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sezione III civile; sentenza 13 luglio 1992, n. 8499; Pres. Bile, Est. Nicastro, P.M. Dettori...

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Page 1: sezione III civile; sentenza 13 luglio 1992, n. 8499; Pres. Bile, Est. Nicastro, P.M. Dettori (concl. conf.); Min. poste e telecomunicazioni c. Soc. Veronese 84 e altra; Soc. Veronese

sezione III civile; sentenza 13 luglio 1992, n. 8499; Pres. Bile, Est. Nicastro, P.M. Dettori (concl.conf.); Min. poste e telecomunicazioni c. Soc. Veronese 84 e altra; Soc. Veronese 84 e altra (Avv.Albisinni) c. Min. poste e telecomunicazioni. Cassa Trib. Roma 29 aprile 1988Source: Il Foro Italiano, Vol. 116, No. 1 (GENNAIO 1993), pp. 121/122-127/128Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23186234 .

Accessed: 28/06/2014 08:25

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

1965 n. 1124, mentre, al contrario avrebbe dovuto rilevare che

il termine suddetto era stato già interrotto da due lettere inviate

all'istituto assicuratore dal patronato Inas; 2) nel non aver rile

vato l'incostituzionalità dell'art. 112, 4° comma, d.p.r. 30 giu

gno 1965 n. 1124 per contrasto coi precetti di cui agli art. 3

e 24 Cost., ove l'art. 112, 4° comma, d.p.r. 30 giugno 1965

n. 1124 dovesse essere interpretato nel senso che soltanto la pro

posizione dell'azione giudiziaria sarebbe suscettibile d'interrom

pere la prescrizione in esame. L'Inail resiste con controricorso.

Motivi della decisione. — Entrambe le doglianze sono in

fondate.

In ordine alla prima deve rilevarsi che è ormai ius receptum,

nell'interpretazione data da questa corte all'art. 112, 4° com

ma, d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124 che: «la prescrizione del di

ritto alle prestazioni dell'assicurazione obbligatoria contro gl'in

fortuni sul lavoro e le malattie professionali, prevista dall'art.

112 d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124, non soggiace a cause di

sospensione e d'interruzione diverse da quelle specificamente pre viste dal suddetto d.p.r. e, pertanto, in ordine ad essa, nessuna

rilevanza interruttiva può attribuirsi ad atti di costituzione in

mora, di qualsiasi natura, diversi dall'atto introduttivo del giu

dizio» (cfr., per tutte, sent. n. 6349 del 25 novembre 1988, Foro

it., Rep. 1988, voce Infortuni sul lavoro, n. 274). Per quanto concerne, poi, il rilievo fatto dalla ricorrente di

non poter essere considerata erede iure privatorum del marito

defunto, ma titolare del diritto alla percezione della rendita ai

superstiti in forza soltanto della norma di cui all'art. 66 d.p.r.

30 giugno 1965 n. 1124, con la conseguenza che non le sarebbe

applicabile il ius singulare di cui all'art. 112, 4° comma, d.p.r.

suddetto, bensì le norme del codice civile che regolano l'istituto

della prescrizione, interruttibile anche per corrispondenza, si os

serva che questa corte ha già enunziato al riguardo il principio di diritto seguente: «la prescrizione triennale dell'azione per il

conseguimento delle prestazioni assicurative stabilita dal 10 com

ma dell'art. 112 d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124 si applica non

solo nei confronti dell'assicurato, ma anche nei confronti del

l'erede di quest'ultimo, che ne pretenda il relativo importo, non

comportando la morte dell'assicurato alcun mutamento della

natura previdenziale del credito, che resta assoggettato alla pre

scrizione speciale anzidetta» (cfr., per tutte, sent. n. 923 del

16 febbraio 1989, id., Rep. 1989, voce cit., n. 256).

Tale motivo del ricorso, pertanto, è infondato e dev'essere

rigettato. In ordine alla sollevata questione di costituzionalità del siste

ma speciale di prescrizione di cui all'art. 112, 4° comma, d.p.r.

1124/65, che non consente interruzione se non a mezzo di pro

posizione di azione giudiziaria, contrariamente al sistema più

permissivo del codice civile, si osserva che essa è stata già di

chiarata infondata dalla Corte costituzionale con sentenza n.

129 del 23 maggio 1986 (id., 1986, I, 2102), sul rilievo seguente:

«le possibilità in minor misura riservate ad infortunati ed affet

ti da malattie professionali rispetto ai creditori per altri titoli

non costituiscono di per sé violazioni del principio di eguaglian

za, perché l'esigenza di non ritardare oltre il triennio l'accesso

alla giustizia è giustificata dalla necessità di non rendere più

ardua, se non impossibile, la ricerca dei fatti e la ricostruzione

delle situazioni nelle quali si sostanziano infortuni sul lavoro

e malattie professionali: peculiarità che non si riscontrano nella

generalità dei rapporti credito-debitori».

Da quanto fin qui esposto consegue che il ricorso è infondato

e dev'essere rigettato.

zione della malattia coincide normalmente con la presentazione della

denuncia all'Inail; il che, peraltro, è esattamente in linea con il princi

pio secondo il quale la prescrizione non può decorrere se non dal mo

mento in cui la malattia si manifesta, posto che per manifestazione

di essa deve intendersi «ogni emersione . . . per segni o per sintomi,

che sia univoca e quindi idonea a rendere edotto l'assicurato dell'esi

stenza della malattia stessa e della sua incidenza sull'attitudine lavorati

va e a consentirgli, quindi, di poter far valere il proprio diritto» (Corte cost. 31/91, cit.). Poiché, dunque, ciò che conta non è il momento

di insorgenza della malattia ma quello della sua concreta manifestazio

ne è di tutta evidenza come sia del tutto ragionevole la presunzione che la manifestazione coincida, salva la prova contraria, con l'attivarsi

dell'assicurato. F. Nisticò

Il Foro Italiano — 1993.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 13 lu

glio 1992, n. 8499; Pres. Bile, Est. Nicastro, P.M. Dettori

(conci, conf.); Min. poste e telecomunicazioni c. Soc. Vero

nese 84 e altra; Soc. Veronese 84 e altra (Avv. Albisinni)

c. Min. poste e telecomunicazioni. Cassa Trib. Roma 29 apri

le 1988.

Locazione — Immobili urbani — Domanda di determinazione

del corrispettivo da ritardata restituzione — Competenza per

materia del pretore (Cod. civ., art. 1591; 1. 27 luglio 1978

n. 392, disciplina delle locazioni di immobili urbani, art. 45;

1. 30 luglio 1984 n. 399, aumenti dei limiti di competenza

del conciliatore e del pretore, art. 6). Locazione — Immobili urbani — Corrispettivo da ritardata re

stituzione — Misura — Maggiorazioni del canone — Appli

cabilità (Cod. civ., art. 1591; 1. 27 luglio 1978 n. 392, art.

12, 24, 32, 79). Locazione — Legge 392/78 — Immobili adibiti ad uso diverso

dell'abitazione — Canone — Aggiornamento — Cadenza mag

giore di quella legale — Legittimità — Modalità di applica

zione (L. 27 luglio 1978 n. 392, art. 32, 79).

La domanda di determinazione del corrispettivo dovuto ai sensi

dell'art. 1591 c.c. dal conduttore in mora nella restituzione

dell'immobile locato, avendo per oggetto una prestazione che

mantiene tutte le caratteristiche del canone di locazione, an

che in ordine alle norme applicabili per la sua determinazio

ne, è devoluta alla competenza per materia del pretore, ex

art. 45 I. 392/78, come modificato dalla l. 399/84. (1)

(1) I. - Nello stesso senso, v. Cass. 18 giugno 1987, n. 5369, Foro

it., 1987, I, 3272, con osservazioni critiche di A. Cappabianca (la qua

le, peraltro, espressamente riconosce la natura risarcitoria della c.d. in

dennità di occupazione ex art. 1591 c.c.); e, tra i giudici di merito,

Trib. Roma 21 gennaio 1989, id., Rep. 1989, voce Locazione, n. 205

(per esteso in Rass. equo canone, 1989, 25, con osservazioni di P. Fer

rone). Contra, per l'applicabilità delle regole ordinarie di competenza,

appunto in considerazione della natura risarcitoria dell'obbligazione, v. invece Pret. Roma 20 dicembre 1988 (due sentenze), Foro it., Rep.

1989, voce cit., nn. 203, 204 (una delle quali pure riportata in Rass.

equo canone, 1989, 25, con osservazioni di P. Ferrone), dove si sotto

linea la differente formulazione dell'art. 45 1. 392/78 rispetto al previ

gente art. 29 1. 253/50, che devolveva al pretore non solo le cause sulla

misura del canone, ma anche quelle concernenti «ogni altro corrispetti

vo»; Pret. Milano 28 aprile e 6 luglio 1987, Foro it., Rep. 1988, voce

cit., nn. 126, 127; 14 giugno 1984, id., Rep. 1985, voce cit., n. 538.

In dottrina, nello stesso senso della Cassazione, v. P. Scalettaris,

Problemi di competenza in tema di determinazione del corrispettivo ex

art. 1591 c.c., in Rass. equo canone, 1990, 10 (il quale è dall'avviso

che la natura risarcitoria dell'obbligazione non sia decisiva ai fini della

soluzione della questione). Per quanto riguarda, invece, il risarcimento del maggior danno di

cui all'ultima parte dell'art. 1591 c.c., nel senso che le relative contro

versie non rientrino tra quelle di competenza del pretore ai sensi del

l'art. 45 1. 392/78, v., da ultimo, Cass. 28 aprile 1992, n. 5038, Foro

it., Mass., 457. Analogamente, riferendosi in generale alla domanda

di risarcimento del danno ex art. 1591 c.c., v., in precedenza, Cass.

21 agosto 1985, n. 4470, id., 1986, I, 2266.

II. - La natura contrattuale della responsabilità del conduttore per

il ritardo nella riconsegna della cosa locata, costituisce ormai ius recep tum (v., tra le più recenti: Cass. 21 ottobre 1986, n. 6184, id., Rep.

1986, voce cit., n. 163; 6 ottobre 1988, n. 5373, id., Rep. 1989, voce

cit., n. 202; da ultimo, Cass. 9 agosto 1991, n. 8662, id., 1992, 1, 3064).

Per quanto riguarda l'obbligazione di pagamento del corrispettivo

convenuto ex art. 1591 c.c., essa è ricondotta dalla dottrina allo schema

della c.d. perpetualo obligationis; cfr., per tutti: Tabet, La locazione

conduzione, Milano, 1972, 466 ss.; Piombo (Fiore - Lo Cascio - Pigna

telli), La morosità del conduttore, Giuffrè, Milano, 1990, 210 ss., il

quale osserva che nell'ipotesi in esame la locuzione perpetuano obligatio

nis sta ad indicare «il perpetuarsi, ma a titolo risarcitorio ed in forza di

legge» (anzi, più esattamente, a titolo indennitario, in quanto prescinde

dalla colpevolezza del ritardo nella riconsegna), dell'obbligo di pagamen

to del corrispettivo della locazione. Cass. 15 dicembre 1976, n. 4647, Fo

ro it., Rep. 1977, voce cit., n. 180 (per esteso in Giusi, civ., 1977,1, 434), richiamata in motivazione della pronunzia in epigrafe, ha affermato l'as

soggettamento di tale obbligazione — derivante dalla legge, e non dal con

tratto — alle stesse regole pattizie che disciplinano l'obbligo di pagamen

to del canone, per quanto riguarda il modo e il luogo dell'ina

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PARTE PRIMA

Nel corrispettivo che, ai sensi dell'art. 1591 c.c., il conduttore

in mora nella restituzione della cosa locata è tenuto a versare

al locatore fino alla riconsegna, salvo l'obbligo di risarcirgli il maggior danno, rientrano anche gli aumenti stabiliti da so

pravvenute disposizioni di legge, e in particolare quelli previ sti dalla l. 392/78 (cosi come le eventuali riduzioni derivanti

dall'applicazione della stessa normativa), i cui principi si so

stituiscono a quelli fissati dalle parti, salva la loro derogabili tà in favore del conduttore. (2)

In tema di locazioni di immobili ad uso diverso dall'abitazione,

è pienamente legittimo, in quanto più favorevole al condutto

re, il patto con cui le parti convengano l'aggiornamento del

canone con una cadenza maggiore o secondo percentuali mi

nori di quelle previste dall'art. 32 l. 392/78; peraltro, qualora le parti abbiano convenuto un periodo di invariabilità del ca

none più lungo di quello legale, non è ammissibile procedere

all'aggiornamento di esso applicando gli indici Istat propri del minor periodo legale anziché quelli del periodo corrispon dente alle cadenze convenute, salvo che non risulti una diver

sa volontà delle parti. (3)

Svolgimento del processo. — Con ricorso depositato il 24 gen naio 1985 la s.p.a. Veronese (già s.r.l. Ecate) e la s.r.l. Firogena

(già Lete) chiedevano al Pretore di Roma la determinazione le

gale del canone di locazione relativo all'immobile sito in Roma

piazza dei Tribuni, angolo via C. Melisso, concesso in locazio

ne al ministero delle poste e telecomunicazioni con contratto

del 1° dicembre 1971, della durata di nove anni, per un canone

annuo iniziale di lire 30.000.000, da aggiornarsi, per espressa clausola contrattuale, «ogni tre anni», secondo le variazioni de

gli indici Istat. Le ricorrenti sostenevano che tali variazioni an

davano calcolate per intero per la durata iniziale del contratto, fino al 30 novembre 1980, e nella misura del 75% dal 1° dicem

bre 1980 al 15 gennaio 1982, data in cui l'amministrazione ava

va rilasciato l'immobile, ex art. 71 1. 27 luglio 1978 n. 392, sicché chiedevano la condanna di quest'ultima al pagamento delle

differenze dovute rispetto al canone versato fino al novembre

1980, e della somma di lire 34.826.400 per il successivo periodo, con interessi e rivalutazione.

Il ministero, costituendosi in giudizio, riconosceva la fonda

tezza della domanda relativa alla revisione del canone, limitata

mente alla durata iniziale del contratto, fino al 30 novembre

1980, mentre sosteneva l'inapplicabilità dell'art. 71 1. 398/78

per il periodo successivo, eccependo l'incompetenza per materia

e valore del giudice adito.

dempiraento, in considerazione del suo collegamento genetico con il ces sato rapporto contrattuale.

La Cassazione si è spinta, talvolta, anche ad affermare che l'obbligo di pagamento del corrispettivo convenuto, ex art. 1591 c.c., «non costi tuisce la componente di una obbligazione risarcitoria, ma la stessa ob

bligazione contrattuale stabilita» (v. Cass. 19 gennaio 1977, n. 265, Fo ro it., Rep. 1978, voce cit., n. 63), e che tale corrispettivo «rientra nella nozione di canone di affitto o pigione» (v. Cass. 22 febbraio 1968 n. 619, id., Rep. 1968, voce cit., n. 48).

Più spesso, tuttavia, la stessa corte di legittimità ha — al contrario — sottolineato la natura risarcitoria dell'obbligo in questione (e che il corrispettivo dovuto ex art. 1591 c.c. costituisce in sostanza la «misu ra minima del danno», legalmente determinata, per il ritardato rila

scio); v., oltre alla citata Cass. 5369/87, Cass. 5 luglio 1980, n. 4298, id., Rep. 1980, voce cit., n. 169; 26 luglio 1968, n. 2710, id., Rep. 1968, voce cit., n. 42; 27 ottobre 1966, n. 2660, id., Rep. 1967, voce cit., n. 29 (e Giur. it., 1967, I, 1, 1266, con nota di Gambigliani Zoc

coli); e sulla stessa linea cfr., da ultimo, Cass. 22 novembre 1991, n.

12543, Foro it., 1992, I, 3043. Proprio in considerazione di ciò, si è

potuto affermare che l'obbligo ex art. 1591 c.c. sussiste anche in pre senza di situazioni che impediscono al conduttore in mora nella riconse

gna l'effettivo godimento della cosa locata per l'uso pattuito (v. oltre alla testé citata Cass. 2660/66, Cass. 30 maggio 1966, n. 1430, id., 1967, I, 789; 12 luglio 1965, n. 1451, id., Rep. 1965, voce cit., n. 61; 16 maggio 1955, n. 1418, id., Rep. 1955, voce cit., n. 157), ed inoltre che il relativo credito del locatore è soggetto alla prescrizione decennale

ordinaria, e non a quella quinquennale di cui all'art. 2948, n. 3, c.c.

(v. App. Napoli 5 agosto 1975, id., Rep. 1977, voce cit., n. 60 e Dir. e giur., 1976, 719; cfr. anche, ma con generico riferimento ai danni ex art. 1591 c.c., Cass. 25 giugno 1964, n. 1672, Foro it., Rep. 1964, voce cit., n. 61).

III. - La soluzione interpretativa prescelta dalla Cassazione comporta anzitutto, come pratica conseguenza, la improcedibilità (rilevabile an

II Foro Italiano — 1993.

Con sentenza in data 5 novembre 1985 il pretore determinava

il canone annuo in lire 45.294.000 dal 1° dicembre 1974 al 30

novembre 1977 ed in lire 70.441.228 dal 1° dicembre 1977 al

15 gennaio 1982, ritenendo che alla scadenza del 30 novembre

1980 si era verificata la tacita rinnovazione del contratto, ex

art. 1557 c.c., sicché non erano dovuti ulteriori aumenti per il periodo successivo, ex art. 32 1. 392/78; condannava quindi il ministero al pagamento della somma di lire 206.763.119, con

gli interessi legali e la rivalutazione monetaria nella misura del

15% annuo dalle singole scadenze mensili al saldo.

Avverso la sentenza proponevano appello principale le due

società, contestando il mancato aumento del canone dal 30 no

vembre 1980 e chiedendo l'ulteriore condanna del ministero al

pagamento, a tal titolo, della somma di lire 38.714.835 o, in

subordine, di lire 36.984.289. Il ministero contestava, mediante appello incidentale, la pos

sibilità della tacita rinnovazione del contratto nei confronti del

la pubblica amministrazione, sostenendo che il successivo perio do costituiva occupazione senza titolo sicché non potevasi par

lare di canone locativo; chiedeva, quindi, che la condanna fosse

limitata al pagamento della somma di lire 167.205.684 dovuta

per il periodo della precedente locazione, e che le società appel lanti venissero a loro volta condannate al rimborso della diffe

renza già corrisposta, di lire 39.557.435.

Con la sentenza ora impugnata, il tribunale rilevava, anzitut

to, che, trattandosi di immobile destinato ad uso diverso dall'a

bitazione — e che, quindi, all'atto dell'entrata in vigore della

1. 392/78, non era soggetto a proroga, avendo scadenza al 30

novembre 1980 — non era applicabile l'art. 71 di detta legge;

escludeva, inoltre, il tacito rinnovo del contratto, ai sensi del

l'art. 1557 c.c., in quanto incompatibile con il procedimento

previsto per la manifestazione della volontà di obbligarsi della

pubblica amministrazione, che non poteva essere desunta nem

meno da facta concludentia, dovendosi esprimere nelle forme

di legge, rilevando che nella specie non sussisteva alcuna clau

sola contrattuale che, prevedendo il rinnovo, lo facesse comun

que risalire alla volontà dell'amministrazione.

In conseguenza il tribunale affermava che il ministero, che

aveva protratto di fatto la detenzione e l'utilizzazione dell'im

mobile, era tenuto a corrispondere ugualmente il corrispettivo, ivi compresi gli aumenti di legge, nalla misura del 75 % prevista dall'art. 32 1. 392/78, per il successivo periodo di detenzione

senza titolo, salvo il risarcimento del maggior danno; condan

nava quindi il ministero a corrispondere la differenza, rispetto

che d'ufficio, in ogni stato e grado del giudizio) della domanda di de terminazione del corrispettivo dovuto ai sensi dell'art. 1591 c.c., ogni qualvolta essa non sia stata preceduta dal procedimento conciliativo

di cui all'art. 44 1. 392/78 (v. art. 43 ss. stessa legge). Sempre sotto un profilo pratico, mette conto osservare, inoltre, che

l'attribuzione alla competenza per materia del pretore delle controversie sulla determinazione della c.d. indennità di occupazione, se da un lato

può sortire effetti positivi in termini di economia processuale, qualora le parti controvertano non solo sull'ammontare di tale indennità ma anche sulla misura legale del canone nel corso del rapporto di locazio

ne, al contrario, complica non poco la situazione processuale, costrin

gendo il locatore alla instaurazione di distinti processi soggetti a diffe renti regole di competenza e di rito, ogniqualvolta egli intenda far vale re il diritto, oltre al pagamento del corrispettivo convenuto, anche al risarcimento del maggior danno di cui all'art. 1591 c.c.

(2) Nello stesso senso, v. Cass. 16 giugno 1983, n. 4149, Foro it., Rep. 1984, voce Locazione, n. 469. Più in generale, circa la misura della c.d. indennità di occupazione ex art. 1591 c.c., in considerazione della sua equivalenza al canone che il conduttore avrebbe dovuto corri

spondere se la locazione fosse stata in corso, mentre da un lato si affer ma l'applicabilità degli adeguamenti o aggiornamenti legali o conven zionali del canone (v. Cass. 14 febbraio 1986, id., Rep. 1986, voce cit., n. 167; 20 gennaio 1984, n. 497, id., Rep. 1984, voce cit., n. 468), dall'altro si esclude che il corrispettivo ex art. 1591 c.c. possa essere

superiore al canone fissato in modo cogente dalla legge (v. Cass. 18 novembre 1986, n. 6772, id., Rep. 1986 voce cit., n. 164; 4 luglio 1986, n. 4401, id., Rep. 1987, voce cit., n. 169).

(3) Non constano precedenti in termini. Circa la inapplicabilità della sanzione di nullità di cui all'art. 79 1.

392/78 alle pattuizioni più favorevoli al conduttore rispetto alla disci

plina della 1. 392/78 (inapplicabilità che si ricava, del resto, dal chiaro tenore della disposizione), v. Cass. 25 maggio 1989, n. 2520, Foro it., Rep. 1989, voce Locazione, n. 232. [D. Piombo]

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

alle somme versate, di lire 26.679.588, con interessi e rivaluta

zione, nella misura del 15%, dalle singole scadenze al saldo.

Avverso la sentenza hanno proposto ricorso principale il mi

nistero e ricorso incidentale le società.

Motivi della decisione. — (Omissis). Il ministero deduce, con

un primo motivo, la violazione e falsa applicazione degli art. 437 c.p.c. e 51 1. 27 luglio 1978 n. 392, in relazione agli art.

44 e 45 della stessa e dell'art. 112 c.p.c. Il motivo è, in realtà, duplice. Il ricorrente sostiene infatti,

da un lato, che la sentenza, una volta esclusa esattamente la

rinnovazione tacita del contratto, avrebbe giudicato ultrapetita, esaminando la domanda delle società, relativa al pagamento dei

canoni di locazione, sotto il diverso profilo del risarcimento del

danno ex art. 1591 c.c., e, dall'altro, la violazione delle norme

sulla competenza, non risultando in tal caso applicabili gli art.

44 ss. 1. 392/78.

Il motivo è destituito di fondamento sotto entrambi i profili. A norma dell'art. 45, 2° comma, 1. 392/78, nel suo testo

originario, le controversie relative alla determinazione del cano

ne erano demandate — come è noto — alla competenza del

conciliatore o del pretore, secondo che lo stesso fosse o meno

inferiore a lire 50.000 mensili. Come è stato ormai ripetutamen te precisato da questa corte, «a seguito dell'abrogazione del 2°

comma, effettuata dall'art. 6, 6° comma, 1. 30 luglio 1984 n.

399, pur in mancanza di una norma espressa, le controversie

restano devolute alla competenza per materia del solo pretore, alla stregua di una interpretazione sistematica della citata legge

abrogativa e della relativa ratio nonché dell'esclusivo riferimen

to al detto giudice e della previsione del giudizio di appello da

vanti al tribunale effettuati, rispettivamente, dagli art. 48 e 51

1. 382/78, come modificati dalla 1. n. 399 del 1984» (Cass. 29

gennaio 1988, n. 839, Foro it., Rep. 1988, voce Locazione, n.

347; 20 febbraio 1987, n. 1836, id., Rep. 1987, voce cit., n.

415, ecc.). Per l'art. 1591 c.c., «il conduttore in mora a restituire la cosa

è tenuto a dare al locatore il corrispettivo convenuto fino alla

riconsegna, salvo l'obbligo di risarcire il maggior danno».

Il conduttore in mora nella restituzione della cosa locata non

è, peraltro, un occupante abusivo, ma, ancorché moroso, conti

nua ad essere conduttore e quindi a godere dei frutti della cosa

e a farli propri, salvo il suo obbligo, in base all'art. 1591 c.c.,

di corrispondere il corrispettivo della locazione, oltre il risarci

mento del maggior danno eventualmente subito dal locatore

(Cass. 2 maggio 1981, n. 2672, id., 1981, I, 1896); il rapporto

obbligatorio che si instaura tra le parti in tale periodo non è

autonomo, ma secondario, conseguenziale e, comunque, colle

gato geneticamente al precedente rapporto contrattuale (Cass.

15 dicembre 1976, n. 4647, id., Rep. 1976, voce cit., n. 46), sicché «la responsabilità del conduttore per il ritardo nella ri

consegna della cosa locata ha carattere contrattuale» (Cass. 21

ottobre 1986, n. 6184, id., Rep. 1986, voce cit., n. 163; 13 apri le 1985, n. 2475, id., Rep. 1985, voce cit., n. 513).

Dalla mancata restituzione dell'immobile alla scadenza la nor

ma, pur sotto l'unitaria rubrica «danni per ritardata restituzio

ne», fa discendere, in realtà, due distinte obbligazioni, aventi

tra loro presupposti diversi e collegate ad un distinto onere pro batorio. Mentre, infatti, è in ogni caso dovuto il pagamento del corrispettivo convenuto, in cui (come meglio si vedrà esami

nando il secondo motivo) rientrano anche gli aumenti — e, in

generale, gli adeguamenti, anche in riduzione — stabiliti da so

pravvenute disposizioni di legge e, in particolare, quelli previsti dalla 1. 27 luglio 1978 n. 392, il risarcimento del maggior danno

è dovuto solo in quanto sia specificamente richiesto e provato dal locatore.

Il corrispettivo dovuto ex art. 1591 c.c. mantiene quindi tutte

le caratteristiche del normale canone di locazione, anche in or

dine alle norme applicabili nella sua determinazione.

Ne consegue che la sua determinazione, dopo l'entrata in vi

gore della 1. n. 392 del 1984, rimane devoluta alla competenza

pretorile, ex art. 45 1. 392/78 (Cass. 7 maggio 1981, n. 2994,

id., Rep. 1982, voce cit., n. 552; 18 giugno 1987, n. 5369, id., 1987, I, 3272). Sarebbe incongruo, del resto, ritenere che la com

petenza del pretore si arresti alla determinazione del canone do

vuto per il periodo della locazione e che il canone in tal modo

determinato non possa esplicare i suoi effetti per il periodo im

mediatamente successivo, nel quale si è protratta la detenzione

e l'utilizzazione dell'immobile da parte del conduttore, e può,

Il Foro Italiano — 1993.

eventualmente, non essersi addirittura verificata alcuna va

riazione.

Nella specie, deve riconoscersi, pertanto, la competenza ra

tione materiae, del pretore adito.

Va rilevato, infine, che con la domanda introduttiva la socie

tà ha richiesto al pretore la determinazione dei canoni e la con danna del ministero al pagamento degli stessi, senza limitare

in alcun modo la domanda con riferimento ad una specifica causa petendi, sicché devesi escludere a priori che il tribunale, disconoscendo la rinnovazione tacita del contratto, e condan

nandolo ex art. 1591 c.c., abbia giudicato ultrapetitum.

Ugualmente infondato il secondo motivo, col quale il mini

stero deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 1591 c.c., con riferimento all'art. 1597 stesso codice, in relazione alle pat tuizioni contrattuali.

L'interpretazione dell'art. 1591 c.c., secondo la quale rientre

rebbero nel canone gli aumenti stabiliti da sopravvenute dispo sizioni di legge, esatta in astratto, sarebbe erronea nella specie, non potendosi fare ricorso agli aumenti ex 1. 392/78, ritenuta

inapplicabile dallo stesso tribunale. Né potevasi applicare la clau

sola contrattuale di adeguamento Istat, che avrebbe potuto ave

re efficacia alla scadenza del triennio decorrente dal 1° dicem

bre 1980. È, del resto, pacifico che il conduttore in mora nella

riconsegna dell'immobile è tenuto al pagamento del canone, salvo

il maggior danno, la cui prova doveva essere fornita, in armo

nia con l'art. 2697 c.c., dalle società: nella specie queste non

avevano nemmeno dedotto di aver subito un danno, limitandosi

a chiedere il pagamento dei canoni, oltre un generico ma irrile

vante riferimento alla rivalutazione. Per lo stesso motivo non

potevasi ritenere applicabile il disposto dell'art. 1221 c.c.

Va premesso che il tribunale ha, in realtà, ritenuto inapplica bile solo l'art. 71 1. 392/78, limitatamente alla durata dei con

tratti non soggetti a proroga (commi l°-3°), sicché, sotto tale

profilo, non sussiste la lamentata contraddittorietà della moti

vazione.

Come ha ripetutamente precisato questa corte, nel corrispet tivo che, ai sensi dell'art. 1591 c.c., il conduttore in mora nel

restituire la cosa è tenuto a dare al locatore fino alla riconse

gna, salvo l'obbligo di risarcirgli il maggior danno, rientrano

anche gli aumenti stabiliti da sopravvenute disposizioni di leg

ge, ed in particolare quelli previsti dalla 1. 27 luglio 1978 n.

392 (come le eventuali riduzioni derivanti dall'applicazione de

gli art. 12 ss. o 62 ss.), essendo l'indennizzo sempre ragguaglia bile alla misura convenzionale o legale dei canoni per il tempo

in cui si è protratta l'occupazione di fatto (Cass. 16 giugno 1983,

n. 4149, id., Rep. 1984, voce cit., n. 469; 20 gennaio 1984,

n. 497, ibid., n. 468, ecc.). Anche se l'art. 1591 c.c. fa riferi

mento al «corrispettivo convenuto», è noto che la libera deter

minazione del canone trova ora i suoi limiti nella legge citata,

i cui principi si sostituiscono ex lege a quelli fissati dalle parti, salva la loro derogabilità in favore del conduttore (art. 79).

L'adeguamento del canone attiene alla determinazione del cor

rispettivo e non al maggior danno di cui all'art. 1591, risarcibile

solo in quanto specificamente richiesto e provato; incongrua mente viene, inoltre, richiamato l'art. 1221 c.c., che concerne

gli «effetti della mora sul rischio» (va rilevato che nessuna cen

sura è proposta in ordine alla rivalutazione della somma dovuta).

Fondato appare, viceversa, il primo motivo del ricorso inci

dentale, con il quale le società deducono la violazione e falsa

applicazione dell'art. 321. 392/78, nonché carenza e contraddit

torietà della motivazione. La norma si limiterebbe a stabilire — secondo le deducenti — che il periodo di invariabilità del

canone non possa essere inferiore al biennio, ma, ove le parti,

come nella specie, stabiliscano un più lungo periodo, la varia

zione da applicare dev'essere rapportata allo stesso e non al

biennio, come ha fatto il tribunale.

L'art. 32 1. 392/78, dettato per gli immobili ad uso diverso

dall'abitazione, nel suo testo originario anteriore alla modifica

intervenuta con il d.l. 7 febbraio 1985 n. 12, imponeva un pe

riodo iniziale di invariabilità del canone di tre anni, consenten

do alle parti di stabilirne l'aggiornamento biennale a decorrere

dal quarto anno. La fissazione di una diversa cadenza degli ag

giornamenti trovava (e trova) il suo limite nel già richiamato

art. 79 che consente patti in deroga solo in quanto più favore

voli al conduttore. Pienamente legittimo è, quindi, il patto con

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Page 5: sezione III civile; sentenza 13 luglio 1992, n. 8499; Pres. Bile, Est. Nicastro, P.M. Dettori (concl. conf.); Min. poste e telecomunicazioni c. Soc. Veronese 84 e altra; Soc. Veronese

PARTE PRIMA

il quale le parti convengano un più lungo periodo di invariabili

tà — come nella specie —, ovvero un adeguamento secondo

percentuali inferiori a quelle previste dalla legge, sia nella loro

entità (ad esempio 50%, anziché 75%), che in relazione al pe riodo di riferimento della variazione (ad esempio l'ultimo anno, anziché il biennio, il triennio eventualmente convenuto, ecc.). Allorché, peraltro, le parti abbiano convenuto che il canone

venga aggiornato a periodi superiori a quelli legali, non è poi

possibile — in una inammissibile sintesi tra patto più favorevo

le e norma di legge — procedere all'aggiornamento applicando

gli indici propri del minor periodo legale, anziché quelli del pe riodo corrispondente alle cadenze convenute, a meno che non risulti che le stesse abbiano inteso che gli indici da applicare siano fissati con riferimento ad un periodo diverso ed inferiore.

La sentenza impugnata quindi, che, nell'operare l'aggiornamento, ha applicato gli indici del biennio precedente e non del triennio, senza operare alcuna indagine in proposito, va cassata, con rin

vio ad altra sezione dello stesso tribunale.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione i civile; sentenza 4 luglio 1992, n. 8186; Pres. Vela, Est. Berruti, P.M. Golia (conci,

conf.); Alfieri (Avv. Intelisano) c. Soc. Icci (Avv. E. Bia

monti, Boitani) e altri. Conferma App. Milano 31 marzo 1987.

Diritti d'autore — Fotografia — Accertamento del requisito della

creatività — Fattispecie (L. 22 aprile 1941 n. 633, protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio, art. 2, 20, 87, 88).

Diritti d'autore — Cessione dei diritti di riproduzione — Fatti

specie (L. 22 aprile 1941 n. 633, art. 88, 89, 90).

Sono prive di carattere creativo, e di conseguenza non tutelabili come opere dell'ingegno, fotografie che, seppur ottenute con

un processo di elevato livello tecnico, sono realizzate su com

missione e raffigurano modelli predisposti dal committente. (1) La consegna dei negativi al committente da parte dell'autore

di fotografie realizza il pieno trasferimento dei diritti di ri

(1) La rilevanza del connotato della creatività, ai fini dell'attribuzio ne della massima tutela prevista nella legge sul diritto d'autore, è un principio pacifico in giurisprudenza; in relazione al riscontro del sud detto carattere nelle fotografie, v. Cass. 13 gennaio 1988, n. 183, Foro it., Rep. 1988, voce Diritti d'autore, n. 57; 26 marzo 1984, n. 1988, id., 1984, I, 939; riguardo al contenuto del requisito della creatività, cfr. Trib. Milano 17 maggio 1984, id., Rep. 1988, voce cit., n. 43; Trib. Napoli 28 novembre 1986, id., Rep. 1987, voce cit., n. 73; Trib. Torino 29 giugno 1987, id., Rep. 1989, voce cit., n. 61; App. Milano 8 luglio 1988, ibid., n. 62, e da ultimo, Pret. Verona, ord. 28 novembre 1989, id., 1990, I, 2362.

La dottrina appare divisa. Il 'carattere creativo' per taluni si esauri sce nell'apporto personale dell'autore (Algardi, La tutela dell'opera dell'ingegno e il plagio, Padova, 1978, 105), oppure può riguardare anche il quid novi, in senso oggettivo, oltreché personale (Marchetti - Ubertazzi, Commentario breve alla legislazione sulla proprietà indu striale ed intellettuale, Padova, 446); altri (Pardolesi, Motti, L'infor mazione come bene, Pavia, 1989, 20) si chiedono se sia meritevole di tutela 1 'act of compiling, sino a prospettare la possibilità di proteggere gli elenchi telefonici (ma v. ora Corte suprema Usa 27 marzo 1991, Foro it., 1992, IV, 37, con nota di Zoppini; e, per un'analisi delle sue

implicazioni, come pure dei successivi sviluppi, H. B. Abrams, Origina lity and Creativity in Copyright Law, 55 Law & Contemp. Problems, 3 (1992)), o il bozzetto scenografico (Crugnola in Riv. dir. ind., 1987, II, 359, in nota a Trib. Milano 17 maggio 1984, Foro it., Rep. 1988, voce cit., n. 43: «La creatività richiesta per la protezione delle opere dell'ingegno a norma della 1. 633/41, va individuata in un novum rea lizzato mediante uno sforzo intellettuale di rappresentazione non banale di un contenuto o di una idea»).

In relazione al rapporto tra fotografie e diritti d'autore, si segnalano Stojanovic, Le photographie et le droit d'auteur, in Dir. autore, 1987, 487; Angelini, Fotografia ed opera fotografica, in Contratto e impre sa, 1988, 276.

Il Foro Italiano — 1993.

produzione (nella specie, non è stato ritenuto patto contrario, atto a superare la presunzione di esclusività del committente, la circostanza che le modalità del pagamento, avvenuto in

maniera rateale, determinassero una titolarità limitata del com

mittente, ai fini dell'uso dei negativi). (2)

Svolgimento del processo. — Lucio Alfieri, con distinti atti

notificati tra il 23 ed il 26 gennaio 1981, conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Milano lo Studio G.R. associati di G.

Fioravanti e C., la s.p.a. Icci, e l'Ente autonomo teatro alla

Scala di Milano. Precisava di essere autore delle fotografie ri

prodotte in un manifesto celebrativo del bicentenario del teatro alla Scala, e nel libro «La forza del Destino di Giuseppe Ver

di», edizioni La Scala; che aveva ceduto i diritti di utilizzazione

economica su tutte tali fotografie, tra il 1977 ed 0 1980, allo

Studio G.R. associati; che tuttavia la s.p.a. Icci aveva plagiato le foto medesime nella realizzazione di un album musicale; che

l'Ente teatro alla Scala, nel libro innanzi citato, aveva menzio nato quali autori di tutte le foto pubblicate, altri fotografi pla

giando cosi anch'essa, o quanto meno attribuendo ad altri la

paternità delle foto; che lo stesso Studio G.R. associati non

aveva mai restituito le foto in questione, avendole invece illegit timamente messe in circolazione contestando ogni diritto di es

so attore. Tutto ciò premesso l'Alfieri chiedeva: che venisse ac certata la sua paternità sulle fotografie ed il suo diritto di utiliz

zazione economica esclusiva; che fosse ordinata la distruzione

di tutti gli stati di fatto conseguenti alla lesione dei suoi diritti, e che gli autori delle stesse fossero condannati a risarcirgli i

danni. Il tutto oltre alla pubblicazione della sentenza emananda.

Si costituivano i convenuti e resistevano alle domande. Lo Studio G.R. affermava che le foto in questione raffigura

vano modelli di cartone o di zinco predisposti da essa convenu

ta per incarico dell'Ente teatro alla Scala, oppure, in particola re quanto alla stampa del comune di Milano riportante le date

1778/1978, si era trattato di semplici riproduzioni di fotografie fatte da essa convenuta. Affermava pure che tutte le fotografie erano state fatturate dallo Studio A e B, di Alfieri e Bini, ad

essa convenuta, nel quadro di un accordo che impegnava la

A e B a realizzare materiale fotografico per il bicentenario della

Scala. Pertanto, la convenuta Studio G.R., oltre a talune altre

contestazioni non più rilevanti in questa fase, negava che co

munque alle fotografie dell'Alfieri potesse attribuirsi la tutela di cui agli art. 87 ed 88 della legge sul diritto di autore e tanto

meno di cui all'art. 20 della stessa legge, trattandosi di foto

di oggetti, realizzate su commissione, e senza alcun margine di

creatività da parte del fotografo. Chiedeva pertanto il rigetto delle domande, e formulava domanda riconvenzionale tendente

alla dichiarazione del suo diritto esclusivo, per avvenuta cessio ne da parte dello Alfieri, sulle foto in bianco e nero aventi ad

oggetto il modello del teatro alla Scala e lo stemma con le date

del bicentenario.

L'ente teatro, dal suo canto, eccepiva il proprio difetto di

legittimazione passiva avendo commissionato manifesto ed illu

strazioni del libro allo studio G.R. associati, e non all'attore.

Negava comunque che le foto stesse fossero tutelabili ai sensi

degli art. 87 e 90 della legge citata e spiegava anch'esso ricon

venzionale affinché fosse negato all'attore il diritto alla utilizza

zione della immagine del teatro.

La s.p.a. Icci esponeva di aver realizzato la copertina di un

album per incarico dell'Ente teatro, che aveva fornito due foto

grafie del manifesto del bicentenario.

(2) La circostanza per cui le foto in questione raffigurano modelli di carta e zinco predisposti dal committente, senza lasciare alcun margi ne di creatività all'apporto essenzialmente tecnico dell'autore, realizza una titolarità originaria, in capo al committente, dei diritti di riprodu zione; tale principio è affermato in Trib. Milano 26 ottobre 1989, Foro

it., Rep. 1991, voce Diritti d'autore, n. 60, nonché nel dispositivo di Cass. 28 giugno 1980, n. 4094, id., 1980, I, 2121, riguardante la diffe rente fattispecie relativa alla commissione del ritratto fotografico, il cui diritto di riproduzione e utilizzazione rimane al fotografo, non tenuto a consegnare i negativi.

L'argomento è stato approfondito in dottrina da Trevisani, I diritti sul negativo fotografico ed il rapporto fra fotografo e committente, in Foro pad., 1980, I, 105; Massa Felsani, Osservazioni sui diritti del committente in tema di opera dell'ingegno, in Riv. dir. comm., 1988, II, 190.

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