sezione III civile; sentenza 1° dicembre 1998, n. 12186; Pres. Giuliano, Est. Preden, P.M.Morozzo della Rocca (concl. conf.); Amoruso (Avv. Vilardi) c. Soc. Enel (Avv. De Martino,Melcarne). Conferma App. Bari 5 novembre 1996Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 1 (GENNAIO 1999), pp. 89/90-91/92Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23193020 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
to il profilo del danno riflesso, dei prossimi congiunti (nella
specie, del marito della stessa), con la conseguenza che se detto
danno subito dalla donna è da ascriversi a fatto colpevole di
un terzo, nei confronti di questi il congiunto, danneggiato di
riflesso, è legittimato a richiedere il risarcimento del danno.
5.4. - In proposito, va effettuata una precisazione. Detto danno è risarcibile solo se la gestante aveva il diritto
ad interrompere la gravidanza e se tale diritto essa ha effettiva
mente esercitato o intendeva esercitare (se non le fosse stato
precluso dal fatto colpevole del terzo o della controparte con
trattuale). Diversa questione, ma pure rispondente ad una reale esigenza
prospettata dall'orientamento che nega il diritto ai prossimi con
giunti del soggetto leso al risarcimento del danno, è quella di
evitare un allargamento a dismisura dei risarcimenti di danno.
Senonché ciò è un posterius rispetto al problema che qui si
è esaminato, che è attinente alla legittimazione dei prossimi con
giunti alla domanda di risarcimento del danno ed andrà risolto, non solo sulla base di una rigorosa prova dell'esistenza di que sto danno, evitando di rifugiarsi dietro il «notorio», ma anche
alla stregua di un corretto accertamento del nesso di causalità, da intendersi come causalità adeguata (o regolarità causale), nei
termini sopra detti.
Va, quindi, ritenuto che erroneamente la sentenza impugnata ha escluso la legittimazione attiva del Buratto.
6. - Pertanto va accolto il ricorso nei termini suddetti e l'im
pugnata sentenza va cassata in relazione (essendo passata in co
sa giudicata la statuizione di rigetto dell'appello proposto da
Buratto Luigi e Varenna Roberta nella qualità di legali rappre sentanti del figlio minore Matteo Buratto, non essendo stata
impugnata la sentenza dai ricorrenti, in detta qualità). La corte rinvia la causa ad altra sezione della Corte di appel
lo di Torino, che si uniformerà ai suddetti principi.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 1° di
cembre 1998, n. 12186; Pres. Giuliano, Est. Preden, P.M.
Morozzo della Rocca (conci, conf.); Amoruso (Avv. Vi
lardi) c. Soc. Enel (Avv. De Martino, Melcarne). Confer ma App. Bah 5 novembre 1996.
Prescrizione e decadenza — Diritto al risarcimento del danno — Fatto illecito costituente reato — Amnistia — Derubrica
zione dell'originaria imputazione — Prescrizione — Decor
renza (Cod. civ., art. 2947).
La prescrizione del diritto al risarcimento del danno derivante
da fatto illecito costituente reato, ove il reato si estingua per amnistia e l'applicazione del beneficio consegua a derubrica
zione dell'originaria imputazione, decorre dal giorno in cui
la sentenza che applica l'amnistia è divenuta irrevocabile. (1)
(1) La regola generale, in caso di intervenuta estinzione del reato
per amnistia, è che il termine di prescrizione del diritto al risarcimento
del danno derivante dal fatto criminoso (quinquennale o biennale, in
caso di danni derivanti dalla circolazione dei veicoli) prenda a decorrere
dalla data del provvedimento di clemenza, e non da quello della sua
concreta applicazione: v. Cass. 21 maggio 1996, n. 4677, Foro it., Rep.
1997, voce Prescrizione e decadenza, n. 110, e Giur. it., 1997, I, 1,
467; 19 agosto 1983, n. 5412, Foro it., 1984, I, 500.
Tale regola, tuttavia, viene derogata — oltre che nell'ipotesi in cui
sia intervenuta costituzione di parte civile, la quale determina un effetto
interruttivo permanente della prescrizione fino al momento in cui è di
venuta irrevocabile la sentenza che dichiara l'estinzione del reato: cfr.
Cass. 20 settembre 1996, n. 8367, id., Rep. 1997, voce cit., n. 82, e
Arch, circolaz., 1996, 899 — allorché l'applicazione del beneficio con
II Foro Italiano — 1999.
Svolgimento del processo. — Con atto notificato il 29 agosto
1990, l'Enel conveniva davanti al Tribunale di Trani Vittoria
Amoruso per sentirla condannare al risarcimento dei danni con
seguenti all'appropriazione di energia elettrica mediante mano
missione del contatore, accertata il 12 giugno 1980.
La convenuta, costituitasi, eccepiva la prescrizione quinquen nale del credito risarcitorio, sul rilievo che la prescrizione de
correva dal 29 ottobre 1982, data di pronuncia della sentenza
penale con la quale era stato dichiarato estinto per amnistia
il reato di furto a lei ascritto, e non era stata quindi tempestiva mente interrotta con la richiesta di risarcimento formulata dal
l'Enel con lettera in data 8 febbraio 1988.
Il tribunale, con sentenza 2 febbraio 1994, disattesa l'eccezio
ne di prescrizione, accoglieva la domanda e condannava la con
venuta al pagamento della somma di lire 3.536.880.
Pronunciando sull'appello della Amoruso, al quale aveva re
sistito l'Enel, la Corte d'appello di Bari, con sentenza 5 novem
bre 1996, lo rigettava. Considerava la corte che, per costante giurisprudenza della
Suprema corte, qualora l'estinzione del reato sia stata dichiara
ta dal giudice penale previa immutazione dell'imputazione, tale
da ricondurla nell'ambito del provvedimento di clemenza, la pre
scrizione, ai sensi dell'art. 2947, 3° comma, c.c., decorre sol
tanto dalla data in cui la sentenza diviene irrevocabile; che, nel
la specie, con sentenza divenuta irrevocabile il 27 febbraio 1983, il Tribunale penale di Trani aveva dichiarato estinto per amni
stia il reato di furto ascritto alla Amoruso, previa concessione
dell'attenuante del danno di speciale tenuità ritenuta equivalen te alla contestata aggravante; che, pertanto, dovendosi conside
rare decorrente la prescrizione nel caso in esame, in applicazio ne del suindicato indirizzo giurisprudenziale, dal 27 febbraio
1983, costituiva tempestivo atto interruttivo la richiesta di risar
cimento inoltrata con lettera raccomandata dell'8 febbraio 1988.
Avverso tale sentenza ricorre per cassazione la Amoruso sulla
base di due motivi, ai quali resiste, con controricorso, l'Enel.
La Amoruso ha depositato memoria.
Motivi della decisione. — 1. - Con il primo motivo, denun
ciando violazione e falsa applicazione dell'art. 2947, 3° comma,
c.c., la ricorrente deduce che erroneamente la corte d'appello ha individuato il termine iniziale di decorrenza della prescrizio ne quinquennale nella data in cui la sentenza penale dichiarati
va di estinzione del reato per amnistia, a seguito di immutazio
ne dell'imputazione, è divenuta irrevocabile.
Sostiene che, come affermato in varie decisioni della Supre ma corte (sent. 1834/88, Foro it., Rep. 1988, voce Prescrizione
e decadenza, n. 78, e 7222/86, id., Rep. 1986, voce cit., n.
64) doveva tenersi conto della data in cui la sentenza penale è stata pronunciata.
2. - Con il secondo motivo, denunciando omessa o insuffi
ciente motivazione, la ricorrente addebita alla corte d'appello di essersi limitata a richiamare, a sostegno della sua decisione
circa la decorrenza della prescrizione, alcune pronunce dell'Alta
corte, peraltro non rettamente intese.
3. - I due motivi possono essere congiuntamente esaminati, in ragione della loro intima connessione, e vanno disattesi.
4. - L'art. 2947 c.c. dispone, nel 1° comma, che il diritto
al risarcimento del danno derivante da fatto illecito si prescrive in cinque anni dal giorno in cui il fatto si è verificato; stabili
sce, nel 2° comma, che per il risarcimento del danno prodotto dalla circolazione dei veicoli di ogni specie il diritto si prescrive
segua a derubricazione o degradazione dell'originaria imputazione. In
tal caso, l'alternativa si pone tra identificare il dies a quo della prescri zione nel giorno dell'emanazione del provvedimento giudiziale (cfr. Cass.
22 febbraio 1988, n. 1834, Foro it., Rep. 1988, voce cit., n. 78, e 5
dicembre 1986, n. 7222, id., Rep. 1986, voce cit., n. 64) ovvero far
riferimento al giorno in cui tale provvedimento è divenuto irrevocabile
(cfr. Cass. 11 marzo 1998, n. 2679, id., Mass., 287, e 10 dicembre
1976, n. 4598, id., 1977, I, 661). La pronuncia in epigrafe accoglie
quest'ultima soluzione, osservando che, fino a quando sussiste la possi bilità di impugnare la sentenza del giudice penale, la declaratoria di
estinzione del reato non acquista un carattere definitivo.
Sulla decorrenza della prescrizione nell'ipotesi in cui fosse stato pro
nunciato, ai sensi del c.p.p. de! 1930, decreto di archiviazione per man
canza di querela, v. Cass., sez. un., 2 ottobre 1998, n. 9782, id., 1998,
I, 2746.
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PARTE PRIMA
in due anni; prevede, nel 3° comma, prima parte, che, in ogni
caso, se il fatto è considerato dalla legge come reato e per il
reato è stabilita una prescrizione più lunga, questa si applica anche all'azione civile; statuisce infine, nel 3° comma, seconda
parte, che, tuttavia, se il reato è estinto per causa diversa dalla
prescrizione o è intervenuta sentenza irrevocabile nel giudizio
penale, il diritto al risarcimento del danno si prescrive nei ter
mini indicati dai primi due commi, con decorrenza dalla data
di estinzione del reato o dalla data in cui la sentenza è divenuta
irrevocabile.
In sede di applicazione del richiamato 3° comma, con riferi
mento all'ipotesi di estinzione del reato per amnistia, la giuris
prudenza di questa Suprema corte non è uniforme.
Alcune pronunce hanno invero affermato che la prescrizione
(quinquennale o biennale) dell'azione civile risarcitoria decorre
dal giorno dell'emanazione del provvedimento di clemenza, e
non da quello della pronuncia giudiziale (meramente dichiarati
va) di applicazione del beneficio, precisando tuttavia che il det
to principio trova deroga nell'ipotesi in cui tale applicazione
consegua ad una derubricazione dell'originaria imputazione (a
seguito dell'esercizio dei poteri decisori del giudice penale), do
vendosi in tal caso far riferimento alla «data in cui viene emes
so» il provvedimento giudiziale (sent. 1685/77, id., Rep. 1977, voce cit., n. 44; 4819/79, id., Rep. 1979, voce cit., n. 140;
7222/86, cit., e 1834/88, cit.). Ulteriore specificazione del principio si rinviene in altre deci
sioni, le quali, nel riaffermare che, nel caso di applicazione del
l'amnistia previa modifica dell'originaria imputazione, non as
sume rilievo, ai fini della decorrenza della prescrizione, la data
del provvedimento di clemenza, ma occorre aver riguardo alla
sentenza che applica il beneficio previa derubricazione, hanno
precisato che va attribuito rilievo alla data in cui la detta sen
tenza è divenuta irrevocabile (sent. 2373/67, id., Rep. 1967, vo
ce Prescrizione civile, n. 110; 3925/74, id., Rep. 1974, voce Pre
scrizione e decadenza, n. 135, e 4598/76, id., 1977, I, 661). E tale soluzione il collegio condivide. Occorre invero rilevare
che, fino al momento in cui la sentenza che applica l'amnistia
previa immutazione dell'originaria imputazione (preclusiva del
la concessione del beneficio) è suscettiva di impugnazione, la
declaratoria di estinzione del reato non ha acquisito certezza
alcuna, atteso che l'accoglimento dell'eventuale impugnazione del pubblico ministero, rivolta alla degradazione dell'imputa
zione, verrebbe a ripristinare l'originaria situazione di preclu sione. Solo dal momento in cui la sentenza recante declaratoria
di estinzione del reato per amnistia è divenuta irrevocabile può ritenersi dichiarata con effetto definitivo l'estinzione, sicché è
da tale data che decorre il termine di prescrizione ai sensi del
l'art. 2947, 3° comma, c.c.
Al principio ora enunciato si è attenuta la corte d'appello, la cui pronuncia va quindi tenuta ferma, previa integrazione della motivazione, ai sensi dell'art. 384 c.p.c., nei sensi suindicati.
5. - Il ricorso va quindi rigettato.
Il Foro Italiano — 1999.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 21 no
vembre 1998, n. 11798; Pres. Grieco, Est. Morelli, P.M.
Mele (conci, conf.); Soc. Immobiliare Sibillini e altri (Avv. Del Vecchio, Felici) c. Regoli (Aw. Martorelli). Dichiara
inammissibile ricorso avverso Trib. Macerata 31 ottobre 1996.
Società — Liquidazione — Contrasto tra i soci circa l'avvenuto
scioglimento — Nomina dei liquidatori — Provvedimento —
Natura — Ricorso straordinario per cassazione — Inammissi
bilità (Cost., art. Ill; cod. civ., art. 2448, 2450).
È inammissibile il ricorso straordinario per cassazione avverso
il decreto, avente natura di volontaria giurisdizione e privo di contenuto decisorio, con cui il presidente del tribunale no
mina i liquidatori ai sensi dell'art. 2450, 3° comma, c.c., an
che quando il presupposto dell'avvenuto scioglimento della
società formi oggetto di controversia tra i soci. (1)
(1) La decisione in epigrafe conferma l'esistenza di un contrasto nella
giurisprudenza della Suprema corte (ed in particolare della prima sezio
ne) in ordine alla esatta definizione del presupposto del potere del presi dente del tribunale di provvedere ex art. 2450, 3° comma, c.c. alla no mina dei liquidatori di società di capitali ed ali'esperibilità avverso tale
provvedimento del rimedio estremo costituito dal ricorso straordinario
per cassazione. L'adesione all'indirizzo, prevalente in passato ma successivamente di
satteso, che ritiene inammissibile il ricorso straordinario per cassazione avverso il decreto presidenziale di nomina adottato pur in presenza di
controversie tra i soci circa l'avvenuto scioglimento della società (sulla scia di quanto affermato da Cass. 2 dicembre 1996, n. 10718, Foro
it., Rep. 1997, voce Società, n. 841, e Corte cost. 27 giugno 1968, n.
77, id., 1968, I, 2051, citate in motivazione) consegue alla persistente natura di volontaria giurisdizione del provvedimento impugnato, anche
quando la pronuncia di questo richieda la soluzione di detto contrasto
(in relazione al caso di specie, deve tuttavia porsi in evidenza che il
provvedimento impugnato era stato pronunciato proprio sul presuppo sto, considerato erroneo dal ricorrente e pertanto dedotto come motivo di impugnazione, del carattere pacifico dello scioglimento della società).
Il contrario e prevalente orientamento (ribadito, in consapevole dis senso da Cass., 2 dicembre 1996, n. 10718, cit., proprio di recente da Cass. 12 giugno 1998, n. 5885, e 19 maggio 1998, n. 4979, id., 1998, I, 3213, con nota di richiami di P. Gallo, ove riferimenti anche al
corrispondente orientamento di giurisprudenza relativo all'art. 2275, 1°
comma, c.c., concernente l'omologo potere presidenziale di nomina dei
liquidatori di società di persone; adde, in dottrina, M.G. Civinini, l
procedimenti in camera di consiglio, Torino, 1994, II, 478 ss., secondo cui l'esistenza di un contrasto tra i soci circa l'avvenuto scioglimento della società, purché non palesemente pretestuoso o infondato, impedi rebbe al presidente del tribunale la nomina dei liquidatori); ritiene al contrario che, ove lo scioglimento della società non sia pacificamente ammesso dai soci, il presidente del tribunale non possa in tale caso
provvedere alla nomina dei liquidatori e che, qualora ciò avvenga, al
provvedimento di nomina sia da riconoscere contenuto decisorio circa la quaestio concernente lo scioglimento della società, con conseguente idoneità al giudicato ed ammissibilità dell'impugnazione mediante ri corso straordinario ex art. Ill Cost.
In tema, può brevemente osservarsi come la motivazione della deci
sione, nella parte in cui articola l'inammissibilità del ricorso straordina rio sulla incompatibilità tra «forme camerali» e «sostanza decisoria»
(ove si osserva che l'effetto preclusivo della cosa giudicata non può conseguire all'esito di «un procedimento svolto davanti all'organo mo
nocratico, in totale assenza di forme e di garanzia stessa del contraddit
torio»), rappresenta un importante allineamento ai ripetuti e pressoché costanti appelli della dottrina circa il problema, di ben più ampio respi ro, che ricorre ogniqualvolta la gestione nelle forme camerali dell'inte resse verso la cui tutela il potere (di volontaria giurisdizione) è proteso entri in conflitto con (o incida su) diritti soggettivi o (come particolar mente accade in ambito familiare) status-, per l'insegnamento che esclu de il riconoscimento di effetti decisori del provvedimento camerale nelle
ipotesi de quibus e, dunque, la ricorribilità in Cassazione dello stesso ex art. Ill Cost., v. funditus A. Proto Pisani, Usi e abusi della proce dura camerale ex art. 737 ss. c.p.c., in Riv. dir. civ., 1990, I, 393 ss., e, con riferimento anche al provvedimento di nomina dei liquidatori ex art. 2450, 3° comma, c.c., 420 ss., ove riconduce i provvedimenti camerali funzionali alla gestione di interessi (di incapaci, patrimoni se
parati e gruppi collettivi) alla categoria dei provvedimenti sommari —
semplificati — esecutivi, inidonei al giudicato e per l'adozione dei quali la cognizione del diritto o status presupposto avviene solo incidenter tantum, salva la loro deducibilità e tutela nel processo contenzioso a
cognizione piena; C. Mandrioli, Procediruenti camerali su diritti e ri corso straordinario per cassazione, in Riv. dir. proc., 1988, 921 ss., il quale avverte, spec. 930, l'insufficienza del limite alla ricorribilità ex
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