sezione III civile; sentenza 1° ottobre 1997, n. 9577; Pres. Grossi, Est. Vittoria, P.M. Palmieri(concl. diff.); Laschi (Avv. Salinari, Parigi) c. Manetti (Avv. Manzi, Di Meglio) e Galleni.Conferma Pret. Livorno-Cecina 31 dicembre 1994Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 5 (MAGGIO 1999), pp. 1615/1616-1633/1634Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23193489 .
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1615 PARTE PRIMA 1616
tenza dell'ufficio giudiziario cui appartiene il giudice che ha emes so il decreto ingiuntivo a conoscere della relativa opposizione ha carattere funzionale e pertanto inderogabile, con la conse
guenza che, qualora nel giudizio di opposizione sia proposta domanda riconvenzionale rientrante nella competenza per valo
re di un altro giudice, il giudice dell'opposizione non può rimet
tere tutta la causa al giudice superiore, al fine di realizzare il
simultaneus processus, ma deve rimettere soltanto quella relati
va alla domanda riconvenzionale, trattenendo quella concernente
l'opposizione a decreto ingiuntivo. 8. - A tale preciso, articolatissimo ed ampiamente motivato
principio affermato dalle sezioni unite non ci si può che unifor
mare e per l'effetto dichiarare la competenza del Giudice di
pace di Trieste a decidere sull'opposizione a decreto ingiuntivo in oggetto.
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 1 ° otto bre 1997, n. 9577; Pres. Grossi, Est. Vittoria, P.M. Palmie
ri (conci, diff.); Laschi (Avv. Salinari, Parigi) c. Manetti
(Aw. Manzi, Di Meglio) e Galleni. Conferma Pret. Livorno Cecina 31 dicembre 1994.
Esecuzione forzata per obbligazioni pecuniarie — Espropriazio ne presso terzi — Quote di società a responsabilità limitata — Assegnazione — Modalità procedurali (Cod. civ., art. 2480; cod. proc. civ., art. 529, 552).
Esecuzione forzata per obbligazioni pecuniarie — Espropriazio ne presso terzi — Ordinanza di assegnazione — Nullità insa nabile — Esclusione — Fattispecie in tema di espropriazione di quote societarie (Cod. civ., art. 2480; cod. proc. civ., art.
506, 543, 617).
Nell'espropriazione presso terzi avente ad oggetto quote di una società a responsabilità limitata, l'assegnazione dei beni pi gnorati ai creditori va effettuata, in virtù del rinvio operato dall'art. 552 c.p.c., con le modalità dell'espropriazione forza ta mobiliare presso il debitore. (1)
In una espropriazione presso terzi avente ad oggetto quote di una società a responsabilità limitata, l'ordinanza di assegna zione del compendio pignorato ai creditori procedenti per il valore dei crediti fatti valere non è insanabilmente nulla e dev'essere pertanto impugnata con l'opposizione agli atti ese cutivi nel termine indicato dall'art. 617 c.p.c. (2)
(1, 7) Con le sentenze riportate in epigrafe, la Suprema corte si occu pa per la prima volta del problema dell'ammissibilità dell'assegnazione di quote di società a responsabilità limitata, accedendo, pur in contesti differenti, alla soluzione positiva.
Nell'ambito di un'esecuzione indiretta avente ad oggetto quote di so cietà a responsabilità limitata, Cass. 9577/97 desume dalla natura di bene mobile attribuita al compendio pignorato, l'applicazione, per ef fetto del rinvio operato dall'art. 552 c.p.c., delle disposizioni previste dagli art. 529 ss. del codice di rito e l'inoperatività di quelle dettate in tema di espropriazione di crediti. Sulla base di questi presupposti, ritiene possibile un'assegnazione, di carattere satisfattivo o nelle forme della c.d. assegnazione-vendita, del bene staggito, all'esito di un infrut tuoso esperimento di vendita e per un valore comunque non inferiore, ai sensi dell'art. 506 c.p.c., alle spese di esecuzione e ai crediti aventi diritto di prelazione non anteriore a quello dell'offerente.
In presenza di quote con vincolo di limitata trasferibilità, la seconda decisione in epigrafe, Cass. 2926/97, dall'equiparazione, sotto il profilo effettuale, tra vendita forzata ed assegnazione, «la quale egualmente è una forma di trasferimento coattivo del diritto di credito», deduce la legittimità del provvedimento di attribuzione delle partecipazioni pi gnorate.
Il Foro Italiano — 1999.
II
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 4 aprile
1997, n. 2926; Pres. Giuliano, Est. Di Nanni, P.M. Nicita
(conci, conf.); Ferrari (Avv. Sanino, Bacchiega) c. Soc. In
termedia (Aw. D'Esposito) e Cassa rurale e artigiana S. Apol linare. Conferma Pret. Rovigo 17 giugno 1994.
Esecuzione forzata in genere — Espropriazione presso terzi —
Terzo pignorato — Opposizione agli atti esecutivi — Legitti mazione — Fattispecie in tema di espropriazione di quote so
cietarie (Cod. civ., art. 2480; cod. proc. civ., art. 543, 617). Esecuzione forzata in genere — Espropriazione presso terzi —
Quote di società a responsabilità limitata — Assegnazione —
Ordinanza dichiarativa di estinzione — Provvedimento atipi co — Conseguenze (Cod. civ., art. 2480; cod. proc. civ., art.
543, 617, 630). Esecuzione forzata per obbligazioni pecuniarie — Espropriazio
ne presso terzi — Udienza di audizione delle parti — Esclu
sione (Cod. proc. civ., art. 530, 547, 569). Esecuzione forzata per obbligazioni pecuniarie — Espropriazio
ne presso terzi — Atti esecutivi precedenti l'assegnazione —
Nullità — Esclusione (Cod. civ., art. 2929; cod. proc. civ., art. 543).
Esecuzione forzata per obbligazioni pecuniarie — Espropriazio ne presso terzi — Quote di società a responsabilità limitata
non liberamente trasferibili — Assegnazione al creditore pro cedente — Ammissibilità (Cod. civ., art. 2480).
Nell'espropriazione presso terzi avente ad oggetto quote di una
società a responsabilità limitata, va riconosciuta alla società, terzo pignorato, la legittimazione a proporre opposizione agli atti esecutivi avverso l'ordinanza di assegnazione delle quote al creditore. (3)
Nell'espropriazione presso terzi avente ad oggetto quote di una
società a responsabilità limitata, l'ordinanza con cui il giudi ce dell'esecuzione, disposta l'assegnazione del bene pignorato al creditore, dichiara l'estinzione del processo è un provvedi mento atipico, avente valore di mera dichiarazione d'impro seguibilità dell'azione esecutiva, non impugnabile con il recla mo ex art. 630 c.p.c. (4)
Nell'espropriazione presso terzi, non deve essere disposta un 'ap posita udienza per l'audizione delle parti, poiché in quel pro cedimento la sede nella quale le parti si incontrano per defini re le rispettive posizioni è l'udienza destinata alla dichiarazio ne del terzo. (5)
La regola contenuta nell'art. 2929 c.c., secondo la quale la nul lità degli atti esecutivi che hanno preceduto la vendita o l'as
segnazione non ha effetto riguardo all'acquirente o all'asse
gnatario, non trova applicazione nell'espropriazione presso ter
zi, nella quale non ci sono atti del processo esecutivo anteriori
all'assegnazione dei quali possa essere dichiarata la nullità. (6) Nell'espropriazione presso terzi avente ad oggetto quote di so
cietà a responsabilità limitata non liberamente trasferibili, può essere disposta, immediatamente dopo la dichiarazione del ter
zo, l'assegnazione dei beni pignorati al creditore procedente. (7)
Riguardano la specifica ipotesi di partecipazioni sociali con limiti alla intrasferibilità anche gli sporadici ed alquanto risalenti precedenti rinve nuti nei repertori: nei termini indicati dalla Corte di cassazione, Pret. Roma 26 luglio 1965, Foro it., Rep. 1966, voce Esecuzione forzata per obbligazioni pecuniarie, n. 48, e Foro pad., 1966, I, 749 ss.; contra, in motivazione, Pret. Udine, ord. 18 dicembre 1951, Foro it., 1952, I, 1298, con nota di Miiillo, Procedura esecutiva su quota di società a responsabilità limitata e assegnazione.
Per un completo panorama sull'istituto dell'espropriazione di quote di s.r.l., si rinvia a Cagnasso, Società di capitali (c.c. 2458-2510), in Giur. sist. dir. civ. e comm. diretta da Bigiavi, Torino, 1990, 177 ss.
L'analisi delle (invero laconiche) disposizioni normative dettate in ar gomento (art. 2479 ss. c.c.) non offre, a differenza di quanto accade in altri sistemi normativi (per alcuni cenni di diritto comparato, con riferimento all'espropriazione di diritti patrimoniali, istituto caratteri stico di legislazioni processuali di matrice germanica, v. Andrioli, Mi sure cautelari ed esecutive su quote di società a responsabilità limitata, in Foro it., 1948, I, 444 ss., spec. 445), chiari elementi per l'individua zione del modus procedendi con cui realizzare detta espropriazione. Si evidenzia, piuttosto, un palese difetto di coordinamento: all'espressa previsione, nel codice civile del 1942, dell'assoggettabilità ad esecuzione delle quote di s.r.l. (palesemente ispirata all'analoga espropriazione di
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
I
Svolgimento del processo. — 1. - Enrico Galleni e Giovanna
Manetti, con atto notificato a Mara Laschi ed alla società Tahi
ti s.r.l., sottoponevano a pignoramento, nelle forme dell'espro
priazione forzata presso terzi, la quota di partecipazione della
prima nella società.
I creditori, nell'atto di pignoramento, richiamavano il precet to notificato I'll novembre 1993 per il pagamento della somma
di lire 89.235.734.
partecipazioni sociali delle società a garanzia limitata austriache) non si è accompagnata, infatti, la creazione di forme procedurali ad hoc
oppure il rinvio a modelli fissati nel codice di rito. Un significativo ausilio non reca, d'altra parte, il ricorso al criterio ermeneutico della lettura dei resoconti dei lavori preparatori al codice civile, considerato l'anodino tenore della relazione al re sul punto (n. 1013: «basterà osser vare le norme della procedura esecutiva ordinaria»).
Pur in presenza di tali difficoltà, ulteriormente accentuate dalle an
nose divergenze esegetiche in ordine all'esatta qualificazione dogmatica della quota di società a responsabilità limitata (un ripensamento critico delle più disparate opinioni espresse sul tema è condotto, con ampiezza di riferimenti bibliografici, da Rivolta, La società a responsabilità li
mitata, in Trattato Cicu-Messineo, Milano, 1982, XXX, 183) si è ormai consolidato in giurisprudenza, salvo qualche isolata pronuncia disso
nante (Trib. Torino 1° ottobre 1949, Foro pad., 1950, I, 194, privilegia l'esecuzione per consegna di un bene mobile, rappresentato dal certifi
cato di quota) l'orientamento che ritiene applicabile, pur con i necessari
adattamenti, il procedimento esecutivo presso terzi.
A fondamento del ricorso alle modalità procedurali fissate dagli art. 543 ss. c.p.c. si argomenta dalla configurazione della partecipazione sociale come diritto di credito verso la società (Cass. 23 agosto 1956, n. 3162, Foro it., 1956, I, 1439; 28 febbraio 1964, n. 454, id., 1964,
I, 1453; 27 gennaio 1984, n. 640, id., Rep. 1984, voce cit., n. 27, e
Giust. civ., 1984, I, 3090, con nota di Pazzaglia, Trasferimento di
quote di società a responsabilità limitata e pignoramento-, 18 febbraio
1985, n. 1355, Foro it., Rep. 1985, voce Società, n. 657, e Giur. comm., 1985, II, 437, con osservazioni di Racugno; in dottrina, Andrioli, op. cit., 444; Dini, L'espropriazione presso terzi, Milano, 1983, 50; Milil
lo, op. cit., 1303; Bucolo, Il pignoramento e il sequestro presso il
terzo, Padova, 1986, 145), ovvero, in altra impostazione, si definisce la quota come bene immateriale equiparato ai beni mobili materiali non
iscritti (Cass. 12 dicembre 1986, n. 7409, Foro it., 1987, I, 1101, con
osservazioni di Donati; Cass. 9577/97, in epigrafe). Alla medesima conclusione si perviene ipotizzando nella specie un
trasferimento coattivo di rapporti contrattuali unitariamente intesi (San tini, Società a responsabilità limitata, in Commentario Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1971, 19 ss., spec. 135) o anche, senza indulgere a for
zati paragoni, in via di esclusione, considerata la manifesta disomoge neità delle altre forme esecutive (Rivolta, op. cit., 241 ss.); altro avvi
so, infine (Grasso, L'espropriazione della quota, Milano, 1957, 336
ss.; Brunetti, Esecuzione su quota di società a responsabilità limitata, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1951, 260 ss., spec. 269; Travi, Espro
priazione di quota di s.r.l., in Riv. internaz. scienze economiche e comm.,
1964, II, 792) ritiene, all'esito di una valutazione di compatibilità tecni
ca, il procedimento dell'espropriazione forzata presso terzi maggiormente
adeguato alla fattispecie poiché consente, attraverso il meccanismo del
la dichiarazione del terzo e quindi mediante la necessaria collaborazio
ne degli organi sociali, l'accertamento del contenuto attuale e della con sistenza economica effettiva delle quote staggite.
Non mancano contributi dottrinali che sostengono l'adozione di dif
ferenti tecniche ablatorie: A) l'espropriazione di beni indivisi, interpre tando estensivamente la nozione di «beni in comune» (Carnelutti,
Espropriazione della quota sociale, in Riv. dir. proc., 1958, 443); B)
l'espropriazione mobiliare presso il debitore, premesso l'inquadramento della quota sociale nella categoria delle cose mobili (Biondi, Osserva
zioni circa la natura giuridica della quota di società a responsabilità limitata, in Banca, borsa, ecc., 1957, I, 543); Q un procedimento sui
generis di tipo documentale, forgiato sulla base dell'applicazione analo
gica dell'art. 2806 c.c. (Bonsignori, Espropriazione della quota di so
cietà a responsabilità limitata, Milano, 1961, 74 ss.); D) dall'analisi del
le modifiche legislative in tema di modalità di trasferimento delle quote di s.r.l. apportate dalla 1. 12 agosto 1993 n. 310, si è asserita la natura
di beni mobili iscritti in un pubblico registro di siffatte partecipazioni, e la loro pignorabilità mediante iscrizione nel registro delle imprese
(Chiarloni, Il pignoramento di quote di società a responsabilità limita
ta si esegue ora tramite iscrizione nel registro delle imprese, in Giur.
it., 1995, IV, 153 ss.). In ordine all'espropriazione di quote non liberamente trasferibili, spe
cificamente disciplinata dal 3° comma dell'art. 2480 c.c., il vincolo che
limita o condiziona la circolazione può discendere: a) dalla natura della
partecipazione (es. quote con prestazioni accessorie, il cui atto traslati
vo è soggetto, ex art. 2478 c.c., a gradimento degli amministratori:
Il Foro Italiano — 1999.
Il precetto era stato a sua volta intimato in base al titolo
esecutivo costituito dal decreto d'ingiunzione emesso il 4 marzo
1993 dal presidente del Tribunale di Grosseto, notificato il 16
marzo 1993, reso provvisoriamente esecutivo con ordinanza 21
settembre 1993 pronunciata nel giudizio di opposizione. 2.1. - Mara Laschi, comparsa davanti alla sezione distaccata
di Cecina della Pretura circondariale di Livorno nell'udienza
fissata per la dichiarazione del terzo, dichiarava d'aver propo sto opposizione agli atti esecutivi con citazione a comparire da
vanti al Tribunale di Grosseto.
così Santini, op. cit., 141, e Travi, op. cit., 797); b) da disposizioni normative (in via esemplificativa, si pensi alle quote corrispondenti a conferimenti in natura durante il periodo di revisione della stima, di
cui, ai sensi degli art. 2343 e 2476 c.c., non è consentito il trasferimen to: Dini, op. cit., 51; Rivolta, op. cit., 241; contra, Bonsignori, op. cit., 181); c) dalla volontà dei soci, manifestata nell'atto costitutivo, nello statuto o in patti parasociali, che subordini la trasferibilità a con dizioni oggettive (possesso, da parte dell'acquirente, di determinati re
quisiti, quali età, cittadinanza italiana, ecc.) o soggettive (clausole di
gradimento o di prelazione). Con riferimento alle situazioni limitative di matrice convenzionale, la giurisprudenza (Cass. 3 aprile 1991, n. 3482, Foro it., 1992, I, 842, con nota critica di Meli, Inapplicabilità dell'art. 2480 c.c. in presenza di una clausola di prelazione al trasferimento di
quote di s.r.1.7) ha individuato, quali caratteristiche indefettibili per l'ap plicabilità dell'art. 2480, 3° comma, c.c., l'opponibilità ai terzi non soci (c.d. efficacia reale), la titolarità dell'interesse sostanziale da parte della società e la compatibilità funzionale tra il mezzo processuale e l'interesse sostanziale tutelato, con esclusione di vincoli non statutari e clausole di prelazione in favore di soci uti singuli.
Controversa è la sussumibilità nella norma citata dell'ipotesi di quota assolutamente intrasferibile: assertore della tesi contraria, ritenendo pre minente l'esigenza di non pregiudicare l'interesse dei soci a conservare immodificata la compagine sociale, è Grasso, op. cit., 232, 337 e pas sim (conf. Dini, op. cit., 53); in senso favorevole, si paventa il pericolo di una facile elusione della garanzia patrimoniale di cui all'art. 2740
c.c., consentendo al socio di sottrarre ai propri creditori, per tutta la durata della società, il cespite rappresentato dalla quota dichiarata in trasferibile (Santini, op. cit., 141; Milello, op. cit., 1299; Bucolo,
op. cit., 144; Bonsignori, op. cit., 58; Coletta, Espropriazione su quote di società di capitali, Padova, 1989, 124; Formiogini, La designazione dell'acquirente nell'espropriazione della quota della società a responsa bilità limitata, in Riv. dir. civ., 1959, I, 553).
La ratio giustificatrice della disposizione in esame è rappresentata, come si evince dalla relazione al re, dall'esigenza di contemperare «l'in teresse del creditore particolare alle vendite agli incanti con quello della società che, col disporre nell'atto introduttivo la non libera alienabilità delle quote, abbia dimostrato di non voler accogliere nel suo seno per sone non gradite».
Per consentire la conservazione dell'originario equilibrio della com
pagine, si stabilisce una duplice possibilità di intervento dell'ente collet tivo: in via preventiva, e cioè anteriormente alla fase liquidativa, è pre visto un tentativo di accordo tra creditore, debitore e persona giuridica, il cui esito negativo determina la vendita della quota che «ha luogo all'incanto»; in un momento successivo, entro dieci giorni dall'aggiudi cazione, la società può ottenere la sostituzione dell'aggiudicatario, pre sentando un altro acquirente che offra lo stesso prezzo.
Il dato positivo, ora illustrato, ha dato adito a molteplici perplessità interpretative.
Quanto alla fase c.d. «amichevole», il tentativo di accordo costitui sce condizione di procedibilità della successiva vendita, non può attuar si in via stragiudiziale ed è obbligatorio (il cui mancato esperimento legittima la proposizione di un'opposizione agli atti esecutivi ad opera della società: Grasso, op. cit., 348, e Bonsignori, op. cit., 140); I'm
idem placitum può vertere unicamente sulle modalità della successiva vendita (es. fissazione del prezzo-base), eventualmente diverse dall'in canto (trattativa o licitazione privata), ovvero riguardare tutte gli aspet ti del trasferimento, ivi compresa l'individuazione dell'acquirente. In
quest'ultimo caso, esso integra, a giudizio di Santini, op. cit., 142, un'alienazione non giudiziale, disciplinata dalle norme in materia di con
tratti; per Bonsignori, op. loc. cit., invece, si è in presenza di un atto
processuale di parte (suscettibile, in presenza di vizi del consenso, di
opposizione ex art. 617 c.p.c.) prodromico ad un trasferimento effet
tuato dall'ufficio, pur nel rispetto delle condizioni stabilite dalle parti
(per un esame delle varie figure di accordo nell'ambito del processo civile, v. Bongiorno, Accordo processuale, voce dell'Enciclopedia giu ridica Treccani, Roma, 1988, I).
Di difficile inquadramento sistematico è, poi, il potere di presenta zione di altro acquirente attribuito alla s.r.l. dall'ultima parte del 3°
comma (la questione d'illegittimità costituzionale di codesta norma, per violazione dell'art. 3 Cost., è stata giudicata manifestamente infondata
da Trib. Bologna 5 febbraio 1974, Foro it., Rep. 1974, voce cit., n.
330, e Giur. comm., 1974, II, 225, confermata da App. Bologna 18
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1619 PARTE PRIMA 1620
La debitrice sollevava altre questioni.
Sosteneva, in particolare, che i creditori, prima di sottoporre a pignoramento la quota, avrebbero dovuto far valere i loro
diritti sugli utili che le spettavano da parte della società; che
avrebbero dovuto iniziare separate esecuzioni, essendo ciascuno
creditore non dell'intera somma domandata ma solo d'una par te d'essa; che era mancata la notifica dell'ordinanza con cui
era stata concessa la provvisoria esecuzione, mentre il precetto era nullo; che, essendo uno dei creditori rappresentante legale della società, mancava tra lui e la stessa società quel rapporto
giugno 1977, Foro it., Rep. 1978, voce cit., n. 260, e Giur. comm., 1978, II, 421). In un'impostazione sostanzialistica, pur con varie diffe
renziazioni, si riscontrano i caratteri di un diritto soggettivo di natura
privatistica: una «specie di diritto di riscatto» (Andrioli, op. cit., 445), un diritto di prelazione (Pret. Roma, ord. 26 luglio 1965, cit., Brunet
ti, op. cit., 266), affine all'istituto della prelazione ereditaria (Milillo, op. cit., 1300); altro filone ermeneutico (Bonsionori, op. cit., 161, Gras
so, op. cit., 350) ritiene trattarsi di una facoltà di mera natura proces suale, che la società può far valere solo ed unicamente nell'ambito del
procedimento e che non ha alcun rilievo al di fuori di esso. A giudizio di Ferrara jr.-Corsi, Gli imprenditori e le società, Mila
no, 1987, 719, e di Campobasso, Diritto delle società, Torino, 1992, 471, la designazione del nuovo acquirente ha natura di atto urgente e va ricompresa nella sfera di attribuzioni degli amministratori; per contro, si è sostenuto (v., ex plurìmis, Cass. 11 giugno 1980, n. 3715, Foro
it., Rep. 1980, voce cit., n. 276, e Giur. comm., 1981, II, 913, con nota critica di Racugno, Sulla competenza e presentare «un altro ac
quirente» nell'espropriazione di quota di società a responsabilità limita
ta-, Santini, op. cit., 151; Bonsionori, op. cit., 174; Coletta, op. cit., 123 ss.; con diffusa disamina di vari profili pratici, Formiggini, op. cit., 556 ss.) che, in assenza di una diversa statuizione dello statuto, il potere di scelta in oggetto esula dagli atti di amministrazione e da
quelli di esecuzione di delibere, poiché attiene alla composizione della
compagine sociale e compete pertanto ai soci riuniti in assemblea ordi
naria, con esclusione dalla votazione assembleare del socio espropriato, della persona proposta (Pret. Milano 20 dicembre 1962, Foro it., Rep. 1964, voce cit., n. 280, e Foro pad., 1964, I, 660), nonché, per evidente conflitto d'interessi, dell'aggiudicatario (Pret. Milano 21 aprile 1962, Foro it.. Rep. 1962, voce cit., n. 297, e Foro pad., 1963, I, 878).
È convincimento diffuso, in dottrina ed in giurisprudenza, che l'eser cizio del potere di presentazione da parte dell'ente collettivo incida sul
profilo effettuale del provvedimento di aggiudicazione in senso caduca torio ovvero definitivamente impeditivo della produzione dei suoi effet ti. Più specificamente, tale presentazione viene configurata come un evento futuro (in quanto successivo alla vendita) ed incerto che opera in relazione all'acquisto dell'aggiudicatario alla stregua di una condizio ne sospensiva (a carattere negativo: Bucolo, op. cit., 145; Ferrara
jr.-Corsi, op. cit., 719; Milillo, op. cit., 1301) o, per la tendenza inter
pretativa maggioritaria, risolutiva e retroattivamente efficace (cfr. Pret. Milano 21 aprile 1962, cit.; 20 dicembre 1962, cit.; Santini, op. cit., 143; Bonsignori, op. cit., 158; Brunetti, op. cit., 266; Formiggini, op. cit., 551).
Circa le modalità attuative della facoltà conferita alla società e gli ulteriori sviluppi della procedura, va senza dubbio esclusa un'applica zione generalizzata del mezzo utilizzato nella vicenda portata all'atten zione di Cass. 2926/97, in epigrafe, e cioè l'opposizione agli atti esecu tivi (il ricorso a tale rimedio nel caso de quo sembra essere stato deter minato dall'anomalia della situazione, più analiticamente illustrata sub nota 4), dal momento che con l'attuazione della facoltà conferita alla società non vengono in discussione eventuali invalidità o irregolarità del procedimento ovvero del titolo posto a base di esso.
Dal riscontro di asserite similitudini di natura strutturale e funzionale con l'offerta in aumento di sesto (la quale, presentata in una fase suc cessiva alla vendita all'incanto, rende tamquam non esset la precedente aggiudicazione) si fa discendere, ad avviso pressoché unanime (Cass. 11 giugno 1980, n. 3715, cit.; Pret. Roma 26 luglio 1965, cit.; Santini, op. cit., 142; Rivolta, op. cit., 245), l'applicabilità, in via analogica, degli art. 571 e 584 c.p.c.: la designazione ad opera della società va
pertanto effettuata mediante dichiarazione, resa dal legale rappresen tante dell'ente collettivo, depositata nella cancelleria dell'ufficio giudi ziario procedente.
In questa prospettiva, la presentazione, accompagnata dall'offerta di
acquisto da parte della persona indicata e dal contestuale versamento di una somma pari al controvalore dell'assegnazione, produce la surro gazione, con effetto retroattivo, della persona designata all'acquirente all'incanto, spettando al giudice dell'esecuzione provvedere unicamente sui necessari rimborsi a chi di ragione (Pret. Roma 26 luglio 1965, cit.; Santini, op. cit., 143); altra opinione, pur attribuendo al binomio «of ferta più gradimento» effetto immediatamente risolutivo ex tunc della vendita forzata, ravvisa la necessità di un provvedimento del giudice dell'esecuzione ai fini del trasferimento coattivo della quota al soggetto indicato (fa riferimento ad un decreto di aggiudicazione, Formiggini,
Il Foro Italiano — 1999.
di alterità che è condizione per poter sperimentare l'esecuzione
forzata presso terzi; che il foro dell'esecuzione forzata non era
Livorno, ma Grosseto, perché nel precetto i creditori avevano
appunto eletto domicilio a Grosseto.
2.2. - Enrico Galleni e Giovanna Manetti, comparsi nella me
desima udienza, sostenevano che l'opposizione svolta dalla de
bitrice era inammissibile, per non essere stata proposta con ri
corso al giudice dell'esecuzione, e che in ogni caso le ragioni con essa dedotte non erano fondate.
2.3. - Lo stesso Enrico Galleni, in qualità di presidente e rap
op. cit., 555, nota 5; per Bonsignori, op. cit., 161, è un'ordinanza; a parere di Pret. Milano 21 aprile 1962, cit., in conformità della regola generale dell'art. 487 c.p.c., si tratta di un'ordinanza, subordinata al l'accertamento officioso dell'esistenza dei limiti posti dall'art. 2480 c.c., e specialmente della non libera trasferibilità delle quote e dell'esistenza di una manifestazione di volontà proveniente dalla società). Su posizio ni non dissimili, Grasso, op. cit., 350, parifica la presentazione della società ad un'istanza di rinnovazione della vendita su cui il giudice del l'esecuzione emette con decreto gli opportuni provvedimenti, verifican do ex officio il rispetto delle condizioni oggettive per il trasferimento della quota, ed ordinando la restituzione delle somme versate dal primo aggiudicatario; infine, per Coletta, op. cit., 122, la presentazione ha forma libera e la competenza a dichiarare aggiudicatario di diritto il nuovo offerente va attribuita all'ufficiale incaricato della vendita.
Da ultimo, va ora affrontato il tema oggetto della precipua attenzio ne delle pronunce in rassegna, e cioè la possibilità che l'atto conclusivo del procedimento espropriativo su quote di una s.r.l. sia costituito dal
l'assegnazione dei beni pignorati al creditore procedente. In tema di partecipazioni la cui circolazione non è subordinata a limi
ti o vincoli, la portata generale dell'istituto dell'assegnazione, visto dal
legislatore come forma di realizzazione alternativa alla vendita forzata, e la generica locuzione «vendita» contenuta nella formulazione del 2° comma dell'art. 2480 c.c., consentono un'interpretazione estensiva del la disposizione citata, tale da includere anche la diretta attribuzione del compendio pignorato ai creditori (in questo ordine di idee, Bonsi
gnori, op. cit., 177, e Grasso, op. cit., 347): in senso affermativo, la prima decisione riportata, Cass. 9577/97, riconosce ammissibile, quale atto esecutivo finale, l'assegnazione ai creditori, a carattere satisfattivo o nelle forme della c.d. assegnazione-vendita, nei termini stabiliti dalle
disposizioni in materia di espropriazione forzata mobiliare presso il de bitore.
In ipotesi di quote non liberamente trasferibili, esclude invece tale
possibilità Pret. Udine, ord. 18 dicembre 1951, cit., sulla base di una
rigida esegesi del dettato normativo, evidenziando in particolare il ri chiamo alla vendita all'incanto contenuto nell'art. 2480, 3° comma, c.c. e la differente formulazione con il capoverso precedente (analogamen te, in dottrina, Grasso, op. cit., 349, e Coletta, op. cit., 122).
In una prospettiva teleologica del processo espropriativo, Pret. Roma 26 luglio 1965, cit., riscontra sostanziali affinità tra la vendita e l'asse
gnazione, entrambi atti esecutivi, ugualmente diretti alla soddisfazione dei creditori, in concorso elettivo tra loro, e ne inferisce la legittimità dell'assegnazione di quote non liberamente trasferibili di una s.r.l., su
bordinata, in osservanza dei principi generali del codice di rito, al vano esperimento della prima vendita all'incanto, con salvezza, in ogni caso, della facoltà della società di presentare, in luogo dell'aggiudicatario e nei termini stabiliti, persona di sua preferenza. Muovendo da un'equi parazione funzionale tra assegnazione e vendita forzata, ambedue for me di trasferimento coattivo del diritto, accede alla soluzione positiva anche Cass. 2926/97, relativa peraltro ad un procedimento in cui, a quanto emerge dalla lettura della sentenza, l'assegnazione era stata di
sposta immediatamente dopo la dichiarazione positiva resa dal terzo. In argomento, dalle finalità istituzionali dell'assegnazione (impedire
l'esperimento di un secondo incanto ad offerta libera), Bonsignori, op. cit., 177, deduce la possibilità di attribuzione diretta delle quote, ma solo nelle forme della c.d. assegnazione-vendita, negando invece asse
gnazioni a carattere satisfattivo giacché per le quote non liberamente trasferibili «non vi può essere un prezzo di aggiudicazione, ma semmai un puro valore di scomputo rispetto al credito dell'assegnatario», il che renderebbe inattuabile nella specie l'offerta di un nuovo acquirente presentato dalla società.
Dalla premessa sistematica della qualificazione della quota come di ritto di credito verso la società, attribuiscono carattere pro soluto al
l'assegnazione di quota, Travi, op. cit., 796; Andrioli, op. cit., 447; Brunetti, op. cit., 271: il trasferimento si realizza con la sola garanzia relativa alla reale esistenza di essa e non delle utilità patrimoniali che ne deriveranno; nello stesso ordine di idee, con approfondita trattazio ne, Milillo, op. cit., 1305, precisa che l'attribuzione diretta della quota pignorata al creditore avviene per un valore in ogni caso non inferiore alle spese di esecuzione e ai crediti aventi diritto di prelazione anteriore a quello del creditore istante e necessita, in caso di partecipazioni socia li non liberamente trasferibili, dell'adesione di tutti i creditori parteci panti, del debitore esecutato e della società, con conseguente preclusio
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
presentante legale della società Tahiti s.r.l., rendeva altresì po sitiva dichiarazione di terzo.
Dichiarava, in particolare, che la Laschi era titolare di una
quota pari al 33,33 per cento del capitale sociale ammontante
a lire venti milioni. 2.4. - Il giudice dell'esecuzione, su richiesta della Laschi, rin
viava all'udienza del 16 dicembre 1994 per la precisazione delle
conclusioni.
2.5. - La Laschi, in tale udienza, concludeva chiedendo che
il giudice dell'esecuzione rimettesse la causa davanti al Tribuna
le di Grosseto, competente per valore e per territorio.
ne, per quest'ultima, dell'esercizio del potere di presentazione di altra
persona. Sull'intera problematica sin qui trattata, con ulteriori spunti in rela
zione ai provvedimenti cautelari su quote di s.r.l., v. Vhxanacci, Se
questro giudiziario di quote sociali di società a r.l., Padova, 1995, pas
sim, spec. 72 ss. e 94 ss.
(2) In un'espropriazione presso terzi avente ad oggetto quote di s.r.l., il debitore deduce la giuridica inesistenza, per violazione di norme sul
procedimento, dell'ordinanza di assegnazione ai creditori del compen dio pignorato, proponendo avverso la stessa dapprima istanza di revoca
o correzione (rigettata) e successivamente opposizione agli atti esecutivi, dichiarata inammissibile per tardività.
Nel confermare quest'ultima decisione, la corte di legittimità ribadi
sce la nozione di inesistenza giuridica, rectius di nullità insanabile, del
l'atto esecutivo, intesa quale carenza dei requisiti, formali e non forma
li, per il conseguimento dello scopo (costituito, nel procedimento espro
priativo dall'alienazione del bene pignorato come mezzo per la
soddisfazione dei creditori), già elaborata in numerosi precedenti giuris
prudenziali (per un'esauriente ricognizione sistematica su questi argo menti e sui relativi problemi interpretativi, si rinvia alle osservazioni
di Scala a Cass., sez. un., 27 ottobre 1995, n. 11178, Foro it., 1996,
I, 3468, ed ai richiami ivi contenuti). Nel caso in esame, 1 'error in procedendo dedotto dal ricorrente, e
cioè l'avvenuta effettuazione dell'assegnazione di partecipazioni sociali
secondo le modalità procedurali proprie dell'espropriazione di crediti
e non con quelle tipiche dell'espropriazione mobiliare presso il debito
re, determina, ad avviso del Supremo collegio, una situazione di diffor
mità dello schema legale non sussumibile nella categoria della c.d. inesi
stenza: la contestata ordinanza di attribuzione ai creditori procedenti delle quote pignorate per il valore dei crediti azionati, in quanto capace di realizzare le finalità del processo espropriativo, è provvedimento nul
lo, e pertanto suscettibile di opposizione ex art. 617 c.p.c. con i limiti
di ordine temporale ivi previsti. In un significativo obiter dictum, la pronuncia in rassegna approfon
disce e sviluppa il tema dell'incidenza e degli effetti, nel processo esecu
tivo, del vizio qualificabile come nullità insanabile, con particolare ri
guardo al regime di rilevabilità dello stesso.
La Suprema corte osserva come nella fattispecie, anche a voler rite
nere sussistente uno stato patologico integrante un'inesistenza giuridica, la proponibilità avverso l'ordinanza di assegnazione del rimedio stabili
to dall'art. 617 c.p.c. era, in ogni caso, preclusa dal preventivo ricorso
allo strumento (di carattere alternativo) dell'istanza di revoca, e dall'e
manazione del relativo provvedimento. Invero, avanzata una richiesta
di revoca o correzione di un provvedimento destinato, secondo lo sche
ma legale seguito, a chiudere il processo, il giudice dell'esecuzione, ove
ne riscontri la nullità insanabile, ha il potere-dovere di ritirarlo; all'atto
invalido si sostituisce il provvedimento di rigetto dell'istanza ex art.
487 c.p.c., il quale è a sua volta impugnabile (non già per effetto della
propagazione del vizio di nullità insanabile, bensì in quanto inficiato
da difetti propri, consistenti nel mancato esercizio di un potere che il
giudice era obbligato ad esercitare) con opposizione agli atti nell'ordi
nario termine di decadenza. Al di là della formale adesione, prestata mediante un espresso riferi
mento, alla linea ermeneutica seguita da Cass. 11178/95, cit., con gli
approfondimenti contenuti in obiter, la Suprema corte sembra porsi in posizione di ulteriore precisazione rispetto all'indirizzo richiamato.
Invero, le decisioni precedenti (i vari orientamenti sono sinteticamen
te ricostruiti nell'iter logico-giuridico di Cass. 11178/95, cit.), pur muo
vendo da premesse concettuali e ricostruttive diverse (con una visione
del processo per espropriazione forzata ora come sequenza continua
di atti ordinata ad un unico provvedimento finale, ora come successio
ne di subprocedimenti, cioè serie autonoma di atti ordinati a distinti
provvedimenti successivi), hanno pacificamente affermato il principio
per cui, anche in virtù del dettato dell'art. 2929 c.c., l'ultima possibilità
per dedurre l'esistenza di una nullità insanabile di un atto processuale esecutivo è rappresentato dall'opposizione ex art. 617 c.p.c. nel termine
legale di decadenza decorrente dal compimento dell'atto che determina
la chiusura del processo (rectius, dalla conoscenza di esso) con conse
guente preclusione per il rilievo del vizio, anche ex officio, in un mo
mento successivo o in una diversa sede (in particolare, sulla esclusione
Il Foro Italiano — 1999.
Il Galleni e la Marietti, premesso che il processo pendente era un processo di esecuzione forzata presso terzi in cui era
stata resa una non contestata dichiarazione positiva; eccepito che l'opposizione era inammissibile per il modo in cui era stata
introdotta e rilevato che del processo esecutivo non era stata
domandata la sospensione; chiedevano che l'ordinanza del 14
dicembre 1993 fosse revocata e che la quota pignorata fosse
assegnata a ciascuno di loro in ragione del cinquanta per cento.
Il pretore si riservava di decidere.
2.6. - Il pretore scioglieva la riserva e, con ordinanza deposi tata il 26 febbraio 1994, premesso il rilievo «che nel corso della
di un'autonoma actio nullitatis concorda la dottrina maggioritaria: v., in proposito, La China, L'esecuzione forzata e le disposizioni generali del codice di procedura civile, Milano, 1970, 556, nonché Oriani, Op posizione all'esecuzione, voce del Digesto civ., appendice, Torino, 1995,
XIII, 614). Differente è invece la soluzione fornita dalla sentenza in epigrafe,
la quale consente di far valere le nullità insanabili mediante la proposi zione di un'istanza di revoca avverso il provvedimento che, sia pure all'esito dell'adozione di una tecnica procedurale erronea, definisce il
processo e sino all'attuazione dello stesso, nonché di impugnare succes sivamente ex art. 617 c.p.c. la decisione sull'istanza.
Sul problema del coordinamento del potere di revoca degli atti del
giudice dell'esecuzione con l'opposizione ex art. 617 c.p.c., specifica mente, Cass. 2 aprile 1997, n. 2867, Foro it., Rep. 1997, voce Esecuzio ne per obbligazioni pecuniarie, n. 67, ove, affermata la prioritaria esi
genza del costante adattamento del processo esecutivo alla realtà fat
tuale, viene riconosciuto al giudice dell'esecuzione un potere di modifica
o revoca delle proprie ordinanze indipendente dalle iniziative delle parti
(e cioè non condizionato dalla proposizione dell'opposizione agli atti), con l'unico limite rappresentato dall'awenuta eseeuzione dei provvedi menti. Sul medesimo tema, cfr. Cass. 21 aprile 1997, n. 3427, ibid., voce Esecuzione forzata in genere, nn. 76, 119: in presenza di un prov vedimento del giudice dell'esecuzione inficiato da vizi di opportunità o da violazione di norme (cioè da errori nella ricostruzione del fatto
o nella valutazione in diritto), le parti potranno esperire l'opposizione
agli atti o, in via alternativa, chiedere al giudice dell'esecuzione che
faccia esercizio del suo potere di modifica o revoca.
(3) Così anche Cass. 17 agosto 1990, n. 8370, Foro it., Rep. 1990, voce Esecuzione forzata in genere, n. 58 (richiamata anche dalla pro nuncia in epigrafe): va riconosciuta la legittimazione all'opposizione ex
art. 617 c.p.c. a tutti coloro che, partecipanti al procedimento esecuti
vo, siano interessati al suo regolare svolgimento allo scopo di evitare
il danno derivante dal compimento di atti non conformi a legge. Nella decisione in epigrafe, la Cassazione, chiamata a pronunciarsi
sulla legittimazione del terzo pignorato ad avvalersi dello strumento del
l'opposizione agli atti, propende per una lettura estensiva del rimedio
previsto dall'art. 617 c.p.c., consentito anche a soggetti che, pur non
espressamente ricompresi nella formulazione letterale della disposizio
ne, siano comunque partecipi della procedura e possano ricevere pre
giudizio dall'esecuzione.
Questione maggiormente dibattuta nella giurisprudenza di legittimità è invece l'individuazione degli strumenti di tutela del terzo pignorato avverso l'ordinanza di assegnazione emessa in presenza di contestazioni
o di una dichiarazione negativa erroneamente interpretata dal giudice dell'esecuzione. Sul punto, basti qui ricordare come il prevalente indi
rizzo esegetico distingua i mezzi d'impugnazione esperibili in ragione del contenuto in concreto assunto dall'ordinanza di assegnazione, diffe
renziando le ipotesi in cui essa abbia valore di mero accertamento del
carattere positivo della dichiarazione (opposizione agli atti) da quelle in cui la stessa si configura come una pronuncia decisoria sull'esistenza
del credito pignorato (appello): così, Cass. 5 luglio 1989, n. 3208, ibid., voce Esecuzione per obbligazioni pecuniarie, n. 35, e Giust. civ., 1990,
I, 1078, con nota critica di Vaccarella, Sui rimedi esperibili dal terzo
contro l'ordinanza di assegnazione. In dottrina, per Oriani, L'opposizione agli atti esecutivi, Napoli, 1987,
327 ss. (cui si rinvia per ulteriori richiami), il terzo indicato nell'art.
543 c.p.c., destinatario (ed autore) di attività che si svolgono nel pro
cesso, ha la facoltà (rectius, l'onere) di attaccare la valutazione positiva fatta dal giudice dell'esecuzione in ordine all'esistenza del credito, ri
correndo all'opposizione agli atti esecutivi, con esclusione del ricorso
a mezzi d'impugnazione propri delle sentenze (conf. Vaccarella, op.
cit., 1083).
(4) Relativa ad una vicenda processuale decisamente singolare è inve
ce la seconda decisione in epigrafe. Con la medesima ordinanza viene
disposta l'assegnazione in favore del creditore procedente delle parteci
pazioni sociali di una s.r.l., oggetto di pignoramento, e dichiarata l'e
stinzione del procedimento; successivamente, in sede di opposizione agli atti esecutivi promossa dall'ente collettivo, lo stesso pretore, ritenuto
il carattere provvisorio dell'assegnazione, afferma il diritto della socie
tà, in presenza di un vincolo di limitata trasferibilità delle partecipazio
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1623 PARTE PRIMA 1624
prima udienza il debitore s'è opposto all'esecuzione ex art. 615, 2° comma, c.p.c.», osservava che «l'opposizione formulata dal
debitore ai sensi dell'art. 615 c.p.c. è irrituale, atteso che deve
proporsi con ricorso al giudice dell'esecuzione, di seguito al quale si procede all'iscrizione della causa nel ruolo generale e, previa
regolarizzazione dei diritti, alla formazione di un autonomo fa
scicolo. In questa fase, pertanto, non possono essere presi in
considerazione i rilievi mossi dal debitore, non essendosi costi
tuito un regolare rapporto processuale relativamente alla causa
di opposizione all'esecuzione».
Revocava perciò l'ordinanza emessa all'udienza del 14 dicem
bre 1993.
ni sociali, a veder assegnate, ai sensi dell'art. 2480, 3° comma, c.c., le quote a persona da essa indicata.
Il Supremo collegio, conferita alla c.d. declaratoria di estinzione na tura di statuizione atipica, avente valore meramente accertativo dell'e saurimento della funzione del pignoramento e dell'improseguibilità del
processo esecutivo, evidenzia la necessità, nell'ipotesi in esame, del ri corso al rimedio previsto dall'art. 617 c.p.c., volto alla declaratoria di nullità o inefficacia della pronunciata estinzione e strumentale rispet to al risultato pratico perseguito, e cioè la sostituzione dell'assegnatario con altro acquirente. Dalla non sussumibilità in alcun modello codifica to del provvedimento in questione desume, poi, all'esito di un appro fondito excursus sul tema, l'inesperibilità dei mezzi di gravame ordina riamente stabiliti per la dichiarazione di estinzione, ed in particolare del reclamo di cui all'art. 630 c.p.c.
Invero, nell'anomala dichiarazione di estinzione emessa quando la serie procedimentale si era conclusa con il soddisfacimento della pretesa creditoria, sembra essere rievocata la nozione, di risalente elaborazione
dottrinale, della chiusura del processo per esaurimento, che si verifica
quando esso «giunga fino all'attuazione in tutto o in parte dello scopo finale dell'azione esecutiva oppure quando sia ufficialmente constatato che quello scopo non è raggiungibile per la mancanza assoluta di mate ria prima»: Redenti, Dir. proc. civ., 1957, III, 340. Essa poteva essere
pertanto qualificata, diversamente dalla soluzione adottata in concreto, come uno svolazzo dell'estensore, una mera clausola di stile, non desti nata pertanto a produrre effetti, anche avuto riguardo al fatto che, come già rilevato sub nota 1, il ricorso al rimedio dell'opposizione agli atti appare non necessario, anzi inconferente, in relazione all'esercizio della facoltà di designazione di un nuovo acquirente, conferita alla s.r.l. dall'art. 2480, 3° comma, c.p.c.
Sull'estinzione del processo esecutivo, anche per ulteriori richiami, v. Saietti, Estinzione del processo, voce dell'Enciclopedia giuridica Trec
cani, Roma, 1988, XIII, 16 ss.
(5) Non constano precedenti in termini. Sulla superfluità di un'udien za per l'audizione delle parti nel procedimento espropriativo presso ter zi non si riscontrano specifici contributi dottrinali. Per una visione ge nerale dell'istituto, v. Travi, Espropriazione presso terzi, voce del No vissimo digesto, Torino, 1960, VI, 960 ss., Colesanti, Pignoramento presso terzi, voce dell 'Enciclopedia del diritto, Milano, 1983, XXXIII, 834 ss., e Vaccarella, Espropriazione presso terzi, voce del Digesto civ., Torino, 1992, VIII, 94 ss.
(6) Non frequentemente la Corte di cassazione ha avuto modo di occuparsi espressamente del problema dell'applicabilità dell'art. 2929 c.c. al procedimento espropriativo presso terzi.
Secondo l'insegnamento costante della Suprema corte, l'art. 2929 c.c.
presuppone che la vendita o l'assegnazione siano valide e non è quindi applicabile quando la nullità riguardi proprio vizi del procedimento stesso di vendita (tra le molte, Cass. 17 giugno 1966, n. 1569, Foro it., 1967, I, 1038, nonché 17 dicembre 1984, n. 6603, id., 1985, I, 2041); la sud detta norma, inoltre, si riferisce unicamente ai «vizi di forma che com
portano nullità dei singoli atti esecutivi» (Cass. 19 maggio 1977, n. 2068, id., Rep. 1977, voce Esecuzione forzata per obbligazioni pecuniarie, n. 38, e Giust. civ., 1977, I, 1543).
Dissente da questa affermazione, Sassani, Sulla portata precettiva dell'art. 2929 c.c., id., 1985, I, 3138 ss., per il quale la disposizione in questione sancisce l'indipendenza dell'atto traslativo finale dalla re
golarità causale degli atti precedenti, talché non rileva il motivo per cui tali atti sono inidonei a produrre legittimi effetti (inesistenza dell'a zione esecutiva, vizi formali estrinseci o altro).
In argomento, Bonsignori, Effetti della vendita forzata e dell'asse
gnazione, in Commentario al codice civile a cura di P. Schlesinger, Milano, 1988, 279 ss., individuato il senso della norma nell'esigenza di assicurare la stabilità degli effetti sostanziali del processo di espro priazione, ne esamina i vari problemi applicativi, nella prospettiva del l'articolazione delle nullità del processo esecutivo in nullità dirette e nullità derivate.
Per una compiuta disamina delle possibili opzioni esegetiche del
l'ambigua disposizione ed in particolare del difficile coordinamento con l'ambito di operatività dell'opposizione agli atti esecutivi, v. Oria
ni, L'opposizione agli atti esecutivi, cit., 410 ss. (ed i riferimenti ivi
contenuti). [R. Rossi]
li Foro Italiano — 1999.
Il pretore, rilevato al tempo stesso che il creditore proceden
te, in seguito alla dichiarazione del terzo, chiedeva l'emissione
del provvedimento di assegnazione, osservava che poteva farsi
luogo all'assegnazione del compendio pignorato ed assegnava ai due creditori, nella misura del cinquanta per cento ciascuno, «il compendio del pignoramento compiuto il 30 novembre 1993
(il 33,33 per cento delle quote della Tahiti s.r.l.) oltre le spese della procedura liquidate in complessive lire 1.145.000».
3.1. - Mara Laschi, con ricorso al pretore, depositato il 22
giugno 1994, presentava istanza di correzione dell'ordinanza 26
febbraio 1994.
La parte osservava che il pretore era incorso nell'omissione
consistita nell'aver omesso la valutazione del bene oggetto del
l'esecuzione: chiedeva, quindi, che l'ordinanza fosse revocata
e che venisse stabilito il criterio di valutazione della quota.
Svolgendo tale richiesta in note presentate all'udienza del 12
luglio 1994, fissata dal pretore per sentire le parti, la Laschi
sosteneva che l'ordinanza era giuridicamente inesistente, per
ché, non costituendo la quota di società a responsabilità limita
ta un credito, a norma dell'art. 552 c.p.c., l'assegnazione ne
è possibile solo nel rispetto di quanto stabilito per l'assegnazio ne dei beni mobili delle norme dettate per l'espropriazione for
zata presso il debitore e perciò, a norma dell'art. 538 del codi
ce, l'assegnazione può essere chiesta e disposta solo dopo che
le cose siano rimaste invendute all'incanto e deve esserlo per il prezzo base fissato dal pretore per tale incanto.
3.2. - Enrico Galleni e Giovanna Manetti chiedevano che l'i
stanza fosse respinta. Sostenevano che l'ordinanza non era suscettibile né di corre
zione, perché i vizi denunciati non costituivano errore materia
le, né di revoca, perché era stata eseguita con la trascrizione
del provvedimento di assegnazione nel libro dei soci: avrebbe
potuto essere impugnata con opposizione agli atti esecutivi, ma
ciò non era stato fatto.
3.3. - Il pretore, con ordinanza 10 agosto 1994, respingeva il ricorso.
Considerava che il provvedimento con cui era stata disposta
l'assegnazione non era annoverabile tra quelli giuridicamente
inesistenti; che non importava se fosse stata o no eseguita, per ché l'ordinanza di assegnazione può essere impugnata con l'op
posizione agli atti esecutivi e, ai sensi dell'art. 177 c.p.c., il giu dice dell'esecuzione non ha il potere di revocare le ordinanze
impugnabili; che inoltre contro l'ordinanza 26 febbraio 1994
era stata anche proposta impugnazione nella forma dell'appello. L'ordinanza veniva notificata alla Laschi il 19 agosto 1994,
mediante consegna di copia presso il procuratore costituito.
4.1.- Mara Laschi, con ricorso al Pretore di Livorno, sezione
distaccata di Cecina, depositato il 13 settembre 1994, propone va opposizione agli atti esecutivi.
L'opponente chiedeva che il pretore, accertata e dichiarata la giuridica inesistenza dell'ordinanza 26 febbraio 1994, nella
parte in cui aveva disposto l'immediata assegnazione della quo ta, rimettesse le parti davanti al giudice dell'esecuzione al fine
di procedere alla vendita.
La parte tornava a svolgere le ragioni proposte al pretore nella fase aperta con il ricorso per la revoca o correzione del
l'ordinanza, e, dedotto che la violazione delle norme sul proce dimento in cui era incorso il giudice dell'esecuzione determina
vano l'inesistenza giuridica del provvedimento di assegnazione, osservava che l'opposizione agli atti esecutivi poteva essere pro
posta senza limiti di tempo. 4.2. - Enrico Galleni e Giovanna Manetti si costituivano in
giudizio e chiedevano che l'opposizione fosse dichiarata inam
missibile, per non essere stata proposta entro il termine di cin
que giorni dalla notifica dell'ordinanza 26 febbraio 1994, avve
nuta il 1° marzo 1994.
4.3. - Il Pretore di Livorno, sezione distaccata di Cecina, con
sentenza 31 dicembre 1994, dichiarava l'opposizione inammis
sibile. Il pretore, premesso che l'opposizione era stata proposta ol
tre il termine di cinque giorni decorrenti dalla notificazione del
l'ordinanza di assegnazione, avvenuta il 1° marzo 1994, osser
vava che con l'opposizione erano state svolte, a sostegno della
deduzione d'inesistenza giuridica dell'ordinanza, ragioni che per una parte riproducevano quelle esposte nell'istanza di revoca ed erano state già esaminate e confutate nell'ordinanza 9 agosto
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
1994 con cui quell'istanza era stata rigettata, e per l'altra, in
quanto si risolvevano nel sostenere che erano state pretermesse fasi del procedimento, si risolvevano nell'allegare motivi d'ille
gittimità e non d'inesistenza giuridica. 5. - Mara Laschi ha proposto ricorso per cassazione.
Il ricorso è stato notificato il 13 luglio 1995 ad Enrico Galleni
e Giovanna Manetti nel domicilio eletto presso il procuratore costituito nel giudizio davanti al pretore.
Giovanna Manetti ha resistito con controricorso.
Le parti costituite hanno depositato memoria.
Motivi della decisione. — 1. - Il ricorso contiene due motivi.
2. - Il primo denunzia un vizio di difetto di motivazione (art.
360, n. 5, c.p.c.). La ricorrente osserva che punto decisivo della causa era sta
bilire se l'ordinanza di assegnazione costituisse un provvedimento
giuridicamente inesistente e che la sentenza non contiene sul
punto alcuna motivazione, non potendo valere come tale il rife
rimento ad altro provvedimento, oltretutto estraneo al processo
di opposizione. Il motivo è inammissibile. L'omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su punto
decisivo della controversia (art. 360, n. 5, c.p.c.) è vizio di legit
timità della sentenza, impugnabile con ricorso per cassazione,
che attiene al giudizio di accertamento sui fatti.
Si tratta cioè di un vizio il quale riguarda il momento logico,
della decisione presa dal giudice di merito, che consiste nella
valutazione da parte sua delle prove e degli altri elementi di
giudizio su cui può essere basato l'accertamento dei fatti (art.
116 c.p.c.): momento logico che inerisce al giudizio sul merito
della domanda e precede, nello stesso ambito, quello di applica
zione del diritto al fatto (art. 113 c.p.c.). Stabilire se un'opposizione agli atti esecutivi sia ammissibile,
ancorché proposta oltre il termine di cinque giorni dalla cono
scenza legale dell'atto impugnato (art. 617 c.p.c.), non attiene
al giudizio sul merito della domanda, ma al dovere del giudice
di pronunciarsi sulla domanda, cioè di esaminarne il merito.
La sentenza, quindi, può presentare il vizio di violazione di
norma sul procedimento (art. 360, n. 4, c.p.c.), se il giudizio
di ammissibilità od inammissibilità dell'opposizione sia oggetti vamente erroneo; non costituisce invece vizio di difetto di moti
vazione il fatto che a sostegno di quel giudizio non sia stata
esposta alcuna logica ragione. La sentenza, dunque, non si presta ad essere cassata per il
vizio denunciato nel motivo; potrà esserlo, per quello di viola
zione di norma sul procedimento, se il giudizio, d'inammissibi
lità nel caso, risulterà oggettivamente errato.
3.1. - Il secondo motivo denunzia un vizio di violazione di
norme sul procedimento (art. 360, n. 4, c.p.c., in relazione agli
art. 617 e 161 dello stesso codice).
La ricorrente osserva: — che, proposta da lei l'opposizione all'esecuzione, avendo
il giudice invitato a precisare le conclusioni su tale opposizione,
era da ritenere che il giudice dell'esecuzione avesse proposto
alla decisione sull'opposizione l'ulteriore corso del processo ese
cutivo. Ciò imponeva quindi al pretore di decidere con sentenza
sull'opposizione per poi passare a provvedere nell'ambito del
processo esecutivo circa i beni pignorati. Il pretore aveva invece
posto in essere sull'opposizione un sostanziale non luogo a prov
vedere; — l'istanza di assegnazione, avanzata con le conclusioni nel
l'anzidetta udienza, era stata quindi presentata fuori del proces
so esecutivo.
Su di essa, comunque, il giudice dell'esecuzione, prima di prov
vedere, avrebbe dovuto sentire le parti e disporre per la deter
minazione del prezzo d'incanto, perché, quanto alle cose diver
se dai crediti, il giudice dell'esecuzione ne può disporre l'asse
gnazione solo se siano rimaste invendute ad un precedente incanto
svoltosi sul prezzo base da lui fissato.
La prefissione del prezzo della cosa costituisce elemento es
senziale perché il processo esecutivo possa concludersi con l'as
segnazione, perché, in questo processo, l'interesse del debitore
non può essere sacrificato oltre quanto è necessario per realiz
zare la pretesa del creditore.
3.2. - La corte considera che la ricorrente, nel motivo appena
riassunto, prospetta due diversi ordini di argomenti per sostene
re che l'opposizione era fondata e ammissibile.
Il Foro Italiano — 1999 — Parte 7-30.
Se non che, di questi argomenti, il primo non è stato svolto
nell'opposizione.
L'opposizione — come si è riferito nell'esporre lo svolgimen to del processo — è stata proposta per sostenere che il procedi mento seguito dal giudice per provvedere sull'istanza di asse
gnazione della quota non è stato quello preveduto dalle norme
che regolano il processo di espropriazione presso terzi: è stata
proposta cioè per il secondo ordine di ragioni appena riassunte.
Di questa opposizione si tratta di stabilire se è stata rivolta
contro un atto esecutivo, in ipotesi nullo, ma giuridicamente
esistente, ovvero contro un atto affatto inesistente da un punto di vista giuridico.
Ma lo si può fare solo vagliando se il vizio per cui è stato
chiesto l'annullamento dell'atto, integrando una ragione d'ine
sistenza giuridica, anziché solo di nullità, poteva essere denun
ciato al di fuori del rispetto del termine stabilito dall'art. 617, 2° comma, c.p.c.
Non può venire, invece, in considerazione l'altra ragione, quella
per cui il giudice dell'esecuzione, prima di provvedere sull'istan
za di assegnazione, avrebbe dovuto giudicare dell'opposizione che la debitrice gli aveva originariamente proposto.
L'annullamento dell'ordinanza di assegnazione non è stato
chiesto per tale motivo e dunque non rileva che l'ordinanza sia
affetta in ipotesi da tale vizio e che questo sia un vizio che
determina inesistenza giuridica dell'atto.
Si deve cioè affermare che, quando è proposta opposizione
agli atti esecutivi ed è chiesto l'annullamento di un atto esecuti
vo per una determinata ragione, il giudizio, che consiste nello
stabilire se l'opposizione è ammissibile anche se non è stata pro
posta nel termine, non può essere condotto prima ricercando
se l'atto sia affetto da un qualunque vizio che lo rende inesi
stente sul piano giuridico e poi vagliando la fondatezza del mo
tivo addotto per ottenere la sua invalidazione: quel giudizio va
bensì condotto giudicando se la ragione addotta dalla parte per ottenere l'invalidazione dell'atto esecutivo, per il fatto di deter
minare la sua inesistenza giuridica, possa essere denunciata an
che fuori dei limiti di tempo stabiliti in linea generale dall'art.
617 c.p.c.
Oggetto del sindacato di legittimità sollecitato dalla ricorren
te sarà dunque la sola seconda parte del motivo.
3.3. - È pacifico che oggetto dell'espropriazione presso terzi
sia stata la quota di una società a responsabilità limitata.
Il terzo, cioè la società, ha reso dichiarazione positiva, ha
in altri termini dichiarato che la debitrice era titolare delle quo
te su cui il pignoramento era caduto.
A partire da tale dichiarazione, che non aveva dato adito a
contestazioni, il procedimento si sarebbe dovuto svolgere nel
modo che si descriverà.
L'art. 552 c.p.c. dispone che «se il terzo si dichiara o è di
chiarato possessore di cose appartenenti al debitore, il pretore,
sentite le parti, provvede per l'assegnazione o la vendita delle
cose mobili a norma degli art. 529 ss. o per l'assegnazione dei
crediti a norma dell'articolo seguente». La quota di una società a responsabilità limitata non è un
credito e va dunque considerata alla stregua di una cosa mobile.
L'art. 529 c.p.c., richiamato dall'art. 552, prevede che delle
cose, diverse dal denaro, dai titoli di credito e dalle altre cose
il cui valore risulta dal listino di borsa o di mercato, il creditore
pignorante e ognuno degli altri creditori possono chiedere la
vendita.
La vendita è disposta con l'ordinanza preveduta dall'art. 530,
3° comma, c.p.c. L'ordinanza di vendita contiene la determinazione del prezzo.
Il prezzo è fissato dal giudice dell'esecuzione, sentito quando
occorre uno stimatore, se il pretore ritiene opportuno che la
vendita avvenga a mezzo di commissionario (art. 532 c.p.c.),
ma anche quando la vendita è disposta con incanto (art. 535
c.p.c.), a meno che il giudice, se le circostanze non lo consigli
no, non autorizzi la vendita al miglior offerente.
Se la cosa resta invenduta, i creditori possono chiederne l'as
segnazione, per il prezzo fissato a norma del 2° comma dell'art.
535 c.p.c. Quando nel processo sono intervenuti più creditori, l'asse
gnazione può essere chiesta a vantaggio di uno solo o di più,
d'accordo fra tutti; quando nessuno sia intervenuto può essere
chiesta dal creditore procedente (art. 505 c.p.c.).
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1627 PARTE PRIMA 1628
L'assegnazione, a norma dell'art. 506 c.p.c., «può essere fat
ta per un valore non inferiore alle spese di esecuzione e ai credi
ti aventi diritto a prelazione anteriore a quello dell'offerente».
Dalle norme richiamate si trae che l'assegnazione è fatta per un valore che non può essere inferiore al valore indicato dal
l'art. 506 c.p.c., ma che può essere superiore, se per la vendita,
pur andata deserta, era stato fissato un prezzo e un prezzo su
periore all'ammontare del valore dei crediti e delle spese di pro cedura.
Se l'assegnazione è fatta per il secondo valore, cioè per quel lo corrispondente al prezzo fissato per la vendita, la parte del
valore della cosa assegnata che eccede l'ammontare dei crediti
indicati nell'art. 506 c.p.c. deve essere depositata nelle forme
dei depositi giudiziari, per essere distribuita e restituita per il residuo al debitore (art. 510 c.p.c.).
Se si pone a raffronto lo schema di procedimento prima deli
neato e quello in concreto seguito dal pretore non si può non
constatare che esso è stato affatto ignorato. Il pretore ha disposto l'assegnazione della quota nei modi
che sono preveduti per l'assegnazione dei crediti.
Si tratta allora di vedere se la violazione delle norme sul pro cedimento in cui il pretore è incorso abbia determinato non so
lo la nullità dell'ordinanza, ma anche la sua inesistenza giuridi
ca, sì che il vizio ne potesse essere denunciato dalla parte senza
osservare il termine di cinque giorni dalla sua comunicazione.
La corte ritiene che ciò debba essere escluso.
Le sezioni unite, nella sentenza 27 ottobre 1995, n. 11178
(Foro it., 1996, I, 3468), hanno considerato che «l'applicazio
ne, nel processo esecutivo, del concetto d'inesistenza giuridica — per descrivere la nullità dell'atto che si sottrae alla sanatoria
derivante dalla mancata proposizione dell'opposizione agli atti
esecutivi e che dunque più propriamente è una nullità non sana
bile — risponde alla stessa esigenza che l'impiego del concetto
assolve nell'ambito del processo di cognizione a proposito della
sentenza: sulla base del confronto tra fattispecie concreta del
l'atto e suo schema legale si tratta di stabilire se l'atto presenta i requisiti indispensabili per conseguire lo scopo — che nell'ese
cuzione forzata per espropriazione è rappresentato dall'aliena
zione del bene pignorato come mezzo per la soddisfazione dei
crediti — e quindi consente di procedere oltre nel processo o se non li presenta ed il processo si deve arrestare».
La conclusione che si trae dall'applicare questo principio al
caso in esame è quella che si è anticipata. L'ordinanza di assegnazione deve essere bensì pronunciata per
il maggiore tra i due valori prima richiamati, ma che lo sia in concreto per un valore superiore a quello indicato dall'art. 506 c.p.c., cioè per un valore superiore a quello dei crediti, è una circostanza solo eventuale, che dipende dall'ammontare
del prezzo fissato per la vendita.
Dunque, in un'espropriazione forzata promossa da due credi tori e nella quale, come nel caso, non ne siano intervenuti altri, se l'assegnazione è chiesta a vantaggio di ambedue i creditori, non è estranea allo schema legale del processo di espropriazione forzata presso terzi un'ordinanza che si risolva nell'attribuzione della cosa ai creditori procedenti per il valore dei crediti fatti valere ed in tal modo concluda il processo.
Il caso presenta dunque i connotati di uno scarto tra procedi mento dovuto e procedimento seguito nell'emanazione dell'or dinanza di assegnazione, scarto che aveva bensì determinato la nullità dell'ordinanza in concreto adottata, ma non la sua inesi stenza giuridica, essendosi trattato di un provvedimento capace, nonostante la sua nullità, di attuare lo scopo del processo di
espropriazione — l'alienazione forzata del bene come mezzo per la soddisfazione dei creditori — e di determinarne la definizione.
3.4. - La corte ritiene che il caso in esame imponga ulteriori
considerazioni.
Pronunciata dal pretore l'ordinanza di assegnazione ed avve nutane la comunicazione alla debitrice, questa, anziché propor re opposizione agli atti esecutivi, ha chiesto al pretore di revo care l'ordinanza.
Orbene, in presenza di un atto esecutivo rappresentato da un provvedimento del giudice dell'esecuzione, la parte che lo
ritenga viziato sul piano dell'opportunità o della violazione di norme sul procedimento, ha sia il potere di proporre opposizio ne agli atti esecutivi, provocando un sindacato sulla legittimità dell'atto in sede di cognizione, sia la possibilità di chiedere al
Il Foro Italiano — 1999.
giudice dell'esecuzione che faccia esercizio del suo potere di mo
difica o revoca del provvedimento (art. 487, 1° comma, c.p.c.)
(Cass. 21 aprile 1997, n. 3427, id., Rep. 1997, voce Esecuzione
forzata in genere, nn. 76, 119). L'esercizio di questo potere da parte del giudice trova un li
mite non nel fatto che il provvedimento sia stato già impugnato o possa ancora esserlo, ma nel fatto che si tratti di un provvedi mento che richieda attuazione e che esso abbia già avuto esecu
zione (Cass. 2 aprile 1997, n. 2867, ibid., voce Esecuzione per
obbligazioni pecuniarie, n. 67). Se la parte chiede che un precedente provvedimento del giu
dice dell'esecuzione sia da lui revocato o modificato; quando l'istanza sia fondata sull'allegazione di un vizio di violazione
di norme sul procedimento e la violazione abbia dato luogo ad un atto insanabilmente nullo; è da ritenere che il giudice non abbia solo il potere, ma anche il dovere di ritirare il pro
prio atto, dovendo il giudice dell'esecuzione operare in modo
che il processo prosegua, se deve proseguire, o venga definito, se si tratta di adottare il provvedimento che chiude il processo.
Quante volte il giudice dell'esecuzione, pur in presenza di un'in
sanabile nullità del proprio precedente provvedimento destinato
secondo il suo schema legale a chiudere il processo, rifiuti l'e
sercizio del proprio potere, affermando che il provvedimento di cui gli è stata chiesta la revoca non è insanabilmente nullo, dal che consegue che abbia prodotto la chiusura del processo, al provvedimento di cui è stata chiesta la revoca ne succede altro.
Questo nuovo provvedimento deve essere impugnato nei ter
mini con opposizione agli atti esecutivi: opposizione con la qua le sarà denunziato il vizio consistente nel non aver il giudice dell'esecuzione esercitato il proprio potere in un caso in cui ave
va obbligo di farlo.
La mancata tempestiva impugnazione del provvedimento im
pedisce che la questione della nullità insanabile possa essere ul
teriormente dibattuta in un giudizio di opposizione agli atti,
perché ciò equivarrebbe a trasformare l'opposizione in un'azio
ne di nullità proponibile senza limiti di tempo e svincolata dalla
pendenza del processo esecutivo (Cass. 27 ottobre 1995, n. 11178,
cit.). Nel caso, come si è riferito esponendo lo svolgimento del pro
cesso, l'ordinanza del giudice dell'esecuzione che rigettava l'i
stanza di modifica o revoca è stata notificata alla parte il 19
agosto 1994, mentre la presente opposizione è stata proposta con ricorso depositato il 13 settembre 1994: dunque, oltre il
termine stabilito dall'art. 617, 2° comma, c.p.c., non soggetto a sospensione feriale (art. 1 e 3 1. 7 ottobre 1969 n. 742).
L'opposizione sarebbe stata dunque inammissibile, anche se
l'ordinanza di assegnazione fosse stata da qualificare come giu ridicamente inesistente.
4. - Il ricorso è rigettato.
II
Svolgimento del processo. — 1. - La Cassa rurale ed artigia na S. Apollinare, con atto del 2'agosto 1993, ha proceduto al
pignoramento presso il terzo Intermedia s.r.l. di quote di parte cipazione al capitale di detta società appartenenti alla propria debitrice Giancarla Ferrari.
Nell'esecuzione forzata è intervenuto Amelio Ferrari, il quale si è surrogato nei diritti spettanti al creditore procedente.
Dopo la dichiarazione del terzo, il Pretore di Rovigo, giudice dell'esecuzione, con ordinanza del 5 novembre 1993, ha asse
gnato ad Amelio Ferrari le quote pignorate ed ha ordinato al
terzo di eseguire le relative annotazioni nei libri sociali, dichia rando l'estinzione della procedura esecutiva.
2. - Con ricorso del 10 novembre 1993 la società Intermedia ha proposto opposizione contro l'ordinanza di assegnazione ed ha chiesto che la parte dell'ordinanza relativa alla dichiarazione di estinzione della procedura esecutiva fosse dichiarata nulla per potere esercitare il diritto di cui al 3° comma dell'art. 2480 c.c. in favore del socio Emanuela Pavanello.
3. - Il Pretore di Rovigo, con sentenza del 17 giugno 1994, ha accolto l'opposizione dichiarando la natura provvisoria del
l'assegnazione delle quote ad Amelio Ferrari ed il diritto della società Intermedia di vedere assegnate le quote definitivamente ad Emanuela Pavanello.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
4. - Per la cassazione di questa sentenza Amelio e Giancarla
Ferrari hanno proposto ricorso svolgendo cinque motivi.
Resiste con controricorso la società immobiliare Intermedia.
Motivi della decisione. — 1.1. - Nell'ordine logico deve esse
re esaminato per primo il terzo motivo del ricorso con il quale i ricorrenti denunciano che la società Intermedia, terzo pignora to non assoggettato all'esecuzione, non è legittimata e non ha
interesse a proporre l'opposizione agli atti esecutivi.
Il motivo non è fondato.
1.2. - Il problema che il motivo pone è quello di riconoscere
al terzo indicato dall'art. 543 c.p.c. la legittimazione a proporre
opposizione agli atti esecutivi contro l'ordinanza di assegnazione.
L'interpretazione strettamente formale dell'art. 617 c.p.c. con
duce alla conclusione che legittimati a proporre opposizione agli atti esecutivi sono il debitore, il terzo assoggettato all'esecuzio
ne ed i creditori (procedente ed intervenuti).
Questo dato, tuttavia, non autorizza a trascurare la posizione di altri soggetti che non partecipano alla procedura esecutiva
al pari di quelli indicati in precedenza, ma, in situazioni parti colari, possono egualmente ricevere pregiudizio dall'esecuzione.
Nel novero di questa seconda categoria può essere compreso
il terzo indicato dall'art. 543 c.p.c., il quale è destinatario di
attività del processo esecutivo ed ha interesse a che le attività
di questo processo si svolgano secondo legge. La conclusione indicata trova riscontro nella giurisprudenza
di questa corte che ha già riconosciuto la legittimazione a pro
porre opposizione agli atti esecutivi, oltre che al debitore ed
al terzo assoggettato all'esecuzione, anche a tutti coloro che,
partecipanti al procedimento esecutivo, siano interessati al suo
regolare svolgimento allo scopo di evitare il danno derivante
dal compimento di atti non conformi a legge: sent. 17 agosto
1990, n. 8370, Foro it., Rep. 1990, voce Esecuzione forzata
in genere, n. 58 (la decisione è stata emessa in una fattispecie
nella quale è stato riconosciuto alla banca, terzo pignorato ex
art. 543 c.p.c., di proporre l'opposizione agli atti esecutivi con
tro l'assegnazione della metà della somma esistente in un conto
corrente cointestato al debitore e ad altro soggetto estraneo alla
procedura esecutiva). Conclusivamente su questo punto, quindi, al terzo indicato
dall'art. 543 c.p.c. si può riconoscere il potere di proporre op
posizione contro il provvedimento del giudice dell'esecuzione
che indirizza la sua prestazione in un modo anziché in un altro.
Stando alla fattispecie in esame, dal principio ora indicato
si ricava, quindi, che alla società Intermedia bene si poteva ri
conoscere il diritto di proporre opposizione agli atti esecutivi
contro l'ordinanza di assegnazione di quote del capitale sociale
che venivano attribuite ad un soggetto estraneo, anziché ad al
tro socio individuato dalla stessa società.
L'ordinanza di assegnazione del 5 novembre 1993, infatti, fa
ceva obbligo alla società Intermedia di riconoscere nell'ambito
dei soci l'attuale ricorrente contro gli interessi che la stessa so
cietà riteneva appartenerle. Sotto questo profilo, quindi, la sentenza impugnata si sottrae
alle critiche che sono state mosse con il motivo che si è esaminato.
2.1. - Con il primo motivo è denunciata la nullità della sen
tenza impugnata per violazione degli art. 112 e 113 c.p.c. ed
omessa pronuncia. Il motivo è rivolto contro la decisione con la quale il pretore
ha dichiarato la natura provvisoria dell'assegnazione delle quo
te ad Aurelio Ferrari ed ha riconosciuto il diritto della società
Intermedia di vedere assegnate le quote al socio Emanuela ra
vanello.
I ricorrenti sostengono che la decisione del pretore è frutto
di un mutamento della causa petendi dell'azione fatta valere
con l'opposizione agli atti esecutivi e dell'oggetto in questa in
dicato, nei quali la società Intermedia aveva chiesto che fosse
dichiarata nulla o inefficace l'estinzione della procedura esecu
tiva. I Ferrari aggiungono che la soluzione adottata non è con
templata dall'ordinamento, perché l'ordinanza di assegnazione
ha natura satisfattiva e non è revocabile in quanto immediata
mente esecutiva.
II motivo non è fondato.
2.2. - La disposizione contenuta nell'art. 112 c.p.c. (il richia
mo anche all'art. 113 dello stesso codice, contenuto nel ricorso,
si deve considerare un fuord'opera dato che questa norma si
riferisce a tutt'altra problematica), dal quale si fa discendere
Il Foro Italiano — 1999.
il principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato,
impone al giudice di pronunciarsi su tutta la domanda e non
oltre questa, di modo che al richiedente non sia attribuito un
bene non reclamato.
Il principio non può essere inteso in senso letterale, ma com
porta che il giudice, quando accoglie la domanda, deve pronun ciarsi anche sulle conseguenze che secondo l'ordinamento deri
vano direttamente da tale accoglimento, in quanto con la do
manda giudiziale l'interessato generalmente tende al consegui mento di uno scopo pratico.
La decisione del Pretore di Rovigo, come si legge nel disposi
tivo, è del seguente tenore: «accoglie il ricorso, dichiarando la
natura provvisoria dell'assegnazione di quote a Ferrari Amelio
e il diritto della società ricorrente (id est: società Intermedia) di vedere assegnare definitivamente a Pavanello Emanuela le
dette quote con liberazione della somma di lire dieci milioni
depositata in cancelleria in favore di Ferrari Amelio».
Letta insieme alla motivazione la decisione ha un contenuto
complesso. In una prima parte afferma che l'avvenuta dichiarazione di
estinzione della procedura ha il significato di mera dichiarazio
ne d'improseguibilità dell'azione esecutiva.
Nella seconda parte riconosce il diritto dell'opponente di av
valersi della disciplina contenuta nell'art. 2480 c.c.
Per quanto riguarda la dichiarazione di estinzione del proces so esecutivo, le disposizioni che regolano l'espropriazione pres so terzi non indicano né prevedono, neppure implicitamente, l'emanazione di un provvedimento di formale dichiarazione di
estinzione della procedura esecutiva. Solo la prassi conosce una
dichiarazione di liberazione del terzo da obblighi nel pagamento effettuato in favore del creditore assegnatario nel caso di asse
gnazione di crediti immediatamente esigibili. Ma si tratta di di
chiarazione che non va al di là dell'accertamento che il pignora mento presso terzi ha esaurito la sua funzione.
Vista alla luce di questo principio, la dichiarazione di estin
zione pronunciata dal Pretore di Rovigo non appartiene ad al
cuno dei provvedimenti tipici previsti dalla legge e, soprattutto,
non si identifica con la dichiarazione per il caso di estinzione
del processo esecutivo.
Il punto centrale della decisione impugnata non sta allora nella
dichiarazione di estinzione del processo esecutivo, ma nel rico
noscimento del diritto della società Intermedia di avvalersi degli
strumenti conservativi dell'assetto sociale indicati dall'art. 2498
c.c.
Ricostruito in questo modo il contenuto concreto della deci
sione impugnata, non si configura alcuna violazione del princi
pio dispositivo o di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.
Infatti, la sentenza del Pretore di Rovigo riconosce alla socie
tà Intermedia esattamente il bene che essa si proponeva di con
seguire e che consisteva nella rimozione dell'ostacolo, costituito
dalla dichiarazione di estinzione del processo esecutivo, a con
seguire lo scopo pratico (si vedrà in seguito se conforme a dirit
to oppure no) di sostituire l'assegnatario delle quote, estraneo
alla società, con altro soggetto che già ne faceva parte o che
fosse gradito alla stessa società.
L'impugnazione della c.d. dichiarazione di estinzione del pro
cesso esecutivo era cioè il passaggio obbligato per potere acce
dere a questo risultato, che, in definitiva, costituiva contempo
raneamente la ragione e l'oggetto dell'opposizione agli atti ese
cutivi.
Sotto questo profilo, quindi, la sentenza impugnata si sottrae
alle critiche mosse con il motivo ora esaminato.
3.1. - Con il secondo motivo è denunciata violazione degli
art. 507, 530 e 590 c.p.c. e dell'art. 2925 c.c.
I ricorrenti, riferendosi sempre al dispositivo della sentenza
impugnata, sostengono che il pretore avrebbe dovuto dichiarare
improcedibile l'opposizione agli atti esecutivi, in quanto la di
chiarazione di estinzione del processo esecutivo, emessa da un
giudice monocratico, può essere impugnata solo con gli ordina
ri mezzi di gravame, oppure con reclamo allo stesso giudice
che decide poi con sentenza.
II motivo non è fondato.
3.2. - La censura pone un doppio problema: dell'individua
zione della forma cui è adottato il provvedimento di estinzione
nel processo esecutivo e del regime di stabilità di questo provve
dimento.
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1631 PARTE PRIMA 1632
Nel processo di cognizione ordinario il problema della forma
della pronuncia di estinzione emessa dal giudice singolo si risol
ve nel senso che dovrà essere adottata l'ordinanza per il provve dimento che nega l'estinzione e la sentenza per quello che la
dichiari. Infatti, la forma di tale provvedimento si modella a seconda
che le parti siano d'accordo o non sull'estinzione: perché in
questo secondo caso l'ordinanza pretorile dichiarativa dell'estin
zione del processo è assimilabile alla sentenza del tribunale che, ai sensi dell'art. 308, 2° comma, respinge il reclamo contro l'or
dinanza del giudice istruttore ed è pertanto sentenza in senso
sostanziale, la quale deve essere impugnata con l'appello davan
ti al tribunale: per tutte Cass. 12 agosto 1977, n. 3743 (id.,
1977, I, 2136), e 14 luglio 1989, n. 3314 (id., Rep. 1990, voce Procedimento civile, n. 207).
Questa soluzione consente di rispondere anche al quesito sul
l'impugnativa dei vari provvedimenti.
Quante volte il provvedimento di estinzione è adottato con
la forma della sentenza, questa potrà essere impugnata con l'ap
pello; viceversa, quando sarà adottato con la forma dell'ordi
nanza, esso sarà modificabile o revocabile da parte dello stesso
giudice che lo ha emesso, ai sensi del 2° comma dell'art. 177
c.p.c., ferma restando l'impugnativa della futura sentenza che
definisce il giudizio facendo valere come vizio della stessa sen
tenza proprio l'illegittimità del provvedimento di modifica o di
revoca.
Anche il procedimento per la dichiarazione di estinzione del
processo esecutivo, disciplinato dagli art. 629 e 630 c.p.c., in
parte trova la sua regolamentazione nella disposizione contenu
ta nell'art. 306 dello stesso codice, espressamente richiamato
e da considerarsi disposizione di carattere generale. Il problema che si presenta anche qui è quello della forma
del provvedimento di estinzione del processo esecutivo e del
l'impugnabilità del provvedimento positivo o negativo sull'ecce
zione di estinzione.
Con riferimento al primo aspetto, il provvedimento dichiara
tivo dell'estinzione deve rivestire la forma dell'ordinanza, sia
perché nel processo esecutivo non trova spazio una contestazio
ne sulla validità dell'atto di rinuncia o della sua accettazione, sia perché la forma dei provvedimenti del giudice dell'esecuzio
ne è normalmente l'ordinanza (art. 487 c.p.c.), sia infine perché l'ordinanza è richiesta espressamente per il caso dell'estinzione
dichiarata per inattività delle parti (art. 630, 2° comma, c.p.c.).
Dopo la sentenza della Corte costituzionale 17 dicembre 1981, n. 195, id., 1982, I, 4 (con la quale è stata dichiarata l'illegitti mità costituzionale dell'art. 630, ultimo comma, c.p.c., nella
parte in cui non estende il reclamo ivi previsto all'ordinanza
del giudice dell'esecuzione dichiarativa dell'estinzione del pro cesso esecutivo per rinuncia agli atti) contro l'ordinanza dichia
rativa dell'estinzione del processo esecutivo per rinuncia è espe ribile lo stesso reclamo indicato dall'art. 630 c.p.c. per l'estin
zione pronunciata a seguito d'inattività delle parti.
Questo reclamo si configura come lo strumento generale, ma
tipico, per far valere l'estinzione del processo esecutivo e non
è accettabile la fungibilità di questo mezzo (sia pure limitata
mente alle questioni deducibili con il reclamo) con l'opposizio ne agli atti esecutivi.
Utilizzando queste premesse si possono trarre le seguenti con
clusioni. Innanzitutto, il meccanismo del reclamo indicato dall'ultimo
comma dell'art. 630 c.p.c. è estensibile alla rinuncia per inatti
vità delle parti e presuppone sempre un provvedimento (ordi
nanza) positivo o negativo del giudice dell'esecuzione sull'avve
nuta rinuncia. Diversamente, non si vede contro quale atto il
reclamo dovrebbe essere proposto. In secondo luogo, quanto al regime del provvedimento, oc
corre distinguere. Nell'esecuzione che si svolge davanti al pretore il reclamo,
che si propone davanti allo stesso giudice, deve essere deciso con sentenza; nell'espropriazione immobiliare il reclamo deve
essere proposto allo stesso giudice dell'esecuzione ed anch'egli dovrà decidere sempre con sentenza.
Infatti, contro i provvedimenti che risolvono il reclamo, sia
positivamente che negativamente, l'ultima parte del 3° comma
dell'art. 630 ipotizza un controllo a struttura cognitiva, il quale si conclude con una sentenza, avverso la quale è consentito il
li Foro Italiano — 1999.
normale regime delle impugnazioni costituito dall'appello: in que sto senso si è espressa la giurisprudenza di questa corte, la qua le ha affermato che le questioni attinenti all'estinzione del pro cesso esecutivo ed alla sopravvivenza del potere del creditore
di proseguire l'esecuzione dopo l'intervento del fatto estintivo
importano, dopo la decisione sul reclamo, l'instaurazione di un
processo di cognizione ordinaria, la cui decisione è appellabile secondo le norme generali: sent. 15 maggio 1967, n. 1017, id.,
1967, I, 1152; 18 giugno 1968, n. 2023, id., Rep. 1968, voce Esecuzione forzata in genere, n. 133; 12 gennaio 1972, n. 89,
id., Rep. 1972, voce Avvocato, n. 42; 22 giugno 1977, n. 2639,
id., Rep. 1977, voce Esecuzione forzata in genere, n. 64; 15
giugno 1978, n. 2983, id., Rep. 1978, voce cit., n. 93; 30 gen naio 1982, n. 596, id., Rep. 1982, voce cit., n. 22; sez. un.
21 dicembre 1990, n. 12139, id., Rep. 1990, voce cit., n. 74.
Infine, la dichiarazione di estinzione si risolve in una causa
che non consente la prosecuzione dell'azione esecutiva, in quan to la rinuncia agli atti esecutivi ha la stessa natura della rinun
cia agli atti prevista dall'art. 306 c.p.c. Ciò comporta che, quante volte nel processo esecutivo si è
in presenza di una causa che ne impedisce la sua prosecuzione e questa non è controversa tra le parti, il giudice dell'esecuzione
ha il potere-dovere di dichiararla, senza necessità che la parte interessata proponga apposita opposizione per fare accertare che
è venuto meno il diritto a proseguire l'esecuzione (Cass. n. 413
del 1981, id., Rep. 1981, voce Cassazione civile, n. 190, e n.
291 del 1985, id., Rep. 1985, voce Esecuzione per obbligazioni
pecuniarie, n. 46). Ove, invece, sorga contrasto (reale o virtua
le) tra le parti, deve essere consentito ai soggetti del processo di provocarne l'accertamento attraverso opposizione all'esecu
zione contro il creditore che chieda l'assegnazione o la vendita
e non con l'opposizione agli atti esecutivi: in questo senso, la
giurisprudenza da ultimo citata.
3.3. - Questi principi valgono per la dichiarazione di estinzio
ne vera e propria del processo esecutivo.
Invece non valgono per quella dichiarata dal Giudice dell'ese
cuzione di Rovigo, il quale con la dichiarazione di estinzione
non ha preso atto né della rinuncia delle parti (art. 629 c.p.c.), né della loro inattività (art. 630 c.p.c.), ma si è limitato a consi
derare che il processo di esecuzione presso terzi aveva esaurito
la sua funzione e non v'era ragione per tenerlo in piedi. Sotto questo profilo, pertanto, non è fondata la tesi che la
dichiarazione di estinzione del processo esecutivo, contenuta nel
l'ordinanza di assegnazione, doveva essere specificamente im
pugnata. 4.1. - Il quarto motivo contiene due censure.
Con la prima i ricorrenti lamentano che il pretore non ha
esaminato l'eccezione che l'opposizione agli atti esecutivi non
era stata proposta in sede di audizione delle parti, come prescri ve il 2° comma dell'art. 530 c.p.c. e denunciano omessa pro nuncia sul punto ai sensi dell'art. 112 c.p.c.
Con la seconda censura sostengono che, anche ammessa la
sua legittimazione attiva, la società era decaduta dal proporre
l'opposizione stante la preclusione indicata dall'art. 2929 c.c.
Entrambe le censure sono infondate.
4.2. - Occorre premettere che l'audizione delle parti di cui
parla l'art. 530 c.p.c. non è prevista, e quindi non deve essere
disposta, nell'espropriazione presso terzi.
La conferma di questo principio sta nel fatto che detta audi
zione è disposta dopo la proposizione dell'istanza di assegnazio ne o di vendita di beni pignorati (art. 529 c.p.c.) sia per cristal lizzare le posizioni di coloro che profitteranno del ricavato del
l'assegnazione o della vendita, sia per tentare di comporre in
quella sede tutte le opposizioni già proposte. Una norma corrispondente è contenuta nel successivo art. 569
a proposito dell'espropriazione immobiliare per conseguire le
stesse finalità.
Si tratta, come è facile rilevare, di disciplina funzionale solo
all'espropriazione mobiliare presso il debitore ed a quella im
mobiliare.
L'espropriazione presso terzi, invece, è una forma di realizza
zione dell'azione esecutiva affatto diversa da queste, perché in
essa l'oggetto del pignoramento è caratterizzato dal particolare
regime di circolazione dei beni su cui cade: crediti o beni mobili del debitore in possesso di terzi.
In ragione di questa peculiarità, nell'espropriazione presso terzi
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
non v'è ragione per disporre apposita udienza per l'audizione delle parti, in quanto la sede nella quale esse s'incontrano (e
possono definire le rispettive posizioni) è l'udienza in cui il ter
zo è convenuto per rendere la dichiarazione: art. 547 c.p.c. L'eccezione che i ricorrenti denunciano come disattesa, quin
di, si può ritenere implicitamente rigettata dal pretore e non ricorre il vizio di omessa pronuncia sul punto.
4.3. - L'aspetto della violazione dell'art. 2929 c.c. è più com
plesso, ma egualmente deve essere rigettato. La regola contenuta nella norma, secondo la quale la nullità
degli atti esecutivi che hanno preceduto la vendita o l'assegna zione non hanno effetto riguardo all'acquirente o all'assegnata rio, non trova applicazione nell'espropriazione presso terzi.
Infatti, in questa non ci sono atti del processo esecutivo, an
teriori all'assegnazione, che debbono essere dichiarati nulli.
Ove si volesse estendere la regola di diritto sostanziale anche
alle nullità dell'atto di assegnazione, pure sotto questo profilo non ricorre la violazione dell'omessa pronuncia, in quanto il
pretore ha implicitamente esaminato l'eccezione quando ha rite
nuto che l'opposizione agli atti esecutivi era ammissibile.
5.1. - Con il quinto motivo si lamenta l'applicazione dell'art.
2480, 3° comma, c.c. alla fattispecie concreta.
Il motivo si riferisce al capo della sentenza impugnata con
il quale è stato ritenuto che le quote sociali, assegnate ad Ame
lio Ferrari, dovevano essere assegnate a Pavanello Emanuela.
Per giungere a questa conclusione il pretore ha considerato
che la società Intermedia aveva proposto tempestivamente op
posizione agli atti esecutivi contro il provvedimento di assegna zione e, altrettanto tempestivamente, aveva provveduto alla de
signazione del nuovo acquirente Pavanello.
I ricorrenti sostengono che la disposizione dell'art. 2480 c.c.
non poteva essere applicata: perché non ricorreva il presuppo sto della vendita coattiva di quota non liberamente trasferibile, tale essendo solo la quota inalienabile e non quella sulla quale
può essere esercitato un diritto di prelazione; perché nella spe cie non vi era stata vendita coattiva, ma provvedimento di asse
gnazione; perché la norma presuppone che le quote sociali non
siano liberamente trasmissibili e che le limitazioni alla libera
disponibilità siano poste nell'interesse della società e non dei
singoli soci. II motivo non è fondato.
5.2. - L'art. 2480 c.c., per quanto interessa in questa sede, contiene il seguente schema normativo: in linea generale sanci
sce il principio della libera espropriabilità della quota di società
a responsabilità limitata (1° comma); nel caso di quota non
liberamente trasferibile prevede l'instaurazione di una fase ami
chevole, nella quale il creditore, il debitore e la società possono cercare un accordo sulla vendita; qualora l'accordo non sia rag
giunto stabilisce che la vendita avrà luogo all'incanto, ma sarà
priva di effetti se la società presenti altro acquirente che offre
lo stesso prezzo (3° comma).
Seguendo questo schema correttamente il Pretore di Rovigo ha disposto l'assegnazione delle quote tenendo conto dell'inte
resse della società Intermedia, la quale aveva fatto valere il pro
prio diritto a che le quote fossero assegnate a soggetto che era
già socio in luogo di soggetto estraneo alla società, il quale in
un primo momento era rimasto assegnatario delle quote. Sotto questo profilo è impropria la censura dei ricorrenti che
l'art. 2480, 3° comma, c.c. trova applicazione solo nei casi d'in
trasferibilità della quota posta nell'interesse della società, per ché proprio la società Intermedia aveva fatto valere, e senza
opposizione, l'esistenza di un vincolo d'intrasferibilità delle quote nel proprio interesse.
Quanto al fatto che si sia proceduto mediante assegnazione e non mediante vendita coattiva, egualmente la censura è priva di rilevanza in quanto la norma può trovare applicazione anche
quando si proceda ad assegnazione, la quale egualmente è una
forma coattiva di trasferimento del diritto di credito ed è utiliz
zabile quando occorre procedere all'espropriazione prevista dal
1° comma della norma stessa.
6. - Conclusivamente, quindi, il ricorso deve essere rigettato.
Il Foro Italiano — 1999.
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; ordinanza 15
gennaio 1997, n. 20; Pres. Panzarani, Rei. R. Sgroi, P.M.
Dettori (conci, diff.); Soc. Trasporti Castelletti spedizioni internazionali (Aw. Romanelli, Di Leo) c. Soc. Hugo Trumpy (Avv. Sperati, Kielland).
Giurisdizione civile — Convenzione di Bruxelles 27 settembre
1968 — Polizza di carico — Clausola di «proroga» della giu risdizione — Validità rispetto al terzo portatore — Questioni
interpretative (L. 21 giugno 1971 n. 804, ratifica ed esecuzio
ne della convenzione concernente la competenza giurisdizio nale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commer
ciale e protocollo, firmati a Bruxelles il 27 settembre 1968:
convenzione, art. 17; 1. 19 maggio 1975 n. 180, ratifica ed
esecuzione dei protocolli adottati a Lussemburgo il 3 giugno 1971, attributivi di competenza alla Corte di giustizia delle
Comunità europee per l'interpretazione delle convenzioni di
Bruxelles 29 febbraio 1968 e 27 settembre 1968; 1. 29 novem
bre 1980 n. 967, ratifica ed esecuzione della convenzione rela tiva all'adesione della Danimarca, dell'Irlanda e del Regno unito di Gran Bretagna e d'Irlanda del Nord alla convenzione
concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle
decisioni in materia civile e commerciale, nonché al protocol lo relativo alla sua interpretazione da parte della Corte di
giustizia, firmata a Lussemburgo il 9 ottobre 1978).
Avuto riguardo alla nuova formulazione dell'art. 17 della con
venzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, così come modi
ficato dalla convenzione di Lussemburgo del 9 ottobre 1978, entrata in vigore il 10 novembre 1986, che impone che la clau
sola attributiva di competenza esclusiva ad un giudice di uno
Stato contraente debba essere «conclusa ... nel commercio
internazionale, in una forma ammessa dagli usi in questo cam
po e che le parti conoscevano od avrebbero dovuto conosce
re», vanno rivolti alla Corte di giustizia, ai sensi della I. 19
maggio 1975 n. 180, che ratifica i protocolli di Lussemburgo del 3 giugno 1971, i seguenti quesiti: 1) se sia sufficiente il
requisito della conoscenza (effettiva) ovvero della non cono
scenza, determinata da ignoranza colpevole ed inescusabile
in ordine alla ripetizione costante in tutti i rapporti simili ri
spetto a quelli di cui è causa, senza procedere all'accertamen
to della volontà delle parti; 2) se per forma ammessa, si deb
ba far riferimento a scritto firmato dalla parte che l'ha predi
sposto, e che quindi abbia espresso l'intenzione di avvalersene, se debba o meno avere un proprio autonomo risalto e debba
essere redatta in una lingua che abbia un qualche rapporto con la nazionalità delle parti stipulanti, ovvero sia sufficiente che si tratti di lingua usata di regola nel commercio interna
zionale; 3) se sia sufficiente che il giudice designato apparten
ga ad uno Stato contraente, senza alcun altro collegamento con la sostanza del rapporto; 4) se sia sufficiente la ripetizio ne costante della clausola nelle polizze di carico emesse da
associazioni di categoria o da un consistente numero di im
prese di trasporto ovvero occorra provare una tacita adesione
al comportamento delle controparti; 5) se il formulario di po lizza debba essere depositato per essere consultato o debba
essere in altro modo notorio; 6) se sia valida la clausola an
che nel caso in cui si traduca in esonero o limitazione di re
sponsabilità del vettore; 7) se il giudice adito, diverso da quello
designato, possa sindacare la ragionevolezza della clausola ai
fini della validità della stessa; 8) se la circostanza che nume
rosi caricatori e/o giratari abbiano contrastato giudizialmente la validità della clausola sia indice del fatto che non si sia
consolidato un uso conforme all'inserimento della stessa in
moduli o formulari; 9) se sia sufficiente che l'uso si formi in quei paesi che nell'ambito del commercio internazionale
hanno posizione prevalente; 10) se l'uso di cui si tratta possa
derogare a disposizioni imperative di singoli Stati; 11) quali siano le condizioni in presenza delle quali l'inserimento della
clausola su modulo predisposto e non firmato dalla parte non
predisponente possa considerarsi eccessivamente oneroso per
quest'ultima; 12) se debba verificarsi la conoscenza o la co
noscibilità dell'uso, con riguardo alla polizza in concreto, ar
ticolata in numerose clausole poste sul retro; 13) se lo stato
di conoscenza o conoscibilità vada riferito al caricatore origi
nario, anche non appartenente ad uno Stato contraente ovve
ro sia sufficiente che si tratti del giratario, appartenente ad uno
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