sezione III civile; ordinanza 27 luglio 2001, n. 10313; Pres. Lupo, Rel. Manzo, P.M. Apice (concl.diff.); Della Ragione (Avv. Di Criscio) c. Ordine dei medici chirurghi e odontoiatri di Napoli ealtriSource: Il Foro Italiano, Vol. 125, No. 2 (FEBBRAIO 2002), pp. 455/456-459/460Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23196400 .
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PARTE PRIMA 456
stinzione — quella tra nullità ed inesistenza — che a dire il vero non ha alcuna base positiva, sarebbe quanto meno prudente e doveroso circo scrivere le fattispecie di inesistenza alle sole ipotesi, in concreto non
troppo frequenti e di certo non accostabili a quella di cui si è occupata la decisione in epigrafe, nelle quali veramente manchi qualunque ap prezzabile rapporto tra il soggetto presso il quale viene eseguita la noti fica (o al quale, comunque, viene consegnata la copia) e la parte desti nataria dell'atto. In ogni altra ipotesi, e comunque anche nei casi dubbi, sarebbe ragionevole, invece, privilegiare la soluzione della nullità, che
contempera in modo del tutto equo gli interessi del notificante (il quale, grazie alla disposizione contenuta nell'art. 291 c.p.c., non ha da temere decadenze) e quelli del destinatario, la cui tutela resta pur sempre assi curata dalla rinnovazione della notifica invalida e degli altri atti com
piuti medio tempore. Mi sembra di poter concludere, pertanto, che il tema qui affrontato,
anche in considerazione del suo notevolissimo rilievo pratico, meriti senz'altro un ulteriore ripensamento ed approfondimento, che passi, se del caso, attraverso l'investitura delle sezioni unite.
Giampiero Balena
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; ordinanza 27 luglio 2001, n. 10313; Pres. Lupo, Rei. Manzo, P.M. Apice
(conci, diff.); Della Ragione (Avv. Di Criscio) c. Ordine dei medici chirurghi e odontoiatri di Napoli e altri.
Giudizio (rapporto tra il giudizio civile o amministrativo e il penale) e pregiudizialità penale — Sentenza di applicazio ne della pena su richiesta — Efficacia nel giudizio per re
sponsabilità disciplinare — Retroattività della nuova di sciplina — Questione non manifestamente infondata di co stituzionalità (Cost., art. 3, 24, 25, 111; cod. proc. pen., art.
444, 445, 651, 653; 1. 27 marzo 2001 n. 97, norme sul rap porto tra procedimento penale e procedimento disciplinare ed effetti del giudicato penale nei confronti dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche, art. 1, 2, 10).
Non è manifestamente infondata la questione di legittimità co stituzionale dell'art. 10 l. 27 marzo 2001 n. 97, nella parte in cui prevede che le disposizioni contenute negli art. 1 e 2, con cernenti gli effetti della sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti nel giudizio disciplinare, si applichino anche ai patteggiamenti perfezionatisi anteriormente alla data di entrata in vigore della nuova legge, in riferimento agli art. 3 e 24 Cost. ( 1 )
(1) L'ordinanza in epigrafe affronta la problematica relativa ai rap porti tra giudicato penale e giudizio per responsabilità disciplinare di nanzi alla pubblica autorità, a seguito della recente riforma introdotta con la 1. 27 marzo 2001 n. 97 (per un primo commento, v. Bordignon, Gli effetti del giudicato penale sul procedimento disciplinare alla luce della I. 27 marzo 2001 n. 97: prime indicazioni, in Giur. merito, 2001, 1229 ss.). Tale legge, innovando rispetto al passato, prevede che il provvedimento emesso a seguito di procedimento di applicazione della pena su richiesta esplichi efficacia, una volta divenuto irrevocabile, an che nell'ambito dei giudizi disciplinari relativamente agli accertamenti di sussistenza del fatto e di commissione dello stesso da parte dell'im putato. La precedente disposizione di cui all'art. 653 c.p.p., prevedeva, in applicazione del principio del favor rei, l'efficacia, nel procedimento disciplinare, della sola sentenza di assoluzione pronunciata, peraltro, in seguito a dibattimento. Per ogni riferimento, cfr. la nota di richiami a Cons. Stato, sez. VI, 1° settembre 2000, n. 4647, Foro it., 2001, III, 129.
La Suprema corte ritiene fondati i dubbi di costituzionalità della nuova legge nella parte in cui dispone, con efficacia retroattiva, che gli
Il Foro Italiano — 2002.
In fatto. — A seguito della notizia comparsa su alcuni quoti
diani che la magistratura aveva sottoposto a sequestro lo studio del ginecologo Achille Della Ragione, quest'ultimo veniva con
vocato dal presidente dell'ordine dei medici e chirurghi di Na
poli, per essere sentito in ordine a quei fatti. Il sanitario inviava al presidente dell'ordine una lettera nella quale dichiarava di es sere oggetto di una campagna scandalistica. La commissione medici chirurghi decideva di avviare un procedimento discipli
accertamenti contenuti nel provvedimento di patteggiamento perfezio natosi anteriormente alla sua entrata in vigore operino anche nei con fronti dei procedimenti disciplinari promossi prima ed ancora in corso. In particolare, la Cassazione osserva che la retroattività normativa, sep pure non preclusa al di fuori delle fattispecie penali, deve pur sempre coordinarsi con il principio di ragionevolezza (art. 3 Cost.) e con altri valori ed interessi (art. 24 Cost.) costituzionalmente protetti (Corte cost. 22 luglio 1999, n. 341, id., 2000,1, 363; 4 novembre 1999, n. 416. ibid., 2456; 11 giugno 1999, n. 229, id., 1999, I, 2145; 23 dicembre 1997, n. 432, id.. Rep. 1998, voce Corte costituzionale, n. 41; 22 aprile 1986, n. 99, id., 1987,1,9.
La nuova legge riconosce alle sentenze di patteggiamento effetti che.
per esplicita previsione normativa (art. 445, 651, 653, 654 c.p.p.), esse non avevano (Cass. 8 ottobre 1998, n. 9976, id.. Rep. 1999, voce La voro (rapporto), n. 1707). L'orientamento, fino ad oggi, si era fondato su un'autonomia sostanziale tra sentenza emessa a seguito di applica zione della pena su richiesta e procedimento disciplinare; v., in propo sito, Cass. 15 maggio 2000, n. 6218, id., 2001, I, 1212, con nota di ri chiami; 15 novembre 2000, n. 14807, id., Rep. 2000, voce Professioni intellettuali, n. 226, secondo le quali vi è un onere di procedere ad una nuova e completa disamina del materiale raccolto nel procedimento pe nale da parte dell'organo professionale chiamato a valutare.
Non meno assorbente risulta il ragionamento operato nell'ordinanza de qua relativamente alla frustrazione del legittimo affidamento del
professionista nel quadro normativo esistente, con conseguente viola zione del diritto di difesa ex art. 24 Cost.; in termini, v. Corte cost. 4 novembre 1999 n. 416, cit. La procedura di patteggiamento, infatti, è, nella specie, il risultato di una scelta operata nella legittima aspettativa che, alla luce del quadro normativo esistente, gli accertamenti di sussi stenza del fatto e di commissione dello stesso effettuati in sede penale non avrebbero avuto incidenza preclusiva sugli accertamenti oggetto del procedimento disciplinare. Da qui la violazione del principio del l'affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica applicato e ricono sciuto dal giudice delle leggi (Corte cost. 22 novembre 2000, n. 525, id., 2000,1, 3397; 4 novembre 1999, n. 416, cit.; 16 aprile 1998, n. Ili, id., 1998, I, 1725; 2 luglio 1997, n. 211, id., 1997, I, 2355; 26 luglio 1995, n. 390, id.. Rep. 1995, voce cit., n. 193; 14 luglio 1988, n. 822, id., 1991, I, 335; 17 dicembre 1985, n. 349, id., Rep. 1986, voce Legge, n. 31).
In tema di efficacia della sentenza di patteggiamento nei giudizi extrapenali va registrato un contrasto nella giurisprudenza della Su
prema corte. Secondo alcune decisioni, infatti, la sentenza di patteg giamento può fornire solo argomenti di prova (alla stregua della dispo sizione di cui all'art. 116, 2° comma, c.p.c.) in sede civile o discipli nare ma non può valere come comportamento confessorio della respon sabilità del fatto addebitato: Cass. 8 ottobre 1998, n. 9976, cit.; 27 feb braio 1996, n. 1501, id., 1997, I, 1758. con osservazioni di Trisorio Liuzzi, che sottolinea che il giudice civile, anche in presenza di una sentenza di patteggiamento, può procedere ad un'autonoma valutazione dei fatti di causa; sez. un. 9 luglio 1997, n. 6223, id.. Rep. 1999, voce Professioni intellettuali, n. 187, e 27 agosto 1999, n. 8993, ibid., n. 208, che ribadiscono l'autonoma valutazione in sede disciplinare nel contesto anche di altre risultanze.
Secondo altre pronunce, invece, la richiesta dell'imputato di servirsi della procedura ex art. 444 c.p.p. varrebbe come confessione di respon sabilità per fatti concludenti: Cass., sez. un., 27 marzo 1992, Di Bene detto, id., 1993, II, 9; 14 maggio 1991, Criscuolo, id.. Rep. 1992, voce Pena (applicazione su richiesta), n. 30; 3 novembre 1995, Nulli Moro ni, id., Rep. 1996, voce cit., n. 99; v. altresì Trib. Torino 15 maggio 1995, id., 1996,1, 1868.
In senso critico verso questa seconda interpretazione, v., in dottrina, Santagada, Sull'efficacia della sentenza penale nel giudizio civile di verso da quello per le restituzioni ed il risarcimento del danno, in Giusi, civ., 1999, I, 257, la quale, richiamando l'opinione di Liebman, L'efficacia della sentenza penale net processo civile, in Riv. dir. proc., 1957, 5 ss., sottolinea che tale lettura finisce per riconoscere l'esistenza di un giudicato su fatti e non su rapporti sostanziali, mentre il processo civile accerta diritti e non fatti.
Va infine segnalato che nell'ordinanza in rassegna la Suprema corte precisa che la 1. n. 97 del 2001 si applica anche ai procedimenti disci plinari dei professionisti essendo, i rispettivi organi professionali, per sone giuridiche pubbliche e non ostando a tale interpretazione il ri chiamo fatto dal comma 1 bis dell'art. 653 c.p.p. «alle pubbliche auto rità».
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
nare nei confronti de) dott. Della Ragione. Con sentenza del 22
maggio 1998, adottata dal g.i.p. a norma dell'art. 444, 2° com
ma, c.p.p., al dott. Della Ragione veniva applicata la pena della
reclusione di anni uno e mesi due, per aver cagionato interru
zioni volontarie di gravidanza a dieci donne, in contrasto con la
1. n. 194 del 1978, e per aver tentato di commettere lo stesso
reato nei confronti di altre due donne.
Il dott. Della Ragione, nuovamente convocato dal presidente del consiglio dell'ordine, inviava una nota difensiva con la
quale dichiarava di essere totalmente estraneo ai fatti addebita
tigli e di essere addivenuto al patteggiamento per ottenere ce
lermente il dissequestro del suo studio. Il presidente dell'ordine
comunicava nuovamente al dott. Della Ragione il deferimento
disciplinare, con l'addebito dei comportamenti oggetto della
sentenza ex art. 444 c.p.p. Il sanitario con una nota difensiva so
steneva che il patteggiamento non poteva considerarsi ammis
sione di responsabilità. Nel giudizio disciplinare, il dott. Della
Ragione ribadiva la sua linea difensiva e deduceva di non aver
mai effettuato interruzioni di gravidanza nei suoi studi privati, ma solo in strutture accreditate. La commissione medici chirur
ghi riteneva l'incolpato responsabile dell'infrazione contestata e
gli irrogava la sanzione della sospensione dall'esercizio della
professione per mesi tre, anche in considerazione dell'atteggia mento scarsamente collaborativo tenuto dallo stesso.
Il dott. Della Ragione proponeva ricorso alla Commissione
centrale per gli esercenti le professioni sanitarie che, con deci
sione del 10 aprile 2000, respingeva il ricorso.
Avverso questa decisione il dott. Achille Della Ragione ha
proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. Sono stati
intimati l'Ordine dei medici chirurghi e odontoiatri di Napoli, il procuratore della repubblica presso il Tribunale di Napoli, il
ministero della sanità e il presidente della commissione centrale
che non hanno svolto attività difensiva.
In diritto. — 1. - Successivamente alla proposizione del ricor
so è entrata in vigore la 1. 27 marzo 2001 n. 97, che, con l'art. 1, ha modificato l'art. 653 c.p.p. concernente l'efficacia della
sentenza penale nel giudizio disciplinare. La nuova disposizione ha riconosciuto efficacia di giudicato nel giudizio disciplinare alla sentenza penale irrevocabile di condanna (e non solo a
quella di assoluzione, come era precedentemente disposto),
quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua il
liceità penale e all'affermazione che l'imputato lo ha commes
so. A tale sentenza di condanna è stata, poi, equiparata la sen
tenza di applicazione della pena su richiesta delle parti (c.d.
patteggiamento), mediante una modifica, apportata dall'art. 2
citata 1. n. 97 del 2001, dell'art. 445 c.p.p., il cui nuovo testo
esclude il giudizio disciplinare dal principio secondo cui il pat
teggiamento «non ha efficacia nei giudizi civili o amministrati
vi». Consegue che, rispetto al giudizio disciplinare, la sentenza
di patteggiamento viene equiparata ad una pronunzia di condan
na, secondo la regola generale dettata dall'ultima parte dell'art.
445, 1° comma, c.p.p. 2. - La nuova 1. n. 97 del 2001 si intitola «norme sui rapporti
tra procedimento penale e procedimento disciplinare ed effetti
sul giudicato penale nei confronti dei dipendenti delle ammini
strazioni pubbliche». L'art. 1 della legge, che inserisce un
comma 1 bis nell'art. 653 c.p.p., nel riconoscere come s'è detto
l'efficacia di giudicato alla sentenza di condanna fa, poi, riferi
mento al «giudizio di responsabilità davanti alle pubbliche auto
rità». Il titolo della legge potrebbe far pensare che il legislatore ab
bia voluto limitare l'ambito dell'intervento al procedimento di
sciplinare relativo ai dipendenti pubblici. In realtà, essendo la
novellazione relativa agli art. 653 e 445 c.p.p., che disciplinano in generale gli effetti del giudicato penale sul giudizio discipli nare, non può non ritenersi applicabile la nuova disciplina anche
ai procedimenti disciplinari dei professionisti. All'applicazione dell'efficacia del giudicato penale di condanna nel giudizio di
sciplinare dei professionisti non osta il richiamo fatto al comma
I bis dell'art. 653 c.p.p. «alle pubbliche autorità», poiché il pro cedimento che si svolge dinanzi all'ordine ha natura ammini
strativa e gli ordini professionali hanno personalità giuridica
pubblica (nel senso della applicabilità della nuova disciplina an
che ai professionisti, si è già pronunziata questa corte con sen
tenza in corso di pubblicazione, nella causa Villani c. Ordine
odontoiatri di Trieste, ud. 11 maggio 2001).
3. - Per espresso disposto dell'art. 10 citata 1. n. 97 del 2001,
II Foro Italiano — 2002.
le disposizioni in essa contenute «si applicano ai procedimenti
penali, ai giudizi civili e amministrativi e ai procedimenti disci plinari in corso alla data di entrata in vigore della legge stessa»
(fissata per il giorno successivo alla sua pubblicazione nella
Gazzetta ufficiale, avvenuta il 5 aprile 2001). Il ricorso alla
Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie
introduce un vero e proprio giudizio civile che continua attra
verso il presente giudizio di cassazione, consentito dall'art. Ili
Cost. Consegue che le innovazioni dettate dagli art. 1 e 2 1. n. 97
del 2001 sono, per espressa previsione del citato art. 10, appli cabili anche al giudizio disciplinare instaurato contro il ricor
rente Della Ragione, per il quale pertanto, secondo la nuova
legge, la sentenza di patteggiamento avrebbe efficacia di giudi cato in ordine alla sussistenza del fatto e alla sua commissione
da parte dello stesso.
4. - L'espressa previsione della retroattività della disciplina in
questione e la sua applicabilità anche ai patteggiamenti perfe zionatisi anteriormente alla nuova legge autorizza dubbi di co
stituzionalità.
E condivisibile il consolidato orientamento della Corte costi
tuzionale secondo cui il divieto di retroattività della legge —
pur costituendo fondamentale valore di civiltà giuridica e prin
cipio generale dell'ordinamento, cui il legislatore deve in linea
di principio attenersi —- non è stato tuttavia elevato a dignità co
stituzionale, se si eccettua la previsione dell'art. 25 Cost., limi
tatamente alla legge penale. Il legislatore ordinario, pertanto, nel
rispetto del suddetto limite, può emanare norme con efficacia
retroattiva, interpretative o innovative che siano, a condizione
però che la retroattività trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e non si ponga in contrasto con altri valori
e interessi costituzionalmente protetti (ex plurimis, n. 341 del
2000, Foro it., 2000, I. 3657; n. 416 del 1999, ibid., 2456; n. 229 del 1999, id., 1999. I. 2145; n. 432 del 1997, id., Rep. 1998, voce Corte costituzionale, n. 41, e n. 99 del 1986, id., 1987,1, 9).
Peraltro, l'art. 10 della legge nella parte in cui prevede l'ap
plicazione della nuova disciplina ai procedimenti in corso e,
dunque, alle sentenze di applicazione della pena su richiesta
pronunziate anteriormente all'entrata in vigore della legge stes
sa appare porsi in contrasto con il canone di ragionevolezza, che
deve in ogni caso ispirare la discrezionalità legislativa. La nuova legge associa alle sentenze di patteggiamento effetti
che, con riguardo alla disciplina anteriore, esse non avevano. In
fatti, per costante giurisprudenza di questa corte, costituente sul
punto diritto vivente, la sentenza di patteggiamento non aveva
efficacia di giudicato nel giudizio disciplinare nell'ambito del
quale l'accertamento dei fatti addebitati al professionista do
veva avvenire in modo autonomo (Cass. 8 ottobre 1998, n.
9976, id., Rep. 1999, voce Lavoro (rapporto), n. 1707; 27 ago sto 1999, n. 8993, ibid., voce Professioni intellettuali, n. 209; 15
maggio 2000, n. 6218, id., 2001,1, 1212; 15 novembre 2000, n. 14807, id., Rep. 2000, voce cit., n. 226).
La retroattività della nuova disciplina comporta che il profes sionista, il quale, vigenti le precedenti disposizioni, aveva rite
nuto di dover accedere al patteggiamento nella legittima aspet tativa che la sua scelta non avrebbe avuto incidenza preclusiva
sugli accertamenti di sussistenza del fatto e di commissione
dello stesso da compiersi nel procedimento disciplinare, vede
modificata e definitivamente pregiudicata la propria posizione, non potendo pretendere un autonomo accertamento nella sede
non penale. La retroattività della nuova disciplina fa sorgere il dubbio che
il legislatore abbia violato il principio di ragionevolezza (art. 3
Cost.), in quanto ha frustrato il legittimo affidamento del pro fessionista che in ragione del quadro normativo esistente, aveva
deciso di addivenire al patteggiamento. La rilevanza costituzio
nale del principio dell'affidamento del cittadino nella sicurezza
giuridica, in ragione del quadro normativo esistente, è ricono
sciuta dalla Corte costituzionale che ne ha fatto applicazione nella materia previdenziale (sentenze n. 416 del 1999, cit.; n.
211 del 1997, id., 1997,1, 2355; n. 390 del 1995, id., Rep. 1995, voce cit., n. 193; n. 822 del 1988, id., 1991, I, 335, e n. 349 del 1985, id., Rep. 1986, voce Legge, n. 31) e in quella processuale
(sentenze n. 525 del 2000, id., 2000,1, 3397, e n. Ill del 1998,
id., 1998, I, 1725). La corte ha ritenuto che il principio non può essere leso da disposizioni retroattive, che trasmodino in un re
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459 PARTE PRIMA 460
golamento irrazionale di situazioni sostanziali fondate su leggi
precedenti. Il principio indicato appare applicabile alla materia discipli
nare, considerando sia il carattere afflittivo della sanzione disci
plinare e la sua possibile incidenza sul diritto al lavoro sia la
circostanza che la nuova disciplina, sancendo retroattivamente
l'efficacia della sentenza di patteggiamento nel giudizio disci
plinare, introduce, in sostanza, conseguenze punitive, che non
erano né automatiche né scontate con la precedente disciplina. Infine va rilevato che l'autorità del giudicato penale esclude
che il giudice civile possa valutare liberamente la sussistenza e
la commissione del fatto, cosicché, per effetto della retroattività
della nuova disciplina, appare violato anche l'art. 24 Cost., poi ché perdono di rilevanza le difese svolte dall'interessato in or
dine alla sussistenza del fatto e alla sua commissione.
In conclusione, appare non manifestamente infondata la que stione di legittimità costituzionale dell'art. 10 1. 27 marzo 2001
n. 97, per contrasto con gli art. 3 e 24 Cost., nella parte in cui
dispone l'applicabilità degli art. 1 e 2 ai patteggiamenti perfe zionatisi prima dell'entrata in vigore della legge stessa.
5. - La questione oltre che non manifestamente infondata è
rilevante, in quanto occorre fare necessaria applicazione nel ca
so di specie della nuova disciplina, anche considerando che, avuto riguardo alla disciplina previgente di cui agli art. 445 e
653, dalla sentenza impugnata non risulta che sia stato compiuto un autonomo accertamento dei fatti in sede disciplinare.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 26 lu glio 2001, n. 10186; Pres. Grieco, Est. Celentano, P.M. Ce
niccola (conci, conf.); Di Martino (Avv. Del Prato), Stella e
altri (Avv. Nucci, Del Prato) c. Banca Toscana (Avv. Mar
chionni), Fall. soc. Living. Cassa App. Firenze 22 dicembre
1998.
Conto corrente — Estratto conto — Mancata impugnazione — Effetti — Fattispecie (Cod. civ., art. 1832).
Nel contratto di conto corrente, la mancata impugnazione o
l'approvazione dell'estratto conto non comportano l'incon testabilità del debito da esso risultante, che sia fondato su
negozio nullo, annullabile, inefficace o, comunque, su situa
zione illecita (nella specie, è stata cassata la decisione di me
rito che aveva ritenuto preclusa, per effetto dell'approvazio ne tacita degli estratti conto, la contestazione relativa alla
falsità della firma di traenza degli assegni di sportello). (1)
(1) Costituisce principio consolidato quello secondo cui l'approva zione, anche tacita, dell'estratto conto rende inoppugnabili gli accrediti e gli addebiti soltanto sotto il profilo contabile (fatta salva l'impugna bilità per errori, omissioni o duplicazioni di carattere meramente for
male) e, pertanto, non impedisce al correntista di contestare la validità o l'efficacia del rapporto afferente alle singole annotazioni: cfr. Cass. 14 maggio 1998, n. 4846, Foro it., Rep. 1998, voce Contratti bancari, n. 47; 11 settembre 1997, n. 8989, ibid., n. 48, e Arch, civ., 1997, 1198; 11 marzo 1996. n. 1978, Foro it.. Rep. 1996, voce cit., n. 30, e Impresa, 1996, 1355; 15 giugno 1995, n. 6736, Foro it.. Rep. 1995, voce Conto corrente, n. 1; 24 maggio 1991, n. 5876, id., 1992, I, 2201. Per un'ap plicazione pratica, v., da ultimo, App. Lecce 22 ottobre 2001, in questo fascicolo, I, 555, che non ritiene preclusa la contestazione avente ad oggetto la nullità della clausola relativa alla determinazione degli interessi secondo il c.d. uso piazza. Tra le decisioni di merito che aderi scono a tale indirizzo, v. Trib. Milano 4 aprile 1996, id., Rep. 1997, vo ce Contratti bancari, n. 31, e Banca, borsa, ecc., 1997, II, 340; Trib.
Napoli 22 aprile 1994, Foro it., Rep. 1995, voce cit., n. 50, e Gius, 1995, 174, con nota di Ceridono; Trib. Cagliari 26 gennaio 1994, Foro
Il Foro Italiano — 2002.
Svolgimento del processo. — Con citazione del 23 giugno
1988 la Living s.r.l., debitrice principale, nonché Antonina Di
Martino, Maria Rosaria Stella, Antonio e Giuseppe Monaca, fi
deiussori, proposero opposizione al decreto ingiuntivo di paga mento emesso il 19 maggio 1988 dal presidente del Tribunale di
Firenze ad istanza della Banca Toscana s.p.a. per la somma di
lire 231.536.747, costituente il saldo debitore del conto n.
27217/29 intestato alla società.
Gli stessi opponenti produssero in giudizio le fotocopie di
sette assegni di sportello, per importi a suo tempo inclusi negli estratti conto inviati dalla banca, la cui firma di traenza il procu ratore della società, Giuseppe Monaca, dichiarò di disconoscere
«ad ogni effetto di legge». In contraddittorio della banca, il Tribunale di Firenze, con
sentenza emessa il 25 marzo 1992, rigettò l'opposizione.
Proposero appello gli opponenti. La corte fiorentina, con
sentenza del 22 dicembre 1998, rigettò il gravame. Osservò la corte —
aggiungendo propri rilievi alle richiamate
argomentazioni del tribunale circa la mancata tempestiva conte
stazione degli estratti conto nei quali gli importi degli assegni erano stati iscritti; la conseguente presunzione di veridicità dei
suddetti estratti conto e la validità dei medesimi come prova del
credito; l'estensione del principio giuridico al fideiussore, in
forza delle clausole del contratto di garanzia che sanciva l'onere
per i garanti di assumere presso la banca garantita ogni informa
zione concernente le operazioni di conto corrente — che a) della presunta falsità dei titoli contestati era stata fatta menzio
ne, «abnorme, perché inserita con dicitura a mano in un testo
dattiloscritto, processualmente irrituale ed estremamente generi ca sino al punto da non consentire alcun collegamento con gli
assegni di cui aveva a trattarsi» in un decreto di archiviazione
emesso dal g.i.p. nel procedimento aperto contro ignoti, sicché
non poteva trarsene alcun vincolo giuridico, essendo l'accerta
mento della falsità del titolo riservato, ex art. 537 c.p.c., ad un
provvedimento sentenza; b) che, nel caso di specie, esisteva, con piena efficacia probatoria circa la verità del credito, non
soltanto l'approvazione tacita derivante dalla mancata contesta
zione degli estratti conto ma anche l'approvazione reiterata de
gli stessi, per facta concludentìa, ad opera della società, debitri
ce principale, avendo questa inserito le corrispondenti voci di
debito nei propri bilanci relativi agli anni dal 1984 al 1987.
Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione,
it., Rep. 1995, voce cit., n. 51, e Riv. giur. sarda, 1995, 98, con nota di Loffredo. Tuttavia, secondo Trib. Napoli 25 novembre 1997, Foro it..
Rep. 1999, voce Interessi, n. 29 (e Banca, borsa, ecc., 1999, II, 209, con nota di Stingone), gli estratti di conto corrente bancario inviati dalla banca al cliente e da questo non contestati nei termini di legge so no idonei a soddisfare il requisito della forma scritta ad substantiam,
previsto dall'art. 1284, 3° comma, c.c. per la validità della pattuizione di interessi ultralegali; tale soluzione è contraddetta da Trib. Roma, decr. 29 settembre 1998, Foro it., 1999,1, 1660, con nota di Palmieri, e Banca, borsa, ecc., 2001, II, 359, con nota di Faieta.
Nel senso che le «critturazioni contenute negli estratti conto e nel do cumento di saldaconto, in difetto di tempestiva contestazione della
parte cui sono stati trasmessi, sono assistiti da presunzione di veridicità e si intendono approvati, con conseguente preclusione di successive contestazioni sulla legittimità sostanziale dell'inclusione di determinate
partite nel conto stesso, v. Cass. 11 maggio 1998, n. 4735, Foro it., Rep. 2000, voce Contratti bancari, n. 93, e Banca, borsa, ecc., 2000, II, 110. Per impedire tale preclusione, non è sufficiente una generica af fermazione di nulla dovere, o di dovere una somma inferiore, ma occor re che vengano mossi addebiti specifici e circostanziati sulle singole poste dalle quali discende il saldo: cfr. Cass. 16 novembre 2000, n.
14849, Foro it.. Rep. 2000, voce cit., n. 94; 20 agosto 1992, n. 9719, id., 1993, I, 2173, con nota di Valcavi.
Secondo Cass. 10 aprile 1995, n. 4140, id.. Rep.. 1995, voce Conto corrente, n. 2 (annotata da Santirufini, in Banca, borsa, ecc., 1996, II, 517), al termine di decadenza dell'impugnazione avverso l'estratto conto è soggetta anche la banca, che lo approva come da essa predispo sto nel momento in cui lo trasmette al cliente.
Nel senso che la produzione in giudizio dell'estratto conto costitui sce «trasmissione», ai sensi dell'art. 1832 c.c., onerando il correntista di provvedere alle necessarie specifiche contestazioni al fine di supera re l'efficacia probatoria di tale produzione, v. Cass. 15 settembre 2000. n. 12169, Foro it., Rep. 2000, voce Contratti bancari, n. 89; 21 luglio 2000, n. 9579, ibid., n. 90; 6 luglio 2000, n. 9008, ibid., n. 91; 7 marzo 1992, n. 2765, id.. Rep. 1993, voce cit., n. 48; 12 settembre 1990, n. 9427, id., Rep. 1992, voce cit., n. 58, e Banca, borsa, ecc., 1992, II, 43.
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