Sezione III civile; sentenza 15 dicembre 1962, n. 3367; Pres. Caizzi, Est. Marmo, P. M. Trotta(concl. conf.); Scordo (Avv. Margiotta) c. CasileSource: Il Foro Italiano, Vol. 86, No. 7 (1963), pp. 1463/1464-1465/1466Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23152353 .
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1463 PARTE PRIMA 1464
in tal modo, la risoluzione del contratto per il venir meno del
requisito dell'importanza dell'inadempimento (27). Anche nella norma eitata e stata vista una deroga al prin
eipio saneito dall'art. 1453, 3° comma, cod. civ. ; quasicche essa, anziche limitare la sua operativitä, nell'ambito del diritto pro cessuale, incidesse su quello del diritto sostanziale. Senza indu
giare sull'argomento, si puõ, comunque, far riferimento a quella che sernbra la soluzione migliore, secondo la quale (28) tra l'art.
1453, 3° comma cod. civ. e l'art. 663, ult. comma, cod. proc. civ., non vi sarebbe alcun contrasto, sicehe non vi sarebbe ragione, per giustificare la presunta deroga, di sostenere che l'inadempi mento — intervenuto il pagamento del canone successivamente alio sfratto — sarebbe da considerare assiomaticamente di scarsa
importanza. La ratio della norma andrebbe ricercata, infatti, nel carattere sommario della convalida, in con iderazione del
quale non si sarebbe voluto « aggravare il compito del giudice, chiamato a concederla, con l'indagine sulla gravita dell'inadem
pimento purgato pendente lite ». Ne deriva che la norma non
potrebbe trovare applicazione nel giudizio ordinario di risolu
zione, per il quale non possono valere che le norme di cui agli art. 1453, 3° comma, e 1455, intese nel senso gia chiarito.
5. — Concludendo queste brevi osservazioni, nel caso de ciso solo un'adeguata applicazione del criterio piu su delineato
avrebbe, f rse, potuto giustificare la soluzione negativa in or dine alla risolubilitä. del contratto. Giacche, se e vero che e in censurabile in Cassazione la sentenza del giudice di merito sotto il profilo della valutazione degli elementi di fatto acquisiti al
processo ai fini della definizione della lite (e, quindi, nel caso
specifico, dell'esistenza del ritardo imputabile ed importante), e altrettanto vero che la stessa pronunzia k censurabile qualora sia fondata su un'erronea applicazione del diritto e manchi di una logica ed adeguata motivazione (29). Ed in realty i giudici di appello, limitandosi ad osservare, seppur giustamente, che « verificatosi l'inadempimento al momento in cui era stato ri chiesto il pagamento, si era determinata l'unica condizione che la legge richiede per l'esercizio dell'azione contrattuale », non avevano tenuto conto del fatto che l'art. 1453, 3° comma, deve essere interpretato tenendo presente la norma delPart. 1455, e avevano trascurato, quindi, di condizionare la pronunzia di ri soluzione al preventivo accertamento dell'importanza del ri tardo verificatosi, cui — stando almeno a quanto risulta dalla motivazione contenuta nella sentenza com.mentata — non si era fatto alcun cenno.
Dott. Lina Bigliazzi Geri Assistente ordinario neil'Univ. di Pisa
(27) Cfr. Gioröianni, loco uit. eit. Ma vedi anche Giordano, Risoluzione del contratto e adempimento, in Giur. Cass. civ., 1944. XV, 226, secondo il quale 1'inadempimento sarebbe, qui, da conside rare di scarsa importanza per il fatto ehe & stato sanato, risolvendosi in un semplice ritardo. Si tratta, come giüt si 6 detto, di una conclu sione inaccettabile, posto ehe un grave inadempimento non puö essere assiomaticamente trasformato in un inadempimento di scarsa impor tanza solo perchš, di fronte ai pericolo dello sfratto, il debitore si sia preoccupato di adempiere immediatamente dopo la proposizione della domanda. ormai, giurisprudenza eostante ebe il procedimento dj convalida di sfratto per morositä, ove il loeatario paghi prima del 1'udienza di comparizione, si trasformi in giudizio ordinario, nel quale devono, quindi, valutarsi aneora una volta sussistenza e gravitä del 1'inadempimento. Cfr. App. Cagliari 21 aprile 1960, Foro it., Rep. 1960, voce Sfratto, nn. 39, 40 ; Cass. 5 ottobre 1958, n. 3077, id., Rep. 1958, voce eit., n. 49. Centra, Cass. 25 maggio 1948, n. 786, id., Rep. 1948, voce eit., n. 26.
(28) Andrioli, Commento ai codice di procedura civile, III, 1947, sub art. 663, 326 segg.
(29) Cass. 11 aprile 1949, n. 868, eit.; 9 aprile 1957, n. 1223, eit.
COR TE SUPREMA DI CASSAZIONE.
Sezione III civile ; sentenza 15 dicembre 1962, n. 3367 ; Pres. Caizzi, Est. Marmo, P. M. Trotta (concl. eonf.) ; Scordo (Aw. Margiotta) c. Casile.
(Oassa App. Reggio Calabria 30 giwgno I960)
Contratli arjrari — Colonla parziai'ia — Compor tamento inyiurioso del colono — Causa di riso luzione (Cod. civ., art. 2159, 2169).
Contratti ajjrari — Colonia parziai'ia — Azione (jiudi ziaria del colono contro il concedente — Compor tamenlo injjiurioso — Esclusioiie Risoluzione
tli*I contratto — Condizioni (Costituzione della Re
pubblica, art. 24 ; cod. civ., art. 2159, 2169).
II oomportamento ingiurioso del colono verso il eoncedente
pud giustificare, a norma dell'art. 2159 cod. civ., lo scio
glimento del rapporto colonico. (1) II jatto che il colono, anziche cercare le vie di bonario componi
mento delle controversie insorte con il eoncedente, si ri
volga alVautorita giudiziaria, in sede civile o penale, per
far valere le sue supposte ragioni, non costituisce di per se
comportamento ingiurioso, ed e causa di risoluzione del
contratto solo quando, in concreto, abbia creato una situa
zione tale da non consentire la prosecuzione del rapporto colonico. (2)
La Corte, ecc. - Con due distinti motivi, lo Soordo
denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 2159
cod. civ., in riferimento agli art. 112 e 115 cod. proc. civ.
e 360, nn. 3 e 5, stesso codice, nonche omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo
della causa (art. 360, n. 5, cod. proc. civ.). Deduce il ri
corrente che la Corte di merito, con il ritenere che il rivol
gersi al magistrato per la tutela di interessi che il colono
ritenga lesi possa costituire fatto tale da non consentire la
prosecuzione del rapporto ai sensi dell'art. 2159 cod. civ., avrebbe violato tale norma, che si riferisce a fatti che obiet
tivamente non consentono che il rapporto possa proseguire senza pregiudizio degli interessi della parte che i detti
fatti subisce. Deduce, inoltre, il ricorrente che la Corte
di merito, affermando nelle premesse di fatto che esso Scordo
aveva contestato i fatti posti a fondamento della domanda
di risoluzione proposta dal concedente Casile e, in mo
(1-2) La prima massima trova applicazione concreta in nu merose decisioni, che hanno ritenuto causa di scioglimento del
rapporto : le ingiurie e minacce del mezzadro e i suoi familiari nei confronti del concedente o del suo rappresentante (Trib. Pa dova 12 luglio 1956, Foro it., Rep. 1957, voce Contratti agrari, n. 120) ; il « compimento di atti irriguardosi verso il concedente », unito alia violazione del dovere di fedeltä ed alia cattiva coltiva zione del fondo (App. Roma 13 giugno 1956, ibid., n. 119) ; il « contegno minaccioso ed arrogante nei confronti dell'agente del
proprietario », anch'esso unito a violazione degli obblighi derivanti dal contratto (App. Ancona 1 marzo 1956, id., Rep. 1956, voce cit., n. 153) ; « una serie di episodi, che, insieme considerati, denotino reciproca intolleranza fra il mezzadro e il concedente o sfocino in un sistematico comportamento antiassociativo », men tre si e ritenuto non bastare « un episodic isolato, anche se mani festatosi attraverso un reciproco scambio di ingiurie » (App. Catania 26 gennaio 1956, ibid., n. 154) ; le pressioni, turbative e minacce esercitate dal mezzadro sul concedente per indurlo a vendere a lui, anziche ad altri, il podere (App. Bologna 15
gennaio 1955, id., Rep. 1955, voce cit., n. 167) ; il caso del conce dente che abbia subito, ad opera del figlio del colono, ingiurie e violenze di domicilio (App. Catanzaro 6 febbraio 1954, id., Rep. 1954, voce cit., nn. 102, 103).
Sulla seconda massima, un precedente puntuale si rinviene in App. Trieste 9 giugno 1959 (id., Rep. 1959, voce cit., nn. 240, 241), che considera rilevanti agli effetti dell'art. 2159 gli « atti di persecuzione giudiziaria civile o penale, abbandonati o defi niti dal giudice per manifesta infondatezza », quando « siano chiara manifestazione di una odiosa e molesta volonta persecutoria e di ingiustificata ritorsione »; e li pone in riferimento ad una situa zione obiettiva di « difetto di fiducia e di collaborazione, tensione estrema, esautoramento del potere direttivo del concedente ».
Per la valutazione di casi in cui il mezzadro o colono, anziche ricorrere al giudice, resiste nei fatto alia pretesa arbitraria del concedente (ad es., ad una coltivazione irrazionale), o ne supera l'ingiustificato rifiuto (ad es., alia divisione del prodotto) con la
propria azione diretta, cfr. App. Cagliari 29 gennaio 1959, id.. Rep. 1960, voce cit., nn. 53, 54 ; App. Lecce 10 febbraio 1954, id., Rep. 1955, voce cit., n. 183 ; Trib. Terni 14 ottobre 1954, id., 1955, I, 765.
Piü in generale, per la nozione dei « fatti tali da non con sentire la prosecuzione del rapporto », mezzadrile o colonico, consulta Cass. 18 luglio 1961, n. 1743, id., Rep. 1961, voce cit., n. 71 ; 16 aprile 1953, n. 1008, id., Rep. 1953, voce cit., n. 63 ; 2 agosto 1952, n. 2500, id., 1953, I, 212, con nota di richiami; Trib. Enna 22 dicembre 1953, id., 1954, I, 540, con nota di G. Romanelli.
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1465 GIÜRISPRUdENZA COSTITÜZIONALE E CIVILE 1466
tivazione, ohe i fatti erano stati parzialmente ammessi
dallo stesso appellato, sarebbe incorsa in contraddizione
e si sarebbe fermata alPaccertamento dell'esistenza degli atti introduttivi dei giudizi proposti dal colono eontro il
concedente, senza yalutare l'elemento decisivo delle ragioni ohe avevano determinate) il colono ad intraprendere detti
giudizi, risolti pressocche totalmente in suo favore.
La censura risulta sostanzialmente fondata. La Corte
di appello, dopo aver esattamente osservato, in eonformita
dell'insegnamento di questo Supremo collegio, ohe ai sensi
dell'art. 2159 cod. civ. l'esclusione dell'inadempienza da
parte del colono agli obblighi derivanti dal rapporto di
colonia non esclude la possibility che tuttavia possa riscon
trarsi nella condotta ingiuriosa del colono nei confronti
del concedente un fatto tale da non consentire la prose cuzione del rapporto, ha, poi, ritenuto sufficiente ai fini
della dimostrazione di tale condotta ingiuriosa il fatto che
il colono si sia rivolto all'autorita giudiziaria per far valere
le sue ragioni. E, nella specie, la Corte di appello ha considerate irri
guardoso verso il concedente e dimostrativo di un esaspe rato spirito di litigiositä, e quindi fatto tale da non consen
tire la prosecuzione del rapporto, il comportamento del
colono che abbia fatto valere le proprie ragioni dinanzi al
magistrato contro la effettiva inadempienza del conce
dente alia corresponsione della quota dovutagli a seguito del
conto colonico e contro lo spoglio (chiusura di una porta della casa colonica) effettivamente attuato dallo stesso, anziche subirlo e sottostare ad una pretesa consuetudine, che si imporrebbe al colono, di cercare con ogni mezzo di
addivenire ad mi bonario componimento delle insorte di
vergenze. In tal modo la Corte di merito non ha tenuto presente
che, essendo dalla Costituzione (art. 24) stabilito che tutti
possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed
interessi legittimi, non puõ considerarsi fatto ingiurioso l'avvalersi di tale diritto.
Yero e che la Corte di merito ha cercato di rafforzare
il fondamento della propria decisione sia ponendo in rilievo
che il colono aveva anche denunciato il concedente per
appropriazione indebita e che quest'ultimo era stato pro sciolto con formula piena, sia osservando che le accennate
controversie avevano comunque determinate una situa
zione obiettiva di impossibility dei normali rapporti tra
colono e concedente.
Ma, quanto al primo argomento, deve osservarsi che
la denuncia di fatti che potrebbero rivestire il carattere di
reato rappresenta uil fatto ingiurioso solo in particolari
ipotesi, quali ad es. quelle di calunnia o di simulazione
di reato, costituendo per il resto esercizio di un diritto
e restando 1'attivitä della parte assorbita da quella del
l'organo statale che inizia l'azione penale. Nei caso di specie, poi, il concedente venne prosciolto
con formula piena, non giä perche il magistrato ritenne che
il concedente non avesse commesso i fatti di inadempienza lamentati dal colono, ma perche ritenne che detti fatti non
integrassero gli estremi di un reato.
E quanto al secondo argomento, esso avrebbe potuto aver valore se la Corte di merito si fosse data carico di
dimostrare, con specifico riferimento alle particolari tä della
concreta fattispecie, che le insorte controversie avessero
creato una situazione tale da rendere impossibile la prose cuzione del rapporto.
Essendosi, invece, la Corte di merito limitata ad affer
mare apoditticamente, senza alcuna dimostrazione e senza
alcuno specifico riferimento alle particolaritä della concreta
fattispecie, che le insorte controversie avevano determinate
una situazione incompatibile con la prosecuzione del rap
porto, essa & venuta con ciõ ad affermare il principio, per
quanto si 6 riferito erroneo, che in ogni caso il fatto che il
colono si sia rivolto al magistrato per far valere i suoi di
ritti ed interessi legittimi nei confronti del concedente co
stituisca fatto tale da rendere impossibile la prosecuzione
del rapporto. II ricorso deve eesere quindi accolto, la sentenza cas
sata ed il giudizio rimesso alia stessa Sezione specializzata
ehe con altra composizione dovrä riesaminare la contro
versia attenendosi ai principi sõpra enunciati.
Per questi motivi, cassa, ece.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
I
Sezione I civile ; sentenza 7 dicembre 1962, n. 3304 ; Pres.
Stella Eichter, Est. Passanisi, P. M. Pedace (concl.
conf.) ; Ditta Gasperoni (Aw. Jemolo) c. Banca Pie
monte (Aw. Maccagno, Patriarca).
(Oonferma App. Torino 15 settembre 1900)
II
Sezione III civile ; sentenza 6 marzo 1962, n. 423 ; Pres.
LOMBAEDO P., Est. CORTESANI G., P. M. CtTTRUPIA
(eoncl. conf.) ; Soo. S.a.b.a.g.a. (Avv. Valensise, Sali
nari) c. Banca Piemonte (Ayy. Maccagno).
(Oonferma App. Torino 15 gennaio 1960)
Titoli di credito — Vendita di bevandc in bottiglia — Cauzione a garanzia della restituzione dei
vuoti -— IVatura — Autorizzazione all'emissione
di tratte per I'importo corrispondente — Ces
sione della provvista a norma del r. d. 21 settem
bre 1933 n. 1345 — Ammissibilitä — Restitu
zione dei vuoti dopo la notiiiea della cessione — Inopponibilitä ai cessionario (R. d. 21 settem
bre 1933 n. 1345, sulla cambiale tratta garantita oon
cessione di crediti da forniture, art. 1, 2).
Nella vendita di bevande in bottiglia, le somme ehe vengono
pattuite a garanzia della restituzione dei vuoti rappre sentano, in realtä, il prezzo di una compravendita dei
vuoti medesimi, sottoposta alla condizione risolutiva
potestativa della restituzione ; pertanto, allorche 1'acqui rente, in luogo di versare tali somme, autorizzi Vemis
sione di tratte per I'importo corrispondente, il traente
puö validamente effettuare la cessione della provvista a norma del r. decreto 21 settembre 1933 n. 1345, ed
il trattario (non accettante) non puö opporre ai cessio
nario la restituzione dei vuoti, da lui eseguita dopo la
notifica della cessione medesima. (1)
(1) La sentenza n. 423 & annotata criticamente da Peiaizzi, in Givr. it., 1963, I, 1, 362 ; App. Torino 15 settembre I960, confermata dalla sentenza n. 3304, riassunta in Foro it., Rep. 1961, voce Titoli di credito, nn. 73, 74.
Gli altri precedenti giurisprudenziali noti, tutti di giudici di merito, ritengono ehe non sussista, nella fattispecie in esame, un «credito derivante da fornitura di merci», e non sia perciõ con sentita la cessione della provvista a norma del r. decreto 21 set tembre 1933 n. 1345 : cosi, con varia motivazione (riferita ora ai
credito per I'importo della cauzione non versata, ora ai credito
per il valore dei vuoti eventualmente non restituiti), App. Mi
lano 30 giugno 1961, ibid., n. 75 ; Trib. Milano 27 maggio 1960,
id., Rep. 1960, voce eit., nn. 81-84 ; App. Milano 7 aprile 1959, Trib. Monza 10 marzo e 11 ottobre 1958, id., Rep. 1958, voce eit., nn. 59-62.
Per ulteriori riferimenti sulla disciplina dettata eol r. de
creto del 1933 n. 1345, cons. Cass. 28 maggio 1957, n. 1965, id.,
1958, X, 1991 ; App. Roma 13 luglio 1955, id., 1956, I, 590 ; Cass. 4 gennaio 1940, n. 53, id., 1940, I, 709, con nota di Arena ;
App. Milano 10 dicembre 1935, id., 1936,1, 340, con ampirichiami della prima dottrina formatasi in argomento ; e da ultimo la ras
segna curata da Morera, in Credito pop., 1959, 293.
• » •
A ragione 1'annotatore della sentenza n. 423 parla di un
carattere «finanziario » delle tratte in questione, in relazione al
1'obbligo, contrattualmente assunto dal trattario verso il traente,
xl Fobo Italiano — Volume LXXXV1 — Parte /-94,
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