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Sezione II penale; sentenza 20 marzo 1963; Pres. Santoro P., Est. Laurino, P. M. Paternostro (concl....

Date post: 31-Jan-2017
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Sezione II penale; sentenza 20 marzo 1963; Pres. Santoro P., Est. Laurino, P. M. Paternostro (concl. conf.); ric. P. m. c. Vaiani Source: Il Foro Italiano, Vol. 87, No. 2 (1964), pp. 93/94-95/96 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23156069 . Accessed: 24/06/2014 20:11 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.229.248.111 on Tue, 24 Jun 2014 20:11:13 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione II penale; sentenza 20 marzo 1963; Pres. Santoro P., Est. Laurino, P. M. Paternostro(concl. conf.); ric. P. m. c. VaianiSource: Il Foro Italiano, Vol. 87, No. 2 (1964), pp. 93/94-95/96Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23156069 .

Accessed: 24/06/2014 20:11

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93 GIURISPRUDENZA PENALE

sottoposti a trasfusione, e la negata eccezionalità del caso di specie ai fini delle cautele da adottare.

Il ricorso non può essere accolto. In sostanza la Corte si convinse, sulla base delle risul

tanze processuali, che il decesso delle due pazienti era

avvenuto non per incompatibilità dei gruppi sanguigni (donde la irrilevanza delle cautele e delle prove preliminari al riguardo, come quella « crociata »), ma per l'insorgenza di elementi « pirogeni », il cui accertamento, mediante analisi e prelevamento, comportava anche pericolo di

ulteriori inquinamenti. Logicamente, questo punto della

motivazione va inoltre posto in relazione con la mancata

precisazione, in perizia, delle precauzioni da seguire, e

spiega come la corte, nel suo incensurabile apprezzamento, non abbia ritenuto la necessità di disporre al riguardo un supplemento di indagine.

Quanto alla prova Oekleker, che consiste nel sommi

nistrare il plasma a congrui intervalli, i giudici di appello non si limitarono a qualificare la circostanza come nuova, ina aggiunsero di non poter neppure escludere clie essa

fosse stata effettuata, data l'avvenuta sospensione della

trasfusione operata dal Pucci.

Viene poi in esame il problema delle reazioni trasfu

sionali manifestate dalle pazienti. In proposito la corte

ritenne esattamente clie il giudizio sulla opportunità di

continuare o meno il trattamento rientrava nel criterio

diagnostico del sanitario, rispetto al quale le nozioni di

imperizia, negligenza e imprudenza presentano peculiari caratteristiche, per il frequente insorgere del rischio e del

fortuito, mentre la colpa penale si può identificare soltanto

con l'errore professionale inescusabile, e cioè con la man

canza delle normali cognizioni generali della scienza me

dica, il difetto della necessaria abilità tecnica, e la banale

trasgressione delle norme che presiedono a tale arte ; e

ciò in quanto, oltre tali limiti, l'errore stesso, fondato

sul disputabile e l'opinabile, nonché sulla mera probabilità favorevole dei metodi curativi, non può essere valutato

dal giudice. Tanto premesso, la corte ha mostrato di applicare

esatti criteri giuridici circa il concetto di colpa penale, ed

ha considerato anche gli elementi della imperizia, negli

genza e imprudenza, riportandoli alle caratteristiche pecu liari della materia.

Passando dalla enunciazione dei principi alla loro

applicazione concreta nel caso in esame, i giudici di ap

pello ritennero peraltro che il prof. Barbaro, allorché fu

avvertito delle manifestazioni di intolleranza, si trovò in

presenza dei primi sintomi, quelli non gravi (brividi, senso

di freddo, dolori all'arto) che normalmente possono pre sentarsi nel corso della trasfusione, e non degli altri, più

gravi (vomito, diarrea, dolori alla schiena), che inter

vennero solo più tardi, dopo che venne presa la decisione

di continuare il trattamento ; così che, permettendo quei sintomi di sospendere o di continuare il trattamento se

condo un apprezzamento discrezionale, la decisione del

sanitario si presentò come giudizio diagnostico, il cui

eventuale errore sfugge al sindacato penale. Trattasi dunque, come è evidente, di un apprezza

mento squisitamente di fatto circa l'entità dei sintomi

manifestati, e la corrispondente discrezionalità della deci

sione del sanitario rispetto ad essi. Onde non vedesi come

possa parlarsi di violazione dei principi in materia di

colpa penale o di mancata considerazione delle norme di

comune prudenza, che andavano valutate sotto il deli

neato profilo della colpa professionale, e in relazione,

anch'esse, alla entità delle reazioni trasfusionali.

Esclusa la colpa penalmente punibile del Barbaro, veniva anche automaticamente scagionata la condotta

del suo assistente, e perdeva rilievo la questione concer

nente il rapporto di subordinazione di quest'ultimo, del

quale la corte pose in evidenza la seria preparazione, il

senso di responsabilità e l'elevata etica professionale. I

giudici di appello negarono anche una supina acquiescenza del Pucci alle disposizioni del primario, rilevando che, se

egli si attenne ad esse, ciò andava posto in relazione con

la non conclamata importanza delle manifestazioni delle

due pazienti, e che infine l'assistente interruppe imme

diatamente il trattamento, di propria iniziativa, non

appena i sintomi ebbero ad apparire. In conclusione, la impugnata sentenza resiste nel suo

insieme, con esauriente ed adeguata motivazione, a tutte

le censure mosse dal p. m. ricorrente.

Per questi motivi, rigetta, ecc.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezione II penale ; sentenza 20 marzo 1963 ; Pres. Santoro

P., Est. Laurino, P. M. Paternostro (conci, conf.) ; ric. P. m. c. Yaiani.

(Gassa App. Milano 20 febbraio 1962)

Bigamia — Matrimonio per procura all'estero —

Atti preparatori nello Stato Iteato — Sussi

stenza_(Cod. pen., art. 6. 556).

8'intende commesso nello Stato il reato di bigamia allorché

gli imputati abbiano concordato il secondo matrimonio

in Italia, consegnando altresì al legale le procure per la

sua celebrazione all'estero. (1)

La Corte, eco. — Il 27 giugno 1945 in Milano Yaiani

Gino contrasse matrimonio avente effetti civili con Lilia

Panek. S uccessiva men te lo stesso Yaiani, previa sentenza

di divorzio pronunziata all'estero e non delibata in Italia, contrasse altro matrimonio avente pure effetti civili con

Baroni Silvana in Ciudad del Suarez in Messico. Questo secondo matrimonio fu contratto per procure, che i ini

benti consegnarono all'avv. Ranieri in Milano, il quale,

per incarico dei suddetti, le spedì da Milano a Ciudad del

Suarez. Il matrimonio, essendo state ritenute valide le

procure, fu conseguentemente celebrato. >•

Or, mentre il Tribunale di Milano affermò la responsa bilità degli imputati condannandoli con le attenuanti

generiche a mesi otto di reclusione ciascuno, la corte della

detta città, in seguito ad impugnazione degli stessi, dichiarò

non doversi procedere contro costoro per impromovibi lità dell'azione penale per mancanza di richiesta ex art. 9

cod. pen. del ministero della giustizia, sotto il profilo che

il reato era stato interamente commesso all'estero.

Ricorre per cassazione il procuratore generale della Re

pubblica presso la suddetta corte, il quale adduce : I) difetto e contraddittorietà di motivazione in ordine al

mancato esame degli elementi di decisiva rilevanza della

consegna in Milano al legale e dell'invio dall'Italia in Mes

sico delle procure nonché in ordine al dubbio sulla esistenza

delle procure, quando il matrimonio era stato contratto

per procura ; 2) erronea applicazione dell'art. 6 cod. pen. circa il locus delicti commissi.

Il ricorso è fondato.

(1) Non risultano precedenti specifici. Per la nozione di reato commesso nello Stato, v. Cass. 10 febbraio 1961, Conforti (Foro it., Rep. 1902, voce Truffa, n. 53), citata nella motivazione della presente ; Cass. 5 marzo 1959, Hermandorena, id., Rep. 1960, voce Estradizione, n. 4; 11 ottobre 1958, Barretau, id., Rep. 1959, voce cit., n. 4 ; 5 dicembre 1957, Bngler, id., Rep. 1958, voce Reato commesso all'estero, n. 2 ; 8 marzo 1934, Heit

zinger (id., 1934, II, 330, con nota di richiami), citata nella motivazione della presente.

In dottrina, cons. Losana, « Locus commissi delicti » ed errore su legge extra-penale a proposito del reato di bigamia, in Biv. it. dir. proc. pen., 1962, 224 ; Dinacci, Considerazioni in tema di bigamia del cittadino coniugato all'estero, in Giust. pen., 1959, II, 219 ; B. B., Sulla nozione di reato commesso nel territorio dello Stato, id., 1934, II, 285 ; Pisapia, Bigamia (diritto penale), voce dell' Enciclopedia del diritto, 1959, V, pag. 361 ; Bigamia voce del Novissimo digesto it., 1957, II, pag. 396 ; Problemi in tema di bigamia, in Biv. dir. matrim., 1960, 3 ; Rogabi, Brevi osservazioni in tema di bigamia, in Critica pen., 1960, 434 ; ColacCi, Il delitto di bigamia, 1958.

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95 PARTE SECONDA 96

Preliminarmente va rilevato che, per esplicita dispo sizione dell'art. 557 cod. pen. il termine di prescrizione per il reato di bigamia non comincia a decorrere dal giorno della consumazione dello stesso (art. 158 detto codice), ma da quello in cui è sciolto uno dei due matrimoni o è di chiarato nullo il secondo per bigamia : nessuna di dette

ipotesi si verifica nel caso.

La corte di merito affermò che era dubbia l'esistenza stessa delle procure, omettendo di prendere in conside razione la circostanza, acquisita agli atti processuali per la concorde dichiarazione degli imputati e del loro legale, che le procure furono realmente compilate ed usate di nanzi alla competente autorità messicana, che le ritenne

valide, celebrando il secondo matrimonio. Peraltro era

manifestamente illogico dubitare dell'esistenza della pro cura, quando il matrimonio era stato contratto proprio

per procura. Non ritiene, poi, questo Supremo collegio che sia esatta

la statuizione della corte del merito che il delitto di biga mia è commesso all'estero quando il matrimonio è con

tratto all'estero per procura in quanto il semplice appre stamento della procura in Italia, avendo attività mera

mente preparatoria, non rende applicabile l'art. 6 cod.

penale. È noto che la dottrina ha elaborato varie teorie per

la soluzióne del problema del locus delicti commissi e cioè :

la teoria della azione, per la quale si ha riguardo al luogo ove in tutto o in parte è avvenuta l'azione o l'omissione ; la teoria dell'evento, secondo la quale il criterio dell'evento

entra in considerazione indipendentemente da ogni

indagine circa il luogo in cui è stata commessa l'azione

o l'omissione ; la teoria dell'ubiquità, per la quale si consi

dera indifferentemente avvenuto, nel territorio dello Stato

che emette la norma, un reato, se ivi è avvenuta l'azione

o si è verificato l'evento.

È noto che il legislatore italiano ha codificato nell'arti

colo in esame l'accoglimento dell'ultima teoria, stabilendo

che « il reato si considera commesso nel territorio dello

Stato, quando l'azione o l'omissione, che lo costituisce, è

ivi avvenuta in tutto o in parte, ovvero si è verificato

l'evento che è conseguenza dell'azione od omissione ».

Nel caso, parte dell'azione che costituisce il reato è

avvenuta in Italia.

Questa Suprema corte, interpretando il capoverso dell'art. 6 cod. pen., ha stabilito (sent. 8 marzo 1934, P. m.

c. Bruno, Foro it., 1934, II, 330), il principio : « Col richie

dere che nel territorio dello Stato sia in tutto o in parte avvenuta l'azione costitutiva del reato, la legge al concetto

di azione ha ricondotto qualsiasi movimento corporeo, con il quale l'uomo attua una modificazione del mondo esteriore ».

La consegna delle procure in Milano al legale e la spe dizione, per incarico degli imputati, dei documenti dal

l'Italia al Messico, costituiscono due atti distinti, ciascuno dei quali ha un suo proprio valore causale in quanto pro duce di per sè una modificazione del mondo esteriore, sua

propria, ma, pur non essendo queste modificazioni pro duttive del risultato (evento) da cui la legge fa dipendere l'esistenza del reato, sono pur sempre modificazioni ri

levanti, in quanto producono dei risultati che si inseri

scono nell'economia dell'azione complessa, da cui in defi

nitiva risulta l'evento del reato, cioè quel quid dalla legge

preveduto, che è il risultato della azione semplice o com

plessa. Apprestate le procure, gli imputati, in esecuzione

dell'accordo criminoso avvenuto in Italia, traducono in

realtà tale accordo con atti di indubbia efficienza causale, e cioè consegnando in Italia i documenti al legale e facen

doli spedire dall'Italia al Messico, in modo che essi, prestato il consenso e spediti i documenti perfettamente validi

per la celebrazione del secondo matrimonio, non debbono

più porre in essere alcun altro atto perchè si verifichi ine

luttabilmente, all'estero, l'evento. Scolasticamente, del

resto, si insegna esattamente che è da considerarsi avve nuto in Italia il delitto di strage (art. 422 cod. pen.), se il colpevole ha confezionato nel territorio dello Stato ita

liano un pacco esplosivo, anche se l'evento si è verificato

all'estero. Questo Supremo collegio ha, poi, ritenuto

(sent. 10 febbraio 1961, ric. Conforti, Foro it., Rep. 1961,

voce Truffa, n. 53) come per l'applicabilità dell'art. 6

cod. pen. occorra la estrinsecazione obiettiva del pro

posito criminoso, che incida nel mondo esterno modi

ficandolo. Non può, pertanto, avere rilevanza, agli effetti

della norma, il semplice accordo criminoso che sia contratto

in Italia. Ma neppure deve pretendersi il compimento di atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere

il reato, conformemente alla nozione del tentativo. In

questa, il legislatore ha inteso comprendere solo quegli

atti, che, in sè considerati, hanno una sicura efficienza

causale per la consumazione di un delitto determinato :

agli effetti della non punibilità, la legge ha così equi

parato la semplice intenzione di commettere un reato

alla messa in opera di atti che per la loro equivocità non

avrebbero potuto evolvere in delitto consumato. A diverso

criterio e a diverse esigenze si informa invece il capov. dell'art. 6, per il quale il reato concretamente commesso

va individuato in tutta la sua unitaria fisionomia e si

considera compiuto in Italia, anche quando la minima

parte dell'azione o dell'omissione abbia avuto luogo nel

territorio dello Stato. È allora ben ipotizzabile che la

parte dell'azione commessa in Italia non abbia i requisiti di idoneità e di inequivocità, atti a configurare il tentativo

di un delitto, ma valga tuttavia a far ritenere commessa in

Italia quella parte di azione che, considerata unitamente

ai successivi atti conseguenti, commessi all'estero, so

stanzia un delitto tentato o consumato.

La sentenza impugnata deve, conseguentemente, essere annullata con rinvio del giudizio ad altra sezione

della stessa Corte di appello di Milano.

Per questi motivi, cassa, ecc.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezione II penale ; sentenza 6 marzo 1963 ; Pres. Sigu

rani P., Est. Ponturo, P. M. Lenzi (conci, conf.) ; rio. Feroci ed altri.

(Gassa App. Genova 8 febbraio 1961)

Trulla Trulla in danno dell'I.n.a.m. — Estremi — Fattispecie (Cod. pen. art. 640, capov., n. 1).

Sussistono gli estremi del reato di truffa aggravata in danno

dell'I.n.a.m. allorché, frustrando la legittimità delle pre scrizioni mediche ovvero la normale destinazione dei me

dicinali, si ottengano dal detto istituto prestazioni o

rimborsi non dovuti (fattispecie di un farmacista che

otteneva la cessione, da parte di assistiti delVI.n.a.m., di ricette mediche, rilasciate anche fraudolentemente, dando in cambio prodotti diversi da quelli prescritti o somme di denaro, per importi inferiori, onde lucrare

la differenza in danno dell'istituto). (1)

(1) In senso conforme : Cass. 5 settembre 1961, Vaccari, Foro it., ltep. 1962, voce Truffa, n. 24; 18 febbraio 1960, De

Marco, id., Rep. 1961, voce cit., nn. 35, 36 ; Trib. Napoli 9

marzo 1956, id., Rep. 1956, voce cit., n. 36 ; Cass. 27 novembre 1952, Cappone, id., Rep. 1953, voce cit., n. 91. Da Cass. 10

luglio 1962, Marsico, Giust. pen., 1963, II, 454, è stato ritenuto, in una fattispecie analoga a quella indicata nella massima, che il delitto di truffa rimane allo stato di tentativo, qualora l'ente

mutualistico, sebbene richiesto dal farmacista, non abbia an cora emesso il mandato di pagamento a favore delio stesso. Secondo Cass. 7 marzo 1961, Di Martino, Foro it., Rep. 1961, voce Tentativo, nn. 5, 6 e App. Palermo 4 luglio 1956, id., Rep. 1958, voce Truffa, nn. 27, 28, non costituisce tentativo di truffa il solo versamento di una somma ad un assistito da

parte del farmacista per l'acquisto di una ricetta medica, invece della fornitura delle medicine prescritte, qualora il farmacista si sia astenuto dalla relativa richiesta di rimborso presso l'ente. Da Trib. Roma 30 luglio 1957, ibid., nn. 60-62, è stato ritenuto che il delitto di falsità ideologica in certificazioni sanitarie,

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