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Sezione III civile; sentenza 10 gennaio 1963, n. 31; Pres. Vistoso P., Est. Salerni, P. M. Cutrupia(concl. conf.); Sorrentino (Avv. Rocchetti) c. Soc. Remington (Avv. Fernandez, OrlandiContucci)Source: Il Foro Italiano, Vol. 86, No. 1 (1963), pp. 21/22-27/28Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23153217 .
Accessed: 24/06/2014 23:57
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21 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
emanare norme di efficacia inferiore a quelle aventi forza
di legge e di creare cosl, con violazione dell'art. 77 Cost., norme di un'efficacia particolare o, come si e detto, norme
di legge affievolite, che si porrebbero nella gerarchia delle
fonti ai disotto delle norme della legge ordinaria.
La tesi non e fondata. Anehe qui occorre tener presente il fine ehe il legislatore ha perseguito con la delega, quello cioe di conferire transitoriamente efficacia generale ai con
tratti collettivi. Codesto conferimento non vuole alterare
o modificare l'efficacia propria delle clausole dei contratti
collettivi, non vuole cioe che Ie clausole contrarie a norme
di legge imperative si trasformino in norme aventi vigore di legge. Nell'operare in una materia istituzionalmente
riservata all'autonomia collettiva professionale, il legisla tore si b proposto di rispettare il piu possibile codesta
autonomia, assumendo a contenuto delle norme il conte
nuto dei contratti collettivi e degli accordi economici e
nei limiti in cui questi possono acquistare efficacia generale nel sistema tradizionale della contrattazione collettiva.
Perciõ 1'art. 5 si pone fuori dei confini della delega, non ne
rappresenta un limite. Esso agisce direttamente sui con
tratti ai quali il Governo deve conformare le proprie norme, non ha come destinatario il Governo. Si potrebbe dire, in
un certo senso, che esso e logicamente anteriore alia delega. Dal che consegue che, qualora le clausole siano comprese nei decreti delegati, la loro inserzione si deve ritenere ino
perante e incapace perciõ di conferire ad esse forza di legge ; e pertanto non puõ essere configurata quale vizio della
leggö delegata, cioe quale eccesso di delega. Ne consegue che spetta al giudice ordinario di accertare volta per volta
se sussista il contrasto di queste clausole contrattuali con
le norme imperative di legge e, in caso affermativo, di
disapplicarle. Infine, non puõ configurarsi come vizio della legge la
circostanza che essa non indichi il criterio che il Governo
deve adottare nel caso di piu contratti collettivi o di piu accordi economici relativi alia medesima categoria. Anche
ammesso, infatti, che si tratti di un'omissione del legisla tore, non se ne puõ dedurre Fillegittimitä, costituzionale
della legge. Altra questione e quella degli effetti che codesta
pretesa omissione esercita sui poteri del legislatore dele
gato, ma e una questione che non viene nel presente giu dizio e deve pertanto rimanere impregiudicata.
La terza questione di legittimita, costituzionale e quella della norma contenuta nell'art. 8 della legge, che prevede a carico del datore di lavoro, il quale non adempia gli
obblighi derivanti dalle norme delegate, « un'ammenda da
lire cinquemila a lire centomila per ogni lavoratore cui si
riferisca la violazione». La tesi che, cosi disponendo, la
legge abbia violato il principio di eguaglianza consacrato
nell'art. 3 Cost., non e fondata. La norma impugnata, infatti, nel prevedere sanzioni soltanto a carico del datore
di lavoro, ha considerato, non arbitrariamente, la parti colare posizione del lavoratore nel rapporto di lavoro e
l'ha ritenuta meritevole di una particolare tutela penale. E propria anzi dell'applicazione del principio di eguaglianza, come l'ha interpretato la Corte, la configurazione di ipo tesi legislative che, apparentemente discriminatrici nei con
fronti di categorie o gruppi di cittadini, nella sostanza
ristabiliscono I'eguaglianza delle condizioni di queste cate
gorie o gruppi. Per questi motivi, dichiara non fondate le questioni
di legittimita costituzionale delle norme contenute negli art. 1, 2, 3, 4, 5 e 8 della legge 14 luglio 1959 n. 741, recante «norme transitorie per garantire minimi di trat
tamento economico e normativo ai lavoratori », in riferi
mento agli art. 39, 71, 76 e 77 Cost. ; dichiara l'illegitti mita costituzionale delle norme contenute nell'art. 1 della
legge 1° ottobre 1960 n. 1027.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
I
Sezione III civile ; sentenza 10 gennaio 1963, n. 31 ; Pres.
Vistoso P., Est. Salerni, P. M. Cutrupia (eonol.
conf.); Sorrentino (Aw. Eocchetti) o. Soe. Kemington
(Aw. Fernandez, Orlandi Contucci).
(Oonferma App. Catania 31 marzo 1961)
Esecuzione Iorzata in genere Espropriazione im
mobiliare — Itinuncia dei ereditori tempestivi Intervento di ereditore tardivo — Elletti (Cod.
proc. civ., art. 563, 564, 567, 569, 591, 595, 629).
Successivamente alVudienza cl'incanto andata deserta e alla
rinuncia di tutti i ereditori muniti di titolo esecutivo e
tempestivamente intervenuti, il giudiee della esecuzione
non puõ dichiarare Vestinzione del processo d'espropria zione immobiliare, ma deve ordinare ehe si proeeda a
nuovo incanto, se alla diohiarazione di estinzione si op
ponga un ereditore chirografario munito di titolo esecu
tivo, clie era intervenuto tra Vudienza in cui la vendita
era stata autorizzata e Vudienza d'incanto andata de
serta. (1)
II
Sezione III civile; sentenza 18 agosto 1962, n. 2600; Pres. Vistoso P., Est. Marmo, P. M. Pedace (concl.
conf.) ; Liboä e Vellano (Avv. Bassano, Paedi, Ro
m an elli) c. Perotti ved. Pozzo (Avv. Bocca Corsico,
Paladino) ; Borio ved. Scarafiotti (Avv. Brigioli,
Campi, D'Urso, Romanelli) c. Perotti ved. Pozzo,
Liboä e Vellano.
(Oonferma App. Firenze 1 aprile 1960)
Esecuzione Iorzata per obbligazioni pecuniarie —
Espropriazione immobiliare — OHerta di aumento
di sesto — Irrevocability (Cod. proc. civ., art. 571,
584). Esecuzione Iorzata iii genere — liiiiuiizia dei ere
ditori — Creditore ehe non ha csibito il titolo
esecutivo — Mancata rinunzia — Estinzione del
processo (Cod. proc. civ., art. 564, 629).
L'offerta di aumento di sesto dopo Vincanto non pud essere
revocata. (2) Il processo esecutivo si estingue anche se, dei ereditori inter
venuti, non rinunzi agli atti elli, pur munito di titolo
esecutivo, lo depositi soltanto in sede di reclamo avverso
Vordinanza dichiarativa delVestinzione. (3)
(1, 3) In senso conforme alla prima massima, v. App. Ge nova 19 gennaio 1960, Foro it., 1961, I, 633, con ampia nota di
richiami, cui adde, in senso critico, Garbagnati, in Giur. it., 1961, I, 2, 293.
Con la sentenza n. 2600 del 1962 non e affrontato il pro blema degli effetti della rinunzia agli atti nel periodo interme dio tra aggiudicazione e decreto di trasferimento, rinunzia ehe Cass. 11 novembre 1960, n. 3019, Foro it., 1961, I, 632, con am
pia nota di richiami, ha ritenuto inidonea ad estinguere il pro cesso esecutivo. La sentenza e approvata da Carnet.utti, in Riv. dir. proc., 1961, 674; ma criticata da Michbli, in Giust. civ., 1961, I, 1277.
(2) La sentenza confermata, App. Firenze 1 aprile 1960, e riassunta nel nostro Rep. 1960, voce Esecuzione in genere, nn. 180, 181.
Sulla revocabilitä dell'offerta in aumento di sesto non
risultano precedenti giurisprudenziali editi: 1'annotata sentenza
accoglie l'opinione del Satta, Esecuzione forzata3, pag. 151 e
segg. (« L'aumento di sesto 6 sempre retto dall'ordine di ven
dita iniziale » : pag. 152, in fondo). Sui rapporti tra aumento di sesto e aggiudicazione provvi
soria, Andrioli, Commento, III3, pag. 267, ritiene ehe l'aumento
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PARTE PRIMA
I
La Corte, eco. — Svolgimento del processo.
— II 26
settembre 1955, i germani Elena, Giuseppe e Maria Can
nata, essendo inutilmente decorso il termine assegnato oon l'atto di preoetto, per il pagamento della gomma di
lire 1.998.547, loro dovuta in virtu di sentenza 9 agosto 1955 del Tribunale di Ragusa, sottoposero ad esecuzione
per espropriazione immobiliare alcuni beni di propriety del debitore Giuseppe Battaglia, e il 21 dioembre succes
sivo presentarono istanza per la vendita degli immobili
sfuggiti. II Giudice dell'esecuzione, con provvedimento 8 feb
braio 1956, fissõ la comparizione delle parti per il 28 marzo
suocessivo. In tale udienza intervennero i creditori Penagia, Guccione ed Adamo ; quest'ultimo, il 12 aprile 1956, sot
topose ad esecuzione per espropriazione immobiliare la
quota di usufrutto su di un immobile urbano sito in Vit
toria, spettante a Salvatore Battaglia, suo debitore in forza
di decreto d'ingiunzione in data 22 ottobre 1955.
II 29 maggio 1956 l'Adamo presentõ istanza per la
vendita ed il Giudice dell'esecuzione fissõ, per la compari zione delle parti, l'udienza del 26 luglio 1956.
Intanto, il 7 maggio 1956, il Banco di Sicilia, sezione
del credito agrario della sede di Ragusa, procedette a
piguorainento immobiliare nei confronti di Salvatore Bat
taglia, di Venera Sorrentino e di Giuseppe Battaglia, in
forza di decreto d'ingiunzione in data 15 febbraio 1956.
Su istanza 21 luglio successivo, il Giudice dell'esecuzione
fissõ, per la comparizione degli interessati, l'udienza del 23
gennaio 1957, nella quale intervennero i creditori Rosario
Guccione e Giuseppe Adamo.
II 13 febbraio 1957, il Giudice dell'esecuzione dispose la riunione dei tre procedimenti.
II 27 febbraio successivo, i creditori Guccione, Adamo
e Banco di Sicilia rinunciarono alla vendita dei beni ru
stici, insistendo affinchõ venisse ordinata la vendita del
1'immobile urbano, ed il Giudice dell'esecuzione, con prov vedimento 28 febbraio, ordinõ la vendita di tale immobile, fissando per l'incanto l'udienza dell'8 maggio 1957.
II 27 aprile 1957 intervenne nel procedimento la So
ciety p. a. Remington Rand Italia, per un credito di lire
2.154.618, importo di alcune cambiali, relative spese di
protesto e conti di ritorno, deducendo, a giustificazione del suo intervento tardivo, che aveva avuto notizia del
procedimento di espropriazione soltanto attraverso la pub
blicazione, sulla Gazzetta uff. della Begione siciliana 30
marzo 1957, dell'avviso di vendita, in quanto il suo debi
tore Giuseppe Battaglia aveva taciuto le procedure in
corso, allorche, il 16 gennaio 1956, aveva promesso il paga mento del suddetto debito, con la fideiussione del proprio
padre Salvatore.
In seguito all'esito negativo dell'incanto per mancanza
di offerte, il procedimento di espropriazione subi vari rin
vii finche, il 15 aprile 1958, i debitori cbiesero che si dichia
rasse l'estinzione del processo, per essere stati pagati tutti
i creditori muniti di ius postulandi. Si oppose all'estinzione
la Society Remington, sostenendo di avere diritto di chie
dere la vendita deU'immobile, in quanto essa Society era
munita di titolo esecutivo.
Il Tribunale, con sentenza 10-17 aprile 1959, dichiarõ
rappresenti solo una fase ulteriore della procedura di individua zione dell'aggiudicatario, la quale differisce dal normale incanto
per ciõ che la offerta ultima & caducata sol a condizione che la successiva sia valida.
Partendo appunto dal presupposto che l'aggiudicazione provvisoria fosse inefficace, a seguito di una valida offerta di aumento (sul cui vigore nulla poteva la rinunzia), l'annotata sentenza ha negato la fondatezza dell'opposizione dell'aggiudi catario (provvisorio) e, nell'inerzia dell'offerente in aumento, ha detto estinto il processo esecutivo.
Sulla non impugnabilitä, con ricorso per cassazione, del 1'ordinanza dichiarativa dell'inefficacia dell'offerta in aumento (li sesto, Cass. 29 marzo 1962, n. 652, Foro it., 1962, I, 1809, con nota di ricbiami,
ohe la Soe. Remington aveva diritto di proseguire la pro cedura eseeutiva e, con separata ordinanza, rimise le parti davanti ai giudiee dell'esecuzione, affinche fissasse la ven
dita dell'immobile.
Avverso tale sentenza, propose appello Maria Teresa
Sorrentino, ma la Corte di Catania, con sentenza 6 febbraio
31 marzo 1961, confermõ la decisione del primo Giudice.
Ha proposto ricorso per cassazione la Sorrentino, de
ducendo unico motivo.
Motivi della decisione. — Con 1'unico motivo del ri
corso si denuncia violazione e falsa applicazione degli art.
500, 524, 526, 528, 561, 564, 565, 629, 630 e 631 eod. proc. civ., noncliö di tutte le altre norme e dei principi generali in materia di officiality del processo esecutivo, dei poteri dei creditori tardivamente intervenuti e di estinzione del
processo esecutivo.
Sostiene la ricorrente clie, contrariamente a qnanto ha
ritenuto la Corte di merito, il processo esecutivo non sfugge ai principio generale, ispiratore di tutto il processo civile,
secondo cui non puõ aversi attivitä dell'organo giudicante senza istanza di parte e poichõ, per il disposto degli art.
563 e 564, i creditori intervenuti tardivamente non hanno
aloun potere processuale, sarebbe indiscutibile ehe, indi
pendentemente da quanto dispone 1'art. 629 del codice di
rito, in tema di rinuncia e di estinzione del processo ese
cutivo, la procedura eseeutiva non potrebbe proseguire con la sola partecipazione dei creditori intervenuti tardi
vamente, ai quali non puõ rieonoscersi lo ius postulandi, ehe eostituisse il presupposto indispensabile per lo svolgi mento dell'attivita dell'organo giudiziario. Aggiunge la ri
corrente ehe le conseguenze non sarebbero diverse anche
se si ritenessero esatte le premesse su cui si fonda la sen
tenza impugnata, poiche il provvedimento di fissazione
della vendita deve pur sempre trovare il suo presupposto nell'istanza del creditore procedente, ovvero dei creditori
tempestivamente intervenuti, laddove tale presupposto non puõ ritenersi piil esistente allorche i medesimi ab
biano rinunciato alia procedura eseeutiva, come nel caso
in esame.
La censura non e fondata.
Ai sensi dell'art. 629 del codice di rito (1° comma), affinche abbia luogo l'estinzione del processo esecutivo che
non sia ancora giunto alia fase dell'aggiudicazione defini
tiva, ovvero dell'assegnazione, occorre che rinunzino agli atti il creditore pignorante ed i creditori intervenuti che
siano muniti di titolo esecutivo.
La norma non fa distinzione tra creditori che siano
intervenuti tempestivamente (cioe non oltre la prima udien
za fissata per l'autorizzazione della vendita, o per l'asse
gnazione, come stabilisce l'art. 525) e creditori interve
nuti tardivamente, richiedendo, come unica condizione, ehe
si tratti di creditori muniti di titolo esecutivo ; la chiara
lettera della norma induce a ritenere che il legislatore abbia inteso riferirsi a tutti i creditori in possesso di titolo
esecutivo, comunque intervenuti, tempestivamente o tar
divamente, in quanto tutti interessati alio svolgimento ed
alle sorti del processo. E questo Supremo collegio giä ebbe occasione di affer
mare che, per il combinato disposto degli art. 629 e 306, la rinuncia al pignoramento produce l'estinzione del pro cesso esecutivo, quando sia accettata dalle parti costi
tuite che potrebbero avere interesse alia prosecuzione (sent. 9 marzo 1951, n. 584, Foro it., Rep. 1951, voce Esecuzione
in genere, n. 122) e che il soddisfacimento delle ragioni del
creditore procedente non determina l'estinzione del pro cesso esecutivo, poicliõ questo puõ essere proseguito da
qualunque altro creditore intervenuto, che sia munito di
titolo esecutivo (sent. 6 agosto 1958, n. 3112, id., Rep.
1958, voce Esecuzione forzata per obbligazioni pecuniarie, nn. 52-54).
Per eontestare 1'esattezza di tale assunto e sostenere
che, nella specie, non occorreva che intervenisse rinuncia
(o accettazione della rinuncia) anche da parte della inter
veniente tardiva Soc. Remington (che si oppose alia ri
chiesta di estinzione della procedura eseeutiva), la ricor
rente obietta che soltanto i creditori intervenuti tempesti
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25 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 26
vamente possono provocare i singoli atti del procedimento di espropriazione, esercitare, cioe, l'azione esecutiva (sem
preche, naturalmente, siano muniti di titolo eseoutivo), e, in particolare, fare istanza per la vendita (art. 529 e 567 eod. proe. civile).
£ indubbio ebe l'istanza di vendita, essendo un atto
inteso a provocare l'espropriazione, puõ essere fatta, ol
tre cbe dal creditore pignorante, soltanto dai creditori mu
niti di titolo esecutivo e cbe siano tempestivamente in
tervenuti, poiche ad essi soltanto e dalla legge consentito
di prendere iniziative per l'esecuzione, come e chiara
inente stabilito dall'art. 526 del codice di rito, nonchõ,
per l'espropriazione immobiliare, dagli art. 564 e 563.
Senonchõ, e da tenere presente ehe, nella specie, la
creditrice Societä, Remington, tardivamente intervenuta
nella procedura esecutiva, non provocõ atti del processo di espropriazione, ne, d'altra parte, i Giudici di appello banno ritenuto cbe detta Societa, fosse legittimata a fare
l'istanza di vendita. Invero, risulta dalla sentenza impu
gnata e dagli atti (cbe, essendo denunciato un error in pro cedendo, questa Corte suprema puõ ben esaminare), cbe,
allorquando intervenne nel processo la creditrice Reming ton (27 aprile 1957), non soltanto la vendita era stata ri
tualmente ricbiesta da creditori procedenti e creditori
tempestivamente intervenuti, ma era stata ancbe giä di
sposta dal Giudice dell'esecuzione, con provvedimento 28
febbraio 1957 con cui era stato ordinato l'incanto per il di
8 maggio 1957.
La creditrice Remington, opponendosi all'estinzione del
processo, ricbiesta dal creditore pignorante e da alcuni
creditori tempestivamente intervenuti, intese, in sostanza, avvalersi della domanda di vendita ritualmente fatta al
Giudice dell'esecuzione, da cbi era legittimato a farla, e
non puõ contestarsi cbe detta creditrice avesse diritto di
avvantaggiarsi della domanda medesima e dei successivi
provvedimenti dati dal Giudice per l'attuazione dell'espro
priazione, ancbe per evidenti ragioni di economia proces
suale, al qual fine la legge consente (art. 2741 cod. civ.) a piu creditori di pignorare gli stessi beni del comune
creditore, salvi i diritti di prelazione dei vari creditori
e la postergazione dei creditori intervenuti tardivamente
al creditore pignorante ed ancbe a quelli intervenuti tem
pestivamente, cbe sono posti, per quanto si riferisce al
processo di espropriazione, nella stessa posizione del cre
ditore pignorante; pertanto, deve escludersi cbe questo
ultimo, ovvero i creditori intervenuti tempestivamente, con
la rinuncia agli atti del processo esecutivo, determinata dal
soddisfacimento, da parte del debitore, dei loro crediti,
possano ostacolare, a danno del creditore intervenuto tar
divamente, il corso dell'azione da essi giä esercitata e che, nella specie, aveva giä provocato l'autorizzazione della
vendita, provvedimento cbe deve ritenersi resti fermo,
per il soddisfacimento di quell'interesse cbe la legge assi
cura ancbe ai creditori intervenuti tardivamente (ma
sempre muniti di titolo esecutivo), rispetto ai quali i
creditori, cbe banno spiegato intervento tempestivo, non
banno cbe un diritto di prelazione sulla somma ricavata
dalla vendita.
E, riguardo ai poteri del giudice dell'esecuzione, il
quale, secondo la ricorrente, non avrebbe potuto ordi
nare nuovo incanto, in mancanza di specifica istanza del
creditore procedente, ovvero dei creditori intervenuti tem
pestivamente (che, nella specie, avevano, invece, chiesto
l'estinzione del processo esecutivo) e dato che la Societä
Remington, intervenuta tardivamente, non aveva ius po
stulandi, si osserva che, se la vendita non puõ essere di
sposta senza l'istanza del creditore pignorante o dei credi
tori intervenuti, muniti di titolo esecutivo (art. 530, nel
l'espropriazione mobiliare, ed art. 567 e 569, in quella im
mobiliare), tuttavia e da tenere presente che, nell'espro
priazione mobiliare, il secondo incanto e ordinato dall'uf
ficio (art. 538) ed in quella immobiliare, il giudice dell'ese
cuzione, in caso di esito negativo dell'mcanto, dispone l'am
ministrazione giudiziaria o nuovo incanto (art. 591 e 595), se non sussistono domande di assegnazione, ovvero se,
escludendone la convenienza, non ritenga di accoglierle,
e clie, nella specie, l'ulteriore corso della procedura esecu
tiva, nonostante fosse intervenuta la rinuncia predetta, era da porsi in relazione con l'attivitä dei creditori Guccione, Adamo e Banco di Sicilia, che avevano richiesto, al Giu
dice dell'esecuzione, il provvedimento di vendita dell'im mobile in questione.
Per le considerazioni esposte, il ricorso va rigettato con
tutte le conseguenze di legge, relativamente alia perdita del deposito ed all'onere delle spese di questo grado del
processo. Per questi motivi, ecc.
II
La Corte, ecc. — Svolgimento del processo.
— Con atto 31 marzo 1956, la Ditta Enrico Meucci, creditrice della somma di lire 135.435 ed accessori nei confronti di Giuseppe Pozzo, in virtu del decreto ingiuntivo emesso il 26 gennaio 1956 dal Presidente del Tribunale di Livorno, procedette a pignoramento immobiliare di una casa in Castiglioncello di propriety del Pozzo. Nel corso della procedura esecutiva intervennero alcuni creditori, tra i quali Mario Scarafiotti.
L'immobile pignorato fu provvisoriamente aggiudicato a
Carlo Yellano e Giuseppe Liboä per il prezzo di lire 7.500.000.
In data 8 febbraio 1957, Mario Trivelloni e Anna Maria
Izziga fecero offerta di aumento di sesto, ma successiva mente il 19 dello stesso mese dichiararono di revocare
l'offerta. A seguito della rinuncia alia procedura esecutiva
da parte della creditrice procedente Ditta Meucci e di al
cuni creditori, il Giudice dell'esecuzione, con ordinanza 28
febbraio 1957, premesso che il debitore aveva depositato la
somma di lire 170.000 a copertura del credito di lire 162.285 vantato dallo Scarafiotti,che l'immobile non poteva ritenersi
aggiudicato a Liboä e Yellano a causa della successiva
offerta di aumento, pronunciava l'estinzione del processo e la cancellazione della trascrizione del pignoramento. Contro la detta ordinanza proposero reclamo con distinti
atti in data 9 marzo 1957 il procuratore dello Scarafiotti
e quello degli aggiudicatari provvisori Vellano e Liboä.
II primo dedusse che non avrebbe dovuto dichiararsi
estinto il processo esecutivo, non essendovi stata la rinuncia
dello Scarafiotti creditore munito di titolo esecutivo ed il
secondo inoltre che 1'aggiudicazione era diventata defi
nitiva per essere stata validamente revocata l'offerta di
aumento di sesto. (Omissis) M)tivi della deeisione. —- (Omissis). Passando all'esame
degli altri mezzi del ricorso principale, con il quale si adde
bita alia Corte di appello di avere dichiarato estinta la pro cedura esecutiva basandosi sul rilievo non prospettato dalla difesa dell'appellante Maria Perotti ved. Pozzo che,
cioe, l'offerta di aumento di sesto, da parte di tali Trivel
loni e Rizzica, per quanto revocata, avrebbe definitivamente
reso inefficace 1'aggiudicazione provvisoria. Sia in prime cure sia in appello la vedova Pozzo aveva chiesto la ratifica
dell'ordinanza 28 febbraio 1957 con la quale il Giudice
dell'esecuzione aveva dichiarato l'estinzione del procedi mento di espropriazione forzata immobiliare mentre le
controparti ne avevano chiesto la revoca. La Corte di
merito sia pure con argomenti diversi da quelli prospettati dalle parti ha accolto l'appello mantenendosi nei limiti
delle pretese e delle eccezioni fatte valere dalle parti e,
pertanto, senza cadere nel vizio di ultra o extra petizione ; tanto piti che, nella specie, la questione, se Giuseppe Liboä
e Carlo Yellano, a seguito della revoca dell'aumento di
sesto da parte di Trivelloni e Rizzica fossero rimasti aggiu dicatari definitivi o meno, atteneva alia legittimazione
degli stessi ad impugnare l'ordinanza di estinzione e poteva
quindi essere esaminata anche di ufficio.
Con il secondo, terzo e quarto mezzo, i ricorrenti prin
cipali censurano la sentenza per violazione degli art. 360, nn. 3 e 5, coi. proc. civ., in relazione agli art. 105, 571.
573, 584 cod. proc. civ. La Corte di merito ritenne che,
poiclie l'offerta di aumento di sesto era stata fatta in data
8 febbraio 1957 e revocata il 19 dello stesso mese e cioe
prima del termine di venti giorni di cui all'art. 571 cod. proc.
civ., la revoca doveva considerarsi priva di valore giuridico.
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27 PARTE PRIMA 28
I ricorrenti deducono ohe quando l'offerta di aumento
di sesto non yiene coltiyata, la precedente aggiudica zione provvisoria diventa definitiva e che la revocabilitä
dell'offerta di aumento prima dei venti giorni potrebbe tutto ai piu indurre a far ritenere che l'efficacia della
revoca deoorra dalla scadenza del ventesimo giorno, che in
ogni caso giammail'intervento del Liboä e Vellano potrebbe considerarsi un mero intervento adesivo avendo il Tri
bunale di Livorno riconosciuto il loro interesse a man
tenere ferma l'aggiudicazione. Queste censure risultano ugualmente infondate.
Anche se si volessero seguire le premesse del ragiona mento dei ricorrenti, la sentenza di merito sarebbe esatta
perehõ l'ordinanza che dichiarõ estinta la procedura porta la data del 28 febbraio 1957 e quindi risulta pur sempre
precedente di un giorno alia data in cui secondo i ricorrenti
potrebbe ammettersi l'efficacia della rinunzia alia offerta
di sesto. Ne varrebbe osservare che, nella specie, si e trat
tato di offerta di aumento dopo 1'incanto per contestare
la richiamabilitä della norma che stabilisce l'accennato
termine di venti giorni. L'ampia formula di rinvio fatta
dall'art. 584 cod. proc. civ., che prevede l'offerta dopo 1'incanto, all'art. 571, che prevede l'offerta di acquisto
prima dell'incanto, esclude che il rinvio all'art. 571 cod.
proc. civ. non valga per la norma che stabilisce che l'offerta
non puõ essere revocata prima del termine minimo di
venti giorni. Senonehc, piu radicalmente ritiene questo Supremo
collegio che l'offerta di aumento di sesto debba conside
rarsi irrevocabile. Sotto il precedente codice di procedura civile, malgrado che questo non contenesse una norma che, come l'art. 709 cod. proc. civ. francese, espressamente dichiarasse irrevocabile l'offerta, dottrina e giurisprudenza risolvevano ugualmente la questione. Nello stesso modo
detta questione deve risolversi per il vigente codice di pro cedura civile. L'aumento di sesto costituisce, infatti, un
proseguimento dell'incanto con le forme della vendita
senza incanto. L'aumento e, pertanto, retto dall'ordine
di vendita iniziale e l'offerta si presenta come una ultima
offerta rispetto a quella precedente dell'aggiudicatario e
conseguentemente con il carattere di irrevocabilita proprio dell'offerta fatta in sede di incanto.
Con il quinto, sesto e settimo mezzo del ricorso prin
cipal dei Liboä e Vellano e con il secondo, terzo quarto e quinto mezzo del ricorso incidentale degli eredi Scara
fiotti si denuncia la sentenza sotto vari profili in quanto
quest a avrebbe erroneamente confermato l'ordinanza di
estinzione della procedura esecutiva malgrado la mancata
rinunzia, ai sensi dell'art. 629 cod. proc. civ., del credi
tore Scarafiotti munito di titolo esecutivo.
Anche queste censure sono infondate.
Giustamente la Corte di appello ha, anzitutto, posto in rilievo che, al momento della ordinanza estintiva del
processo esecutivo in data 28 febbraio 1957, lo Scarafiotti
non risultava creditore munito di titolo esecutivo ; dato
che al momento del suo intervento del 7 luglio 1956 aveva
allegato copia autentica di detta sentenza senza formula
esecutiva provvedendo a produrre la copia autentica della
sentenza del Tribunale di Savona munita di formula ese
cutiva e rilasciata fin dal 13 agosto 1956 solo in sede di
reclamo contro la ordinanza di estinzione. Ora dal sistema
del codice di procedura civile risulta che la documentazione
che il creditore che procede o che interviene 6 munito di
titolo esecutivo deve essere data al momento in cui si
tratta di far valere la qualitä di creditore munito di titolo
esecutivo e non successivamente. Cosi, per quanto riflette
il creditore procedente l'art. 479 cod. proc. civ. stabilisce
che l'esecuzione forzata deve essere preceduta dalla noti
ficazione del titolo in forma esecutiva. E l'art. 488 cod.
proc. civ. stabilisce che il creditore procedente deve de
positare nel fascicolo dell'esecuzione l'originale o una copia autentica del titolo esecutivo. Cosi per quanto riguarda i creditori intervenuti l'art. 564 cod. proc. civ. attribuisce
solo ad essi il potere di promuovere i singoli atti di ese
cuzione. Ne consegue che, anche agli effetti dell'art. 629
cod. proc. civ., per la correlazione esistente tra creditore
pignorante e creditore munito di titolo esecutivo, tale titolo
debba essere giä, stato esibito. Inoltre, la sentenza della
Corte di appello ha poi con adeguata motivazione osser
vato che la somma offerta di lire 170.000 era comprensiva della totality del credito (lire 162.285) spettante alio Sca
rafiotti e del presumibile importo delle successive spese per l'intervento, essendo allora vigente la legge che fissava
la tariffa in misura di gran lunga inferiore a quella attuale.
Ne ha fondamento il rilievo che il Giudice dell'esecuzione
abbia disposto che il deposito venisse versato in conto, in
quanto la Corte di merito, con apprezzamento insindacabile
in questa sede, ha ritenuto chel'offertadi eventuali maggiori somme stesse soltanto a, significare la effettiva intenzione
del debitore di soddisfare totalmente il credito nel caso
che la somma offerta non fosse stata, come invece la Corte
di appello ha ritenuto che fosse, comprensiva della totalita.
del credito.
Il ricorso deve essere quindi rigettato con le conseguenze di legge.
Per questi motivi, rigetta, ecc.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
Sezione III civile; sentenza 10 gennaio 1963, n. 30 ; Pres. Lombardo P., Est. Salerni, P. M. Toro (concl. conf.) ; Pinanze (Avy. dello Stato Bronzini) c. Allomello (Avv. Magrone, Mid ana).
(Gassa App. Torino 25 luglio 1960)
Amministrazione dello Stato e dcgli enti pubblici —
Contratto tli looazionc — Ritardo nel pagamento del canonc — Mancata costitnzione in mora Eflctti — Fattispecic (Cod. civ., art. 1219, 1453).
II ritardo nel pagamento del eanone, da parte della pubblica Amministrazione locataria di immobile, non provoca la risoluzione del contratto se, scaduto il termine non essen
ziale, il locatore, dopo aver sollecitato verbalmente il pa gamento nella sede dell'Amministrazione, intimi lo sfratto per morositä, cui segua il pagamento prima delVudienza
fissata per la convalida. (1)
(1) Conformi, sul luogo d'adempimento delle obbligazioni dell'Amministrazione e sull'inapplicabilitä dell'art. 1219, n. 3, cod. civ. : Trib. Livorno 18 febbraio 1960, Foro it., Rep. 1960, voce Amministrazione dello Stato, n. 174 ; Cass. 25 febbraio 1959, n. 532, id., Rep. 1959, voce eit., nn. 134-136 ; 25 ottobre n. 3937 e 17 maggio n. 1659 del 1956, id., Rep. 1956, voce cit., nn. 235-237 ; 5 giugno 1951, id., 1952, I, 708.
Sulla necessity : della richiesta scritta quando il pagamento debba eseguirsi al domicilio del debitore, Cass. 21 ottobre n. 4014 e 4 maggio n. 1517 del 1957, id., Rep. 1957, voce Obbliga zioni e contratti, nn. 238, 239 ; della messa in mora quando la pretesa di risoluzione si basi sul semplice indugio del debitore, Cass. 15 novembre 1958, n. 3716, id., Rep. 1958, voce cit., nn. 256-258.
Per la distinzione tra obbligazioni querables e -portables, Cass. 19 gennaio 1956, n. 159, id., Rep. 1956, voce cit., nn. 313 315, commentata da Valsecchi, in Riv. dir. comm., 1956, II, 284, e da Montel, in Temi, 1956, 575.
Cass. 11 maggio 1954, n. 1493, Foro it., Rep. 1954, voce cit., n. 238, nega che, in caso di termine non essenziale e di co stituzione in mora, il debitore possa adempiere dopo la domanda giudiziale di risoluzione ; e, con sentenza 19 giugno 1954, n. 2118, ibid., n. 253, precisa che la domanda ha quegli effetti preclusivi solo se si tratta di mora ex re, verificantesi per legge, senz'uopo di atti del creditftre.
La giurisprudenza e costante nell'affermare che il procedi mento di convalida di sfratto per morositä, se il conduttore paga prima dell'udienza, si trasforma in ordinario giudizio nel quale devono valutarsi sussistenza e gravitä deH'inadempimento ai fini della pronuncia di risoluzione e gli effetti processuali e sostanziali risalgono alia notifica dell'intimazione. Da ultimo : App. Cagliari 21 aprile 1900, id., Rep. 1960, voce Sfratto, nn.
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