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sezione III civile; ordinanza 17 ottobre 2003, n. 15538; Pres. Carbone, Rel. Manzo, P.M....

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sezione III civile; ordinanza 17 ottobre 2003, n. 15538; Pres. Carbone, Rel. Manzo, P.M. Scardaccione (concl. diff.); Soc. Unipol (Avv. Tonucci, Frignani) c. Ricciardelli (Avv. De Pascale) Source: Il Foro Italiano, Vol. 126, No. 11 (NOVEMBRE 2003), pp. 2937/2938-2941/2942 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23197857 . Accessed: 25/06/2014 03:28 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.229.229.86 on Wed, 25 Jun 2014 03:28:20 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sezione III civile; ordinanza 17 ottobre 2003, n. 15538; Pres. Carbone, Rel. Manzo, P.M. Scardaccione (concl. diff.); Soc. Unipol (Avv. Tonucci, Frignani) c. Ricciardelli (Avv. De

sezione III civile; ordinanza 17 ottobre 2003, n. 15538; Pres. Carbone, Rel. Manzo, P.M.Scardaccione (concl. diff.); Soc. Unipol (Avv. Tonucci, Frignani) c. Ricciardelli (Avv. De Pascale)Source: Il Foro Italiano, Vol. 126, No. 11 (NOVEMBRE 2003), pp. 2937/2938-2941/2942Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23197857 .

Accessed: 25/06/2014 03:28

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

dell'adottante, proprio quell'effetto di perdita di legami sociali, con conseguente difficoltà allo sviluppo della personalità, che

viene paventato dal giudice rimettente.

La norma impugnata non può neppure causare l'effetto di una

minor tutela per i figli nati fuori dal matrimonio, come sostiene

il rimettente, qualora l'adozione riguardi figli naturali ricono

sciuti; anche in questo caso, infatti, si tratta di un minore che già ha assunto il cognome del genitore che ha effettuato il ricono

scimento e che tramite esso è conosciuto nell'ambiente sociale; la successiva adozione (in casi particolari) da parte del coniuge del genitore che ha effettuato il riconoscimento, anche mediante

l'attribuzione del secondo cognome, certamente non comprime la personalità del minore.

Né infine la norma impugnata può integrare un'omessa tutela

della gioventù prevista dall'art. 31, 2° comma. Cost., dovendo

tale norma costituzionale essere più propriamente riferita agli istituti di legislazione sociale a protezione della famiglia e del

l'infanzia, piuttosto che al novero dei diritti della persona. 5. - Va ancora aggiunto che questa corte, con la sentenza n.

120 del 2001 (successiva all'ordinanza di rimessione), chiamata

a pronunciarsi su una questione di legittimità costituzionale del

l'art. 299, 1° e 2° comma, c.c. in una ipotesi riguardante l'ado

zione fra maggiorenni, ha dichiarato l'illegittimità costituzio

nale della disposizione di cui al 2° comma, «nella parte in cui

non prevede che, qualora sia figlio naturale non riconosciuto dai

propri genitori, l'adottato possa aggiungere al cognome del

l'adottante anche quello originariamente attribuitogli», ed ha nel

contempo affermato che «la precedenza del cognome del

l'adottante non appare irrazionale, così come non può costituire

violazione del diritto all'identità personale il fatto che il co

gnome adottivo preceda o segua quello originario» e che «la le

sione di tale identità è ravvisabile nella soppressione del segno

distintivo, non certo nella sua collocazione dopo il cognome dell'adottante».

Il principio, che è lo stesso affermato dalle precedenti senten

ze della corte n. 13 del 1994 e n. 297 del 1996, sopra ricordate, deve essere ormai confermato anche per quel che riguarda l'adozione in casi particolari del minore ed il rinvio all'art. 299

c.c. operato dall'art. 55 1. n. 184 del 1983, oggi impugnato; sa

rebbe contraria alla Costituzione una disposizione che impones se la cancellazione, attraverso la sostituzione automatica del co

gnome originario, di un tratto essenziale della personalità del

soggetto, mentre la scelta della posizione dei due cognomi, di

per sé, non costituisce violazione del diritto della personalità del

soggetto. 6. - Non sussiste perciò la violazione delle norme costituzio

nali indicate dal rimettente.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fondata

la questione di legittimità costituzionale dell'art. 55 1. 4 maggio 1983 n. 184 (disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei

minori; ora: diritto del minore ad una famiglia), sollevata, in ri

ferimento agli art. 2, 3, 2° comma, 30, 3° comma, e 31, 2°

comma, Cost., dalla Corte d'appello di Torino, sezione per i

minorenni, con l'ordinanza in epigrafe.

Il Foro Italiano — 2003 — Parte I-55.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; ordinanza 17

ottobre 2003, n. 15538; Pres. Carbone, Rei. Manzo, P.M.

Scardaccione (conci, diff.); Soc. Unipol (Avv. Tonucci,

Frignani) c. Ricciarelli (Avv. De Pascale).

CORTE DI CASSAZIONE;

Competenza civile — Intesa restrittiva della concorrenza —

Azione promossa dal consumatore — Competenza della

corte d'appello — Rimessione degli atti al primo presi

dente (Cod. civ., art. 2033, 2043; cod. proc. civ., art. 374; 1.

10 ottobre 1990 n. 287, norme per la tutela della concorrenza

e del mercato, art. 2, 33).

Vanno rimessi al primo presidente della Corte di cassazione,

affinché valuti l'opportunità dell'assegnazione alle sezioni

unite, gli atti del ricorso sulla questione se la controversia

promossa dal consumatore, che chiede la nullità di un'intesa

restrittiva della concorrenza o il risarcimento dei danni ad

essa conseguenti, appartenga alla competenza in unico grado della corte d'appello. (1)

(1) La terza sezione civile non sottoscrive l'orientamento manife stato dalla prima sezione, che aveva ritenuto soggetta agli ordinari cri

teri di competenza l'azione proposta dal consumatore finale per chiede re il risarcimento derivato da un'intesa restrittiva della concorrenza

(cfr. sent. 9 dicembre 2002, n. 17475, Foro it., 2003, I, 1121, con note

di A. Palmieri, Intese restrittive della concorrenza e azione risarcitorìa

del consumatore finale: argomentazioni «extravagantes» per un illecito

inconsistente, e di E. Scoditti, Il consumatore e l'antitrust-, nonché

Resp. civ., 2003, 359, con nota di A. Guarneri, Il cartello degli assicu ratori è fonte di danno per gli assicurati?', Corriere giur., 2003, 339, con nota di I. Nasti, Tutela risarcitorìa del consumatore per condotta

anticoncorrenziale: una decisione difficile: Danno e resp., 2003, 390, con nota di S. Bastianon, Antitrust e tutela civilistica: anno zero: Dir.

ind., 2003, 172, con nota di G. Colangelo, Intese restrittive e legitti mazione dei consumatori finali ex art. 33 legge antitrust: Contratti, 2003, 897, con nota di M. Hazan, 1 rimborsi dei premi r.c.a.: Giudice di pace, 2003, 91, con nota di F. Petrelli, R.c. auto, azione risarcitorìa e competenza del giudice di pace). La decisione è intervenuta nel con

testo di una delle non poche cause civili promosse contro gli esponenti del «cartello degli assicuratori», sanzionato dall'Agcm, con decisione

avallata dai giudici amministrativi, almeno per quanto riguarda l'intesa consistente nello scambio d'informazioni sensibili (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 23 aprile 2002. n. 2199. Foro it., 2002, III, 482, con note di L.

Lambo e di G. Scarselli, Brevi note sui procedimenti amministrativi che si svolgono dinanzi alle autorità garanti e sui loro controlli giu risdizionali: F. Fracchia-C. Videtta, La tecnica come potere: R- Pardo

lesi, Sul «nuovo che avanza» in antitrust: l'illiceità oggettiva dello

scambio d'informazioni: C. Osti, Brevi puntualizzazioni in tema di

collusione oligopolistica: annotata altresì da R. Caranta, I limiti del

sindacato del giudice amministrativo sui provvedimenti dell'Autorità

garante della concorrenza e del mercato, in Giur. comm., 2003, II, 170; M. Negri, Configurazione «debole» (nel caso assicurazioni r.c.a.) del

controllo giurisdizionale sui provvedimenti dell'Autorità garante della

concorrenza e de! mercato, in Corriere giur., 2003, 507; N. Rangone, Intese nel mercato assicurativo e sindacabilità dei provvedimenti anti

trust, in Foro amm.-Cons. Stato, 2002, 1007; A. Morcavallo-A. Iaco

viello, Precisazioni e prospettive a proposito di intese restrittive della

concorrenza, in Cons. Stato, 2002, II, 1328; su tali vicende, v. anche D.

Bonaccorsi di Patti, Lo scambio di informazioni sul mercato assicura

tivo e la legge antitrust: dal caso «Ania» al caso «R.c. auto», in Dir. ed

economia assicurai, 2002, 483). La Suprema corte non intende nemmeno allinearsi all' obiter dictum

— elevato al rango di massima ufficiale, sebbene riassumesse conside

razioni svolte mentre si dissertava a proposito di una censura già di

chiarata inammissibile — contenuto in una pronuncia resa qualche an

no addietro dalla stessa prima sezione, secondo cui l'utente non sarebbe

investito della legittimazione giuridica a dolersi di asserite violazioni

delle norme antitrust (in quel caso si trattava di norme comunitarie),

poste in essere da un'impresa o da un gruppo di imprese (cfr. sent. 4

marzo 1999, n. 1811, Foro it., Rep. 2001, voce Concorrenza (discipli na), n. 182, e, per esteso, Riv. dir. ind., 2000, II, 421, con nota di G.

Tassoni, Le norme bancarie uniformi nel diritto della concorrenza). L'ordinanza in epigrafe delinea una traiettoria nient'affatto coinci

dente con quella dei ricordati precedenti, prospettando la sussistenza

della legittimazione attiva in capo al consumatore, allorché chieda una

delle misure indicate dall'art. 33, cpv., 1. 287/90 — a tal fine sono evo

cate le conclusioni del dibattito dottrinale in materia e viene richiamata

la giurisprudenza comunitaria, propensa ad annoverare tra gli strumenti

di tutela della concorrenza le azioni risarcitorie intentate dai privati (v. Corte giust. 20 settembre 2001, causa C-453/99, Courage Ltd c. Cre

han, in Foro it., 2002, IV, 75, con note di A. Palmieri-R. Pardolesi, Intesa illecita e risarcimento a favore di una parte: «chi è causa del

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2939 PARTE PRIMA 2940

Svolgimento del processo. — 1. - Mario Ricciardelli conveni

va in giudizio dinanzi al Giudice di pace di Avellino la compa

gnia assicuratrice Unipol s.p.a., deducendo di aver concluso con

tale compagnia un contratto di assicurazione r.c.a., nel contesto

del quale sarebbe stato pattuito un premio dall'ammontare ille

gittimo, in quanto influenzato dalla partecipazione della società

assicuratrice ad un'intesa restrittiva della concorrenza. L'attore

deduceva che la società convenuta per tale comportamento era

stata destinataria, unitamente a varie imprese concorrenti, di una

decisione dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato

che aveva applicato una sanzione pecuniaria. Chiedeva quindi che la convenuta fosse condannata alla restituzione, in suo favo

re, della parte del premio (quantificata nel venti per cento) cor

rispondente al sovrapprezzo praticato per effetto dell'intesa. La

convenuta contestava la domanda ed eccepiva l'incompetenza

per materia del giudice di pace, per essere competente la corte

d'appello, a norma dell'art. 33 1. n. 287 del 1990. Il giudice di

pace, rigettava l'eccezione d'incompetenza, accoglieva la do

manda, condannando la convenuta alla restituzione, a favore

dell'attore, della somma di lire 151.684 (euro 78,34) oltre inte

ressi. Avverso tale sentenza la compagnia assicuratrice Unipol

s.p.a. propone ricorso per cassazione affidato a cinque motivi.

Mario Ricciardelli resiste con controricorso, la compagnia assi

curatrice Unipol s.p.a. ha depositato memoria.

Motivi della decisione. — 2. - Con il primo motivo la ricor

rente deduce la violazione dell'art. 33, 2° comma, 1. 10 ottobre

1990 n. 287 e dell'art. 2033 c.c. nonché l'omessa, insufficiente

ed illogica motivazione della sentenza impugnata, lamentando il

rigetto dell'eccezione d'incompetenza per materia. Il giudice di

pace avrebbe errato nel ritenere sia che legittimati all'azione

fossero esclusivamente le imprese non aderenti al cartello, sia

che l'azione dovesse qualificarsi come restitutoria, ai sensi del

l'art. 2033 c.c., come tale estranea all'ambito di applicazione dell'art. 33 della legge indicata. L'errore consisterebbe in ciò

che, per un verso, la competenza della corte d'appello era attri

buita dal legislatore ratione materiae e non con riferimento ai

soggetti e che, per altro verso, il criterio di competenza dettato

non poteva essere eluso attraverso il mutamento della qualifica zione giuridica della pretesa azionata. In ogni caso anche volen

do per ipotesi fare applicazione dell'art. 2033 c.c. l'azione re

suo mal... si lagni e chieda i danni», G. Rossi, «Take Courage»! La Corte di giustizia apre nuove frontiere per la risarcibilità del danno da illeciti antitrust, e E. Scoditti, Danni da intesa anticoncorrenziale per una delle parti dell'accordo: il punto di vista del giudice italiano', an notata altresì da A. Di Maio, Il risarcimento da adempimento del con

tratto, in Europa e dir. privato, 2002, 791; G. Colangelo, Intese «ob torto collo» e risarcibilità del danno: le improbabili acrobazie del l'antitrust comunitario, in Corriere giur., 2002, 456; S. Bastianon, Intesa illec.ita e risarcimento del danno a favore della parte debole, in Danno e resp., 2001, 1151; L. Tonelli, Intesa antitrust e risarcimento dei danni, in Resp. civ., 2002, 673) — e legando a tale riconoscimento la devoluzione delle controversie alla corte d'appello. Tuttavia, il col

legio giudicante si astiene dallo statuire sulla questione di competenza, ritenendola di particolare importanza, ai sensi dell'art. 374, 2° comma,

c.p.c., e invocando, dunque, l'intervento risolutore delle sezioni unite. Nel frastagliato panorama delle decisioni di merito — sovente pro

nunciate dal giudice di pace secondo equità, prima della correzione di rotta operata con il d.l. 18/03, convertito, con modificazioni, in 1. 63/03, che ha riscritto l'art. 113, 2° comma, c.p.c., escludendo il giudizio di

equità per i procedimenti introdotti a partire dal 10 febbraio 2003 rela tivi ai contratti «di massa» conclusi mediante moduli o formulari (da rilevare come in relazione a tale modifica siano state sollevate diverse

questioni di legittimità costituzionale: Giud. pace Lecce, ord. 10 marzo

2003; Giud. pace San Severino Marche, ord. 3 aprile 2003; Giud. pace Bari, ord. 20 marzo e 20 maggio 2003 e Giud. pace Palestrina, ord. 29

luglio 2003, pubblicate in Gazzetta ufficiale, s.s., nn. 25, 34, 36 e 40 del 2003) — v. Giud. pace Roma 21 marzo 2003, Contratti, 2003, 900; Giud. pace Cesena 10 marzo 2003 e Giud. pace Lecce 30 gennaio 2003, entrambe in Giudice di pace, 2003, 118, con nota di G. Franchi; Giud.

pace Casoria 12 febbraio 2003, Foro it., 2003, I, 2192, con nota di G. Colangelo; Giud. pace Alghero 12 luglio, 23 luglio e 22 agosto 2001, Giud. pace Nocera Inferiore 17 maggio 2001 e Giud. pace Teano 14 febbraio 2001, id., Rep. 2002, voce cit., nn. 201-205 (tutte in Dir. ed economia assicuraz-, 2001, 840, con nota di D. Bonaccorsi di Patti, I

giudici di pace riconoscono la competenza esclusiva della corte d'ap pello ex art. 33 l. 287/90, per le azioni risarcitone da illecito antitrust: alcune riflessioni sulla tutela giurisdizionale nella disciplina antimo

nopolistica). [A. Palmieri]

Il Foro Italiano — 2003.

stitutoria doveva necessariamente conseguire ad una dichiara

zione di nullità (derivata) del contratto tra le parti: accertamento

questo devoluto alla corte d'appello. 3. - Su questione analoga a quella oggi posta all'attenzione

del collegio, ha già pronunziato la Corte di cassazione con sen

tenza 9 dicembre 2002, n. 17475 (Foro it., 2003, I, 1121). In

questa decisione, muovendo da un'interpretazione complessiva della 1. n. 287 del 1990, la corte è pervenuta alla conclusione

che l'azione volta ad ottenere la nullità delle intese, escludereb

be «una qualsivoglia soglia di interesse in testa a soggetti che

non siano essi stessi partecipi di quello stesso livello operativo, e rivestano invece la mera veste di consumatori finali, non po tendo in alcun modo reagire su di essi l'esistenza in sé delle

'intese'». Il consumatore finale non sarebbe dunque legittimato ad adire la corte d'appello per far valere la nullità dell'intesa,

potendo consistere piuttosto il suo ruolo «nella sollecitazione

dell'esercizio dei poteri da parte degli organi individuati dalla

stessa 1. 287/90 in quella che si rileva la sua componente più

propriamente pubblicistica». Anche l'azione di risarcimento del

danno, in stretta connessione con le azioni di nullità e con l'ini

bitoria, lascerebbe presupporre una tipologia di danni «stretta

mente connessa alle tematiche dell'impresa e della sua presenza nel mercato». In conclusione, il consumatore non sarebbe legit timato ad adire la corte d'appello per le azioni ex art. 33, 2°

comma, 1. n. 287 del 1990, mentre potrebbe far valere le sue ra

gioni attraverso un'azione di responsabilità assoggettata alle or

dinarie regole di competenza. A conclusioni non dissimili, questa corte è pervenuta in pre

cedenza con riferimento agli art. 85 e 86 del trattato istitutivo

della Comunità europea, che avrebbero come destinatari diretti

gli imprenditori commerciali, i quali sarebbero legittimati ad

avvalersene e non l'utente singolo, che può trarne solo un van

taggio in via riflessa ed indiretta (Cass. 4 marzo 1999, n. 1811,

id., Rep. 2001, voce Concorrenza (disciplina), n. 182). 4. - Sui profili di competenza e di legittimazione del consu

matore possono però trarsi anche suggestioni diverse dal siste

ma della 1. n. 287 del 1990.

A norma dell'art. 33, 2° comma, 1. n. 287 del 1990 «le azioni

di nullità e di risarcimento del danno, nonché i ricorsi intesi ad

ottenere provvedimenti d'urgenza in relazione alla violazione

delle disposizioni di cui ai titoli dal I al IV sono promossi da

vanti alla corte d'appello competente per territorio». La com

petenza in unico grado della corte d'appello è dunque indivi

duata dalla materia delle azioni di nullità e di risarcimento del

danno per la violazione delle disposizioni contenute nei titoli

dal I al IV e, per quanto qui interessa, per violazione delle nor

me che vietano le intese restrittive della libertà di concorrenza

(art. 2). È la materia dunque che individua la competenza, men

tre spetta al giudice competente considerare se la parte che agi sce sia o meno legittimata. Anzi, potrebbe ritenersi che il sog

getto che domanda la nullità dell'intesa o il risarcimento dei

danni conseguenti alla pratica anticoncorrenziale per ciò stesso

si legittima all'azione ex art. 33, 2° comma, 1. n. 287 del 1990, mentre il resto costituisce questione di merito.

4.1. - Sempre con riferimento, alla legittimazione, può ancora

osservarsi che l'art. 33 della legge indicata, così come l'art. 2, che traspone nel diritto interno le norme di cui all'art. 81 del

trattato, nulla dicono sui soggetti legittimati ad agire. La mancanza di una specifica disciplina della legittimazione è

significativa del fatto che l'ambito dei soggetti che possono ri

cevere pregiudizio è di difficile definizione a priori. La dottrina ha considerato quali possibili soggetti legittimati i concorrenti

delle imprese che hanno posto in essere la pratica restrittiva

della concorrenza, i loro fornitori e il consumatore finale co

stretto a pagare un prezzo sovraconcorrenziale. Il dibattito è

stato poi attraversato da considerazioni più generali quali il fa

vore per la concentrazione delle controversie in corti tenden

zialmente specializzate, il ruolo dell'azione dei consumatori in

un'ottica di maggiore efficienza nella repressione delle pratiche anticoncorrenziali, il pericolo di un eccessivo allargamento delle

maglie della tutela, ecc. La conclusione alla quale è general mente pervenuta la dottrina è che il problema della selezione dei

soggetti legittimati deve essere impostato in termini concreti, facendo applicazione caso per caso delle norme generali in ma

teria di illecito e di nesso di causalità e considerando che il

comportamento anticoncorrenziale è astrattamente idoneo, come

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

è stato osservato «a propagarsi secondo lo schema della reazio

ne a catena».

4.2. - Nel dibattito va ancora considerato che anche l'art. 81

(ex art. 85) del trattato, che vieta gli accordi tra imprese che ab

biano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare

il gioco della concorrenza e ne statuisce la nullità, non discipli na la legittimazione all'azione e che sul tema della legittimazio ne ad agire in via risarcitoria è intervenuta la Corte di giustizia delle Comunità europee (sentenza Courage, del 20 settembre

2001, causa C-453/99, id., 2002, IV, 75). Osserva la Corte di giustizia che «in mancanza di una disci

plina comunitaria in materia, spetta all'ordinamento giurìdico di

ciascuno Stato membro designare i giudici competenti e stabili

re le modalità procedurali dei ricorsi intesi a garantire la tutela

dei diritti spettanti ai singoli in forza dell'effetto diretto del di

ritto comunitario, purché dette modalità non siano meno favore

voli di quelle che riguardano ricorsi analoghi di natura interna

(principio di equivalenza) né rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti conferiti dal

l'ordinamento giuridico comunitario (principio di effettività)»

(v. n. 29). Ad integrazione di questa affermazione di carattere

generale, la corte non manca di osservare che «la piena efficacia

dell'art. 85 del trattato e, in particolare, l'effetto utile del divieto

sancito dal n. 1 di detto articolo sarebbero messi in discussione

se chiunque non potesse chiedere il risarcimento del danno cau

satogli da un contratto o da un comportamento che possono re

stringere o falsare il gioco della concorrenza. Un siffatto diritto

rafforza, infatti, il carattere operativo delle regole di concorren

za comunitarie ed è tale da scoraggiare gli accordi e le pratiche,

spesso dissimulate, che possono restringere o falsare il gioco della concorrenza. In quest'ottica le azioni di risarcimento danni

dinanzi ai giudici nazionali possono contribuire sostanzialmente

al mantenimento di un'effettiva concorrenza nella Comunità»

(v. nn. 26 e 27). 4.3. - In conclusione, ove dovesse ritenersi che il consumato

re è legittimato ad agire a norma dell'art. 33, 2° comma, 1. n.

287 del 1990, dovrebbe poi pervenirsi alla conclusione della

competenza della corte d'appello. 5. - Per completezza può osservarsi che la questione appare

estranea all'ambito della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, così come delineata dalla lett. a) dell'art. 33

d.Ieg. 31 marzo 1988 n. 80 (nel testo sostituito dall'art. 7 1. 21

luglio 2000 n. 205). Per un verso la controversia investe infatti

direttamente il rapporto individuale tra l'assicuratore e l'assicu

rato che contesta il diritto del primo a pretendere un premio di

un certo ammontare, per altro verso le azioni di nullità e di ri

sarcimento di cui al 2° comma dell'art. 33 1. n. 287 del 1990

non riguardano attività e prestazioni rese nell'espletamento di

pubblici servizi. 6. - Avuto riguardo alle implicazioni conseguenti alla solu

zione della questione di competenza, che peraltro, sotto i vari

profili prospettabili, è idonea a riproporsi in numerose altre cau

se con medesimo oggetto, ritiene il collegio che il ricorso pre senti una questione di massima di particolare importanza a nor

ma dell'art. 374, 2° comma, c.p.c. e che, dunque, gli atti vadano

rimessi al primo presidente perché valuti l'opportunità della ri

messione alle sezioni unite.

Il Foro Italiano — 2003.

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 22 ago sto 2003, n. 12363; Pres. Trezza, Est. Balletti, P.M. Ab

britti (conci, diff.); Soc. Ferrovie dello Stato (Avv. De Luca

Tamajo, Abignente) c. Vasaturo (Avv. Colucci), Soc. Sogaf.

Conferma Trib. Benevento 16 maggio 2000.

Lavoro (rapporto di) — Appalto di servizi endoaziendale —

Inidoneità ad autonomo risultato produttivo —

Interposi zione ed intermediazione nelle prestazioni di lavoro (L. 23

ottobre 1960 n. 1369, divieto di intermediazione ed interposi zione nelle prestazioni di lavoro e nuova disciplina dell'im

piego di mano d'opera negli appalti di opere e di servizi, art.

1, 3).

Sussiste interposizione illecita di manodopera nell'ipotesi in cui

l'organizzazione imprenditoriale dell'appaltatore consista

nella mera gestione del personale, finalizzata alla sua messa

a disposizione del committente. (1)

II

CORTE D'APPELLO DI NAPOLI; sentenza 26 settembre

2003; Pres. Buonajuto, Est. Musella; Dell'Annunziata

(Avv. Spedaliere, Alfieri) c. Soc. Ferrovie dello Stato (Avv. De Luca Tamajo, Abignente), Soc. Sogaf (Avv. Rizzo).

Lavoro (rapporto di) — Appalto di servizi endoaziendale —

Sdoppiamento delle funzioni datoriali — Interposizione ed

intermediazione nelle prestazioni di lavoro (L. 23 ottobre

1960 n. 1369, art. 1,3).

Incorre nel divieto d'interposizione di manodopera il contratto

di appalto endoaziendale che determini lo sdoppiamento delle

funzioni datoriali, affidando la gestione amministrativa del

rapporto all'appaltatore e la direzione tecnica al committen

te. (2)

(1-2) I. - Le pronunce in epigrafe affrontano la medesima questione, che risolvono nella stessa maniera, sia pure con percorsi argomentativi almeno in parte differenti.

Cass. 12363/03 è conforme a Cass. 30 ottobre 2002. n. 15337, Foro

it., 2003, I, 815, della quale sviluppa alcuni temi. App. Napoli esclude

l'esistenza dell'organizzazione d'impresa dell'appaltatore di servizi fa

cendo leva sullo sdoppiamento delle funzioni datoriali, tratto distintivo

delle ipotesi d'intermediazione; richiama, sul punto, l'elaborazione giu

risprudenziale sulla distinzione tra il distacco lecito e quello che si

ponga in violazione del divieto d'intermediazione. In tema, v. i precedenti contenuti nella nota di richiami a Cass.

15337/02, cui adde Cass. 5 ottobre 2002, n. 14302, id., Rep. 2002, voce

Lavoro (rapporto), n. 652; Trib. Firenze 9 marzo 2001, ibid., voce La

voro e previdenza (controversie), n. 55, nonché, da ultimo, Cass. 19 di

cembre 2002, n. 18098, ibid.. Lavoro (rapporto), n. 648, citata in moti

vazione da Cass. 12363/03. Cfr. però Trib. Napoli 11 agosto 2001, ibid., n. 665, che esclude la

violazione del divieto d'interposizione nell'ipotesi in cui l'apporto del

l'appaltatore consista nel conferimento di capitale, know-how, softwa

re, e beni immateriali aventi rilievo preminente nell'economia dell'ap

palto. II. - In dottrina, da ultimo, v. M. Marinelli, Appalto di manodopera

e lavoro autonomo, in Riv. it. dir. lav., 2001, II, 402; V. Di Spirito,

L'appalto di manodopera: profili giuridici ed interpretativi, in Lavoro

e prev. oggi, 2001, 241; P. Rausei, Appalto di manodopera, in Dir. e

pratica lav., 2002, inserto n. 30; Id., Lavoro interinale e appalto di ma

nodopera - Limiti del divieto di interposizione, ibid., inserto n. 47; R.

Del Punta, Problemi attuali e prospettive in tema di interposizione di

manodopera, in Argomenti dir. lav., 2002. 289, e, con attenzione alle

novità introdotte dalla legge delega 30/03, O. Mazzotta, Il mondo al di

là dello specchio: la delega sul lavoro e gli incerti confini della liceità

nei rapporti interpositori, in Riv. it. dir. lav., 2003,1, 265.

III. - Sulla distinzione tra il distacco lecito e quello che viola il di

vieto d'intermediazione, v. Cass. 3 agosto 2001, n. 10771, Foro it.,

Rep. 2002, voce cit., n. 923; 7 novembre 2000, n. 14458, id.. Rep. 2001, voce cit., n. 938; 3 novembre 2000, n. 14383, id., Rep. 2000, vo

ce cit., n. 1420; 7 giugno 2000, n. 7743, ibid., n. 1055; 2 novembre

1999, n. 12224, ibid., n. 1056; 10 agosto 1999, n. 8567, id., Rep. 1999, voce cit., n. 1131; 10 giugno 1999, n. 5721, id.. Rep. 2000, voce cit., n.

1057; 21 maggio 1998, n. 5102, id., Rep. 1999, voce cit., n. 1140; 17

marzo 1998, n. 2880. id., 1998, I, 3582, con nota di richiami, cui adde,

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