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sezione II; sentenza 2 aprile 1998, n. 129; Pres. Montini, Est. Caso; Quirico (Avv. Angeletti) c....

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sezione II; sentenza 2 aprile 1998, n. 129; Pres. Montini, Est. Caso; Quirico (Avv. Angeletti) c. Comune di Torino (Avv. Rizza) Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 1 (GENNAIO 1999), pp. 25/26-27/28 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23193085 . Accessed: 28/06/2014 15:40 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.142.30.61 on Sat, 28 Jun 2014 15:40:15 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sezione II; sentenza 2 aprile 1998, n. 129; Pres. Montini, Est. Caso; Quirico (Avv. Angeletti) c. Comune di Torino (Avv. Rizza)

sezione II; sentenza 2 aprile 1998, n. 129; Pres. Montini, Est. Caso; Quirico (Avv. Angeletti) c.Comune di Torino (Avv. Rizza)Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 1 (GENNAIO 1999), pp. 25/26-27/28Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23193085 .

Accessed: 28/06/2014 15:40

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

ca d'Italia la determinazione delle ipotesi in cui deve ritenersi

sussistente un contrasto con la «sana e prudente gestione».

Deve, tuttavia, ravvisarsi un limite intrinseco al potere deri

vante dalla natura stessa dell'atto oggetto di valutazione.

Infatti, trattandosi di modifica di un atto (lo statuto) che ha

la funzione di dare una stabile organizzazione alla banca e non

di risolvere specifiche situazioni contingenti e particolari, la Banca

d'Italia deve valutare la portata della modifica statutaria in sé

stessa indipendentemente dall'utilizzazione che della nuova nor

ma organizzativa possa essere fatta nella singola fattispecie. Ed invero, per risolvere quest'ultime problematiche la Banca

d'Italia deve avvalersi di altri poteri che le sono conferiti per valutare l'opportunità di specifici interventi delle aziende di cre

dito in determinati settori.

In caso contrario potrebbe verificarsi sviamento di potere, in quanto verrebbe esercitato un potere conferito per assicurare

un'adeguato assetto organizzativo delle banche per conseguire invece altre finalità.

Nella fattispecie, come si è accennato, con il provvedimento

impugnato la Banca d'Italia, dopo aver tra l'altro rilevato che

«permane e si va ampliando il contenzioso giudiziario in merito

alla legittimità dell'operazione di cessione della maggioranza delle

azioni alla Banca Toscana e alle altre questioni connesse con

tale vicenda, tra l'altro oggetto di valutazione e di specifico ap

profondimento anche da parte del ministero del tesoro», ha con

cluso in tal modo: «allo stato non sussistono le condizioni per il rilascio dell'accertamento di cui all'art. 56 d.leg. 385/93 in

ordine alla modifica dell'art. 5 dello statuto della Carisa; l'e

ventuale riesame dell'attuale provvedimento è subordinato al de

terminarsi delle condizioni per la stabilità degli assetti proprie

tari, che costituisce il necessario presupposto per l'impostazione di un programma di risanamento aziendale che dia garanzie di

affidabilità e concretezza».

La modifica statutaria è stata dunque oggetto di valutazione

negativa perché si è ritenuto non opportuno incidere sugli asset

ti proprietari in un momento particolare della banca ricorrente.

Senonché, la Banca d'Italia non ha tenuto conto del fatto

che la norma statutaria in questione non era di per sé in grado di arrecare alcun concreto pregiudizio ad una «seria e prudente

gestione», giacché tale pregiudizio sarebbe semmai potuto deri

vare dalla qualità dei nuovi soci che fossero subentrati in attua

zione della norma stessa.

Una valutazione della qualità dei nuovi soci la Banca d'Italia

avrebbe poi comunque potuto effettuare in applicazione del

l'art. 19 d.leg. 385/93, che prevede la necessità dell'autorizza

zione della predetta banca in caso di cessione di azioni di una

certa consistenza.

Né può ritenersi che la modifica statutaria avrebbe potuto

pregiudicare le ragioni di chi poteva vantare la prelazione previ

sta in precedenza, giacché non si sarebbero potuti in ogni caso

vanificare gli effetti di un diritto di prelazione esercitato prima

della modifica statutaria stessa.

La verità è che la Banca d'Italia avrebbe dovuto approvare la modifica statutaria (conforme peraltro, come ha ben eviden

ziato la ricorrente, alle nuove disposizioni di legge in materia,

che impongono di eliminare ogni vincolo alla libera circolazione

delle azioni delle aziende bancarie), riservando poi ogni valuta

zione sui concreti assetti proprietari nelle sedi competenti.

Il ricorso va, dunque, accolto e deve, conseguentemente an

nullarsi l'impugnato provvedimento di diniego.

Con riferimento al criterio della sana e prudente gestione, rileva che

esso assume una caratterizzazione «assai ampia e sostanzialmente vaga, sì da costituire un limite evanescente alla discrezionalità della Banca

d'Italia», Maimeri, op. loc. cit.; in senso conforme, Nigro, L'autoriz

zazione all'attività bancaria nel t.u. delle leggi in materia bancaria e

creditizia, in AA.VV., La nuova disciplina dell'impresa bancaria, Mila

no, 1996, 79.

Lamanda, Intervento, in AA.VV., Dall'attuazione della seconda di

rettiva Cee in materia bancaria al testo unico, Bari, 1993, 135, sottoli

nea che, essendo il fine dell'intervento di vigilanza individuato nella

tutela della sana e prudente gestione della banca, non è più possibile

ipotizzare la realizzazione di una «politica» degli statuti da parte della

Banca d'Italia, volta a incidere sull'operatività e sugli assetti organizza tivi delle banche.

Sotto altro profilo, afferma che l'accertamento della Banca d'Italia

deve intervenire prima dell'omologazione delle modifiche statutarie, con

la conseguente reclamabilità del provvedimento di omologazione even

tualmente rilasciato in mancanza di tale accertamento, Trib. Napoli 13

novembre 1996, Foro it., Rep. 1997, voce Banca, credito e risparmio, n. 130, e Dir. e giur., 1996, 623, con nota di Lucci.

Il Foro Italiano — 1999.

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL PIE MONTE; sezione II; sentenza 2 aprile 1998, n. 129; Pres.

Montini, Est. Caso; Quirico (Aw, Angeletti) c. Comune

di Torino (Avv. Rizza).

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL PIE MONTE; sezione II; sentenza 2 aprile 1998, n. 129; Pres.

Impiegato degli enti locali — Incarico extraistituzionale — Au

torizzazione — Presupposti (D.p.r. 10 gennaio 1957 n. 3, t.u.

delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili

dello Stato, art. 12; d.leg. 3 febbraio 1993 n. 29, razionaliz

zazione dell'organizzazione delle amministrazioni pubbliche e

revisione della disciplina in materia di pubblico impiego, a norma dell'art. 2 1. 23 ottobre 1992 n. 421, art. 58; 1. 23

dicembre 1996 n. 662, misure di razionalizzazione della fi

nanza pubblica, art. 1, commi 56-65).

È illegittimo il diniego di autorizzazione all'espletamento di in

carico esterno di consulente presso azienda sanitaria (avente ad oggetto attività di supporto tecnico per la redazione di

progetto di costruzione dell'ospedale), adottato dal comune

di Torino nei confronti del proprio direttore dei servizi tecnici

ingegnere capo senza una concreta valutazione della compati bilità dell'incarico con i compiti di istituto, sotto il profilo del contenuto dello stesso e dell'esistenza di altri incarichi già

autorizzati. (1)

Diritto. — Impugna il ricorrente il diniego di autorizzazione

ad espletare un incarico di consulenza conferitogli dall'azienda

regionale Usl/12.

In servizio presso il comune di Torino in qualità di ingegnere

capo, egli era stato prescelto come «esperto» idoneo a fornire

all'amministrazione sanitaria un adeguato ausilio tecnico ed am

ministrativo nella gestione del rapporto da instaurarsi con il rag

gruppamento di professionisti che avrebbe dovuto provvedere alla progettazione del nuovo ospedale di Biella, operando a sup

porto del responsabile del procedimento; ma l'istanza di assen

so allo svolgimento dell'attività extra-istituzionale veniva respinta,

poiché considerata «attività prettamente professionale, e in quan to tale in contrasto con la disciplina normativa e regolamentare

vigente in materia di incompatibilità». Ha dedotto l'ing. Quiri co l'illegittimità dell'atto negativo, sia per essere stata erronea

mente intesa la normativa di settore — che non vieta in assolu

to attività lavorative estranee al rapporto di pubblico impiego,

purché si tratti di attività occasionali o comunque svolte in fa

ti) Con la decisione in epigrafe il Tar Piemonte giudica della legitti mità di un incarico esterno dell'ingegnere capo del comune che appari va con caratteristiche molto vicine alla libera professione richiedendo

una valutazione concreta del suo contenuto e della sua compatibilità con i doveri d'ufficio; l'esercizio di attività professionale, industriale

o artigianale è stato sempre negato al pubblico impiegato, anche a fa

vore della stessa amministrazione di appartenenza, indipendentemente dal concreto atteggiarsi dell'attività stessa e dalla accertata compatibili tà con l'impegno lavorativo istituzionale: Tar Lombardia, sez. Brescia, 7 ottobre 1996, n. 963, Foro it., Rep. 1997, voce Impiegato degli enti

locali, n. 30 (in relazione all'art. 51,9° comma, 1. 142/90), e 10 settem

bre 1996, n. 915, ibid., voce Sanitario, n. 175 (in relazione all'art. 27

d.p.r. 761/79, per dipendente Usi appartenente al ruolo professionale

degli ingegneri); Tar Abruzzo 26 marzo 1992, n. 97, id., Rep. 1992, voce Impiegato degli enti locali, n. 33 (per attività di architetto da parte di dipendente di comunità montana); Cons. Stato, sez. VI, 24 settem

bre 1993, n. 629, id., Rep. 1993, voce Impiegato dello Stato, nn. 529-531, e Tar Puglia, sez. Lecce, 26 agosto 1991, n. 530, id., 1992, III, 558

(per esercizio di attività artigianale); contra, nel senso che l'art. 241

t.u. 383/34 consente l'affidamento di incarico professionale a proprio

dipendente da parte di ente locale, un orientamento minoritario: Corte

conti, sez. giur. reg. Abruzzo, 14 novembre 1996, n. 75, id., Rep. 1997, voce Impiegato degli enti locali, n. 29; Tar Campania, sez. Ili, 18 ago sto 1995, n. 560, id., Rep. 1996, voce Professioni intellettuali, n. 148;

Tar Lazio, sez. I, 2 marzo 1988, n. 305, id., Rep. 1989, voce Impiegato dello Stato, n. 502. Nonostante il divieto, risalente alla disposizione

generale dell'art. 60 t.u. 3/57 e ribadito dall'art. 58 d.leg. 29/93, è

stata ritenuta legittima l'iscrizione ad albo professionale del pubblico

impiegato con rapporto di lavoro part-time da Cass. 23 settembre 1994,

n. 7845, id., 1996, I, 241 (che ha mutato il precedente orientamento

contrario); per ogni riferimento in materia, anche in relazione alla nuo

va disciplina privatizzata ex d.leg. 29/93, v. la nota di richiami a Cass.

7845/94, cit-, nonché, sull'anagrafe degli incarichi dei pubblici dipen

denti, a Corte cost. 23 luglio 1992, n. 356, id., 1993, I, 1379; per riferi

menti, sulla problematica connessa al risarcimento dei danni a carico

di professionista destinatario di incarichi da una pubblica amministra

zione, v. Trib. Montepulciano 28 maggio 1997, in questo fascicolo, I, 378.

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PARTE TERZA

vore di enti pubblici — sia per non essere state specificate le

ragioni di un'eventuale conflitto di interessi o di una concreta

interferenza con i doveri d'ufficio, sia ancora per essere stato

adottato il provvedimento impugnato da soggetto non compe tente a pronunciarsi su questione relativa ad un dirigente apicale.

Sul regime delle incompatibilità nel pubblico impiego è inter venuto di recente il dipartimento della funzione pubblica, con

due circolari (n. 3/97 del 19 febbraio 1997 e n. 6/97 del 18 luglio 1997) recanti indicazioni circostanziate dei criteri cui de

vono attenersi le amministrazioni in materia. Muovendo dalla

disciplina di cui all'art. 1, commi da 56 a 65, 1. n. 662 del

1996, si è preso atto come viga tuttora il dovere di esclusività

di cui all'art. 60 del testo unico n. 3 del 1957, a norma del

quale le energie dei pubblici impiegati devono essere riservate

all'espletamento dei compiti loro affidati dall'amministrazione, sì da rendere incompatibile con lo status di pubblico dipendente

qualsiasi attività estranea ai doveri d'ufficio che sia caratteriz

zata da intensità, continuità e professionalità (v. Cons. Stato, sez. V, 16 maggio 1989, n. 297, Foro it., Rep. 1989, voce Im

piegato dello Stato, n. 500). Pertanto, riconoscendo all'ammi

nistrazione di appartenenza — in sede di rilascio della relativa

autorizzazione — la funzione di verificare caso per caso l'am

missibilità delle attività extra-istituzionali, si sono specificati i limiti oltre i quali, fatti salvi i regimi speciali previsti da fonti normative settoriali, è in assoluto esclusa la possibilità di assen

tire attività esterne, e a tal fine si è fatto riferimento alle attività

non saltuarie e non occasionali e a quelle che attengono allo

svolgimento di libere professioni. Si è in tal modo ribadita l'esi

genza che il dipendente non crei un centro di interessi alternati

vo all'ufficio pubblico rivestito, pregiudizievole del buon assol

vimento delle mansioni di sua spettanza. Al contempo si è insi

stito sulla necessità di rilasciare le autorizzazioni «secondo criteri

oggettivi e idonei a verificare la compatibilità dell'attività extra

istituzionale in base alla natura della stessa, alle modalità di

svolgimento e all'impegno richiesto», così riprendendo quanto

disposto con norma generale dall'art. 58, 5° comma, d.leg. 3

febbraio 1993 n. 29. Con riferimento poi a specifiche tipologie di attività estranee ai compiti d'ufficio, si è ulteriormente preci sato che «collaborazioni o incarichi di consulenza presso altre

amministrazioni pubbliche richiedono necessariamente l'autoriz

zazione della propria amministrazione, che valuterà la non in

terferenza con l'attività ordinaria di quella ulteriore».

Alla luce di tali indicazioni, che risultano in linea con i para metri normativi assunti a riferimento, appaiono fondati il pri mo e il secondo motivo di gravame.

La sola circostanza che l'incarico conferito al ricorrente do

vesse essere considerato di natura professionale non poteva di

per sé giustificare il diniego, atteso che, nell'attuale regime nor

mativo, il divieto di svolgimento di attività extra-istituzionali

risulta parzialmente temperato dalla possibilità di autorizzare

10 svolgimento di specifici incarichi «non compresi nei compiti e doveri d'ufficio . . . che provengano da amministrazione pub blica diversa da quella di appartenenza . . . secondo criteri og

gettivi e predeterminati, che tengano conto della specifica pro fessionalità, tali da escludere casi di incompatibilità, sia di dirit

to che di fatto, nell'interesse del buon andamento della pubblica amministrazione» (v. art. 58, 2° e 5° comma, d.leg. n. 29 del

1993). Il comune di Torino avrebbe dovuto quindi esternare le ragioni per le quali riteneva che l'attività di consulenza fosse suscettibile di divenire pregiudizievole per l'assolvimento dei com

piti d'ufficio, tenuto conto di quegli stessi criteri che il consiglio comunale aveva fissato con la deliberazione in data 11 dicem

bre 1990, allorché — in materia di «autorizzazione a svolgere attività professionale presso altri enti» — aveva stabilito che

l'attività extra-istituzionale, per essere ammissibile, dovesse es

sere prestata a favore di enti pubblici o associazioni senza sco

po di lucro, dovesse esercitarsi al di fuori dell'orario di servizio

e non dovesse pregiudicare il rendimento del dipendente, oltre a dover essere limitata ad un'area temporale non superiore ad un anno. L'istanza del ricorrente, allora, avrebbe dovuto essere

vagliata alla luce dei criteri-guida predeterminati dalla stessa am

ministrazione, criteri che appaiono peraltro pienamente rispon denti alle più recenti circolari ministeriali, o comunque in linea con la normativa vigente, quanto meno per gli aspetti che rile vano nella fattispecie oggetto del presente giudizio. Per quel che concerne, poi, il divieto di «svolgimento di libere professio ni» (in tal senso la circolare ministeriale n. 3/97), appare evi

11 Foro Italiano — 1999.

dente che si è inteso far riferimento all'ipotesi in cui il dipen dente voglia essere autorizzato in via generale ad esercitare una

continuativa attività libero-professionale, al di fuori di ogni pos sibile verifica preventiva circa i contenuti dell'attività svolta e

i fruitori della stessa, sicché debbono certamente ritenersi non

inibiti i singoli incarichi presso altre amministrazioni pubbliche, o comunque il diniego di autorizzazione deve seguire in questi casi ad una specifica e puntuale valutazione che tenga conto

di concrete ragioni di inammissibile interferenza con le funzioni

che attengono al rapporto di impiego. Né assumono rilievo le argomentazioni svolte dalla difesa del

l'amministrazione per dar conto dell'impossibilità di rilascio del l'autorizzazione in ragione della presunta sussistenza, in capo al ricorrente, di un numero di incarichi incompatibile con l'otti

male esercizio dei compiti d'ufficio, in quanto, se è vero che

il divieto ex art. 60 d.p.r. n. 3 del 1957 mira anche a salvaguar dare le energie lavorative del dipendente al fine di un miglior rendimento nei confronti della pubblica amministrazione (v. Cons. Stato, sez. VI, 24 settembre 1993, n. 629, id., Rep. 1993, voce cit., nn. 529-531) — sicché l'ente datore di lavoro è tenuto

a verificare che gli ulteriori impegni assunti non comprometta no il soddisfacente assolvimento delle attribuzioni ordinarie (for nendone adeguata e puntuale indicazione ove si determini a ne

gare l'assenso) — è pur vero però che, per costante giurispru denza, la motivazione carente di un provvedimento non può essere integrata in corso di giudizio mediante atti difensivi (v., da ultimo, Cons. Stato, sez. V, 4 novembre 1997, n. 1230; sez.

VI 3 novembre 1997, n. 1569), dovendo a tanto provvedere l'or

gano competente dell'autorità amministrativa interessata.

In conclusione, quindi, dichiarato assorbito l'ulteriore profi lo di doglianza, il ricorso va accolto e, per l'effetto, va disposto l'annullamento dell'atto impugnato, ferma restando naturalmente

la potestà dell'amministrazione di vagliare in concreto la com

patibilità dell'incarico con le funzioni istituzionali del ricorren

te, il che presuppone si accerti che non venga turbato lo svolgi mento del servizio cui il dipendente è addetto e che questi non

venga distolto dallo stesso con diminuzione del rendimento (v. Tar Sicilia, sez. Catania, 28 febbraio 1997, n. 355).

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER L'EMILIA-ROMAGNA; sezione I; sentenza 19 febbraio 1998, n. 64; Pres. Meaie, Est. Calderoni; Soc. Autostrade (Avv. Ferrari, Carletti) c. Comune di Solarolo (Aw. Cicognani).

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER L'EMILIA-ROMAGNA; sezione I; sentenza 19 febbraio 1998,

Ambiente (tutela dell') — Danno ambientale — Ordinanze sin dacali di ripristino dello stato dei luoghi — Individuazione

dei soggetti passivi — Fattispecie (L. 8 giugno 1990 n. 142, ordinamento delle autonomie locali, art. 38; 1. reg. Emilia

Romagna 12 luglio 1994 n. 27, disciplina dello smaltimento di rifiuti, art. 33; d.leg. 5 febbraio 1997 n. 22, attuazione

delle direttive 91/156/Cee sui rifiuti, 91/689/Cee sui rifiuti

pericolosi e 94/62/Ce sugli imballaggi e sui rifiuti di imbal laggio, art. 17).

È illegittima l'ordinanza con cui il sindaco ingiunge la riduzione in pristino di un 'area oggetto di danno ambientale (nella spe cie, per versamento di reflui inquinanti) al privato proprieta rio del fondo o al soggetto titolare di diritti reali o personali di godimento sul fondo stesso, in assenza dell'accertamento di un comportamento doloso o colposo del destinatario del

l'ordinanza nonché di un nesso causale fra tale comporta mento e l'alterazione ambientale da rimuovere. (1)

(1) La sentenza in rassegna è una delle prime pronunce sulla nuova

disciplina in materia di bonifica dei siti contaminati di cui all'art. 17

d.leg. 5 febbraio 1997 n. 22. Non constano precedenti giurisprudenziali sul punto, mentre per i primi commenti v. A. Capria, La nuova disci

plina sulla bonifica dei siti inquinati, in AA.VV., Il decreto Ronchi,

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