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Sezione III civile; sentenza 13 dicembre 1962, n. 3340; Pres. Vistoso P., Est. Felicetti, P. M....

Date post: 31-Jan-2017
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Sezione III civile; sentenza 13 dicembre 1962, n. 3340; Pres. Vistoso P., Est. Felicetti, P. M. Gedda (concl. conf.); Istituto vendite giudiziarie di Venezia (Avv. Palombi) c. Soc. comm. Auto di Torino, Vaccari, Cera, Bernar Source: Il Foro Italiano, Vol. 86, No. 4 (1963), pp. 743/744-747/748 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23152428 . Accessed: 28/06/2014 19:12 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 46.243.173.30 on Sat, 28 Jun 2014 19:12:27 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione III civile; sentenza 13 dicembre 1962, n. 3340; Pres. Vistoso P., Est. Felicetti, P. M.Gedda (concl. conf.); Istituto vendite giudiziarie di Venezia (Avv. Palombi) c. Soc. comm. Autodi Torino, Vaccari, Cera, BernarSource: Il Foro Italiano, Vol. 86, No. 4 (1963), pp. 743/744-747/748Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23152428 .

Accessed: 28/06/2014 19:12

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PARTE PRIMA

alla stregua di taie convincimento, ha ritenuto ultronea

l'assunzione dei mezzi istruttori richiesti dairAmministra

zione.

Ora, come questa Corte suprema ha altre volte affer

mato, il giudice di merito legittimamente disattende una

richiesta di ammissione di mezzi istruttori quando in base

agli elementi acquisiti ai proeesso si sia formato un convin

cimento contrario a quanto si vorrebbe dimostrare, ne egli

incorre in difetto di motivjizione per non avere espressa

mente disatteso taie richiesta, qualora la ritenuta super

fluity dell'ulteriore istruttoria põssa implicitamente desu

mersi dalla motivazione adottata (v. sent. n. 34 del 1961,

Foro it., Rep. 1961, voce Prova civ., n. 29). Con il quarto motivo si censura la sentenza impugnata

per difetto di motivazione, in quanto la Corte di merito

avrebbe determinato in lire duemila a metro quadrato l'incremanto di valore della parte dei fondi del Mancuso

e degli Aloi residuata dalla espropriazione eseguita nei

loro confronti senza dare adeguata ragione di tale stima.

Anche questa censura & priva di fondamento.

La Corte di merito, premesso esattamente che nella

determiuazione delle indennitä spettanti al Mancuso e agli

Aloi per l'espropriazione parziale dei fondi di loro pro

priety oceorreva tener presente la norma dell'art. 41 della

legge generale sull'espropriazione per pubblica utilitä,

secondo la quale, quando dalla esecuzione dell'opera pub

blica derivi un vantaggio speciale e immediato alia parte

del fondo non espropriante, tale vantaggio deve essere

stimato e detratto dalla indennitä normalmente calcolata,

ha ritenuto che il vantaggio speciale e immediato derivato

dalla costruzione della strada pubblica alle porzioni residue

dei fondi espropriati, da tenersi distinto dal vantaggio

generale, non computabile, derivato dalla sistemazione

urbanistica della zona nella quale i fondi medesimi trova

vansi, potesse valutarsi in lire duemila al metro quadrato

per il fondo degli Aloi e in lire mille a metro quadrato

per il fondo del Mancuso, in quanto quest'ultimo aveva

un accesso da una strada preesistente all'esecuzione del

piano di ricostruzione e, conseguentemente, operando le

relative detrazioni dai valori dei fondi fissati dal consu

lente tecnico, ha determinato l'indennita di espropriazione

in lire 968.000 per il Mancuso e 6.932.000 per gli Aloi.

Ora questa pronuncia e incensurabile in questa sede

perche la determinazione della misura della indennitä

e stata fatta in base a criteri conformi alia legge ed e sor

retta da motivazione esente da vizi logici (v. sent, di questa

Corte suprema n. 2113 del 1960, Foro it., Rep. 1961, voce

Espropriazione per p. i., n. 145). Con 1'ultimo motivo del ricorso, affermandosi che gli

interessi sull'indennitä di espropriazione decorrono dalla

data della effettiva occupazione deH'immobile da parte

dell'espropriante, si deduce che la Corte di merito avrebbe

erroneamente ritenuto che l'onere della prova di tale data

fosse a carieo di quest'ultimo. Si aggiunge che i resistenti

non avrebbero chiesto il pagamento degli interessi dalla

data dell'occupazione e che, comunque, non era accertato

che i fondi di loro proprietä fossero stati occupati prima

della data del decreto di espropriazione. La censura va disattesa.

La Corte di merito non ha affatto affermato che l'onere

della prova della data di occupazione dei fondi espropriati

fosse a carico dell'espropriante. Invero, esaminato il motivo

di appello con il quale l'Amministrazione si doleva che il

Tribunale l'aveva condannata al pagamento degli interessi

sulla indennitä, di espropriazione con decorrenza dalla data

della occupazione degli immobili e senza la indicazione

specifica di tale data, lo ha ritenuto infondato, sia perche

era pacifico tra le parti che l'occupazione era avvenuta

dopo il deereto di occupazione temporanea e di urgenza e

prima del decreto di espropriazione, sia perche, in man

canza del verbale di immissione in possesso, restava a carico

della parte interessata, cioe degli espropriati, di fornire

la prova del giorno in cui tale immissione era effettivamente

avvenuta, prova che, evidentemente, avrebbe dovuto

essere prodotta in sede di esecuzione della condanna al

pagamento degli interessi.

Ne puõ dedursi in questa sede ehe non sussisteva 1a.

certezza clie 1'occupazione dei fondi espropriati fosse avve

nuta prima del decreto di espropriazione perche l'accerta

mento del giudice di merito circa la pacificitä tra le parti

di tale circostanza costituisce un giudizio di fatto incen

surabile in Cassazione (v. sent, di questa Corte n. 2613

del 1961, Foro it., Rep. 1961, voce Prova civ., nn. 23, 24).

Non puõ, poi, eccepirsi ehe i resistenti non avrebbero

chiesto il pagamento degli interessi dalla data dell'occu

pazione dei fondi di loro proprietä perclie tale eccezione

non e stata proposta nel giudizio di appello, nel corso del

quale la discussion e in ordine alia corresponsione degli

interessi e stata limitata alia determinazione della data

di decorrenza di essi.

Consegue clie si devo rigettare il ricorso e condannare

la ricorrente Amministrazione al rimborso delle spese di

questo grado del giudizio a favore dei resistenti. Nulla

per le spese di questo grado nei confronti dell'Istituto

meridionale per la ricostruzione clie non lia presentato

eontroricorso, ne lia partecipato alla discussione orale.

Per questi motivi, rigetta, ecc.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezione III civile; sentenza 13 dicembre 1962, n. 3340 ;

Pres. Yistoso P., Est. Felicetti, P. M. Gedda (eoncl.

conf.) ; Istituto vendite giudiziarie di Venezia (Aw.

Palombi) c. Soc. comm. Auto di Torino, Yaccari, Cera,

Bernar.

(Oonferma Fret. Vicenza 1 agosto 1960)

Esecuzione forzata per ol>J>li<jazioiii pecuniaric —

Espropriazione mobiliare — Vendita all'incanto

— Successha modifiea delle condizioni d'asta,

disposta dal giudiee — Diictto di pubblicita —

— Efletti — Faltispeeie (Cod. proc. civ., art. 490, 534).

In difetto della pubblicita prevista dagli art. 490 e 534 eod.

proc. civ., V ordinanza, con la quale il giudiee dell9esecu

zione modifiea le condizioni di luogo e di tempo della

vendita mobiliare alVincanto, in precedenza disposta con

provvedimento regolarmente pubblicato, e affetta da nul

lita assoluta ehe si estende alVatto finale del procedimento

di espropriazione e pud farsi valere, mediante Vopposi

zione agli atti esecutivi, nel termine di cinque giorni

dal compimento delVultimo atto (e cioe : la vendita alVin

canto in effetti eseguita). (1)

(1) A proposito della nullita, assoluta dell'aggiudicazione di

un immobile nel caso in cui si sia proceduto all'incanto senza

1'osservanza delle preseritte forme di pubblicita, cons. App.

Napoli 21 dicembre 1957, Foro it., Rep. 1958, voce Esecuzione

forzata per obbligazioni pecuniarie, n. 91.

Per qualche applicazione del principio (piu volte affermato

dalla giurisprudenza : Cass. 9 marzo 1962, n. 462, id., Mass.,

135 ; in motivazione, Cass. 23 gennaio 1962, n. 97, id., 1962,

I, 681 ; 20 marzo 1959, n. 844, id., Rep. 1959, voce Esecuzione

forzata in genere, n. 93 ; e ribadito dall'annotata sentenza),

secondo cui la nullita assoluta degli atti esecutivi, ove non sia

rilevata tempestivamente, si estende a quelli successivi dipen

denti e puõ farsi valere, mediante opposizione agli atti esecutivi,

nel termin e perentorio di cinque giorni dal compimento dei

singoli atti o dell'ultimo di essi, cons., in tema di pignoramento

eseguito da messo di conciliazione anziche da ufficiale giudi

ziario, Pret. Leonforte 21 novembre 1960, id., 1961, I, 1768,

con nota di richiami ; cui adde, a proposito del precetto privo

di valida sottoserizione, Cass. 16 febbraio 1957, n. 563, id.,

1957, I, 1631. In termini piu generali, nel senso ehe nei cinque giorni

successivi all'ordinanza di aggiudicazione puö proporsi opposi

zione agli atti esecutivi per far valere le nullita verificatesi pre

cedentemente alla vendita forzata, ed eccepite, sotto forma di

osservazioni ai giudiee dell'esecuzione, prima dell'inizio del

1'incanto ed in presenza dell'offerente poi aggiudicatario, cons.

Cass. 7 aprile 1956, n. 1008, pubblicata, in una con Cass. 18

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 746

La Corte, ecc. — Con il primo mezzo e denunciata la

violazione dell'art. 156, 1° e 2° comma, cod. proc. civ.,

sotto il profilo che, non essendo dalla legge comminata

un'espressa sanzione di nullita per l'omissione imputabile al ricorrente ed avendo l'atto, identificato nella vendita

in senso procedurale, raggiunto lo scopo cui era destinato,

identificato nella vendita in senso sostanziale, la nullita

di esso non avrebbe potuto essere dichiarata. Con il secondo

e terzo mezzo e, invece, denunciata violazione degli art.

490, 121, 131 e 134 cod. proc. civ. per avere il Pretore

erroneamente affermato la responsabilitä dell'Istituto ven

dite giudiziarie, senza considerare che l'affissione dei bandi

era compito esclusivo della cancelleria e non dell'Istituto

e per avere affermato die quest'ultimo aveva il diritto

dovere di rifiutare l'esecuzione dell'ordinanza di vendita

in base ad un controllo di legittimitä. Dev'essere prelimi narmente osservato che nell'opposizione agli atti esecutivi

proposta dalla Societä commerciale Auto a norma del

l'art. 617, 2° comma, cod. proc. civ. erano state cumulate

due distinte domande : una, principale, di accertamento

della nullita della vendita ; l'altra, dipendente, di risarci

mento di danni causati dall'illegittimita della procedura esecutiva.

La sentenza ha pronunciato su entrambe le domande.

Ma, mentre per il capo con il quale e stata dichiarata la

nullita della vendita e dell'aggiudicazione la sentenza non

era appellabile (art. 618, ult. comma, cod. proc. civ.) bensi

solo ricorribile a norma dell'art. Ill della Costituzione,

per il capo con il quale e stata accertata la responsabilitä

conseguente alla nullita e pronunciata condanna a risarci

mento di danni essa era appellabile. Ne segue che il ricorso per cassazione e ammissibile

soltanto in relazione alia prima delle suddette pronunce

e non anche in relazione alia seconda. Da ciõ l'ulteriore

conseguenza che solamente il primo dei motivi di gravame

precedentemente enunciati pu6 trovare ingresso in questa

sede di legittimitä, in quanto diretto contro il capo della

sentenza suscettibile di ricorso ; non anche il secondo ed

il terzo, in quanto diretti contro il capo della sentenza

suscettibile di appello, il quale rimane soggetto al doppio

grado di giurisdizione e non e ricorribile per saltum.

Ciõ premesso, e limitando quindi l'esame al primo

mezzo del ricorso, si osserva.

Dal combinato disposto degli art. 490, 1° comma, e

534 cod. proc. civ., risulta che il provvedimento del giu dice dell'esecuzione, con il quale, ordinandosi la vendita

mobiliare ai pubblici incanti, viene stabilito il giorno, il

luogo e l'ora della vendita stessa, e soggetto al minimum

di pubblicitä consistente nella redazione di awiso conte

nente tutti i dati che possono interessare il pubblico (quindi, anche l'indicazione del ltiogo e dell'ora del primo esperi mento d'asta) e nell'affissione di tale avviso per tre giorni consecutivi nell'albo dell'ufficio giudiziario davanti al

quale si svolge il procedimento esecutivo.

E ovvia, per evidenti ragioni logiche, Fapplicabilitä

aprile 1956, n. 1159, richiamata al pari della precedente nella

motivazione della riportata sentenza, in questa rivista, 1957, I,

1943, con ulteriori richiami. Per riferimeuti, circa la decorrenza del termine per proporre

l'opposizione agli atti esecutivi, cons. Cass. 26 ottobre n. 2387

e 14 ottobre n. 2145 del 1961, id., 1962, I, 682, con ampia nota

di richiami; cui adde, a proposito dei poteri del giudice della

opposizione, Cass. 20 settembre 1961, n. 2040, ibid., 738, con

nota di richiami. Sulla legittimazione del creditore interveniente a proporre

opposizione agli atti esecutivi, v. Cass. 22 ottobre 1960, n. 2869,

id., 1960, I, 1908, con nota di richiami.

Con particolare riferimento alia presente specie e da no

tare che l'opposizione agli atti esecutivi era stata proposta dalla

Soc. auto di Torino, creditrice iscritta sull'autoveicolo pignorato, e che il ricorso per cassazione ž stato proposto dall'Istituto di

vendite giudiziarie di P. Semenzato e C. di Yenezia, al quale

il giudice dell'esecuzione aveva affidato la vendita all'incanto ;

Istituto che il Pretore di Vicenza ha condannato al risarcimento

dei danni verso il creditore ipotecario e il creditore procedente con capo di sentenza, i cui motivi d'impugnazione sono stati

dalla Cassazione ritenuti inammissibili.

di tale precetto ai caso (ricorrente nella specie) ehe 1'ordi

nanza con. la quale e stata disposta la vendita agli incanti

sia modificata dal giudice con altra successiva, in taluno

degli elementi essenziali per l'esperimento d'asta, quali il luogo e l'ora. In tal caso, infatti, la seconda ordinanza

sostituisce in parte ed integra la prima, ed e anche sulla

base di eesa ehe dovranno svolgersi gli incanti.

Nella specie fu, per l'appunto, omessa la redazione e

l'affissione del predetto avviso in relazione alla seconda

ordinanza ehe modificava il luogo e 1'ora degli incanti giä ordinati con la precedente.

Sostiene il ricorrente ehe tali omissioni non sono colpite da sanzioni di nullita espressa e non possono per altro

verso indurre nullita nella specie, in quanto lo scopo degli atti omessi sarehbe stato precisamente la vendita consi

derata come atto sostanziale di trasferimento della pro

prietä ; e taie effetto traslativo sarehbe stato ugualmente

raggiunto, pur essendo l'incanto seguito in luogo ed ora

diversi da quell i resi pubblici con la pubblicazione della

prima ordinanza del giudice dell'esecuzione. Si sarebbe,

cosi, verificata la sanatoria prevista dal 3° comma del

Part. 156 cod. proc. civ. per gli atti che, non colpiti da

nullita espressa, siano, per altro, privi di requisiti formali

indispensabili per il raggiungimento dello scopo cui erano

preordinati. Ma questa tesi non puõ trovare accoglimento. Essa prescinde, innanzi tutto, dal rilievo fondamentale

che, per la sopravvenuta modificazione della prima ordi

nanza disponente la vendita, la pubblicitä datale con

l'osservanza delle disposizioni degli art. 490-523 cod. proc.

civ. restava efficiente solo per la parte di essa non modifi

cata, mentre non si estendeva alle innovazioni introdotte

con la seconda ordinanza, le quali riflettevano elementi

indubbiamente essenziali del procedimento di vendita

all'incanto, quali il (diverso) luogo e la (diversa) ora all'uopo

stabiliti. Sicche l'eccepita nullita riflette non gia, la man

canza di requisiti formali nella eitata prima ordinanza,

ma l'omissione dell'avviso relativo alia seconda ordinanza

e dell'affissione di esso all'albo pretorio, atti evidente

mente indispensabili per rendere legalmente pubblici il

diverso luogo e la diversa ora dell'incanto.

La questione di nullita va, quindi, esaminata (come

10 e stata dal Giudice del merito) con riferimento alle or

accennate omissioni di atti procedurali e non con riferi

mento all'originaria ordinanza di vendita, superata, in

punti essenziali, dalla successiva, che restava soggetta, come si e sopra rilevato, agli stessi adempimenti e alia

stessa forma di pubblicita cui era soggetta la prima. Ciõ posto e da osservare che nel procedimento di ven

dita mobiliare all'incanto lo scopo della redazione e pub blicazione dell'avviso, prescritti dagli art. 530-490 cod.

proc. civ., e quello di assicurare, portando a conoscenza

del pubblico non solo l'ordine di vendita, ma anche le

modalitä, il luogo e l'ora della stessa, che la gara sia aperta ai concorso di tutti i possi bili offerenti, onde garantire il

funzionamento delle leggi economiche nella determinazioue

del prezzo. Possibility che, in forza delle disposizioni eitate,

sussiste solamente in quanto le formalita da esse previste

siano osservate (pubblicita legale). Trattasi di garanzie attinenti all'ordine pubblico, senza

le quali la vendita all'incanto perderebbe ogni sua pecu liare caratteristica, ed il cui scopo non e quello, sostenuto

dal ricorrente, d'investire un qualsiasi aggiudicatario della

proprieta dei beui espropriati, ma e quello di preordinare

un tale effetto con la certezza legale che tutti possano

concorrere a conseguirlo, partecipando alia gara con le

loro offerte di prezzo. II che non puõ certamente ritenersi avvenuto quando

11 pubblico abbia legalmente ignorato in qual luogo ed in

quale ora si sarebbe effettivamente svolto l'incanto, come

nella specie e avvenuto ; in quanto il provvedimento del

giudice dell'esecuzione che tali essenziali indicazioni conte

neva e rimasto un atto interno dell'ufficio giudiziario, non essendo stato seguito dalla pubblicita prescritta dalla

legge (e neppure comunicato alle parti del processo esecutivo,

com'era obbligo della cancelleria).

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747 PARTE PRIMA 748

Non b, quindi, pertinente il riferimento alia vendita

giudiziaria in senso sostanziale come scopo della pubbli citä, prescritta dalla legge per gli atti che la devono pre cedere.

Prima che atto sostanziale di trasferimento della pro priety, la vendita giudiziaria e l'atto conclusivo del proce dimento di esecuzione, il quale ha carattere unitario.

Da ciõ deriva che i vizi del procedimento, che diret tamente e sostanzialmente l'inficiano, si riflettono sugli atti successivi ad essi allegati.

Ora, non puõ mettersi in dubbio il collegamento neces sario fra la redazione e pubblicazione dell'awiso, con il

quale si rendeva legalmente nota a tutti i possibili offerenti l'ordinanza di vendita, le modalitžt, il giorno, il luogo e l'ora dell'incanto, e l'atto finale del procedimento, ossia le vendite in senso processuale.

Ne puõ dubitarsi che l'omissione dei cennati atti, im

portando, piu che la nullita, l'inesistenza giuridica di essi, esclude la produzione degli effetti giuridici, cui quegli atti erano destinati. E poiche tali effetti, come si e rilevato, costituivano un presupposto essenziale della vendita al l'incanto considerata nel suo aspetto processuale, ne segue che tale atto conclusivo del procedimento di esecuzione resta colpito da nullita insanabile, per la mancanza di atti preparatori il cui scopo non puõ essere raggiunto per via di equipollenti e senza dei quali manca la garanzia, richiesta per ragioni di ordine pubblico, che chiunque poträ concorrere alFincanto e partecipare alia gara mediante la

quale dovrii essere determinato il prezzo di aggiudicazione. II vizio del procedimento riflette in tal caso la «pub

blica notizia », dalla quale dev'essere preceduta e circon data la vendita all'incanto in tutte le sue modalitä, com

prese quelle di luogo e di tempo ; ed e chiaro che a tale sostanziale difetto non puõ apportare alcuna sanatoria il fatto che l'incanto abbia avuto luogo ugualmente.

La vendita in senso processuale non puõ conseguire, invero, i suoi effetti sostanziali se e radicalmente viziata ; e poiche il vizio in questione non puõ essere fatto valere

prima che siasi verificato l'evento che la giustifica (incanto eseguito in luogo ed ora diversi da quelli pubblicati) bene e dedotto nel brevissimo termine di cinque giorni fissato del 2° comma dell'art. 617 cod. proc. civ., con l'effetto di escludere la preclusione delle eccezioni di nullita degli atti esecutivi posta dall'art. 2929 cod. civ., come altre volte questa Corte suprema ha avuto occasione di rilevare

(sent. nn. 1008 e 1159 del 1956, Foro it., 1957, I, 1943). Per le ragioni esposte il ricorso dev'essere rigettato in

relazione al motivo esaminato e dichiarato inammissibile in relazione agli altri.

Consegue la condanna del ricorrente alia perdita del deposito mentre non occorre provvedere sulle spese di questo grado non essendovi stata resistenza delle altre parti.

Per questi motivi, rigetta, ecc.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezione II civile ; sentenza 16 novembre 1962, n. 3118 ; Pres. La Via P., Est. Pedroni E., P. M. Gedda (concl. conf.) ; Soe. F.a.e.d.a. (Avv. R. Seemonti, Steatta), c.

Pegoraro (Avv. Busetto).

(Gassa App. Venezia 24 gennaio 1961)

Lavoro (rapporto) —■ Apprendistato — Durata mas sima — Disciplina lcgjislativa e contrattuale (Legge 19 gennaio 1955 n. 25, disciplina dell'apprendistato, art. 7).

L'art. 7 della legge 19 gennaio 1955 n. 25, che fissa in cinque anni il periodo massimo di apprendistato facendo tut tavia salva la facoltä di diversa determinazione da parte delle associazioni sindacali nel rispetto delVanzidetto li mite legale, non ha abrogato le preesistenti clausole di con

tratti collettivi le quali stabiliscono per il tiroeinw una durata inferiore al quinquennio (nella specie, h stato ri tenuto operante il contratto collettivo 23 febbraio 1941

per i lavoratori della coneia, ai sensi del quale il tirocinio non pud protrarsi oltre i dodici mesi). (1)

La Corte, eoc. — Col primo motivo del ricorso princi pals si assume che, per effetto della legge 19 geimaio 1955 n. 25 sull'apprendistato e dell'art. 7 del contratto collet tivo 15 marzo 1955, secondo il quale le organizzazioni con traenti si riservarono di provvedere alia disciplina dell'ap prendistato per i lavoratori della concia con successivo accordo, sarebbe stata abrogata la regolamentazione al

riguardo sancita dal precedente contratto corporativo 23 febbraio 1941. Tale ultimo contratto sarebbe stato, pertanto, erroneamente applicato alia fattispecie in esame, anche in relazione al principio espressamente accolto nel contratto collettivo del 1955, secondo cui il trattamento previsto dai contratti collettivi, per la sua inscindibile unitä, non

puõ essere frazionato e cumulato, in relazione ai diversi istituti quali l'apprendistato, la retribuzione, ecc., con il trattamento previsto da altri contratti. Si denuncia, inol tre, difetto di motivazione in ordine alia denegata in fluenza del contratto 15 marzo 1955, asserita semplici sticamente nel dichiarato presupposto che con esso fu fatto solo riserva di provvedere con separato accordo alia

disciplina dell'apprendistato. Si censura, infine, la sentenza

impugnata, per avere escluso 1'applicability del contratto collettivo del 1958, per essere sopravvenuto due mesi prima della cessazione del rapporto, senza rilevare che al punto 5° del predetto accordo fu stabilita la decorrenza dal 1° marzo 1955. Analogamente si censura l'affermazione, che si qua lifica apodittica, secondo la quale il medesimo contratto non sarebbe stato applicabile alia Pegoraro, dato che la stessa non avrebbe mai fatto parte delle associazioni dei lavoratori che lo avevano stipulato.

Le suesposte censure non hanno fondamento. Invero non puõ attribuirsi alia legge n. 25 del 1955

portata abrogativa delle disposizioni riflettenti l'apprendi stato e contenute nel contratto corporativo 23 febbraio 1941 dettato a disciplina dei rapporti di lavoro dei dipendenti d'aziende conciarie.

Dispone l'art. 7 della legge succitata che «l'apprendi stato non puõ avere una durata superiore a quella che sar;\ stabilita per le categorie professionali dai contratti col lettivi e che, comunque, la durata dell'apprendistato non

poträ superare i cinque anni ». Dal tenore e dallo spirito di tale disposizione e agevole

desumere che il legislatore, lungi dal voler predisporre e dettare una compiuta disciplina del periodo di tirocinio, disciplina destinata, come tale, ad abrogare ogni anteriore normativa sul tema specifico, ha inteso limitare il suo in tervento innovatore alPampliamento del periodo di du rata massima dell'apprendistato, sensibilizzando cosi l'esi

genza di lasciare alla consapevole discrezionalitä delle ca

tegorie interessate la potestä di determinare in sede di rego lamentazione collettiva una durata inferiore dell'apprendi stato, piu aderente alle necessity e piü consona alle pecu liarity delle varie specie di lavoro.

Se e vero, adunque, che la innovazione normativa ha inciso unicamente sul limite temporale massimo del periodo di tirocinio e se e vero che la stessa legge ha in certa guisa delegato un potere di autogoverno in materia alle associa zioni di categoria, alla cui libertä di contrattazione ha ri servato il diritto di regolare variamente la durata dell'ap prendistato, purche nel rispetto del limite massimo legale di cinque anni, b d'uopo concludere che nessuna efficacia

derogativa od abrogativa puõ riconnettersi all'art. 7 della

legge del 1955 rispetto all'accordo corporativo del 1941, dato che il circoscritto valore cogente del menzionato art. 7 e destinato ad operare perilfuturo, mentre il contratto normativo e destinato a spiegare la sua forza vincolante

(1) Conf. Cass. pen. 4 luglio 1962, Franceschetti, in questo fascicolo, II, 137, con nota di richiami.

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