Sezione III civile; sentenza 14 aprile 1984, n. 2418; Pres. Gabrieli, Est. Iannotta, P.M. Caristo(concl. conf.); Costanza (Avv. Salvago) c. Capobianco. Cassa Trib. Agrigento 10 giugno 1981Source: Il Foro Italiano, Vol. 107, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1984), pp. 1845/1846-1847/1848Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23177209 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
genitori nella condizione di trasferire a se stessa i beni minac
ciandoli di privarli della necessaria assistenza in caso contrario.
L'altro profilo del dedotto mezzo riguarda la pretesa omissione
di esame di punto decisivo della controversia, in ordine alla cir
costanza che la domanda proposta in via meramente subordinata, mirava ad accertare incidenter tantum il negozio simulatorio, es
sendo essa rivolta ad ottenere la collazione del bene, ai fini della
quota di riserva.
Orbene, se ipur è vero che ai fini della domanda diretta
all'accertamento della simulazione di atti compiuti dal de cuius, il
legittimario ha veste di terzo e può, quindi, valersi della prova testimoniale senza limiti, qualora agisca per la reintegrazione della quota a lui riservata (Cass. 21 luglio 1981, n. 4704, id., Rep.
1981, voce Simulazione civile, n. 12) è pur vero che di tale prova non v'è cenno alcuno in atti avendo i giudici di merito accertato
che le ricorrenti si erano limitate ad invocare a prova di simula
zione semplici presunzioni, che essi peraltro, nella discrezionalità
del proprio apprezzamento, hanno ritenuto assolutamente inade
guate, e comunque la questione appare superata dall'avvenuto
accertamento della alcatorietà dell'atto
Ne consegue il rigetto del motivo di gravame. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; Sezione Ili civile; sentenza 14
aprile 1984, n. 2418; Pres. Gabrieli, Est. Iannotta, P.M.
Caristo (conci, conf.); Costanza (Avv. Salvago) c. Capobianco. Cassa Trib. Agrigento 10 giugno 1981.
Usufrutto, uso e abitazione — Usufruttuario — Locazione —
Proroga legale — Opponibilità al nudo proprietario — Con
dizioni (Cod. civ., art. 999).
Anche in regime di proroga legale, la locazione stipulata dall'usu
fruttuario, in corso al momento della cessazione dell'usufrutto, non è opponibile al proprietario ove non risulti da atto
pubblico o da scrittura privata di data anteriore all'estinzione
dell'usufrutto. (1)
Svolgimento del processo. — Con citazione del 5 aprile 1976
Costanza Crocefissa, assumendo che un vano terraneo di sua
proprietà, sito in Ravenna, via Fante 31, era detenuto senza titolo,
ed usato come autorimessa, da Capobianco Calogero, conveniva
costui avanti il pretore del luogo per ottenere il rilascio dell'im
mobile e la condanna del convenuto al risarcimento dei danni,
indicati in lire diecimila mensili, per il mancato godimento del
bene.
Precisava l'attrice di avere ereditato nel 1953 la nuda proprietà
di detto immobile in forza di testamento olografo dello zio
paterno Costanza Baldassarre il quale aveva lasciato il diritto di
usufrutto alla propria moglie Azzolino Rosa. Alla morte di questa
ultima, verificatasi il 28 ottobre 1972, essa Costanza Crocefissa era
divenuta piena proprietaria del bene e ne aveva ripetutamente
chiesto il rilascio ma senza esito alcuno.
Il convenuto resisteva alla domanda deducendo di detenere
l'immobile in forza di locazione stipulata con l'usufruttuaria
Azzolino e soggetta a proroga legale. Il Pretore di Ravanusa con sentenza del 28 dicembre 1979
accoglieva la domanda attrice sul rilievo che il dedotto contratto di
locazione, non risultando stipulato per atto pubblico o per scrittura privata, non era opponibile alla proprietaria Costanza, ai
sensi dell'art. 999 c.c. Condannava conseguentemente il Capobian co al rilascio dell'immobile ed al pagamento della somma richie
sta a titolo di danni.
Su appello del Capobianco, cui resisteva la Costanza, il Tribu
nale di Agrigento perveniva a diversa conclusione osservando che
(1) In senso sostanzialmente conforme v., da ultimo, Cass. 17 marzo
1981, n. 1577, Foro it., 1981, I, 1588, con nota di richiami di
Bellantuono, cui adde, nel senso che la norma di cui all'art. 999 c.c. ha carattere eccezionale e non si applica ai contratti di mezzadria e di colonia (nel qual caso il rapporto contìnua anche nei confronti del
proprietario che al termine dell'usufrutto subentra all'usufruttuario
concedente, ai sensi dell'art. 2160 c.c., senza che sia necessario un atto scritto di data certa anteriore), Cass. 21 dicembre 1982, n. 7060, id., Rep. 1982, voce Usufrutto, n. 1.
In dottrina da ultimo sull'argomento v. G. Palermo, L'usufrutto, in Trattato di diritto privato, diretto da Rescigno, 8, Torino, 1982, 103
ss.; Riello, Sulle locazioni concluse dall'usufruttuario, in Giur. merito, 1981, 377, nonché la rassegna di A. e C. Palermo, Usufurtto, uso, abitazione2, in Giur. sist. civ. e comm., fondata da Bigia vi, Torino, 1978, 140 ss.
il disposto dell'art. 999 c.c. era stato implicitamente abrogato dalla legislazione vincolistica delle locazioni.
Rigettava pertanto la domanda di rilascio precisando che il
Capobianco, a fronte del godimento dell'immobile, era tenuto a
corrispondere il solo canone con gli aumenti di legge eventual
mente dovuti. Per effetto dell'accoglimento dell'appello principale, lo stesso
tribunale riteneva infondato l'appello incidentale della proprieta ria, volto ad ottenere l'adeguamento monetario dei danni e la
liquidazione degli interessi sulle relative somme, senza peraltro esaminare l'ulteriore subordinata tesi della Costanza di cessazione della proproga delle locazioni relative ad immobili destinati a
garages per effetto dell'entrata in vigore della 1. 27 luglio 1978 n. 392 (cosiddetta legge sull'equo canone).
Contro quest'ultima sentenza, depositata il ilO giugno 1981, ha
proposto ricorso per cassazione Costanza Crocefissa sulla base di tre motivi. L'intimato non s'è costituito.
Motivi della decisione. — (Omissis). Passando al merito, rilevasi che con il primo motivo di ricorso Costanza Crocefissa denuncia
la violazione dell'art. 999 c.c. e sostiene che, essendo stata accer
tata la mancata stipula per atto pubblico o per scrittura privata della locazione tra il Capobianco e l'usufruttuaria Azzolino, detta
locazione non avrebbe potuto essere opposta ad essa Costanza di
venuta piena proprietaria del bene per consolidamento dell'usu
frutto alla nuda proprietà in conseguenza della morte dell'Azzolino.
La ricorrente imputa in particolare ad errore del tribunale l'aver
ritenuto la predetta disposizione dell'art. 999 c.c. implicitamente
abrogata dalla legislazione vincolistica delle locazioni.
La censura merita accoglimento. L'art. 999 c.c., nel disciplina-re la sorte delle locazioni stipulate dall'usufruttuario, stabilisce che
dette locazioni, in corso al momento della cessazione dell'usufrut
to, continuano per la durata stabilita, ma non oltre il quinquen nio dalla cessazione dell'usufrutto, a condizione che constino da
atto pubblico o da scrittura privata di data certa anteriore (1° comma). Detta poi una particolare regolamentazione per il caso
di cessazione dell'usufrutto per scadenza del termine (2° comma). Prescindendo da quest'ultima ipotesi, non ricorrente nella fat
tispecie (essendo l'usufrutto in questione cessato per morte del
titolare), risulta evidente come la disposizione del 1° comma
dell'art. 999 c.c. regoli due aspetti del fenomeno considerato: da
un lato, le condizioni necessarie perché la locazione conclusa
dall'usufruttuario possa continuare con il proprietario, dall'altro, la durata ulteriore di detta locazione se in quanto opponibile al
proprietario. -Le condizioni di opponibilità sono chiaramente costituite nella
certezza dell'anteriorità della locazione alla cessazione dell'usu
frutto, data soltanto dalla stipula del contratto .mediante atto
pubblico o scrittura privata di data certa, e dalla sussistenza di un rapporto locativo in corso al momento in cui cessa l'usufrutto,
per cui non sarebbe sufficiente, sotto quest'ultimo profilo, un contratto che non avesse ancora avuto concreta esecuzione.
È da precisare che la sopravvivenza della locazione alla cessazione dell'usufrutto costituisce, per costante interpretazione della dottrina e della giurisprudenza un temperamento alla regola resoluto iure dantis resolvitur et ius occipientis; come tale, opera nei soli casi e nei limiti espressamente contemplati, senza alcuna
possibilità di applicazione analogica neppure della regola dettata in tema di vendita della cosa locata (art. 1600 c.c.) che si fonda,
peraltro, sul principio diverso secondo cui emptio non tollit locatum.
Avuto riguardo all'articolata regolamentazione stabilita dal 1°
comma dell'art. 999 c.c., non risulta condivisibile la tesi del
Tribunale di Agrigento che ha considerato detta norma implici tamente abrogata dalle disposizioni legislative emanate per regola re la proroga legale dei contratti di locazione.
Nel nostro ordinamento giuridico l'abrogazione delle leggi non
può avvenire che per effetto di leggi posteriori, o per espressa dichiarazione del legislatore, o per incompatibilità tra le nuove di
sposizioni e le precedenti, ovvero perché la nuova legge regola l'intera materia già regolata dalla legge anteriore (art. 15 disp. sulla legge in generale).
Esclusa pacificamente l'ipotesi di abrogazione espressa, non può dirsi neppure ricorrente quella di abrogazione implicita o tacita.
La disciplina vincolistica stabilisce, invero, la durata delle
locazioni, ma non anche le condizioni di forma e di sostanza per l'esistenza e la validità del contratto di locazione, né quelle richieste per l'opponibilità del contratto stesso a soggetti diversi dai diretti contraenti. Non può dirsi pertanto che regoli tutta la materia disciplinata dall'art. 999 c.c., potendo interferire soltanto sull'elemento temporale del rapporto.
Né è ravvisabile incompatibilità tra le due discipline, in quanto
l'applicazione dell'una non esclude necessariamente l'applicazione
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1847 PARTE PRIMA 1848
dell'altra. È possibile invece, logicamente e giuridicamente, che
l'art. 999 c.c. continui ad applicarsi per quanto concerne i
presupposti di apponibilità del rapporto locativo instaurato dall'u
sufruttuario e che, viceversa, la normativa vincolistica, una volta
accertata l'opponibilità della locazione al proprietario, ne deter
mini in conoreto l'ulteriore durata, modificando solo per questa
parte la previsione dell'art. 999 c.c.
In altri termini la norma in esame vede il suo campo di
operatività ristretto dalla proroga legale delle locazioni senza però esserne travolta.
Il Tribunale di Agrigento, a sostegno della tesi opposta, ha
richiamato la sentenza n. 2283 del 28 ottobre 1965 (Foro it., Rep.
1965, voce Usufrutto, n. 13) di questa Suprema corte, secondo cui
« il sistema prestabilito dall'art. 999 c.c., circa l'efficacia limitata
nel tempo delle locazioni poste in essere dall'usufruttuario, deve
ritenersi modificato in conseguenza del regime vincolistico, nel
senso che ove il contratto risulti prorogabile per legge nei
confronti dell'usufruttuario, la proroga legale deve ritenersi oppo nibile anche al nudo proprietario che abbia in sé consolidato
l'usufrutto ».
La massima non risulta del tutto pertinente: a) perché la
controversia decisa nel 1965 riguardava una fattispecie sostan
zialmente diversa (locazione originaria insultante da atto soritto di
data certa, continuata per notevole periodo di tempo dopo la
cessazione dell'usufrutto, con riscossione dei canoni da parte del
proprietario senza eccezioni di sorta); b) perché fa esplicito riferimento al sistema relativo all'efficacia limitata nel tempo della
locazione senza riguardare direttamente il diverso profilo (già evidenziato innanzi) della opponibilità della locazione stessa che
costituisce un prius di rilievo determinante.
Del resto già nel 1956 questo Supremo collegio aveva escluso
la diretta incidenza della proroga legale sul sistema di opponibili tà al proprietario della locazione conclusa dall'usufruttuario, cosi
come disciplinato dall'art. 999 c.c. (Cass. 28 luglio 1956, n. 2808,
id., Rep. 1956, voce Locazione, n. 321).
Più recentemente tale indirizzo è stato ribadito con la precisa zione che « le norme della legislazione vincolistica mentre mo
dificano il regime dell'art. 998 c.c. sulla continuazione della
locazione e degli affitti dopo la cessazione dell'usufrutto (la quale è applicabile anche nel caso di consolidazione) per quanto concerne la durata dei contratti, sostituendo i termini di proroga ai periodi indicati dall'art. 999 c.c., non apportano invece alcuna
modifica alla condizione concernente i requisiti di forma previsti
per l'opponibilità del contratto al proprietario, la quale è pertanto esclusa ove il contratto di locazione o di affitto sia stato stipulato verbalmente» (Cass. 17 marzo 1981, n. 1577, id., 1981, I, 1588).
I rilievi svolti rendono palese la fondatezza del primo motivo
di ricorso che va pertanto accolto con assorbimento degli altri
motivi.
Ne consegue la cassazione della decisione impugnata con
rinvio della causa ad altro giudice che dovrà attenersi ai principi innanzi indicati, tenendo in particolare presente che, a norma
dell'art. 999 c.c., anche in regime di proroga legale, la locazione
conclusa dall'usufruttuario, in corso al momento della cessazione
dell'usufrutto, non è opponibile al proprietario ove non risulti da
atto pubblico o da scrittura privata di data anteriore all'estima
zione dell'usufrutto stesso.
Come giudice di rinvio può essere designato il Tribunale di
Palermo. <Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; Sezione lavoro; sentenza 30 marzo
1984, n. 2142; Pres. Nocella, Est. Cecioni, P.M. Nicita
(conci, conf.); Min. tesoro c. Frezza. Regolamento di compe
tenza avverso Trib. Firenze 25 marzo 1983.
Competenza civile — Foro dello Stato — Liquidazione di enti
soppressi (Cod. proc. civ., art. 25; r.d. 30 ottobre 1933 n. 1611,
t.u. delle leggi e delle norme giuridiche sulla rappresentanza e
difesa in giudizio dello Stato e sull'ordinamento dell'avvocatura
dello Stato, art. 6, 7, 43; 1. 4 dicembre 1956 n. 1404, soppres sione e messa in liquidazione di enti di diritto pubblico e di
altri enti sotto qualsiasi forma costituiti, soggetti a vigilanza dello Stato e comunque interessanti la finanza statale, art. 1,
11; 1. 23 dicembre 1978 n. 833, istituzione del servizio sanitario
nazionale, art. 77).
Deve intendersi applicabile la disciplina speciale del foro dello
Stato in ordine alle controversie concernenti la liquidazione
degli enti soppressi (nella specie, era stata avanzata domanda
di condanna al pagamento di somma di denaro nei confronti
dell'I.n.a.m. in liquidazione). (1)
Svolgimento del processo. — Con ricorso depositato il 2 giugno
1981 l'avv. Mario Frezza conveniva in giudizio dinanzi al Pretore
di Lucca, giudice del lavoro, l'I.n.ajn., in liquidazione, chieden
done la condanna al pagamento di somme che assumeva spettan
tegli per prestazioni legali, continuativamente prestate fino al
1980; il ricorso veniva notificato nello stesso mese di giugno del
1981, quando l'ente, già in fase di gestione commissariale, era
nell'imminenza di cessare ogni sua attività e di passare alla fase
di liquidazione affidata, nelle forme di cui alla 1. 4 dicembre 1956
n. 1404, all'ufficio liquidazioni del ministero del tesoro dall'art.
77, 3° comma, 1. di riforma sanitaria 23 dicembre 1978 n. 833.
Costituivasi per l'I.n.a.m. il ministero del tesoro, ufficio liquida
zioni, che preliminarmente faceva presente che la gestione della
liquidazione era stata assunta il 1" luglio il981; sollevava poi varie eccezioni avverso la domanda attrice, di cui chiedeva la
reiezione totale.
Con sentenza in data 21 maggio 1982 l'adito pretore dichiarava
il ministero del tesoro carente di legittimazione e condannava
l'I.n.a.m. a pagare quanto preteso dall'avv. Frezza, con rivaluta
zione monetaria ed interessi.
L'amministrazione del tesoro, ufficio liquidazioni, proponeva
appello, con ricorso notificato il 23 dicembre 1982 al Tribunale
di Firenze, funzionalmente competente in base alla disciplina del
foro dello Stato; insisteva nelle eccezioni e conclusioni tutte
spiegate dinanzi al pretore. Costituivasi in giudizio l'appellato e
chiedeva, in principalità, previa conferma della declaratoria di
carenza di legittimazione, dichiararsi inammissibile il proposto
gravame. L'adito tribunale emetteva sentenza in data 25 marzo 1983, con
la quale rilevava d'ufficio la propria incompetenza funzionale
ritenendo non applicabile la disciplina del foro dello Stato;
indicava nel Tribunale di Lucca il giudice competente a conosce
re del proposto appello. Osserv ava che l'ente soppresso sopravvi ve al provvedimento di soppressione fino all'espletamento delle
operazioni di liquidazione e che conseguentemente il ministero
del tesoro aveva bensì, come erroneamente disconosciuto dal
primo giudice, la rappresentanza dell'ente in ordine alla presente
vertenza, ma proprio perché non si sostituisce a detto ente, che
invece semplicemente rappresenta, resterebbe soggetto alla genera le disciplina della competenza, ai sensi dell'art. 43 r.d. n.
1611/33, con correlativa esclusione del foro dello Stato, previsto
dagli art. 6 e 7 del predetto decreto. Osservava altresì che la 1. 4
dicembre 1956 n. 1404, sulla soppressione e messa in liquidazione di enti di diritto pubblico, non è, per più ragioni, applicabile alla
fattispecie, essendo la disciplina della suindicata legge dettata per le ipotesi di soppressione di enti operata per provvedimento amministrativo, mentre, invece, la soppressione dell'ente è operata direttamente dalla legge (1. 23 dicembre 1978 n. 833), ed essendo
sorta la presente controversia prima dell'assunzione della liquida zione da parte dell'amministrazione del tesoro; non troverebbe
perciò applicazione l'art. 11 della legge in parola, che estende la
disciplina del foro dello Stato alle vertenze concernenti gli enti
soppressi e posti in liquidazione, la quale sia stata assunta
dall'amministrazione del tesoro, ed applicabile alla fattispecie sarebbe invece il d.l. 30 aprile 1981 n. 168, recante misure
urgenti in materia di assistenza sanitaria, che prevede bensì, « per le controversie relative alle operazioni di liquidazione destinate
(1) In senso conforme, v. Cass. 13 maggio 1983, n. 3276, Foro it., 1984, I, 235, con nota di O. M. Itri, sempre in relazione a due
pronunce del Tribunale di Firenze, in data 10 maggio 1982 e 10
giugno 1982 (id., 1982, I, 2621, con nota di richiami), che ave vano ritenuto l'esclusione del criterio territoriale di cui all'art. 25
c.p.c. nei giudizi di appello, avverso decisioni pronunciate su domanda da parte di medici generici convenzionati contro 1'I.n.a.m. in liquida zione, per ottenere l'adeguamento dei compensi per le prestazioni svolte, domande proposte prima del d.l. 31 marzo 1982 n. 109, con il
quale la rappresentanza degli enti in liquidazione è passata al
ministero del tesoro. Nella motivazione della sentenza in epigrafe, è stato precisato che se
con la liquidazione gli effetti hanno formale imputabilità all'ente
soppresso, trattasi pur sempre di attività diretta ed immediata dello Stato, per cui si rende applicabile la normativa di cui alla 1. 1404/56, in particolare l'art. 11, che richiama la disciplina speciale del foro dello Stato in ordine alle controversie concernenti la liquidazione degli enti soppressi, sia pure non integralmente, in quanto la legge cit.
prevede una soppressione obbligatoria, operata con provvedimento amministrativo ed in funzione di una facoltativa assunzione da parte della p.a. della liquidazione dell'ente soppresso, mentre la soppressione e l'assunzione da parte dello Stato avvengono ope legis nel caso di
specie.
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