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sezione III civile; sentenza 1° ottobre 1997, n. 9577; Pres. Grossi, Est. Vittoria, P.M. Palmieri...

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sezione III civile; sentenza 1° ottobre 1997, n. 9577; Pres. Grossi, Est. Vittoria, P.M. Palmieri (concl. diff.); Laschi (Avv. Salinari, Parigi) c. Manetti (Avv. Manzi, Di Meglio) e Galleni. Conferma Pret. Livorno-Cecina 31 dicembre 1994 Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 5 (MAGGIO 1999), pp. 1615/1616-1633/1634 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23193489 . Accessed: 28/06/2014 18:54 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.220.202.80 on Sat, 28 Jun 2014 18:54:53 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione III civile; sentenza 1° ottobre 1997, n. 9577; Pres. Grossi, Est. Vittoria, P.M. Palmieri(concl. diff.); Laschi (Avv. Salinari, Parigi) c. Manetti (Avv. Manzi, Di Meglio) e Galleni.Conferma Pret. Livorno-Cecina 31 dicembre 1994Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 5 (MAGGIO 1999), pp. 1615/1616-1633/1634Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23193489 .

Accessed: 28/06/2014 18:54

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1615 PARTE PRIMA 1616

tenza dell'ufficio giudiziario cui appartiene il giudice che ha emes so il decreto ingiuntivo a conoscere della relativa opposizione ha carattere funzionale e pertanto inderogabile, con la conse

guenza che, qualora nel giudizio di opposizione sia proposta domanda riconvenzionale rientrante nella competenza per valo

re di un altro giudice, il giudice dell'opposizione non può rimet

tere tutta la causa al giudice superiore, al fine di realizzare il

simultaneus processus, ma deve rimettere soltanto quella relati

va alla domanda riconvenzionale, trattenendo quella concernente

l'opposizione a decreto ingiuntivo. 8. - A tale preciso, articolatissimo ed ampiamente motivato

principio affermato dalle sezioni unite non ci si può che unifor

mare e per l'effetto dichiarare la competenza del Giudice di

pace di Trieste a decidere sull'opposizione a decreto ingiuntivo in oggetto.

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 1 ° otto bre 1997, n. 9577; Pres. Grossi, Est. Vittoria, P.M. Palmie

ri (conci, diff.); Laschi (Avv. Salinari, Parigi) c. Manetti

(Aw. Manzi, Di Meglio) e Galleni. Conferma Pret. Livorno Cecina 31 dicembre 1994.

Esecuzione forzata per obbligazioni pecuniarie — Espropriazio ne presso terzi — Quote di società a responsabilità limitata — Assegnazione — Modalità procedurali (Cod. civ., art. 2480; cod. proc. civ., art. 529, 552).

Esecuzione forzata per obbligazioni pecuniarie — Espropriazio ne presso terzi — Ordinanza di assegnazione — Nullità insa nabile — Esclusione — Fattispecie in tema di espropriazione di quote societarie (Cod. civ., art. 2480; cod. proc. civ., art.

506, 543, 617).

Nell'espropriazione presso terzi avente ad oggetto quote di una società a responsabilità limitata, l'assegnazione dei beni pi gnorati ai creditori va effettuata, in virtù del rinvio operato dall'art. 552 c.p.c., con le modalità dell'espropriazione forza ta mobiliare presso il debitore. (1)

In una espropriazione presso terzi avente ad oggetto quote di una società a responsabilità limitata, l'ordinanza di assegna zione del compendio pignorato ai creditori procedenti per il valore dei crediti fatti valere non è insanabilmente nulla e dev'essere pertanto impugnata con l'opposizione agli atti ese cutivi nel termine indicato dall'art. 617 c.p.c. (2)

(1, 7) Con le sentenze riportate in epigrafe, la Suprema corte si occu pa per la prima volta del problema dell'ammissibilità dell'assegnazione di quote di società a responsabilità limitata, accedendo, pur in contesti differenti, alla soluzione positiva.

Nell'ambito di un'esecuzione indiretta avente ad oggetto quote di so cietà a responsabilità limitata, Cass. 9577/97 desume dalla natura di bene mobile attribuita al compendio pignorato, l'applicazione, per ef fetto del rinvio operato dall'art. 552 c.p.c., delle disposizioni previste dagli art. 529 ss. del codice di rito e l'inoperatività di quelle dettate in tema di espropriazione di crediti. Sulla base di questi presupposti, ritiene possibile un'assegnazione, di carattere satisfattivo o nelle forme della c.d. assegnazione-vendita, del bene staggito, all'esito di un infrut tuoso esperimento di vendita e per un valore comunque non inferiore, ai sensi dell'art. 506 c.p.c., alle spese di esecuzione e ai crediti aventi diritto di prelazione non anteriore a quello dell'offerente.

In presenza di quote con vincolo di limitata trasferibilità, la seconda decisione in epigrafe, Cass. 2926/97, dall'equiparazione, sotto il profilo effettuale, tra vendita forzata ed assegnazione, «la quale egualmente è una forma di trasferimento coattivo del diritto di credito», deduce la legittimità del provvedimento di attribuzione delle partecipazioni pi gnorate.

Il Foro Italiano — 1999.

II

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 4 aprile

1997, n. 2926; Pres. Giuliano, Est. Di Nanni, P.M. Nicita

(conci, conf.); Ferrari (Avv. Sanino, Bacchiega) c. Soc. In

termedia (Aw. D'Esposito) e Cassa rurale e artigiana S. Apol linare. Conferma Pret. Rovigo 17 giugno 1994.

Esecuzione forzata in genere — Espropriazione presso terzi —

Terzo pignorato — Opposizione agli atti esecutivi — Legitti mazione — Fattispecie in tema di espropriazione di quote so

cietarie (Cod. civ., art. 2480; cod. proc. civ., art. 543, 617). Esecuzione forzata in genere — Espropriazione presso terzi —

Quote di società a responsabilità limitata — Assegnazione —

Ordinanza dichiarativa di estinzione — Provvedimento atipi co — Conseguenze (Cod. civ., art. 2480; cod. proc. civ., art.

543, 617, 630). Esecuzione forzata per obbligazioni pecuniarie — Espropriazio

ne presso terzi — Udienza di audizione delle parti — Esclu

sione (Cod. proc. civ., art. 530, 547, 569). Esecuzione forzata per obbligazioni pecuniarie — Espropriazio

ne presso terzi — Atti esecutivi precedenti l'assegnazione —

Nullità — Esclusione (Cod. civ., art. 2929; cod. proc. civ., art. 543).

Esecuzione forzata per obbligazioni pecuniarie — Espropriazio ne presso terzi — Quote di società a responsabilità limitata

non liberamente trasferibili — Assegnazione al creditore pro cedente — Ammissibilità (Cod. civ., art. 2480).

Nell'espropriazione presso terzi avente ad oggetto quote di una

società a responsabilità limitata, va riconosciuta alla società, terzo pignorato, la legittimazione a proporre opposizione agli atti esecutivi avverso l'ordinanza di assegnazione delle quote al creditore. (3)

Nell'espropriazione presso terzi avente ad oggetto quote di una

società a responsabilità limitata, l'ordinanza con cui il giudi ce dell'esecuzione, disposta l'assegnazione del bene pignorato al creditore, dichiara l'estinzione del processo è un provvedi mento atipico, avente valore di mera dichiarazione d'impro seguibilità dell'azione esecutiva, non impugnabile con il recla mo ex art. 630 c.p.c. (4)

Nell'espropriazione presso terzi, non deve essere disposta un 'ap posita udienza per l'audizione delle parti, poiché in quel pro cedimento la sede nella quale le parti si incontrano per defini re le rispettive posizioni è l'udienza destinata alla dichiarazio ne del terzo. (5)

La regola contenuta nell'art. 2929 c.c., secondo la quale la nul lità degli atti esecutivi che hanno preceduto la vendita o l'as

segnazione non ha effetto riguardo all'acquirente o all'asse

gnatario, non trova applicazione nell'espropriazione presso ter

zi, nella quale non ci sono atti del processo esecutivo anteriori

all'assegnazione dei quali possa essere dichiarata la nullità. (6) Nell'espropriazione presso terzi avente ad oggetto quote di so

cietà a responsabilità limitata non liberamente trasferibili, può essere disposta, immediatamente dopo la dichiarazione del ter

zo, l'assegnazione dei beni pignorati al creditore procedente. (7)

Riguardano la specifica ipotesi di partecipazioni sociali con limiti alla intrasferibilità anche gli sporadici ed alquanto risalenti precedenti rinve nuti nei repertori: nei termini indicati dalla Corte di cassazione, Pret. Roma 26 luglio 1965, Foro it., Rep. 1966, voce Esecuzione forzata per obbligazioni pecuniarie, n. 48, e Foro pad., 1966, I, 749 ss.; contra, in motivazione, Pret. Udine, ord. 18 dicembre 1951, Foro it., 1952, I, 1298, con nota di Miiillo, Procedura esecutiva su quota di società a responsabilità limitata e assegnazione.

Per un completo panorama sull'istituto dell'espropriazione di quote di s.r.l., si rinvia a Cagnasso, Società di capitali (c.c. 2458-2510), in Giur. sist. dir. civ. e comm. diretta da Bigiavi, Torino, 1990, 177 ss.

L'analisi delle (invero laconiche) disposizioni normative dettate in ar gomento (art. 2479 ss. c.c.) non offre, a differenza di quanto accade in altri sistemi normativi (per alcuni cenni di diritto comparato, con riferimento all'espropriazione di diritti patrimoniali, istituto caratteri stico di legislazioni processuali di matrice germanica, v. Andrioli, Mi sure cautelari ed esecutive su quote di società a responsabilità limitata, in Foro it., 1948, I, 444 ss., spec. 445), chiari elementi per l'individua zione del modus procedendi con cui realizzare detta espropriazione. Si evidenzia, piuttosto, un palese difetto di coordinamento: all'espressa previsione, nel codice civile del 1942, dell'assoggettabilità ad esecuzione delle quote di s.r.l. (palesemente ispirata all'analoga espropriazione di

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

I

Svolgimento del processo. — 1. - Enrico Galleni e Giovanna

Manetti, con atto notificato a Mara Laschi ed alla società Tahi

ti s.r.l., sottoponevano a pignoramento, nelle forme dell'espro

priazione forzata presso terzi, la quota di partecipazione della

prima nella società.

I creditori, nell'atto di pignoramento, richiamavano il precet to notificato I'll novembre 1993 per il pagamento della somma

di lire 89.235.734.

partecipazioni sociali delle società a garanzia limitata austriache) non si è accompagnata, infatti, la creazione di forme procedurali ad hoc

oppure il rinvio a modelli fissati nel codice di rito. Un significativo ausilio non reca, d'altra parte, il ricorso al criterio ermeneutico della lettura dei resoconti dei lavori preparatori al codice civile, considerato l'anodino tenore della relazione al re sul punto (n. 1013: «basterà osser vare le norme della procedura esecutiva ordinaria»).

Pur in presenza di tali difficoltà, ulteriormente accentuate dalle an

nose divergenze esegetiche in ordine all'esatta qualificazione dogmatica della quota di società a responsabilità limitata (un ripensamento critico delle più disparate opinioni espresse sul tema è condotto, con ampiezza di riferimenti bibliografici, da Rivolta, La società a responsabilità li

mitata, in Trattato Cicu-Messineo, Milano, 1982, XXX, 183) si è ormai consolidato in giurisprudenza, salvo qualche isolata pronuncia disso

nante (Trib. Torino 1° ottobre 1949, Foro pad., 1950, I, 194, privilegia l'esecuzione per consegna di un bene mobile, rappresentato dal certifi

cato di quota) l'orientamento che ritiene applicabile, pur con i necessari

adattamenti, il procedimento esecutivo presso terzi.

A fondamento del ricorso alle modalità procedurali fissate dagli art. 543 ss. c.p.c. si argomenta dalla configurazione della partecipazione sociale come diritto di credito verso la società (Cass. 23 agosto 1956, n. 3162, Foro it., 1956, I, 1439; 28 febbraio 1964, n. 454, id., 1964,

I, 1453; 27 gennaio 1984, n. 640, id., Rep. 1984, voce cit., n. 27, e

Giust. civ., 1984, I, 3090, con nota di Pazzaglia, Trasferimento di

quote di società a responsabilità limitata e pignoramento-, 18 febbraio

1985, n. 1355, Foro it., Rep. 1985, voce Società, n. 657, e Giur. comm., 1985, II, 437, con osservazioni di Racugno; in dottrina, Andrioli, op. cit., 444; Dini, L'espropriazione presso terzi, Milano, 1983, 50; Milil

lo, op. cit., 1303; Bucolo, Il pignoramento e il sequestro presso il

terzo, Padova, 1986, 145), ovvero, in altra impostazione, si definisce la quota come bene immateriale equiparato ai beni mobili materiali non

iscritti (Cass. 12 dicembre 1986, n. 7409, Foro it., 1987, I, 1101, con

osservazioni di Donati; Cass. 9577/97, in epigrafe). Alla medesima conclusione si perviene ipotizzando nella specie un

trasferimento coattivo di rapporti contrattuali unitariamente intesi (San tini, Società a responsabilità limitata, in Commentario Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1971, 19 ss., spec. 135) o anche, senza indulgere a for

zati paragoni, in via di esclusione, considerata la manifesta disomoge neità delle altre forme esecutive (Rivolta, op. cit., 241 ss.); altro avvi

so, infine (Grasso, L'espropriazione della quota, Milano, 1957, 336

ss.; Brunetti, Esecuzione su quota di società a responsabilità limitata, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1951, 260 ss., spec. 269; Travi, Espro

priazione di quota di s.r.l., in Riv. internaz. scienze economiche e comm.,

1964, II, 792) ritiene, all'esito di una valutazione di compatibilità tecni

ca, il procedimento dell'espropriazione forzata presso terzi maggiormente

adeguato alla fattispecie poiché consente, attraverso il meccanismo del

la dichiarazione del terzo e quindi mediante la necessaria collaborazio

ne degli organi sociali, l'accertamento del contenuto attuale e della con sistenza economica effettiva delle quote staggite.

Non mancano contributi dottrinali che sostengono l'adozione di dif

ferenti tecniche ablatorie: A) l'espropriazione di beni indivisi, interpre tando estensivamente la nozione di «beni in comune» (Carnelutti,

Espropriazione della quota sociale, in Riv. dir. proc., 1958, 443); B)

l'espropriazione mobiliare presso il debitore, premesso l'inquadramento della quota sociale nella categoria delle cose mobili (Biondi, Osserva

zioni circa la natura giuridica della quota di società a responsabilità limitata, in Banca, borsa, ecc., 1957, I, 543); Q un procedimento sui

generis di tipo documentale, forgiato sulla base dell'applicazione analo

gica dell'art. 2806 c.c. (Bonsignori, Espropriazione della quota di so

cietà a responsabilità limitata, Milano, 1961, 74 ss.); D) dall'analisi del

le modifiche legislative in tema di modalità di trasferimento delle quote di s.r.l. apportate dalla 1. 12 agosto 1993 n. 310, si è asserita la natura

di beni mobili iscritti in un pubblico registro di siffatte partecipazioni, e la loro pignorabilità mediante iscrizione nel registro delle imprese

(Chiarloni, Il pignoramento di quote di società a responsabilità limita

ta si esegue ora tramite iscrizione nel registro delle imprese, in Giur.

it., 1995, IV, 153 ss.). In ordine all'espropriazione di quote non liberamente trasferibili, spe

cificamente disciplinata dal 3° comma dell'art. 2480 c.c., il vincolo che

limita o condiziona la circolazione può discendere: a) dalla natura della

partecipazione (es. quote con prestazioni accessorie, il cui atto traslati

vo è soggetto, ex art. 2478 c.c., a gradimento degli amministratori:

Il Foro Italiano — 1999.

Il precetto era stato a sua volta intimato in base al titolo

esecutivo costituito dal decreto d'ingiunzione emesso il 4 marzo

1993 dal presidente del Tribunale di Grosseto, notificato il 16

marzo 1993, reso provvisoriamente esecutivo con ordinanza 21

settembre 1993 pronunciata nel giudizio di opposizione. 2.1. - Mara Laschi, comparsa davanti alla sezione distaccata

di Cecina della Pretura circondariale di Livorno nell'udienza

fissata per la dichiarazione del terzo, dichiarava d'aver propo sto opposizione agli atti esecutivi con citazione a comparire da

vanti al Tribunale di Grosseto.

così Santini, op. cit., 141, e Travi, op. cit., 797); b) da disposizioni normative (in via esemplificativa, si pensi alle quote corrispondenti a conferimenti in natura durante il periodo di revisione della stima, di

cui, ai sensi degli art. 2343 e 2476 c.c., non è consentito il trasferimen to: Dini, op. cit., 51; Rivolta, op. cit., 241; contra, Bonsignori, op. cit., 181); c) dalla volontà dei soci, manifestata nell'atto costitutivo, nello statuto o in patti parasociali, che subordini la trasferibilità a con dizioni oggettive (possesso, da parte dell'acquirente, di determinati re

quisiti, quali età, cittadinanza italiana, ecc.) o soggettive (clausole di

gradimento o di prelazione). Con riferimento alle situazioni limitative di matrice convenzionale, la giurisprudenza (Cass. 3 aprile 1991, n. 3482, Foro it., 1992, I, 842, con nota critica di Meli, Inapplicabilità dell'art. 2480 c.c. in presenza di una clausola di prelazione al trasferimento di

quote di s.r.1.7) ha individuato, quali caratteristiche indefettibili per l'ap plicabilità dell'art. 2480, 3° comma, c.c., l'opponibilità ai terzi non soci (c.d. efficacia reale), la titolarità dell'interesse sostanziale da parte della società e la compatibilità funzionale tra il mezzo processuale e l'interesse sostanziale tutelato, con esclusione di vincoli non statutari e clausole di prelazione in favore di soci uti singuli.

Controversa è la sussumibilità nella norma citata dell'ipotesi di quota assolutamente intrasferibile: assertore della tesi contraria, ritenendo pre minente l'esigenza di non pregiudicare l'interesse dei soci a conservare immodificata la compagine sociale, è Grasso, op. cit., 232, 337 e pas sim (conf. Dini, op. cit., 53); in senso favorevole, si paventa il pericolo di una facile elusione della garanzia patrimoniale di cui all'art. 2740

c.c., consentendo al socio di sottrarre ai propri creditori, per tutta la durata della società, il cespite rappresentato dalla quota dichiarata in trasferibile (Santini, op. cit., 141; Milello, op. cit., 1299; Bucolo,

op. cit., 144; Bonsignori, op. cit., 58; Coletta, Espropriazione su quote di società di capitali, Padova, 1989, 124; Formiogini, La designazione dell'acquirente nell'espropriazione della quota della società a responsa bilità limitata, in Riv. dir. civ., 1959, I, 553).

La ratio giustificatrice della disposizione in esame è rappresentata, come si evince dalla relazione al re, dall'esigenza di contemperare «l'in teresse del creditore particolare alle vendite agli incanti con quello della società che, col disporre nell'atto introduttivo la non libera alienabilità delle quote, abbia dimostrato di non voler accogliere nel suo seno per sone non gradite».

Per consentire la conservazione dell'originario equilibrio della com

pagine, si stabilisce una duplice possibilità di intervento dell'ente collet tivo: in via preventiva, e cioè anteriormente alla fase liquidativa, è pre visto un tentativo di accordo tra creditore, debitore e persona giuridica, il cui esito negativo determina la vendita della quota che «ha luogo all'incanto»; in un momento successivo, entro dieci giorni dall'aggiudi cazione, la società può ottenere la sostituzione dell'aggiudicatario, pre sentando un altro acquirente che offra lo stesso prezzo.

Il dato positivo, ora illustrato, ha dato adito a molteplici perplessità interpretative.

Quanto alla fase c.d. «amichevole», il tentativo di accordo costitui sce condizione di procedibilità della successiva vendita, non può attuar si in via stragiudiziale ed è obbligatorio (il cui mancato esperimento legittima la proposizione di un'opposizione agli atti esecutivi ad opera della società: Grasso, op. cit., 348, e Bonsignori, op. cit., 140); I'm

idem placitum può vertere unicamente sulle modalità della successiva vendita (es. fissazione del prezzo-base), eventualmente diverse dall'in canto (trattativa o licitazione privata), ovvero riguardare tutte gli aspet ti del trasferimento, ivi compresa l'individuazione dell'acquirente. In

quest'ultimo caso, esso integra, a giudizio di Santini, op. cit., 142, un'alienazione non giudiziale, disciplinata dalle norme in materia di con

tratti; per Bonsignori, op. loc. cit., invece, si è in presenza di un atto

processuale di parte (suscettibile, in presenza di vizi del consenso, di

opposizione ex art. 617 c.p.c.) prodromico ad un trasferimento effet

tuato dall'ufficio, pur nel rispetto delle condizioni stabilite dalle parti

(per un esame delle varie figure di accordo nell'ambito del processo civile, v. Bongiorno, Accordo processuale, voce dell'Enciclopedia giu ridica Treccani, Roma, 1988, I).

Di difficile inquadramento sistematico è, poi, il potere di presenta zione di altro acquirente attribuito alla s.r.l. dall'ultima parte del 3°

comma (la questione d'illegittimità costituzionale di codesta norma, per violazione dell'art. 3 Cost., è stata giudicata manifestamente infondata

da Trib. Bologna 5 febbraio 1974, Foro it., Rep. 1974, voce cit., n.

330, e Giur. comm., 1974, II, 225, confermata da App. Bologna 18

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1619 PARTE PRIMA 1620

La debitrice sollevava altre questioni.

Sosteneva, in particolare, che i creditori, prima di sottoporre a pignoramento la quota, avrebbero dovuto far valere i loro

diritti sugli utili che le spettavano da parte della società; che

avrebbero dovuto iniziare separate esecuzioni, essendo ciascuno

creditore non dell'intera somma domandata ma solo d'una par te d'essa; che era mancata la notifica dell'ordinanza con cui

era stata concessa la provvisoria esecuzione, mentre il precetto era nullo; che, essendo uno dei creditori rappresentante legale della società, mancava tra lui e la stessa società quel rapporto

giugno 1977, Foro it., Rep. 1978, voce cit., n. 260, e Giur. comm., 1978, II, 421). In un'impostazione sostanzialistica, pur con varie diffe

renziazioni, si riscontrano i caratteri di un diritto soggettivo di natura

privatistica: una «specie di diritto di riscatto» (Andrioli, op. cit., 445), un diritto di prelazione (Pret. Roma, ord. 26 luglio 1965, cit., Brunet

ti, op. cit., 266), affine all'istituto della prelazione ereditaria (Milillo, op. cit., 1300); altro filone ermeneutico (Bonsionori, op. cit., 161, Gras

so, op. cit., 350) ritiene trattarsi di una facoltà di mera natura proces suale, che la società può far valere solo ed unicamente nell'ambito del

procedimento e che non ha alcun rilievo al di fuori di esso. A giudizio di Ferrara jr.-Corsi, Gli imprenditori e le società, Mila

no, 1987, 719, e di Campobasso, Diritto delle società, Torino, 1992, 471, la designazione del nuovo acquirente ha natura di atto urgente e va ricompresa nella sfera di attribuzioni degli amministratori; per contro, si è sostenuto (v., ex plurìmis, Cass. 11 giugno 1980, n. 3715, Foro

it., Rep. 1980, voce cit., n. 276, e Giur. comm., 1981, II, 913, con nota critica di Racugno, Sulla competenza e presentare «un altro ac

quirente» nell'espropriazione di quota di società a responsabilità limita

ta-, Santini, op. cit., 151; Bonsionori, op. cit., 174; Coletta, op. cit., 123 ss.; con diffusa disamina di vari profili pratici, Formiggini, op. cit., 556 ss.) che, in assenza di una diversa statuizione dello statuto, il potere di scelta in oggetto esula dagli atti di amministrazione e da

quelli di esecuzione di delibere, poiché attiene alla composizione della

compagine sociale e compete pertanto ai soci riuniti in assemblea ordi

naria, con esclusione dalla votazione assembleare del socio espropriato, della persona proposta (Pret. Milano 20 dicembre 1962, Foro it., Rep. 1964, voce cit., n. 280, e Foro pad., 1964, I, 660), nonché, per evidente conflitto d'interessi, dell'aggiudicatario (Pret. Milano 21 aprile 1962, Foro it.. Rep. 1962, voce cit., n. 297, e Foro pad., 1963, I, 878).

È convincimento diffuso, in dottrina ed in giurisprudenza, che l'eser cizio del potere di presentazione da parte dell'ente collettivo incida sul

profilo effettuale del provvedimento di aggiudicazione in senso caduca torio ovvero definitivamente impeditivo della produzione dei suoi effet ti. Più specificamente, tale presentazione viene configurata come un evento futuro (in quanto successivo alla vendita) ed incerto che opera in relazione all'acquisto dell'aggiudicatario alla stregua di una condizio ne sospensiva (a carattere negativo: Bucolo, op. cit., 145; Ferrara

jr.-Corsi, op. cit., 719; Milillo, op. cit., 1301) o, per la tendenza inter

pretativa maggioritaria, risolutiva e retroattivamente efficace (cfr. Pret. Milano 21 aprile 1962, cit.; 20 dicembre 1962, cit.; Santini, op. cit., 143; Bonsignori, op. cit., 158; Brunetti, op. cit., 266; Formiggini, op. cit., 551).

Circa le modalità attuative della facoltà conferita alla società e gli ulteriori sviluppi della procedura, va senza dubbio esclusa un'applica zione generalizzata del mezzo utilizzato nella vicenda portata all'atten zione di Cass. 2926/97, in epigrafe, e cioè l'opposizione agli atti esecu tivi (il ricorso a tale rimedio nel caso de quo sembra essere stato deter minato dall'anomalia della situazione, più analiticamente illustrata sub nota 4), dal momento che con l'attuazione della facoltà conferita alla società non vengono in discussione eventuali invalidità o irregolarità del procedimento ovvero del titolo posto a base di esso.

Dal riscontro di asserite similitudini di natura strutturale e funzionale con l'offerta in aumento di sesto (la quale, presentata in una fase suc cessiva alla vendita all'incanto, rende tamquam non esset la precedente aggiudicazione) si fa discendere, ad avviso pressoché unanime (Cass. 11 giugno 1980, n. 3715, cit.; Pret. Roma 26 luglio 1965, cit.; Santini, op. cit., 142; Rivolta, op. cit., 245), l'applicabilità, in via analogica, degli art. 571 e 584 c.p.c.: la designazione ad opera della società va

pertanto effettuata mediante dichiarazione, resa dal legale rappresen tante dell'ente collettivo, depositata nella cancelleria dell'ufficio giudi ziario procedente.

In questa prospettiva, la presentazione, accompagnata dall'offerta di

acquisto da parte della persona indicata e dal contestuale versamento di una somma pari al controvalore dell'assegnazione, produce la surro gazione, con effetto retroattivo, della persona designata all'acquirente all'incanto, spettando al giudice dell'esecuzione provvedere unicamente sui necessari rimborsi a chi di ragione (Pret. Roma 26 luglio 1965, cit.; Santini, op. cit., 143); altra opinione, pur attribuendo al binomio «of ferta più gradimento» effetto immediatamente risolutivo ex tunc della vendita forzata, ravvisa la necessità di un provvedimento del giudice dell'esecuzione ai fini del trasferimento coattivo della quota al soggetto indicato (fa riferimento ad un decreto di aggiudicazione, Formiggini,

Il Foro Italiano — 1999.

di alterità che è condizione per poter sperimentare l'esecuzione

forzata presso terzi; che il foro dell'esecuzione forzata non era

Livorno, ma Grosseto, perché nel precetto i creditori avevano

appunto eletto domicilio a Grosseto.

2.2. - Enrico Galleni e Giovanna Manetti, comparsi nella me

desima udienza, sostenevano che l'opposizione svolta dalla de

bitrice era inammissibile, per non essere stata proposta con ri

corso al giudice dell'esecuzione, e che in ogni caso le ragioni con essa dedotte non erano fondate.

2.3. - Lo stesso Enrico Galleni, in qualità di presidente e rap

op. cit., 555, nota 5; per Bonsignori, op. cit., 161, è un'ordinanza; a parere di Pret. Milano 21 aprile 1962, cit., in conformità della regola generale dell'art. 487 c.p.c., si tratta di un'ordinanza, subordinata al l'accertamento officioso dell'esistenza dei limiti posti dall'art. 2480 c.c., e specialmente della non libera trasferibilità delle quote e dell'esistenza di una manifestazione di volontà proveniente dalla società). Su posizio ni non dissimili, Grasso, op. cit., 350, parifica la presentazione della società ad un'istanza di rinnovazione della vendita su cui il giudice del l'esecuzione emette con decreto gli opportuni provvedimenti, verifican do ex officio il rispetto delle condizioni oggettive per il trasferimento della quota, ed ordinando la restituzione delle somme versate dal primo aggiudicatario; infine, per Coletta, op. cit., 122, la presentazione ha forma libera e la competenza a dichiarare aggiudicatario di diritto il nuovo offerente va attribuita all'ufficiale incaricato della vendita.

Da ultimo, va ora affrontato il tema oggetto della precipua attenzio ne delle pronunce in rassegna, e cioè la possibilità che l'atto conclusivo del procedimento espropriativo su quote di una s.r.l. sia costituito dal

l'assegnazione dei beni pignorati al creditore procedente. In tema di partecipazioni la cui circolazione non è subordinata a limi

ti o vincoli, la portata generale dell'istituto dell'assegnazione, visto dal

legislatore come forma di realizzazione alternativa alla vendita forzata, e la generica locuzione «vendita» contenuta nella formulazione del 2° comma dell'art. 2480 c.c., consentono un'interpretazione estensiva del la disposizione citata, tale da includere anche la diretta attribuzione del compendio pignorato ai creditori (in questo ordine di idee, Bonsi

gnori, op. cit., 177, e Grasso, op. cit., 347): in senso affermativo, la prima decisione riportata, Cass. 9577/97, riconosce ammissibile, quale atto esecutivo finale, l'assegnazione ai creditori, a carattere satisfattivo o nelle forme della c.d. assegnazione-vendita, nei termini stabiliti dalle

disposizioni in materia di espropriazione forzata mobiliare presso il de bitore.

In ipotesi di quote non liberamente trasferibili, esclude invece tale

possibilità Pret. Udine, ord. 18 dicembre 1951, cit., sulla base di una

rigida esegesi del dettato normativo, evidenziando in particolare il ri chiamo alla vendita all'incanto contenuto nell'art. 2480, 3° comma, c.c. e la differente formulazione con il capoverso precedente (analogamen te, in dottrina, Grasso, op. cit., 349, e Coletta, op. cit., 122).

In una prospettiva teleologica del processo espropriativo, Pret. Roma 26 luglio 1965, cit., riscontra sostanziali affinità tra la vendita e l'asse

gnazione, entrambi atti esecutivi, ugualmente diretti alla soddisfazione dei creditori, in concorso elettivo tra loro, e ne inferisce la legittimità dell'assegnazione di quote non liberamente trasferibili di una s.r.l., su

bordinata, in osservanza dei principi generali del codice di rito, al vano esperimento della prima vendita all'incanto, con salvezza, in ogni caso, della facoltà della società di presentare, in luogo dell'aggiudicatario e nei termini stabiliti, persona di sua preferenza. Muovendo da un'equi parazione funzionale tra assegnazione e vendita forzata, ambedue for me di trasferimento coattivo del diritto, accede alla soluzione positiva anche Cass. 2926/97, relativa peraltro ad un procedimento in cui, a quanto emerge dalla lettura della sentenza, l'assegnazione era stata di

sposta immediatamente dopo la dichiarazione positiva resa dal terzo. In argomento, dalle finalità istituzionali dell'assegnazione (impedire

l'esperimento di un secondo incanto ad offerta libera), Bonsignori, op. cit., 177, deduce la possibilità di attribuzione diretta delle quote, ma solo nelle forme della c.d. assegnazione-vendita, negando invece asse

gnazioni a carattere satisfattivo giacché per le quote non liberamente trasferibili «non vi può essere un prezzo di aggiudicazione, ma semmai un puro valore di scomputo rispetto al credito dell'assegnatario», il che renderebbe inattuabile nella specie l'offerta di un nuovo acquirente presentato dalla società.

Dalla premessa sistematica della qualificazione della quota come di ritto di credito verso la società, attribuiscono carattere pro soluto al

l'assegnazione di quota, Travi, op. cit., 796; Andrioli, op. cit., 447; Brunetti, op. cit., 271: il trasferimento si realizza con la sola garanzia relativa alla reale esistenza di essa e non delle utilità patrimoniali che ne deriveranno; nello stesso ordine di idee, con approfondita trattazio ne, Milillo, op. cit., 1305, precisa che l'attribuzione diretta della quota pignorata al creditore avviene per un valore in ogni caso non inferiore alle spese di esecuzione e ai crediti aventi diritto di prelazione anteriore a quello del creditore istante e necessita, in caso di partecipazioni socia li non liberamente trasferibili, dell'adesione di tutti i creditori parteci panti, del debitore esecutato e della società, con conseguente preclusio

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

presentante legale della società Tahiti s.r.l., rendeva altresì po sitiva dichiarazione di terzo.

Dichiarava, in particolare, che la Laschi era titolare di una

quota pari al 33,33 per cento del capitale sociale ammontante

a lire venti milioni. 2.4. - Il giudice dell'esecuzione, su richiesta della Laschi, rin

viava all'udienza del 16 dicembre 1994 per la precisazione delle

conclusioni.

2.5. - La Laschi, in tale udienza, concludeva chiedendo che

il giudice dell'esecuzione rimettesse la causa davanti al Tribuna

le di Grosseto, competente per valore e per territorio.

ne, per quest'ultima, dell'esercizio del potere di presentazione di altra

persona. Sull'intera problematica sin qui trattata, con ulteriori spunti in rela

zione ai provvedimenti cautelari su quote di s.r.l., v. Vhxanacci, Se

questro giudiziario di quote sociali di società a r.l., Padova, 1995, pas

sim, spec. 72 ss. e 94 ss.

(2) In un'espropriazione presso terzi avente ad oggetto quote di s.r.l., il debitore deduce la giuridica inesistenza, per violazione di norme sul

procedimento, dell'ordinanza di assegnazione ai creditori del compen dio pignorato, proponendo avverso la stessa dapprima istanza di revoca

o correzione (rigettata) e successivamente opposizione agli atti esecutivi, dichiarata inammissibile per tardività.

Nel confermare quest'ultima decisione, la corte di legittimità ribadi

sce la nozione di inesistenza giuridica, rectius di nullità insanabile, del

l'atto esecutivo, intesa quale carenza dei requisiti, formali e non forma

li, per il conseguimento dello scopo (costituito, nel procedimento espro

priativo dall'alienazione del bene pignorato come mezzo per la

soddisfazione dei creditori), già elaborata in numerosi precedenti giuris

prudenziali (per un'esauriente ricognizione sistematica su questi argo menti e sui relativi problemi interpretativi, si rinvia alle osservazioni

di Scala a Cass., sez. un., 27 ottobre 1995, n. 11178, Foro it., 1996,

I, 3468, ed ai richiami ivi contenuti). Nel caso in esame, 1 'error in procedendo dedotto dal ricorrente, e

cioè l'avvenuta effettuazione dell'assegnazione di partecipazioni sociali

secondo le modalità procedurali proprie dell'espropriazione di crediti

e non con quelle tipiche dell'espropriazione mobiliare presso il debito

re, determina, ad avviso del Supremo collegio, una situazione di diffor

mità dello schema legale non sussumibile nella categoria della c.d. inesi

stenza: la contestata ordinanza di attribuzione ai creditori procedenti delle quote pignorate per il valore dei crediti azionati, in quanto capace di realizzare le finalità del processo espropriativo, è provvedimento nul

lo, e pertanto suscettibile di opposizione ex art. 617 c.p.c. con i limiti

di ordine temporale ivi previsti. In un significativo obiter dictum, la pronuncia in rassegna approfon

disce e sviluppa il tema dell'incidenza e degli effetti, nel processo esecu

tivo, del vizio qualificabile come nullità insanabile, con particolare ri

guardo al regime di rilevabilità dello stesso.

La Suprema corte osserva come nella fattispecie, anche a voler rite

nere sussistente uno stato patologico integrante un'inesistenza giuridica, la proponibilità avverso l'ordinanza di assegnazione del rimedio stabili

to dall'art. 617 c.p.c. era, in ogni caso, preclusa dal preventivo ricorso

allo strumento (di carattere alternativo) dell'istanza di revoca, e dall'e

manazione del relativo provvedimento. Invero, avanzata una richiesta

di revoca o correzione di un provvedimento destinato, secondo lo sche

ma legale seguito, a chiudere il processo, il giudice dell'esecuzione, ove

ne riscontri la nullità insanabile, ha il potere-dovere di ritirarlo; all'atto

invalido si sostituisce il provvedimento di rigetto dell'istanza ex art.

487 c.p.c., il quale è a sua volta impugnabile (non già per effetto della

propagazione del vizio di nullità insanabile, bensì in quanto inficiato

da difetti propri, consistenti nel mancato esercizio di un potere che il

giudice era obbligato ad esercitare) con opposizione agli atti nell'ordi

nario termine di decadenza. Al di là della formale adesione, prestata mediante un espresso riferi

mento, alla linea ermeneutica seguita da Cass. 11178/95, cit., con gli

approfondimenti contenuti in obiter, la Suprema corte sembra porsi in posizione di ulteriore precisazione rispetto all'indirizzo richiamato.

Invero, le decisioni precedenti (i vari orientamenti sono sinteticamen

te ricostruiti nell'iter logico-giuridico di Cass. 11178/95, cit.), pur muo

vendo da premesse concettuali e ricostruttive diverse (con una visione

del processo per espropriazione forzata ora come sequenza continua

di atti ordinata ad un unico provvedimento finale, ora come successio

ne di subprocedimenti, cioè serie autonoma di atti ordinati a distinti

provvedimenti successivi), hanno pacificamente affermato il principio

per cui, anche in virtù del dettato dell'art. 2929 c.c., l'ultima possibilità

per dedurre l'esistenza di una nullità insanabile di un atto processuale esecutivo è rappresentato dall'opposizione ex art. 617 c.p.c. nel termine

legale di decadenza decorrente dal compimento dell'atto che determina

la chiusura del processo (rectius, dalla conoscenza di esso) con conse

guente preclusione per il rilievo del vizio, anche ex officio, in un mo

mento successivo o in una diversa sede (in particolare, sulla esclusione

Il Foro Italiano — 1999.

Il Galleni e la Marietti, premesso che il processo pendente era un processo di esecuzione forzata presso terzi in cui era

stata resa una non contestata dichiarazione positiva; eccepito che l'opposizione era inammissibile per il modo in cui era stata

introdotta e rilevato che del processo esecutivo non era stata

domandata la sospensione; chiedevano che l'ordinanza del 14

dicembre 1993 fosse revocata e che la quota pignorata fosse

assegnata a ciascuno di loro in ragione del cinquanta per cento.

Il pretore si riservava di decidere.

2.6. - Il pretore scioglieva la riserva e, con ordinanza deposi tata il 26 febbraio 1994, premesso il rilievo «che nel corso della

di un'autonoma actio nullitatis concorda la dottrina maggioritaria: v., in proposito, La China, L'esecuzione forzata e le disposizioni generali del codice di procedura civile, Milano, 1970, 556, nonché Oriani, Op posizione all'esecuzione, voce del Digesto civ., appendice, Torino, 1995,

XIII, 614). Differente è invece la soluzione fornita dalla sentenza in epigrafe,

la quale consente di far valere le nullità insanabili mediante la proposi zione di un'istanza di revoca avverso il provvedimento che, sia pure all'esito dell'adozione di una tecnica procedurale erronea, definisce il

processo e sino all'attuazione dello stesso, nonché di impugnare succes sivamente ex art. 617 c.p.c. la decisione sull'istanza.

Sul problema del coordinamento del potere di revoca degli atti del

giudice dell'esecuzione con l'opposizione ex art. 617 c.p.c., specifica mente, Cass. 2 aprile 1997, n. 2867, Foro it., Rep. 1997, voce Esecuzio ne per obbligazioni pecuniarie, n. 67, ove, affermata la prioritaria esi

genza del costante adattamento del processo esecutivo alla realtà fat

tuale, viene riconosciuto al giudice dell'esecuzione un potere di modifica

o revoca delle proprie ordinanze indipendente dalle iniziative delle parti

(e cioè non condizionato dalla proposizione dell'opposizione agli atti), con l'unico limite rappresentato dall'awenuta eseeuzione dei provvedi menti. Sul medesimo tema, cfr. Cass. 21 aprile 1997, n. 3427, ibid., voce Esecuzione forzata in genere, nn. 76, 119: in presenza di un prov vedimento del giudice dell'esecuzione inficiato da vizi di opportunità o da violazione di norme (cioè da errori nella ricostruzione del fatto

o nella valutazione in diritto), le parti potranno esperire l'opposizione

agli atti o, in via alternativa, chiedere al giudice dell'esecuzione che

faccia esercizio del suo potere di modifica o revoca.

(3) Così anche Cass. 17 agosto 1990, n. 8370, Foro it., Rep. 1990, voce Esecuzione forzata in genere, n. 58 (richiamata anche dalla pro nuncia in epigrafe): va riconosciuta la legittimazione all'opposizione ex

art. 617 c.p.c. a tutti coloro che, partecipanti al procedimento esecuti

vo, siano interessati al suo regolare svolgimento allo scopo di evitare

il danno derivante dal compimento di atti non conformi a legge. Nella decisione in epigrafe, la Cassazione, chiamata a pronunciarsi

sulla legittimazione del terzo pignorato ad avvalersi dello strumento del

l'opposizione agli atti, propende per una lettura estensiva del rimedio

previsto dall'art. 617 c.p.c., consentito anche a soggetti che, pur non

espressamente ricompresi nella formulazione letterale della disposizio

ne, siano comunque partecipi della procedura e possano ricevere pre

giudizio dall'esecuzione.

Questione maggiormente dibattuta nella giurisprudenza di legittimità è invece l'individuazione degli strumenti di tutela del terzo pignorato avverso l'ordinanza di assegnazione emessa in presenza di contestazioni

o di una dichiarazione negativa erroneamente interpretata dal giudice dell'esecuzione. Sul punto, basti qui ricordare come il prevalente indi

rizzo esegetico distingua i mezzi d'impugnazione esperibili in ragione del contenuto in concreto assunto dall'ordinanza di assegnazione, diffe

renziando le ipotesi in cui essa abbia valore di mero accertamento del

carattere positivo della dichiarazione (opposizione agli atti) da quelle in cui la stessa si configura come una pronuncia decisoria sull'esistenza

del credito pignorato (appello): così, Cass. 5 luglio 1989, n. 3208, ibid., voce Esecuzione per obbligazioni pecuniarie, n. 35, e Giust. civ., 1990,

I, 1078, con nota critica di Vaccarella, Sui rimedi esperibili dal terzo

contro l'ordinanza di assegnazione. In dottrina, per Oriani, L'opposizione agli atti esecutivi, Napoli, 1987,

327 ss. (cui si rinvia per ulteriori richiami), il terzo indicato nell'art.

543 c.p.c., destinatario (ed autore) di attività che si svolgono nel pro

cesso, ha la facoltà (rectius, l'onere) di attaccare la valutazione positiva fatta dal giudice dell'esecuzione in ordine all'esistenza del credito, ri

correndo all'opposizione agli atti esecutivi, con esclusione del ricorso

a mezzi d'impugnazione propri delle sentenze (conf. Vaccarella, op.

cit., 1083).

(4) Relativa ad una vicenda processuale decisamente singolare è inve

ce la seconda decisione in epigrafe. Con la medesima ordinanza viene

disposta l'assegnazione in favore del creditore procedente delle parteci

pazioni sociali di una s.r.l., oggetto di pignoramento, e dichiarata l'e

stinzione del procedimento; successivamente, in sede di opposizione agli atti esecutivi promossa dall'ente collettivo, lo stesso pretore, ritenuto

il carattere provvisorio dell'assegnazione, afferma il diritto della socie

tà, in presenza di un vincolo di limitata trasferibilità delle partecipazio

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1623 PARTE PRIMA 1624

prima udienza il debitore s'è opposto all'esecuzione ex art. 615, 2° comma, c.p.c.», osservava che «l'opposizione formulata dal

debitore ai sensi dell'art. 615 c.p.c. è irrituale, atteso che deve

proporsi con ricorso al giudice dell'esecuzione, di seguito al quale si procede all'iscrizione della causa nel ruolo generale e, previa

regolarizzazione dei diritti, alla formazione di un autonomo fa

scicolo. In questa fase, pertanto, non possono essere presi in

considerazione i rilievi mossi dal debitore, non essendosi costi

tuito un regolare rapporto processuale relativamente alla causa

di opposizione all'esecuzione».

Revocava perciò l'ordinanza emessa all'udienza del 14 dicem

bre 1993.

ni sociali, a veder assegnate, ai sensi dell'art. 2480, 3° comma, c.c., le quote a persona da essa indicata.

Il Supremo collegio, conferita alla c.d. declaratoria di estinzione na tura di statuizione atipica, avente valore meramente accertativo dell'e saurimento della funzione del pignoramento e dell'improseguibilità del

processo esecutivo, evidenzia la necessità, nell'ipotesi in esame, del ri corso al rimedio previsto dall'art. 617 c.p.c., volto alla declaratoria di nullità o inefficacia della pronunciata estinzione e strumentale rispet to al risultato pratico perseguito, e cioè la sostituzione dell'assegnatario con altro acquirente. Dalla non sussumibilità in alcun modello codifica to del provvedimento in questione desume, poi, all'esito di un appro fondito excursus sul tema, l'inesperibilità dei mezzi di gravame ordina riamente stabiliti per la dichiarazione di estinzione, ed in particolare del reclamo di cui all'art. 630 c.p.c.

Invero, nell'anomala dichiarazione di estinzione emessa quando la serie procedimentale si era conclusa con il soddisfacimento della pretesa creditoria, sembra essere rievocata la nozione, di risalente elaborazione

dottrinale, della chiusura del processo per esaurimento, che si verifica

quando esso «giunga fino all'attuazione in tutto o in parte dello scopo finale dell'azione esecutiva oppure quando sia ufficialmente constatato che quello scopo non è raggiungibile per la mancanza assoluta di mate ria prima»: Redenti, Dir. proc. civ., 1957, III, 340. Essa poteva essere

pertanto qualificata, diversamente dalla soluzione adottata in concreto, come uno svolazzo dell'estensore, una mera clausola di stile, non desti nata pertanto a produrre effetti, anche avuto riguardo al fatto che, come già rilevato sub nota 1, il ricorso al rimedio dell'opposizione agli atti appare non necessario, anzi inconferente, in relazione all'esercizio della facoltà di designazione di un nuovo acquirente, conferita alla s.r.l. dall'art. 2480, 3° comma, c.p.c.

Sull'estinzione del processo esecutivo, anche per ulteriori richiami, v. Saietti, Estinzione del processo, voce dell'Enciclopedia giuridica Trec

cani, Roma, 1988, XIII, 16 ss.

(5) Non constano precedenti in termini. Sulla superfluità di un'udien za per l'audizione delle parti nel procedimento espropriativo presso ter zi non si riscontrano specifici contributi dottrinali. Per una visione ge nerale dell'istituto, v. Travi, Espropriazione presso terzi, voce del No vissimo digesto, Torino, 1960, VI, 960 ss., Colesanti, Pignoramento presso terzi, voce dell 'Enciclopedia del diritto, Milano, 1983, XXXIII, 834 ss., e Vaccarella, Espropriazione presso terzi, voce del Digesto civ., Torino, 1992, VIII, 94 ss.

(6) Non frequentemente la Corte di cassazione ha avuto modo di occuparsi espressamente del problema dell'applicabilità dell'art. 2929 c.c. al procedimento espropriativo presso terzi.

Secondo l'insegnamento costante della Suprema corte, l'art. 2929 c.c.

presuppone che la vendita o l'assegnazione siano valide e non è quindi applicabile quando la nullità riguardi proprio vizi del procedimento stesso di vendita (tra le molte, Cass. 17 giugno 1966, n. 1569, Foro it., 1967, I, 1038, nonché 17 dicembre 1984, n. 6603, id., 1985, I, 2041); la sud detta norma, inoltre, si riferisce unicamente ai «vizi di forma che com

portano nullità dei singoli atti esecutivi» (Cass. 19 maggio 1977, n. 2068, id., Rep. 1977, voce Esecuzione forzata per obbligazioni pecuniarie, n. 38, e Giust. civ., 1977, I, 1543).

Dissente da questa affermazione, Sassani, Sulla portata precettiva dell'art. 2929 c.c., id., 1985, I, 3138 ss., per il quale la disposizione in questione sancisce l'indipendenza dell'atto traslativo finale dalla re

golarità causale degli atti precedenti, talché non rileva il motivo per cui tali atti sono inidonei a produrre legittimi effetti (inesistenza dell'a zione esecutiva, vizi formali estrinseci o altro).

In argomento, Bonsignori, Effetti della vendita forzata e dell'asse

gnazione, in Commentario al codice civile a cura di P. Schlesinger, Milano, 1988, 279 ss., individuato il senso della norma nell'esigenza di assicurare la stabilità degli effetti sostanziali del processo di espro priazione, ne esamina i vari problemi applicativi, nella prospettiva del l'articolazione delle nullità del processo esecutivo in nullità dirette e nullità derivate.

Per una compiuta disamina delle possibili opzioni esegetiche del

l'ambigua disposizione ed in particolare del difficile coordinamento con l'ambito di operatività dell'opposizione agli atti esecutivi, v. Oria

ni, L'opposizione agli atti esecutivi, cit., 410 ss. (ed i riferimenti ivi

contenuti). [R. Rossi]

li Foro Italiano — 1999.

Il pretore, rilevato al tempo stesso che il creditore proceden

te, in seguito alla dichiarazione del terzo, chiedeva l'emissione

del provvedimento di assegnazione, osservava che poteva farsi

luogo all'assegnazione del compendio pignorato ed assegnava ai due creditori, nella misura del cinquanta per cento ciascuno, «il compendio del pignoramento compiuto il 30 novembre 1993

(il 33,33 per cento delle quote della Tahiti s.r.l.) oltre le spese della procedura liquidate in complessive lire 1.145.000».

3.1. - Mara Laschi, con ricorso al pretore, depositato il 22

giugno 1994, presentava istanza di correzione dell'ordinanza 26

febbraio 1994.

La parte osservava che il pretore era incorso nell'omissione

consistita nell'aver omesso la valutazione del bene oggetto del

l'esecuzione: chiedeva, quindi, che l'ordinanza fosse revocata

e che venisse stabilito il criterio di valutazione della quota.

Svolgendo tale richiesta in note presentate all'udienza del 12

luglio 1994, fissata dal pretore per sentire le parti, la Laschi

sosteneva che l'ordinanza era giuridicamente inesistente, per

ché, non costituendo la quota di società a responsabilità limita

ta un credito, a norma dell'art. 552 c.p.c., l'assegnazione ne

è possibile solo nel rispetto di quanto stabilito per l'assegnazio ne dei beni mobili delle norme dettate per l'espropriazione for

zata presso il debitore e perciò, a norma dell'art. 538 del codi

ce, l'assegnazione può essere chiesta e disposta solo dopo che

le cose siano rimaste invendute all'incanto e deve esserlo per il prezzo base fissato dal pretore per tale incanto.

3.2. - Enrico Galleni e Giovanna Manetti chiedevano che l'i

stanza fosse respinta. Sostenevano che l'ordinanza non era suscettibile né di corre

zione, perché i vizi denunciati non costituivano errore materia

le, né di revoca, perché era stata eseguita con la trascrizione

del provvedimento di assegnazione nel libro dei soci: avrebbe

potuto essere impugnata con opposizione agli atti esecutivi, ma

ciò non era stato fatto.

3.3. - Il pretore, con ordinanza 10 agosto 1994, respingeva il ricorso.

Considerava che il provvedimento con cui era stata disposta

l'assegnazione non era annoverabile tra quelli giuridicamente

inesistenti; che non importava se fosse stata o no eseguita, per ché l'ordinanza di assegnazione può essere impugnata con l'op

posizione agli atti esecutivi e, ai sensi dell'art. 177 c.p.c., il giu dice dell'esecuzione non ha il potere di revocare le ordinanze

impugnabili; che inoltre contro l'ordinanza 26 febbraio 1994

era stata anche proposta impugnazione nella forma dell'appello. L'ordinanza veniva notificata alla Laschi il 19 agosto 1994,

mediante consegna di copia presso il procuratore costituito.

4.1.- Mara Laschi, con ricorso al Pretore di Livorno, sezione

distaccata di Cecina, depositato il 13 settembre 1994, propone va opposizione agli atti esecutivi.

L'opponente chiedeva che il pretore, accertata e dichiarata la giuridica inesistenza dell'ordinanza 26 febbraio 1994, nella

parte in cui aveva disposto l'immediata assegnazione della quo ta, rimettesse le parti davanti al giudice dell'esecuzione al fine

di procedere alla vendita.

La parte tornava a svolgere le ragioni proposte al pretore nella fase aperta con il ricorso per la revoca o correzione del

l'ordinanza, e, dedotto che la violazione delle norme sul proce dimento in cui era incorso il giudice dell'esecuzione determina

vano l'inesistenza giuridica del provvedimento di assegnazione, osservava che l'opposizione agli atti esecutivi poteva essere pro

posta senza limiti di tempo. 4.2. - Enrico Galleni e Giovanna Manetti si costituivano in

giudizio e chiedevano che l'opposizione fosse dichiarata inam

missibile, per non essere stata proposta entro il termine di cin

que giorni dalla notifica dell'ordinanza 26 febbraio 1994, avve

nuta il 1° marzo 1994.

4.3. - Il Pretore di Livorno, sezione distaccata di Cecina, con

sentenza 31 dicembre 1994, dichiarava l'opposizione inammis

sibile. Il pretore, premesso che l'opposizione era stata proposta ol

tre il termine di cinque giorni decorrenti dalla notificazione del

l'ordinanza di assegnazione, avvenuta il 1° marzo 1994, osser

vava che con l'opposizione erano state svolte, a sostegno della

deduzione d'inesistenza giuridica dell'ordinanza, ragioni che per una parte riproducevano quelle esposte nell'istanza di revoca ed erano state già esaminate e confutate nell'ordinanza 9 agosto

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

1994 con cui quell'istanza era stata rigettata, e per l'altra, in

quanto si risolvevano nel sostenere che erano state pretermesse fasi del procedimento, si risolvevano nell'allegare motivi d'ille

gittimità e non d'inesistenza giuridica. 5. - Mara Laschi ha proposto ricorso per cassazione.

Il ricorso è stato notificato il 13 luglio 1995 ad Enrico Galleni

e Giovanna Manetti nel domicilio eletto presso il procuratore costituito nel giudizio davanti al pretore.

Giovanna Manetti ha resistito con controricorso.

Le parti costituite hanno depositato memoria.

Motivi della decisione. — 1. - Il ricorso contiene due motivi.

2. - Il primo denunzia un vizio di difetto di motivazione (art.

360, n. 5, c.p.c.). La ricorrente osserva che punto decisivo della causa era sta

bilire se l'ordinanza di assegnazione costituisse un provvedimento

giuridicamente inesistente e che la sentenza non contiene sul

punto alcuna motivazione, non potendo valere come tale il rife

rimento ad altro provvedimento, oltretutto estraneo al processo

di opposizione. Il motivo è inammissibile. L'omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su punto

decisivo della controversia (art. 360, n. 5, c.p.c.) è vizio di legit

timità della sentenza, impugnabile con ricorso per cassazione,

che attiene al giudizio di accertamento sui fatti.

Si tratta cioè di un vizio il quale riguarda il momento logico,

della decisione presa dal giudice di merito, che consiste nella

valutazione da parte sua delle prove e degli altri elementi di

giudizio su cui può essere basato l'accertamento dei fatti (art.

116 c.p.c.): momento logico che inerisce al giudizio sul merito

della domanda e precede, nello stesso ambito, quello di applica

zione del diritto al fatto (art. 113 c.p.c.). Stabilire se un'opposizione agli atti esecutivi sia ammissibile,

ancorché proposta oltre il termine di cinque giorni dalla cono

scenza legale dell'atto impugnato (art. 617 c.p.c.), non attiene

al giudizio sul merito della domanda, ma al dovere del giudice

di pronunciarsi sulla domanda, cioè di esaminarne il merito.

La sentenza, quindi, può presentare il vizio di violazione di

norma sul procedimento (art. 360, n. 4, c.p.c.), se il giudizio

di ammissibilità od inammissibilità dell'opposizione sia oggetti vamente erroneo; non costituisce invece vizio di difetto di moti

vazione il fatto che a sostegno di quel giudizio non sia stata

esposta alcuna logica ragione. La sentenza, dunque, non si presta ad essere cassata per il

vizio denunciato nel motivo; potrà esserlo, per quello di viola

zione di norma sul procedimento, se il giudizio, d'inammissibi

lità nel caso, risulterà oggettivamente errato.

3.1. - Il secondo motivo denunzia un vizio di violazione di

norme sul procedimento (art. 360, n. 4, c.p.c., in relazione agli

art. 617 e 161 dello stesso codice).

La ricorrente osserva: — che, proposta da lei l'opposizione all'esecuzione, avendo

il giudice invitato a precisare le conclusioni su tale opposizione,

era da ritenere che il giudice dell'esecuzione avesse proposto

alla decisione sull'opposizione l'ulteriore corso del processo ese

cutivo. Ciò imponeva quindi al pretore di decidere con sentenza

sull'opposizione per poi passare a provvedere nell'ambito del

processo esecutivo circa i beni pignorati. Il pretore aveva invece

posto in essere sull'opposizione un sostanziale non luogo a prov

vedere; — l'istanza di assegnazione, avanzata con le conclusioni nel

l'anzidetta udienza, era stata quindi presentata fuori del proces

so esecutivo.

Su di essa, comunque, il giudice dell'esecuzione, prima di prov

vedere, avrebbe dovuto sentire le parti e disporre per la deter

minazione del prezzo d'incanto, perché, quanto alle cose diver

se dai crediti, il giudice dell'esecuzione ne può disporre l'asse

gnazione solo se siano rimaste invendute ad un precedente incanto

svoltosi sul prezzo base da lui fissato.

La prefissione del prezzo della cosa costituisce elemento es

senziale perché il processo esecutivo possa concludersi con l'as

segnazione, perché, in questo processo, l'interesse del debitore

non può essere sacrificato oltre quanto è necessario per realiz

zare la pretesa del creditore.

3.2. - La corte considera che la ricorrente, nel motivo appena

riassunto, prospetta due diversi ordini di argomenti per sostene

re che l'opposizione era fondata e ammissibile.

Il Foro Italiano — 1999 — Parte 7-30.

Se non che, di questi argomenti, il primo non è stato svolto

nell'opposizione.

L'opposizione — come si è riferito nell'esporre lo svolgimen to del processo — è stata proposta per sostenere che il procedi mento seguito dal giudice per provvedere sull'istanza di asse

gnazione della quota non è stato quello preveduto dalle norme

che regolano il processo di espropriazione presso terzi: è stata

proposta cioè per il secondo ordine di ragioni appena riassunte.

Di questa opposizione si tratta di stabilire se è stata rivolta

contro un atto esecutivo, in ipotesi nullo, ma giuridicamente

esistente, ovvero contro un atto affatto inesistente da un punto di vista giuridico.

Ma lo si può fare solo vagliando se il vizio per cui è stato

chiesto l'annullamento dell'atto, integrando una ragione d'ine

sistenza giuridica, anziché solo di nullità, poteva essere denun

ciato al di fuori del rispetto del termine stabilito dall'art. 617, 2° comma, c.p.c.

Non può venire, invece, in considerazione l'altra ragione, quella

per cui il giudice dell'esecuzione, prima di provvedere sull'istan

za di assegnazione, avrebbe dovuto giudicare dell'opposizione che la debitrice gli aveva originariamente proposto.

L'annullamento dell'ordinanza di assegnazione non è stato

chiesto per tale motivo e dunque non rileva che l'ordinanza sia

affetta in ipotesi da tale vizio e che questo sia un vizio che

determina inesistenza giuridica dell'atto.

Si deve cioè affermare che, quando è proposta opposizione

agli atti esecutivi ed è chiesto l'annullamento di un atto esecuti

vo per una determinata ragione, il giudizio, che consiste nello

stabilire se l'opposizione è ammissibile anche se non è stata pro

posta nel termine, non può essere condotto prima ricercando

se l'atto sia affetto da un qualunque vizio che lo rende inesi

stente sul piano giuridico e poi vagliando la fondatezza del mo

tivo addotto per ottenere la sua invalidazione: quel giudizio va

bensì condotto giudicando se la ragione addotta dalla parte per ottenere l'invalidazione dell'atto esecutivo, per il fatto di deter

minare la sua inesistenza giuridica, possa essere denunciata an

che fuori dei limiti di tempo stabiliti in linea generale dall'art.

617 c.p.c.

Oggetto del sindacato di legittimità sollecitato dalla ricorren

te sarà dunque la sola seconda parte del motivo.

3.3. - È pacifico che oggetto dell'espropriazione presso terzi

sia stata la quota di una società a responsabilità limitata.

Il terzo, cioè la società, ha reso dichiarazione positiva, ha

in altri termini dichiarato che la debitrice era titolare delle quo

te su cui il pignoramento era caduto.

A partire da tale dichiarazione, che non aveva dato adito a

contestazioni, il procedimento si sarebbe dovuto svolgere nel

modo che si descriverà.

L'art. 552 c.p.c. dispone che «se il terzo si dichiara o è di

chiarato possessore di cose appartenenti al debitore, il pretore,

sentite le parti, provvede per l'assegnazione o la vendita delle

cose mobili a norma degli art. 529 ss. o per l'assegnazione dei

crediti a norma dell'articolo seguente». La quota di una società a responsabilità limitata non è un

credito e va dunque considerata alla stregua di una cosa mobile.

L'art. 529 c.p.c., richiamato dall'art. 552, prevede che delle

cose, diverse dal denaro, dai titoli di credito e dalle altre cose

il cui valore risulta dal listino di borsa o di mercato, il creditore

pignorante e ognuno degli altri creditori possono chiedere la

vendita.

La vendita è disposta con l'ordinanza preveduta dall'art. 530,

3° comma, c.p.c. L'ordinanza di vendita contiene la determinazione del prezzo.

Il prezzo è fissato dal giudice dell'esecuzione, sentito quando

occorre uno stimatore, se il pretore ritiene opportuno che la

vendita avvenga a mezzo di commissionario (art. 532 c.p.c.),

ma anche quando la vendita è disposta con incanto (art. 535

c.p.c.), a meno che il giudice, se le circostanze non lo consigli

no, non autorizzi la vendita al miglior offerente.

Se la cosa resta invenduta, i creditori possono chiederne l'as

segnazione, per il prezzo fissato a norma del 2° comma dell'art.

535 c.p.c. Quando nel processo sono intervenuti più creditori, l'asse

gnazione può essere chiesta a vantaggio di uno solo o di più,

d'accordo fra tutti; quando nessuno sia intervenuto può essere

chiesta dal creditore procedente (art. 505 c.p.c.).

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1627 PARTE PRIMA 1628

L'assegnazione, a norma dell'art. 506 c.p.c., «può essere fat

ta per un valore non inferiore alle spese di esecuzione e ai credi

ti aventi diritto a prelazione anteriore a quello dell'offerente».

Dalle norme richiamate si trae che l'assegnazione è fatta per un valore che non può essere inferiore al valore indicato dal

l'art. 506 c.p.c., ma che può essere superiore, se per la vendita,

pur andata deserta, era stato fissato un prezzo e un prezzo su

periore all'ammontare del valore dei crediti e delle spese di pro cedura.

Se l'assegnazione è fatta per il secondo valore, cioè per quel lo corrispondente al prezzo fissato per la vendita, la parte del

valore della cosa assegnata che eccede l'ammontare dei crediti

indicati nell'art. 506 c.p.c. deve essere depositata nelle forme

dei depositi giudiziari, per essere distribuita e restituita per il residuo al debitore (art. 510 c.p.c.).

Se si pone a raffronto lo schema di procedimento prima deli

neato e quello in concreto seguito dal pretore non si può non

constatare che esso è stato affatto ignorato. Il pretore ha disposto l'assegnazione della quota nei modi

che sono preveduti per l'assegnazione dei crediti.

Si tratta allora di vedere se la violazione delle norme sul pro cedimento in cui il pretore è incorso abbia determinato non so

lo la nullità dell'ordinanza, ma anche la sua inesistenza giuridi

ca, sì che il vizio ne potesse essere denunciato dalla parte senza

osservare il termine di cinque giorni dalla sua comunicazione.

La corte ritiene che ciò debba essere escluso.

Le sezioni unite, nella sentenza 27 ottobre 1995, n. 11178

(Foro it., 1996, I, 3468), hanno considerato che «l'applicazio

ne, nel processo esecutivo, del concetto d'inesistenza giuridica — per descrivere la nullità dell'atto che si sottrae alla sanatoria

derivante dalla mancata proposizione dell'opposizione agli atti

esecutivi e che dunque più propriamente è una nullità non sana

bile — risponde alla stessa esigenza che l'impiego del concetto

assolve nell'ambito del processo di cognizione a proposito della

sentenza: sulla base del confronto tra fattispecie concreta del

l'atto e suo schema legale si tratta di stabilire se l'atto presenta i requisiti indispensabili per conseguire lo scopo — che nell'ese

cuzione forzata per espropriazione è rappresentato dall'aliena

zione del bene pignorato come mezzo per la soddisfazione dei

crediti — e quindi consente di procedere oltre nel processo o se non li presenta ed il processo si deve arrestare».

La conclusione che si trae dall'applicare questo principio al

caso in esame è quella che si è anticipata. L'ordinanza di assegnazione deve essere bensì pronunciata per

il maggiore tra i due valori prima richiamati, ma che lo sia in concreto per un valore superiore a quello indicato dall'art. 506 c.p.c., cioè per un valore superiore a quello dei crediti, è una circostanza solo eventuale, che dipende dall'ammontare

del prezzo fissato per la vendita.

Dunque, in un'espropriazione forzata promossa da due credi tori e nella quale, come nel caso, non ne siano intervenuti altri, se l'assegnazione è chiesta a vantaggio di ambedue i creditori, non è estranea allo schema legale del processo di espropriazione forzata presso terzi un'ordinanza che si risolva nell'attribuzione della cosa ai creditori procedenti per il valore dei crediti fatti valere ed in tal modo concluda il processo.

Il caso presenta dunque i connotati di uno scarto tra procedi mento dovuto e procedimento seguito nell'emanazione dell'or dinanza di assegnazione, scarto che aveva bensì determinato la nullità dell'ordinanza in concreto adottata, ma non la sua inesi stenza giuridica, essendosi trattato di un provvedimento capace, nonostante la sua nullità, di attuare lo scopo del processo di

espropriazione — l'alienazione forzata del bene come mezzo per la soddisfazione dei creditori — e di determinarne la definizione.

3.4. - La corte ritiene che il caso in esame imponga ulteriori

considerazioni.

Pronunciata dal pretore l'ordinanza di assegnazione ed avve nutane la comunicazione alla debitrice, questa, anziché propor re opposizione agli atti esecutivi, ha chiesto al pretore di revo care l'ordinanza.

Orbene, in presenza di un atto esecutivo rappresentato da un provvedimento del giudice dell'esecuzione, la parte che lo

ritenga viziato sul piano dell'opportunità o della violazione di norme sul procedimento, ha sia il potere di proporre opposizio ne agli atti esecutivi, provocando un sindacato sulla legittimità dell'atto in sede di cognizione, sia la possibilità di chiedere al

Il Foro Italiano — 1999.

giudice dell'esecuzione che faccia esercizio del suo potere di mo

difica o revoca del provvedimento (art. 487, 1° comma, c.p.c.)

(Cass. 21 aprile 1997, n. 3427, id., Rep. 1997, voce Esecuzione

forzata in genere, nn. 76, 119). L'esercizio di questo potere da parte del giudice trova un li

mite non nel fatto che il provvedimento sia stato già impugnato o possa ancora esserlo, ma nel fatto che si tratti di un provvedi mento che richieda attuazione e che esso abbia già avuto esecu

zione (Cass. 2 aprile 1997, n. 2867, ibid., voce Esecuzione per

obbligazioni pecuniarie, n. 67). Se la parte chiede che un precedente provvedimento del giu

dice dell'esecuzione sia da lui revocato o modificato; quando l'istanza sia fondata sull'allegazione di un vizio di violazione

di norme sul procedimento e la violazione abbia dato luogo ad un atto insanabilmente nullo; è da ritenere che il giudice non abbia solo il potere, ma anche il dovere di ritirare il pro

prio atto, dovendo il giudice dell'esecuzione operare in modo

che il processo prosegua, se deve proseguire, o venga definito, se si tratta di adottare il provvedimento che chiude il processo.

Quante volte il giudice dell'esecuzione, pur in presenza di un'in

sanabile nullità del proprio precedente provvedimento destinato

secondo il suo schema legale a chiudere il processo, rifiuti l'e

sercizio del proprio potere, affermando che il provvedimento di cui gli è stata chiesta la revoca non è insanabilmente nullo, dal che consegue che abbia prodotto la chiusura del processo, al provvedimento di cui è stata chiesta la revoca ne succede altro.

Questo nuovo provvedimento deve essere impugnato nei ter

mini con opposizione agli atti esecutivi: opposizione con la qua le sarà denunziato il vizio consistente nel non aver il giudice dell'esecuzione esercitato il proprio potere in un caso in cui ave

va obbligo di farlo.

La mancata tempestiva impugnazione del provvedimento im

pedisce che la questione della nullità insanabile possa essere ul

teriormente dibattuta in un giudizio di opposizione agli atti,

perché ciò equivarrebbe a trasformare l'opposizione in un'azio

ne di nullità proponibile senza limiti di tempo e svincolata dalla

pendenza del processo esecutivo (Cass. 27 ottobre 1995, n. 11178,

cit.). Nel caso, come si è riferito esponendo lo svolgimento del pro

cesso, l'ordinanza del giudice dell'esecuzione che rigettava l'i

stanza di modifica o revoca è stata notificata alla parte il 19

agosto 1994, mentre la presente opposizione è stata proposta con ricorso depositato il 13 settembre 1994: dunque, oltre il

termine stabilito dall'art. 617, 2° comma, c.p.c., non soggetto a sospensione feriale (art. 1 e 3 1. 7 ottobre 1969 n. 742).

L'opposizione sarebbe stata dunque inammissibile, anche se

l'ordinanza di assegnazione fosse stata da qualificare come giu ridicamente inesistente.

4. - Il ricorso è rigettato.

II

Svolgimento del processo. — 1. - La Cassa rurale ed artigia na S. Apollinare, con atto del 2'agosto 1993, ha proceduto al

pignoramento presso il terzo Intermedia s.r.l. di quote di parte cipazione al capitale di detta società appartenenti alla propria debitrice Giancarla Ferrari.

Nell'esecuzione forzata è intervenuto Amelio Ferrari, il quale si è surrogato nei diritti spettanti al creditore procedente.

Dopo la dichiarazione del terzo, il Pretore di Rovigo, giudice dell'esecuzione, con ordinanza del 5 novembre 1993, ha asse

gnato ad Amelio Ferrari le quote pignorate ed ha ordinato al

terzo di eseguire le relative annotazioni nei libri sociali, dichia rando l'estinzione della procedura esecutiva.

2. - Con ricorso del 10 novembre 1993 la società Intermedia ha proposto opposizione contro l'ordinanza di assegnazione ed ha chiesto che la parte dell'ordinanza relativa alla dichiarazione di estinzione della procedura esecutiva fosse dichiarata nulla per potere esercitare il diritto di cui al 3° comma dell'art. 2480 c.c. in favore del socio Emanuela Pavanello.

3. - Il Pretore di Rovigo, con sentenza del 17 giugno 1994, ha accolto l'opposizione dichiarando la natura provvisoria del

l'assegnazione delle quote ad Amelio Ferrari ed il diritto della società Intermedia di vedere assegnate le quote definitivamente ad Emanuela Pavanello.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

4. - Per la cassazione di questa sentenza Amelio e Giancarla

Ferrari hanno proposto ricorso svolgendo cinque motivi.

Resiste con controricorso la società immobiliare Intermedia.

Motivi della decisione. — 1.1. - Nell'ordine logico deve esse

re esaminato per primo il terzo motivo del ricorso con il quale i ricorrenti denunciano che la società Intermedia, terzo pignora to non assoggettato all'esecuzione, non è legittimata e non ha

interesse a proporre l'opposizione agli atti esecutivi.

Il motivo non è fondato.

1.2. - Il problema che il motivo pone è quello di riconoscere

al terzo indicato dall'art. 543 c.p.c. la legittimazione a proporre

opposizione agli atti esecutivi contro l'ordinanza di assegnazione.

L'interpretazione strettamente formale dell'art. 617 c.p.c. con

duce alla conclusione che legittimati a proporre opposizione agli atti esecutivi sono il debitore, il terzo assoggettato all'esecuzio

ne ed i creditori (procedente ed intervenuti).

Questo dato, tuttavia, non autorizza a trascurare la posizione di altri soggetti che non partecipano alla procedura esecutiva

al pari di quelli indicati in precedenza, ma, in situazioni parti colari, possono egualmente ricevere pregiudizio dall'esecuzione.

Nel novero di questa seconda categoria può essere compreso

il terzo indicato dall'art. 543 c.p.c., il quale è destinatario di

attività del processo esecutivo ed ha interesse a che le attività

di questo processo si svolgano secondo legge. La conclusione indicata trova riscontro nella giurisprudenza

di questa corte che ha già riconosciuto la legittimazione a pro

porre opposizione agli atti esecutivi, oltre che al debitore ed

al terzo assoggettato all'esecuzione, anche a tutti coloro che,

partecipanti al procedimento esecutivo, siano interessati al suo

regolare svolgimento allo scopo di evitare il danno derivante

dal compimento di atti non conformi a legge: sent. 17 agosto

1990, n. 8370, Foro it., Rep. 1990, voce Esecuzione forzata

in genere, n. 58 (la decisione è stata emessa in una fattispecie

nella quale è stato riconosciuto alla banca, terzo pignorato ex

art. 543 c.p.c., di proporre l'opposizione agli atti esecutivi con

tro l'assegnazione della metà della somma esistente in un conto

corrente cointestato al debitore e ad altro soggetto estraneo alla

procedura esecutiva). Conclusivamente su questo punto, quindi, al terzo indicato

dall'art. 543 c.p.c. si può riconoscere il potere di proporre op

posizione contro il provvedimento del giudice dell'esecuzione

che indirizza la sua prestazione in un modo anziché in un altro.

Stando alla fattispecie in esame, dal principio ora indicato

si ricava, quindi, che alla società Intermedia bene si poteva ri

conoscere il diritto di proporre opposizione agli atti esecutivi

contro l'ordinanza di assegnazione di quote del capitale sociale

che venivano attribuite ad un soggetto estraneo, anziché ad al

tro socio individuato dalla stessa società.

L'ordinanza di assegnazione del 5 novembre 1993, infatti, fa

ceva obbligo alla società Intermedia di riconoscere nell'ambito

dei soci l'attuale ricorrente contro gli interessi che la stessa so

cietà riteneva appartenerle. Sotto questo profilo, quindi, la sentenza impugnata si sottrae

alle critiche che sono state mosse con il motivo che si è esaminato.

2.1. - Con il primo motivo è denunciata la nullità della sen

tenza impugnata per violazione degli art. 112 e 113 c.p.c. ed

omessa pronuncia. Il motivo è rivolto contro la decisione con la quale il pretore

ha dichiarato la natura provvisoria dell'assegnazione delle quo

te ad Aurelio Ferrari ed ha riconosciuto il diritto della società

Intermedia di vedere assegnate le quote al socio Emanuela ra

vanello.

I ricorrenti sostengono che la decisione del pretore è frutto

di un mutamento della causa petendi dell'azione fatta valere

con l'opposizione agli atti esecutivi e dell'oggetto in questa in

dicato, nei quali la società Intermedia aveva chiesto che fosse

dichiarata nulla o inefficace l'estinzione della procedura esecu

tiva. I Ferrari aggiungono che la soluzione adottata non è con

templata dall'ordinamento, perché l'ordinanza di assegnazione

ha natura satisfattiva e non è revocabile in quanto immediata

mente esecutiva.

II motivo non è fondato.

2.2. - La disposizione contenuta nell'art. 112 c.p.c. (il richia

mo anche all'art. 113 dello stesso codice, contenuto nel ricorso,

si deve considerare un fuord'opera dato che questa norma si

riferisce a tutt'altra problematica), dal quale si fa discendere

Il Foro Italiano — 1999.

il principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato,

impone al giudice di pronunciarsi su tutta la domanda e non

oltre questa, di modo che al richiedente non sia attribuito un

bene non reclamato.

Il principio non può essere inteso in senso letterale, ma com

porta che il giudice, quando accoglie la domanda, deve pronun ciarsi anche sulle conseguenze che secondo l'ordinamento deri

vano direttamente da tale accoglimento, in quanto con la do

manda giudiziale l'interessato generalmente tende al consegui mento di uno scopo pratico.

La decisione del Pretore di Rovigo, come si legge nel disposi

tivo, è del seguente tenore: «accoglie il ricorso, dichiarando la

natura provvisoria dell'assegnazione di quote a Ferrari Amelio

e il diritto della società ricorrente (id est: società Intermedia) di vedere assegnare definitivamente a Pavanello Emanuela le

dette quote con liberazione della somma di lire dieci milioni

depositata in cancelleria in favore di Ferrari Amelio».

Letta insieme alla motivazione la decisione ha un contenuto

complesso. In una prima parte afferma che l'avvenuta dichiarazione di

estinzione della procedura ha il significato di mera dichiarazio

ne d'improseguibilità dell'azione esecutiva.

Nella seconda parte riconosce il diritto dell'opponente di av

valersi della disciplina contenuta nell'art. 2480 c.c.

Per quanto riguarda la dichiarazione di estinzione del proces so esecutivo, le disposizioni che regolano l'espropriazione pres so terzi non indicano né prevedono, neppure implicitamente, l'emanazione di un provvedimento di formale dichiarazione di

estinzione della procedura esecutiva. Solo la prassi conosce una

dichiarazione di liberazione del terzo da obblighi nel pagamento effettuato in favore del creditore assegnatario nel caso di asse

gnazione di crediti immediatamente esigibili. Ma si tratta di di

chiarazione che non va al di là dell'accertamento che il pignora mento presso terzi ha esaurito la sua funzione.

Vista alla luce di questo principio, la dichiarazione di estin

zione pronunciata dal Pretore di Rovigo non appartiene ad al

cuno dei provvedimenti tipici previsti dalla legge e, soprattutto,

non si identifica con la dichiarazione per il caso di estinzione

del processo esecutivo.

Il punto centrale della decisione impugnata non sta allora nella

dichiarazione di estinzione del processo esecutivo, ma nel rico

noscimento del diritto della società Intermedia di avvalersi degli

strumenti conservativi dell'assetto sociale indicati dall'art. 2498

c.c.

Ricostruito in questo modo il contenuto concreto della deci

sione impugnata, non si configura alcuna violazione del princi

pio dispositivo o di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.

Infatti, la sentenza del Pretore di Rovigo riconosce alla socie

tà Intermedia esattamente il bene che essa si proponeva di con

seguire e che consisteva nella rimozione dell'ostacolo, costituito

dalla dichiarazione di estinzione del processo esecutivo, a con

seguire lo scopo pratico (si vedrà in seguito se conforme a dirit

to oppure no) di sostituire l'assegnatario delle quote, estraneo

alla società, con altro soggetto che già ne faceva parte o che

fosse gradito alla stessa società.

L'impugnazione della c.d. dichiarazione di estinzione del pro

cesso esecutivo era cioè il passaggio obbligato per potere acce

dere a questo risultato, che, in definitiva, costituiva contempo

raneamente la ragione e l'oggetto dell'opposizione agli atti ese

cutivi.

Sotto questo profilo, quindi, la sentenza impugnata si sottrae

alle critiche mosse con il motivo ora esaminato.

3.1. - Con il secondo motivo è denunciata violazione degli

art. 507, 530 e 590 c.p.c. e dell'art. 2925 c.c.

I ricorrenti, riferendosi sempre al dispositivo della sentenza

impugnata, sostengono che il pretore avrebbe dovuto dichiarare

improcedibile l'opposizione agli atti esecutivi, in quanto la di

chiarazione di estinzione del processo esecutivo, emessa da un

giudice monocratico, può essere impugnata solo con gli ordina

ri mezzi di gravame, oppure con reclamo allo stesso giudice

che decide poi con sentenza.

II motivo non è fondato.

3.2. - La censura pone un doppio problema: dell'individua

zione della forma cui è adottato il provvedimento di estinzione

nel processo esecutivo e del regime di stabilità di questo provve

dimento.

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1631 PARTE PRIMA 1632

Nel processo di cognizione ordinario il problema della forma

della pronuncia di estinzione emessa dal giudice singolo si risol

ve nel senso che dovrà essere adottata l'ordinanza per il provve dimento che nega l'estinzione e la sentenza per quello che la

dichiari. Infatti, la forma di tale provvedimento si modella a seconda

che le parti siano d'accordo o non sull'estinzione: perché in

questo secondo caso l'ordinanza pretorile dichiarativa dell'estin

zione del processo è assimilabile alla sentenza del tribunale che, ai sensi dell'art. 308, 2° comma, respinge il reclamo contro l'or

dinanza del giudice istruttore ed è pertanto sentenza in senso

sostanziale, la quale deve essere impugnata con l'appello davan

ti al tribunale: per tutte Cass. 12 agosto 1977, n. 3743 (id.,

1977, I, 2136), e 14 luglio 1989, n. 3314 (id., Rep. 1990, voce Procedimento civile, n. 207).

Questa soluzione consente di rispondere anche al quesito sul

l'impugnativa dei vari provvedimenti.

Quante volte il provvedimento di estinzione è adottato con

la forma della sentenza, questa potrà essere impugnata con l'ap

pello; viceversa, quando sarà adottato con la forma dell'ordi

nanza, esso sarà modificabile o revocabile da parte dello stesso

giudice che lo ha emesso, ai sensi del 2° comma dell'art. 177

c.p.c., ferma restando l'impugnativa della futura sentenza che

definisce il giudizio facendo valere come vizio della stessa sen

tenza proprio l'illegittimità del provvedimento di modifica o di

revoca.

Anche il procedimento per la dichiarazione di estinzione del

processo esecutivo, disciplinato dagli art. 629 e 630 c.p.c., in

parte trova la sua regolamentazione nella disposizione contenu

ta nell'art. 306 dello stesso codice, espressamente richiamato

e da considerarsi disposizione di carattere generale. Il problema che si presenta anche qui è quello della forma

del provvedimento di estinzione del processo esecutivo e del

l'impugnabilità del provvedimento positivo o negativo sull'ecce

zione di estinzione.

Con riferimento al primo aspetto, il provvedimento dichiara

tivo dell'estinzione deve rivestire la forma dell'ordinanza, sia

perché nel processo esecutivo non trova spazio una contestazio

ne sulla validità dell'atto di rinuncia o della sua accettazione, sia perché la forma dei provvedimenti del giudice dell'esecuzio

ne è normalmente l'ordinanza (art. 487 c.p.c.), sia infine perché l'ordinanza è richiesta espressamente per il caso dell'estinzione

dichiarata per inattività delle parti (art. 630, 2° comma, c.p.c.).

Dopo la sentenza della Corte costituzionale 17 dicembre 1981, n. 195, id., 1982, I, 4 (con la quale è stata dichiarata l'illegitti mità costituzionale dell'art. 630, ultimo comma, c.p.c., nella

parte in cui non estende il reclamo ivi previsto all'ordinanza

del giudice dell'esecuzione dichiarativa dell'estinzione del pro cesso esecutivo per rinuncia agli atti) contro l'ordinanza dichia

rativa dell'estinzione del processo esecutivo per rinuncia è espe ribile lo stesso reclamo indicato dall'art. 630 c.p.c. per l'estin

zione pronunciata a seguito d'inattività delle parti.

Questo reclamo si configura come lo strumento generale, ma

tipico, per far valere l'estinzione del processo esecutivo e non

è accettabile la fungibilità di questo mezzo (sia pure limitata

mente alle questioni deducibili con il reclamo) con l'opposizio ne agli atti esecutivi.

Utilizzando queste premesse si possono trarre le seguenti con

clusioni. Innanzitutto, il meccanismo del reclamo indicato dall'ultimo

comma dell'art. 630 c.p.c. è estensibile alla rinuncia per inatti

vità delle parti e presuppone sempre un provvedimento (ordi

nanza) positivo o negativo del giudice dell'esecuzione sull'avve

nuta rinuncia. Diversamente, non si vede contro quale atto il

reclamo dovrebbe essere proposto. In secondo luogo, quanto al regime del provvedimento, oc

corre distinguere. Nell'esecuzione che si svolge davanti al pretore il reclamo,

che si propone davanti allo stesso giudice, deve essere deciso con sentenza; nell'espropriazione immobiliare il reclamo deve

essere proposto allo stesso giudice dell'esecuzione ed anch'egli dovrà decidere sempre con sentenza.

Infatti, contro i provvedimenti che risolvono il reclamo, sia

positivamente che negativamente, l'ultima parte del 3° comma

dell'art. 630 ipotizza un controllo a struttura cognitiva, il quale si conclude con una sentenza, avverso la quale è consentito il

li Foro Italiano — 1999.

normale regime delle impugnazioni costituito dall'appello: in que sto senso si è espressa la giurisprudenza di questa corte, la qua le ha affermato che le questioni attinenti all'estinzione del pro cesso esecutivo ed alla sopravvivenza del potere del creditore

di proseguire l'esecuzione dopo l'intervento del fatto estintivo

importano, dopo la decisione sul reclamo, l'instaurazione di un

processo di cognizione ordinaria, la cui decisione è appellabile secondo le norme generali: sent. 15 maggio 1967, n. 1017, id.,

1967, I, 1152; 18 giugno 1968, n. 2023, id., Rep. 1968, voce Esecuzione forzata in genere, n. 133; 12 gennaio 1972, n. 89,

id., Rep. 1972, voce Avvocato, n. 42; 22 giugno 1977, n. 2639,

id., Rep. 1977, voce Esecuzione forzata in genere, n. 64; 15

giugno 1978, n. 2983, id., Rep. 1978, voce cit., n. 93; 30 gen naio 1982, n. 596, id., Rep. 1982, voce cit., n. 22; sez. un.

21 dicembre 1990, n. 12139, id., Rep. 1990, voce cit., n. 74.

Infine, la dichiarazione di estinzione si risolve in una causa

che non consente la prosecuzione dell'azione esecutiva, in quan to la rinuncia agli atti esecutivi ha la stessa natura della rinun

cia agli atti prevista dall'art. 306 c.p.c. Ciò comporta che, quante volte nel processo esecutivo si è

in presenza di una causa che ne impedisce la sua prosecuzione e questa non è controversa tra le parti, il giudice dell'esecuzione

ha il potere-dovere di dichiararla, senza necessità che la parte interessata proponga apposita opposizione per fare accertare che

è venuto meno il diritto a proseguire l'esecuzione (Cass. n. 413

del 1981, id., Rep. 1981, voce Cassazione civile, n. 190, e n.

291 del 1985, id., Rep. 1985, voce Esecuzione per obbligazioni

pecuniarie, n. 46). Ove, invece, sorga contrasto (reale o virtua

le) tra le parti, deve essere consentito ai soggetti del processo di provocarne l'accertamento attraverso opposizione all'esecu

zione contro il creditore che chieda l'assegnazione o la vendita

e non con l'opposizione agli atti esecutivi: in questo senso, la

giurisprudenza da ultimo citata.

3.3. - Questi principi valgono per la dichiarazione di estinzio

ne vera e propria del processo esecutivo.

Invece non valgono per quella dichiarata dal Giudice dell'ese

cuzione di Rovigo, il quale con la dichiarazione di estinzione

non ha preso atto né della rinuncia delle parti (art. 629 c.p.c.), né della loro inattività (art. 630 c.p.c.), ma si è limitato a consi

derare che il processo di esecuzione presso terzi aveva esaurito

la sua funzione e non v'era ragione per tenerlo in piedi. Sotto questo profilo, pertanto, non è fondata la tesi che la

dichiarazione di estinzione del processo esecutivo, contenuta nel

l'ordinanza di assegnazione, doveva essere specificamente im

pugnata. 4.1. - Il quarto motivo contiene due censure.

Con la prima i ricorrenti lamentano che il pretore non ha

esaminato l'eccezione che l'opposizione agli atti esecutivi non

era stata proposta in sede di audizione delle parti, come prescri ve il 2° comma dell'art. 530 c.p.c. e denunciano omessa pro nuncia sul punto ai sensi dell'art. 112 c.p.c.

Con la seconda censura sostengono che, anche ammessa la

sua legittimazione attiva, la società era decaduta dal proporre

l'opposizione stante la preclusione indicata dall'art. 2929 c.c.

Entrambe le censure sono infondate.

4.2. - Occorre premettere che l'audizione delle parti di cui

parla l'art. 530 c.p.c. non è prevista, e quindi non deve essere

disposta, nell'espropriazione presso terzi.

La conferma di questo principio sta nel fatto che detta audi

zione è disposta dopo la proposizione dell'istanza di assegnazio ne o di vendita di beni pignorati (art. 529 c.p.c.) sia per cristal lizzare le posizioni di coloro che profitteranno del ricavato del

l'assegnazione o della vendita, sia per tentare di comporre in

quella sede tutte le opposizioni già proposte. Una norma corrispondente è contenuta nel successivo art. 569

a proposito dell'espropriazione immobiliare per conseguire le

stesse finalità.

Si tratta, come è facile rilevare, di disciplina funzionale solo

all'espropriazione mobiliare presso il debitore ed a quella im

mobiliare.

L'espropriazione presso terzi, invece, è una forma di realizza

zione dell'azione esecutiva affatto diversa da queste, perché in

essa l'oggetto del pignoramento è caratterizzato dal particolare

regime di circolazione dei beni su cui cade: crediti o beni mobili del debitore in possesso di terzi.

In ragione di questa peculiarità, nell'espropriazione presso terzi

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

non v'è ragione per disporre apposita udienza per l'audizione delle parti, in quanto la sede nella quale esse s'incontrano (e

possono definire le rispettive posizioni) è l'udienza in cui il ter

zo è convenuto per rendere la dichiarazione: art. 547 c.p.c. L'eccezione che i ricorrenti denunciano come disattesa, quin

di, si può ritenere implicitamente rigettata dal pretore e non ricorre il vizio di omessa pronuncia sul punto.

4.3. - L'aspetto della violazione dell'art. 2929 c.c. è più com

plesso, ma egualmente deve essere rigettato. La regola contenuta nella norma, secondo la quale la nullità

degli atti esecutivi che hanno preceduto la vendita o l'assegna zione non hanno effetto riguardo all'acquirente o all'assegnata rio, non trova applicazione nell'espropriazione presso terzi.

Infatti, in questa non ci sono atti del processo esecutivo, an

teriori all'assegnazione, che debbono essere dichiarati nulli.

Ove si volesse estendere la regola di diritto sostanziale anche

alle nullità dell'atto di assegnazione, pure sotto questo profilo non ricorre la violazione dell'omessa pronuncia, in quanto il

pretore ha implicitamente esaminato l'eccezione quando ha rite

nuto che l'opposizione agli atti esecutivi era ammissibile.

5.1. - Con il quinto motivo si lamenta l'applicazione dell'art.

2480, 3° comma, c.c. alla fattispecie concreta.

Il motivo si riferisce al capo della sentenza impugnata con

il quale è stato ritenuto che le quote sociali, assegnate ad Ame

lio Ferrari, dovevano essere assegnate a Pavanello Emanuela.

Per giungere a questa conclusione il pretore ha considerato

che la società Intermedia aveva proposto tempestivamente op

posizione agli atti esecutivi contro il provvedimento di assegna zione e, altrettanto tempestivamente, aveva provveduto alla de

signazione del nuovo acquirente Pavanello.

I ricorrenti sostengono che la disposizione dell'art. 2480 c.c.

non poteva essere applicata: perché non ricorreva il presuppo sto della vendita coattiva di quota non liberamente trasferibile, tale essendo solo la quota inalienabile e non quella sulla quale

può essere esercitato un diritto di prelazione; perché nella spe cie non vi era stata vendita coattiva, ma provvedimento di asse

gnazione; perché la norma presuppone che le quote sociali non

siano liberamente trasmissibili e che le limitazioni alla libera

disponibilità siano poste nell'interesse della società e non dei

singoli soci. II motivo non è fondato.

5.2. - L'art. 2480 c.c., per quanto interessa in questa sede, contiene il seguente schema normativo: in linea generale sanci

sce il principio della libera espropriabilità della quota di società

a responsabilità limitata (1° comma); nel caso di quota non

liberamente trasferibile prevede l'instaurazione di una fase ami

chevole, nella quale il creditore, il debitore e la società possono cercare un accordo sulla vendita; qualora l'accordo non sia rag

giunto stabilisce che la vendita avrà luogo all'incanto, ma sarà

priva di effetti se la società presenti altro acquirente che offre

lo stesso prezzo (3° comma).

Seguendo questo schema correttamente il Pretore di Rovigo ha disposto l'assegnazione delle quote tenendo conto dell'inte

resse della società Intermedia, la quale aveva fatto valere il pro

prio diritto a che le quote fossero assegnate a soggetto che era

già socio in luogo di soggetto estraneo alla società, il quale in

un primo momento era rimasto assegnatario delle quote. Sotto questo profilo è impropria la censura dei ricorrenti che

l'art. 2480, 3° comma, c.c. trova applicazione solo nei casi d'in

trasferibilità della quota posta nell'interesse della società, per ché proprio la società Intermedia aveva fatto valere, e senza

opposizione, l'esistenza di un vincolo d'intrasferibilità delle quote nel proprio interesse.

Quanto al fatto che si sia proceduto mediante assegnazione e non mediante vendita coattiva, egualmente la censura è priva di rilevanza in quanto la norma può trovare applicazione anche

quando si proceda ad assegnazione, la quale egualmente è una

forma coattiva di trasferimento del diritto di credito ed è utiliz

zabile quando occorre procedere all'espropriazione prevista dal

1° comma della norma stessa.

6. - Conclusivamente, quindi, il ricorso deve essere rigettato.

Il Foro Italiano — 1999.

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; ordinanza 15

gennaio 1997, n. 20; Pres. Panzarani, Rei. R. Sgroi, P.M.

Dettori (conci, diff.); Soc. Trasporti Castelletti spedizioni internazionali (Aw. Romanelli, Di Leo) c. Soc. Hugo Trumpy (Avv. Sperati, Kielland).

Giurisdizione civile — Convenzione di Bruxelles 27 settembre

1968 — Polizza di carico — Clausola di «proroga» della giu risdizione — Validità rispetto al terzo portatore — Questioni

interpretative (L. 21 giugno 1971 n. 804, ratifica ed esecuzio

ne della convenzione concernente la competenza giurisdizio nale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commer

ciale e protocollo, firmati a Bruxelles il 27 settembre 1968:

convenzione, art. 17; 1. 19 maggio 1975 n. 180, ratifica ed

esecuzione dei protocolli adottati a Lussemburgo il 3 giugno 1971, attributivi di competenza alla Corte di giustizia delle

Comunità europee per l'interpretazione delle convenzioni di

Bruxelles 29 febbraio 1968 e 27 settembre 1968; 1. 29 novem

bre 1980 n. 967, ratifica ed esecuzione della convenzione rela tiva all'adesione della Danimarca, dell'Irlanda e del Regno unito di Gran Bretagna e d'Irlanda del Nord alla convenzione

concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle

decisioni in materia civile e commerciale, nonché al protocol lo relativo alla sua interpretazione da parte della Corte di

giustizia, firmata a Lussemburgo il 9 ottobre 1978).

Avuto riguardo alla nuova formulazione dell'art. 17 della con

venzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, così come modi

ficato dalla convenzione di Lussemburgo del 9 ottobre 1978, entrata in vigore il 10 novembre 1986, che impone che la clau

sola attributiva di competenza esclusiva ad un giudice di uno

Stato contraente debba essere «conclusa ... nel commercio

internazionale, in una forma ammessa dagli usi in questo cam

po e che le parti conoscevano od avrebbero dovuto conosce

re», vanno rivolti alla Corte di giustizia, ai sensi della I. 19

maggio 1975 n. 180, che ratifica i protocolli di Lussemburgo del 3 giugno 1971, i seguenti quesiti: 1) se sia sufficiente il

requisito della conoscenza (effettiva) ovvero della non cono

scenza, determinata da ignoranza colpevole ed inescusabile

in ordine alla ripetizione costante in tutti i rapporti simili ri

spetto a quelli di cui è causa, senza procedere all'accertamen

to della volontà delle parti; 2) se per forma ammessa, si deb

ba far riferimento a scritto firmato dalla parte che l'ha predi

sposto, e che quindi abbia espresso l'intenzione di avvalersene, se debba o meno avere un proprio autonomo risalto e debba

essere redatta in una lingua che abbia un qualche rapporto con la nazionalità delle parti stipulanti, ovvero sia sufficiente che si tratti di lingua usata di regola nel commercio interna

zionale; 3) se sia sufficiente che il giudice designato apparten

ga ad uno Stato contraente, senza alcun altro collegamento con la sostanza del rapporto; 4) se sia sufficiente la ripetizio ne costante della clausola nelle polizze di carico emesse da

associazioni di categoria o da un consistente numero di im

prese di trasporto ovvero occorra provare una tacita adesione

al comportamento delle controparti; 5) se il formulario di po lizza debba essere depositato per essere consultato o debba

essere in altro modo notorio; 6) se sia valida la clausola an

che nel caso in cui si traduca in esonero o limitazione di re

sponsabilità del vettore; 7) se il giudice adito, diverso da quello

designato, possa sindacare la ragionevolezza della clausola ai

fini della validità della stessa; 8) se la circostanza che nume

rosi caricatori e/o giratari abbiano contrastato giudizialmente la validità della clausola sia indice del fatto che non si sia

consolidato un uso conforme all'inserimento della stessa in

moduli o formulari; 9) se sia sufficiente che l'uso si formi in quei paesi che nell'ambito del commercio internazionale

hanno posizione prevalente; 10) se l'uso di cui si tratta possa

derogare a disposizioni imperative di singoli Stati; 11) quali siano le condizioni in presenza delle quali l'inserimento della

clausola su modulo predisposto e non firmato dalla parte non

predisponente possa considerarsi eccessivamente oneroso per

quest'ultima; 12) se debba verificarsi la conoscenza o la co

noscibilità dell'uso, con riguardo alla polizza in concreto, ar

ticolata in numerose clausole poste sul retro; 13) se lo stato

di conoscenza o conoscibilità vada riferito al caricatore origi

nario, anche non appartenente ad uno Stato contraente ovve

ro sia sufficiente che si tratti del giratario, appartenente ad uno

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