Sezione II; sentenza 10 giugno 1982 (causa 92/81); Pres. Due, Avv. gen. Verloren Van Themaat(concl. conf.); CameraSource: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1983), pp. 227/228-241/242Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23175393 .
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PARTE QUARTA
in un altro Stato membro ove questo premio non viene corri
sposto, potrebbe perturbare i mercati della Comunità nel settore
delle carni ovina e caprina, che il regolamento n. 1837/80 si
propone di stabilizzare.
32. - Quanto al fatto che la Julius Kind sostenga che la so
spensione, ad opera della Commissione, della riscossione del
claw-black per le esportazioni fuori dalla Comunità ha nuociuto
alle sue esportazioni nei paesi terzi nel senso che, per effetto del
regolamento n. 3191/80, questi hanno trovato conveniente ap
provvigionarsi direttamente in uno Stato che, come il Regno
Unito, praticava il premio di macellazione e — quindi — il
claw-back, si deve ricordare che, tra i presupposti delle respon sabilità della Comunità, vi è quello che colui che chiede il
risarcimento abbia effettivamente subito un danno.
33. - Nella fattispecie, l'assunto della ricorrente, secondo cui la
sospensione della riscossione del claw-back in caso di esporta zione nei paesi terzi avrebbe provocato sviamenti di traffico a
suo danno, in quanto la sua clientela, specie quella svizzera, si
sarebbe rivolta direttamente ai fornitori britannici, è privo di
consistenza.
34. - Si desume infatti, tanto dal fascicolo, quanto dalle de
duzioni orali della ricorrente, che questa non si era costituita
una clientela fissa nei paesi extracomunitari. In particolare, per
quel che riguarda il mercato svizzero addotto come unico esem
pio pratico di espansione commerciale fuori della Comunità, la
ricorrente ha ammesso di aver cercato di affermarsi sul mercato
svizzero solo dal settembre del 1980 e non è provato e neppure, a dire il vero, sostenuto che essa yi avesse acquistato una
clientela prima dell'avvento del regolamento n. 3191/80. Di con
seguenza e senza dover accertare se sussistono gli altri presup posti della responsabilità della Comunità, si deve constatare che la ricorrente non è riuscita a fornire un inizio di prova a
sostegno del suo assunto secondo cui il comportamento della
Commissione l'avrebbe danneggiata. 35. - Da quanto precede, emerge che la domanda di risarci
mento presentata dalla Julius Kind va respinta. (Omissis)
Per questi motivi, dichiara e statuisce:
1. Il ricorso è respinto. 2. La ricorrente è condannata alle spese, ivi comprese quelle
sostenute dall'interveniente.
I
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE; Se
zione II; sentenza 10 giugno 1982 (causa 92/81); Pres. Due, Avv. gen. Verloren Van Themaat (conci, conf.); Camera.
Comunità europee — CEE — Sicurezza sociale dei lavoratori mi
granti — Prestazioni di invalidità — Domanda presentata in
Stato membro diverso da quello competente — Efficacia
(Tattato CEE, art. 177; reg. 3 dicembre 1958 n. 4 CEE del Con
siglio, recante modalità di applicazione e integrazioni alle
disposizioni del reg. 3 dicembre 1958 n. 3 CEE del Consiglio, art. 83).
Comunità europee — CEE — Sicurezza sociale dei lavoratori mi
granti — Prestazioni di invalidità — Principio di territorialità — Applicabilità — Fattispecie (Trattato CEE, art. 177; reg. 3
dicembre 1958 n. 3 CEE del Consiglio, relativo alla sicurezza
sociale dei lavoratori migranti, art. 10).
L'art. 83 reg. 3 dicembre 1958 n. 4 CEE del Consiglio va inter
pretato nel senso che la presentazione di una domanda al
l'autorità, all'istituzione o all'ente di uno Stato membro diverso
da quello competente a corrispondere la prestazione ha gli stes
si effetti della diretta presentazione della domanda all'auto
rità competente di quest'ultimo Stato, anche se, in base alla sua
legislazione interna, l'interessato risieda irregolarmente nello
Stato in cui ha presentato domanda. (1) L'art. 10, n. 1, reg. 3 dicembre 1958 n. 3 CEE del Consiglio va
interpretato nel senso che l'ente assicurativo dello Stato mem
bro competente ad erogare le prestazioni di invalidità a lavo
ratore migrante che risieda in altro Stato membro, non può ap
plicare ad esse il principio di territorialità contemplato nella
propria legislazione interna. (2)
(1-2) Sull'efficacia della presentazione della domanda per fruire delle
prestazioni di invalidità, cfr. Corte giust. 9 marzo 1976, causa 108/75, Foro it., 1976, IV, 243, con nota di richiami, secondo cui il lavorato re migrante che debba ottenere quelle prestazioni in Stato membro
II
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE; Se
zione II; sentenza 27 maggio 1982 (causa 227/81); Pres. Due, Avv. gen. Slynn (conci, conf.); Aubin.
Comunità europee — CEE — Sicurezza sociale dei lavoratori mi
granti — Prestazioni di disoccupazione — Stato membro com
petente — Fattispecie (Trattato CEE, art. 177; reg. 14 giugno 1971 n. 1408 CEE del Consiglio, relativo all'applicazione dei
regimi di previdenza sociale ai lavoratori subordinati ed alle
loro famiglie che si spostano nell'ambito della Comunità, art. 71).
Al cittadino francese che abbia lavorato in Francia fino al licen
ziamento senza esservi iscritto come disoccupato ed abbia poi richiesto tale iscrizione in Belgio, Stato di sua residenza, indi
pendentemente dalla circostanza che si tratti di lavoratore fron
taliere, sono dovute esclusivamente le prestazioni di disoccupa zione contemplate dalla normativa belga, non essendo consen
tita da norme comunitarie l'equiparazione della iscrizione di
un lavoratore migrante come disoccupato in Belgio all'iscri
zione come tale in Francia. (3)
III
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE; sen
tenza 23 marzo 1982 (causa 79/81); Pres. Mertens De Wil
mars, Avv. gen. Verloren Van Themaat (conci, conf.); Baccini.
Comunità europee — CEE — Sicurezza sociale dei lavoratori mi
granti — Prestazioni di disoccupazione — Pensione d'invali
dità secondo le norme comunitarie — Cumulabilità (Trattato
CEE, art. 51, 177; reg. 14 giugno 1971 n. 1408 CEE del Consi
glio; reg. 21 marzo 1972 n. 574 CEE del Consiglio, modalità di
applicazione del reg. n. 1408/71 CEE del Consiglio).
L'art. 51 trattato CEE, il reg. 14 giugno 1971 n. 1408 CEE del
Consiglio e il reg. 21 marzo 1972 n. 574 CEE del Consiglio vanno interpretati nel senso che, qualora, secondo le leggi na
zionali di uno Stato membro, l'accesso del lavoratore migran te al sussidio di disoccupazione dipenda dall'idoneità al lavoro,
gli enti competenti, se ammettono la sussistenza di tale idonei
tà, non possono rifiutare al lavoratore il sussidio per il fatto che egli riscuote, in altro Stato membro, una pensione d'invali
dità liquidata secondo le norme comunitarie di cumulo e di ri
partizione pro-rata. (4)
IV
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE; sen
tenza 2 febbraio 1982 (causa 7/81); Pres. Mertens De Wil
mars, Avv. gen. Rozes (conci, conf.); Sinatra.
Comunità europee — CEE — Sicurezza sociale dei lavoratori mi
granti — Liquidazione delle prestazioni secondo le norme co
munitarie — Nuovo calcolo — Necessità — Limiti (Trattato
CEE, art. 177; reg. 14 giugno 1971 n. 1408 CEE del Consiglio, art. 46, 51).
I mutamenti che sopravvengono nella situazione personale dell'as
sicurato non rientrano fra le cause di adeguamento previste dal
l'art. 51, n. 1, reg. 14 giugno 1971 n. 1408 CEE del Consiglio, in
presenza delle quali soltanto non è necessario procedere ad un
nuovo calcolo, a norma, dell'art. 46 stesso regolamento, della
misura delle quote delle prestazioni incidenti sui singoli Stati
membri tenuti ad erogarla. (5)
diverso da quello in cui ha presentato domanda non deve ripresentar la nemmeno se, in base alla legislazione di questo secondo Stato, egli non possedeva tutti i requisiti al momento della domanda e purché li abbia successivamente maturati.
Con riferimento alla seconda massima, cfr. Corte giust. 7 novembre
1973, causa 51/73, id., 1974, IV, 81, con nota di richiami, che
interpreta l'art. 10, n. 1, reg. 3/58 CEE del Consiglio come finalizzato a favorire la libera circolazione dei lavoratori nell'ambito della Comunità eliminando gli svantaggi che potrebbero loro derivare dal trasferimento della residenza da uno Stato membro all'altro.
Corte giust. 16 marzo 1978, causa 117/77, id., 1978, IV, 386, con nota di richiami, ha affermato, interpretando norme dei reg. 1408/71 e 878/73 CEE del Consiglio, l'inapponibilità di limiti con nessi alla residenza del lavoratore migrante in materia di prestazioni sanitarie.
(3-5) Questo gruppo di decisioni è evidentemente orientato ad
interpretare in senso favorevole al lavoratore migrante le norme
applicabili nei casi in cui alla sua tutela previdenziale concorrano,
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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA
V
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE; Se
zione II; sentenza 17 dicembre 1981 (causa 22/81); Pres. Due,
Avv. gen. Slynn (conci, conf.); Regina.
Comunità europee — CEE — Sicurezza sociale dei lavoratori mi
granti — Prestazione minima — Presupposto (Trattato CEE, art. 177; reg. 14 giugno 1971 n. 1408 CEE del Consiglio, art. 50).
L'art. 50 reg. 14 giugno 1971 n. 1408 CEE del Consiglio deve
interpretarsi nel senso che la « prestazione minima » sussiste
nel caso in cui la legislazione dello Stato di residenza preveda una tutela specifica mirante a garantire ai beneficiari di pre stazioni previdenziali un reddito minimo superiore al livello
delle prestazioni cui avrebbero diritto in ragione unicamente
dei periodi d'assicurazione maturati e dei contributi ver
sati. (6)
I
Diritto. — 1. - Con ordinanza 6 aprile 1981, pervenuta in
cancelleria il 16 dello stesso mese, la Cour de Cassation del
Belgio ha sottoposto a questa corte, in forza dell'art. 177 del
trattato CEE, tre questioni pregiudiziali vertenti sull'interpreta zione dei regolamenti del Consiglio 25 settembre 1958 n. 3, per la sicurezza sociale dei lavoratori migranti (G. U. 1958, pag. 571)
e 3 dicembre 1958 n. 4, che determina le modalità di applica zione e integra le disposizioni del suddetto regolamento n. 3
(G. U. 1958, pag. 597). Dette questioni sono state sollevate nel
contesto del ricorso per cassazione proposto contro una sentenza
della Cour du Travail di Bruxelles che confermava la sentenza
del Tribunal du Travail di Bruxelles con la quale era stata
respinta la domanda della sig.ra Camera, intesa ad ottenere il
versamento di una pensione d'invalidità da parte dell'Institut
National d'Assurance Maladia-Invalidité (in prosieguo « INA
MI »). 2. - Il 12 luglio 1956 la sig.ra Camera, ricorrente per cassazio
ne, veniva dichiarata inabile al lavoro nel Belgio. Il 9 novembre
1965 il consulente medico del suo istituto assicurativo, l'Union
Nationale des Mutualités Socialistes, la autorizzava a soggiornare in Italia per un mese, dal 15 novembre al 14 dicembre 1965.
Non essendo ritornata nel Belgio alla scadenza di tale periodo, l'interessata non si presentava alla visita medica ordinata, il 30
dicembre 1965, dal medico del suo istituto assicurativo. In segui to ad un accertamento effettuato il 5 gennaio 1966 dall'istituto
italiano per l'assicurazione malattia (in prosieguo « I.n.p.s. »),
competente in forza dell'accordo amministrativo italo-belga del
direttamente o indirettamente, gli enti o le legislazioni di più Stati membri (orientamento espresso di recente anche da Corte giust. 9
luglio 1980, causa 807/79, Foro it., 1981, IV, 219, con nota di
richiami, relativamente all'ipotesi del diritto dell'orfano a mantenere
l'importo delle prestazioni fruite nello Stato membro dal quale si
trasferisce, se la legislazione dello Stato membro di nuova residenza le preveda di meno elevato importo).
Sul diritto del lavoratore frontaliero a percepire gli assegni familia ri in forza delle leggi dello Stato membro (diverso da quello di sua
residenza) in cui lavora, v. Corte giust. 19 febbraio 1981, causa
104/80, id., 1982, IV, 332, con nota di richiami.
Sulla legittimità del cumulo di periodi di occupazione maturati in diversi Stati membri ai fini del diritto alle prestazioni di disoccupa zione, cfr., oltre alle sentenze richiamate nella motivazione della sentenza in causa 227/81 che si riporta, Corte giust. 15 marzo 1978, causa 126/77, id., 1978, IV, 387, con nota di richiami. Sull'art. 86
reg. 1408/71, oltre a Corte giust. 9 marzo 1976, causa 108/75, cit., v. la decisione 22 maggio 1980, causa 143/79, id., 1980, IV, 414, con nota di richiami.
Sul regime di liquidazione della pensione ex art. 46 reg. 1408/71, v. Corte giust. 2 luglio 1981, cause 116/80, 117/80, 119/80, 120/80 e
121/80, id., 1982, IV, 329, con nota di richiami, e, con particolare riferimento alla pensione di invalidità, Corte giust. 26 giugno 1980, causa 793/79, id., 1981, IV, 219, con nota di richiami.
Sulla commissione amministrativa per la sicurezza sociale, cfr., da
ultimo, Corte giust. 14 maggio causa 93/80, id., 1982, IV, 330, con nota di richiami.
Sulla compatibilità delle norme relative alla libera circolazione dei
lavoratori con i limiti posti al diritto alle prestazioni di disoccupazio ne Corte giust. 19 giugno 1980, cause 41/79, 121/79 e 796/79, id.,
1981, IV, 220, con nota di richiami.
(6) In senso conforme, v. Corte giust. 30 novembre 1977, causa
64/77, Foro it., 1978, IV, 354, con nota di richiami. Sull'esistenza della « prestazione minima » nella normativa interna
italiana, v. Corte cost. 27 maggio 1982, n. 102, id., 1982, I, 1489, con nota di richiami.
20 ottobre 1950, essa veniva dichiarata atta a riprendere il
lavoro e, alla stessa data, veniva sospeso il versamento nei suoi confronti delle indennità di malattia. Il 31 gennaio 1966 essa
presentava all'INAMI, tramite l'I.n.p.s., a norma dei regolamenti nn. 3 e 4, una domanda di pensione d'invalidità. Tuttavia, la
sig.ra Camera non impugnava i provvedimenti di sospensione delle indennità e non faceva valere il carattere permanente della sua inabilità al lavoro. Il 26 novembre 1966 la sua invalidità
veniva riconosciuta in Italia. Tuttavia, la domanda da essa pre sentata per ottenere una pensione d'invalidità veniva respinta il 31 maggio 1968 con decisione dell'INAMI, cui la domanda era stata trasmessa, per il motivo che l'interessata aveva soggiornato in Italia senza previa autorizzazione del consulente medico del
l'istituzione. Questa decisione negativa veniva confermata, il 12
maggio 1969, in base al nuovo motivo relativo al fatto che
l'interessata non aveva, in quanto assicurata belga, fatto valere o esercitato pienamente il suo diritto alle prestazioni in danaro dell'assicurazione malattia, come previsto dalla legge belga del 9
agosto 1963.
3. - La sentenza d'appello della Cour du Travail di Bruxelles
confermava la sentenza del Tribunal du Travail con la quale era
stata respinta la domanda dell'interessata, per il motivo che, essendo stata esclusa dall'assicurazione malattia e invalidità a
decorrere dal 6 gennaio 1966, questa noi) si trovava più in una delle situazioni cui si applica l'accordo amministrativo italo-belga del 20 ottobre 1950, rimasto in vigore in forza dell'art. 6, nn. 1 e 2, del regolamento n. 4, che disciplina le modalità della dichia
razione d'invalidità. Di conseguenza, secondo la Cour du Tra
vail, al momento della presentazione all'I.n.p.s. della domanda
relativa alla pensione d'invalidità, l'interessata era esclusivamente
soggetta alla legislazione belga. Ora, sempre secondo la Cour du
Travail e ai sensi delle disposizioni legislative belghe, la doman da di pensione d'invalidità era irregolare in quanto là richieden te non aveva dichiarato la sua nuova inabilità al lavoro al
proprio istituto assicurativo nel Belgio e, in ogni caso, non
poteva fruire dell'indennità contemplata dall'art. 70, n. 1, della
summenzionata legge belga, che sancisce il principio della terri
torialità per quanto riguarda le prestazioni di malattia.
4. - Nel ricorso per cassazione, la sig.ra Camera faceva valere fra l'altro che la sua domanda di pensione d'invalidità, presen tata all'I.n.p.s. e implicante la dichiarazione d'invalidità, doveva essere considerata, in forza dell'art. 83 del regolamento n. 4,
equivalente alla dichiarazione all'autorità competente belga e che,
inoltre, il principio della territorialità era divenuto inapplicabile, in quanto contrastante con quanto disposto dall'art. 10, n. 1, del
regolamento n. 3.
5. - Per risolvere il suddetto problema, la Cour de Cassation
ha sottoposto a questa corte le seguenti questioni pregiudiziali: « 1) Nel caso in cui un lavoratore, avente diritto alle prestazioni in denaro dell'assicurazione malattia-invalidità in uno Stato membro della Comunità europea, sia stato autorizzato a soggior nare in un altro Stato membro per sottoporsi a cure sanitarie e
sia rimasto in questo Stato membro dopo la scadenza del termi
ne stabilito e in condizioni irregolari sotto il profilo della nor
mativa dello Stato d'origine e di un accordo amministrativo
stipulato fra i due Stati, rimasto vigente in forza dei regolamen ti CEE, nn. 3 e 4, relativo alla previdenza sociale a favore dei
lavoratori migranti, se l'art. 83 del regolamento n. 4 vada inter
pretato nel senso che detta disposizione non solo stabilisce la
data in cui le dichiarazioni o i ricorsi si considerano presentati all'autorità, all'istituzione o all'ente competente a conoscerne, ma
riconosce inoltre la regolarità della domanda qualora questa sia
stata presentata ad un'autorità, istituzione od ente di uno Stato
membro diverso da quello di appartenenza dell'autorità, dell'isti
tuzione o dell'ente competente a conoscerne. 2) Qualora la prima
questione venga risolta affermativamente, se detta disposizione vada interpretata nel senso che si deve considerare valida una
domanda presentata come esposto in precedenza, mentre, secon
do la normativa dello Stato dell'autorità competente, il richie
dente risiedeva irregolarmente nell'altro Stato. 3) Nello stesso
caso, se le disposizioni dell'art. 10, n. 1, del regolamento n. 3,
relativo alla previdenza sociale a favore dei lavoratori migranti, ostino a che l'ente previdenziale dello Stato d'origine applichi il
principio della territorialità delle prestazioni contemplato dalla
normativa nazionale, nella fattispecie la legge belga 9 agosto 1963 e il suo art. 70, n. 1 ».
Sulla prima e sulla seconda questione. — 6. - L'art. 83 del
regolamento n. 4, cui si riferisce la prima questione formulata
da Cour de Cassation, dispone che « la data in cui sono state
presentate le domande, le dichiarazioni o i ricorsi presso un'au
torità, un'istituzione o un organismo di un altro Stato membro è
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PARTE QUARTA
considerata come data di presentazione all'autorità, all'istituzione
o all'organismo competente». 7. - Dal testo stesso di questa disposizione risulta ch'essa ri
guarda il deposito delle domande presentate dai lavoratori mi
granti. Il suo scopo è quello di agevolare, dal punto di vista
amministrativo, le pratiche degli interessati, data la complessità delle procedure amministrative esistenti nei vari Stati membri, e
di evitare che, per ragioni puramente formali, gli interessati
possano essere privati dei loro diritti. Perciò, in forza dell'art. 83
del regolamento n. 4, la presentazione di una domanda ad
un'autorità, un'istituzione o un ente di uno Stato membro diver so dallo Stato competente a corrispondere la prestazione ha gli stessi effetti della diretta presentazione della domanda all'autorità
competente di quest'ultimo Stato.
8. - Per contro, non si può estendere la portata di questo articolo nel senso che, al di fuori delle questioni di forma, esso
riguarderebbe anche le norme sostanziali da applinre in materia.
9. - Si deve quindi dichiarare che l'art. 83 del regolamento n.
4 va interpretato nel senso che la presentazione di una domanda
all'autorità, all'istituzione o all'ente di uno Stato membro diverso
da quello competente a corrispondere la prestazione ha gli stessi
effetti della diretta presentazione della domanda alle autorità
competenti di quest'ultimo Stato. Una siffatta interpretazione è
d'altronde conforme al sistema del regolamento n. 4, il quale, su
questo punto, mira soltanto ad evitare che i lavoratori migranti
perdano i loro diritti a causa di semplici formalità amministrati
ve. Ne consegue che l'art. 83 del regolamento n. 4 non riguarda le norme sostanziali da applicare in materia.
10. - La circostanza che, ai sensi della legislazione dello Stato
di appartenenza dell'autorità competente, l'interessato risiedesse
irregolarmente nello Stato in cui ha presentato la domanda non
incide affatto sulla soluzione sopra indicata,
Sulla terza questione. — 11. - Con la terza questione, il giudi ce nazionale chiede se l'art. 10, n. 1, del regolamento n. 3 osti
all'applicazione, da parte dell'istituzione dello Stato competente, cui si richiede la prestazione, del principio della territorialità
sancito dalla normativa nazionale di tale Stato, e cioè, nel caso
di specie, dall'art. 70, n. 1, della legge belga 9 agosto 1963, il
quale dispone: « Salvo eccezioni previste dal re, le prestazioni
contemplate dalla presente legge non vengono corrisposte quando il beneficiario non si trovi effettivamente sul territorio belga al
momento della richiesta delle prestazioni stesse ovvero quando le
prestazioni di malattia siano state erogate fuori dal territorio
nazionale ».
12. - A norma dell'art. 10, n. 1, del regolamento n. 3, «le
pensioni o rendite e gli assegni in caso di morte acquisiti in
virtù della legislazione di uno o più Stati membri non possono subire alcuna riduzione, modifica, soppressione... per il fatto
che il beneficiario risieda nel territorio di uno Stato membro
diverso da quello in cui si trova l'istituzione debitrice».
13. - In forza dell'art. 26, n. 1, del regolamento n. 3, la
suddetta disposizione si applica per analogia alle prestazioni per il caso d'invalidità.
14. - Come è stato già rilevato nella giurisprudenza della cor
te, fra l'altro nella sentenza 7 novembre 1973 (causa 51/72,
Smieja, Racc. pag. 1213; Foro it., 1974, IV, 81), la suddetta
disposizione dell'art. 10 ha lo scopo di favorire la libera circola
zione dei lavoratori, tutelando gli interessati contro gli svantaggi che potrebbero derivare dal trasferimento della loro residenza da
uno Stato membro ad un altro. Ne consegue che, in forza di
tale disposizione, non soltanto l'interessato conserva il diritto di
fruire delle pensioni, delle rendite e degli assegni acquisiti in
base alla legislazione di uno o più Stati membri, anche dopo aver stabilito la propria residenza in un altro Stato membro, ma
inoltre non può essergli precluso l'acquisto di un siffatto diritto
per l'unico motivo che egli non risiede nel territorio dello Stato
in cui si trova l'istituzione debitrice.
15. - Inoltre, è utile aggiungere che, per quanto riguarda le
prestazioni di malattia, la questione è disciplinata dall'art. 19, n.
2, del regolamento n. 3, il quale prevede la conservazione, da
parte dei lavoratori subordinati o assimilati, in caso di trasferi
mento della loro residenza da uno Stato membro ad un altro, dei diritti alle prestazioni di malattia, esigendo tuttavia « l'auto
rizzazione dell'istituzione competente, che tiene debito conto dei motivi di tale trasferimento ». Va però sottolineato che questa
disposizione si applica unicamente alle prestazioni di malattia, non alle prestazioni d'invalidità.
16. - Dalle precedenti considerazioni risulta che l'art. 10, n. 1, del regolamento n. 3, va interpretato nel senso che l'ente assicu
rativo dello Stato d'origine non può applicare alle prestazioni d'invalidità il principio della territorialità cui si riferisce la legis lazione nazionale. (Omissis)
Per questi motivi, pronunciandosi sulle questioni sottopostele dalla Cour de Cassation del Belgio con ordinanza 6 aprile 1981, dichiara:
1. L'art. 83 del regolamento del Consiglio 3 dicembre 1958 n. 4 va interpretato nel senso che la presentazione di una doman da all'autorità, all'istituzione o all'ente di uno Stato membro
diverso da quello competente a corrispondere la prestazione ha
gli stessi effetti della diretta presentazione della domanda all'au
torità competente di quest'ultimo Stato.
2. La circostanza che la persona interessata risiedesse irrego larmente, ai sensi della legislazione dello Stato competene, nello
Stato in cui ha presentato la domanda non incide assolutamente sul fatto che tale presentazione ha gli stessi effetti della diretta
presentazione all'autorità competente dello Stato d'origine. 3. L'art. 10, n. 1, del regolamento del Consiglio 25 settembre
1958 n. 3 va interpretato nel senso che l'ente assicurativo dello Stato d'origine non può applicare alle prestazioni d'invalidità il
principio della territorialità cui si riferisce il giudice di rinvio
II
Diritto. — 1. - Con sentenza del 7 luglio 1981, pervenuta alla corte il 3 agosto 1981, la Corte di cassazione francese ha solle
vato, a norma dell'art. 177 del trattato CEE, due questioni pregiudiziali vertenti sull'interpretazione del regolamento n.
1408/71 relativo all'applicazione dei regimi di previdenza sociale ai lavoratori subordinati ed ai loro familiari che si spostano nell'ambito della Comunità (G.U. 1971, L 149, pag. 2) ed in
ispecie sull'interpretazione delle disposizioni di detto regolamento che riguardano la disoccupazione.
2. - Dette questioni sono insorte nell'ambito di una controver sia tra il sig. Aubin e l'Union nationale interprofessionnelle pour
l'emploi dans l'industrie et le commerce (U.N.E.D.I.C.), nonché l'Association pour l'emploi dans les industries et le commerce
(A.S.S.E.D.I.C.) del dipartimento delle Yvelines. 3. - L'Aubin, cittadino francese, lavorava a Parigi per conto di
una impresa belga. Nel settembre del 1970 il datore di lavoro
gli proponeva un impiego a Bruxelles, proposta che l'interessato
accettava trasferendosi nel Belgio con la famiglia. Nel dicembre del 1972 l'Aubin cambiava posto e tornava a lavorare in Fran
cia, nei dintorni di Parigi, ma conservava la residenza nel Bel
gio. 4. - Licenziato per motivi economici il 25 febbraio 1975, l'Au
bin, che aveva regolarmente versato i contributi previdenziali
per la disoccupazione in Francia, s'informava, presso la Dire ction départementale du travail et de la main-d'oeuvre delle
Yvelines, dei passi da compiere per far valere i suoi diritti. Con lettera 12 marzo 1975, l'ispettore del lavoro del dipartimento delle Yvelines rispondeva all'interessato che doveva chiedere
l'iscrizione, come disoccupato, all'ufficio di collocamento del luo
go di residenza, nel Belgio, e che l'indennità di disoccupazione gli sarebbe stata versata dall'ente belga, secondo le modalità stabi lite dai regolamenti del Consiglio 14 giugno 1971 n. 1408, e 21
marzo 1972 n. 574.
5. - Con atto 6 agosto 1975, l'Office national de l'emploi de
Belgique informava l'Aubin che non poteva fruire dell'indennità di disoccupazione nel Belgio, in particolare per il fatto che, contrariamente a quanto prescrive il regio decreto belga 20 dicembre 1963 sull'occupazione e sulla disoccupazione, non
comprovava di aver svolto attività subordinata nel Belgio per almeno un giorno nei diciotto mesi precedenti il licenziamento.
6. - Il 1° ottobre 1976, l'Aubin trovava di nuovo lavoro nei dintorni di Parigi e vi trasferiva la residenza.
7. - Con lettera del 14 maggio 1977, l'Aubin chiedeva il ver samento dell'indennità di disoccupazione all'U.N.E.D.I.C. Questo ente respingeva la domanda obiettando, in particolare, che il
richiedente non era iscritto come disoccupato in Francia. 8. - L'Aubin citava in giudizio l'U.N.E.D.I.C. e l'A.S.S.E.D.I.C.
del dipartimento delle Yvelines, per il pagamento dell'indennità di disoccupazione spettantegli a norma delle leggi francesi, per il
periodo 25 febbraio 1975 - 30 settembre 1976, nonché il risarci mento del danno. Con sentenza 1° giugno 1978, il Tribunal de Grande Instance di Parigi dichiarava irricevibile la domanda nei confronti dell'U.N.E.D.I.C. e respingeva quella nei confronti del l'A.S.S.E.D.I.C.
9. - L'interessato impugnava la sentenza, prima dinanzi alla Corte d'appello di Parigi e poi dinanzi alla Corte di cassazione, la quale ha chiesto alla Corte di giustizia: « 1) Se un cittadino
francese, il quale lavorava in Francia fino al licenziamento, non era ivi iscritto come disoccupato e risiedeva nel Belgio, dove aveva chiesto tale iscrizione, avesse diritto, secondo la normativa
comunitaria, al versamento delle prestazioni di disoccupazione da
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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA
parte dell'ente previdenziale competente dello Stato belga, ovvero
potesse pretenderle anche dall'ente previdenziale dello Stato
francese. 2) Se il fatto dell'iscrizione come disoccupato nel Bel
gio sia tale da far ritenere soddisfatta la condizione, posta dalla
normativa francese, dell'iscrizione come tale, in Francia, presso
l'Agence Nationale pour l'Emploi ».
Sulla prima questione. — 10. - A norma dell'art. 13, n. 2, lett.
a), del regolamento del Consiglio 14 giugno 1971 n. 1408 « il
lavoratore occupato nel territorio di uno Stato membro è sogget to alla legislazione di tale Stato anche se risiede nel territorio di
un altro Stato membro o se l'impresa o il datore di lavoro da
cui dipende ha la propria sede o il proprio domicilio nel
territorio di un altro Stato membro».
11.- Questa disposizione di carattere generale, inclusa nel ti
tolo II, «Determinazione della legislazione applicabile», del
regolamento n. 1408/71 si applica tuttavia solo qualora le dispo sizioni specifiche per le varie categorie di prestazioni, che costi
tuiscono il titolo III dello stesso regolamento, non vi apportino
deroghe. 12. - Questo avviene appunto per il capitolo 6, riguardante la
disoccupazione, di detto titolo III, le cui disposizioni — come la
corte ha già affermato nella sentenza 15 dicembre 1976 (Bestuur der Bedrijfsvereniging voor de Betaalnijverheid c/ L. ]. Mou
thaan, causa 39/76, Race. 1976, pag. 1901; Foro it., 1977, IV,
175), per l'applicazione dell'art. 71, n. 1, lett. b), ii), di detto
capitolo 6 — mirano a garantire al lavoratore migrante il van
taggio delle prestazioni di disoccupazione nelle condizioni più favorevoli per la ricerca di una nuova occupazione.
13. - A questo scopo, il capitolo 6 comprende in particolare la
sezione 3, la quale disciplina con un articolo unico, l'art. 71,
l'ipotesi dei disoccupati che, durante la loro ultima occupazione, risiedevano in uno Stato membro diverso dallo Stato competente.
14. - A questo proposito, e prima di esaminare l'art. 71, cui si
richiama nella motivazione la sentenza di rinvio della Corte di
cassazione, va rilevato che, mentre la Corte di giustizia, nella
sentenza 17 febbraio 1977 (Silvana Di Paolo, causa 76/76, Race.
1977, pag. 315; Foro it., 1977, IV, 242) ha definito i criteri per
l'interpretazione della nozione di residenza ai sensi dell'art. 71, n. 1, lett. b), ii), il giudice proponente ha dichiarato che il
lavoratore del cui caso doveva conoscere risiedeva nel Belgio e
non ha sottoposto alla corte alcuna questione su cosa dovesse
intendersi per residenza di un lavoratore migrante. Quindi la
corte deve considerare assodato che — per dirla con la Corte
di cassazione — l'interessato « lavorava in Francia fino al li
cenziamento, ... non vi era iscritto come disoccupato e ... risie
deva nel Belgio, dove aveva chiesto tale iscrizione ».
15. - L'art. 71, n. 1, del regolamento n. 1408/71 comprende
disposizioni distinte a seconda che il disoccupato sia un lavora tore frontaliero (lett. a) o un lavoratore diverso dal lavoratore
frontaliero (lett. b). Spetta al giudice nazionale stabilire se l'inte
ressato fosse, alla data determinante per la soluzione della lite
principale, un lavoratore frontaliero ai sensi dell'art. 1, lett. b), dello stesso regolamento. Tuttavia, poiché la Corte di cassazione — nella motivazione della sentenza — ha menzionato entrambe
le ipotesi, senza pronunciarsi sulla qualità di frontaliero dell'Au
bin, è opportuno che la corte — benché non risulti che l'inte
ressato abbia sostenuto di essere un frontaliero — esamini la
portata delle disposizioni relative ad entrambe le ipotesi. 16. - Quanto al lavoratore frontaliero, l'art. 71, n. 1, lett. a),
dispone anzitutto (i) che « il lavoratore frontaliero, in disoccu
pazione parziale o accidentale nell'impresa presso cui è occupa to, beneficia delle prestazioni secondo le disposizioni della legis lazione dello Stato competente come se risiedesse nel territorio
di questo Stato; queste prestazioni sono erogate dall'istituzione
competente », e in secondo luogo che (ii) « il lavoratore fronta
liero che è in disoccupazione completa beneficia delle prestazioni secondo le disposizioni della legislazione dello Stato membro nel
cui territorio risiede, come se fosse stato soggetto durante l'ulti
ma occupazione a tale legislazione; tali prestazioni vengono
erogate dall'istituzione del luogo di residenza e sono a carico
della medesima».
17. - Dalla stessa lettera di questa disposizione risulta che il
lavoratore frontaliero in disoccupazione completa — come pare fosse l'Aubin, poiché la Corte di cassazione precisa che egli è
stato licenziato in Francia per motivi economici nel marzo del
1975 — fruisce dell'indennità di disoccupazione secondo le leggi dello Stato membro in cui risiede.
18. - Per quel che riguarda il lavoratore che non è un fronta
liero, l'art. 71, n. 1, lett. b), precisa: « i) un lavoratore diverso
dal lavoratore frontaliero, in disoccupazione parziale, accidentale
o completa, il quale rimane a disposizione del datore di lavoro
Il Foro Italiano — 1983 — Parte IV-18.
o degli uffici di lavoro nel territorio dello Stato competente, beneficia delle prestazioni secondo le disposizioni della legisla zione di tale Stato come se risiedesse nel suo territorio; tali
prestazioni sono erogate dall'istituzione competente; ii) un lavo ratore diverso dal lavoratore frontaliero, che è in disoccupazione completa e che si pone a disposizione degli uffici del lavoro nel
territorio dello Stato membro in cui risiede o che ritorna in tale
territorio, beneficia delle prestazioni secondo la legislazione di
questo Stato come se vi avesse svolto la sua ultima occupazio ne; queste prestazioni sono erogate dall'istituzione del luogo di residenza e sono a carico della medesima. Tuttavia, se il lavora
tore è stato ammesso al beneficio delle prestazioni a carico dell'istituzione competente dello Stato membro alla cui legisla zione è stato soggetto da ultimo, beneficia delle prestazioni in
conformità delle disposizioni dell'art. 69. Il beneficio delle pre stazioni della legislazione dello Stato in cui il lavoratore risiede viene sospeso durante il periodo in cui il disoccupato può pretendere, ai sensi dell'art. 69, le prestazioni della legislazione alla quale è stato soggetto da ultimo».
19. - Queste disposizioni offrono una scelta al lavoratore.
Questi può optare per il regime delle prestazioni di disoccupa zione dello Stato in cui è stato da ultimo occupato oppure chiedere le prestazioni dello Stato in cui risiede. La scelta va
effettuata in particolare, anzi in modo esclusivo, nel caso del
disoccupato a disposizione degli uffici del lavoro dello Stato al
quale viene chiesto il versamento delle prestazioni. In compenso, il lavoratore non può cumulare gli importi delle indennità di
disoccupazione di due Stati né, dopo essersi posto unicamente a
disposizione degli uffici del lavoro nel territorio dello Stato
membro in cui risiede, può chiedere di fruire delle prestazioni di disoccupazione dello Stato della sua ultima occupazione. Co
me, su quest'ultimo punto, rileva la corte nella sentenza 9 luglio 1975 (D'Amico, causa 20/75, Racc. 1975, pag. 897; Foro it., 1975,
IV, 205), « il diritto alle prestazioni di disoccupazione presuppone che il disoccupato sia a disposizione dell'ufficio di collocamento
presso il quale è iscritto, come si desume dal capitolo 6 del
regolamento n. 1408/71, in particolare dagli art. 69 e 71».
20. - Si deve dunque risolvere la prima questione sollevata dalla Corte di cassazione nel senso che il cittadino di uno Stato membro della Comunità europea, che lavorava in Francia fino al
licenziamento, non era ivi iscritto come disoccupato e risiedeva nel Belgio, dove aveva chiesto tale iscrizione, può pretendere solo il versamento delle prestazioni di disoccupazione contempla te dalla normativa belga, indipendentemente dal fatto che sia un
lavoratore frontaliero.
Sulla seconda questione. — 21. - Con la seconda questione, la
Corte di cassazione chiede alla corte se l'iscrizione di un lavora
tore migrante come disoccupato nel Belgio possa valere come
iscrizione presso l'Agence nationale pour l'emploi francese, iscri
zione che, secondo il diritto francese, costituisce il presupposto
per il versamento delle indennità di disoccupazione in Francia.
22. - Come si è detto sopra, mettendosi a disposizione degli uffici del lavoro dello Stato membro in cui risiede, e non di
quelli dello Stato membro in cui lavorava prima di essere disoc
cupato, il lavoratore opta volontariamente per il regime delle
prestazioni di disoccupazione dello Stato in cui risiede. Nessun
principio, nessuna norma del diritto comunitario contrastono con
questa affermazione né consentono, salva restando l'applicazione dell'art. 69 del regolamento n. 1408/71, di equiparare l'iscrizione
come disoccupato presso i competenti uffici belgi all'iscrizione
come tale presso l'Agence nationale pour l'emploi francese.
23. - Benché l'art. 86, che figura fra le « disposizioni diverse »
del regolamento n. 1408/71, equipari, in determinati casi, la
presentazione di una domanda di prestazioni in un altro Stato
membro alla presentazione che avrebbe dovuto farsi nello Stato
membro competente, detto art. 86, che mira a facilitare la
circolazione dei lavoratori migranti ed a. semplificare le loro
pratiche amministrative, non può assolutamente venir applicato in un caso come quello prospettato dalla Corte di cassazione, in
cui l'iscrizione come disoccupato non costituisce una semplice formalità amministrativa né si limita alla presentazione di un
fascicolo destinato ad esser trasmesso, per esame e disbrigo della
pratica, all'autorità competente di un altro Stato membro, ma ha
l'effetto, in forza del diritto comunitario, di determinare lo Stato
competente a corrispondere, secondo le proprie leggi, le presta zioni di disoccupazione.
24. - Si deve dunque risolvere la seconda questione sollevata
dalla Corte di cassazione nel senso che nessuna disposizione di
diritto comunitario consente di equiparare l'iscrizione del lavora
tore migrante come disoccupato nel Belgio all'iscrizione come
tale presso l'Agence nationale pour l'emploi francese. (Omissis)
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PARTE QUARTA
Per questi motivi, pronunziandosi sulle questioni ad essa sot
toposte dalla Corte di cassazione francese, con sentenza 7 luglio 1981, dichiara:
1) Il cittadino di uno Stato membro della Comunità europea che lavorava in Francia fino al licenziamento, non era ivi
iscritto come disoccupato e risiedeva nel Belgio, dove aveva
chiesto tale iscrizione, può pretendere solo le prestazioni di
disoccupazione contemplate dalla normativa belga, indipendente mente dal fatto che sia un lavoratore frontaliero.
2) Nessuna disposizione di diritto comunitario consente di e
quiparare l'iscrizione di un lavoratore migrante come disoccupato nel Belgio all'iscrizione come tale presso l'Agence nationale pour
I'emploi francese.
Ili
Diritto. — 1. - Con sentenza 3 aprile 1981, pervenuta in can
celleria il 10 aprile successivo, la Cour du travail di Mons ha
sottoposto a questa corte, in forza dell'art. 177 del trattato CEE,
talune questioni pregiudiziali vertenti, da una parte, sull'interpre tazione del regolamento del Consiglio 14 giugno 1971 n. 1408, relativo all'applicazione dei regimi di previdenza sociale ai lavo
ratori dipendenti e alle loro famiglie che si spostano nell'ambito
della Comunità (G. U. L 149, pag. 2) e del regolamento del
Consiglio 21 marzo 1972 n. 574, che stabilisce le modalità d'ap
plicazione del regolamento n. 1408/71 (G. U. L 74, pag. 1), e
dall'altra, in via subordinata, sulla validità del regolamento n.
1408/71 alla luce degli obiettivi del trattato, in generale, e del
suo art. 51, in particolare. 2. - Le suddette questioni sono state sollevate nell'ambito di
una controversia fra la sig.ra Baccini e l'Office national de
I'emploi (O.N.Em.) del Belgio. 3. - La sig.ra Baccini, cittadina italiana, lavorava in Italia e,
successivamente, nel Belgio. In quest'ultimo paese le venivano
corrisposte, dal 5 luglio 1973, prestazioni d'invalidità.
4. - In conformità a quanto disposto dai regolamenti del Con
siglio nn. 1408/71 e 574/72, l'Institut National d'Assurance Ma
ladie-Invalidité del Belgio (I.N.A.M.I.) informava l'Istituto na
zionale della previdenza sociale italiano (I.n.p.s.) dello stato
d'invalidità della sig.ra Baccini. A norma dell'art. 40, n. 3
(successivamente divenuto n. 4), del regolamento n. 1408/71, « la decisione dell'istituzione di uno Stato membro circa lo stato
d'invalidità del richiedente s'impone all'istituzione di ogni altro
Stato membro in causa, a condizione che la concordanza delle
condizioni relative allo stato d'invalidità tra le legislazioni di
questi Stati sia riconosciuta nell'allegato IV ». Prima che, il 18
settembre 1981, venisse adottato il regolamento del Consiglio n.
2793/81 (G.U. L 275, pag. 1), recante modifica del regola mento n. 1408/71, detto allegato IV ammetteva la concordanza
delle condizioni relative allo stato d'invalidità nelle legislazioni belga ed italiana.
5. - Tenuto conto delle informazioni ricevute dall'I.N.A.M.I.
circa lo stato d'invalidità della sig.ra Baccini, informazioni di
carattere vincolante per l'ente italiano in ragione delle suddette
disposizioni del regolamento n. 1408/71 e del suo allegato IV,
l'I.n.p.s. attribuiva all'interessata, con effetto dal 1° agosto 1974 una pensione d'invalidità che, considerato il fatto che la sig.ra Baccini aveva lavorato in Italia e nel Belgio, veniva liquidata in base a cumulo e ripartizione pro-rata secondo le modalità fissate dai regolamenti nn. 1408/71 e 574/72.
6. - Successivamente, il medico di fiducia dell'ente competente belga constatava che l'inabilità al lavoro della sig.ra Baccini era
cessata; all'interessata non venivano più corrisposte le prestazio ni d'invalidità belghe. Poiché l'art. 141, 1° comma, del regio decreto belga 20 dicembre 1963, relativo all'occupazione e alla
disoccupazione, modificato I'll settembre 1969, precisa che « non ha diritto alle prestazioni di disoccupazione per inabilità al lavoro, il lavoratore che fruisce di prestazioni in forza di un
regime belga di assicurazione-invalidità », la sig.ra Baccini, che non percepiva più nel Belgio prestazioni d'invalidità, veniva ammessa a fruire di un sussidio belga di disoccupazione, corri
spostole dal 28 aprile 1975 al 4 giugno 1975 e poi, di nuovo, a
partire dal 1° settembre 1977.
7. - II regio decreto belga 20 dicembre 1963, modificato, di
spone all'art. 141, 3° comma, che «non ha diritto alle pre stazioni di disoccupazione per inabilità al lavoro il lavoratore che fruisce di prestazioni in forza di un regime estero di assi curazione malattia-invalidità, in ragione di una inabilità al lavo ro o di una malattia professionale, qualora il tasso d'invalidità sia pari o superiore al 50% ». In base a queste disposizioni il direttore dell'ufficio regionale dell'O.N.Em. a La Louvière, in un provvedimento dell'8 dicembre 1978, decideva che la sig.ra
Baccini, per il fatto che fruiva di una pensione d'invalidità
attribuitale in Italia dall'I.n.p.s., era esclusa dal diritto di fruire
del sussidio belga di disoccupazione dal 28 aprile al 4 giugno
1975, nonché a partire dal 1° settembre 1977, e chiedeva all'in
teressata il rimborso delle prestazioni da essa percepite durante i
suddetti periodi. 8. - L'interessata impugnava tale decisione dinanzi al Tribunal
du travail di Charleroi, indi in appello dinanzi alla Cour du
travail di Mons, la quale chiede in sostanza: in primo luogo, se l'art. 51 del trattato CEE ed i regolamenti nn. 1408/71 e
574/72 vadano interpretati nel senso che è conforme alle finalità
del trattato il fatto di rifiutare, in base a norme nazionali anti-cu
mulo, le prestazioni di disoccupazione ad un lavoratore migrante, in uno Stato in cui egli non è più riconosciuto inabile al lavoro, per il motivo che l'interessato riceve da un altro Stato membro una
pensione d'invalidità pro rata temporis, liquidata in base ai regola menti comunitari; in secondo luogo, se, in caso di soluzione afferma
tiva della suddetta questione, tale situazione non sia « già un effet
to della spettanza delle prestazioni d'invalidità ai sensi del regola mento n. 1408/71, sicché tale regolamento non produce gli effetti di
tutela voluti dall'art. 51 del trattato, conseguenza, questa, che
sarebbe incompatibile con gli obiettivi del trattato».
9. - Sia dalla formulazione della prima questione sollevata dal la Cour du travail di Mons, sia dalla motivazione della sentenza
di rinvio, risulta che l'attribuzione del sussidio di disoccupazione alla lavoratrice migrante di cui trattasi nel caso di specie dipen de dall'idoneità al lavoro dell'interessata, idoneità che è stata
ammessa dalle autorità dello Stato dal quale si pretende la
prestazione.
10. - È solo in ragione del fatto che l'interessata percepisce da
un altro Stato membro una pensione d'invalidità liquidata in
base ai regolamenti nn. 1408/71 e 574/72 che gli uffici compe tenti dello Stato che dovrebbe versare le prestazioni di disoccu
pazione a detta lavoratrice hanno opposto a quest'ultima un
rifiuto, basandosi su una norma della propria legislazione nazio
nale.
11. - La soluzione della prima questione formulata dalla Cour
du travail di Mons dipende perciò dal se, tenuto conto degli obiettivi del trattato, la circostanza che ad un lavoratore migran te venga corrisposta, da uno Stato membro diverso da quello in
cui è occupato, una pensione d'invalidità attribuita e liquidata in
base ai regolamenti comunitari di cui trattasi e alle condizioni
ivi previste possa avere l'effetto di privare detto lavoratore del
diritto ad una prestazione di natura diversa che gli spetterebbe in base alla sola legislazione dello Stato di occupazione, qualora non venissero applicati i regolamenti comunitari.
12. - Gli art. 48-51 del trattato hanno lo scopo di garantire la
libera circolazione dei lavoratori nell'ambito della Comunità. I
regolamenti nn. 1408/71 e 574/72, adottati in forza dell'art. 51
del trattato, attuano i principi enunciati da questo articolo, per
quanto riguarda il settore della previdenza sociale.
13. - Benché, secondo la giurisprudenza della corte, ai lavora
tori migranti possano essere imposte determinate limitazioni in
contropartita dei vantaggi previdenziali ch'essi traggono dai rego lamenti comunitari e che altrimenti non potrebbero ottenere, lo
scopo perseguito dagli art. 48-51 del trattato non sarebbe realiz
zato se l'applicazione dei suddetti regolamenti avesse come con
seguenza l'abolizione o la riduzione dei vantaggi previdenziali
spettanti al lavoratore in forza delle sole leggi di uno Stato
membro.
14. - Sarebbe infatti jn contrasto con le finalità degli art.
48-51 del trattato che disposizioni destinate ad agevolare la
circolazione dei lavoratori migranti avessero, in realtà, l'effetto di
renderla più difficile, privando gli interessati di vantaggi di cui
avrebbero potuto fruire in mancanza delle suddette norme del
trattato e delle disposizioni adottate dal Consiglio per la loro
attuazione.
15. - È vero che l'art. 12, n. 2, del regolamento n. 1408/71
dispone che « le clausole di riduzione, di sospensione o di
soppressione previste dalla legislazione di uno Stato membro in
caso di cumulo di una prestazione con altre prestazioni di
sicurezza sociale o con altri redditi sono opponibili al beneficia
rio anche se si tratta di prestazioni acquisite in base alla legisla zione di un altro Stato membro». Tuttavia, tenuto conto delle
finalità dei surricordati art. 48-51, detta norma non può essere
interpretata nel senso ch'essa si estende alle disposizioni della
legislazione nazionale di uno Stato membro le quali, per la
concessione di un sussidio di disoccupazione la cui attribuzione
è subordinata all'idoneità al lavoro dell'interessato, non tengano conto dello stato fisico effettivo del lavoratore alla data in cui
rimane disoccupato, ma considerino che l'inabilità al lavoro è
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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA
provata dalla circostanza che al lavoratore migrante è stata
concessa, precedentemente, una pensione d'invalidità in un altro
Stato membro, in forza dell'applicazione delle norme comunitarie
ed in base ad informazioni fornite dal primo Stato membro.
16. - Da quanto precede risulta che la prima questione formu
lata dalla Cour du travail di Mons va risolta dichiarando che
l'art. 51 del trattato CEE e i regolamenti del Consiglio nn.
1408/71 e 574/72 vanno interpretati nel senso che, qualora, secondo le leggi nazionali di uno Stato membro, l'accesso del
lavoratore migrante al sussidio di disoccupazione dipenda dall'i
doneità al lavoro e tale idoneità sia stata ammessa dalle compe tenti autorità di detto Stato, queste non possono rifiutare al
lavoratore interessato il sussidio di cui trattasi per il fatto che
egli riscuote, in un altro Stato membro, una pensione d'invalidi
tà liquidata secondo le norme comunitarie di cumulo e di ripar tizione pro-rata.
17. - Tenuto conto della soluzione data alla prima questione sollevata dalla Cour du travail di Mons, non è necessario risol
vere la seconda questione, formulata in subordine, relativa alla
validità del regolamento n. 1408/71 alla luce degli obiettivi del
trattato. (Omissis)
Per questi motivi, pronunciandosi sulle questioni sottopostele dalla Cour du travail di Mons, con sentenza 3 aprile 1981, dichiara:
L'art. 51 del trattato CEE, il regolamento del Consiglio 14
giugno 1971 n. 1408, relativo all'applicazione dei regimi di pre videnza sociale ai lavoratori dipendenti e alle loro famiglie che
si spostano nell'ambito della Comunità, e il regolamento n.
574/72, che stabilisce le modalità d'applicazione del suddetto
regolamento, vanno interpretati nel senso che, qualora, secondo
le leggi nazionali di uno Stato membro, l'accesso del lavoratore
migrante al sussidio di disoccupazione dipenda dall'idoneità al
lavoro e tale idoneità sia stata ammessa dalle competenti autori
tà di detto Stato, queste non possono rifiutare al lavoratore interessato il sussidio di cui trattasi per il fatto che egli riscuote, in un altro Stato membro, una pensione d'invalidità liquidata secondo le norme comunitarie di cumulo e di ripartizione pro rata.
IV
Diritto. —■ 1. - Con sentenza 7 gennaio 1981, giunta alla corte
il 14 gennaio successivo, la Cour du travail di Mons ha propo
sto, a norma dell'art. 177 del trattato CEE, tre questioni pregiu diziali relative all'interpretazione dell'art. 51 del regolamento del
Consiglio 14 giugno 1971 n. 1408, relativo all'applicazione dei
regimi di previdenza sociale ai lavoratori subordinati e ai loro
familiari che si spostano all'interno della Comunità (G. U. L 149,
pag. 2). 2. - Dette questioni sono state sollevate nell'ambito di una
controversia tra il sig. A. Sinatra, cittadino italiano, e il Fonds
National de Retraite des Ouvriers Mineurs (in prosieguo:
F.N.R.O.M.), ente previdenziale belga. Dal 1° aprile 1971 il
Sinatra gode di una pensione di invalidità spettantegli in base
alla sola legislazione previdenziale belga e versatagli dal
F.N.R.O.M. Applicando le norme nazionali anticumulo l'ente
belga defalca dalla pensione spettante in Belgio l'importo della
pensione corrisposta dall'ente italiano dal novembre 1970 in
forza delle vigenti norme comunitarie. In considerazione dell'at
tività lavorativa subordinata svolta dalla consorte del Sinatra,
l'ammontare della pensione belga veniva modificato, dal 1° gen naio 1976, applicando l'aliquota per celibi. Il F.N.R.O.M. ritene
va che questa modifica rendesse necessario, in base all'art. 51, n.
2, del regolamento n. 1408/71, un nuovo calcolo delle prestazio ni a norma dell'art. 46 dello stesso regolamento. Esso riceveva
comunicazione, il 2 novembre 1978, dell'importo delle prestazioni italiane versate al 1° gennaio 1976 e, applicando la normativa
anticumulo in funzione di questo importo attualizzato, esigeva dal Sinatra 38.800 FB versati indebitamente per il periodo 1°
gennaio 1976 - 31 gennaio 1979.
3. - La Cour du travail di Mons, ritenendo che la soluzione
della controversia dipendesse dall'interpretazione dell'art. 51 del
regolamento del Consiglio n. 1408/71, ha sottoposto alla Corte di
giustizia le seguenti questioni pregiudiziali: « 1. - Se la "rivalu
tazione "
di cui al titolo dell'art. 51 del regolamento 14 giugno 1971 n. 1408 costituisca l'ambito generale d'applicazione dei nn.
1 e 2 del suddetto articolo in tal guisa che le ipotesi di cui al
n. 2 comprendano solo i casi nei quali vi è rivalutazione o
aumento di prestazione anche se il termine " modifica
" quale
figura nell'art. 51, n. 2, ha il senso usuale tanto di miglioramen
to, quanto di peggioramento. 2. - Se sussista "
modifica del mo
do di determinazione o delle norme per il calcolo delle presta
zioni "
ai sensi dell'art. 51, n. 2, del regolamento n. 1408/71 sin
dal momento della sola modifica della situazione dell'assicurato
sociale che abbisogna per il suo caso, da parte dell'ente belga,
dell'applicazione di un'altra norma di diritto belga relativa al
l'importo della pensione belga d'invalidità spettante ai minatori
al fondo versatagli nel senso della decurtazione della pensione
(art. 4, n. 1, 4°, regio decreto 19 novembre 1970), senza che vi
sia stato cambiamento in quell'epoca delle disposizioni belghe, in
quanto tali, relative al modo di determinare le prestazioni o
a quelle concernenti le norme per il calcolo delle prestazio ni. 3. - Se l'art. 51, n. 2, del regolamento CEE n. 1408/71 vada
interpretato nel senso che la sola modifica dell'importo della
pensione d'invalidità attribuita dall'ente belga competente all'as
sicurato sociale nel senso della decurtazione di detto importo, a
norma dell'art. 4, n. 1, 4°, r. d. 19 novembre 1970, comporta un
nuovo calcolo delle prestazioni giusta l'art. 46 del regolamento CEE n. 1408/71 ».
4. - Dall'esame di tali questioni si evince che il giudice nazio
nale vuole sapere, in sostanza, se, a norma dell'art. 51 del
regolamento n. 1408/71, si debba operare un nuovo calcolo delle
prestazioni in conformità all'art. 46 dello stesso regolamento allorché un mutamento della situazione personale dell'assicurato
comporta una riduzione delle prestazioni che gli vengono corri
sposte. 5. - 11 regime di cumulo e ripartizione proporzionale contem
plato dall'art. 46 del regolamento n. 1408/71, e che si fonda
sull'art. 51 del trattato, mira a por rimedio alle situazioni in cui
le leggi di uno Stato membro non attribuiscono di per sé sole, al lavoratore, diritto alla prestazione, perché egli non ha matura
to periodi assicurativi sufficienti in base a tali leggi, oppure gli danno diritto solo ad una prestazione inferiore al massimo.
6. - Pertanto non può farsi ricorso a questo sistema qualora ne risulti una prestazione inferiore a quella che spetterebbe all'interessato in forza delle leggi di un solo Stato membro, in
base ai soli periodi assicurativi maturati sotto le stesse leggi. 7. - Qualora invece l'applicazione delle leggi nazionali, si riveli
meno favorevole di quella del regime del cumulo e della riparti zione pro-rata, a norma dell'art. 46, n. 1, del regolamento n.
1408/71 va applicato quest'ultimo. 8. - Il diritto cosi riconosciuto al lavoratore migrante di fruire
del regime previdenziale più favorevole implica, in linea di
massima, che si operi, ad ogni modifica delle prestazioni erogate nell'ambito di detto regime, un nuovo raffronto, in conformità
dell'art. 46 del regolamento n. 1408/71, tra regime nazionale e
regime di cumulo e ripartizione professionale onde stabilire qua le dei due si riveli più vantaggioso a seguito della modifica
sopraggiunta. 9. - Tuttavia, onde ridurre l'onere amministrativo che compor
terebbe il riesame della situazione dell'assicurato ogni qualvolta vi sia modifica delle prestazioni percepite, l'art. 51 del regola mento n. 1408/71 fa una distinzione tra le modifiche delle
prestazioni, « di una percentuale determinata o di un importo
determinato», conseguenti ali'« aumento del costo della vita», alla « variazione del livello delle retribuzioni » o ad « altre
cause di adeguamento », e le modifiche apportate al « modo di
determinazione » e alle « norme per il calcolo » delle prestazio ni. Infatti detto articolo, al n. 1, stabilisce che le modifiche del
primo tipo vanno applicate direttamente alle prestazioni corri
sposte senza dover procedere al nuovo calcolo espressamente
contemplato al n. 2 per le modifiche del secondo tipo.
10. - Il regolamento ha cosi' inteso escludere un nuovo calcolo
allorché l'adeguamento delle prestazioni è determinato da fatti
estranei alla situazione individuale dell'assicurato ed è conse
guenza dell'andamento generale della situazione economica e so
ciale.
11.- Detta esclusione non può, in assenza di specifiche dispo sizioni al riguardo, venir estesa alle modifiche delle prestazioni determinate da un mutamento della situazione personale dell'as
sicurato quale il passaggio della categoria « coniugato » a quella di «celibe». È infatti impensabile, in casi del genere, un'appli cazione analogica dell'art. 51, n. 1, poiché i cambiamenti della
situazione personale degli assicuratori, contrariamente alle « cau
se di adeguamento » contemplate in detto paragrafo, non hanno
indole generale.
12. - Si devono dunque risolvere le questioni sottoposte dalla
Cour du travail di Mons nel senso che un nuovo calcolo in
conformità all'art. 46 del regolamento n. 1408/71 è necessario
ogniqualvolta vi sia modifica delle prestazioni erogate da uno
Stato membro, a meno che detta modifica sia dovuta ad una
delle «cause di adeguamento» di cui al n. 1 dell'art. 51 del
regolamento n. 1408/71, tra le quali non rientrano i mutamenti
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PARTE QUARTA
che sopravvengono nella situazione individuale dell'assicurato.
(Omissis)
Per questi motivi, pronunciandosi sulle questioni ad essa sot
toposte dalla Cour du travail di Mons con sentenza 7 gennaio
1981, dichiara:
Un nuovo calcolo in conformità all'art. 46 del regolamento n.
1408/71 è necessario ogniqualvolta vi sia modifica delle presta zioni erogate da uno Stato membro, a meno che detta modifica
sia dovuta ad una delle « cause di adeguamento » di cui al n. 1
dell'art. 51 del regolamento n. 1408/71, tra le quali non rientra
no i mutamenti che sopravvengono nella situazione individuale
dell'assicurato.
V
Diritto. — 1. - Con ordinanza 18 dicembre 1980, pervenuta alla corte il 5 febbraio 1981, la High Court of Justice, Queen's Bench Division, Divisional Court, di Londra, ha sollevato, a
norma dell'art. 177 del trattato CEE, due questioni pregiudiziali vertenti sull'interpretazione dell'art. 50 del regolamento del Con
siglio 14 giugno 1971 n. 1408, relativo all'applicazione dei regimi di previdenza sociale ai lavoratori subordinati (G. U. L 149, pag. 1, testo coordinato: G.U. 1980, C 138, pag. 1), riguardanti, in
particolare, il significato da attribuirsi alla nozione « prestazione minima ».
2. - Dal fascicolo risulta che il resistente dinanzi alla High Court of Justice, sig. Robert Stanley, cittadino irlandese residente
nel Regno Unito, compiva periodi di assicurazione, in un primo
tempo, nel suo paese d'origine, e successivamente nel Regno Unito. Giunto, nel 1973, all'età della pensione, otteneva, con
provvedimento 27 marzo 1973 dell'Insurence Officer, una pen sione di vecchiaia liquidata ai sensi dell'art. 46, n. 1, del rego lamento n. 1408/71. In aggiunta a tale pensione, l'Insurence Officer gli attribuiva un supplemento di pensione, in relazione
all'art. 50 dello stesso regolamento, a norma del quale il be
neficiario di prestazioni può aver diritto, in determinate circo
stanze, ad un complemento di pensione pari alla « differenza »
tra la somma delle prestazioni dovute ai sensi del regolamento e
l'importo della « prestazione minima ».
3. - L'Insurance Officer considerava come « prestazione mini
ma » la prestazione dovuta secondo la legislazione del Regno Unito, e come «differenza», ai sensi dell'art. 50, lo scarto tra
questa prestazione e la pensione dovuta qualora tutti i periodi assicurativi fossero stati compiuti nel Regno Unito. Egli liquida va quindi una pensione corrispondente all'« importo teorico » di cui all'art. 46, n. 2, lett. a), del regolamento. Tale decisione si
spiega col fatto che, a quell'epoca, il governo del Regno Unito
aveva dichiarato, a norma degli art. 5 e 50 del regolamento n.
1408/71, come «prestazioni minime ai sensi dell'art. 50 del
regolamento », determinate prestazioni dovute, in particolare, in
forza del National Insurance Act 1965, nella versione emendata
(G. U. 1973, C 43, pag. 7, sub II).
4. - Tale dichiarazione, aggiornata nel 1975 (G. U. C 245, pag. 2, sub II), veniva in seguito sostituita da una dichiarazione, pubblica nella Gazzetta ufficiale 14 aprile 1977, n. 89, pag. 2, la
quale recita: « Prestazioni minime di cui all'art. 50 del regola mento - nulla ». Poco prima della pubblicazione di tale dichiara
zione, vale a dire il 27 gennaio 1977, l'lnsurance Officer adotta
va un provvedimento di modifica del primo provvedimento, con cui toglieva allo Stanley, con effetto dal 6 gennaio 1977, il
vantaggio precedentemente attribuitogli a norma dell'art. 50 del
regolamento. 5. - Lo Stanley proponeva contro tale atto, dinanzi alla com
missione locale competente, un reclamo che veniva respinto. Esso faceva appello contro la suddetta decisione dinanzi al Social Security Commissioner, già Nationale Insurance Commis
sioner, il quale, il 13 settembre 1979, statuiva che il provvedi mento originario dell'Insurance Officer andava tenuto fermo, non essendovi motivo di modificarlo.
6. - Dalla motivazione di tale pronunzia si desume che il
Social Security Commissioner ritiene che, ai sensi dell'art. 50 del
regolamento n. 1408/71, si deve intendere per «prestazione minima », l'importo minimo da corrispondersi secondo la legge britannica per il complesso dei periodi assicurativi da prendere in considerazione. La pensione a forfait calcolata sulla base dei
periodi assicurativi in tal modo determinati costituisce, secondo il Commissioner, la pensione minima determinata dalla legisla zione britannica. Se tale importo corrisponde « all'importo teori co » contemplato dall'art. 46, n. 2, lett a), del regolamento, trattasi, ad avviso del Commissioner, di mera coincidenza. Il
Commissioner sostiene che la suddetta interpretazione è confor
me all'art. 50 del regolamento e che non si può invocare in
senso contrario la motivazione della sentenza della corte 30
novembre 1977 (causa 64/77, Torri, Race. 1977, pag. 2299; Foro
it., 1978, IV, 354), cui l'Insurance Officer si è richiamato dinan
zi a lui.
7. - L'Insurance Officer ha appellato tale decisione dinanzi
alla Hight Court of Justice, Queen's Bench Division, Divisional
Court. Contrariamente al Social Security Commissioner, esso ri
tiene, conformemente a quanto dichiarato nel 1977 dal governo
del Regno Unito, che la legislazione britannica non preveda in
realtà alcuna « prestazione minima » corrispondente all'oggetto dell'art. 50 del regolamento.
8. - Al fine di chiarire la suddetta nozione, la High Court of
Justice ha proposto alla corte le due seguenti questioni: 1) Se si
abbia una prestazione minima ai sensi dell'art. 50 del regolamen to del Consiglio n. 1408/71 qualora la legislazione di uno Stato
membro faccia dipendere il diritto alla pensione a forfait dalla
media annuale dei contributi settimanali versati o accreditati
all'interessato nel periodo che va dalla sua iscrizione alla previ denza sociale al raggiungimento dell'età della pensione, media
che non può essere inferiore a 50, e se tale condizione non è
soddisfatta ma la media annuale non è inferiore a 13, contempli
una pensione ridotta da liquidarsi unicamente con riguardo alla
media dei contributi per detto periodo. 2) In caso di soluzione
affermativa alla prima questione, se la « prestazione minima »
sia pari: a) all'importo minimo della prestazione che può essere
versato all'assicurato a norma delle leggi di tale Stato, cioè per
una media di contributi di 13; b) all'importo che si dovrebbe
versare all'interessato a norma delle leggi di detto Stato, tenendo
conto di tutti i periodi assicurativi maturati sotto le legislazioni di tutti gli Stati membri alle quali egli è stato soggetto; o c) a
qualche altro (ed eventualmente quale) importo.
9. - Per risolvere tali questioni, bisogna richiamare anzitutto
l'intestazione ed il testo dell'art. 50 del regolamento n. 1408/71:
« Attribuzione di un complemento qualora la somma delle pre
stazioni dovuta in virtù delle legislazioni dei vari Stati membri
non raggiunge il minimo previsto dalla legislazione dello Stato
membro nel cui territorio risiede il beneficiario.
Il beneficiario di prestazioni al quale è stato applicato il
presente capitolo non può, nello Stato nel cui territorio egli
risiede e se una prestazione gli è dovuta secondo la legislazione
di tale Stato, ricevere un importo di prestazioni inferiore a
quello della prestazione minima fissata dalla legislazione di tale
Stato per un periodo di assicurazione pari al totale dei periodi
presi in considerazione per la liquidazione della sua prestazione
conformemente alle disposizioni degli articoli precedenti. L'istitu
zione competente di tale Stato gli versa eventualmente, per tutto
il periodo della sua residenza nel territorio di tale Stato, un
complemento pari alla differenza tra la somma delle prestazioni
dovuta ai sensi del presente capitolo e l'importo della prestazio
ne minima».
10. - Dal testo risulta che la « prestazione minima » contem
plata dall'articolo non viene definita in funzione di nozioni
proprie del regolamento stesso, bensì' con riferimento alle presta zioni minime fissate dalle legislazioni dei vari Stati membri.
L'esame delle dichiarazioni fatte in proposito dagli Stati membri
a norma dell'art. 5 del regolamento, mostra che « prestazioni
minime » ai sensi dell'art. 50 sono previste nelle legislazioni di
alcuni di essi. Poiché l'esistenza di tali prestazioni nell'ambito
della legislazione del Regno Unito è controversa, appare oppor
tuno accertare la natura di tali prestazioni nelle legislazioni
nazionali in cui la loro esistenza è assodata.
11. - Dal fascicolo e dai chiarimenti forniti in corso di causa
dalla Commissione, si desume che, negli Stati membri in cui
esistono « prestazioni minime » ai sensi dell'art. 50, si tratta,
sotto forme diverse, di disposizioni destinate a garantire ai be
neficiari di pensioni un reddito minimo superiore all'importo che
spetterebbe loro normalmente in relazione ai periodi assicurativi
maturati ed ai contributi versati. Le suddette disposizioni mirano
in generale ad attribuire, ai beneficiari, la garanzia di un reddito
minimo.
12. - Appunto di questo scopo la corte ha tenuto conto nella
motivazione della sopra menzionata sentenza 30 novembre 1977
dove, al punto 5, è detto che « l'ipotesi contemplata dall'art. 50
è quella di un lavoratore che, avendo svolto nei vari Stati
membri ai cui sistemi previdenziali egli è stato soggetto, periodi
d'attività piuttosto brevi, ha diritto a percepire dai suddetti Stati
prestazioni il cui importo totale non può garantirgli un equo tenore di vita ».
13. - Tale concetto può desumersi dalla lettera stessa dell'art.
50, la cui intestazione ed il cui testo si riferiscono all'attribuzio
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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA
ne di un « complemento », intendendo con ciò una prestazione
supplementare che va oltre il minimo dovuto in forza delle
norme ordinarie di una determinata legislazione nazionale. Lo
stesso concetto scaturisce anche dalla seconda frase dell'art. 50,
secondo cui il beneficiario di prestazioni che rientrino nel campo di applicazione del regolamento ha diritto al versamento di una
« differenza » tra la somma delle prestazioni dovute ai sensi del
regolamento, vale a dire la somma risultante dall'applicazione
regolare del sistema di cumulo e di ripartizione pro-rata con
templato dall'art. 46, e la prestazione minima garantita dalla
legge dello Stato di residenza. Questa modalità di calcolo impli ca che deve trattarsi di un minimo derivante da una garanzia
specifica, fornita da una legislazione nazionale, non già del mi
nimo delle prestazioni che possono derivare dalla normale appli
cazione delle norme relative alla determinazione delle spettanze di pensione in funzione dei periodi di assicurazione compiuti e
dei contributi versati.
14. - Queste considerazioni dimostrano che le prestazioni minime di cui all'art. 50 sono diverse dall'« importo teorico » di
cui all'art. 46, n. 2, lett. a), il quale non rappresenta un importo
di cui sia garantito il versamento effettivo, ma costituisce la base
di calcolo usata nell'ambito del sistema di cumulo e di riparti zione pro-rata.
15. - Si deve quindi risolvere la questione sollevata dichiaran
do che l'art. 50 del regolamento n. 1408/71 va interpretato nel
senso che la « prestazione minima » sussiste solo nel caso in cui
la legislazione dello Stato di residenza implica una garanzia
specifica mirante a garantire ai benificiari di prestazioni previ
denziali un reddito minimo superiore al livello delle prestazioni cui avrebbero diritto in ragione unicamente dei periodi d'assicu
razione maturati e dei contributi versati.
16. - Ciò premesso, la seconda questione sollevata dal giudice nazionale è priva di oggetto. (Omissis)
Per questi motivi, pronunziandosi sulle questioni sottoposte dalla High Court of Justice, Queen's Bench Division, Divisional
Court, con ordinanza 18 dicembre 1980, dichiara:
L'art. 50 del regolamento del Consiglio 14 giugno 1971 n.
1408, relativo all'applicazione dei regimi di previdenza sociale ai
lavoratori subordinati ed ai loro familiari che si spostano all'in
terno della Comunità, deve interpretarsi nel senso che la « pre stazione minima » sussiste solo nel caso in cui la legislazione
dello Stato di residenza implica una garanzia specifica mirante a
garantire ai beneficiari di prestazioni previdenziali un reddito
minimo superiore al livello delle prestazioni cui avrebbero diritto
in ragione unicamente dei periodi d'assicurazione maturati e dei
contributi versati.
AUDIENCIA PROVINCIAL DE BILBAO; Sezione II penale;
sentenza 24 marzo 1982; imp. Redondo Paz e altre.
AUDIENCI A PROVINCIAL DE BILBAO;
Aborto e interruzione volontaria della gravidanza — Spagna —
Reato impossibile — Fattispecie. Aborto e interruzione volontaria della gravidanza — Spagna —
Stato di necessità — Fattispecie.
Nel diritto spagnolo non integra il delitto (impossibile) di aborto
il fatto di alcune donne che eseguono pratiche abortive, qua
lora non risulti sufficientemente provato il preesistente stato
di gravidanza. (1)
Nel diritto spagnolo è scriminato dallo « stato di necessità puta tivo » il fatto di alcune donne le quali compiono pratiche abortive nella convinzione, formatasi in maniera invincibile
ed ex ante, che il male causato o che si voleva cagionare (in
terruzione della vita intra-uterina) fosse di minore entità dei
« mali » o delle lesioni gravi ed imminenti che si volevano
evitare (danni alla salute fisica e psichica propria e dei propri
familiari, alla propria libertà e al libero sviluppo della per
sonalità). (2)
(1-2) Considerate le tipiche difficoltà del trapasso da una esperienza autoritaria ad una democratica, non sorprende troppo che la giuris
prudenza penale spagnola sia in atto caratterizzata dalla compre senza di orientamenti di opposta valenza politico-ideologica: invero,
mentre nel caso della condanna per omicidio colposo inflitta dalla
Audiencia Nacional al giornalista Vinader (sentenza 17 novembre
1981, Foro it., 1982, IV, 241, con note rispettive di Ibanez e Fiandaca) è sembrato riemergere lo spettro di un diritto penale da « secoli bui »,
nella ormai celebre « sentenza di Bilbao » in tema di aborto qui ri
Considerato-, Primo: la indubbia importanza pubblica del tema
e l'interesse manifestato verso di esso da ampi settori della so
cietà, inducono, prima di entrare nel giudizio propriamente det
to, ad indugiare su alcune affermazioni di principio. A questo
scopo può essere utile ricordare, anche se la cosa può apparire ovvia, che il potere giudiziario, e più concretamente gli organi giurisdizionali, non possono sostituire i loro personali criteri, etici o ideologici, a quelli risultanti dal contenuto delle norme
prodotta affiora, invece, senza ombra di equivoco il nuovo volto della Spagna democratica e progressista.
Sul significato profondamente innovativo per il diritto spagnolo connesso, innanzitutto, alla prima delle due massime, ben si sofferma Ibanez nel commento qui pubblicato. Al proposito ci si limita ad aggiungere, ai fini di un rapidissimo confronto comparatistico, che la tesi fatta propria nella sentenza in epigrafe, secondo cui Io stato di gravidanza rappresenta tecnicamente un « presupposto » del reato di aborto, corrisponde all'orientamento tradizionalmente dominante in seno alla dottrina italiana: cfr. Vannini, Quid iuris? Manuale di esercitazioni pratiche in diritto penale, Milano, 1959, V, 9; Manzini, Trattato di diritto penale italiano, 4a ed., Torino, 1963, VII, 572; Zuccalà, Aborto, voce dell 'Enciclopedia del diritto, Milano, 1958, I, 131; Turletti, Aborto, infanticidio o reato impossibile per mancanza di elementi costitutivi, ovvero reato putativo per mancanza di pre supposti?, in Giust. pen., 1973, II, 303.
Riguardo poi alla più generale tematica del « reato impossibile », va osservato che il codice penale spagnolo (art. 52, 2° comma), a differenza di quello italiano (art. 49, 2° comma), commina la stessa pena prevista per il tentativo « nei casi di impossibilità di esecuzione o di produzione del delitto ». Ora, mentre alcuni autori pretendono di limitare la operatività del 2" comma dell'art. 52 cit. al delitto impossibile per inidoneità dell'azione, considerando « atipica » la condotta quando la impossibilità consegue all'inesistenza dell'oggetto, la giurisprudenza e la dottrina spagnola dominanti ritengono, invece, che la disciplina codicistica richiamata contempli entrambe le ipotesi di delitto impossibile (cfr. per i riferimenti in proposito Gimbernat Ordeig, Introduccion a la petite general del derecho penai espanol, Madrid, 1979, 109). Simili problemi interpretativi non hanno, evi dentemente, motivo di porsi nel contesto italiano, dato che l'art. 49, 2° comma, c. p. oltre ad escludere la punibilità del reato impossibile, ricomprende espressamente nella relativa nozione tanto l'inidoneità dell'azione che l'inesistenza dell'oggetto (cfr., in argomento, Vannini, Reato impossibile, in Scritti Manzini, Padova, 1954, 473; Fiore, Il reato impossibile, Napoli, 1959; L'Innocente, Considerazioni in tema di reato impossibile, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1961, 1085; Neppi Modona, Il reato impossibile, Milano, 1965; Stella, Teoria del bene giuridico e i cosiddetti fatti inoffensivi conformi al tipo, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1973, 1. In giurisprudenza v., da ultimo, Cass. 30 set tembre 1981, Zanetti, Foro it., Rep. 1982, voce Reato impossibile, n. 5, e in Cass, pen., 1983, 70, con nota di Pagliaro> che in tema di favoreggiamento ha affermato il principio, secondo cui il requisito della idoneità ex art. 49 c. p. si correla al principio di legalità, do vendo accertarsi non la semplice ed esteriore conformità del fatto al modello legale, ma la sua conformità sostanziale).
È, però, soprattutto nella seconda massima che si coglie la carica fortemente innovativa della sentenza dell'Audiencia Provincial de Bilbao. L'organo giudicante, a partire dal quinto punto della moti vazione, mostra notevole sensibilità e consapevolezza nel considerare il problema della penalizzazione dell'aborto come un tipico problema di collisione tra beni, tutti costituzionalmente rilevanti (la vita in
formazione, da un lato; la vita e la salute psico-fisica della madre, dall'altro), reso particolarmente acuto dall'assenza di criteri legislativi (di fonte costituzionale, a loro volta) atti a fare da guida all'inter prete impegnato nell'arduo compito di istituire una scala gerarchica tra i valori in conflitto (sul problema della gerarchizzazione dei beni costituzionali come oggetto di tutela penale cfr. da ultimo, nella dottrina italiana, Fiandaca, Il « bene giuridico » come problema teorico e come criterio di politica criminale, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1982, 55). Da qui il comprensibile ripiegamento sulla scriminante dello stato di necessità, beninteso « rivisitata » anche alla luce della Costituzione, tanto più che — come è ben detto nella sentenza — « nella dogmatica penalistica, è proprio l'istituto dello stato di ne cessità quello a cui si fa ricorso per risolvere le ipotesi di collisione o conflitto di beni giuridici ». Senonché, la riluttanza dei giudici a
compiere un bilanciamento « oggettivo » dei beni confliggenti rie
merge a chiare lettere anche sul terreno della asserita reinterpreta zione in chiave costituzionale dello stato di -necessità; cosi, infatti, si spiega l'espediente di far leva non già sulla verifica dell'esistenza dei presupposti oggettivi della scriminante (il che avrebbe, appunto, comportato un impegnativo giudizio di prevalenza o equivalenza tra
beni), bensì sulla soggettiva « convinzione » delle imputate di agire in una situazione esimente. Proprio l'opzione di privilegiare il « pu tativo » rispetto al reale, che finisce nella sostanza — a prescindere cioè dalle etichettature dogmatiche di dettaglio (sui modi della rile vanza dello stato di necessità « putativo » in seno all'ordinamento
spagnolo cfr. Gimbernat Ordeig, cit., 62) — col fondare l'impunità sull'esclusione della colpevolezza, fa in verità risaltare più le diffe renze che non le somiglianze a prima vista esistenti tra la decisione in epigrafe e la nota pronuncia resa ad analogo proposito dalla no
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