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Sezione III civile; sentenza 17 gennaio 1984, n. 401; Pres. Gabrieli, Est. Pipitone, P. M. Catelani...

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Sezione III civile; sentenza 17 gennaio 1984, n. 401; Pres. Gabrieli, Est. Pipitone, P. M. Catelani (concl. conf.); Beghetto (Avv. Franchi, Perissinotto) c. Di Panigai e altro; Di Panigai e altro (Avv. Gambino, Picozza, Salmazo) c. Beghetto. Conferma App. Venezia 27 giugno 1980 Source: Il Foro Italiano, Vol. 107, No. 5 (MAGGIO 1984), pp. 1297/1298-1303/1304 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23175693 . Accessed: 28/06/2014 16:22 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 141.101.201.191 on Sat, 28 Jun 2014 16:22:29 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione III civile; sentenza 17 gennaio 1984, n. 401; Pres. Gabrieli, Est. Pipitone, P. M. Catelani(concl. conf.); Beghetto (Avv. Franchi, Perissinotto) c. Di Panigai e altro; Di Panigai e altro(Avv. Gambino, Picozza, Salmazo) c. Beghetto. Conferma App. Venezia 27 giugno 1980Source: Il Foro Italiano, Vol. 107, No. 5 (MAGGIO 1984), pp. 1297/1298-1303/1304Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23175693 .

Accessed: 28/06/2014 16:22

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

dalla premessa che la lesione del credito da parte dei terzi costituisca « danno ingiusto », non si giustifica la discriminazione

tra rapporti di credito fondati su un intuitus personae di

particolare intensità e rapporti in cui le speciali qualità del

debitore hanno una minore rilevanza. E, inoltre, sotto il profilo dell'art. 1223 c.c. non si spiega come la lesione del credito sia

conseguenza immediata e diretta del fatto del terzo nella prima

ipotesi e non nella seconda, se è vero che in entrambi i casi il

meccanismo della lesione giuridica è identico.

Lo scrivente, comunque, non intende affermare che il criterio

della insostituibilità non abbia alcun rilievo in subiecta materia;

invero, esso può costituire un valido parametro di riferimento in

ordine al quantum (e non all'an) della pretesa risarcitoria (si consideri l'ipotesi — che, peraltro, esula dal caso di specie —

in cui il datore di lavoro sia privato della collaborazione di un

tecnico altamente specializzato. Tale assenza potrebbe determinare — come immediato riflesso — un'irreparabile alterazione della

programmazione produttiva e commerciale di un'azienda e qua lificarsi come lucro cessante (ovviamente, da provare rigorosa

mente), risarcibile separatamente ed oltre il danno normalmente

derivante dall'assenza di un lavoratore non particolarmente qua lificato (e sopra descritto).

Ciò premesso, va ora affrontato il problema del quantum (da li

quidare all'attore, a titolo di risarcimento del danno dallo stesso

patito). A tal proposito, lo scrivente ritiene che, in mancanza di

altri elementi probatori, la quantificazione del danno sofferto dal

datore di lavoro possa essere compiuta, a mente del combinato

disposto degli art. 1223 e 2056 c.c., tenendo presente il valore di

scambio delle prestazioni lavorative perdute da detto datore di

lavoro. In tale prospettiva, cioè, occorre far riferimento all'am

montare della retribuzione corrisposta a vuoto, che, nella fattispe cie concreta, risulta essere pari a lire 405.530, come emerge dal

conteggio 'analitico appositamente esibito dall'attore e, peraltro, non contestato dal convenuto. Questo pretore non ignora che il

Bedini abbia prospettato come autonoma « voce » risarcitoria

anche la somma versata nel periodo d'assenza dal lavoro della

Rossi agli istituti previdenziali a titolo di contributi assicurativi

obbligatori (e cioè lire 107.618). A tale proposito, lo scrivente

rileva di non poter condividere la tesi restrittiva patrocinata da

Cass. 8 novembre 1980, n. 6008, secondo cui dall'area del danno

risarcibile resta esclusa la suddetta somma, « poiché i pagamenti dei contributi previdenziali non hanno natura e funzione retribu

tiva, non sono, cioè, in rapporto di corrispettività con la presta zione continuativa dell'impiegato; sono dovuti, sempre ed in ogni

caso, per il solo fatto che esiste, e finché esiste, il rapporto

d'impiego, anche se, per un certo periodo, la prestazione dell'im

piegato non abbia avuto ». Invero, anche i contributi in discus

sione — come versamenti necessari e conseguenziali 'al rapporto di lavoro e al diritto di credito del datore, ingiustamente leso

dall'illecito altrui — incidono senza dubbio sul costo della

prestazione lavorativa sopportata dal datore. Sicché, una volta

individuato l'importo degli emolumenti versati « a vuoto » dal

datore di lavoro come criterio (equitativo) per la stima dell'illeci

to aquiliano de quo, non vi è alcuna plausibile ragione per

distinguere, in seno a detto parametro monetario, la somma

corrisposta al lavoratore infortunato in base alle pattuizione contrattuali da quella versata ex lege. A questo punto, si rende

necessario trattare la questione relativa al quantum di responsabi lità attribuibile al convento nella causazione dell'incidente per cui

è processo (questione, invero, eminentemente di fatto, dalla cui

soluzione dipende l'accertamento del carattere non iure ex art.

2043 c.c. del comportamento del Negrelli, che — per quanto già detto — è contra ius ai sensi e per gli effetti della citata norma

civilistica). (Omissis)

I

CORTE DI CASSAZIONE; Sezione III civile; sentenza 17

gennaio 1984, n. 401; Pres. Gabrieli, Est. Pi pitone, P. M.

Catelani (conci, conf.); Beghetto (Avv. Franchi, Perissi

notto) c. Di Panigai e altro; Di Panigai e altro (Avv. Gam

bino, Picozza, Salmazo) c. Beghetto. Conferma App. Venezia

27 giugno 1980.

Locazione — Immobile adibito ad uso alberghiero — Proroga

legale — Inapplicabilità (D.l. 28 ottobre 1977 n. 778, provve dimenti urgenti sulla proroga dei contratti di locazione e sub

locazione degli immobili urbani, art. 1; 1. 23 dicembre 1977 n.

928, conversione in legge con modificazioni del d.l. 28 ottobre

1977 n. 778).

Il Foro Italiano — 1984 — Parte /-84.

La proroga dei contratti di locazione di immobili urbani disposta dal d.l. 28 ottobre 1977 n. 778 e dalle successive leggi di

proroga, non si applica alle locazioni alberghiere (nella specie, sono state ritenute assimilabili alle locazioni alberghiere quelle

riguardanti villaggi turistici a tipo alberghiero, anche se costi tuiti in complessi di singole unità abitative, autostelli, campeggi e simili). (1)

II

CORTE DI CASSAZIONE; Sezione III civile; sentenza 28 no

vembre 1983, n. 7138; Pres. Pedace, Est. Iannotta, P. M. Mi

netti (conci, parz. diff.); Cappiello (Avv. S. Bartoli) c.

Villani (Avv. Dilengite). Cassa Trib. Napoli 30 gennaio 1982.

Locazione — Immobile adibito ad uso alberghiero — Proroga

legale — Applicabilità (D.l. 28 ottobre 1977 n. 778, art. 1; 1. 23

dicembre 1977 n. 928).

La proroga legale delle locazioni di immobili ad uso alberghiero non è venuta meno con i provvedimenti successivi al d.l. 23

dicembre 1976 n. 849 (convertito nella l. 21 febbraio 1977 n.

28), i quali, assoggettando alla proroga legale tutti indistinta

mente i contratti di locazione di immobili urbani, hanno inteso

comprendere in tale categoria anche i contratti relativi ad

immobili con destinazione alberghiera. (2)

(1-2) Le decisioni che si riportano evidenziano il contrasto insorto in seno alla III sezione civile della Cassazione sulla applicabilità alle locazioni alberghiere dei provvedimenti legislativi di proroga dei contratti di locazione di immobili urbani successivi al d.l. 849/76 (convertito in 1. n. 28/77), il cui testo si riferisce alle locazioni urbane in generale, senza menzionare specificamente i rapporti aventi ad

oggetto immobili destinati ad albergo e simili. La questione, come sottolinea la più recente delle pronunzie, è di

estrema rilevanza per la individuazione della disciplina applicabile alle locazioni alberghiere in corso alla data di entrata in vigore della 1. n.

392/78, giacché dalla sua soluzione discende la possibilità o meno che vi siano locazioni del genere soggette a proroga legale al 30 luglio 1978 (e quindi l'applicabilità degli art. 67 e 68 1. n. 392, anziché in

ogni caso del successivo art. 71). Nel senso della sentenza n. 7138/83 si era già espressa, ma con

motivazione assolutamente carente, Cass. 11 gennaio 1983, n. 179, Foro

it., 1983, I, 3017, con nota di richiami ed osservazioni di D. Piombo.

Afferma, invece, l'autonomia reciproca della disciplina delle locazioni

di immobili ad uso alberghiero e di quella vincolistica prevista per tutte le altre locazioni di immobili urbani, Cass., sez. un., 21 ottobre

1983, n. 6181, ibid., 3017, che ha escluso la possibilità per il locatore

di immobile alberghiero di far cessare la proroga legale del contratto

per sua necessità abitativa, ex art. 4, n. 1, 1. 23 maggio 1950 n. 253.

Cass. n. 401/84 pone opportunamente in evidenza la circostanza che

quando entrò in vigore il d.l. 778/77 (conv. nella 1. n. 928/77) le

locazioni alberghiere erano ancora in corso ex lege — in virtù deila

proroga unica dei contratti di locazione e del vincolo di destinazione

alberghiera disposta dal d.l. 849/76, conv. in 1. n. 28/77 — con

scadenza al 31 dicembre 1977 e la loro disciplina di proroga era

svincolata da quella delle locazioni di immobili con altra destinazione

(che erano state prorogate fino al 31 ottobre 1977 dal d.l. 362/77): data tale premessa, infatti, la menzione specifica da parte dell'art. 1

d.l. 778/77 dei contratti di locazione «in corso al 31 ottobre 1977 »

(scadenza legale, come si è detto, delle locazioni non alberghiere già

soggette a proroga), accompagnata dalla espressa previsione della

proroga del solo vincolo di destinazione alberghiera da parte del successivo art. 3 (il quale, pure, richiama l'art. 2 d.l. 849/76, che nel testo risultante dopo la legge di conversione aveva disposto la proroga simultanea per uguale durata delle locazioni alberghiere e del relativo vincolo di destinazione), possono effettivamente assumersi come segni della intenzione del legislatore di mettere fine alla disciplina di

proroga dei rapporti locatizi relativi ad immobili ad uso di albergo, pensione e locanda. Mette conto rilevare, d'altra parte, che nell'alter nanza di regolamentazione separata e di regolamentazione unificata delle locazioni alberghiere, da un lato, e di quelle di immobili ad uso

abitativo, professionale, industriale e commerciale, dall'altro (su cui si

sofferma, in motivazione, Cass. n. 401/84), le leggi vincolistiche che hanno previsto una identica data di scadenza della proroga per tutti i

contratti di locazione hanno sempre menzionato in modo specifico le

locazioni di immobili alberghieri. L'unico ed occasionale caso —

eccezionale, quindi — di proroga indistinta di tutte le locazioni urbane è quello richiamato a sostegno della sua tesi da Cass. n. 7138/83, del d.l. 426/73 (sulla occasionalità della previsione di identica durata

della proroga per tutte le locazioni, v., in motivazione, Cass. 21

ottobre 1983, n. 6181, cit.). In obiter, la sentenza n. 401/84 osserva che la proroga disposta

dall'art. 67 sarebbe più lunga di quella « soltanto biennale » prevista dall'art. 71 1. n. 392/78. Ma tale rilievo (v. sul punto, in dottrina, D. Cupido-I. Militerni, Le locazioni alberghiere, 1983, XII) è in realtà inesatto in linea generale, giacché mentre la durata imposta dall'art. 67

è — secondo la data di « stipulazione » del contratto (sulla cui

nozione v. Cass. 18 novembre 1983, n. 6883, Foro it., 1984, I, 751) —

di quattro, cinque o sei anni (più un altro biennio, per effetto della

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1299 PARTE PRIMA 1300

I

Motivi della decisione. — Preliminarmente va disposta la

riunione, a norma dell'art. 335 c.p.c., delle due impugnazioni

proposte contro la medesima sentenza.

Con l'unico motivo si denunciano dal ricorrente principale erronea applicazione dell'art. 71 1. 392 del 1978 e conseguente violazione dell'art. 67 della detta legge in relazione all'art. 14

disp. prel. c.c., art. 1 d.l. 28 ottobre 1977 n. 778 e unico 1. di

conversione 23 dicembre 1978, 1 d.l. 30 marzo 1978 n. 77, convertito nella 1. 24 maggio 1978 n. 220, 1 d.l. 24 giugno 1978

n. 298, convertito nella 1. 28 luglio 1978 n. 395.

Premesso che a cominciare dalla più antica normativa fu

riservata per un lungo periodo alle locazioni alberghiere una

regolamentazione a parte, si fa osservare dal ricorrente che in

una successiva fase si pervenne ad unica disciplina: ciò, con

inizio dalla 1. 27 giugno 1966 n. 453, che, pur denominata

genericamente « proroga di disposizioni in tema di locazioni

urbane », all'art. 1 prorogò al 31 dicembre 1966 tutte le locazioni

precedentemente stipulate, comprese le alberghiere. Dal sistema, poi, della legislazione in materia, quale emerge dai

provvedimenti successivi, non risulta affatto che l'espressione « contratti di locazione di immobili urbani » debba essere intesa

con esclusione dal suo ambito delle locazioni alberghiere; anzi, si

può rilevare che la intitolazione del d.l. 28 ottobre 1977 n. 778,

ove si fa riferimento agli immobili urbani, è la stessa usata dal

legislatore nel di. 24 luglio 1973 n. 426 riguardante anche gli

alberghi mediante il richiamo fatto da una legge successiva: la

841 del 1973. L'interpretazione logica fa ritenere che nell'ambito

delle locazioni prorogate dal d.l. 778 del 1977 si debbano

comprendere anche le locazioni alberghiere, per le quali non si

dispose una proroga più lunga essendo in elaborazione la nuova

regolamentazione organica di tutta la materia. Tale conclusione

risulta confermata dalla terminologia della 1. n. 392 del 1978, che

nella categoria di « immobili urbani ad uso diverso dalla abita

zione » include espressamente gli immobili adibiti ad attività

alberghiera. Con il primo motivo del ricorso incidentale, deducendosi viola

zione degli art. 82 r.d. 30 gennaio 1941 n. 12, della 1. 7 ottobre

1969 n. 742, 92 ordinamento giudiziario, 657, 325 c.p.c., si insiste

sulla sollevata eccezione di intempestività dell'appello proposto dal Beghetto e del conseguente passaggio in giudicato della

sentenza impugnata perché erroneamente la Corte d'appello di

Venezia ha ritenuto l'applicabilità alla fattispecie della sospen sione dei termini per ferie sulla base della considerazione che il

pretore avesse consacrato la irrituatilità della intimazione di

licenza. Si obietta che il procedimento è sorto ritualmente come

sfratto e se pure la causa è proseguita davanti al tribunale per

ragione di valore, essa è rimasta tale, ossia procedimento di

sfratto per finita locazione.

Con il secondo motivo si ripropone una censura che aveva

costituito oggetto di appello incidentale condizionato, la quale non era stata esaminata a causa del rigetto dell'appello principale. Si sostiene, cosi come si era sostenuto anche nel giudizio di

primo grado, che la locazione, avendo avuto ad oggetto un'area

nuda, provvista di pochi manufatti, non era soggetta a proroga e, come tale, veniva a scadenza il 31 gennaio 1978 e, qualora la

nuova disciplina abbia pur riferimento alle nude aree, sarebbe in

ogni caso applicabile l'art. 71 e la locazione sarebbe egualmente cessata il 30 luglio 1980. (Omissis)

Cosi sgombrato il campo dell'indagine dalla eccezione di giudi

cato, non sembra inopportuno, a questo punto, riconoscere l'ap

plicabilità al rapporto in esame della legislazione relativa agli

alberghi, stante l'assimilabilità alle locazioni alberghiere di quelle aventi ad oggetto villaggi turistici a tipo alberghiero, anche se

costituiti in complessi di singole unità abitative, autostolli, cam

peggi e simili. Ciò premesso e con riferimento all'unico, complesso motivo del

ricorso principale, si rileva che le questioni, con esso sollevate,

involgono, principalmente, l'interpretazione del d.l. 28 ottobre

1977 n. 778 e degli ultimi decreti di proroga, ritenendosi da una

corrente dottrinale, seguita da una parte della giurisprudenza, che

con essi non sarebbe stata concessa altra proroga alle locazioni

alberghiere.

L'argomento, in genere, addotto dai fautori della tesi indicata,

proroga disposta dall'art. 15 bis d.l. 23 gennaio 1982 n. 9), il combinato disposto degli art. 71, 1° comma, e 27 1. n. 392 assi cura al conduttore di immobile alberghiero una durata novennale della locazione con decorrenza dalla stipulazione o dall'ultimo rinnovo del contratto anteriore al 30 luglio 1978 (fatta salva, nel peggiore dei casi per il conduttore, la durata di « soli » due anni dalla data di entrata in vigore della 1. 392/78, a norma del 2° comma dell'art. 71).

consiste nel rilievo che la 1. 23 dicembre 1977 n. 928, che ha

convertito il predetto decreto, mentre ha prorogato al 31 dicem

bre 1978 il vincolo, nulla ha statuito per quanto concerneva la

scadenza della proroga, per cui non appare esatto inserire dette

locazioni nella sfera di applicazione dell'art. 1, 1° comma, 1. n.

928 che riguarda, invece, le locazioni di immobili urbani. Per

l'opposta tesi, secondo cui i predetti decreto-legge e legge di

conversione avrebbero prorogato il termine di scadenza anche

delle locazioni concernenti gli alberghi, si è affermato (Cass., sez.

Ili, 11 gennaio 1983, n. 179, Foro it., 1983, I, 3017) che il 1°

comma dell'art. 1 d.l. n. 778 del 1977 dispone la proroga dei

contratti di locazione di immobili urbani senza distinguere tra le

varie destinazioni.

Notevole è la incidenza delle discordanti opinioni sugli interessi

di una vasta categoria di operatori economici, i quali nell'acco

glimento della seconda tesi troverebbero titolo, in pendenza del

rapporto locativo con la entrata in vigore della 1. 27 luglio 1978

n. 392, per invocare la più lunga proroga disposta dall'art. 67

della legge stessa, mentre nell'altra ipotesi la proroga sarebbe

soltanto quella biennale prevista dall'art. 71.

Può giovare per la risoluzione del problema non riferirsi

soltanto al d.l. 28 ottobre 1977 n. 778 ed alla relativa 1. di

conversione 23 dicembre 1977 n. 928, ma tutta valutare la

normativa anteriore alla nuova legge sull'equo canone. Orbene, il

termine « immobili urbani », se per un verso si presenta idoneo a

designare anche le locazioni degli alberghi, pensioni, locande e

simili, specie se posto in relazione con la fondamentale 1. 27

luglio 1978 n. 392, dove la detta locuzione è adoperata per comprendere, anche, quella determinata specie di rapporti, ope randosi una ulteriore distinzione, soltanto, in relazione all'uso abitativo o no (art. 1 ss., 27 ss.), viceversa, con riferimento alla normativa precedente, si palesa quale espressione non sempre atta ad includere con certezza quel significato.

Ora, a parte i testi legislativi fondamentali della passata legis lazione (1. 23 maggio 1950 n. 253 e 1. 1° maggio 1955 n. 368), nei

quali sotto l'unico titolo « norme in materia di locazione e di sublocazione di immobili urbani » si cominciò a parlare, a

proposito dei canoni, di immobili adibiti ad uso diverso dall'abi

tazione, nel lungo excursus legislativo, iniziato con d.l. 2 gennaio 1936 n. 274 convertito in 1. 24 luglio 1936 n. 1692 (v. d.l. 6 dicembre 1946 n. 124, d.l. 23 dicembre 1964 n. 1357 convertito in 1. 19 febbraio 1965 n. 33, 1. 17 dicembre 1965 n. 1394) la

regolamentazione degli alberghi si manteneva separata, unifican dosi poi con quella delle case di abitazione e dei locali per usi

professionali, industriali e commerciali solo con la 1. 27 giugno 1966 n. 453 intitolata: « proroga di disposizioni in tema di locazioni urbane ». Con d.l. 22 dicembre 1968 n. 1240, convertito in 1. 12 febbraio 1969 n. 4, vi era un ritorno alla regolamentazio ne separata. Successivamente, altra riunificazione legislativa veni va attuata con 1. 26 novembre 1969 n. 833 dal titolo « norme relative alla locazione degli immobili urbani». La legge, poi, 11 dicembre 1971 n. 1115 poneva un nuovo periodo di disciplina separata, la quale, dopo il d.l. 24 luglio 1973 il. 426 di normativa

unificata, riappariva nella 1. 22 dicembre 1973 n. 841 e negli ultimi provvedimenti legislativi quale importante elemento della relativa regolamentazione.

Codesta rapida rassegna ha per risultato che debba ritenersi fondato il rilievo circa la inidoneità della espressione « immobili urbani », a riferirsi, sempre, anche agli immobili adibiti ad uso

alberghiero, i quali, rispondendo ad interessi collettivi diversi, di ordine economico e turistico, hanno costituito un settore speciale della legislazione vincolistica, come è dimostrato dal fatto che, per essi, la proroga legale non poteva cessare per la necessità del locatore di riavere l'immobile per abitarlo o per svolgervi la sua normale attività.

Non può in favore della opposta tesi trarsi argomento dalla

regolamentazione data dal legislatore al vincolo alberghiero, con siderata l'autonomia di tale Istituto, consistente nel divieto di mutare destinazione agli alberghi mediante alienazioni e cessioni ad uso abitativo senza autorizzazione del ministro per il turismo e lo spettacolo.

Momento rilevante della detta legislazione, ai fini di che

trattasi, è la 1. 21 febbraio 1977 n. 28, la quale nel convertire in

legge il d.l. 23 dicembre 1976 n. 849, non mancò di sottolineare la distinzione tra gli immobili urbani adibiti ad uso di albergo, pensione e locanda, per i quali la proroga fu fatta coincidere con la data, del 31 dicembre 1977, stabilita per il vincolo di destina zione alberghiera, dagli altri immobili urbani, adibiti ad abitazio ne ovvero all'esercizio di attività professionali, commerciali o

artigiane per i quali la proroga fu fissata al 30 giugno 1977.

Successivamente, il d.l. 17 giugno 1977 n. 326, emanato su

proposta del ministro di grazia e giustizia di concerto con il

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

ministro per l'industria, il commercio e l'artigianato prorogò al 31

ottobre 1977 i contratti di locazione e sublocazione di immobili

urbani in corso alla data del 30 giugno 1977, con chiaro ed

univoco riferimento agli immobili urbani aventi destinazione

diversa da quella alberghiera, stante il richiamo, espressamente fatto dal provvedimento, alla scadenza di proroga nella predetta data del 30 giugno 1977, la quale concerneva soltanto gli immobi

li adibiti ad abitazione, ovvero ad attività professionali ed eco

nomiche, esclusa quella alberghiera (1. 21 febbraio 1977 n. 28). La 1. 8 agosto 1977 n. 510 converti senza sostanziali modifica

zioni il citato decreto (essendosi curata di ©levare da 5 milioni e

cinquecentomila lire ad otto milioni il limite del reddito del

conduttore assunto ad indice per l'ammissione al beneficio della

proroga), preoccupata, soltanto, di inserire nuove norme per la

graduazione degli sfratti.

Il di. n. 778 del 1977, pertanto, intervenne in un contesto

legislativo contrassegnato da una netta distinzione tra gli immobi

li urbani in genere, tali intendendosi quelli adibiti ad uso

abitativo ovvero a studio professionale e ad attività economiche

varie, e gli immobili adibiti alla industria alberghiera. Il silenzio, mantenuto su questi ultimi, quindi, non può essere interpretato se

non con la volontà del legislatore di escluderli dal regime vincolistico, che si desume, altresì', dallo specifico riferimento, contenuto nel decreto di cui trattasi, alla data del 31 ottobre 1977

fissata, come si è visto, dal di. n. 326 del 1977 quale termine di

cessazione del regime vincolistico limitatamente alle case di

abitazione ed agli immobili adibiti ad attività economiche, diverse

da quella esercitata dagli alberghi ed aziende similari.

A tale conclusione induce, pure, l'espresso richiamo, contenuto

nell'ultimo comma dell'art. 1, alla normativa, esolusivamente,

poc'anzi citata; mentre all'art. 3 — pure richiamandosi l'art. 2 di.

23 dicembre 1976 n. 849, convertito con modificazioni nella 1. 21

febbraio 1977 n. 28, una norma, cioè, con la quale era stata

disposta la proroga simultanea e per eguale durata delle locazioni

alberghiere e del vincolo relativo — un ulteriore termine di

proroga viene stabilito in maniera espressa, limitatamente al

vincolo.

Se la partecipazione del ministro per il turismo e lo spettacolo

può essere qualificante della materia oggetto di deliberazione, essa

vale per l'avvenuta emanazione della predetta ultima norma, e

non per un'ulteriore proroga del regime vincolistico degli alber

ghi, alla quale da nulla risulta estensibile il concerto dei ministri, senza peraltro potersi escludere che il significato ad esso attribui

bile debba essere proprio quello negativo rispetto ad ulteriore

proroga alberghiera. Per completezza di indagine, va precisato sull'argomento che

dall'esame degli atti parlamentari relativi alla legge di conversione

del 23 dicembre 1977 n. 928 risulta che in sede di presentazione del disegno di legge al senato fu fatta specifica menzione delle

locazioni abitative, per le quali si confermava il divieto di

aumentare i canoni soggiungendosi che « scopo del disegno di

legge è quello di evitare le gravissime conseguenze di una

repentina liberalizzazione », e si faceva cenno, pure, alla proroga, fino al 31 dicembre 1978 del vincolo alberghiero.

Per contro, nella relazione alla camera dei deputati si eviden

ziava che « il disegno di legge ... contiene un'ulteriore, ennesima

proroga dei contratti di locazione senza distinzione alcuna in

ordine alla loro destinazione», e si soggiungeva: «il decreto

legge conferma che restano ferme tutte le altre norme in vigore, che riguardano sia la proroga, sia il blocco dei canoni di

locazione, e, all'art. 3, sposta anche il termine finale del

vincolo di destinazione alberghiera al 31 dicembre 1978 ».

Utilizzandosi, infine, le risultanze dell'esame compiuto su tutto

l'excursus della legislazione vincolistica, appare meritevole di

considerazione il rilievo che nel preambolo dei due ultimi decre

tMegge (d.l. 30 marzo 1978 n. 77, di. 24 giugno 1978 n. 298),

con i quali furono disposte brevi proroghe delle locazioni degli immobili urbani, al fine di apprestare una saldatura della legisla zione vincolistica con la normativa di riforma sull'equo canone, in

stato di avanzata elaborazione, non vi è più menzione della

partecipazione del ministro per il turismo e lo spettacolo, figuran do soltanto il ministro di grazia e giustizia, proponente, con il

concerto del ministero per l'industria, il commercio e l'artigianato,

segno evidente, questo, che nei menzionati decreti la materia

trattata non interessava, direttamente, quel dicastero — quello del

turismo, cioè — in quanto le ulteriori proroghe si riferivano,

esclusivamente, ai contratti di locazione e sublocazione degli immobili urbani adibiti ad abitazione, ovvero all'esercizio di

attività professionali, commerciali o artigiane, materia rientrante,

invece, nella competenza degli altri due indicati ministeri.

Un tale orientamento legislativo, che denuncia l'avvenuta nor

malizzazione, alla fine dell'anno 1977, del settore alberghiero, non

appare contraddetta dalla norma (art. 27 1. 27 luglio 1978 n. 392) con la quale la durata delle locazioni e sublocazione nel medesimo

settore viene fissata nel termine, particolarmente ampio, di nove anni per i nuovi contratti, essendo di agevole intuizione la necessità di assicurare a chi impiega notevoli capitali, come quelli occorrenti per la costituzione e la successiva gestione di un'azien da 'alberghiera, la disponibilità dei relativi locali per un periodo di

tempo sufficiente all'ammortamento dei capitali stessi e al conse

guimento di un adeguato profitto. Il ricorso principale ed il primo mezzo di ricorso incidentale

debbono essere, per le suesposte considerazioni, respinti, con

assorbimento del secondo mezzo del ricorso incidentale. (Omissis)

II

Motivi della decisione. — (Omissis). Con il terzo motivo la

ricorrente lamenta che il Tribunale di Napoli abbia ritenuto

cessata la proroga legale delle locazioni alberghiere alla data del

31 dicembre 1977 e denuncia la disapplicazione del d.l. 23

dicembre 1976 n. 849 (convertito in 1. 21 febbraio 1977 n. 28), dal d.l. 28 ottobre 1977 n. 778 (convertito in 1. 23 dicembre 1977

n. 928), del d.l. 30 marzo 1978 n. 77 e del d.l. 24 giugno 1978 n.

298 (convertito in 1. 28 luglio 1978 n. 395), nonché dell'art. 67 1.

392 del 1978. Assume in particolare: 1) che con l'art. 1 d.l. 23

dicembre 1976 n. 849 i contratti relativi ad immobili adibiti ad

uso di alberghi, pensione o locanda furono prorogati fino alla data

fissata dal successivo art. 2 per la scadenza del vincolo di

destinazione alberghiera (31 dicembre 1977) e che tale ultimo

termine fu poi ulterioremente prorogato al 31 dicembre 1978 per effetto della 1. 23 dicembre 1977 n. 928; 2) che gli immobili ad

uso alberghi sarebbero compresi nella categoria degli immobili

urbani destinati ad « uso diverso » e quindi, per effetto della

normativa succedutasi e in particolare dei d.l. 30 marzo 1978 n.

77 e 24 giugno 1978 n. 298, sarebbero risultati prorogati fino al

31 luglio 1978. Ciò tanto piò, aggiunge la Cappiello, che l'immobi

le in questione era stato fittato non solo per pensione, ma anche

per ristorante, dancing, pizzeria e bar.

Il controricorrente Villani oppone anzitutto, ed esattamente, l'inammissibilità dell'ultima argomentazione della Cappiello, in

ordine alla più ampia destinazione dell'immobile locato, attesa la

novità di tale specifico profilo di indagine non prospettato nel

giudizio di appello ed involgente accertamenti di fatto non

consentiti in questa sede di legittimità. Nel merito, a sostegno della tesi della cessazione della proroga

legale delle locazioni alberghiere alla data del 31 dicembre 1977, il Villani pone in rilievo che i contratti relativi agli immobili

locati ad uso alberghiero, pensione o locanda non sono stati

espressamente contemplati dai provvedimenti legislativi successivi

alla 1. 21 febbraio 1977 n. 28, e cioè da d.l. 17 giugno 1977 n.

326, 28 ottobre 1977 n. 778 e 24 giugno 1978 n. 298 (tutti convertiti in legge). Da tale omessa previsione normativa fa

scaturire l'effetto tacitamente abrogativo del regime di proroga delle locazioni alberghiere, assumendo, sulla base di un lungo excursus normativo e di alcune decisioni di questa corte, che nelle

diverse leggi vincolistiche succedutesi dal 1946 in poi, le locazioni

alberghiere hanno sempre avuto previsioni specifiche rispetto a

quelle delle altre locazioni urbane.

Delle due tesi a confronto merita accoglimento quella della

-ricorrente Cappiello. La mancata esplicita menzione delle locazioni alberghiere nelle

disposizioni vincolistiche successive alla 1. 21 febbraio 1977 n. 78

è un dato certo, ma il suo valore non è determinante nel senso

indicato dal Villani.

Questa corte, con sentenza n. 179 dell'I 1 gennaio 1983 {Foro

it., 1983, I, 3017), ha già rilevato che il 1° comma dell'art. 1 d.l.

28 ottobre 1977 n. 778, prorogando i contratti di locazione di

« immobili urbani » in corso senza distinguere fra le varie destina

zioni, intese comprendere nell'ampia categoria anche gli immobili

destinati ad albergo; che la mancata esplicita indicazione di questi ultimi era giustificata dal fatto che veniva fissata una scadenza

unica per tutti i contratti e non v'era pertanto necessità di

distinguere tra i vari tipi di immobili e relative destinazioni; che

non era pensabile un'abrogazione tacita e non espressa, della

proroga delle locazioni alberghiere, data la notevole rilevanza

dell'innovazione.

Tale interpretazione deve essere confermata anche alla stregua di altre considerazioni che ne suffragano la fondatezza.

Intanto l'affermazione della distinta disciplina delle locazioni

alberghiere nell'ambito della legislazione vincolistica trova convin

cente giustificazione se rapportata alla normativa specifica emanata

nel periodo dicembre 1946-dicembre 1965. Trattasi invero di varie

leggi (d.l.c.p.s. 6 dicembre 1946 n. 424; 1. 20 dicembre 1950 n.

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1303 PARTE PRIMA 1304

1020; d.l. 9 aprile 1951 n. 207; <1. 29 maggio 1951 n. 358; d.l. 17

dicembre 1955 n. 1227; d.l. 24 aprile 1956 n. 292; 1. 27 dicembre

1956 n. 1414; 1. 2 marzo 1963 n. 191; di. 23 dicembre 1964 n.

1357; 1. 17 dicembre 1965 n. 1394), che prendono in considera

zione in modo diretto ed esclusivo le locazioni alberghiere. Un diverso indirizzo viene segnato però dalla 1. 27 giugno 1966

n. 453, ribadito poi dalle disposizioni successive sulla proroga fino

alla 1. 21 febbraio 1977 n. 28, nel senso che sotto il titolo

generale di « locazioni urbane » sono regolate anche le locazioni

alberghiere, con l'ulteriore caratteristica della specifica indicazione

di queste ultime, e quindi della varie destinazioni degli immobili

locati, nell'ipotesi di diverse scadenze della proroga.

Cosi il d.l. 27 giugno 1967 n. 460 proroga al 31 dicembre 1967 i

contratti di locazione relativi ad immobili ad uso di abitazione

(per gli alloggi composti di tre o più vani abitabili con indice di

affollamento inferiore ad uno) e fino al 30 giugno 1969 per gli altri immobili; mentre l'art. 4 dello stesso decreto proroga espressa mente le locazioni alberghiere fino al 31 dicembre 1968. La prece dente 1. 23 dicembre 1966 n. 1173 si era invece limitata a prorogare al 30 giugno 1967 il termine del 31 dicembre 1966, già fissato per la

scadenza e delle locazioni urbane in genere e di quelle alberghie re, senza alcun riferimento ai vari tipi di immobili.

'Emerge in tal modo la tendenza a ricondurre il regime alber

ghiero, per quanto specificamente attiene alla proroga, nella più

generale normativa vincolistica.

Un'apparente eccezione è costituita dal d.l. 22 dicembre 1968 n.

1240 che proroga soltanto le locazioni di immobili ad uso di

albergo, pensione o locanda o destinati ad attività professionali, commerciali o artigianali. Ma la particolare regolamentazione si

spiega con la considerazione dell'imminente scadenza (al 31

dicembre 1968) della proroga di dette locazioni, diversamente

■fissata, rispetto agli immobili ad uso abitativo, dalla precedente 1.

28 luglio 1967 n. 628.

Peraltro, con la legge di conversione del 12 febbraio 1969 n. 4

la nuova proroga fu estesa fino al 31 dicembre 1969 e la stessa

data fu fissata {con l'art. 1 bis, appositamente aggiunto) anche per le locazioni di immobili destinati ad abitazione.

All'indirizzo suindicato offrono più diretta conferma il d.l. 24

luglio 1973 n. 426 e la 1. 22 dicembre 1973 n. 841.

H primo detta provvedimenti urgenti sulla proroga dei contratti

di locazione e di sublocazione degli immobili urbani senza

distinzione alcuna; e la seconda, nel considerare espressamente sia

le locazioni urbane in genere che quelle alberghiere, afferma (art.

2) che queste ultime «già prorogate a norma dell'art, unico 1. 11

dicembre 1971 n. 1115 nonché con il d.l. 24 luglio 1973 n. 426»

sono ulteriormente prorogate al 30 giugno 1974 (la stessa data

fissata per gli immobili abitativi). V'è quindi il riconoscimento testuale della concessione della

proroga alberghiera attraverso un provvedimento legislativo (d.l. 426 del 1973) di proroga delle locazioni urbane in genere non

contenente alcun accenno alla concreta destinazione degli immobi

li.

Dai rilievi svolti è lecito desumere, sul piano logico e sistemati

co, che la mancanza di un esplicito riferimento alle locazioni

alberghiere nei provvedimenti legislativi successivi 'alla 1. 21

febbraio 1977 n. 28 non esprima l'univoca volontà del legislatore di porre termine alla relativa proroga, ma indichi piuttosto l'assimilazione di detta proroga e quella delle locazioni degli altri

immobili urbani.

La cessazione del regime di proroga alla data del 31 dicembre

1977 appare inoltre incomprensibile nella imminenza della nuova

disiplina organica di tutta la materia delle locazioni dettata con

la legge sull'equo canone (1. 27 luglio 1978 n. 392), tanto più che

quest'ultima contiene un regolamento di particolare stabilità pro

prio per le locazioni alberghiere (vedi art. 27) ed una garanzia di

durata minima anche per i rapporti in corso (vedi disciplina

transitoria).

Infine, proprio l'art. 67 1. 392/78, nello stabilire la disciplina transitoria delle locazioni di immobili ad uso diverso da quello di

abitazione, non avrebbe avuto motivo di richiamare, ai fini

dell'ulteriore proroga automaticamente concessa, tutti i contratti di

cui all'art. 27 (compresi pertanto quelli relativi ad immobili con

destinazione alberghiera) in corso all'entrata in vigore della stessa

legge e soggetti a proroga secondo la legislazione vigente, se per una parte rilevante, costituita appunto dai rapporti di locazione

alberghiera, detta proroga fosse stata già abrogata da mesi.

Concludendo, tutti gli elementi esaminati inducono a ritenere

che la proroga delle locazioni alberghiere sia stata mantenuta

anche dai provvedimenti successivi al d.l. 23 dicembre 1976 n.

849 (convertito in 1. 21 febbraio 1977 n. 28), nel senso che detti

provvedimenti, assoggettando a varie proroghe tutti indistintamente

i contratti di locazione di immobili urbani, intesero comprendere

in tale ampia categoria anche i contratti relativi ad immobili con

destinazione alberghiera, senza necessità di nominarli espressamen te stante l'unicità della scadenza di volta in volta fissata.

Il terzo motivo del ricorso dev'essere pertanto accolto con

conseguente assorbimento del quarto e quinto mezzo relativi,

rispettivamente, alla denunciata violazione degli art. 71 e dell'art.

56 1. n. 392/78.

Spetta quindi al giudice di rinvio, che si ritiene di designare in

altra sezione del Tribunale di Napoli, il riesame della causa

tenendo presente che la proroga legale delle locazioni alberghiere non è cessata alla data del 31 dicembre 1977. (Omissis)

I

CORTE DI CASSAZIONE; Sezioni unite civili; sentenza 10

gennaio 1984, n. 168; Pres. Gambogi, Est. Cantillo, P. M.

Fabi (conci, conf.); Pacia (Avv. R. Ricci), C.p.d.e.l. (Avv.

dello Stato De Francisci) e altri c. Regione Friuli-Venezia

Giulia; Regione Friuli-Venezia Giulia (Avv. R. Ricci) c.

C.p.d.e.l. e altri. Conferma Corte conti 29 aprile 1981.

Pensione — Controversie — Giurisdizione della Corte dei conti — Fattispecie (R.d. 12 luglio 1934 n. 1214, t.u. delle leggi sulla

Corte dei conti, art. 62).

Spetta alla Corte dei conti valutare la rilevanza ai fini pensionisti ci di indennità corrisposte all'impiegato in costanza di rappor to. (1)

II

CORTE DI CASSAZIONE; Sezioni unite civili; sentenza 7 di

cembre 1983, n. 7293; Pres. Gambogi, Est. Cantillo, P. M.

Miccio (conci, conf.); Pilon ed altri (Avv. Lorenzoni, Ben

venuti) c. C.p.d.e.l. (Avv. dello Stato De Francisci). Cassa

Corte conti 23 novembre 1979.

Pensione — Controversie — Giurisdizione della Corte dei conti — Atti relativi al rapporto di impiego — Cognizione incidenta

le — Esclusione — Fattispecie (R.d. 12 luglio 1934 n. 1214,

art. 62).

Sfugge alla cognizione anche incidentale della Corte dei conti,

giudice delle pensioni, la valutazione della legittimità degli atti

relativi al rapporto di impiego (nella specie, con riferimento agli atti di trattenimento in servizio anche oltre il limite massimo di

età ed ai provvedimenti di collocamento a riposo con il rico

noscimento dei benefici combattentistici). (2)

I

Motivi della decisione. — 1. - I due ricorsi, proposti contro la

stessa decisione, debbono essere riuniti (art. 335 c.p.c.). 2. - Non è fondata l'eccezione di inammissibilità del ricorso

incidentale adesivo, formulata dalla C.p.d.e.l. per il motivo che la

regione Friuli-Venezia Giulia non aveva partecipato al giudizio innanzi alla Corte dei conti, né aveva interesse a parteciparvi

perché estranea alla controversia, limitata al rapporto pensionistico fra essa cassa e l'avv. Pacia. Questi, in realtà, impugnò il

provvedimento di liquidazione della pensione con ricorso notificato

pure alla regione il 13 dicembre 1978 (come risulta dalla copia

dell'atto, depositato ex art. 378 c.p.c.), affinché la pronunzia

giudiziale facesse stato nei confronti della medesima; la quale,

perciò, pur non essendosi costituita, assunse nella causa la qualità

(1-2) Entrambe le sentenze, richiamando espressamente Cass. 15

novembre 1982, n. 6084, Foro it., 1983, I, 359, con nota di richiami, confermano l'ambito ed i limiti della cognizione incidentale della Corte dei conti sui provvedimenti relativi al servizio ed al trattamento economico dell'impiegato, pur con conclusioni opposte per la particola rità della fattispecie. Di particolare rilievo è la considerazione circa

l'impossibilità di sindacare, tanto a livello di procedimento amministra tivo di liquidazione della pensione quanto a livello di sindacato

giurisdizionale della Corte dei conti, la legittimità dei provvedimenti relativi allo svolgimento del servizio ed alla determinazione del trattamento economico, di cui ai fini pensionistici si deve prendere atto, salva la valutabilità ai fini della determinazione della base

pensionabile: l'affermazione era già stata fatta, con riferimento a

provvedimenti di carattere regolamentare, da Cass. 7 luglio 1983, n.

4580, Foro it., 1984, I, 788, con nota di richiami. In generale, sulla disapplicazione, A. Romano, La disapplicazione del

provvedimento amministrativo da parte del giudice civile, in Dir. proc. amm., 1983, 22.

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