Sezione III civile; sentenza 13 dicembre 1962, n. 3340; Pres. Vistoso P., Est. Felicetti, P. M.Gedda (concl. conf.); Istituto vendite giudiziarie di Venezia (Avv. Palombi) c. Soc. comm. Autodi Torino, Vaccari, Cera, BernarSource: Il Foro Italiano, Vol. 86, No. 4 (1963), pp. 743/744-747/748Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23152428 .
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PARTE PRIMA
alla stregua di taie convincimento, ha ritenuto ultronea
l'assunzione dei mezzi istruttori richiesti dairAmministra
zione.
Ora, come questa Corte suprema ha altre volte affer
mato, il giudice di merito legittimamente disattende una
richiesta di ammissione di mezzi istruttori quando in base
agli elementi acquisiti ai proeesso si sia formato un convin
cimento contrario a quanto si vorrebbe dimostrare, ne egli
incorre in difetto di motivjizione per non avere espressa
mente disatteso taie richiesta, qualora la ritenuta super
fluity dell'ulteriore istruttoria põssa implicitamente desu
mersi dalla motivazione adottata (v. sent. n. 34 del 1961,
Foro it., Rep. 1961, voce Prova civ., n. 29). Con il quarto motivo si censura la sentenza impugnata
per difetto di motivazione, in quanto la Corte di merito
avrebbe determinato in lire duemila a metro quadrato l'incremanto di valore della parte dei fondi del Mancuso
e degli Aloi residuata dalla espropriazione eseguita nei
loro confronti senza dare adeguata ragione di tale stima.
Anche questa censura & priva di fondamento.
La Corte di merito, premesso esattamente che nella
determiuazione delle indennitä spettanti al Mancuso e agli
Aloi per l'espropriazione parziale dei fondi di loro pro
priety oceorreva tener presente la norma dell'art. 41 della
legge generale sull'espropriazione per pubblica utilitä,
secondo la quale, quando dalla esecuzione dell'opera pub
blica derivi un vantaggio speciale e immediato alia parte
del fondo non espropriante, tale vantaggio deve essere
stimato e detratto dalla indennitä normalmente calcolata,
ha ritenuto che il vantaggio speciale e immediato derivato
dalla costruzione della strada pubblica alle porzioni residue
dei fondi espropriati, da tenersi distinto dal vantaggio
generale, non computabile, derivato dalla sistemazione
urbanistica della zona nella quale i fondi medesimi trova
vansi, potesse valutarsi in lire duemila al metro quadrato
per il fondo degli Aloi e in lire mille a metro quadrato
per il fondo del Mancuso, in quanto quest'ultimo aveva
un accesso da una strada preesistente all'esecuzione del
piano di ricostruzione e, conseguentemente, operando le
relative detrazioni dai valori dei fondi fissati dal consu
lente tecnico, ha determinato l'indennita di espropriazione
in lire 968.000 per il Mancuso e 6.932.000 per gli Aloi.
Ora questa pronuncia e incensurabile in questa sede
perche la determinazione della misura della indennitä
e stata fatta in base a criteri conformi alia legge ed e sor
retta da motivazione esente da vizi logici (v. sent, di questa
Corte suprema n. 2113 del 1960, Foro it., Rep. 1961, voce
Espropriazione per p. i., n. 145). Con 1'ultimo motivo del ricorso, affermandosi che gli
interessi sull'indennitä di espropriazione decorrono dalla
data della effettiva occupazione deH'immobile da parte
dell'espropriante, si deduce che la Corte di merito avrebbe
erroneamente ritenuto che l'onere della prova di tale data
fosse a carieo di quest'ultimo. Si aggiunge che i resistenti
non avrebbero chiesto il pagamento degli interessi dalla
data dell'occupazione e che, comunque, non era accertato
che i fondi di loro proprietä fossero stati occupati prima
della data del decreto di espropriazione. La censura va disattesa.
La Corte di merito non ha affatto affermato che l'onere
della prova della data di occupazione dei fondi espropriati
fosse a carico dell'espropriante. Invero, esaminato il motivo
di appello con il quale l'Amministrazione si doleva che il
Tribunale l'aveva condannata al pagamento degli interessi
sulla indennitä, di espropriazione con decorrenza dalla data
della occupazione degli immobili e senza la indicazione
specifica di tale data, lo ha ritenuto infondato, sia perche
era pacifico tra le parti che l'occupazione era avvenuta
dopo il deereto di occupazione temporanea e di urgenza e
prima del decreto di espropriazione, sia perche, in man
canza del verbale di immissione in possesso, restava a carico
della parte interessata, cioe degli espropriati, di fornire
la prova del giorno in cui tale immissione era effettivamente
avvenuta, prova che, evidentemente, avrebbe dovuto
essere prodotta in sede di esecuzione della condanna al
pagamento degli interessi.
Ne puõ dedursi in questa sede ehe non sussisteva 1a.
certezza clie 1'occupazione dei fondi espropriati fosse avve
nuta prima del decreto di espropriazione perche l'accerta
mento del giudice di merito circa la pacificitä tra le parti
di tale circostanza costituisce un giudizio di fatto incen
surabile in Cassazione (v. sent, di questa Corte n. 2613
del 1961, Foro it., Rep. 1961, voce Prova civ., nn. 23, 24).
Non puõ, poi, eccepirsi ehe i resistenti non avrebbero
chiesto il pagamento degli interessi dalla data dell'occu
pazione dei fondi di loro proprietä perclie tale eccezione
non e stata proposta nel giudizio di appello, nel corso del
quale la discussion e in ordine alia corresponsione degli
interessi e stata limitata alia determinazione della data
di decorrenza di essi.
Consegue clie si devo rigettare il ricorso e condannare
la ricorrente Amministrazione al rimborso delle spese di
questo grado del giudizio a favore dei resistenti. Nulla
per le spese di questo grado nei confronti dell'Istituto
meridionale per la ricostruzione clie non lia presentato
eontroricorso, ne lia partecipato alla discussione orale.
Per questi motivi, rigetta, ecc.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
Sezione III civile; sentenza 13 dicembre 1962, n. 3340 ;
Pres. Yistoso P., Est. Felicetti, P. M. Gedda (eoncl.
conf.) ; Istituto vendite giudiziarie di Venezia (Aw.
Palombi) c. Soc. comm. Auto di Torino, Yaccari, Cera,
Bernar.
(Oonferma Fret. Vicenza 1 agosto 1960)
Esecuzione forzata per ol>J>li<jazioiii pecuniaric —
Espropriazione mobiliare — Vendita all'incanto
— Successha modifiea delle condizioni d'asta,
disposta dal giudiee — Diictto di pubblicita —
— Efletti — Faltispeeie (Cod. proc. civ., art. 490, 534).
In difetto della pubblicita prevista dagli art. 490 e 534 eod.
proc. civ., V ordinanza, con la quale il giudiee dell9esecu
zione modifiea le condizioni di luogo e di tempo della
vendita mobiliare alVincanto, in precedenza disposta con
provvedimento regolarmente pubblicato, e affetta da nul
lita assoluta ehe si estende alVatto finale del procedimento
di espropriazione e pud farsi valere, mediante Vopposi
zione agli atti esecutivi, nel termine di cinque giorni
dal compimento delVultimo atto (e cioe : la vendita alVin
canto in effetti eseguita). (1)
(1) A proposito della nullita, assoluta dell'aggiudicazione di
un immobile nel caso in cui si sia proceduto all'incanto senza
1'osservanza delle preseritte forme di pubblicita, cons. App.
Napoli 21 dicembre 1957, Foro it., Rep. 1958, voce Esecuzione
forzata per obbligazioni pecuniarie, n. 91.
Per qualche applicazione del principio (piu volte affermato
dalla giurisprudenza : Cass. 9 marzo 1962, n. 462, id., Mass.,
135 ; in motivazione, Cass. 23 gennaio 1962, n. 97, id., 1962,
I, 681 ; 20 marzo 1959, n. 844, id., Rep. 1959, voce Esecuzione
forzata in genere, n. 93 ; e ribadito dall'annotata sentenza),
secondo cui la nullita assoluta degli atti esecutivi, ove non sia
rilevata tempestivamente, si estende a quelli successivi dipen
denti e puõ farsi valere, mediante opposizione agli atti esecutivi,
nel termin e perentorio di cinque giorni dal compimento dei
singoli atti o dell'ultimo di essi, cons., in tema di pignoramento
eseguito da messo di conciliazione anziche da ufficiale giudi
ziario, Pret. Leonforte 21 novembre 1960, id., 1961, I, 1768,
con nota di richiami ; cui adde, a proposito del precetto privo
di valida sottoserizione, Cass. 16 febbraio 1957, n. 563, id.,
1957, I, 1631. In termini piu generali, nel senso ehe nei cinque giorni
successivi all'ordinanza di aggiudicazione puö proporsi opposi
zione agli atti esecutivi per far valere le nullita verificatesi pre
cedentemente alla vendita forzata, ed eccepite, sotto forma di
osservazioni ai giudiee dell'esecuzione, prima dell'inizio del
1'incanto ed in presenza dell'offerente poi aggiudicatario, cons.
Cass. 7 aprile 1956, n. 1008, pubblicata, in una con Cass. 18
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 746
La Corte, ecc. — Con il primo mezzo e denunciata la
violazione dell'art. 156, 1° e 2° comma, cod. proc. civ.,
sotto il profilo che, non essendo dalla legge comminata
un'espressa sanzione di nullita per l'omissione imputabile al ricorrente ed avendo l'atto, identificato nella vendita
in senso procedurale, raggiunto lo scopo cui era destinato,
identificato nella vendita in senso sostanziale, la nullita
di esso non avrebbe potuto essere dichiarata. Con il secondo
e terzo mezzo e, invece, denunciata violazione degli art.
490, 121, 131 e 134 cod. proc. civ. per avere il Pretore
erroneamente affermato la responsabilitä dell'Istituto ven
dite giudiziarie, senza considerare che l'affissione dei bandi
era compito esclusivo della cancelleria e non dell'Istituto
e per avere affermato die quest'ultimo aveva il diritto
dovere di rifiutare l'esecuzione dell'ordinanza di vendita
in base ad un controllo di legittimitä. Dev'essere prelimi narmente osservato che nell'opposizione agli atti esecutivi
proposta dalla Societä commerciale Auto a norma del
l'art. 617, 2° comma, cod. proc. civ. erano state cumulate
due distinte domande : una, principale, di accertamento
della nullita della vendita ; l'altra, dipendente, di risarci
mento di danni causati dall'illegittimita della procedura esecutiva.
La sentenza ha pronunciato su entrambe le domande.
Ma, mentre per il capo con il quale e stata dichiarata la
nullita della vendita e dell'aggiudicazione la sentenza non
era appellabile (art. 618, ult. comma, cod. proc. civ.) bensi
solo ricorribile a norma dell'art. Ill della Costituzione,
per il capo con il quale e stata accertata la responsabilitä
conseguente alla nullita e pronunciata condanna a risarci
mento di danni essa era appellabile. Ne segue che il ricorso per cassazione e ammissibile
soltanto in relazione alia prima delle suddette pronunce
e non anche in relazione alia seconda. Da ciõ l'ulteriore
conseguenza che solamente il primo dei motivi di gravame
precedentemente enunciati pu6 trovare ingresso in questa
sede di legittimitä, in quanto diretto contro il capo della
sentenza suscettibile di ricorso ; non anche il secondo ed
il terzo, in quanto diretti contro il capo della sentenza
suscettibile di appello, il quale rimane soggetto al doppio
grado di giurisdizione e non e ricorribile per saltum.
Ciõ premesso, e limitando quindi l'esame al primo
mezzo del ricorso, si osserva.
Dal combinato disposto degli art. 490, 1° comma, e
534 cod. proc. civ., risulta che il provvedimento del giu dice dell'esecuzione, con il quale, ordinandosi la vendita
mobiliare ai pubblici incanti, viene stabilito il giorno, il
luogo e l'ora della vendita stessa, e soggetto al minimum
di pubblicitä consistente nella redazione di awiso conte
nente tutti i dati che possono interessare il pubblico (quindi, anche l'indicazione del ltiogo e dell'ora del primo esperi mento d'asta) e nell'affissione di tale avviso per tre giorni consecutivi nell'albo dell'ufficio giudiziario davanti al
quale si svolge il procedimento esecutivo.
E ovvia, per evidenti ragioni logiche, Fapplicabilitä
aprile 1956, n. 1159, richiamata al pari della precedente nella
motivazione della riportata sentenza, in questa rivista, 1957, I,
1943, con ulteriori richiami. Per riferimeuti, circa la decorrenza del termine per proporre
l'opposizione agli atti esecutivi, cons. Cass. 26 ottobre n. 2387
e 14 ottobre n. 2145 del 1961, id., 1962, I, 682, con ampia nota
di richiami; cui adde, a proposito dei poteri del giudice della
opposizione, Cass. 20 settembre 1961, n. 2040, ibid., 738, con
nota di richiami. Sulla legittimazione del creditore interveniente a proporre
opposizione agli atti esecutivi, v. Cass. 22 ottobre 1960, n. 2869,
id., 1960, I, 1908, con nota di richiami.
Con particolare riferimento alia presente specie e da no
tare che l'opposizione agli atti esecutivi era stata proposta dalla
Soc. auto di Torino, creditrice iscritta sull'autoveicolo pignorato, e che il ricorso per cassazione ž stato proposto dall'Istituto di
vendite giudiziarie di P. Semenzato e C. di Yenezia, al quale
il giudice dell'esecuzione aveva affidato la vendita all'incanto ;
Istituto che il Pretore di Vicenza ha condannato al risarcimento
dei danni verso il creditore ipotecario e il creditore procedente con capo di sentenza, i cui motivi d'impugnazione sono stati
dalla Cassazione ritenuti inammissibili.
di tale precetto ai caso (ricorrente nella specie) ehe 1'ordi
nanza con. la quale e stata disposta la vendita agli incanti
sia modificata dal giudice con altra successiva, in taluno
degli elementi essenziali per l'esperimento d'asta, quali il luogo e l'ora. In tal caso, infatti, la seconda ordinanza
sostituisce in parte ed integra la prima, ed e anche sulla
base di eesa ehe dovranno svolgersi gli incanti.
Nella specie fu, per l'appunto, omessa la redazione e
l'affissione del predetto avviso in relazione alla seconda
ordinanza ehe modificava il luogo e 1'ora degli incanti giä ordinati con la precedente.
Sostiene il ricorrente ehe tali omissioni non sono colpite da sanzioni di nullita espressa e non possono per altro
verso indurre nullita nella specie, in quanto lo scopo degli atti omessi sarehbe stato precisamente la vendita consi
derata come atto sostanziale di trasferimento della pro
prietä ; e taie effetto traslativo sarehbe stato ugualmente
raggiunto, pur essendo l'incanto seguito in luogo ed ora
diversi da quell i resi pubblici con la pubblicazione della
prima ordinanza del giudice dell'esecuzione. Si sarebbe,
cosi, verificata la sanatoria prevista dal 3° comma del
Part. 156 cod. proc. civ. per gli atti che, non colpiti da
nullita espressa, siano, per altro, privi di requisiti formali
indispensabili per il raggiungimento dello scopo cui erano
preordinati. Ma questa tesi non puõ trovare accoglimento. Essa prescinde, innanzi tutto, dal rilievo fondamentale
che, per la sopravvenuta modificazione della prima ordi
nanza disponente la vendita, la pubblicitä datale con
l'osservanza delle disposizioni degli art. 490-523 cod. proc.
civ. restava efficiente solo per la parte di essa non modifi
cata, mentre non si estendeva alle innovazioni introdotte
con la seconda ordinanza, le quali riflettevano elementi
indubbiamente essenziali del procedimento di vendita
all'incanto, quali il (diverso) luogo e la (diversa) ora all'uopo
stabiliti. Sicche l'eccepita nullita riflette non gia, la man
canza di requisiti formali nella eitata prima ordinanza,
ma l'omissione dell'avviso relativo alia seconda ordinanza
e dell'affissione di esso all'albo pretorio, atti evidente
mente indispensabili per rendere legalmente pubblici il
diverso luogo e la diversa ora dell'incanto.
La questione di nullita va, quindi, esaminata (come
10 e stata dal Giudice del merito) con riferimento alle or
accennate omissioni di atti procedurali e non con riferi
mento all'originaria ordinanza di vendita, superata, in
punti essenziali, dalla successiva, che restava soggetta, come si e sopra rilevato, agli stessi adempimenti e alia
stessa forma di pubblicita cui era soggetta la prima. Ciõ posto e da osservare che nel procedimento di ven
dita mobiliare all'incanto lo scopo della redazione e pub blicazione dell'avviso, prescritti dagli art. 530-490 cod.
proc. civ., e quello di assicurare, portando a conoscenza
del pubblico non solo l'ordine di vendita, ma anche le
modalitä, il luogo e l'ora della stessa, che la gara sia aperta ai concorso di tutti i possi bili offerenti, onde garantire il
funzionamento delle leggi economiche nella determinazioue
del prezzo. Possibility che, in forza delle disposizioni eitate,
sussiste solamente in quanto le formalita da esse previste
siano osservate (pubblicita legale). Trattasi di garanzie attinenti all'ordine pubblico, senza
le quali la vendita all'incanto perderebbe ogni sua pecu liare caratteristica, ed il cui scopo non e quello, sostenuto
dal ricorrente, d'investire un qualsiasi aggiudicatario della
proprieta dei beui espropriati, ma e quello di preordinare
un tale effetto con la certezza legale che tutti possano
concorrere a conseguirlo, partecipando alia gara con le
loro offerte di prezzo. II che non puõ certamente ritenersi avvenuto quando
11 pubblico abbia legalmente ignorato in qual luogo ed in
quale ora si sarebbe effettivamente svolto l'incanto, come
nella specie e avvenuto ; in quanto il provvedimento del
giudice dell'esecuzione che tali essenziali indicazioni conte
neva e rimasto un atto interno dell'ufficio giudiziario, non essendo stato seguito dalla pubblicita prescritta dalla
legge (e neppure comunicato alle parti del processo esecutivo,
com'era obbligo della cancelleria).
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747 PARTE PRIMA 748
Non b, quindi, pertinente il riferimento alia vendita
giudiziaria in senso sostanziale come scopo della pubbli citä, prescritta dalla legge per gli atti che la devono pre cedere.
Prima che atto sostanziale di trasferimento della pro priety, la vendita giudiziaria e l'atto conclusivo del proce dimento di esecuzione, il quale ha carattere unitario.
Da ciõ deriva che i vizi del procedimento, che diret tamente e sostanzialmente l'inficiano, si riflettono sugli atti successivi ad essi allegati.
Ora, non puõ mettersi in dubbio il collegamento neces sario fra la redazione e pubblicazione dell'awiso, con il
quale si rendeva legalmente nota a tutti i possibili offerenti l'ordinanza di vendita, le modalitžt, il giorno, il luogo e l'ora dell'incanto, e l'atto finale del procedimento, ossia le vendite in senso processuale.
Ne puõ dubitarsi che l'omissione dei cennati atti, im
portando, piu che la nullita, l'inesistenza giuridica di essi, esclude la produzione degli effetti giuridici, cui quegli atti erano destinati. E poiche tali effetti, come si e rilevato, costituivano un presupposto essenziale della vendita al l'incanto considerata nel suo aspetto processuale, ne segue che tale atto conclusivo del procedimento di esecuzione resta colpito da nullita insanabile, per la mancanza di atti preparatori il cui scopo non puõ essere raggiunto per via di equipollenti e senza dei quali manca la garanzia, richiesta per ragioni di ordine pubblico, che chiunque poträ concorrere alFincanto e partecipare alia gara mediante la
quale dovrii essere determinato il prezzo di aggiudicazione. II vizio del procedimento riflette in tal caso la «pub
blica notizia », dalla quale dev'essere preceduta e circon data la vendita all'incanto in tutte le sue modalitä, com
prese quelle di luogo e di tempo ; ed e chiaro che a tale sostanziale difetto non puõ apportare alcuna sanatoria il fatto che l'incanto abbia avuto luogo ugualmente.
La vendita in senso processuale non puõ conseguire, invero, i suoi effetti sostanziali se e radicalmente viziata ; e poiche il vizio in questione non puõ essere fatto valere
prima che siasi verificato l'evento che la giustifica (incanto eseguito in luogo ed ora diversi da quelli pubblicati) bene e dedotto nel brevissimo termine di cinque giorni fissato del 2° comma dell'art. 617 cod. proc. civ., con l'effetto di escludere la preclusione delle eccezioni di nullita degli atti esecutivi posta dall'art. 2929 cod. civ., come altre volte questa Corte suprema ha avuto occasione di rilevare
(sent. nn. 1008 e 1159 del 1956, Foro it., 1957, I, 1943). Per le ragioni esposte il ricorso dev'essere rigettato in
relazione al motivo esaminato e dichiarato inammissibile in relazione agli altri.
Consegue la condanna del ricorrente alia perdita del deposito mentre non occorre provvedere sulle spese di questo grado non essendovi stata resistenza delle altre parti.
Per questi motivi, rigetta, ecc.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
Sezione II civile ; sentenza 16 novembre 1962, n. 3118 ; Pres. La Via P., Est. Pedroni E., P. M. Gedda (concl. conf.) ; Soe. F.a.e.d.a. (Avv. R. Seemonti, Steatta), c.
Pegoraro (Avv. Busetto).
(Gassa App. Venezia 24 gennaio 1961)
Lavoro (rapporto) —■ Apprendistato — Durata mas sima — Disciplina lcgjislativa e contrattuale (Legge 19 gennaio 1955 n. 25, disciplina dell'apprendistato, art. 7).
L'art. 7 della legge 19 gennaio 1955 n. 25, che fissa in cinque anni il periodo massimo di apprendistato facendo tut tavia salva la facoltä di diversa determinazione da parte delle associazioni sindacali nel rispetto delVanzidetto li mite legale, non ha abrogato le preesistenti clausole di con
tratti collettivi le quali stabiliscono per il tiroeinw una durata inferiore al quinquennio (nella specie, h stato ri tenuto operante il contratto collettivo 23 febbraio 1941
per i lavoratori della coneia, ai sensi del quale il tirocinio non pud protrarsi oltre i dodici mesi). (1)
La Corte, eoc. — Col primo motivo del ricorso princi pals si assume che, per effetto della legge 19 geimaio 1955 n. 25 sull'apprendistato e dell'art. 7 del contratto collet tivo 15 marzo 1955, secondo il quale le organizzazioni con traenti si riservarono di provvedere alia disciplina dell'ap prendistato per i lavoratori della concia con successivo accordo, sarebbe stata abrogata la regolamentazione al
riguardo sancita dal precedente contratto corporativo 23 febbraio 1941. Tale ultimo contratto sarebbe stato, pertanto, erroneamente applicato alia fattispecie in esame, anche in relazione al principio espressamente accolto nel contratto collettivo del 1955, secondo cui il trattamento previsto dai contratti collettivi, per la sua inscindibile unitä, non
puõ essere frazionato e cumulato, in relazione ai diversi istituti quali l'apprendistato, la retribuzione, ecc., con il trattamento previsto da altri contratti. Si denuncia, inol tre, difetto di motivazione in ordine alia denegata in fluenza del contratto 15 marzo 1955, asserita semplici sticamente nel dichiarato presupposto che con esso fu fatto solo riserva di provvedere con separato accordo alia
disciplina dell'apprendistato. Si censura, infine, la sentenza
impugnata, per avere escluso 1'applicability del contratto collettivo del 1958, per essere sopravvenuto due mesi prima della cessazione del rapporto, senza rilevare che al punto 5° del predetto accordo fu stabilita la decorrenza dal 1° marzo 1955. Analogamente si censura l'affermazione, che si qua lifica apodittica, secondo la quale il medesimo contratto non sarebbe stato applicabile alia Pegoraro, dato che la stessa non avrebbe mai fatto parte delle associazioni dei lavoratori che lo avevano stipulato.
Le suesposte censure non hanno fondamento. Invero non puõ attribuirsi alia legge n. 25 del 1955
portata abrogativa delle disposizioni riflettenti l'apprendi stato e contenute nel contratto corporativo 23 febbraio 1941 dettato a disciplina dei rapporti di lavoro dei dipendenti d'aziende conciarie.
Dispone l'art. 7 della legge succitata che «l'apprendi stato non puõ avere una durata superiore a quella che sar;\ stabilita per le categorie professionali dai contratti col lettivi e che, comunque, la durata dell'apprendistato non
poträ superare i cinque anni ». Dal tenore e dallo spirito di tale disposizione e agevole
desumere che il legislatore, lungi dal voler predisporre e dettare una compiuta disciplina del periodo di tirocinio, disciplina destinata, come tale, ad abrogare ogni anteriore normativa sul tema specifico, ha inteso limitare il suo in tervento innovatore alPampliamento del periodo di du rata massima dell'apprendistato, sensibilizzando cosi l'esi
genza di lasciare alla consapevole discrezionalitä delle ca
tegorie interessate la potestä di determinare in sede di rego lamentazione collettiva una durata inferiore dell'apprendi stato, piu aderente alle necessity e piü consona alle pecu liarity delle varie specie di lavoro.
Se e vero, adunque, che la innovazione normativa ha inciso unicamente sul limite temporale massimo del periodo di tirocinio e se e vero che la stessa legge ha in certa guisa delegato un potere di autogoverno in materia alle associa zioni di categoria, alla cui libertä di contrattazione ha ri servato il diritto di regolare variamente la durata dell'ap prendistato, purche nel rispetto del limite massimo legale di cinque anni, b d'uopo concludere che nessuna efficacia
derogativa od abrogativa puõ riconnettersi all'art. 7 della
legge del 1955 rispetto all'accordo corporativo del 1941, dato che il circoscritto valore cogente del menzionato art. 7 e destinato ad operare perilfuturo, mentre il contratto normativo e destinato a spiegare la sua forza vincolante
(1) Conf. Cass. pen. 4 luglio 1962, Franceschetti, in questo fascicolo, II, 137, con nota di richiami.
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