sezione II; sentenza 15 settembre 1999, n. 455; Pres. Papiano, Est. Trizzino; Angelotti e altri(Avv. Bernardini) c. Comune di Rimini (Avv. Brancaleoni) e altriSource: Il Foro Italiano, Vol. 123, No. 5 (MAGGIO 2000), pp. 283/284-287/288Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23194796 .
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PARTE TERZA
Peraltro, nell'ambito degli illeciti penali, si è propensi ad ac
cordare capacità offensiva a tutti i reati che, in relazione alla
qualità pubblica del loro autore, alla condotta, all'evento e ad
ogni altra circostanza, sono suscettibili di arrecare in concreto
nocumento all'immagine dell'amministrazione e non solo a quelli che, attenendo a comportamenti già in astratto idonei a meno
mare la dignità ed il prestigio dell'amministrazione, come i «de
litti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione»
(ex art. 314 ss. c.p.), restano le figure emblematiche e maggior mente lesive dell'immagine pubblica (peculato, malversazione,
concussione, corruzione, ecc.). È evidente, quindi, che il danno all'immagine, in base al prin
cipio di «immedesimazione» organica (di rilievo sociologico an
cora prima che giuridico), che porta ad identificare l'ammini
strazione con il soggetto che per essa agisce, deriva dal compor tamento illecito del dipendente.
Invece la diffusione dell'illecito che ne dà la stampa, quale normale corollario della vita di relazione, esprime anche la rile
vanza sociale che ha il fenomeno degli illeciti commessi dai di
pendenti pubblici, sotto il profilo dell'attenzione che l'opinione pubblica presta all'esercizio delle pubbliche funzioni per cui il
discredito dell'amministrazione per gli illeciti commessi nel suo
ambito dal personale non è altro che uno degli «effetti natura li» di un simile interesse sociale.
Quanto poi al secondo degli anzidetti problemi, attinente alla
determinazione della «spesa occorrente per ripristinare il bene
giuridico leso», è evidente che esso — a sua volta — si trasfon de in quello della individuazione delle dimensioni, per consi
stenza e gravità, della lesione stessa; lesione che, radicata nel
l'ambiente sociale, mal si presta ad una puntuale identificazio
ne, tenuto anche conto delle incertezze legate alla sua durata e persistenza nel tempo. Da questo punto di vista, pertanto, anche il danno all'immagine, certo nella sua ontologica esisten
za, resta affidato, quanto alla sua determinazione, alla «valuta
zione equitativa del giudice», ai sensi dell'art. 1226 c.c. Nel concreto esercizio di tale potere e per l'individuazione
delle dimensioni del danno, nel senso più aderente possibile alla
«spesa necessaria al ripristino del bene giuridico leso», dovran no soccorrere i vari criteri elaborati dalla giurisprudenza a tal
riguardo.
Trattasi, peraltro, di criteri che, facendo riferimento a speci fici elementi, «oggettivi, soggettivi e sociali», colgono — ognu no di essi — solo una parte del danno, la cui completa determi nazione — nel senso sopra precisato — resta, pertanto, affidata
all'applicazione congiunta e coordinata di tutti i cennati criteri.
Così, per citarne alcuni, ai criteri «oggettivi» della gravità dell'illecito commesso — in relazione allo specifico bene tutela
to, alle modalità della sua realizzazione ed alle eventuali reitera
zioni dell'illecito stesso oltre che dell'entità dell'indebito van
taggio conseguito dal dipendente o amministratore infedele —
si affiancheranno: a) quelli «soggettivi», relativi alla collocazio ne che il predetto ha nell'organizzazione amministrativa ed alla sua capacità di rappresentare l'amministrazione; b) quelli «so
ciali», basati sulle capacità esponenziali dell'ente, sulle sue di mensioni territoriali, sulla rilevanza — interna o internazionale — delle funzioni al medesimo intestate e sull'ampiezza della diffusione e del risalto dato all'illecito. Orbene, alla stregua di
quanto finora esposto e considerato, è indubbio che gli illeciti commessi da Querci, Vitale, Molinari e Cozzolino hanno, nei casi evidenziati, arrecato un grave detrimento all'immagine del l'ente e, con esso, un onere aggiuntivo, sotto il profilo «della
spesa necessaria al ripristino del bene giuridico leso», ossia del la immagine dell'Inadel, ora Inpdap.
Ed invero, risolvendosi nei reati di «corruzione aggravata con tinuata» gli illeciti di cui sono colpevoli Querci, Vitale e Moli nari e di «concussione» la condotta tenuta dal Cozzolino, rien trano tra quelli che maggiormente e più profondamente ledono il prestigio dell'amministrazione, sotto i profili della capacità della medesima di porre in essere un'azione legittima ed impar ziale, a completo ed esclusivo vantaggio della collettività indi stintamente considerata.
Inconfutabile il danno, quanto alla sua determinazione deve
anzitutto considerarsi che esso è promanato da organi partico larmente qualificati con evidenti riflessi negativi, in termini di
discredito, su una larga fascia di soggetti anche in relazione alla diffusione delle notizie date dai mezzi d'informazione e dallo stesso clamor fori.
Il Foro Italiano — 2000.
Deve, poi, osservarsi che i fatti corruttivi e le condotte con
cussive hanno avuto innegabili riflessi economici e sociali.
19. - In relazione a quanto sopra, dunque, il collegio reputa
equo fissare l'entità complessiva del «danno non patrimoniale» in lire 2.582.000.000 e di condannare i convenuti — tenuto con
to delle responsabilità di ciascuno — come segue: (omissis)
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER
L'EMILIA-ROMAGNA; sezione II; sentenza 15 settembre
1999, n. 455; Pres. Papiano, Est. Trizzino; Angelotti e altri
(Avv. Bernardini) c. Comune di Rimini (Avv. Brancaleo
ni) e altri.
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER
L'EMILIA-ROMAGNA; sezione II; sentenza 15 settembre
Comune e provincia — Difensore civico comunale — Nomina — Inerzia del consiglio comunale — Provvedimento del pre sidente del consiglio comunale — Legittimità (L. 8 giugno 1990 n. 142, ordinamento delle autonomie locali, art. 8; d.l.
16 maggio 1994 n. 293, disciplina della proroga degli organi amministrativi, art. 4; 1. 15 luglio 1994 n. 444, conversione
in legge, con modificazioni, del d.l. 16 maggio 1994 n. 293).
È legittimo il provvedimento con cui il presidente del consiglio comunale, in caso di inerzia del consiglio, nomina un nuovo
difensore civico in sostituzione di quello scaduto, non rien
trando tale organo tra quelli rappresentativi, per i quali è esclu
so il potere sostitutivo previsto dalla l. 15 luglio 1994 n. 444. (1)
(1) Con la decisione in epigrafe la giurisprudenza amministrativa ri conosce l'applicabilità alla nomina del difensore civico comunale della 1. 15 luglio 1994 n. 444. Gli istanti denunciavano l'illegittimità del prov vedimento di nomina, posto in essere ai sensi dell'art. 4 della legge, che prevede il trasferimento della competenza in materia di ricostituzio ne degli organi locali, in caso di inerzia degli organi collegiali titolari, ai rispettivi presidenti. Il ricorso si fondava sull'assunto che il difensore civico dovesse essere considerato un organo rappresentativo di secondo
grado e, in quanto tale, dovesse essere ricompreso nel novero degli or
gani rappresentativi locali per i quali l'art. 1 della stessa legge prevede la non applicabilità delle disposizioni dettate.
Sul tema, v. Corte cost. 30 dicembre 1994, n. 464, Foro it., 1995, I, 1106, con nota di richiami, che ha dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 4, 2° comma, d.l. 16 maggio 1994 n. 293, convertito, con modificazioni, in 1. 15 luglio 1994 n. 444, nella parte in cui trasferisce ai presidenti degli organi collegiali la competenza alla ricostituzione degli organi, in caso di inerzia dei collegi protratta sino a tre giorni prima della scadenza della proroga.
Con riguardo alla sussistenza della giurisdizione del giudice ammini strativo su controversie aventi ad oggetto la nomina del difensore civi co, v. Tar Marche 4 aprile 1997, n. 182, id., Rep. 1997, voce Regione, n. 180; a tal proposito, v. anche Cons, giust. amm. sic., sez. consult., 14 novembre 1995, n. 402, id., Rep. 1996, voce Consiglio di Stato, n. 10, che ha sottolineato come il Consiglio di giustizia amministrativa non possa esprimere parere sulla questione della spettanza all'organo monocratico elettivo o al consiglio dell'elezione del difensore civico, in quanto la stessa potrebbe dar luogo ad impugnative degli atti di no mina innanzi al Tar e, di conseguenza, al consiglio investito del giudizio di appello.
Per quanto concerne la legittimazione attiva di soggetti inseriti nella terna di candidati alla nomina a difensore civico, v. Tar Lombardia, sez. Brescia, 14 marzo 1997, n. 289, id., Rep. 1997, voce Giustizia am ministrativa, n. 545, secondo cui la pretesa azionata dal candidato alla nomina a difensore civico ha consistenza di interesse legittimo, atteso che egli fa valere la violazione non di una norma di relazione, cioè creativa di un rapporto giuridico fra l'amministrazione e il privato, bensì di azione, che impone cioè all'amministrazione un determinato compor tamento nell'interesse pubblico e non a vantaggio esclusivo del privato coinvolto nel procedimento amministrativo e che, quindi, può eventual mente mettere capo ad una pronuncia di annullamento di atto viziato, ma non di accertamento di diritto leso.
Sulla possibilità di contemplare nello statuto comunale l'elezione di retta del difensore civico da parte dei cittadini esercenti il diritto di voto nel comune, v. Tar Veneto, sez. I, 25 maggio 1995, n. 830, id., Rep. 1995, voce Comune, n. 325, che ha però precisato che una previ
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
Diritto. — 1. - Il collegio deve preliminarmente farsi carico
delle eccezioni di inammissibilità del ricorso dedotte dalla resi
stente amministrazione e dal controinteressato.
Tutte le eccezioni sono prive di pregio. In merito alla dedotta carenza di legittimazione attiva dei ri
correnti rileva il collegio che tutti i ricorrenti facevano parte della terna di candidati alla carica di difensore civico e che,
pertanto, tale circostanza è sufficiente a qualificare la loro posi zione soggettiva rispetto a quella di tutti gli altri consociati,
atteso che essi risultano indubitabilmente titolari di un interesse
legittimo al corretto svolgimento del procedimento di nomina
del nuovo difensore civico.
Irrilevanti ai fini della decisione del presente ricorso, sostan
zialmente diretto avverso la nomina del nuovo difensore civico,
si palesano, invece, l'eccezione di tardività dedotta in relazione
alla dichiarazione di decadenza dalla carica del difensore civico
in proroga e l'eccezione di inammissibilità del ricorso cumulativo.
2. - Con il primo e secondo motivo, che attesa la loro corre
lazione possono essere trattati congiuntamente, i ricorrenti de
ducono la violazione della 1. 15 luglio 1994 n. 444, l'incompe tenza del presidente del consiglio comunale, la violazione del
l'art. 60, n. 4, dello statuto del comune di Rimini e il difetto
del «diritto di elettorato passivo» nel nominato difensore civico.
sione siffatta non può comportare oneri aggiuntivi, conseguenti alla con
vocazione delle consultazioni, per l'amministrazione dello Stato.
Con riferimento allo status di difensore civico, che è incompatibile con quello di consigliere comunale, v. Tar Lombardia, sez. Brescia, 4 luglio 1992, n. 796, id., Rep. 1992, voce cit., n. 373. V. anche, però, Cons. Stato, sez. IV, 4 marzo 1993, n. 238, id., 1994, III, 183, che
ha riconosciuto la legittimità della designazione di un candidato alla
carica di difensore civico che non sia stata preceduta dalla verifica delle
eventuali situazioni di incompatibilità previste dalla legge, in quanto tale verifica va compiuta unicamente in riferimento al soggetto eletto
alla carica suddetta e non rileva al momento della designazione. Per l'affermazione secondo cui è illegittima la previsione dello statu
to comunale che demanda ad apposito regolamento le modalità di in
tervento e la determinazione dei mezzi tecnici a disposizione del garante dei diritti dei cittadini, riconducibile alla figura del difensore civico di
cui all'art. 8 1. 8 giugno 1990 n. 142, in quanto elementi che, da un
lato, condizionano la possibilità stessa dell'ufficio di funzionare in mo
do efficace e, dall'altro, coinvolgono, attraverso la definizione dei po teri e dei limiti di intervento del difensore civico, il tema dei rapporti tra garante e comune, che incide su assetti istituzionali appartenenti alla sfera della potestà statutaria, v. Tar Lombardia 19 febbraio 1996, n. 214, id., Rep. 1996, voce cit., n. 310.
Sulla figura del difensore civico, in generale, v. Calderoni, Il difen sore civico, Rimini, 1987; De Vergottini, Difensore civico, voce del
PEnciclopedia giuridica Treccani, Roma, 1988, X, 1; Pucci, Il difenso re civico negli enti pubblici territoriali, in Nuova rass., 1992, 1067; De
Castro, Il difensore civico, istituto da riformare, id., 1996, 56; Di Mar
co, Ancora sull'istituto del difensore civico: uno strumento di parteci
pazione meramente virtuale?, ibid., 782; F. Verde, Il difensore civico,
Padova, 1996; Casetta, Riflessioni sul ruolo attuale del difensore civi
co, in Dir. ed economia, 1997, 227; R. Ferrara, Il difensore civico
e la tutela delle situazioni giuridiche soggettive dei cittadini: note preli minari in margine ad un dibattito in corso, in Dir. proc. ammin., 1997,
231; R. Lombardi, Il difensore civico tra continuità e novità, in Foro
it., 1997, V, 74; Id., Efficienza amministrativa, difensore civico e con
trollo di gestione, in Dir. ammin., 1997, 153; Nitti, Il difensore civico
dalle origini ai nostri giorni, in Nuova rass., 1998, 297; Pesci, Osserva
zioni sull'Ombudsman: il difensore civico, in Ascotributi inserto, 1998, fase. 12, 92; Piazza, Il difensore civico (regionale, provinciale, comu
nale) nel quadro delle autorità amministrative indipendenti, in Nuova
rass., 1998, 269. Sulla figura del difensore civico in sede locale, v. Titomanlio, Il di
fensore civico nell'esperienza degli statuti degli enti locali, in Trib. amm.
reg., 1993, II, 395; Pisciotta, Il difensore civico negli enti locali: un
garante con poteri d'iniziativa, in Enti pubblici, 19%, 33; Matta, Il ruolo,
i poteri e le competenze del difensore civico, in Nuove autonomie, 1995,
541; Bellonzi, Il difensore civico negli enti locali - Dal dato normativo
al modello reale, in Nuova rass., 1998, 309; Canever, Il difensore civico
negli statuti comunali, ibid., 313; Cuttaia, Le nuove competenze del
difensore civico provinciale e comunale in materia di controllo preventi vo di legittimità sugli atti degli enti locali, in Iustitia, 1998, 57; Trimar
chi, Il difensore civico a livello locale, in Regioni, 1998, 315.
Per quanto attiene specificamente al difensore civico regionale, v.
Cons. Stato, sez. IV, 4 marzo 1993, n. 238, cit., con nota di richiami; Tar Liguria, sez. II, 18 febbraio 1992, n. 24, Foro it., 1993, III, 535, con nota di Albenzio. In dottrina, v. Perrazzelli, Il ruolo del difen sore civico regionale - Problemi e prospettive, in Quaderni regionali,
1994, 1203.
Il Foro Italiano — 2000.
Assumono gli istanti che il difensore civico, in quanto organo
rappresentativo di secondo grado, non sarebbe soggetto alla di
sciplina della 1. n. 444 del 1994 e che, pertanto, il presidente del consiglio comunale di Rimini non avrebbe potuto, né dovu
to sostituirsi all'inadempiente organo collegiale e nominare il
nuovo difensore civico, scegliendolo oltretutto fuori dalla rosa
dei candidati designati. Tutte le censure sono prive di pregio. Osserva in proposito il collegio che tutte le doglianze dei ri
correnti si sviluppano sull'infondato presupposto che il difenso
re civico comunale sia un organo rappresentativo di secondo
grado, come tale escluso dall'applicazione della 1. 15 luglio 1994
n. 444, che all'art. 1 espressamente prevede la non applicabilità delle disposizioni in materia agli organi rappresentativi delle re
gioni, province, comuni e comunità montane.
Al riguardo va infatti rilevato che l'art. 8 1. 8 giugno 1990
n. 142 ha previsto la facoltà per i comuni e le province di preve dere nello statuto l'istituzione del difensore civico attribuendo
gli il ruolo di garante dell'imparzialità e del buon andamento
della pubblica amministrazione comunale o provinciale. Con la 1. 15 maggio 1997 n. 127 (art. 17, 38° e 39° comma)
ai difensori civici comunali è stato inoltre affidato il controllo,
ove richiesto, delle deliberazioni riguardanti appalti e affida
mento di servizi o forniture di importo superiore alla soglia co
munitaria, assunzioni del personale, piante organiche e relative
variazioni.
In tal modo il difensore civico, qualificato come organo do
tato di compiti di vigilanza e di denuncia ed equiparato ad un'au
torità amministrativa indipendente, assume la rilevanza di orga no amministrativo di controllo.
Le norme statutarie disciplinanti la nomina, la durata in cari
ca e le prerogative di tale ufficio vanno dunque coordinate e
adeguate alle specifiche disposizioni e alle norme di principio
contenute nella legislazione statale.
Nella fattispecie di che trattasi trova dunque applicazione la
1. 15 luglio 1994 n. 444, disciplinante la proroga e la ricostru
zione degli organi amministrativi dello Stato e degli enti pubblici. In base a tale legge, allo scadere del periodo di durata in
carica fissato nello statuto comunale, l'amministrazione dovrà
provvedere, sulla base delle disposizioni statutarie regolanti la
nomina del difensore civico, alla ricostituzione dell'organo sca
duto entro il periodo di proroga che non può superare i quaran
tacinque giorni a decorrere dalla scadenza del termine di durata
dell'incarico (art. 3 e 4). L'art. 4 1. n. 444 del 1994, peraltro, prevede che in caso di
inerzia e inadempienza degli organi collegiali titolari della com
petenza alla ricostituzione dell'organo, la relativa competenza
sia trasferita ai rispettivi presidenti.
In considerazione di quanto sopra, l'amministrazione comu
nale di Rimini ha legittimamente provveduto alla nomina del
nuovo difensore civico in sostituzione del difensore civico sca
duto, applicando la disciplina prevista dalla 1. n. 444 per la
ricostituzione degli organi amministrativi scaduti.
Non può quindi censurarsi l'operato del presidente del consi
glio comunale, che ha dovuto provvedere alla ricostituzione del
l'organo scaduto in sostituzione dell'organo collegiale inadem
piente. Risulta invero dalla documentazione in atti che il consiglio
comunale di Rimini, nonostante le numerose votazioni e il tem
po a disposizione, non sia riuscito ad esprimere la maggioranza
qualificata necessaria a scegliere nella rosa dei candidati indivi
duati a norma di statuto il nuovo difensore civico.
Tale mancato accordo fra i componenti il consiglio comunale
ha quindi determinato il trasferimento al presidente del consi
glio comunale della competenza alla nomina del difensore civico.
A tale proposito, ritiene il collegio che nell'esercizio di tale
competenza, peraltro non espressamente disciplinata dallo sta
tuto, il presidente del consiglio comunale debba agire sulla base
di regole proprie di un organo monocratico super partes, supe
rando l'appartenenza a gruppi politici siano essi di maggioranza
o di minoranza.
Per tali motivi, mancando nella fattispecie specifiche disposi
zioni regolanti la nomina del difensore civico da parte del presi
dente del consiglio comunale, la scelta operata deve ritenersi
immune da vizi.
Ed invero, esclusa per quanto detto sopra l'applicabilità del
l'art. 60 dello statuto, deve considerarsi che, a fronte del man
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PARTE TERZA
cato accordo fra le diverse componenti la maggioranza e la mi
noranza del consiglio comunale su uno dei componenti la terna,
appare del tutto ragionevole la scelta operata dal presidente del
consiglio comunale di nominare difensore civico un soggetto estraneo alla rosa dei candidati, che essendo in possesso dei
requisiti richiesti per essere nominato difensore civico risulta per ciò stesso titolare del diritto di elettorato passivo.
3. - Sul terzo motivo, con il quale si deduce la violazione
del giusto procedimento e degli art. 7 e 8 1. 7 agosto 1990 n.
241, il collegio deve rilevare che la riconosciuta applicabilità alla fattispecie della 1. n. 444 del 1994 e dei principi in essa
contenuti rende pienamente legittima la decadenza del difensore
civico scaduto al termine del periodo di prorogatio. Trattasi di decadenza ope legis, che nella fattispecie — riferi
ta a organo già operante in regime di proroga — avrebbe dovu
to avere effetto decorso il termine previsto nell'art. 7 1. n. 444
del 1994.
In considerazione di ciò, ritiene il collegio che nessuna for
male comunicazione ex art. 7 1. n. 241 del 1990 dovesse essere
data al difensore civico decaduto.
Né alcuna formale comunicazione di inizio del procedimento doveva essere data ai ricorrenti a seguito del trasferimento al
presidente del consiglio comunale della competenza a nominare
il difensore civico, posto che tale attività rientra nel più genera le procedimento di nomina del difensore civico attivato con la
segnalazione al consiglio comunale della terna dei candidati pre scelti.
4. - Per tutte le considerazioni fin qui svolte, il ricorso va
dunque respinto.
COMMISSIONE CONTENZIOSA DEL SENATO DELLA RE
PUBBLICA; decisione 12 gennaio 2000, n. 140; Pres. ed est.
De Luca; Sandomenico e altri c. Senato della repubblica (Aw. dello Stato Basilica).
COMMISSIONE CONTENZIOSA DEL SENATO DELLA RE
PUBBLICA; decisione 12 gennaio 2000, n. 140; Pres. ed est.
Parlamento — Personale dipendente — Rapporto di lavoro —
Retribuzioni — Adeguamento automatico (Cod. proc. civ., art. 429; nuovo regolamento interno degli uffici e del perso nale del senato della repubblica 18 dicembre 1987, art. 34, 80, 91).
Al personale dipendente del senato spetta l'adeguamento auto
matico della retribuzione nella misura del 2,8 per cento stabi
lito dalla delibera del consiglio di presidenza 116/90, nono
stante la disdetta degli accordi sindacali ad essa prodromici, con diritto al pagamento degli arretrati, maggiorati di rivalu
tazione monetaria ed interessi ai sensi dell'art. 429 c.p.c. (1)
(1) In termini, sulla medesima fattispecie dedotta in giudizio, la suc cessiva decisione n. 143; la richiesta di sospensione dell'esecuzione della decisione in epigrafe, proposta dalla segreteria generale del senato ai sensi dell'art. 78 del regolamento, è stata rigettata dalla commissione di garanzia, giudice dell'appello, con provvedimento del 15 marzo 2000. La decisione in epigrafe si basa su principi consolidati della giurispru denza giuslavoristica: a) sulla individuazione della fonte regolamentare del rapporto di lavoro (prima e fuori della privatizzazione) nel provve dimento di recepimento (decreto presidenziale secondo la 1. 83/93, deli berazione del consiglio di presidenza del senato secondo l'art. 35 del
regolamento) dell'accordo-contratto collettivo stipulato fra l'amministra zione e le organizzazioni sindacali: Cons. Stato, sez. IV, 27 febbraio 1998, n. 345, Foro it., Rep. 1998, voce Impiegato dello Stato, n. 1027; Cass. 23 febbraio 1998, n. 1918, ibid., voce Sanitario, n. 41; 13 luglio 1996, n. 6371, id., 1997, I, 1582, con nota di richiami; b) sulla disdetta bilità dell'accordo-contratto collettivo anche in assenza di espressa pre visione legale o contrattuale (in sintonia col principio di buona fede nell'esecuzione del contratto ex art. 1375 c.c. ed in coerenza con la naturale temporaneità dell'obbligazione) e sulla sua ultrattività fino alla
stipulazione delle nuove pattuizioni: Cass. 25 febbraio 1997, n. 1694,
Il Foro Italiano — 2000.
Motivi della decisione. — (Omissis). 2.1. - Nel merito, il ri
corso è fondato e va quindi integralmente accolto.
Infatti, non è controversa tra le parti e, comunque, risulta
documentalmente provata la circostanza che l'adeguamento au
tomatico delle retribuzioni — dai ricorrenti preteso nel presente
giudizio — sia previsto nella deliberazione (n. 116 del 1990)
del consiglio di presidenza del senato, che recepisce il contenuto
del protocollo d'intesa — ad essa prodromico — tra rappresen tanza permanente dello stesso consiglio di presidenza ed orga nizzazioni sindacali.
Tanto basta per ritenere giuridicamente fondate le domande
proposte dagli attuali ricorrenti.
Né rileva, in contrario, la disdetta del protocollo d'intesa pro
dromico, disposta — con deliberazione del consiglio di presi denza (n. 78 del 22 gennaio 1998) — ed impugnata mediante
ricorsi che sono stati respinti da questa commissione contenzio
sa (con decisione 18 novembre-23 dicembre 1998, n. 135). 2.2. - Invero l'art. 34, 1° comma, del nuovo regolamento
interno degli uffici e del personale sancisce testualmente: «la
regolamentazione dello stato giuridico, del trattamento econo
mico e delle condizioni di lavoro del personale è determinata
attraverso lo strumento della contrattazione tra la rappresen tanza permanente del consiglio di presidenza di cui all'art. 35
e le organizzazioni sindacali». Coerentemente, la deliberazione
del consiglio di presidenza — che reca la regolamentazione delle
stesse materie — si limita a recepire (ai sensi dell'art. 35 dello
stesso regolamento cit.) il contenuto del contratto collettivo, sti
pulato tra gli agenti contrattuali prospettati. In tale prospettiva, la contrattazione costituisce nient'altro che
l'antecedente — necessario, ma non sufficiente — nel procedi mento volto alla formazione di quella regolamentazione.
Infatti, fonte della regolamentazione medesima è soltanto il
id., Rep. 1998, voce Lavoro (contratto), n. 27; 20 settembre 1996, n.
8360, id., Rep. 1997, voce cit., n. 24; Pret. Biella 7 maggio 1997, ibid., voce Sindacati, n. 131; contra, per la necessità dell'espressa previsione della facoltà di recesso, Pret. Udine 9 marzo 1995, id., 1995, I, 3030, con nota di richiami.
La decisione costituisce uno dei rari esempi editi di provvedimento adottato dagli organi di autodichia del parlamento; la procedura dinan zi alla commissione contenziosa è disciplinata da un regolamento (costi tuente atto normativo primario sottratto, non solo, al potere di disap plicazione dell'autorità giudiziaria — Cass. 23 aprile 1986, n. 2861, id., 1986, I, 1828 — e degli stessi organi di giurisdizione domestica — Cons,
garanzia senato 12 giugno 1990, n. 6, id., Rep. 1992, voce Parlamento, n. 17 — ma anche al sindacato della Corte costituzionale — Corte cost. 23 maggio 1985, n. 154, id., 1985, I, 2173) che, fra l'altro, prevede un ricorso al segretario generale per motivi di legittimità e di merito
(art. 74) e, dopo, l'impugnabilità dinanzi alla commissione contenziosa
per soli motivi di legittimità di tutti gli atti e provvedimenti lesivi di diritti ed interessi legittimi (art. 69 e 89), ivi compresi gli atti relativi alle procedure contenziose o selettive di accesso (in materia, ricordiamo che la Cassazione aveva ritenuto sussistere difetto assoluto di giurisdi zione del giudice ordinario e di quello amministrativo: Cass. 18 feb braio 1992, n. 1993, id., 1993, I, 1654), con eventuale impugnazione della decisione di prima istanza dinanzi alla commissione di garanzia; il regolamento, inoltre, richiama, nella sezione disciplina e contenzioso, alcuni istituti generali del rapporto di lavoro (v. art. 429 c.p.c. richia mato dall'art. 80) e le disposizioni degli impiegati civili dello Stato (art. 91, in via residuale) nonché la normativa del processo amministrativo (anche in questo caso in via residuale, ai sensi dell'art. 91); la commis sione contenziosa è nominata all'inizio di ogni legislatura e composta da tre senatori, un consigliere parlamentare e un dipendente di ruolo del senato (ai sensi dell'art. 69, commi da 7 a 13, reg.); il consiglio di garanzia è anch'esso nominato all'inizio di ogni legislatura ed è com
posto da cinque membri scelti fra senatori esperti in materie giuridiche, amministrative e del lavoro (ai sensi dell'art. 72). Da una statistica dei lavori dei due organi di autodichia del senato risulta notevole tempesti vità nell'operato della commissione contenziosa, con centocinquantaset te ricorsi definiti su centocinquantotto pendenti nella XIII legislatura e solo tre decisioni da depositare al 15 marzo 2000, ma non pari soler zia nell'azione del consiglio di garanzia ove per trentadue ricorsi decisi nella XIII legislatura su quaranta pendenti si riscontrano solo cinque decisioni depositate (con ritardi che ascendono anche a tre anni): tutto sommato, la giustizia «domestica» non ha nulla da invidiare a quella «ordinaria», nel bene e nel male!
Per ogni riferimento in materia, v., oltre alle note di richiami alle sentenze sopra citate, Cass. 17 dicembre 1998, n. 12614, id., 1999, I, 854 (che esclude la sussistenza dell'autodichia per la presidenza della
repubblica, e 26 maggio 1998, n. 5234, id., 1998, I, 2872 (che esclude dall'ambito dell'autodichia parlamentare il rapporto di lavoro degli as sistenti personali dei deputati). [G. Albenzio]
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