che il d.leg. n. 406 relega, confor
memente alla direttiva comunitaria, ad ipotesi eccezionalissime, che nella specie non sussistono.
In particolare, non si potrebbero legittimamente invocare i
principi di complementarietà, collegamento funzionale, accesso
rietà o ripetitività, che in base all'art. 9, 2° comma, del decreto
n. 406 possono legittimare il ricorso alla procedura negoziata. Le lett. d) ed e) di quell'articolo, infatti, ammettono tale ecce
zionale procedimento di aggiudicazione in casi tassativi e limi
tati: rispettivamente, per lavori complementari, non figuranti nel
progetto inizialmente aggiudicato né nel primo contratto con
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PARTE TERZA 296
eluso, che siano divenuti necessari, a seguito di una circostanza
imprevista, all'esecuzione dell'opera ivi descritta, purché non
possano essere, tecnicamente o economicamente, distinti dal
l'appalto principale senza gravi inconvenienti per l'amministra
zione oppure, quantunque separabili dall'esecuzione dell'ap
palto iniziale, siano strettamente necessari al suo perfeziona
mento; ovvero per nuovi lavori consistenti nella ripetizione di
opere similari affidate all'impresa titolare di un primo appalto dalla medesima amministrazione aggiudicatrice, purché tali la
vori siano conformi ad un progetto di base oggetto di un primo
appalto attribuito secondo le procedure dei pubblici incanti, della licitazione privata o dell'appalto-concorso. In tal caso, il
ricorso alla trattativa privata è consentito nel triennio successivo
all'aggiudicazione dell'appalto iniziale e deve essere previsto nel bando di gara relativo al primo appalto.
Nel caso di specie, invece, si tratta della realizzazione e ge stione di un tratto autostradale, quello di collegamento tra Asti e
Cuneo, del tutto distinto da quello originariamente concesso, trattandosi di un segmento perpendicolare a quello esistente, con direzione da sud a nord, con uno sviluppo chilometrico pari a circa un terzo dell'autostrada Torino-Piacenza, come tale pri vo dei requisiti di complementarietà ed accessorietà rispetto ad
un tracciato principale, e costituente anzi una vera e propria nuova autostrada.
D'altra parte, se fosse lecito considerare le tratte autostradali, che con termine tecnico sono qualificate come «connessioni di
punta», come accessorie ad un tratto precedente si potrebbe de
terminare una situazione di oligopolio in favore dei pochi con
cessionari originari, che attraverso un sistema autostradale reti
colare deterrebbero la gestione di tutto il sistema viario italiano.
In tale contesto la strada procedimentale percorribile dal
l'amministrazione non è già quella delle proroghe o rinnovazio
ni o modificazioni della precedente concessione.
Le soluzioni legittime offerte all'amministrazione sono inve
ce altre due.
La prima potrebbe essere quella dell'annullamento d'ufficio
per motivi di illegittimità originaria, annullamento facilmente
supportabile con adeguata motivazione in ordine all'interesse
pubblico concreto ed attuale a realizzare sollecitamente e final
mente un'opera pubblica rimasta congelata per dieci anni a cau
sa di fatti imputabili al concessionario.
A tale soluzione non appare ostativa, sotto il profilo della
contraddittorietà, la direttiva ministeriale del 16 febbraio 2000, con cui il ministro ha dato precise indicazioni in merito all'op
portunità di dare comunque attuazione alla convenzione ag
giuntiva del 1990, a prescindere dalla sua revisione.
In disparte la considerazione che tale atto, per il suo conte
nuto non rigoroso sul piano delle sequenze procedimentali indi
cate all'ente concedente, per la sua forma epistolare e per le sue
finalità vagamente sollecitatorie dallo stesso concedente appare
configurabile più come una semplice manifestazione di intenti che come vera e propria direttiva vincolante per il suo destinata
rio (amministratore dell'Anas), essa, quand'anche volesse quali ficarsi come tale, sarebbe facilmente rimuovibile con un analo
go atto di ritiro.
Infatti, l'art. 1 d.leg. 26 febbraio 1994 n. 143, che ha dispo sto, in sostituzione della precedente azienda, l'istituzione del
l'ente nazionale per le strade, dotato di autonomia organizzati va, amministrativa e contabile e con personalità giuridica di di
ritto pubblico, la cui attività è disciplinata, salvo che non sia di
sposto diversamente dalla legge, dal codice civile e dalle altre
leggi relative alle persone giuridiche private, ed il cui statuto è
approvato con decreto del presidente della repubblica, su propo sta del ministro dei lavori pubblici, d'intesa con i ministri del
tesoro e della funzione pubblica, ha stabilito, all'ultimo comma, che l'ente è sottoposto all'alta vigilanza del ministro dei lavori
pubblici che detta gli indirizzi programmatici. Il concetto di alta vigilanza, come esplicitato
— seppur non
esaustivamente e tassativamente — anche dalla norma, non può risolversi nell'emanazione di ordini, indicazioni o puntuali di
rettive in merito a concreti atti di gestione, dovendosi invece li
mitare — analogamente a quanto avviene nei rapporti tra organo
politico e dirigenza amministrativa — ad un'attività di indirizzo
programmatico sulla complessiva politica stradale, di coordina
li. Foro Italiano — 2003.
mento, di direttiva generale e complessiva, di verifica e con
trollo della gestione complessiva e dei risultati raggiunti, senza
poter scendere nel dettaglio di concrete scelte gestionali che
l'ente deve assumere nella sua esclusiva competenza e respon sabilità di soggetto pubblico operante secondo i consueti para metri pubblicistici di efficienza ed economicità, rafforzati, sul
piano dell'efficacia, dagli strumenti privatistici con cui esso
agisce. Oltretutto la «direttiva ministeriale» di dare attuazione alla
convenzione aggiuntiva del 1990 appare anche di dubbia legit timità alla luce dell'art. 15 della convenzione aggiuntiva del
1986 (non modificata dalla successiva del 1990) secondo cui
con decreto del ministro dei lavori pubblici si sarebbe potuto far
luogo alla dichiarazione di decadenza dalla concessione, tra
l'altro, per inosservanza degli obblighi sanciti dal precedente art. 12. Quest'ultimo, a sua volta, fissava, tra i requisiti sociali,
quello per cui «l'oggetto sociale ha come scopo esclusivamente
la costruzione e l'esercizio delle autostrade assentite in conces
sione ... salva la facoltà di partecipazione in enti aventi fini
analoghi». La norma negoziale è meramente ripetitiva di quella legale,
cioè dell'art. 3 1. n. 287 del 1971, che fissava il principio di
esclusività dell'oggetto sociale con riferimento alla sola costru
zione e gestione di autostrade, principio abbandonato soltanto
con la recentissima novella introdotta dall'art. 19 1. 30 aprile 1999 n. 136, che ha modificato il citato art. 3, stabilendo che
nella convenzione dovrà, tra l'altro, prevedersi che gli enti con
cessionari debbano avere come proprio oggetto sociale princi
pale (quindi non più esclusivo) la costruzione e la gestione delle
autostrade.
Tale innovazione legislativa non può, tuttavia, giovare alla
legittimità dell'atto aggiuntivo del 1990, trattandosi di norma
sopravvenuta, evidentemente non retroattiva e perciò non appli cabile ad una convenzione di nove anni prima.
D'altronde, proprio con riferimento alla stessa società Satap ed all'impossibilità di superare i limiti dell'oggetto sociale im posti dalla convenzione e dall'art. 3 1. n. 287 si è già espressa
questa stessa sezione con pareri 23 luglio 1997, n. 1715 (seguito dal parere 21 aprile 1999, n. 547/99), sullo schema di conven
zione tipo, sub osservazioni all'art. 3, e 26 novembre 1997, n.
2116. Dalle osservazioni che precedono emerge con evidenza l'altra
soluzione percorribile dall'amministrazione per non dare se
guito alla convenzione aggiuntiva del 1990: quella della dichia
razione di decadenza, essendo incontestabile, come innanzi
detto, che la società Satap ha posto in essere atti eccedenti l'og
getto sociale imposto dalla norma.
La risposta in termini negativi ai quesiti sub c) e d) in merito
alla legittimità del quinto atto aggiuntivo ed al requisito sociale
sopra ricordato esime la sezione dall'analisi degli altri punti controversi, i quali presuppongono evidentemente che al quinto atto aggiuntivo possa darsi comunque corso.
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