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Sezione III civile; sentenza 1° dicembre 1961, n. 2754; Pres. Sagna P., Est. De Biasi, P. M. Trotta...

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Page 1: Sezione III civile; sentenza 1° dicembre 1961, n. 2754; Pres. Sagna P., Est. De Biasi, P. M. Trotta (concl. conf.); Micali (Avv. Sandulli) c. Petrillo (Avv. Cappabianca)

Sezione III civile; sentenza 1° dicembre 1961, n. 2754; Pres. Sagna P., Est. De Biasi, P. M. Trotta(concl. conf.); Micali (Avv. Sandulli) c. Petrillo (Avv. Cappabianca)Source: Il Foro Italiano, Vol. 84, No. 11 (1961), pp. 1783/1784-1789/1790Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23151520 .

Accessed: 24/06/2014 21:07

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1783 PARTE PRIMA 1784

del processo principale ha proposto la questione di legit timità costituzionale, questa non può essere dichiarata

inatnmissibile (sentenza n. 44 del 15 luglio 1959. Foro it.,

1960, I, 5). L'altra eccezione pregiudiziale proposta dalla difesa

della Regione siciliana concerne la rilevanza della que stione di legittimità costituzionale della norma conte

nuta nell'art. 6 della legge regionale 1° luglio 1947 n. 4,

rispetto al giudizio principale. Secondo la difesa della Re

gione, quella norma non sarebbe stata applicabile in tale

sede, essendo stata sostituita, almeno per quanto concerne

la disciplina di procedimenti del genere, da altre norme, emanate successivamente.

La Corte costituzionale ha riconosciuto e riaffermato più volte il principio, che la valutazione della rilevanza di

una questione di legittimità costituzionale, proposta in via

incidentale, rispetto al tema del giudizio principale rientra

nella competenza esclusiva del giudice di questo ; e che,

quando risulti dal testo dell'ordinanza di rimessione che

tale valutazione è stata compiuta ed è esaurientemente

motivata, non compete alla Corte accertare se la soluzione

della questione, sottoposta al suo esame, sia o no neces

saria ai fini della decisione della controversia.

Poiché la Corte di appello di Palermo ha ampiamente motivato sul punto dell'applicabilità della disposizione dell'art. 6 della legge regionale 1° lùglio 1947 n. 4, al pro cesso pendente davanti ad essa, ed ha, con questo, osser

vato puntualmente il precetto risultante dall'art. 23 della

legge 11 marzo 1953 n. 87, l'eccezione pregiudiziale della

Regione non può trovare accoglimento. In conformità con la propria costante giurisprudenza,

compete invece alla Corte costituzionale risolvere le que stioni di merito proposte dal giudice del processo prin

cipale, e anzitutto quelle concernenti la interpretazione delle norme ordinarie, delle quali è stata posta in dubbio

la legittimità costituzionale ; in particolare, accertare se

nella norma denunciata si debba ravvisare la posizione di un presupposto processuale di carattere assoluto, e quindi tale da condizionare l'esercizio dell'azione.

Le espressioni contenute nel testo della disposizione, nel quale si legge che << tutte le eventuali contestazioni saranno preliminarmente devolute per il tentativo di equo

componimento a commissioni comunali. . . », sono state

interpretate dalla Corte di appello di Palermo nel senso che

tale tentativo costituisca un adempimento preventivo

indispensabile per l'esercizio dell'azione giudiziaria ; ma, in verità, non sembra che in quelle parole si possano rav

visare elementi sufficienti per giustificare una conseguenza così grave.

L'istituto del tentativo di conciliazione della contro

versia, anteriore all'inizio del processo e nel corso di questo, mediante gli uffici di associazioni sindacali o del giudice stesso, ha sempre avuto notevole diffusione nella materia delle controversie del lavoro, individuali o anche collettive. La legislazione italiana ne ha conosciuto numerose figure, fin dalle prime norme dettate per i collegi dei probiviri e le commissioni arbitrali per l'impiego privato. Quando poi si è introdotta una disciplina generale del processo del la

voro, si è disposto che non potesse essere proposta una azione fondata sull'inadempimento di un contratto col

lettivo, se prima tale inadempimento non fosse stato de nunciato all'associazione sindacale della categoria, cui ap parteneva l'attore, perchè questa potesse interporre i

propri uffici per la composizione della controversia, per il

tramite della associazione contrapposta (art. 4 r. decreto 26 febbraio 1928 n. 471).

In un testo successivo si è confermato l'onere della de nuncia della controversia al sindacato, posto a carico del

l'attore, e si è imposto alle associazioni sindacali l'obbligo di tentare la conciliazione, disponendo che, nel caso di inosservanza dell'onere suddetto, il giudice di primo grado dovesse dichiarare improponibile la domanda, su richiesta del convenuto o dell'associazione sindacale, o anche d'uf

ficio (art. 5 e 6 r. decreto 21 maggio 1934 n. 1073). Infine, il codice di procedura civile del 1942 regolava

di nuovo la materia, estendendo maggiormente l'ambito

di applicazione dell'onere della denuncia (art. 430) e preci sando ancor meglio : « La domanda. . . può essere proposta soltanto dopo che è pervenuta al denunciante la copia del

processo verbale (di mancata conciliazione) di cui all'arti

colo precedente, o dopo che sono decorsi quindici giorni dalla denuncia. Il giudice, se non risulta che sia stata fatta

la denuncia a norma dell'art. 430, o se questa è stata fatta

ad una associazione che non rappresenta la categoria alla

quale il denunciante appartiene, sospende anche d'ufficio

il procedimento, affinchè sia fatta la denuncia, e fissa al

l'attore un termine perentorio per riassumere la causa »

(art. 433). Se il legislatore regionale, che certamente conosceva

i precedenti ora ricordati, e in particolar modo le disposi zioni del vigente codice di procedura civile, ha evitato di

riprodurre ogni menzione delle conseguenze previste dal

legislatore statale per il caso di omissione della denuncia

al sindacato e del tentativo di conciliazione, si può ritenere

che esso non abbia voluto regolare l'istituto come un presup

posto processuale, indispensabile per l'esercizio dell'azione.

A giudizio della Corte, l'art. 6 della legge regionale 1°

luglio 1947 contiene soltanto la previsione della istituzione

di commissioni comunali di conciliazione, a disposizione di tutte le parti in ogni comune della Regione, onde faci

litare i tentativi di componimento bonario delle controversie.

Il fatto che in tale disposizione si usi l'avverbio «preli minarmente » non sembra di per sè argomento decisivo per concludere nel senso della improponibilità della domanda

giudiziale, ove nessuna delle parti abbia sollecitato l'inter

vento della commissione comunale ; una conseguenza, di

tanto rilievo avrebbe dovuto essere disposta espressamente, e con formula molto più chiara, dal legislatore.

L'accoglimento di questa interpretazione rende superfluo

indugiare nell'esame degli altri argomenti esposti dalla

difesa della Regione, poiché, fra l'altro, nessuno potrebbe seriamente pensare a riconoscere carattere giurisdizionale alle commissioni comunali, previste dalla norma di cui si

discute, così che non serve rilevare che esse sarebbero state

istituite anteriormente all'entrata in vigore della Costitu

zione della Repubblica.

L'interpretazione stessa sembra sufficiente a giustificare la conclusione, che non è fondata la questione di legittimità costituzionale sottoposta al giudizio della Corte.

Per questi motivi, respinte le eccezioni pregiudiziali sollevate dalla difesa della Regione siciliana, dichiara, nei sensi espressi nella motivazione, non fondata la questione di illegittimità costituzionale della norma, contenuta nel

l'art. 6 della legge regionale siciliana 1° luglio 1947 n. 4, concernente la ripartizione dei prodotti cerealicoli e delle

leguminose da granella e da foraggio, proposta con ordi

nanza 13 maggio 1960 della Corte di appello di Palermo.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezione III civile ; sentenza 1° dicembre 1961, n. 2754 ; Pres. Sagna P., Est. De Biasi, P. M. Trotta (conci, coni) ; Micali (Avv. Sanduixi) c. Petrillo (Avv. Oap

pabianca).

(Gassa Trib. Napoli 28 gennaio 1960)

Locazione Prorogja legale — Decadenza — .Mancalo rilascio del conduttore — Domanda ((indiziale -—

Sentenza costitutiva — Itesponsabililà per danni — Conlicjurabilità — Decorrenza (Ood. civ., art. 1218, 1591; 1. 23 maggio 1950'n. 253, disposizioni per le lo

cazioni, art. 3).

Il conduttore soccombente nel giudizio relativo alla decadenza. dalla proroga legale ai sensi dell'art. 3 legge 23 maggio 1050 n. 253, che abbia restituito l'immobile occupato solo a seguito della espletata procedura esecutiva di sfratto, fi responsabile, a titolo contrattuale, per i danni arrecati

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

al locatore dal momento della scadenza legale del con

tratto. (1)

La Oorte. ecc. — Il quesito giuridico emerso dalli» con

troversia di specie verte sul l'ammissibilità di una respon sabilità per danni da ritardata restituzione di un immobile

(1) Sostanzialmente conforme è Cass. 25 gennaio 1960, n. 01

(Foro it., 1960, I, 383), citata in motivazione, nella diversa ipo tesi in cui il ritardo nella riconsegna discendeva da sublocazione vietata ed il giudizio aveva avuto ad oggetto la legittimità della sublocazione stessa e la conseguente risoluzione del contratto. La sentenza è annotata da Tabet, Ritardo nella riconsegna della cosa locata e responsabilità del subloconduttore, in senso conforme alla tesi affermata dalla Suprema corte.

In ordine al carattere contrattuale della responsabilità del conduttore inadempiente o in ritardo nell'adempimento, può consultarsi, oltre alla su citata, la sentenza 27 gennaio 1960, n. 89 (ibid., 378), la quale aveva innovato alla giurisprudenza della Cassazione in argomento.

La tesi secondo la quale l'art. 36 della legge n. 253 del 1950

derogherebbe all'art. 1591 cod. civ., è riaffermata anche in recenti pronunce della Suprema corte ; si vedano in tal senso le sentenze: 13 dicembre 1960, n. 3241, id., Rep. 1960, voce Loca

zione, nn. 81, 82 ; 28 febbraio 1959, n. 603, id., Rep. 1959, voce cit., n. 105.

Contrasta con l'attuale sentenza in ordine alla operatività della sentenza di cessazione della proroga Cass. 26 marzo 1957, n. 1022 (id., Rep. 1957, voce cit., nn. 593-595), che ne ha affer mato l'operatività ex nunc.

Che poi il risarcimento dei danni per ritardo nella restitu zione della cosa locata, ai sensi dell'art. 1591 cod. civ., sia dovuto nella sola ipotesi in cui il ritardo stesso sia imputabile a

colpa o dolo del conduttore, è stato più volte affermato dalla

Suprema corte ; si vedano da ultimo in tal senso : Cass. 28 giu gno 1961, n. 1555, id., Mass., 395 ; 26 maggio 1959, n. 1612, id., Rep. 1959, voce cit., n. 491 ; 12 febbraio 1958, n. 436, id.. Rep. 1958, voce cit., n. 406 ; 5 luglio 1957, n. 2646, ibid., n. 412. In talune pronunce poi la Cassazione ha specificamente affer mato non potersi ravvisare una colpa nel solo fatto di resistere in giudizio alla pretesa del locatore : Cass. 4 luglio 1960, n. 1757,

id., Rep. 1960 voce cit., n. 78 ; 11 ottobre 1958, n. 3209, id., Rep. 1958, voce cit., n. 145 ; 20 luglio 1956, n. 2810, id., Rep. 1956, voce cit., n. 549. La colpa del conduttore può riferirsi, secondo Cass. 1 marzo 1955, n. 680, id., Rep. 1955, voce cit., n. 143, alla resistenza in giudizio, ove questa sia stata opposta in mala fede.

La Cassazione ha poi ritenuto (6 luglio 1960, n. 1779, id., Rep. 1960, voce cit., n. 299) che, nel caso di condanna del con duttore alla restituzione dei locali eccedenti il suo fabbisogno, non si può configurare una responsabilità per la resistenza in

giudizio (responsabilità che viene definita extracontrattuale) poiché in tal caso non sussiste una obbligazione del conduttore

preesistente alla condanna, nè, di conseguenza, è ipotizzabile uno stato di mora solvendi.

In dottrina, si consultino Orengo, La responsabilità del conduttore in mora nella restituzione, in Foro padano, 1960, II, 959 ; G. Stolfi, Sulla responsabilità del conduttore che non resti tuisce la cosa locata, in Foro it., 1959, I, 114 ; Dtjni, Natura delle

responsabilità del conduttore in mora a restituire le cose locate, id., 1958, IV, 44 ; Castoro, La cessazione della proroga legale con riguardo alla mora nella restituzione della cosa locata, in Foro

padano, 1956, I, 315 ; Angelini-Rota, Limiti della risarcibilità dei danni per ritardato rilascio della cosa locata, in Giur. Cass.

civ., 1955, 1° bim., 146 ; Guidi, Risarcimento in tema di locazioni

prorogate, in Foro padano, 1955, I, 875 ; Varelli, Danni per ritardata o mancata restituzione della cosa locata, in Giur. Cass.

civ., 1954, 2° bim., 678; Angelini-Rota, Risarcibilità dei danni

per ritardato rilascio della cosa locata, in Giust. civ., 1954, 543. Si veda inoltre, per quanto concerne il problema generale

della responsabilità per danni dell'inadempiente : per l'esclusione della responsabilità oggettiva del debitore e l'affermazione della responsabilità per il ritardo nell'adempimento fondato sulla colpa del debitore, Giorgianni, Vinadempimento, Milano, 1959, passim, e, per le conclusioni, pag. 319 e segg., nonché

Persico, L1 eccezione d'inadempimento, Milano, 1955, pag. 116 ; in senso contrario a tale tesi : Osti, Deviazioni dottrinali in tema di responsabilità per inadempimento delle obbligazioni, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1954, 593, secondo il quale la responsabilità ha come fondamento non la colpa, bensì il puro e semplice dato di fatto obiettivo dell'inadempimento, e come limite non l'as senza di colpa, bansì l'impossibilità obiettiva non colposa della

prestazione.

locato, non a norma del diritto processuale (art. 96 cod. prcc.

civ.), bensì a norma del diritto sostanziale, per l'inquilino che, dopo aver resistito con insuccesso, in sede giudiziale, alla domanda di rilascio dell'immobile per decadenza della

proroga legale, ai sensi dell'art. 3, n. 1, legge 23 maggio 1950 n. 253, abbia rilasciato l'immobile stesso soltanto in seguito all'espletamento della procedura esecutiva di sfratto.

Il Tribunale di Napoli, con la sentenza impugnata, ha ritenuto eli e una tale responsabilità eia ammissibile per il periodo successivo alla intimazione del precetto di ri

lascio, su titolo esecutivo giudiziale, e non anche per il

periodo anteriore, perchè il ritardo nella restituzione della

cosa locata, determinato dalla necessità di difese giudiziali, non potrebbe mai considerarsi « permeato da elementi di

colpa, a meno che fosse ricollegabile alla mera attività di resistenza processuale » e desse luogo, come tale, a quella « responsabilità aggravata », di natura processuale, pre vista e disciplinata dall'art. 96 del codice di rito. Riecheggia così, nella pronuncia del Giudice di appello, una statui

zione contenuta in non recenti sentenze di questo Supremo

collegio ed intesa appunto ad escludere la risarcibilità del danno da ritardato adempimento di un'obbligazione, quando la sussistenza ed i linr'ti di questa siano all'esame del giudice e l'obbligato non abbia agito e resistito in giu dizio con dolo o colpa grave : il che, in definitiva, equivale ad ammettere laconfigurabilità del danno in questione solo in funzione di un comportamento processuale doloso o

gravemente colposo ; id est ad esclusivo titolo di respon sabilità processuale aggravata ai sensi dell'art. 96 cod.

proc. civ. (così Cass. 6 ottobre 1955, n. 2851, Foro it., Rep. 1955, voce Locazione, n. 386 ; Oass. 18 maggio 1954, n.

1591, id., Rep. 1954, voce cit., n. 717). La Micali, col primo caso di ricorso, deduce l'erroneità

di questo pensiero giuridico e la censura appare fondata.

Giova premettere anzitutto che l'istituto della respon sabilità aggravata, disciplinato dall'art. 96, 1° comma,

quanto al giudizio di cognizione, è del tutto distinto dal

l'altro della responsabilità di diritto sostanziale regolato dall'art. 1218 cod. civ. Il primo, infatti, riguarda l'esercizio

dell'attività processuale dell'agente in giudizio, in sè e per sè considerata, mentre il secondo concerne la tardività di

adempimento di un'obbligazione da parte del debitore :

donde l'assoluta mancanza di elementi similari, sul piano

ontologico e funzionale, tra i due istituti e la conseguente loro reciproca autonomia.

Accade di frequente però che un soggetto esegua la pre stazione di cui sia debitore, per legge o per contratto, non

alla scadenza naturale della sua obbligazione, bensì in

seguito all'esito contrario di un processo in cui abbia con

testato, con insuccesso, l'esistenza, ovvero l'entità, di

quantum, di modo e di tempo dell'obbligazione stessa :

orbene in questi casi sorge nettissimo un problema di com

patibilità tra i due istituti innanzi menzionati, ossia di re

lazione tra processo ed esecuzione tardiva dell'obbligazione

giudizialmente contestata ; più particolarmente sorge il

quesito del se lo svolgimento dell'attività processuale possa

spiegare, di per se stesso ed in ogni caso, un'influenza eli

siva della responsabilità prevista dall'art. 1218.

I sostenitori della tesi affermativa deducono, per giusti ficarla, che la legittimità dell'esercizio di un'attività pro

cessuale, sotto forma di azione od eccezione, intesa ad ot

tenere una pronuncia del giudice su un tema controverso, è inconciliabile, per logica e diritto, con l'ipotesi di una mora

colpevole nell'adempimento dell'obbligazione dedotta in

giudizio, per il tempo di durata del giudizio stesso : tanto

più che il codice di rito, con l'art. 96, ha creato l'autonomo

istituto della « responsabilità aggravata » per danni al

giusto fine di sanzionare i casi di attività processuale te

merariamente svolta. Tali argomenti però non appaiono attendibili, perchè non considerano che anche il danno

datum sine iniuria può essere oggetto di risarcimento,

perchè riflettono soltanto l'interesse del soggetto passivo

dell'obbligazione contestata giudizialmente e perchè, soprat

tutto, omettono di valutare, nella influenza decisiva sul

tema che ne occupa, la funzione del processo e delle sen

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1787 PARTE PRIMA 1788

tenze che lo concludono rispetto ai rapporti di diritto

sostanziale in esso dedotti.

A quest'ultimo proposito va, infatti, ricordato che il

processo tende ad attuare la volontà concreta della legge relativamente a determinati beni o interessi giuridicamente

protetti e che, a questo fine preminente, gli organi giurisdi zionali ad esso preposti tale volontà, appunto, accertano

e dichiarano : con funzioni di mero accertamento, di con

danna o di costituzione di nuove situazioni giuridiche e

con riferimento a seconda dei casi, al tempo della richiesta

dell'accertamento giudiziale (data della domanda), a tempo ancora anteriore, ovvero al tempo della pronuncia.

Ed in tutti questi oasi è da escludere che la durata del

processo possa influenzare, nei sensi innanzi ipotizzati, il regolamento della concreta volontà della legge attinente

al rapporto di diritto sostanziale dedotto in giudizio :

perchè siffatta influenza esula dalla funzione meramente

strumentale del processo, perchè non è.prevista, comunque, dal nostro ordinamento e perchè, infine, l'attività proces suale deve intendersi svolta a rischio di chi la compie e

senza possibilità di risolversi in danno, anche indiretto, della parte vincitrice.

Deve quindi ritenersi che la responsabilità di natura

sostanziale di cui all'art. 1218 è ammissibile anche quando il ritardo nell'adempimento di un'obbligazione contestata

giudizialmente sia dipeso dalla durata del relativo processo e che essa possa ben concorrere con l'altra, autonoma e

diversa, di carattere meramente processuale, prevista dal

l'art. 96, 1° comma (Cass. 29 ottobre 1955, n. 3556, Foro

it., Rep. 1955, voce Obbligazioni e contratti, nn. 313-315 ; 26 aprile 1959. n. 1612, id.. Rep. 1959. voce Locazione, nn. 491-494 ; 28 gennaio 1960, n. 61, id., 1960, I, 383).

Per quanto riguarda poi lo specifico campo dei rapporti di locazione, l'istituto previsto, in linea generale, dall'art.

1218, e di cui finora si è trattato, trova un preciso riscontro

nell'altro similare regolato nel successivo art. 1591, il quale,

per il caso di ritardata restituzione dell'immobile locato,

pone espressamente a carico del locatario, insieme all'obbligo « di corrispondere il corrispettivo convenuto fino alla

riconsegna » anche quello di « risarcire il maggior danno ».

Le considerazioni quindi di qualificazione giuridica innanzi esposte valgono anche per questo analogo isti

tuto, proprio dei rapporti locativi.

È opportuno soltanto aggiungere qualche precisazione sulla natura della responsabilità, di cui all'art. 1591, e sul

diverso suo atteggiarsi, in relazione alla diversità di decor

renza dell'efficacia giuridica delle sentenze (ex nunc e

ex tunc). Sul primo punto una autorevole corrente di

giurisprudenza ha ritenuto, con più pronunce, che la respon sabilità per ritardata consegna dell'immobile locato sia

di natura extracontrattuale sul rilievo /'.he, pur non dubi

tandosi che il conduttore abbia l'obbligo di restituire la

cosa al termine della locazione, Che tale obbligo trovi la

sua radice nel contratto e che l'azione di restituzione

spettante al locatore sia « personale e contrattuale » deve ammettersi altresì che, scattato il momento iniziale di

inadempimento del conduttore, coincidente con la scadenza

della locazione, l'ulteriore sua permanenza nell'immobile

«si sgancia dal contratto» e perciò stesso*diviene abusiva

e sine titulo.

In tale teorica però non appare ben chiara la ragione

giustificatrice del diversificarsi nel tempo della posizione del locatario, il cui obbligo di restituzione della res locata

avrebbe carattere contrattuale soltanto al suo sorgere « in

coincidenza con la scadenza » del rapporto di locazione per ancorarsi poi, nel succedersi del tempo, al precetto generale del neminem laedere. Sembra quindi più aderente al sistema del nostro ordinamento giuridico ed alle stesse premesse da cui parte l'orientamento ora citato il ritenere che l'obbligo di restituzione della res locata, in quanto scaturente dal

contratto di locazione, permanga, anche dopo il suo sorgere, nel vincolo di relazione giuridica creato dal contratto stesso

tra locatore e locatario e valga, poi, a caratterizzare come

contrattuale la responsabilità conseguente alla sua viola

zione. Il che, d'altro canto, è a dirsi anche per l'ipotesi che

l'obbligo in parola voglia farsi derivare dalla legge più clie dal negozio di locazione e ciò perchè la colpa, sia puro con terminologia impropria, è correntemente definta con

trattuale sempre che un vincolo obbligatorio primario, di legge o di contratto, preesista, tra due soggetti, a quello succedaneo di risarcimento danni ed il contegno illecito

dell'agente si estrinsechi proprio nella violazione di un

tale vincolo (Cass. 27 gennaio 1960. n. 89, Foro it., I960,

I, 379 ; 25 gennaio 1960, n. 61, cit.).

Quanto poi alla relazione tra l'istituto in esame e la

natura delle pronunce di accertamento giudiziale va ricor

dato che queste, secondo le conclusioni della migliore dottrina processualistica e le ammissioni della giurispru denza di questa Corte suprema, si distinguono in sentenze

dichiarative e sentenze costitutive.

Le prime son quelle che dichiarano la volontà della

legge, rispetto alla fattispecie concreta, con funzione di

mero accertamento e di condanna e per loro stessa natura

retroagiscono, nei loro effetti dichiarativi, al momento

rispetto al quale è richiesto dalle parti racoertamento della concreta volontà di legge (data della domanda giudi ziale o momento anteriore) ; esse quindi hanno un'indubbia

efficacia ex tunc.

Le seconde, pur avendo una identica funzione dichia

rativa, mirano allo scopo ulteriore di creare uno status

giuridico dapprima inesistente e la loro efficacia di effetti

costitutivi opera, di regola, ex nunc, appunto perchè sono

esse stesse a condizionare il sorgere di nuove situazioni

giuridiche che da loro prendono vita. Alcune fra queste ultime, peraltro, come quelle di annullamento e di risolu zione contrattuale, per il particolare carattere delle azioni che le determinano, hanno anch'esse eccezionalmente

un'efficacia ex tunc, alla pari delle sentenze dichiarative, ed a queste debbono essere quindi assimilate nella disci

plina della decorrenza di effetti delle loro pronunce. Tutto ciò premesso, appare di estrema evidenza, sempre

restando nel tema dei rapporti di locazione, che l'ipotesi di una responsabilità per ritardata restituzione dell'im mobile locato, in relazione alla durata del processo in cui sia stato dedotto in controversia il relativo regolamento giuridico di locazione, può sorgere, in'concorso o meno con la responsabilità processuale di cui all'art. 96 cod. proe. civ., soltanto a seguito di sentenze dichiarative e costi tutive ad efficacia ex tunc, perchè soltanto nei rapporti di locazione da queste considerate la restituzione dell'im mobile locato, eseguita dal conduttore soccombente succes sivamente alla loro pronuncia od in pendenza di essa, potrà apparire tardiva siccome necessariamente riferita non al

tempo della pronuncia stessa, bensì alla data della domanda

giudiziale o ad altra anteriore ; ossia al tempo dell'accertata scadenza contrattuale o legale della locazione dedotta in

giudizio e nell'ambito del relativo regolamento di diritto sostanziale.

Passando quindi all'esame della fattispecie di causa, è certo che la sentenza dichiarativa della decadenza del locatario dalla proroga legale, a norma dell'art. 3, n. 1, legge 23 maggio 1950 n. 253, ha efficacia ex tunc : ciò

perchè con essa il giudice riconosce e dichiara, in funzione di condanna, la concreta volontà della legge stessa per il caso e con riferimento al tempo del sorgere dei'presupposti di fatto in essa considerati : « il conduttore non ha diritto alla proroga » e ne « decade quando ha disponibilità di altra abitazione idonea alle proprie esigenze familiari nello stesso comune od in altro ove abitualmente dimori ».

Pertanto non può escludersi che per tale fattispecie sia ammissibile l'ipotesi dell'invocata responsabilità di diritto Sostanziale prevista dall'art. 1591 cod. civ. : nè a tale esclusione può giungersi col ritenere quest'ultima norma

derogata, nell'ambito della legislazione speciale sulle loca zioni urbane, dall'art. 36 legge 23 maggio 1950 n. 253.

Tale corrente di pensiero, infatti, un tempo seguita da una parte della dottrina e della giurisprudenza (Cass. 23 aprile 1958, n. 1333, Foro it., Rep. 1958, voce Locazione, n. 405 ; 28 novembre 1958, n. 3798, ibid., n. 409), è stata

superata da un più recente ed ormai consolidato indirizzo

giurisprudenziale, di cui alle sentenze di questa Corte

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Page 5: Sezione III civile; sentenza 1° dicembre 1961, n. 2754; Pres. Sagna P., Est. De Biasi, P. M. Trotta (concl. conf.); Micali (Avv. Sandulli) c. Petrillo (Avv. Cappabianca)

1789 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 1790

suprema n. 712 del 31 marzo 1960 (id., Rep. 1960, voce

cit., n. 132) ; n. 61 del 25 gennaio 1960, cit. ; n. 2803 del 31 luglio 1958 (id., Rep. 1958, voce cit., n. 407) ; n. 1968 del 12 giugno 1958 (ibid., n. 408) e n. 2646 del 5 luglio 1957 (id., Eep. 1957, voce cit., nn. 560-567), e da tale secondo orientamento, pienamente condiviso, la Corte medesima non ritiene di doversi discostare nel caso di

specie.

Conclusivamente, quindi, in accoglimento del primo capo di ricorso, la sentenza impugnata va annullata ed il

processo rinviato ad altro giudice di appello che, nel sotto

porre a nuovo e retto esame il rapporto controverso, si atterrà ai principi di diritto innanzi analiticamente svolti e qui di seguito riassunti e massimati.

L'istituto della responsabilità aggravata processuale

disciplinato, quanto al processo di cognizione, dall'art. 96, 1° comma, del codice di rito, è del tutto distinto dall'altro

della responsabilità di diritto sostanziale regolato dall'art.

1218 cod. civ. Il primo infatti riguarda l'esercizio del

l'attività processuale dell'agente in giudizio, in sè e per sè

considerata, mentre il secondo concerne la tardività di

adempimento di una obbligazione da parte del debitore :

donde la assoluta mancanza di elementi similari sul piano

ontologico e funzionale tra i due istituti e la conseguente

reciproca autonomia.

La responsabilità prevista dall'art. 1218 cod. civ., per il caso di ritardo nell'adempimento di un'obbligazione, è

ammissibile, iu concorso o meno con la diversa responsa bilità processuale di cui all'art. 96, 1° comma, cod. proc.

civ., anche quando il ritardo sia dipeso dalla durata di un

processo promosso al fine di far accertare giudizialmente la esistenza ed i limiti della obbligazione stessa.

Nel campo delle locazioni di immobili, l'istituto previsto in linea generale dall'art. 1218 cod. civ., per l'adempi mento tardivo delle obbligazioni, trova uno specifico riscontro nell'analogo istituto regolato dall'art. 1591 stesso

codice, che, per il caso di ritardata restituzione dell'immo

bile locato, pone espressamente a carico del conduttore, insieme all'obbligo di versare il corrispettivo convenuto

fino alla riconsegna, l'altro diverso di « risarcire il maggior danno ».

La responsabilità prevista dall'art. 1591 cod. civ., per il caso appunto di ritardata restituzione dell'immobile

locato, in relazione alla durata del processo in cui sia stato

dedotto in controversia il relativo regolamento giuridico di locazione, ha natura contrattuale e può sorgere, in con

corso o meno con la diversa ed autonoma ipotesi della

responsabilità processuale di cui al 1° còmma dell'art. 96, soltanto a seguito di sentenze con efficacia di effetti ex tunc.

La sentenza dichiarativa della decadenza del condut

tore dalla proroga legale, a norma dell'art. 3, n. 1, legge 23 maggio 1950 n. 253, ha indubbia efficacia di effetti

ex tunc.

L'art. 1591 cod. civ. non è stato derogato dall'art. 36

della legge speciale 23 maggio 1950 n. 253, donde l'ammis

sibilità dell'istituto da esso regolato anche nell'ambito delle

locazioni di immobili a regime vincolistico.

Conseguentemente la responsabilità prevista dal citato

art. 1591 cod. civ. è perfettamente ammissibile, in concorso

o meno, ripetesi, con la responsabilità di carattere proces suale prevista dall'art. 96 cod. proc. civ., nel caso di un

locatario che, dopo aver resistito con insuccesso alla domanda

di rilascio dell'immobile locato per decadenza dalla proroga

legale, ai sensi dell'art. 3, n. 1, legge 23 maggio 1950

n. 253, abbia restituito l'immobile stesso soltanto a seguito

dell'espletata procedura esecutiva di sfratto.

Quanto, infine, agli altri due motivi di ricorso atti

nenti, rispettivamente, alla limitazione del concesso risar

cimento danni, rispetto alla fase esecutiva di sfratto ed

al dichiarato obbligo di restituzione del di più già percepito,

pur a titolo di danni, dalla locatrice Mioali, essi ovviamente

restano assorbiti dalla pronuncia di annullamento della

impugnata sentenza per i preminenti vizi di legittimità denunciati col primo mezzo.

Per questi motivi, cassa, ecc.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezioni unite civili ; sentenza 28 novembre 1961, n. 2749 ; Pres. Oggioni P. P., Est. Gentile. P. M. Pepe (conci,

diff.) ; Catania e Catanzaro (Àvv. Nicolò, Flobeno) c. Passalacqua (Avv. Castaldo) e Ministero difesa

esercito (Avv. dello Stato Tavassi La Greca).

(Gassa App. Gatania\29 apiile 1959)

Responsabilità civili- - Militare Fucilazione —

Ordine illegittimo — Domanda di risarcimento dei

danni— Proponibilità avanti il giudice ordinario

(Cod. civ., art. 2043 ; cod. pen. mil. guerra, art. 241 ; d. 1. 6 settembre 1946 n. 226, definizione dei fatti di

guerra ed equiparazione delle formazioni partigiane alle

forze armate ai fini del risarcimento dei danni di guerra, art. 1 ; 1. 10 agosto 1950 n. 784, ratifica con modifica

zioni dei d. 1. 27 giugno 1946 n. 35 e 29 maggio 1947

n. 649, art. 10 ; 1. 27 dicembre 1953 n. 968, concessione

di indennizzi e contributi per danni di guerra, art. 3).

Responsabilità civile — Fatto illecito di guerra —

Risarcimento integrale del danno Ammissi

bilità — Rilevanza della pensione Limiti (L. 10

agosto 1950 n. 648, art. 20).

Responsabilità civile — Comandante militare

Poteri di coercizione diretta Illegittimo uso

Responsabilità dello Stalo — Sussistenza (Costi tuzione della Repubblica, art. 28 ; cod. civ., art. 2043 ; cod. pen. mil. guerra, art. 241).

Coercizione diretta Esercizio del potere Attività

amministrativa — Sindacato del giudice ordinario

(Cod. pen. mil. guerra, art. 241). Stato di necessità — Militare — Abbandono di posto e

sbandamento — Fucilazione — Stalo di necessità

militare — Insussisienza (Cod. pen. mil. pace, art. 44 ; cod. pen. mil. guerra, art. 241).

Insubordinazione — Violazione di ordine Erronea

convinzione della revoca Irrilevanza — Limiti,

Coercizione diretta — Fucilazione Luogo e momento

diversi da quelli del commesso reato Flagranza — Insussistenza (Cod. pen. mil. guerra, art. 241).

Coercizione diretta Manilesta colpevolezza —

Estremi (Cod. pen. mil. guerra, art. 241). Prescrizione in materia civile — Ranni dsi reato

punibile a richiesta — Decorrenza — Recadenza

dal diritto di richiesta Accertamenti del giu dice civile (Cod. civ., art. 2947 ; cod. proc. pen., art. 17).

È proponibile avanti il giudice ordinario la domanda per risarcimento danni derivati dalla fucilazione di un

militare, allorché si assume che sia stata disposta senza

che ricorressero le condizioni nel concorso delle quali la

legge di guerra autorizza il comandante di un corpo militare o di una parte di esso a passare o a far passare

per le armi i colpevoli di determinati reati. (1) Lo Stato è tenuto a risarcire integralmente il danno cagio

nato a persone da atti illeciti di guerra commessi dalle

forze armate nazionali e non solo a corrispondere ai

danneggiati il trattamento pensionistico. (2) Lo Stato è responsabile a titolo di risarcimento danni del

fatto di un proprio dipendente che, quale ufficiale del

l'esercito e avvalendosi del potere di coercizione diretta

conferito in tempo di guerra al comandante di un corpo

(1) Non risultano precedenti specifici (ad eccezione della sentenza cassata, riprodotta di seguito alla presente nota), mentre l'affermazione che il fatto di guerra può assumere carat tere di illiceità e generare l'azione di risarcimento, trovasi già in Cass. 22 febbraio-1954, n. 491, Foro it., 1955, I, 554, con ampia nota di richiami.

(2) In senso conforme Corte conti 2 febbraio 1959, Foro

it., Bep. 1959, voce Pensione, nn. 83, 84 e Cass. 8 novembre

1957, n. 4310, id., 1957, I, 1929, con ampia nota di richiami.

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