sezione III civile; ordinanza 17 ottobre 2003, n. 15538; Pres. Carbone, Rel. Manzo, P.M.Scardaccione (concl. diff.); Soc. Unipol (Avv. Tonucci, Frignani) c. Ricciardelli (Avv. De Pascale)Source: Il Foro Italiano, Vol. 126, No. 11 (NOVEMBRE 2003), pp. 2937/2938-2941/2942Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23197857 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
dell'adottante, proprio quell'effetto di perdita di legami sociali, con conseguente difficoltà allo sviluppo della personalità, che
viene paventato dal giudice rimettente.
La norma impugnata non può neppure causare l'effetto di una
minor tutela per i figli nati fuori dal matrimonio, come sostiene
il rimettente, qualora l'adozione riguardi figli naturali ricono
sciuti; anche in questo caso, infatti, si tratta di un minore che già ha assunto il cognome del genitore che ha effettuato il ricono
scimento e che tramite esso è conosciuto nell'ambiente sociale; la successiva adozione (in casi particolari) da parte del coniuge del genitore che ha effettuato il riconoscimento, anche mediante
l'attribuzione del secondo cognome, certamente non comprime la personalità del minore.
Né infine la norma impugnata può integrare un'omessa tutela
della gioventù prevista dall'art. 31, 2° comma. Cost., dovendo
tale norma costituzionale essere più propriamente riferita agli istituti di legislazione sociale a protezione della famiglia e del
l'infanzia, piuttosto che al novero dei diritti della persona. 5. - Va ancora aggiunto che questa corte, con la sentenza n.
120 del 2001 (successiva all'ordinanza di rimessione), chiamata
a pronunciarsi su una questione di legittimità costituzionale del
l'art. 299, 1° e 2° comma, c.c. in una ipotesi riguardante l'ado
zione fra maggiorenni, ha dichiarato l'illegittimità costituzio
nale della disposizione di cui al 2° comma, «nella parte in cui
non prevede che, qualora sia figlio naturale non riconosciuto dai
propri genitori, l'adottato possa aggiungere al cognome del
l'adottante anche quello originariamente attribuitogli», ed ha nel
contempo affermato che «la precedenza del cognome del
l'adottante non appare irrazionale, così come non può costituire
violazione del diritto all'identità personale il fatto che il co
gnome adottivo preceda o segua quello originario» e che «la le
sione di tale identità è ravvisabile nella soppressione del segno
distintivo, non certo nella sua collocazione dopo il cognome dell'adottante».
Il principio, che è lo stesso affermato dalle precedenti senten
ze della corte n. 13 del 1994 e n. 297 del 1996, sopra ricordate, deve essere ormai confermato anche per quel che riguarda l'adozione in casi particolari del minore ed il rinvio all'art. 299
c.c. operato dall'art. 55 1. n. 184 del 1983, oggi impugnato; sa
rebbe contraria alla Costituzione una disposizione che impones se la cancellazione, attraverso la sostituzione automatica del co
gnome originario, di un tratto essenziale della personalità del
soggetto, mentre la scelta della posizione dei due cognomi, di
per sé, non costituisce violazione del diritto della personalità del
soggetto. 6. - Non sussiste perciò la violazione delle norme costituzio
nali indicate dal rimettente.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fondata
la questione di legittimità costituzionale dell'art. 55 1. 4 maggio 1983 n. 184 (disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei
minori; ora: diritto del minore ad una famiglia), sollevata, in ri
ferimento agli art. 2, 3, 2° comma, 30, 3° comma, e 31, 2°
comma, Cost., dalla Corte d'appello di Torino, sezione per i
minorenni, con l'ordinanza in epigrafe.
Il Foro Italiano — 2003 — Parte I-55.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; ordinanza 17
ottobre 2003, n. 15538; Pres. Carbone, Rei. Manzo, P.M.
Scardaccione (conci, diff.); Soc. Unipol (Avv. Tonucci,
Frignani) c. Ricciarelli (Avv. De Pascale).
CORTE DI CASSAZIONE;
Competenza civile — Intesa restrittiva della concorrenza —
Azione promossa dal consumatore — Competenza della
corte d'appello — Rimessione degli atti al primo presi
dente (Cod. civ., art. 2033, 2043; cod. proc. civ., art. 374; 1.
10 ottobre 1990 n. 287, norme per la tutela della concorrenza
e del mercato, art. 2, 33).
Vanno rimessi al primo presidente della Corte di cassazione,
affinché valuti l'opportunità dell'assegnazione alle sezioni
unite, gli atti del ricorso sulla questione se la controversia
promossa dal consumatore, che chiede la nullità di un'intesa
restrittiva della concorrenza o il risarcimento dei danni ad
essa conseguenti, appartenga alla competenza in unico grado della corte d'appello. (1)
(1) La terza sezione civile non sottoscrive l'orientamento manife stato dalla prima sezione, che aveva ritenuto soggetta agli ordinari cri
teri di competenza l'azione proposta dal consumatore finale per chiede re il risarcimento derivato da un'intesa restrittiva della concorrenza
(cfr. sent. 9 dicembre 2002, n. 17475, Foro it., 2003, I, 1121, con note
di A. Palmieri, Intese restrittive della concorrenza e azione risarcitorìa
del consumatore finale: argomentazioni «extravagantes» per un illecito
inconsistente, e di E. Scoditti, Il consumatore e l'antitrust-, nonché
Resp. civ., 2003, 359, con nota di A. Guarneri, Il cartello degli assicu ratori è fonte di danno per gli assicurati?', Corriere giur., 2003, 339, con nota di I. Nasti, Tutela risarcitorìa del consumatore per condotta
anticoncorrenziale: una decisione difficile: Danno e resp., 2003, 390, con nota di S. Bastianon, Antitrust e tutela civilistica: anno zero: Dir.
ind., 2003, 172, con nota di G. Colangelo, Intese restrittive e legitti mazione dei consumatori finali ex art. 33 legge antitrust: Contratti, 2003, 897, con nota di M. Hazan, 1 rimborsi dei premi r.c.a.: Giudice di pace, 2003, 91, con nota di F. Petrelli, R.c. auto, azione risarcitorìa e competenza del giudice di pace). La decisione è intervenuta nel con
testo di una delle non poche cause civili promosse contro gli esponenti del «cartello degli assicuratori», sanzionato dall'Agcm, con decisione
avallata dai giudici amministrativi, almeno per quanto riguarda l'intesa consistente nello scambio d'informazioni sensibili (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 23 aprile 2002. n. 2199. Foro it., 2002, III, 482, con note di L.
Lambo e di G. Scarselli, Brevi note sui procedimenti amministrativi che si svolgono dinanzi alle autorità garanti e sui loro controlli giu risdizionali: F. Fracchia-C. Videtta, La tecnica come potere: R- Pardo
lesi, Sul «nuovo che avanza» in antitrust: l'illiceità oggettiva dello
scambio d'informazioni: C. Osti, Brevi puntualizzazioni in tema di
collusione oligopolistica: annotata altresì da R. Caranta, I limiti del
sindacato del giudice amministrativo sui provvedimenti dell'Autorità
garante della concorrenza e del mercato, in Giur. comm., 2003, II, 170; M. Negri, Configurazione «debole» (nel caso assicurazioni r.c.a.) del
controllo giurisdizionale sui provvedimenti dell'Autorità garante della
concorrenza e de! mercato, in Corriere giur., 2003, 507; N. Rangone, Intese nel mercato assicurativo e sindacabilità dei provvedimenti anti
trust, in Foro amm.-Cons. Stato, 2002, 1007; A. Morcavallo-A. Iaco
viello, Precisazioni e prospettive a proposito di intese restrittive della
concorrenza, in Cons. Stato, 2002, II, 1328; su tali vicende, v. anche D.
Bonaccorsi di Patti, Lo scambio di informazioni sul mercato assicura
tivo e la legge antitrust: dal caso «Ania» al caso «R.c. auto», in Dir. ed
economia assicurai, 2002, 483). La Suprema corte non intende nemmeno allinearsi all' obiter dictum
— elevato al rango di massima ufficiale, sebbene riassumesse conside
razioni svolte mentre si dissertava a proposito di una censura già di
chiarata inammissibile — contenuto in una pronuncia resa qualche an
no addietro dalla stessa prima sezione, secondo cui l'utente non sarebbe
investito della legittimazione giuridica a dolersi di asserite violazioni
delle norme antitrust (in quel caso si trattava di norme comunitarie),
poste in essere da un'impresa o da un gruppo di imprese (cfr. sent. 4
marzo 1999, n. 1811, Foro it., Rep. 2001, voce Concorrenza (discipli na), n. 182, e, per esteso, Riv. dir. ind., 2000, II, 421, con nota di G.
Tassoni, Le norme bancarie uniformi nel diritto della concorrenza). L'ordinanza in epigrafe delinea una traiettoria nient'affatto coinci
dente con quella dei ricordati precedenti, prospettando la sussistenza
della legittimazione attiva in capo al consumatore, allorché chieda una
delle misure indicate dall'art. 33, cpv., 1. 287/90 — a tal fine sono evo
cate le conclusioni del dibattito dottrinale in materia e viene richiamata
la giurisprudenza comunitaria, propensa ad annoverare tra gli strumenti
di tutela della concorrenza le azioni risarcitorie intentate dai privati (v. Corte giust. 20 settembre 2001, causa C-453/99, Courage Ltd c. Cre
han, in Foro it., 2002, IV, 75, con note di A. Palmieri-R. Pardolesi, Intesa illecita e risarcimento a favore di una parte: «chi è causa del
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2939 PARTE PRIMA 2940
Svolgimento del processo. — 1. - Mario Ricciardelli conveni
va in giudizio dinanzi al Giudice di pace di Avellino la compa
gnia assicuratrice Unipol s.p.a., deducendo di aver concluso con
tale compagnia un contratto di assicurazione r.c.a., nel contesto
del quale sarebbe stato pattuito un premio dall'ammontare ille
gittimo, in quanto influenzato dalla partecipazione della società
assicuratrice ad un'intesa restrittiva della concorrenza. L'attore
deduceva che la società convenuta per tale comportamento era
stata destinataria, unitamente a varie imprese concorrenti, di una
decisione dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato
che aveva applicato una sanzione pecuniaria. Chiedeva quindi che la convenuta fosse condannata alla restituzione, in suo favo
re, della parte del premio (quantificata nel venti per cento) cor
rispondente al sovrapprezzo praticato per effetto dell'intesa. La
convenuta contestava la domanda ed eccepiva l'incompetenza
per materia del giudice di pace, per essere competente la corte
d'appello, a norma dell'art. 33 1. n. 287 del 1990. Il giudice di
pace, rigettava l'eccezione d'incompetenza, accoglieva la do
manda, condannando la convenuta alla restituzione, a favore
dell'attore, della somma di lire 151.684 (euro 78,34) oltre inte
ressi. Avverso tale sentenza la compagnia assicuratrice Unipol
s.p.a. propone ricorso per cassazione affidato a cinque motivi.
Mario Ricciardelli resiste con controricorso, la compagnia assi
curatrice Unipol s.p.a. ha depositato memoria.
Motivi della decisione. — 2. - Con il primo motivo la ricor
rente deduce la violazione dell'art. 33, 2° comma, 1. 10 ottobre
1990 n. 287 e dell'art. 2033 c.c. nonché l'omessa, insufficiente
ed illogica motivazione della sentenza impugnata, lamentando il
rigetto dell'eccezione d'incompetenza per materia. Il giudice di
pace avrebbe errato nel ritenere sia che legittimati all'azione
fossero esclusivamente le imprese non aderenti al cartello, sia
che l'azione dovesse qualificarsi come restitutoria, ai sensi del
l'art. 2033 c.c., come tale estranea all'ambito di applicazione dell'art. 33 della legge indicata. L'errore consisterebbe in ciò
che, per un verso, la competenza della corte d'appello era attri
buita dal legislatore ratione materiae e non con riferimento ai
soggetti e che, per altro verso, il criterio di competenza dettato
non poteva essere eluso attraverso il mutamento della qualifica zione giuridica della pretesa azionata. In ogni caso anche volen
do per ipotesi fare applicazione dell'art. 2033 c.c. l'azione re
suo mal... si lagni e chieda i danni», G. Rossi, «Take Courage»! La Corte di giustizia apre nuove frontiere per la risarcibilità del danno da illeciti antitrust, e E. Scoditti, Danni da intesa anticoncorrenziale per una delle parti dell'accordo: il punto di vista del giudice italiano', an notata altresì da A. Di Maio, Il risarcimento da adempimento del con
tratto, in Europa e dir. privato, 2002, 791; G. Colangelo, Intese «ob torto collo» e risarcibilità del danno: le improbabili acrobazie del l'antitrust comunitario, in Corriere giur., 2002, 456; S. Bastianon, Intesa illec.ita e risarcimento del danno a favore della parte debole, in Danno e resp., 2001, 1151; L. Tonelli, Intesa antitrust e risarcimento dei danni, in Resp. civ., 2002, 673) — e legando a tale riconoscimento la devoluzione delle controversie alla corte d'appello. Tuttavia, il col
legio giudicante si astiene dallo statuire sulla questione di competenza, ritenendola di particolare importanza, ai sensi dell'art. 374, 2° comma,
c.p.c., e invocando, dunque, l'intervento risolutore delle sezioni unite. Nel frastagliato panorama delle decisioni di merito — sovente pro
nunciate dal giudice di pace secondo equità, prima della correzione di rotta operata con il d.l. 18/03, convertito, con modificazioni, in 1. 63/03, che ha riscritto l'art. 113, 2° comma, c.p.c., escludendo il giudizio di
equità per i procedimenti introdotti a partire dal 10 febbraio 2003 rela tivi ai contratti «di massa» conclusi mediante moduli o formulari (da rilevare come in relazione a tale modifica siano state sollevate diverse
questioni di legittimità costituzionale: Giud. pace Lecce, ord. 10 marzo
2003; Giud. pace San Severino Marche, ord. 3 aprile 2003; Giud. pace Bari, ord. 20 marzo e 20 maggio 2003 e Giud. pace Palestrina, ord. 29
luglio 2003, pubblicate in Gazzetta ufficiale, s.s., nn. 25, 34, 36 e 40 del 2003) — v. Giud. pace Roma 21 marzo 2003, Contratti, 2003, 900; Giud. pace Cesena 10 marzo 2003 e Giud. pace Lecce 30 gennaio 2003, entrambe in Giudice di pace, 2003, 118, con nota di G. Franchi; Giud.
pace Casoria 12 febbraio 2003, Foro it., 2003, I, 2192, con nota di G. Colangelo; Giud. pace Alghero 12 luglio, 23 luglio e 22 agosto 2001, Giud. pace Nocera Inferiore 17 maggio 2001 e Giud. pace Teano 14 febbraio 2001, id., Rep. 2002, voce cit., nn. 201-205 (tutte in Dir. ed economia assicuraz-, 2001, 840, con nota di D. Bonaccorsi di Patti, I
giudici di pace riconoscono la competenza esclusiva della corte d'ap pello ex art. 33 l. 287/90, per le azioni risarcitone da illecito antitrust: alcune riflessioni sulla tutela giurisdizionale nella disciplina antimo
nopolistica). [A. Palmieri]
Il Foro Italiano — 2003.
stitutoria doveva necessariamente conseguire ad una dichiara
zione di nullità (derivata) del contratto tra le parti: accertamento
questo devoluto alla corte d'appello. 3. - Su questione analoga a quella oggi posta all'attenzione
del collegio, ha già pronunziato la Corte di cassazione con sen
tenza 9 dicembre 2002, n. 17475 (Foro it., 2003, I, 1121). In
questa decisione, muovendo da un'interpretazione complessiva della 1. n. 287 del 1990, la corte è pervenuta alla conclusione
che l'azione volta ad ottenere la nullità delle intese, escludereb
be «una qualsivoglia soglia di interesse in testa a soggetti che
non siano essi stessi partecipi di quello stesso livello operativo, e rivestano invece la mera veste di consumatori finali, non po tendo in alcun modo reagire su di essi l'esistenza in sé delle
'intese'». Il consumatore finale non sarebbe dunque legittimato ad adire la corte d'appello per far valere la nullità dell'intesa,
potendo consistere piuttosto il suo ruolo «nella sollecitazione
dell'esercizio dei poteri da parte degli organi individuati dalla
stessa 1. 287/90 in quella che si rileva la sua componente più
propriamente pubblicistica». Anche l'azione di risarcimento del
danno, in stretta connessione con le azioni di nullità e con l'ini
bitoria, lascerebbe presupporre una tipologia di danni «stretta
mente connessa alle tematiche dell'impresa e della sua presenza nel mercato». In conclusione, il consumatore non sarebbe legit timato ad adire la corte d'appello per le azioni ex art. 33, 2°
comma, 1. n. 287 del 1990, mentre potrebbe far valere le sue ra
gioni attraverso un'azione di responsabilità assoggettata alle or
dinarie regole di competenza. A conclusioni non dissimili, questa corte è pervenuta in pre
cedenza con riferimento agli art. 85 e 86 del trattato istitutivo
della Comunità europea, che avrebbero come destinatari diretti
gli imprenditori commerciali, i quali sarebbero legittimati ad
avvalersene e non l'utente singolo, che può trarne solo un van
taggio in via riflessa ed indiretta (Cass. 4 marzo 1999, n. 1811,
id., Rep. 2001, voce Concorrenza (disciplina), n. 182). 4. - Sui profili di competenza e di legittimazione del consu
matore possono però trarsi anche suggestioni diverse dal siste
ma della 1. n. 287 del 1990.
A norma dell'art. 33, 2° comma, 1. n. 287 del 1990 «le azioni
di nullità e di risarcimento del danno, nonché i ricorsi intesi ad
ottenere provvedimenti d'urgenza in relazione alla violazione
delle disposizioni di cui ai titoli dal I al IV sono promossi da
vanti alla corte d'appello competente per territorio». La com
petenza in unico grado della corte d'appello è dunque indivi
duata dalla materia delle azioni di nullità e di risarcimento del
danno per la violazione delle disposizioni contenute nei titoli
dal I al IV e, per quanto qui interessa, per violazione delle nor
me che vietano le intese restrittive della libertà di concorrenza
(art. 2). È la materia dunque che individua la competenza, men
tre spetta al giudice competente considerare se la parte che agi sce sia o meno legittimata. Anzi, potrebbe ritenersi che il sog
getto che domanda la nullità dell'intesa o il risarcimento dei
danni conseguenti alla pratica anticoncorrenziale per ciò stesso
si legittima all'azione ex art. 33, 2° comma, 1. n. 287 del 1990, mentre il resto costituisce questione di merito.
4.1. - Sempre con riferimento, alla legittimazione, può ancora
osservarsi che l'art. 33 della legge indicata, così come l'art. 2, che traspone nel diritto interno le norme di cui all'art. 81 del
trattato, nulla dicono sui soggetti legittimati ad agire. La mancanza di una specifica disciplina della legittimazione è
significativa del fatto che l'ambito dei soggetti che possono ri
cevere pregiudizio è di difficile definizione a priori. La dottrina ha considerato quali possibili soggetti legittimati i concorrenti
delle imprese che hanno posto in essere la pratica restrittiva
della concorrenza, i loro fornitori e il consumatore finale co
stretto a pagare un prezzo sovraconcorrenziale. Il dibattito è
stato poi attraversato da considerazioni più generali quali il fa
vore per la concentrazione delle controversie in corti tenden
zialmente specializzate, il ruolo dell'azione dei consumatori in
un'ottica di maggiore efficienza nella repressione delle pratiche anticoncorrenziali, il pericolo di un eccessivo allargamento delle
maglie della tutela, ecc. La conclusione alla quale è general mente pervenuta la dottrina è che il problema della selezione dei
soggetti legittimati deve essere impostato in termini concreti, facendo applicazione caso per caso delle norme generali in ma
teria di illecito e di nesso di causalità e considerando che il
comportamento anticoncorrenziale è astrattamente idoneo, come
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
è stato osservato «a propagarsi secondo lo schema della reazio
ne a catena».
4.2. - Nel dibattito va ancora considerato che anche l'art. 81
(ex art. 85) del trattato, che vieta gli accordi tra imprese che ab
biano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare
il gioco della concorrenza e ne statuisce la nullità, non discipli na la legittimazione all'azione e che sul tema della legittimazio ne ad agire in via risarcitoria è intervenuta la Corte di giustizia delle Comunità europee (sentenza Courage, del 20 settembre
2001, causa C-453/99, id., 2002, IV, 75). Osserva la Corte di giustizia che «in mancanza di una disci
plina comunitaria in materia, spetta all'ordinamento giurìdico di
ciascuno Stato membro designare i giudici competenti e stabili
re le modalità procedurali dei ricorsi intesi a garantire la tutela
dei diritti spettanti ai singoli in forza dell'effetto diretto del di
ritto comunitario, purché dette modalità non siano meno favore
voli di quelle che riguardano ricorsi analoghi di natura interna
(principio di equivalenza) né rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti conferiti dal
l'ordinamento giuridico comunitario (principio di effettività)»
(v. n. 29). Ad integrazione di questa affermazione di carattere
generale, la corte non manca di osservare che «la piena efficacia
dell'art. 85 del trattato e, in particolare, l'effetto utile del divieto
sancito dal n. 1 di detto articolo sarebbero messi in discussione
se chiunque non potesse chiedere il risarcimento del danno cau
satogli da un contratto o da un comportamento che possono re
stringere o falsare il gioco della concorrenza. Un siffatto diritto
rafforza, infatti, il carattere operativo delle regole di concorren
za comunitarie ed è tale da scoraggiare gli accordi e le pratiche,
spesso dissimulate, che possono restringere o falsare il gioco della concorrenza. In quest'ottica le azioni di risarcimento danni
dinanzi ai giudici nazionali possono contribuire sostanzialmente
al mantenimento di un'effettiva concorrenza nella Comunità»
(v. nn. 26 e 27). 4.3. - In conclusione, ove dovesse ritenersi che il consumato
re è legittimato ad agire a norma dell'art. 33, 2° comma, 1. n.
287 del 1990, dovrebbe poi pervenirsi alla conclusione della
competenza della corte d'appello. 5. - Per completezza può osservarsi che la questione appare
estranea all'ambito della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, così come delineata dalla lett. a) dell'art. 33
d.Ieg. 31 marzo 1988 n. 80 (nel testo sostituito dall'art. 7 1. 21
luglio 2000 n. 205). Per un verso la controversia investe infatti
direttamente il rapporto individuale tra l'assicuratore e l'assicu
rato che contesta il diritto del primo a pretendere un premio di
un certo ammontare, per altro verso le azioni di nullità e di ri
sarcimento di cui al 2° comma dell'art. 33 1. n. 287 del 1990
non riguardano attività e prestazioni rese nell'espletamento di
pubblici servizi. 6. - Avuto riguardo alle implicazioni conseguenti alla solu
zione della questione di competenza, che peraltro, sotto i vari
profili prospettabili, è idonea a riproporsi in numerose altre cau
se con medesimo oggetto, ritiene il collegio che il ricorso pre senti una questione di massima di particolare importanza a nor
ma dell'art. 374, 2° comma, c.p.c. e che, dunque, gli atti vadano
rimessi al primo presidente perché valuti l'opportunità della ri
messione alle sezioni unite.
Il Foro Italiano — 2003.
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 22 ago sto 2003, n. 12363; Pres. Trezza, Est. Balletti, P.M. Ab
britti (conci, diff.); Soc. Ferrovie dello Stato (Avv. De Luca
Tamajo, Abignente) c. Vasaturo (Avv. Colucci), Soc. Sogaf.
Conferma Trib. Benevento 16 maggio 2000.
Lavoro (rapporto di) — Appalto di servizi endoaziendale —
Inidoneità ad autonomo risultato produttivo —
Interposi zione ed intermediazione nelle prestazioni di lavoro (L. 23
ottobre 1960 n. 1369, divieto di intermediazione ed interposi zione nelle prestazioni di lavoro e nuova disciplina dell'im
piego di mano d'opera negli appalti di opere e di servizi, art.
1, 3).
Sussiste interposizione illecita di manodopera nell'ipotesi in cui
l'organizzazione imprenditoriale dell'appaltatore consista
nella mera gestione del personale, finalizzata alla sua messa
a disposizione del committente. (1)
II
CORTE D'APPELLO DI NAPOLI; sentenza 26 settembre
2003; Pres. Buonajuto, Est. Musella; Dell'Annunziata
(Avv. Spedaliere, Alfieri) c. Soc. Ferrovie dello Stato (Avv. De Luca Tamajo, Abignente), Soc. Sogaf (Avv. Rizzo).
Lavoro (rapporto di) — Appalto di servizi endoaziendale —
Sdoppiamento delle funzioni datoriali — Interposizione ed
intermediazione nelle prestazioni di lavoro (L. 23 ottobre
1960 n. 1369, art. 1,3).
Incorre nel divieto d'interposizione di manodopera il contratto
di appalto endoaziendale che determini lo sdoppiamento delle
funzioni datoriali, affidando la gestione amministrativa del
rapporto all'appaltatore e la direzione tecnica al committen
te. (2)
(1-2) I. - Le pronunce in epigrafe affrontano la medesima questione, che risolvono nella stessa maniera, sia pure con percorsi argomentativi almeno in parte differenti.
Cass. 12363/03 è conforme a Cass. 30 ottobre 2002. n. 15337, Foro
it., 2003, I, 815, della quale sviluppa alcuni temi. App. Napoli esclude
l'esistenza dell'organizzazione d'impresa dell'appaltatore di servizi fa
cendo leva sullo sdoppiamento delle funzioni datoriali, tratto distintivo
delle ipotesi d'intermediazione; richiama, sul punto, l'elaborazione giu
risprudenziale sulla distinzione tra il distacco lecito e quello che si
ponga in violazione del divieto d'intermediazione. In tema, v. i precedenti contenuti nella nota di richiami a Cass.
15337/02, cui adde Cass. 5 ottobre 2002, n. 14302, id., Rep. 2002, voce
Lavoro (rapporto), n. 652; Trib. Firenze 9 marzo 2001, ibid., voce La
voro e previdenza (controversie), n. 55, nonché, da ultimo, Cass. 19 di
cembre 2002, n. 18098, ibid.. Lavoro (rapporto), n. 648, citata in moti
vazione da Cass. 12363/03. Cfr. però Trib. Napoli 11 agosto 2001, ibid., n. 665, che esclude la
violazione del divieto d'interposizione nell'ipotesi in cui l'apporto del
l'appaltatore consista nel conferimento di capitale, know-how, softwa
re, e beni immateriali aventi rilievo preminente nell'economia dell'ap
palto. II. - In dottrina, da ultimo, v. M. Marinelli, Appalto di manodopera
e lavoro autonomo, in Riv. it. dir. lav., 2001, II, 402; V. Di Spirito,
L'appalto di manodopera: profili giuridici ed interpretativi, in Lavoro
e prev. oggi, 2001, 241; P. Rausei, Appalto di manodopera, in Dir. e
pratica lav., 2002, inserto n. 30; Id., Lavoro interinale e appalto di ma
nodopera - Limiti del divieto di interposizione, ibid., inserto n. 47; R.
Del Punta, Problemi attuali e prospettive in tema di interposizione di
manodopera, in Argomenti dir. lav., 2002. 289, e, con attenzione alle
novità introdotte dalla legge delega 30/03, O. Mazzotta, Il mondo al di
là dello specchio: la delega sul lavoro e gli incerti confini della liceità
nei rapporti interpositori, in Riv. it. dir. lav., 2003,1, 265.
III. - Sulla distinzione tra il distacco lecito e quello che viola il di
vieto d'intermediazione, v. Cass. 3 agosto 2001, n. 10771, Foro it.,
Rep. 2002, voce cit., n. 923; 7 novembre 2000, n. 14458, id.. Rep. 2001, voce cit., n. 938; 3 novembre 2000, n. 14383, id., Rep. 2000, vo
ce cit., n. 1420; 7 giugno 2000, n. 7743, ibid., n. 1055; 2 novembre
1999, n. 12224, ibid., n. 1056; 10 agosto 1999, n. 8567, id., Rep. 1999, voce cit., n. 1131; 10 giugno 1999, n. 5721, id.. Rep. 2000, voce cit., n.
1057; 21 maggio 1998, n. 5102, id., Rep. 1999, voce cit., n. 1140; 17
marzo 1998, n. 2880. id., 1998, I, 3582, con nota di richiami, cui adde,
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