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sezione II; sentenza 9 luglio 1999, n. 1586; Pres. Elefante, Est. Giordano; Soc. Enel (Avv....

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sezione II; sentenza 9 luglio 1999, n. 1586; Pres. Elefante, Est. Giordano; Soc. Enel (Avv. Scarpitti, E. Conte) c. Comune di Montalto di Castro (Avv. Pinti) Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 10 (OTTOBRE 1999), pp. 525/526-527/528 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23194956 . Accessed: 28/06/2014 09:05 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.220.202.121 on Sat, 28 Jun 2014 09:05:00 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione II; sentenza 9 luglio 1999, n. 1586; Pres. Elefante, Est. Giordano; Soc. Enel (Avv.Scarpitti, E. Conte) c. Comune di Montalto di Castro (Avv. Pinti)Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 10 (OTTOBRE 1999), pp. 525/526-527/528Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23194956 .

Accessed: 28/06/2014 09:05

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

(determinazione del collegio), deve operare anche nella fase istrut

toria, nel senso che i magistrati si uniformeranno a criteri di

conduzione dell'indagine collegialmente predeterminati, infor

mando il plenum della sezione sull'andamento della propria at

tività.

I magistrati svolgono le proprie funzioni suddivisi tendenzial

mente in gruppi di lavoro, nei quali saranno compresi anche

i funzionari amministrativi, distinti per settori (fondi e/o obiet

tivi), ma ciascuno di essi potrà essere chiamato ad integrare

gli altri gruppi per periodi o per argomenti specifici: la stessa

flessibilità e mobilità deve essere applicata al personale non di

magistratura al fine di acquisire una competenza generalizzata su tutti i fondi di provenienza comunitaria.

Si è già accennato alla collaborazione che la Corte dei conti

italiana si è impegnata ad offrire a quella europea in virtù del

l'art. 188 C del trattato.

Tale collaborazione, più che configurarsi come semplice «ap

poggio» organizzativo ai lavori degli agenti della corte europea, deve assurgere a momento di autonomo esercizio di attività di

controllo, ancorché in stretta connessione con l'oggetto della

visita programmata. Per raggiungere questo obiettivo è necessa

rio espletare una fase preparatoria istruttoria, nella quale il ma

gistrato incaricato (unitamente al funzionario addetto) esamini

la documentazione inerente la «visita ispettiva», integrandola — ove lo reputi opportuno — con la richiesta alle amministra

zioni interessate di ulteriori notizie e chiarimenti.

I risultati della «visita», poi, possono essere assunti come mo

tivo di impulso all'apertura di una più approfondita e allargata attività di controllo, soprattutto se riveleranno quella «criticità»

della gestione che la sezione ha incluso fra i parametri di sele

zione degli obiettivi delle proprie indagini.

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA

ZIO; sezione II; sentenza 9 luglio 1999, n. 1586; Pres. Ele

fante, Est. Giordano; Soc. Enel (Avv. Scarpitti, E. Con

te) c. Comune di Montalto di Castro (Avv. Pinti).

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA

ZIO; sezione II; sentenza 9 luglio 1999, n. 1586; Pres. Ele

Tributi locali — lei — Edifici diversi dalle abitazioni — Ali quote differenziate — Illegittimità (D.leg. 30 dicembre 1992

n. 504, riordino della finanza degli enti territoriali, a norma

dell'art. 4 1. 23 ottobre 1992 n. 421, art. 6; 1. 23 dicembre

1996 n. 662, misure di razionalizzazione della finanza pubbli

ca, art. 3, comma 53).

Ai sensi dell'art. 6 d.leg. 30 dicembre 1992 ri. 504, come sosti

tuito dall'art. 3, comma 53, I. 23 dicembre 1996 n. 662, è

illegittima la delibera comunale di determinazione delle ali

quote dell'imposta comunale sugli immobili (lei) che, nell'am

bito della categoria generale degli «immobili diversi dalle abi

tazioni», discrimina ad esclusivo danno degli edifici rientranti

in una determinata categoria catastale (nella specie, è stata

annullata la delibera con la quale il comune di Montalto di

Castro aveva, per l'anno 1993, assoggettato i soli opifici ap

partenenti alla categoria catastale DI all'aliquota deI sette per

mille). (1)

(1) Ad avviso del giudice amministrativo romano, la vigente norma

tiva in materia di imposta comunale sugli immobili (art. 3, comma 53, 1. 662/96) consente ai comuni di stabilire aliquote differenziate per «gruppi di immobili», senza però legittimare ulteriori distinzioni all'interno di

questi. In giurisprudenza, in materia di determinazione delle aliquote lei,

v. Cons. Stato, sez. V, 2 febbraio 1996, n. 135, Foro it., 1996, 111, 199, e Bollettino trib., 1996, 408, con nota di Righi; Corriere trib., 1996, 1133, con nota di Trimeloni; Riv. giur. trib., 1996, 929, con nota dì Montesano; Finanza loc., 1997, 257, con nota di De Paolis,

Il Foro Italiano — 1999.

Diritto. — Con l'odierno gravame la società ricorrente conte

sta la legittimità della determinazione comunale che, in pretesa attuazione della vigente normativa, ha stabilito di applicare l'a

liquota massima del sette per mille all'imposta comunale sugli immobili (lei) dovuta dai possessori di «opifici» appartenenti alla categoria catastale DI.

Con il primo motivo l'istante deduce violazione di legge, nel

l'assunto che l'invocata disposizione consentirebbe di diversifi

care l'aliquota con riferimento a tutti indistintamente gli immo

bili diversi dalle abitazioni, senza operare discriminazioni ad

esclusivo danno di alcuni edifici ben individuati nell'ambito di

una sola categoria catastale.

La censura può essere condivisa, nei termini e limiti appresso indicati.

Con l'art. 3, comma 53, 1. 23 dicembre 1996 n. 662, l'art.

6 d.leg. 30 dicembre 1992 n. 504, è stato sostituito nel senso

che, tra la misura minima del quattro per mille e quella massi

ma del sette per mille, si è consentito ai comuni di differenziare

l'aliquota d'imposta «con riferimento ai casi di immobili diversi

dalle abitazioni, o posseduti in aggiunta all'abitazione principa le, o di alloggi non locati» (2° comma).

Il legislatore ha, perciò, individuato tre gruppi di immobili, da tenere distinti dall'abitazione principale o perché funzional

mente diversi dalle abitazioni, in quanto destinati ad altri usi

(commerciali, industriali, turistici, ecc.), o perché utilizzati co

me abitazioni secondarie oppure perché, pur essendo adibiti ad

abitazioni, non rientranti in questo secondo gruppo e, comun

que, non dati in locazione.

Tale modifica normativa si inserisce in un contesto di scelte

politiche, volte ad incentivare l'acquisto della prima casa ed a

favorire, in ogni caso, il mercato delle locazioni immobiliari — stante l'annosa ed endemica questione della scarsità degli

alloggi disponibili — con l'intento, altresì, di porre un concreto

rimedio al problema della tensione abitativa che affligge buona

parte del nostro paese.

Sembra, dunque, di poter affermare che la diversificazione

introdotta dalla disposizione sopra richiamata, debba riguarda re i tipi di immobili considerati assimilabili sotto l'aspetto fisca

le, siccome astrattamente in grado di esprimere un'identica ca

pacità contributiva corrispondente ad una loro significativa con

sistenza economica o reddituale.

Altra distinzione il legislatore non ha introdotto con la più recente normativa, né ha inteso rapportare i «casi» evidenziati

alle categorie catastali o, addirittura, ad una particolare catego ria catastale come quella cui appartengono gli opifici industriali.

Una contraria interpretazione accrediterebbe più di un sospetto

d'illegittimità costituzionale della menzionata disposizione, non

solo con riferimento al parametro costituzionale di uguaglianza e di ragionevolezza, ma anche sotto il profilo dell'imparzialità e del buon andamento dell'azione amministrativa.

che ha reputato illegittima la delibera della giunta comunale (nella spe cie, del comune di Perugia) che stabilisce l'aliquota dell'imposta (nella specie, per il 1993) nella misura massima del sei per mille, non già in presenza di un fabbisogno economico finanziario predeterminato ed

emergente alla data di approvazione del bilancio di previsione ovvero a quella di approvazione della delibera impugnata, bensì con riguardo ad un fabbisogno futuro, ancora in fase di studio e possibile oggetto di deliberazione in sede di variazione al bilancio (sull'insindacabilità da parte delle sezioni unite della Corte di cassazione di questa pronun cia del Consiglio di Stato, cfr. Cass., sez. un., 27 luglio 1998, n. 7350, Foro it., Rep. 1998, voce Tributi locali, n. 138); Tar Umbria 20 giugno 1996, n. 233, id., Rep. 1996, voce cit., n. 148, per la quale è infondata la censura di difetto di istruttoria e di motivazione nei confronti della delibera con la quale il comune ha stabilito al 5,5 per mille l'aliquota dell'Ici per l'anno 1993, motivata dalla necessità di finanziare le spese, non previste in bilancio, per le elezioni amministrative e per il rimborso

Iciap 1989, nonché di finanziare la quota dell'anno 1993 del piano di

rateizzazione dei debiti fuori bilancio ed infine di rifinanziare alcuni

capitoli di bilancio del corrente esercizio dimostratisi insufficienti.

V. anche Corte cost. 22 aprile 1997, n. Ill, id., 1997, I, 2391, e

Corriere trib., 1997, 2146, con nota di Pino; Riv. dir. trib., 1997, II, 451, con nota di Falsitta; Giur. costit., 1997, 1044, con nota di Anto

nini; Giur. it., 1997, I, 476, con nota di Marello, che ha dichiarato

infondata od inammissibile la questione di legittimità costituzionale de

gli art. 6 e 18 d.leg. 30 dicembre 1992 n. 504, nella parte in cui preve dono che la determinazione dell'aliquota lei venga stabilita con delibe razione della giunta comunale, in riferimento agli art. 23, 76 e 77 Cost.

Sulle delibere comunali in tema di aliquote lei, v. anche min. fin.

circ. 13 febbraio 1998, n. 49/E, Le leggi, 1998, II, 44, e min. fin. 31

dicembre 1998, n. 296/E, Corriere trib., 1999, 451.

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PARTE TERZA

Non sarebbe dato, invero, comprendere le ragioni di un di

verso trattamento tributario riservato a situazioni effettivamen te comparabili, che è possibile rinvenire all'interno di un mede

simo raggruppamento (come, ad esempio, nell'ipotesi degli al

berghi, delle case di cura private, degli istituti di credito, delle

sale per pubblici spettacoli e per esercizi sportivi con fini di

lucro, dei fabbricati finalizzati alle speciali esigenze di un'attivi

tà industriale, degli stabilimenti balneari, ecc., compresi, al pari

degli opifici, tra gli immobili a destinazione speciale), ed anche

tra immobili iscritti in differenti raggruppamenti, ma dotati di

una medesima potenzialità economica di base (uffici e studi pro fessionali privati, negozi e botteghe, magazzini di deposito, sta zioni per servizi di trasporto ed impianti di risalita in genere).

Del resto, l'opinione del collegio risulta supportata dal cano ne ermeneutico secondo il quale, ove una disposizione sia su

scettibile di due o più possibili interpretazioni, occorre privile

giare quella che più si riveli conforme al dettato costituzionale.

Se, poi, a ciò si aggiunge che, come emerge dal dibattito con

siliare, l'impugnata determinazione appare palesemente diretta a gravare specificamente la centrale termoelettrica dell'Enel, ir rilevante essendo che (pochi) altri opifici rientrino necessaria mente nella previsione dell'aliquota relativa alla categoria cata

stale DI, non sembra revocabile in dubbio come, in violazione

della calendata normativa, sia stata posta in essere un'effettiva

sperequazione ai danni della società ricorrente, con sviamento

della causa tipica del potere esercitato nella circostanza dal co mune intimato.

Quanto sopra conduce a ritenere fondato anche il terzo ed

ultimo motivo di gravame, nella parte relativa ai prospettati vizi di eccesso di potere per disparità di trattamento e per sviamento.

Pertanto, nei termini dianzi esposti e con assorbimento delle

residue censure formulate nel secondo e nel terzo capo di do

manda, il ricorso va accolto e, per l'effetto, va disposto l'an

nullamento, per quanto di ragione, dell'atto impugnato.

COMMISSIONE TRIBUTARIA CENTRALE; sezione XVI; de cisione 23 marzo 1999, n. 1826; Pres. Di Giambattista, Est.

Baldassarre; Ufficio registro atti pubblici di Bologna c. Soc. D&C - Compagnia d'importazione.

COMMISSIONE TRIBUTARIA CENTRALE;

Tributi in genere — Condono fiscale — Controversia in tema d'im

posta suppletiva di registro — Applicabilità (D.l. 30 settembre 1994 n. 564, disposizioni urgenti in materia fiscale, art. 2 quinquies", 1. 30 novembre 1994 n. 656, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 30 settembre 1994 n. 564, art. 1).

Può essere definita per condono, ai sensi dell'art. 2 quinquies d.l. 30 settembre 1994 n. 564, convertito, con modificazioni, nella I. 30 novembre 1994 n. 656, la controversia pendente avente per oggetto il pagamento di imposte suppletive di registro. (1)

(1) Negli stessi termini, Comm. trib. centrale 2 settembre 1998, n. 4303, Foro it., Rep. 1998, voce Tributi in genere, n. 2352; 2 aprile 1996, n. 1504, id., Rep. 1997, voce cit., n. 2144, e Riv. giur. trib., 1997, 1048, con nota di C. Rau, Ancora dubbi sui criteri di definizione delle liti pendenti di modesto valore e sulle somme complessivamente dovute. Nel senso che il beneficio della chiusura delle liti fiscali penden ti di cui all'art. 2 quinquies d.l. 30 settembre 1994 n. 564, convertito nella 1. 30 novembre 1994 n. 656, si estende a tutte le liti fiscali penden ti, per tali intendendosi tutte le contestazioni relative a qualsiasi atto impositivo e sanzionatorio, v. anche Comm. trib. reg. Marche 18 otto bre 1996, Foro it., Rep. 1996, voce cit., n. 2030.

Contra, seppure con riferimento al condono di cui all'art. 5 d.l. 630/94 (non convertito in legge, ma il cui contenuto è stato sostanzialmente tra sfuso nell'art. 2 quinquies d.l. n. 564 del 1994, introdotto dalla legge di conversione n. 656 del 1994), v. min. fin. circ. 30 novembre 1994, n. 197, Fisco, 1994, 10774, per la quale restano escluse dal beneficio della chiu sura delle liti fiscali pendenti le controversie generate da atti d'imposizio ne con i quali l'ufficio richiede il pagamento dell'imposta principale (es.: registrazione d'ufficio, richiesta di registrazione di atti giudiziari), del l'imposta suppletiva e dell'imposta complementare diversa da quella per maggiore valore accertato (es.: decadenza dalle agevolazioni tributarie).

Il Foro Italiano — 1999.

Svolgimento de! processo. — L'ufficio del registro di Bolo

gna — in relazione all'atto per notar Vico in data 30 giugno 1983, con il quale era pattuita la fusione per incorporazione della D&C-Compagnia d'importazione di prodotti alimentari dol

ciumi vini e liquori s.p.a. nella Defin s.p.a. — riscuoteva l'im

posta di registro dell'uno per cento sull'ammontare dichiarato di capitale sociale e riserve di lire 2.835.599.235, richiedendo

poi, sulla base di riconduzione a riserve di voci qualificate nel

passivo «fondi tassati fiscali diversi» e «plusvalenze da reinve

stire», un supplemento d'imposta su lire 1.324.876.228.

Il ricorso della D&C avverso l'avviso di liquidazione era ac

colto, in parte, dalla commissione di primo grado, che esclude va dalla tassazione le voci «anni precedenti (imposte)» e «in

dennità clientela agenti». La contribuente proponeva appello e la commissione di se

condo grado, con la decisione indicata in epigrafe, ha dichiara

to non tassabili le voci «rischi su crediti» e «oscillazione cambi».

L'ufficio ha proposto a questa commissione centrale ricorso, del quale ha chiesto la trattazione.

Resiste la società D&C.

Motivi della decisione. — L'amministrazione deduce che nel

la situazione patrimoniale della società incorporata sono state

indicate nel passivo delle poste denominate «fondi» e «fondi

tassati fiscali diversi» e che questi ultimi sono «tassati», ai fini delle imposte dirette, in quanto poste costituite con l'utile di

esercizio e, quindi, componenti del patrimonio netto da assog

gettare a imposta proporzionale al momento dell'incorporazione; che non sarebbe altrimenti comprensibile la suddivisione dei

fondi nelle suddette due categorie, se non come adempimento

dell'obbligo, posto da! 7° comma dell'art. 105 d.p.r. 917/86;

che, pertanto, i «fondi tassati fiscali diversi» sono vere e pro

prie riserve imponibili ai sensi dell'art. 47 d.p.r. 634/72.

Chiede, in riforma della decisione di secondo grado, «la con

ferma della legittimità all'operato dell'ufficio» e, in subordine, la conferma della decisione di primo grado.

Va premesso che sulle statuizioni di primo grado favorevoli alla contribuente e non impugnate dall'ufficio innanzi alla com

missione di secondo grado, si è formato il giudicato, residuan

do, per tanto, le sole questioni relative alla tassazione delle voci

«rischi su crediti» o «oscillazione cambi».

In ordine a tali questioni questa Commissione tributaria cen trale non può pronunciare per essere intervenuta la definizione in via amministrativa, della quale la contribuente ha fornito la prova, con la produzione della «istanza di estinzione della

controversia per cessata materia del contendere», ai sensi della

1. 30 novembre 1994 n. 656, depositata il 24 marzo 1997 e della

quietanza del versamento di lire 1.325.000 in data 14 dicembre 1994 n. 5062773 dell'ufficio del registro di Bologna.

L'ufficio, a seguito di ordinanza istruttoria, ha trasmesso il

provvedimento di rigetto dell'istanza di definizione, precisando che con il richiamo, in detto provvedimento, della circolare 197/E del 30 novembre 1994 la motivazione del rigetto risiede nel fat to che trattasi d'imposta suppletiva.

In effetti è questo l'avviso espresso da detta circolare, emessa

per altro prima ancora della pubblicazione della 1. 30 novembre 1994 n. 656 di conversione, con modifiche, del d.l. 30 settembre 1994 n. 564.

Ma a diversa conclusione, che il collegio condivide, è perve nuta questa commissione centrale con le decisioni 2 settembre

1998, n. 4303 (sez. XVI, Foro it., Rep. 1998, voce Tributi in

genere, n. 2352), e 2 aprile 1996, n. 1504 (id., Rep. 1997, voce

cit., n. 2144), che — sulla base dell'ampia portata del dettato

legislativo e della sua ratio — ha affermato che può essere defi nita ai sensi dell'art. 2 quinquies del citato d.l. n. 564, come

sopra convertito e modificato, la controversia pendente avente ad oggetto il pagamento di imposte suppletive di registro.

Non essendo controversa la ritualità del procedimento di de

finizione, l'intervenuto versamento nella prescritta misura ha determinato l'estinzione del giudizio, che va quindi pronunciata.

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