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sezione II; parere 10 maggio 2000, n. 487/00; Min. lavori pubblici

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sezione II; parere 10 maggio 2000, n. 487/00; Min. lavori pubblici Source: Il Foro Italiano, Vol. 126, No. 4 (APRILE 2003), pp. 289/290-295/296 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23198316 . Accessed: 28/06/2014 08:21 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 92.63.101.193 on Sat, 28 Jun 2014 08:21:59 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione II; parere 10 maggio 2000, n. 487/00; Min. lavori pubbliciSource: Il Foro Italiano, Vol. 126, No. 4 (APRILE 2003), pp. 289/290-295/296Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23198316 .

Accessed: 28/06/2014 08:21

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

sull'emanazione dei regolamenti ex art. 17 cit. sia applicabile solo in caso di espressa previsione in tal senso contenuta nella

legge speciale che volta per volta attribuisce ad uno o a più mi

nistri la potestà regolamentare si risolverebbe, in realtà, nella

negazione di ogni contenuto precettivo dello stesso art. 17.

7. - In conclusione, l'appello deve essere integralmente di

satteso.

L'annullamento — disposto dal Tar e che viene qui confer

mato — della tariffa di cui al d.m. 20 agosto 1992 ha natural

mente l'effetto di prolungare l'applicabilità di quella previgen te, di cui al citato d.p.r. n. 641 del 1972, fino alla data in cui è

entrata in vigore quella successiva, di cui al d.m. finanze 28 di

cembre 1995.

CONSIGLIO DI STATO; sezione II; parere 10 maggio 2000, n. 487/00; Min. lavori pubblici.

Unione europea — Direttive comunitarie — Mancata attua

zione — Applicazione diretta (L. 9 marzo 1989 n. 86, norme

generali sulla partecipazione dell'Italia al processo normativo

comunitario e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari, art. 1).

Opere pubbliche —

Appalto — Lavori non complementari

né accessori — Trattativa privata — Esclusione (D.leg. 19

dicembre 1991 n. 406, attuazione della direttiva 89/440/Cee, in materia di procedure di aggiudicazione degli appalti di la

vori pubblici, art. 19). Strade — Ente nazionale strade — Alta vigilanza del mini

stro delle infrastrutture — Limiti — Attività di indirizzo e coordinamento — Ammissibilità — Ordini o direttive su atti di gestione — Esclusione (D.leg. 26 febbraio 1994 n. 143, istituzione dell'ente nazionale per le strade, art. 1, 2).

Secondo l'art. 1 l. n. 86 del 1989 lo Stato italiano, con i proce dimenti e le misure previste dalla stessa legge, deve garantire

l'adempimento degli obblighi derivanti dalla sua appartenen za alle Comunità europee e conseguenti all'emanazione di

regolamenti, direttive, decisioni e raccomandazioni che vin

colano la Repubblica italiana ad adottare provvedimenti di

attuazione; pertanto, ove il termine di conformazione al di

ritto comunitario fissato nelle direttive non sia rispettato con

attività di normazione interna di adeguamento, al suo scadere

i vuoti normativi o le disposizioni nazionali contrastanti, in

virtù del principio di ritrazione dell'ordinamento interno,

vanno rispettivamente riempiti e sanati automaticamente ed

immediatamente con l'applicazione diretta delle norme co

munitarie. (1)

(1) Il parere in epigrafe si dimostra coerente con il consolidato orientamento della giurisprudenza nazionale e comunitaria secondo cui. in caso di mancata attuazione di direttive comunitarie entro il termine

previsto, le autorità dello Stato membro, ivi compresa la pubblica am

ministrazione, sono tenute a disapplicare le norme interne con esse

contrastanti e a rispettare le direttive comunitarie, ove quest'ultime

contengano prescrizioni incondizionate e sufficientemente precise: nella giurisprudenza amministrativa, v., da ultimo. Cons. Stato, sez. VI, 29 marzo 2001, n. 1872, Foro it.. Rep. 2001, voce Sanitario, n. 340

(che osserva come «il principio della primauté del diritto comunitario

implica, quale inabdicabile corollario, il dovere della pubblica ammini

strazione, oltre che del giudice nazionale, di osservare le norme comu

nitarie direttamente operanti», ivi comprese le direttive aventi un con

tenuto sufficientemente preciso e non condizionato, «disapplicando

quelle interne con le prime confliggenti»); sez. IV 12 marzo 2001, n.

1407, ibid., voce Giustizia amministrativa, n. 424 (che afferma che

«tutti i soggetti competenti nel nostro ordinamento a dare esecuzione

Il Foro Italiano — 2003.

L'art. 9, 2° comma, lett. dj ed e), d.leg. 19 dicembre 1991 n.

406 legittima il ricorso alla trattativa privata per la realizza

zione di lavori aventi i caratteri di complementarietà, colle

gamento funzionale, accessorietà o ripetitività rispetto al

l'appalto principale; pertanto, non è ammesso il ricorso alla

procedura negoziata per la realizzazione e gestione di un

tratto autostradale del tutto distinto da quello originaria mente concesso, come tale privo dei requisiti di complemen tarietà ed accessorietà rispetto ad un tracciato principale. (2)

L'alta vigilanza del ministro delle infrastrutture nei confronti dell'ente nazionale per le strade non può risolversi nell'e

alle leggi ed agli atti aventi forza o valore di legge, tanto se dotati di

poteri di dichiarazione del diritto come gli organi giurisdizionali, quanto se privi di tale potere, come gli organi amministrativi, sono giu ridicamente tenuti a disapplicare le norme interne incompatibili con

quelle comunitarie direttamente applicabili», fra cui le direttive c.d.

«autoesecutive»); sez. VI 2 febbraio 2001, n. 430, ibid., voce Unione

europea, n. 924 (secondo cui l'eventuale contrasto della normativa in terna con le norme «self executing, contenute nelle direttive comunita

rie, fa assumere carattere recessivo alla normativa interna, e ne legitti ma la disapplicazione nel caso concreto da parte sia dell'autorità am

ministrativa, sia di quella giurisdizionale. Inoltre, le direttive comunita rie c.d. self executing non abbisognano, per il loro contenuto estrema mente chiaro e direttamente precettivo, della mediazione del legislatore nazionale, potendo trovare applicazione anche in assenza di norme sta tali o regionali integrative»); Tar Lazio, sez. Ili, 10 agosto 2001, n.

6985, inedita (secondo cui le direttive comunitarie rimaste inattuate do

po la scadenza del termine assegnato allo Stato membro e contenenti

disposizioni incondizionate e sufficientemente precise «si trasfondono immediatamente nell'ordinamento interno e non consentono l'applica zione delle norme interne confliggenti»); Tar Veneto 1° giugno 2001, n. 1373, inedita (per il quale le direttive comunitarie «sono immediata mente applicabili e vincolanti in virtù del principio del 'primato' del di ritto comunitario sull'ordinamento nazionale per cui — come è noto —

non solo i giudici nazionali, ma anche tutte le autorità amministrative sono tenute a disapplicare le disposizioni nazionali eventualmente con

trastanti»); Tar Campania, sez. Salerno, 3 maggio 2001, n. 436, inedita

(secondo cui «la direttiva ha carattere vincolante per il giudice nazio

nale, e comporta disapplicazione della norma difforme di diritto inter

no, ed infine che qualunque soggetto, ivi compresa la pubblica ammini

strazione, è tenuto al rispetto delle direttive comunitarie» anche prima della scadenza del termine). Circa i caratteri d'incondizionalità e suffi ciente precisione che qualificano le direttive autoesecutive, si è chiarito che tali caratteri consistono, rispettivamente, nell'assenza di margini di discrezionalità in capo agli Stati membri nell'attuazione delle norme medesime e nella determinazione con compiutezza, in tutti i loro ele

menti, della fattispecie astratta prevista dalle direttive e del contenuto del precetto ad essa applicabile (Cass. 1° febbraio 2000, n. 1099, id.,

Rep. 2000, voce cit., n. 853). Generalmente è, invece, esclusa la possibilità che le direttive possano

vincolare i singoli individui (v., da ultimo, Tar Emilia-Romagna, sez. I, 5 aprile 2001, n. 300, id., Rep. 2001, voce cit., n. 1329, che ha rilevato come «la direttiva non può creare obblighi a carico di un singolo e non

può quindi essere fatta valere in quanto tale nei confronti dello stesso»; Trib. Roma 4 giugno 1996, id., Rep. 1997, voce cit., n. 745, secondo

cui, in caso di mancato recepimento di una direttiva comunitaria, dalle

norme contenute in essa non possono discendere obblighi a carico di un

singolo; nello stesso senso, nella giurisprudenza comunitaria, cfr. Corte

giust. 11 luglio 1996, causa C-232/94, ibid., n. 740; 13 novembre 1990, causa C-106/89, id., 1992, IV, 173, con osservazioni di L. Daniele, No

vità in tema di efficacia delle direttive comunitarie non attuate). Infine, in tema di attuazione di direttive comunitarie, v. Cons. Stato,

ad. gen., 25 febbraio 2002, n. 2/02, id., 2002, III, 345, con nota di I.

Paola, secondo cui, anche a seguito dell'entrata in vigore del nuovo

art. 117, 5° comma, Cost., nell'ipotesi di mancata attuazione da parte delle regioni delle direttive comunitarie, spetta allo Stato il potere di

compiere, nelle materie di spettanza regionale, interventi legislativi o

regolamentari di carattere sostitutivo o suppletivo, «cedevoli di fronte

all'attivazione dei poteri regionali e provinciali normalmente compe tenti».

In dottrina, sull'efficacia diretta delle direttive comunitarie, cfr., fra

gli altri, A. Barone, L'efficacia diretta delle direttive fra certezze (co

munitarie) e fraintendimenti (nazionali), id., 1996, IV, 358; R. Di Pao

la, In tema di efficacia delle direttive comunitarie, in Temi romana,

1996, 130 ss.; L. Sbolci, Le direttive dettagliate dopo il trattato di Am

sterdam, in Riv. dir. internaz., 1997, 1086 ss.; G. Giacalone, Sull'effi cacia «verticale» e «orizzontale» delle direttive comunitarie, in Giust.

civ., 1998.1, 1980 ss.

(2) In senso conforme, cfr. Corte conti, sez. contr., 18 febbraio 1993, n. 18, Foro it.. Rep. 1993, voce Opere pubbliche, n. 219, secondo cui

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PARTE TERZA 292

mattazione di ordini, indicazioni o puntuali direttive in merito

a concreti atti di gestione, dovendosi invece limitare ad

un 'attività di indirizzo programmatico sulla complessiva po litica stradale, di coordinamento, di direttiva generale e com

plessiva, di verifica e controllo della gestione complessiva e

dei risultati raggiunti, senza poter scendere nel dettaglio di

concrete scelte gestionali che l'ente deve assumere nella sua

esclusiva competenza e responsabilità di soggetto pubblico

operante secondo i consueti parametri pubblicistici di effica cia ed economicità, rafforzati, sul piano dell'efficacia, dagli strumenti privatistici con cui esso agisce. (3)

l'art. 9, 2° comma, lett, d), d.leg. n. 406 del 1991 ammette il ricorso alla trattativa privata per affidare i nuovi lavori aggiuntivi all'impresa aggiudicataria dei lavori principali, anche quando si tratta di contratti di

appalto non assoggettati per valore alla normativa Cee, purché i lavori siano complementari, non siano contemplati nel progetto originario in

quanto resi necessari da una circostanza imprevista, non siano tecnica mente o economicamente separabili dall'appalto principale oppure, benché separabili, siano strettamente necessari al perfezionamento del

l'appalto; inoltre, il loro ammontare complessivo non deve, comunque, superare il cinquanta per cento dell'importo del progetto originario (nel caso di specie, si è escluso che i lavori di rifacimento di un impianto elettrico possano considerarsi complementari ed omogenei rispetto alle

opere originarie, consistenti nella bonifica e decontaminazione dell'a mianto di un edificio).

L'art. 9 d.leg. 406/91 è stato abrogato dall'art. 231 d.p.r. 554/99, emanato in base alla delega contenuta nell'art. 3 1. 109/94. Peraltro, è da ritenersi che, a prescindere da tale espressa abrogazione, la discipli na fissata dal d.leg. n. 406 fosse da considerarsi abrogata per effetto dell'emanazione della citata 1. 109/94, il cui art. 24 (così come modifi cato dalla 1. 216/95 e dalla 1. 415/98) ha regolamentato nuovamente l'affidamento di lavori a trattativa privata (v., in questo senso, Cons.

Stato, sez. V, 18 settembre 1998, n. 1312, id., Rep. 1999, voce cit., n.

302, secondo cui la materia della trattativa privata per l'affidamento

degli appalti di opere pubbliche è stata ridisciplinata per intero dalla 1. 109/94, che ha previsto con elencazione tassativa le ipotesi eccezionali in cui il ricorso a tale strumento è ancora consentito, implicitamente abrogando la normativa previgente, che disponeva in senso difforme; cfr., altresì, Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici 13 gennaio 2000, n. 1, <www.autoritalavoripubblici.it>, che ha evidenziato la si tuazione di originaria incompatibilità, tra la disciplina del d.leg. 406/91 e la normativa vigente in materia di trattativa privata, situazione che doveva portare a considerare in via interpretativa priva di efficacia detta disciplina anche prima della sua espressa abrogazione. V. però Cons. Stato, sez. II, 26 luglio 1995, n. 1964/95, Foro it., Rep. 1996, voce cit., n. 217, secondo cui l'art. 1. 6° comma, d.l. 101/95, convertito in 1. 216/95. ha stabilito che agli appalti aggiudicati o affidati entro la data di entrata in vigore della 1. 109/94 si applicano le norme della pre vigente normativa; pertanto, nel caso di appalto a trattativa privata per fezionato prima dell'entrata in vigore della citata legge, correttamente è

applicato l'art. 9, 2° comma, lett. b, d.leg. 406/91, che consente la trat tativa privata nell'ipotesi di lavori richiedenti specializzazione tecnica).

In dottrina, sulla trattativa privata in materia di lavori pubblici, v. R. Caranta, La nuova disciplina della trattativa privata: considerazioni sull'art. 24 l. n. 109 deI 1994, in Riv. trim, appalti, 1994, 771 ss.; N.

Fabiano, Trattativa privata e appalti pubblici, Milano, 1997; F. Stifa no, Commento all'art. 24 l. 109/94: la trattativa privata, in Riv. amm.

appalti, 1998, 329 ss.; L. Giampaolino, La disciplina della trattativa

privata e delle varianti nella I. n. 109 del 1994, c.d. legge «Merloni» e sue successive modifiche, in Foro àfnm., 1998, 2587 ss.; sulla normati va contenuta nel d.leg. 406/91, cfr. P. Cosentino, La trattativa privata secondo il d.leg. n. 406 del 1991, in Riv. trim, appalti, 1993, 353 ss.; R. Rametta, La trattativa privata nel d.leg. 19 dicembre 1991 n. 406 di

recepimento della direttiva comunitaria 89/440. id., 1994, 33 ss.; L.

Balucani, La trattativa privata nel d.leg. 406/91, ibid., 139 ss.

(3) In senso conforme, v. Cons. Stato, sez. IV, 17 gennaio 2002, n. 253, che sarà riportata in un prossimo fascicolo, con nota di richiami, secondo cui — a seguito del d.leg. 143/94 che ha trasformato l'Anas nell'ente nazionale per le strade — le competenze spettanti al ministro delle infrastrutture e dei trasporti in materia di strade ed autostrade sta tali sono limitate all'attività di vigilanza e di indirizzo programmatico; pertanto la competenza al rilascio delle concessioni per l'esercizio dei tratti autostradali deve ritenersi spettante all'ente nazionale per le stra de.

Occorre a tal proposito precisare che i poteri di vigilanza e di indiriz zo nei confronti dell'Anas sono stati mantenuti in capo al ministero delle infrastrutture anche dopo l'entrata in vigore dell'art. 7 d.l. 8 luglio 2002 n. 138, convertito in 1. 8 agosto 2002 n. 178, con cui l'Anas è stata trasformata in società per azioni.

Il Foro Italiano — 2003.

Considerato. — La soc. Satap — Soc. autostrade Torino

Alessandria-Piacenza — è concessionaria della costruzione ed

esercizio dell'omonima autostrada per effetto di concessione e

relativa convenzione del 9 febbraio 1972.

La suddetta convenzione è stata aggiornata e modificata con

successivi atti aggiuntivi del 3 giugno 1977, del 21 ottobre

1982, del 1° luglio 1986 e, infine, con quinto atto aggiuntivo e

modificativo del 27 settembre 1990, approvata con d.m. lavori

pubblici del 5 aprile 1991, registrato alla Corte dei conti in data

22 maggio 1991. Quest'ultima convenzione aggiuntiva venne

stipulata per l'affidamento della concessione di costruzione ed

esercizio fra le autostrade A21 e A6 da Asti a Cuneo, con inter

venti integrativi della viabilità esistente tra le predette autostra

de, nonché opere di ammodernamento e potenziamento del

l'autostrada esistente.

Tale convenzione aggiuntiva, nonostante siano passati quasi dieci anni dalla sua operatività, non risulta essere stata mai po sta in essere, a seguito di una serie di eventi riportati nella rela

zione dell'amministrazione (peraltro non adeguatamente docu

mentati in idonea ed esauriente allegazione) quali: contestazioni

mosse dall'Anas alla concessionaria, richieste di ulteriori finan

ziamenti pubblici (per circa ottocentoquaranta miliardi, ben ol

tre quello di trentacinque miliardi previsto nella convenzione

aggiuntiva del 1990) della stessa concessionaria, vicende penali in cui sono coinvolti, tra gli altri, soci ed amministratori della

Satap, dubbi di legittimità della stessa convenzione aggiuntiva del 1990 con riferimento alla normativa comunitaria ed interna

in materia di procedure di affidamento di concessioni di lavori

pubblici. Per provvedere alla realizzazione della tratta di collegamento

Asti-Cuneo l'ente concedente ha avviato una serie di iniziative,

peraltro di segno e contenuto incerto, tese al rinnovo dell'ultima

convenzione in atto.

In particolare, nella seduta del 2 dicembre 1999 l'ente sem

brerebbe voler propendere per una proroga della precedente convenzione aggiuntiva del 1990, che, secondo quanto suggerito anche dall'avvocatura generale dello Stato con pareri del 30 lu

glio e 30 settembre 1999, varrebbero anche come strumento

transattivo delle controversie in corso, non meglio specificate. In tale complesso e per molti aspetti non del tutto perspicuo,

anche sul piano della completezza istruttoria, quadro provvedi mentale, si innestano i quesiti rivolti a questo Consiglio di Sta

to.

Con riferimento alla legittimità della convenzione aggiuntiva del 1990 alla luce della normativa comunitaria ed interna la se

zione osserva, preliminarmente, che tale convenzione appare, allo stato, perfettamente operante, non risultando essere stati

mai adottati formali atti di risoluzione del rapporto ai sensi del

l'art. 340 I. n. 2248 del 1865 e dell'art. 27 r.d. n. 350 del 1895, di recesso unilaterale ex art. 345 stessa 1. n. 2248, di annulla

mento del provvedimento di approvazione della convenzione

aggiuntiva emesso ai sensi dell'art. 7 1. n. 287 del 1971, od altre

analoghe iniziative, come la decadenza dalla convenzione in ba

se alla previsione di cui all'art. 15 della precedente convenzione

aggiuntiva del 1° luglio 1986.

In tale contesto assumono rilievo preliminare i quesiti sub c) e d) di cui in premessa, se, cioè, la convenzione aggiuntiva del

1990 possa ritenersi legittima con riferimento ad un presunto

obbligo, gravante sull'amministrazione, di aggiudicazione della

concessione secondo un procedimento ad evidenza pubblica, ovvero se la stessa potesse essere dichiarata decaduta per viola

zione dell'art. 12 della citata convenzione del 1986, relativo al

requisito della limitazione dell'oggetto sociale alla costruzione

ed esercizio di autostrade già assentite ed alla partecipazione in

enti aventi fini analoghi; requisito che non v'è dubbio essere

venuto meno dal 1994, con le attività finanziarie poste in essere

dalla Satap attraverso l'acquisto di azioni Itifin s.p.a., peraltro a

condizioni assai svantaggiose per la stessa concessionaria, se

condo quanto emerge dalla relazione Anas del 10 gennaio 2000 e secondo quanto risulta, altresì, dal decreto penale di rinvio a

giudizio degli amministratori e soci Satap.

Quanto al primo punto, è da rilevare che il d.leg. 19 dicembre

1991 n. 406 ha disposto, all'art. 4, 2° comma, che ai fini del

l'applicazione delle regole procedimentali e sostanziali stabilite

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

dallo stesso decreto per l'esecuzione di lavori pubblici oltre so

glia comunitaria si considerano concessioni di lavori pubblici i

contratti aventi gli oggetti di cui al precedente 1 ° comma carat

terizzati dal fatto che la controprestasione a favore dell'impresa o dell'ente concessionario consiste unicamente nel diritto di ge stire l'opera oppure in questo diritto accompagnato da un prez zo.

Alla luce del disposto normativo, dunque, la concessione di

costruzione e gestione di autostrade era sottoposta al regime della procedura ad evidenza pubblica.

Tale conclusione trova d'altronde conforto nella giurispru denza del giudice contabile, che. dopo un'attenta ricostruzione

del quadro normativo in tema di costruzioni autostradali e delle

relative concessioni ha chiarito perché alla costruzione e gestio ne di autostrade sia applicabile la disciplina comunitaria intro

dotta nel nostro ordinamento con il d.leg. n. 406 del 1991 (Corte

conti, sez. contr. Stato, 6 novembre 1997, n. 136, Foro it., Rep. 1998, voce Strade, n. 25).

Tale disciplina, tuttavia, non troverebbe applicazione alla

convenzione aggiuntiva del 1990, sottoscritta ed approvata pri ma dell'entrata in vigore della nuova normativa, la quale ha in

novato al disposto dell'art. 1,1° comma, 1. n. 584 del 1977, per il quale ai fini dell'applicazione della stessa legge la concessio

ne di sola costruzione (è non pure quella di concessione e ge

stione) era equiparata all'appalto. E da ricordare anzitutto, al riguardo, il costante insegnamento

della Corte costituzionale, secondo il quale il riconoscimento

dell'ordinamento comunitario e nazionale come reciprocamente autonomi ma coordinati e comuni comporta l'immissione diretta

nell'ordinamento interno delle norme comunitarie immediata

mente applicabili, che operano direttamente come norme inve

stite di forza e valore di legge, aventi rango primario; con l'ulte

riore conseguenza che, in caso di conflitti tra i due ordinamenti

per le discrasie normative che sulla stessa materia si determina

no, quello comunitario prevale su quello interno, con il relativo

effetto di disapplicazione delle norme interne, configgenti con

quelle esterne, da parte dell'amministrazione che intenda porle a

fondamento della propria attività amministrativa e da parte del

giudice che sia chiamato ad applicarle in giudizio, fermo co

munque l'obbligo dello Stato italiano di assicurare l'adempi mento degli obblighi comunitari attraverso la conseguente atti

vità di normazione conformativa (Corte cost. 8 giugno 1984, n.

170, id., 1984, I, 2062; 11 luglio 1989, n. 389, id., 1991, I, 1076; 7 novembre 1995, n. 482, id., Rep. 1995, voce Unione eu

ropea, n. 661; 10 novembre 1999, n. 425, id., Rep. 1999, voce

Regione, n. 163; Cons. Stato, sez. IV, 5 giugno 1998, n. 918, id.,

Rep. 1998, voce Unione europea, n. 682, quest'ultima riferita

proprio alla necessità di rispetto delle norme comunitarie in

materia di modalità di scelta del contraente ante d.leg. n. 406).

È pur vero che la trasposizione delle norme comunitarie nel

l'ordinamento interno non è sempre assoluta ed incondizionata,

atteso che il principio di self executing sancito dalla giurispru denza della Corte di giustizia e della Corte costituzionale può talvolta trovare un limite nelle peculiarità dell'ordinamento in

terno (si pensi alla distinzione tra interesse legittimo e diritto

soggettivo sconosciuta agli altri paesi membri dell'Unione: cfr.

Cons. Stato, sez. consultiva atti normativi, 30 giugno 1997, n.

49/97, ibid., voce Istruzione pubblica, n. 518), ma questo non è

il caso delle concessioni di costruzione e concessione, per le

quali non vale nessuna condizione di specificità ordinamentale

interna: tant'è che già sotto il vigore della 1. n. 584 esse erano

state ritenute, dalla giurisprudenza, assoggettabili alla normativa

comunitaria sulla procedura di scelta del contraente

concessionario, proprio in virtù dei principi sopra ricordati del

l'esecutività prevalente ed immediata della norma comunitaria e

della disapplicazione della disposizione nazionale confliggente

(Cons. Stato, sez. IV, 18 gennaio 1996, n. 54, id., 1996, III,

442). Il fatto, dunque, che il d.leg. n. 406 del 1991 sia successivo

alla data della convenzione aggiuntiva del 1990 ed al conse

guente provvedimento di approvazione non rileva ai fini della

verifica della legittimità dei predetti atti, poiché a quelle date

trovava applicazione la direttiva, auto esecutiva, 89/440, solo

tardivamente recepita con il d.leg. n. 406, rispetto al termine di

Il Foro Italiano — 2003.

vacanza applicativa, che per tutti gli Stati membri scadeva —

per stessa ammissione dell'amministrazione riferente — il 19

luglio 1990, prima, dunque, della quinta convenzione aggiuntiva e modificativa stipulata con la Satap.

A contrastare l'applicazione della direttiva n. 440 non può certo valere il disposto dell'art. 36 del decreto n. 406, secondo il

quale la 1. 8 agosto 1977 n. 584 avrebbe cessato di avere appli cazione a far data dall'entrata in vigore del medesimo decreto,

salvo che per le procedure per le quali il bando di gara fosse

stato pubblicato o l'offerta fosse stata presentata anteriormente

alla suddetta data. Lo slittamento in avanti della decorrenza del

l'obbligo di conformazione al diritto comunitario rispetto alla

data da questo fissata si risolve anch'esso in un'antinomia nor

mativa tra ordinamenti, la quale si determina non solo con ri

guardo alle disposizioni sostanziali ma anche a quelle temporali.

Infatti, la necessità di un adeguamento tempestivo alle norme

sovranazionali, in base ai termini imposti per la conformazione

dei propri ordinamenti ai singoli Stati membri, costituisce prin

cipio formalmente recepito anche dall'ordinamento italiano.

Secondo l'art. 1 1. 9 marzo 1989 n. 86 lo Stato italiano, con i

procedimenti e le misure previste dalla stessa legge, deve ga rantire (in ogni forma e modalità, compresa quella di ordine

temporale) l'adempimento degli obblighi derivanti dalla sua ap

partenenza alle Comunità europee conseguenti all'emanazione

di regolamenti, direttive, decisioni e raccomandazioni che, in

conformità alle norme dei trattati istitutivi della Comunità euro

pea del carbone e dell'acciaio, della Comunità economica euro

pea e della Comunità europea dell'energia atomica, vincolano la

Repubblica italiana ad adottare provvedimenti di attuazione.

Va ancora ricordato, ai fini che qui rilevano, che secondo

l'art. 9 medesima 1. n. 86 le regioni a statuto speciale e le pro vince autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di com

petenza esclusiva, possono dare immediata attuazione alle diret

tive comunitarie. Anche da tali disposizioni appare evidente

come l'aspetto temporale sia un elemento essenziale per l'ob

bligo di adeguamento alle normative comunitarie.

Le predette considerazioni trovano conforto, ad avviso della

sezione, anche nella più recente giurisprudenza della Corte co

stituzionale, la quale, chiamata a pronunciarsi sull'ammissibilità

del referendum abrogativo della 1. n. 230 del 1962, ha avuto

modo di ribadire che l'obbligo di conformazione al diritto co

munitario sorge a carico dello Stato italiano anche in pendenza del termine dilatorio di adeguamento fissato nelle direttive

(Corte cost. 7 febbraio 2000, n. 41, id., 2000,1, 701 ).

Di qui la conseguenza che ove quel termine non sia rispettato con attività di normazione interna di adeguamento, al suo scade

re i vuoti normativi o le disposizioni nazionali contrastanti van

no, in virtù del principio di ritrazione dell'ordinamento interno,

rispettivamente riempiti e sanati automaticamente ed immedia

tamente con l'applicazione delle norme comunitarie.

Neppure può sostenersi che tale obbligo possa nella fattispe cie considerarsi recessivo rispetto agli affidamenti ingenerati nel

concessionario, anche ai fini di eventuali pretese risarcitone che

questi potrebbe accampare ove si addivenisse alla caducazione

della convenzione aggiuntiva del 1990.

Ciò potrebbe forse ipotizzarsi nel caso che quella convenzio

ne avesse avuto uft'èSè'ótiziófté quantomeno parziale, ma questo non è, poiché, come detto, il rapporto concessorio non ha mai

avuto concreta attuazione anche per colpa del concessionario, in

relazione agli inadempimenti, richieste di ulteriori finanziamen

ti, ritardi e vicende penali di cui egli è stato ed è protagonista. Non è concepibile neppure una salvezza della convenzione in

parola mediante il ricorso ai principi della trattativa privata per la scelta del concessionario, che il d.leg. n. 406 relega, confor

memente alla direttiva comunitaria, ad ipotesi eccezionalissime, che nella specie non sussistono.

In particolare, non si potrebbero legittimamente invocare i

principi di complementarietà, collegamento funzionale, accesso

rietà o ripetitività, che in base all'art. 9, 2° comma, del decreto

n. 406 possono legittimare il ricorso alla procedura negoziata. Le lett. d) ed e) di quell'articolo, infatti, ammettono tale ecce

zionale procedimento di aggiudicazione in casi tassativi e limi

tati: rispettivamente, per lavori complementari, non figuranti nel

progetto inizialmente aggiudicato né nel primo contratto con

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PARTE TERZA 296

eluso, che siano divenuti necessari, a seguito di una circostanza

imprevista, all'esecuzione dell'opera ivi descritta, purché non

possano essere, tecnicamente o economicamente, distinti dal

l'appalto principale senza gravi inconvenienti per l'amministra

zione oppure, quantunque separabili dall'esecuzione dell'ap

palto iniziale, siano strettamente necessari al suo perfeziona

mento; ovvero per nuovi lavori consistenti nella ripetizione di

opere similari affidate all'impresa titolare di un primo appalto dalla medesima amministrazione aggiudicatrice, purché tali la

vori siano conformi ad un progetto di base oggetto di un primo

appalto attribuito secondo le procedure dei pubblici incanti, della licitazione privata o dell'appalto-concorso. In tal caso, il

ricorso alla trattativa privata è consentito nel triennio successivo

all'aggiudicazione dell'appalto iniziale e deve essere previsto nel bando di gara relativo al primo appalto.

Nel caso di specie, invece, si tratta della realizzazione e ge stione di un tratto autostradale, quello di collegamento tra Asti e

Cuneo, del tutto distinto da quello originariamente concesso, trattandosi di un segmento perpendicolare a quello esistente, con direzione da sud a nord, con uno sviluppo chilometrico pari a circa un terzo dell'autostrada Torino-Piacenza, come tale pri vo dei requisiti di complementarietà ed accessorietà rispetto ad

un tracciato principale, e costituente anzi una vera e propria nuova autostrada.

D'altra parte, se fosse lecito considerare le tratte autostradali, che con termine tecnico sono qualificate come «connessioni di

punta», come accessorie ad un tratto precedente si potrebbe de

terminare una situazione di oligopolio in favore dei pochi con

cessionari originari, che attraverso un sistema autostradale reti

colare deterrebbero la gestione di tutto il sistema viario italiano.

In tale contesto la strada procedimentale percorribile dal

l'amministrazione non è già quella delle proroghe o rinnovazio

ni o modificazioni della precedente concessione.

Le soluzioni legittime offerte all'amministrazione sono inve

ce altre due.

La prima potrebbe essere quella dell'annullamento d'ufficio

per motivi di illegittimità originaria, annullamento facilmente

supportabile con adeguata motivazione in ordine all'interesse

pubblico concreto ed attuale a realizzare sollecitamente e final

mente un'opera pubblica rimasta congelata per dieci anni a cau

sa di fatti imputabili al concessionario.

A tale soluzione non appare ostativa, sotto il profilo della

contraddittorietà, la direttiva ministeriale del 16 febbraio 2000, con cui il ministro ha dato precise indicazioni in merito all'op

portunità di dare comunque attuazione alla convenzione ag

giuntiva del 1990, a prescindere dalla sua revisione.

In disparte la considerazione che tale atto, per il suo conte

nuto non rigoroso sul piano delle sequenze procedimentali indi

cate all'ente concedente, per la sua forma epistolare e per le sue

finalità vagamente sollecitatorie dallo stesso concedente appare

configurabile più come una semplice manifestazione di intenti che come vera e propria direttiva vincolante per il suo destinata

rio (amministratore dell'Anas), essa, quand'anche volesse quali ficarsi come tale, sarebbe facilmente rimuovibile con un analo

go atto di ritiro.

Infatti, l'art. 1 d.leg. 26 febbraio 1994 n. 143, che ha dispo sto, in sostituzione della precedente azienda, l'istituzione del

l'ente nazionale per le strade, dotato di autonomia organizzati va, amministrativa e contabile e con personalità giuridica di di

ritto pubblico, la cui attività è disciplinata, salvo che non sia di

sposto diversamente dalla legge, dal codice civile e dalle altre

leggi relative alle persone giuridiche private, ed il cui statuto è

approvato con decreto del presidente della repubblica, su propo sta del ministro dei lavori pubblici, d'intesa con i ministri del

tesoro e della funzione pubblica, ha stabilito, all'ultimo comma, che l'ente è sottoposto all'alta vigilanza del ministro dei lavori

pubblici che detta gli indirizzi programmatici. Il concetto di alta vigilanza, come esplicitato

— seppur non

esaustivamente e tassativamente — anche dalla norma, non può risolversi nell'emanazione di ordini, indicazioni o puntuali di

rettive in merito a concreti atti di gestione, dovendosi invece li

mitare — analogamente a quanto avviene nei rapporti tra organo

politico e dirigenza amministrativa — ad un'attività di indirizzo

programmatico sulla complessiva politica stradale, di coordina

li. Foro Italiano — 2003.

mento, di direttiva generale e complessiva, di verifica e con

trollo della gestione complessiva e dei risultati raggiunti, senza

poter scendere nel dettaglio di concrete scelte gestionali che

l'ente deve assumere nella sua esclusiva competenza e respon sabilità di soggetto pubblico operante secondo i consueti para metri pubblicistici di efficienza ed economicità, rafforzati, sul

piano dell'efficacia, dagli strumenti privatistici con cui esso

agisce. Oltretutto la «direttiva ministeriale» di dare attuazione alla

convenzione aggiuntiva del 1990 appare anche di dubbia legit timità alla luce dell'art. 15 della convenzione aggiuntiva del

1986 (non modificata dalla successiva del 1990) secondo cui

con decreto del ministro dei lavori pubblici si sarebbe potuto far

luogo alla dichiarazione di decadenza dalla concessione, tra

l'altro, per inosservanza degli obblighi sanciti dal precedente art. 12. Quest'ultimo, a sua volta, fissava, tra i requisiti sociali,

quello per cui «l'oggetto sociale ha come scopo esclusivamente

la costruzione e l'esercizio delle autostrade assentite in conces

sione ... salva la facoltà di partecipazione in enti aventi fini

analoghi». La norma negoziale è meramente ripetitiva di quella legale,

cioè dell'art. 3 1. n. 287 del 1971, che fissava il principio di

esclusività dell'oggetto sociale con riferimento alla sola costru

zione e gestione di autostrade, principio abbandonato soltanto

con la recentissima novella introdotta dall'art. 19 1. 30 aprile 1999 n. 136, che ha modificato il citato art. 3, stabilendo che

nella convenzione dovrà, tra l'altro, prevedersi che gli enti con

cessionari debbano avere come proprio oggetto sociale princi

pale (quindi non più esclusivo) la costruzione e la gestione delle

autostrade.

Tale innovazione legislativa non può, tuttavia, giovare alla

legittimità dell'atto aggiuntivo del 1990, trattandosi di norma

sopravvenuta, evidentemente non retroattiva e perciò non appli cabile ad una convenzione di nove anni prima.

D'altronde, proprio con riferimento alla stessa società Satap ed all'impossibilità di superare i limiti dell'oggetto sociale im posti dalla convenzione e dall'art. 3 1. n. 287 si è già espressa

questa stessa sezione con pareri 23 luglio 1997, n. 1715 (seguito dal parere 21 aprile 1999, n. 547/99), sullo schema di conven

zione tipo, sub osservazioni all'art. 3, e 26 novembre 1997, n.

2116. Dalle osservazioni che precedono emerge con evidenza l'altra

soluzione percorribile dall'amministrazione per non dare se

guito alla convenzione aggiuntiva del 1990: quella della dichia

razione di decadenza, essendo incontestabile, come innanzi

detto, che la società Satap ha posto in essere atti eccedenti l'og

getto sociale imposto dalla norma.

La risposta in termini negativi ai quesiti sub c) e d) in merito

alla legittimità del quinto atto aggiuntivo ed al requisito sociale

sopra ricordato esime la sezione dall'analisi degli altri punti controversi, i quali presuppongono evidentemente che al quinto atto aggiuntivo possa darsi comunque corso.

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