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sezione III civile; sentenza 11 aprile 2006, n. 8420; Pres. Sabatini, Est. Petti, P.M. Schiavon...

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sezione III civile; sentenza 11 aprile 2006, n. 8420; Pres. Sabatini, Est. Petti, P.M. Schiavon (concl. conf.); Valori (Avv. Marozzi) c. Zeppilli e altra (Avv. Natali). Conferma App. Ancona 20 settembre 2001 Source: Il Foro Italiano, Vol. 129, No. 12 (DICEMBRE 2006), pp. 3411/3412-3413/3414 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23201798 . Accessed: 24/06/2014 21:41 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.229.248.111 on Tue, 24 Jun 2014 21:41:49 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione III civile; sentenza 11 aprile 2006, n. 8420; Pres. Sabatini, Est. Petti, P.M. Schiavon(concl. conf.); Valori (Avv. Marozzi) c. Zeppilli e altra (Avv. Natali). Conferma App. Ancona 20settembre 2001Source: Il Foro Italiano, Vol. 129, No. 12 (DICEMBRE 2006), pp. 3411/3412-3413/3414Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23201798 .

Accessed: 24/06/2014 21:41

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PARTE PRIMA

cogliendo la prima soluzione sulla base delle seguenti conside

razioni: la rapida successione («quasi contestualità») degli atti

pubblici, tra loro e rispetto alla scrittura privata del luglio 1986;

l'assenza di testimoni e la mancata corresponsione di denaro al

cospetto del notaio; l'inattendibilità delle dichiarazioni del no

taio circa il fatto che il ricavato delle vendite era stato impiegato

per estinguere i debiti della Terribile (pignoramenti immobiliari

s'erano susseguiti nei confronti di questa dal febbraio 1987 fino

al gennaio 1991); la Terribile continuava a comportarsi come ef

fettiva proprietaria del fondo apparentemente permutato (nel lu

glio 1987 il tecnico da lei incaricato operava per una rettifica

dei confini); l'inverosimiglianza del fatto che la Pepe abbia ac

quistato dalla Terribile per 40 milioni di lire quello stesso fondo

che quest'ultima aveva in precedenza permutato con suo padre

per 20 milioni di lire; l'inverosimiglianza della tesi secondo cui

la Terribile si sarebbe rivolta al notaio rogante perche' le trovas

se un compratore per i suoi terreni, dandogli mandato di inter

pellare anche il Pepe, nonostante il fatto che proprio dal Pepe avesse ricevuto in anticipo le somme indicate nei rogiti e fosse

con lui in rapporti di stretta collaborazione.

Insomma, si tratta di una serie cospicua di ragioni che hanno

convinto il giudice della circostanza che la Terribile ed i Pepe fossero stretti da un accordo simulatorio, che li condusse alla

conclusione dei quattro atti pubblici senza volere affatto mutare

la precedente realtà giuridica. Di qui la dichiarazione della natu

ra simulata di quegli atti e la loro conseguente inefficacia tra le

parti ex art. 1414 c.c.

A fronte di questa vasta serie di argomentazioni concatenata

da una stringente logica, appare inopportuna ed impertinente l'affermazione dell'insussistenza della prova circa l'esistenza di

un accordo simulatorio e gli estremi stessi per identificare un

contratto simulato. Posto che compito della corte di legittimità

(ai sensi del n. 5 dell'art. 360 c.p.c., essendosi già osservato che

il ricorso non contiene specifiche censure di legittimità) non è

quello di accertare se esistano o meno le prove a sostegno di una

statuizione di merito, bensì è quello di verificare la congruità, la

logicità e la coerenza delle ragioni poste dalla sentenza impu

gnata a fondamento della decisione e specificamente censurate

dal ricorrente. Laddove, invece, il ricorso del quale si tratta è

improntato alla confutazione nel merito delle singole circostan

ze di fatto addotte in sentenza (come se questa in svolgimento fosse una terza fase del giudizio di merito), nonché allo svilup

po di temi del tutto estranei al dibattito (si tenga presente che il

secondo motivo s'impernia sulla dimostrazione dei presupposti a fondamento dell'azione ex art. 2901 c.c.. la quale non è stata

accolta dalla corte barese). Senza tacere che in materia vige il principio.secondo il quale

l'individuazione della causa simulandi, cioè del motivo con

creto per il quale le parti abbiano posto in essere un contratto in

realtà non voluto, dando vita ad una mera apparenza, resta rile

vante solo per fornire indìzi rivelatori dell'accordo simulatorio, ma non è indispensabile ai fini della pronuncia di accertamento

della simulazione medesima (tra le varie, cfr. Cass. 3 aprile 2001, n. 4865, Foro it., Rep. 2001, voce Simulazione civile, n.

6; 11 maggio 1987, n. 4323, id.. Rep. 1987, voce cit., n. 17). In conclusione, il ricorso deve essere respinto.

Il Foro Italiano — 2006.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 11

aprile 2006, n. 8420; Pres. Sabatini, Est. Petti, P.M. Schia

von (conci, conf.); Valori (Avv. Marozzi) c. Zeppilli e altra

(Avv. Natali). Conferma App. Ancona 20 settembre 2001.

Proprietà — Immissioni — Esigenze della produzione —

Contemperamento — Diritto alla salute — Prevalenza —

Fattispecie (Cost., art. 32; cod. civ., art. 844).

Un 'interpretazione costituzionalmente orientata della norma

codicistica sulle immissioni impone al giudice di considerare

prevalente la tutela della qualità della vita e della salute, nel

contemperamento delle esigenze della produzione con le ra

gioni della proprietà, indipendentemente dalla priorità di un

determinato uso (nella specie, è stata confermata la decisione

dì merito che aveva inibito la prosecuzione di un 'attività pro duttiva preesistente, poiché nociva per la salute dei vicini

dell'azienda nella quale la produzione avicola si era svolta

senza la predisposizione di misure di cautela idonee ad evita

re o limitare l'inquinamento atmosferico). (1)

(1) La salute innanzi tutto: sicuramente prima delle esigenze della

produzione e a prescindere dalla priorità dell'uso. Questa è l'aurea re

gola la cui osservanza il Supremo collegio chiede ai giudici di merito

allorquando questi si trovano a dover interpretare ed applicare l'art.

844 c.c. Ma nella sentenza in epigrafe è possibile cogliere un'ulteriore indicazione nella parte in cui la Cassazione esorta, nella valutazione

comparativa delle esigenze della produzione con quelle della proprietà e della salute, a compiere una verifica sulla predisposizione, da parte dell'esercente l'attività produttiva fonte di immissioni, di cautele ido

nee ad evitare o limitare l'inquinamento atmosferico.

Orbene, anche se dalla lettura della sentenza non è possibile com

prendere sino a che punto ed entro quali limiti si sarebbe dovuto conte

nere l'inquinamento atmosferico (generato, nel caso di specie, da un

pollaio), sembrerebbe che la «normale tollerabilità» indicata dalla nor ma codicistica non sia più la «soglia consentita» e che, a fronte di un vulnus per la salubrità dell'aria — e, conseguentemente, per la salute del vicino —, intervenendo nel giudizio comparativo il bene salute, le emissioni (olfattive in questo caso) inquinanti debbano essere contenute

nei limiti di una «stretta tollerabilità», generalmente richiesta per le

sole attività prive di un parametro di legalità individuabile nel conte

nuto del provvedimento amministrativo autorizzatorio al loro esercizio

(cfr. Cass. 21 aprile 2005, Pandolfini, Foro it.. Rep. 2005, voce Inco lumità pubblica (reati e sanzioni), n. 39; 6 aprile 1994, Mezzenzana,

id., Rep. 1995, voce cit.. n. 41). Ma la sentenza, ermetica forse anche per la natura della controversia,

lascia trapelare (anche dai precedenti richiamati) dell'altro. Infatti, la normativa pubblicistica (ivi compresa quella al cui rispetto è riconnesso il rilascio delle autorizzazioni all'esercizio di una data attività) posta a tutela dell'ambiente può indicare solo la soglia di tolleranza minima, il cui superamento determina una presunzione assoluta di intollerabilità delle emissioni, ma non vincola in alcun modo il giudice civile che, nello stabilire la tollerabilità dei relativi effetti nell'ambito privatistico, può anche discostarsene, pervenendo al giudizio di intollerabilità delle

emissioni, ancorché contenute nei limiti di legge (in tal senso, Cass. 25

agosto 2005, n. 17281, id.. Rep. 2005, voce Proprietà, n. 21; Giud. pa ce Ancona 30 luglio 2003, id., Rep. 2004, voce cit., n. 13; Trib. Cata nia-Mascalucia 16 aprile 2003, id., 2003, I, 3474, con nota di R. Mon

tanaro, Inquinamento acustico e normale tollerabilità', cfr. altresì Cass. 11 maggio 2005. n. 9865, id.. Rep. 2005, voce cit., n. 27, che chiarisce il valore sussidiario ed il carattere facoltativo del criterio del

preuso. In argomento, da ultimo, Trib. Montepulciano 2 febbraio 2006, id., 2006, I. 2946, con nota di richiami e osservazioni di A. Palmieri).

A tale risultato si perviene sulla scorta di un prudente apprezzamento che tenga conto, nel valutare la situazione concreta, anche della predi sposizione di idonee misure di cautela. In altri termini, se il faro deve essere l'art. 32 Cost., parrebbe che, quante volte sia provato il rapporto di causalità tra l'immissione ed un accertato pregiudizio per la salute, la

prima non può più considerarsi tollerabile, a prescindere dal rispetto dei limiti posti dalla legge per l'esercizio di una determinata attività (che,

giocoforza, dovrà comportare l'adozione di tutte le misure idonee a li mitare l'inquinamento atmosferico o ad evitare che lo stesso superi la

soglia in cui può recare pregiudizi a terzi). In argomento, di recente, v. S. Cavanna, Il criterio di «normale tol

lerabilità» nella disciplina dei rapporti di vicinato, in Immobili & dir.,

2005, fase. 3, 110; R. Pezzullo, Le immissioni acustiche e la giuris prudenza, in Immobili & Proprietà, 2004, 569; M. Consalvo, Immis sioni moleste (nota a Cass. 27 gennaio 2003, n. 1151, Foro it.. Rep. 2003, voce cit., n. 23), in Immobili & Proprietà, 2003, 197; S. Cimini, La tutela dall'inquinamento acustico tra norme di azione e norme di

relazione (nota a Cass. 27 gennaio 2003, n. 1151, cit.), in Riv. giur. edilizia, 2003, I. 710; G. Busetto, Linee guida della disciplina delle immissioni alla luce della recente giurisprudenza, in Dir. e giur. agr. e

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Svolgimento del processo. — Con citazione del 25 maggio

1983 i coniugi Zeppilli Luigi e Pierantoni Maria Teresa conve

nivano dinanzi al Tribunale di Ascoli Piceno, Valori Maria,

proprietaria di un fondo e di un'azienda confinante, e propone vano una serie di domande, anche di natura risarcitoria, dirette

da un lato a rendere stabile una scarpata esistente sulla linea di

confine del fondo e dall'altro ad eliminare le immissioni di odo

ri nauseanti provenienti dall'allevamento di polli e di altro be

stiame, gestito dalla convenuta. La Valori si costituiva conte

stando il fondamento delle pretese ed in via riconvenzionale

chiedeva la demolizione della sovrastante vasca di raccolta di

acque piovane ed il risarcimento dei danni provocati dalla fra

natura della scarpata, nonché la condanna per la realizzazione

delle opere di consolidamento.

La lite era istruita con prove orali e documentali e l'espleta mento di ben tre consulenze tecniche di ufficio.

Con sentenza del 19 novembre 1997 il Tribunale di Ascoli

Piceno accoglieva solo in parte la domanda proposta dai coniugi

Zeppilli e condannava la Valori al risarcimento dei danni, liqui dati ai valori attuali, nella misura di lire 46.553.333, oltre inte

ressi dalla domanda al saldo della somma devalutata di lire

23.000.000. In relazione alla costruzione del muro di contenimento il tri

bunale ripartiva tra le parti le responsabilità della frana, nella

misura di un terzo a carico degli attori e di due terzi a carico

della Valori. Accoglieva la domanda riconvenzionale della Va

lori in ordine ai danni cagionati dalla frana del 1992 e condan

nava gli attori al pagamento dei relativi danni (v. amplius in di

spositivo); compensava tra le parti le spese del giudizio. Contro la decisione proponevano appello principale la Valori,

in relazione all'instabilità della scarpata ed alle opere di conso

lidazione, ed appello incidentale i coniugi Zeppilli, in ordine al

riparto delle responsabilità, alle immissioni ed ai relativi danni.

Con sentenza del 20 settembre 2001 la Corte d'appello di

Ancona così decideva: rigetta l'appello principale della Valori

ed in accoglimento per quanto di ragione dell'appello dei co

niugi Zeppilli ordina alla Valori l'immediata cessazione del

l'allevamento di galline e la condanna al risarcimento dei danni,

liquidati in lire 20.000.000 per ciascun coniuge; condanna la

Valori alla rifusione della spesa dei due gradi del giudizio e

conferma nel resto l'impugnata sentenza. Contro la decisione ri

corre la Valori proponendo due motivi di censura illustrati da

memoria; resistono le controparti con controricorso.

Motivi della decisione. — Il ricorso non merita accoglimento in ordine ai dedotti motivi.

Nel primo motivo si deduce l'omessa motivazione su punti decisivi della controversia, ovvero la contraddittorietà e insuffi

cienza della stessa.

Le censure in particolare riguardano due punti: a) il punto della causa della frana, indicata nel supplemento

della c.t.u. (4 marzo 1994) secondo un doppio fattore, sia per la

natura inclinazione di coinvolgimento delle acque piovane, sia

per colpa dei coniugi Zeppilli che avevano lasciato aperto a lun

go il rubinetto della vasca di contenimento delle acque provo candone la tracimazione delle stesse;

b) un secondo punto decisivo concerne la valutazione dell'u

tilità del muro di contenimento e la legittimità della sua colloca

zione sul terreno della Valori.

In ordine alla prima censura si rileva che essa difetta di auto

sufficienza e di decisività: di autosufficienza poiché la consu

lenza è interpolata e la causalità non appare indicata chiara

mente in termini alternativi o di concorrenza; di decisività in

quanto il ragionamento della corte d'appello si fonda sull'anali

si degli esiti delle varie consulenze e perviene al convincimento

di un concorso di cause e di colpe imputabili in maniera preva lente alla Valori e minore per i vicini del fondo. Si tratta dunque di un prudente apprezzamento di fatto, che si avvale delle indi

ambiente, 2002. 349; L. Morlotti, Immissioni intollerabili: art. 844 c.c.

e d.p.c.m. 1° marzo 1991 a confronto (nota a Cass. 3 agosto 2001, n.

10735, Foro it.. Rep. 2001, voce cit., n. 33), in Nuova giur. civ., 2002,1, 718; V. Cassoni, Art. 844 c.c.: immissioni intollerabili, ma lecite (nota a

Trib. Livorno 30 dicembre 2000, Foro it., Rep. 2001. voce cit., n. 41), in

Foro toscano, 2001, 38; D. Chindemi, Le immissioni elettromagnetiche: limiti di liceità e danni risarcibili con particolare riguardo al danno esi

stenziale, in Resp. civ.. 2001, 1051. [M. Calabrese]

Il Foro Italiano — 2006.

cazioni tecniche peritali, ed è congruamente motivato senza er

rori di tecnica o di logica giuridica. In ordine alla seconda censura si osserva che la costruzione

del muro giova ad entrambi i contendenti, ed è stata disposta in

prevenzione di futuri danni, onde la collocazione del muro sulla

proprietà della Valori è misura di prevenzione esigibile e realiz

zabile con l'assenso della medesima, anche in relazione alle

autorizzazioni necessarie per la sua edificazione. Eventuali im

pedimenti posti dalla Valori la renderanno civilmente responsa bile per ulteriori danni.

Inoltre si osserva che entrambe le parti hanno chiesto una

pronuncia sulla costruzione di un muro di contenimento, sia pu re in disputa sulle responsabilità.

Non sussiste pertanto alcun error in iudicando sul punto. Nel secondo motivo si deduce V error in iudicando per la

violazione dell'art. 844 c.c. La tesi è che essendo l'attività di

allevamento preesistente all'edificazione del fondo vicino, il

criterio della prevenzione doveva prevalere, unitamente alle esi

genze della produzione, sulle minori esigenze olfattive dei vici

ni. Si deduce infine la contraddittorietà della motivazione, sulla

base dell'errata indicazione del numero delle galline e sulla re

lativa intuizione del lezzo insostenibile.

In senso contrario si osserva che la norma codificata sulle

immissioni, nel prevedere la valutazione, da parte del giudice, del contemperamento delle esigenze della produzione, con le

ragioni della proprietà, tenendo eventualmente conto della prio rità di un determinato uso, è stata correttamente applicata alla

fattispecie in esame, considerando anche la valenza della qualità della vita e della salute dei vicini dell'azienda, nella quale la

produzione si è svolta senza la predisposizione di misure di

cautela idonee ad evitare o limitare l'inquinamento atmosferico.

Si tratta di un'interpretazione estensiva della norma, costitu

zionalmente orientata, in relazione al fattore salute, che è ormai

intrinseco nell'attività di produzione oltre che nei rapporti di vi

cinato (cfr. Cass. 3 febbraio 1999, n. 915, Foro ir., Rep. 1999, voce Proprietà, n. 44; 4 aprile 2001. n. 4963, id., 2002,1, 3179). La valutazione del fatto storico e la sua corretta sussunzione

sotto la norma in esame appare dunque giuridicamente esatta,

legittimando la statuizione preclusiva del prolungamento di

un'attività sostanzialmente nociva alla salute dei vicini del fon

do.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 3 aprile 2006, n. 7760; Pres. Sciarelli, Est. Amoroso, P.M. Sorren

tino (conci, conf.); Gorgone (Avv. Intilisano) c. Inps (Avv.

Riccio, Valente, Biondi). Cassa Trib. Patti 10 febbraio 2003.

Previdenza e assistenza sociale — Assegno ordinario di in

validità — Riduzione della capacità di lavoro — Accerta

mento — Tabelle per l'invalidità civile — Utilizzabilità —

Esclusione (L. 30 marzo 1971 n. 118, conversione in legge del d.l. 30 gennaio 1971 n. 5, e nuove norme in favore dei

mutilati ed invalidi civili, art. 2, 13; 1. 12 giugno 1984 n. 222, revisione della disciplina della invalidità pensionabile, art. 1;

d.leg. 23 novembre 1988 n. 509, norme per la revisione delle

categorie delle minorazioni e malattie invalidanti, nonché dei

benefici previsti dalla legislazione vigente per le medesime

categorie, ai sensi dell'art. 2, 1° comma, 1. 26 luglio 1988 n.

291, art. 4).

Ai fini del diritto all'assegno ordinario di invalidità, l'accerta

mento della riduzione della capacità di lavoro non può essere

condotto in base alle tabelle previste per la valutazione fina lizzata al riconoscimento delle prestazioni a favore dei muti

lati ed invalidi civili, essendo tali tabelle parametrate sulla

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