Sezione III civile; sentenza 17 luglio 1963, n. 1955; Pres. Mastrapasqua P., Est. Russo, P. M.Gentile (concl. conf.); Barberi (Avv. Chiozza) c. Sambucci (Avv. Desideri)Source: Il Foro Italiano, Vol. 87, No. 6 (1964), pp. 1231/1232-1235/1236Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23156193 .
Accessed: 25/06/2014 09:51
Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp
.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].
.
Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.
http://www.jstor.org
This content downloaded from 91.229.229.44 on Wed, 25 Jun 2014 09:51:07 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
1231 PARTE PRIMA 1232
segnato dal concreto inizio della prova testimoniale (Cass. sentenze n. 871 del 1961, Foro it., Eep. 1961, voce c'.t., nn. 44-46 ; n. 1377 del 1958,' id., Rep. 1958, voce cit., n. 71 ; n. 2459 del 1956, id,., Rep. 1956, voce cit., n. 77) e
verrebbe ad eseguire solo la controprova, come nel caso è avvenuto.
Quanto sin qui detto non riguarda evidentemente il
potere del giudice di appello di ammettere nuovi mezzi di
prova a norma del 2° comma dell'art. 345 cod. proc. civile.
Pertanto, poiché il primo motivo è fondato ed ha ca rattere assorbente, contro l'assunto della resistente che vorrebbe dimostrare come la corte di appello abbia sostan zialmente giudicato sulla base delle deposizioni dei testi dedotti in primo grado dal Perna (dimostrazione che involge un apprezzamento di fatto non rientrante nei poteri della Corte suprema), deve la Cassazione, in accoglimento del
primo mezzo, cassare l'impugnata sentenza e rinviare ad altra corte, affinchè, tenuti presenti i principi sopra esposti, giudichi sulla domanda del Perna in relazione alle prove espletate in primo grado.
Per questi motivi, cassa, ecc.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
Sezione III civile ; sentenza 17 luglio 1963, n. 1955 ; Pres.
Mastkapasqua P., Est. Russo, P. M. Gentile (conci, conf.) ; Barberi (Avv. Chiozza) c. Sambucci (Avv. Desideri).
(Cassa Fret. Roma 17 dicembre 1960)
Esecuzione forzata in genere — Opposizione agli atti esecutivi -— Sentenza — Impugnabilità per cas sazione (Costituzione, ait. Ill ; cod. proc. civ., art. 617, 618).
Sentenza in materia civile — Correzione degli errori materiali — Applicabilità alle ordinanze del giu dice della esecuzione — Limiti — Fattispecie (Cod. proc. civ., art. 176, 186, 287, 487).
La sentenza che decide su opposizione agli atti esecutivi è
impugnabile per cassazione a norma delVart. Ili della Costituzione. (1)
È applicabile la procedura di correzione degli errori materiali ex art. 287 cod. proc. civ. alle ordinanze del giudice della esecuzione ancorché impugnabili, purché di fatto non
impugnate. (2)
(1) Giurisprudenza costante. V., da ultimo, Cass. 30 maggio 1903, n. 1459, Foro it., Rep. 1963, voce Esecuzione in genere, n. 92 ; 12 giugno 1902, n. 1457, id., Rep. 1962, voce cit., n. 89 ; 12 luglio 1961, n. 1670, id., Rep. 1961, voce Cassazione civ., n. 66 ; 30 ottobre 1961, n. 2499, ibid., n. 87 ; 14 ottobre 1961, n. 2145, ibid., n. 90 ; 27 aprile 1959, n. 1239, id., Rep. 1959, voce Esecuzione in genere, n. 103 ; 7 aprile 1959, n. 1020, ibid., n. 102; 20 aprile 1959, n. 1189, id., 1959, I, 946.
Ovviamente il principio enunciato si riferisce a quei prov vedimenti emanati su opposizioni agli atti esecutivi che abbiano contenuto decisorio e non meramente ordinatorio, chè in tale ultima ipotesi deve negarsi la proponibilità del ricorso. Si veda in argomento Cass. 21 luglio 1962, n. 1998, id., 1963, I, 337, che ha ritenuto inammissibile il ricorso per cassazione del prov vedimento, dato in forma di sentenza, con cui il pretore respinge l'istanza di sospensione dell'assegnazione al creditore della somma pignorata presso terzi, proposta dal debitore, per essere ancora pendenti il giudizio d'appello contro la sentenza che aveva accertato l'obbligo del terzo e quello di opposizione al precetto.
(2) Non constano precedenti in termini. Conformi sul principio generale dell'applicabilità della pro
cedura di correzione ai provvedimenti che, pur essendo ancora impugnabili, non siano però stati sottoposti ad appello : App. Ancona 14 febbraio 1962, Foro it., Rep. 1963, voce Sentenza civ., n. 46 ; Cass. 10 novembre 1960, id., Rep. 1960, voce cit., n. 135; App. Napoli 20 luglio 1951, id., 1951, I, 1535. Contra. Trib. Belluno 1° dicembre 1952, id.. Rep. 1953, voce cit., n. 210.
In dottrina, si veda in senso conforme alla decisione anno
È applicabile la procedura di correzione degli errori mate.
riali ex art. 287 cod. proc. civ. alle ordinanze del giudice della esecuzione che siano già state eseguite. (3)
Non è applicabile la procedura di correzione degli errori
materiali ex art. 287 cod. proc. civ. alla ordinanza del
giudice della esecuzione che, sull'erroneo presupposto della
avvenuta integrazione del deposito effettuato dal debitore
ai fini della conversione del pignoramento, abbia assegnato il deposito stesso al creditore pignorante. (4)
La Corte, ecc. — Il ricorso è ammissibile coatrariamente
a quanto sostiene il resistente, il quale fonda la sua ecce
zione sulla non impugnabilità delle sentenze pronunciate a norma degli art. 617 e 618 del codice di rito e sulla pretesa
inapplicabilità ratione materiae dell'art. Ili Costituzione.
Infatti l'eccezione, per altro non chiarita per ciò che
concerne l'inapplicabilità di quest'ultima norma, è desti
tuita di giuridico fondamento.
Vero è che la sentenza impugnata è stata emessa su
opposizione ad atto esecutivo. Tale è innegabilmente l'ordi
nanza del 16 settembre 1960, con la quale il pretore, quale
giudice dell'esecuzione, rilevato che il provvedimento del
30 aprile di quell'anno era stato emanato nell'erroneo pre
supposto che l'integrazione del deposito, già disposta con
l'ordinanza del 12 marzo 1960, fosse stata effettuata, rinviò
le parti ad altra udienza affinchè si provvedesse, a norma
dell'art. 530 cod. proc. civ., a disporre la vendita dei beni
pignorati. Invero i provvedimenti del giudice della esecuzione,
concorrendo a costituire il procedimento esecutivo in quanto determinano i presupposti di ulteriori atti del processo,
regolandone lo svolgimento secondo legge, sono anch'essi
atti esecutivi e come tali soggetti all'opposizione prevista
negli art. 617 e segg. del codice di rito, salvo che siano
stati dichiarati espressamente inoppugnabili dalla legge. Ed è esatto, altresì, che, per il combinato disposto degli
art. 618, 2° e 3° comma, cod. proc. civ. e 187 disp. att.
tata, con riferimento alle sentenze ed all'appello, Andrioli, Commento, 1956, II8, pag. 284, sub art. 287 ; Tombari, Contri buto alla dottrina della correzione delle sentenze, in Riv. trim. dir.
proc. civ., 1962, 568 ; di avviso contrario è Satta, Commentario, I, pag. 362, sub art. 287, il quale esclude l'applicabilità del pro cedimento di correzione alle sentenze per cui penda ancora il termine per l'appello.
(3) Non constano precedenti in termini.
(4) Non constano precedenti. In genere, sulla nozione di errore materiale come svista del giudice che non incide sul con tenuto concettuale e sostanziale della decisione, si vedano da ultimo : Cass. 8 agosto 1962, n. 2459, Foro it., Rep. 1962, voce Sentenza civ., n. 30 ; 7 febbraio 1962, n. 247, ibid., n. 33 ; 26
gennaio 1960, n. 84, id., Rep. 1960, voce cit., n. 147 ; 28 gennaio 1958, n. 215, id., Rep. 1958, voce cit., n. 136 ; 16 luglio 1956, n. 2700, id., Rep. 1956, voce cit., n. 165.
In dottrina, sull'ampiezza della nozione di errore mate riale che trova, per taluni autori, il suo limite nell'errore che dà luogo a nullità, per altri invece è ampliabile al di là di tale limite, si veda a favore della prima tesi Andrioli, op. cit., pag. 286 ; Satta, op. cit., pag. 364 ; a favore della se conda Carnelutti, Istituzioni, n. 371 ; Tombari, op. cit., pag. 578 segg., che pone in rilievo come la stessa giurisprudenza aderisca in concreto a tale tesi, ammettendo essa comunemente la correggibilità della sentenza in ipotesi di sottoscrizione effet tuata per errore da parte di giudice diverso da quello compo nente il collegio giudicante così come in ipotesi di mancata intestazione della sentenza a talune delle parti, qualora queste risultino indicate con sufficiente chiarezza nel contesto della decisione. L'A. perviene ad una propria definizione del concetto di errore materiale, affermando che « la correzione è lo strumento mediante il quale si tende a riportare il contenuto degli elementi necessariamente condizionati ad uno stato di coerenza rispetto al contenuto degli elementi condizionanti ; si distingue, quindi, essenzialmente, dai mezzi d'impugnazione, in quanto questi devono essere intesi come correttivi di una errata valutazione del giudice, mentre la correzione presuppone proprio, nell'ele mento correggibile, l'assenza della volontà del giudice nel suo tipico atteggiamento di attività di giudizio».
L'A. può inoltre utilmente consultarsi per una esauriente informazione sui precedenti legislativi e dottrinari dell'art. 287 cod, proc, civile.
This content downloaded from 91.229.229.44 on Wed, 25 Jun 2014 09:51:07 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
1233 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 1234
trans, dello stesso codice, le sentenze emesse su opposi zione ad atti esecutivi non fossero soggette ad altra impu
gnazione che non fosse il regolamento di competenza. Ma ciò tenuto per fermo, deve ritenersi, secondo la
giurisprudenza consolidata di questa Corte suprema, che le
su richiamate disposizioni dell'art. 618 siano state abro
gate in virtù dell'art. Ill Cost., per cui tutte le sentenze
degli organi giurisdizionali ordinari e speciali non soggette ad altra impugnazione — quali sono appunto le sentenze in
materia di opposizione ad atti esecutivi, soggette, come si
è avvertito, al solo regolamento di competenza, espressa mente consentito dall'anzidetta norma delle disposizioni transitorie e di attuazione e non attenente alla decisione
sul merito — sono denunciabili in Cassazione per violazione
di legge. Infatti tale norma costituzionale, che essendo precet
tiva è stata ritenuta immediatamente applicabile, è manife
stamente incompatibile con le su richiamate disposizioni dell'art. 618 del codice di rito ; sicché deve ritenersi che, non potendo sussistere il contrasto con quel precetto costi
tuzionale, siano state da questo implicitamente abrogate. Nè sussistono ancora valide ragioni per discostarsi da
siffatto indirizzo, pur criticato da parte della dottrina che
si richiama alla natura quasi ordinatoria del provvedimento. Perchè in verità non pare possa contestarsi il carattere
decisorio della sentenza di cui trattasi, che conclude un
incidente del processo di esecuzione, quale è innegabil mente la opposizione agli atti esecutivi, attraverso un pro cedimento che è di cognizione vera e propria, anche se
inserito nella procedura esecutiva. Mentre non sembra possa essere considerato risolutivo il rilievo di altri, per cui, appli candosi il precetto costituzionale di cui trattasi alla materia
delle opposizioni agli atti esecutivi, le sentenze previste nell'art. 618 vengono assimilate alle sentenze pronunciate in unico grado.
Infatti il rilievo non concerne soltanto le sentenze di
cui trattasi, attenendo invece ad una conseguenza inevi
tabile e di carattere generale dell'applicazione inderogabile di quella norma della Costituzione, per cui il ricorso per
cassazione, limitatamente alla ipotesi di pretese violazioni
di legge, è ammissibile indistintamente contro tutte le
sentenze che non siano soggette ad altra impugnazione ed
in particolare all'appello (Cass. 6 ottobre 1962, n. 2851,
Foro it., Rep. 1962, voce Fallimento, nn. 605-607). Pertanto il proposto ricorso, in quanto fondato sulle
pretese violazioni di legge che vanno a chiarirsi, è ammis
sibile, anche se la sentenza impugnata è stata emessa su
opposizione ad atto esecutivo.
Con i tre motivi del proposto gravame la ricorrente
denuncia violazione degli art. 287, 288 e 487 del codice
di rito. Rileva sostanzialmente che :
а) la su precisata ordinanza del 30 aprile 1960, rico
nosciuta dal pretore medesimo non revocabile ai sensi del
l'art. 487 in quanto definitiva del processo esecutivo ed
eseguita, in effetti è stata poi revocata per riaprire il pro cesso ai fini di disporre la vendita degli stessi beni che con
la precedente ordinanza erano stati liberati dal pigno ramento ;
б) il procedimento di correzione è stato ritenuto ille
gittimamente applicabile, perchè, lo stesso essendo consen
tito dalla legge limitatamente alle ipotesi di omissioni o
errori materiali o di calcolo, nella fattispecie non ricorreva
alcuna di queste previsioni, il giudice avendo, con l'ordi
nanza che si pretende inficiata da errore, accolto l'istanza
del creditore procedente, e non potendosi sanare con la
procedura di correzione la contraddittorietà che nella sen
tenza impugnata si afferma sussistere tra la motivazione
ed il dispositivo del provvedimento di cui trattasi ;
e) il procedimento previsto negli art. 187 e 288 non
era ammissibile anche perchè l'ordinanza de qua, pur es
sendo non revocabile, era soggetta, come si riconosce nella
sentenza impugnata, alla opposizione agli atti esecutivi
ammessa nell'art. 617 e segg. del codice di rito, non esperita
dal Sambucci ;
d) le ordinanze del processo esecutivo, divenendo non
revocabili soltanto quando abbiano esecuzione, non sono suscettibili di correzione per l'inutilità della stessa se rife rita ad un provvedimento già eseguito.
Questo Supremo collegio osserva che il ricorso va accolto
per quanto di ragione. Nel senso che, dovendosi ammettere la fondatezza della doglianza di cui alla lett. b) e considerare
assorbita la censura di cui alla lett. a), che denuncia in sostanza un'arbitraria revoca dell'ordinanza del 30 aprile 1960 attraverso la illegittima applicazione della procedura di correzione, debbono ritenersi infondati i rilievi di cui alle lett. e) e d).
In ordine ai quali rilevasi anzitutto che l'art. 287 am mette la correzione, limitatamente alle ipotesi che saranno
chiarite, delle sentenze « contro le quali non sia stato pro posto appello » ed in genere delle ordinanze non revocabili, senza fare per queste ultime, che pure possono essere, come alcune ordinanze del giudice istruttore (art. 177, nn. 3 e 4) ed i provvedimenti del giudice della esecuzione, non revocabili dal giudice che le ha emesse, ma impugnabili dalle parti, esplicito richiamo al fatto che non siano state
impugnate. Pertanto deve ritenersi che i provvedimenti richiamati nell'art. 287 siano stati considerati con riferi mento al solo fatto che essi in realtà non siano stati impu gnati, con i mezzi di gravame ad essi propri, o perchè la
impugnazione fosse non consentita dalla legge o altrimenti
esclusa, ovvero perchè, essendo ammissibile, sia preclusa
per essere decorso il termine, ovvero ancora proponibile. Deve ritenersi altresì che l'avvenuta esecuzione dei
provvedimenti in questione (in virtù di una espressa dispo sizione di legge, dettata con riguardo alla natura ed alla
forma del provvedimento, ovvero per la clausola di provvi soria esecuzione di cui lo stesso sia stato munito dal giudice) non sia incompatibile con il procedimento di correzione.
Infatti, ammesso, come si deve, che la procedura di
correzione sia applicabile alle sentenze di fatto non appel late, siano esse appellabili o no, ed in genere ai provvedi menti ancora suscettibili di impugnazione, e che quest'ul timi, nonostante tali, possono essere stati eseguiti, quella
incompatibilità non sussiste ; mentre le difficoltà di ordine
pratico conseguenti alla eventuale riforma del provvedi mento (difficoltà, a cui sembra voglia alludere la ricorrente
quando sostiene l'inutilità della correzione di un provve dimento, inficiato da omissioni o da errori materiali o di
calcolo, che sia stato già eseguito) sono proprie della imme
diata o provvisoria esecuzione di un provvedimento ancora
impugnabile e, come tale, suscettibile di riforma.
Così essendo, deve ritenersi, contrariamente alla tesi
sostenuta dalla ricorrente, che la procedura di correzione, nonostante compresa fra le norme del processo di cogni zione vero e proprio, possa applicarsi al processo esecutivo ; e non soltanto con riferimento alle sentenze che concludono
gli episodi di cognizione dello stesso e che di fatto non siano
state appellate ; ma anche alle ordinanze del giudice della
esecuzione, che a norma dell'art. 487 sono assimilate a
quelle del giudice istruttore del processo di cognizione ed
assoggettate alla disciplina di cui agli art. 176 e segg. (in
quanto applicabile) e 186 del codice di rito, se tali ultimi
provvedimenti, a prescindere dalla loro impugnabilità, non
siano più, per essere stati eseguiti, revocabili dal giudice nell'esercizio del potere-dovere di rilevare ex officio l'even
tuale invalidità-inesistenza del provvedimento e di disporre la conseguente revoca nel limite temporale dell'avvenuta
esecuzione.
Concludendo con riferimento alla fattispecie, deve rite
nersi che l'ordinanza del 30 aprile 1960, che, è pacifico tra le parti ed esplicitamente riconosciuto nella sentenza
impugnata, non era revocabile dal giudice dell'esecuzione
appunto per essere stata eseguita, fosse per sua natura
suscettibile di correzione mediante lo speciale procedimento di cui agli art. 287 e 288 ; l'avvenuta esecuzione e la man
cata impugnazione del provvedimento mediante il rimedio
dell'opposizione costituendo rispettivamente il necessario
presupposto della irrevocabilità dell'ordinanza e dell'am
missibilità del procedimento di correzione.
Ma ciò tenuto per fermo, devesi ammettere che la
ordinanza del 30 aprile 1960 non potesse, a causa della
This content downloaded from 91.229.229.44 on Wed, 25 Jun 2014 09:51:07 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
1235 PARTE PRIMA 1236
natura degli errori ohe ne sono stati rilevati dal medesimo
giudice dell'esecuzione e nella sentenza impugnata, essere
corretta con la procedura di correzione prevista dagli art.
287 e 288 sopra richiamati.
Nella sentenza impugnata è stato ritenuto che l'anzi
detta ordinanza, con la quale il giudice dell'esecuzione,
premesso che il credito del Sambucci ammontava a lire
84.184 mentre le spese della procedura potevano liquidarsi in lire 18.355 (in totale lire 102.539), aveva poi, in acco
glimento delle istanze del creditore procedente, disposto la sostituzione della somma di lire 73.000 (depositata a
titolo di cauzione in adempimento della ordinanza di so
spensione della vendita) ai beni pignorati, dichiarato gli stessi beni liberati dal vincolo, ed attribuito al Sambucci, a totale soddisfo del credito e delle spese, l'anzidetta somma, fosse inficiata da macroscopico errore di calcolo, evidente
in quanto, si nota, il provvedimento richiamava l'ordinanza
del 12 marzo, con la quale era stato disposto, ai fini della
chiesta conversione del pignoramento, che la su ripetuta somma fosse integrata col versamento di lire 34.000, mentre
non risultava che a tale ordine si fosse ottemperato. Si è poi osservato che il pretore avrebbe dovuto riget
tare l'istanza di assegnazione della somma depositata, per chè, il creditore procedente non avendo espressamente ri
nunciato alla richiesta di integrazione del deposito da esso
precedentemente formulata, non si poteva disporre la con
versione del pignoramento ed assegnare la somma deposi tata al Sambucci.
Pertanto, ha concluso il pretore nella sentenza impu
gnata, l'ordinanza del 30 aprile era stata bene corretta
da quella opposta, nel senso di non ritenere operata la con
versione del pignoramento e di aderire alla richiesta di
rifissazione della vendita dei beni pignorati, ancora assog
gettati al vincolo.
Il che non pare. Va premesso che il procedimento di correzione stabilito
dagli art. 287 e 288 si applica alle ipotesi tassativamente pre viste dalla legge, che attengono tutte a vizi formali del prov vedimento, e cioè ad omissioni o errori meramente ma
teriali, rilevabili dal contenuto stesso della pronuncia. In altri termini, il procedimento di correzione è consen
tito qualora si tratti di errori materiali che siano la conse
guenza, non di una inesatta valutazione della situazione
processuale, ma di una semplice svista del giudice nella
compilazione del provvedimento, o del cancelliere nella
materiale stesura dello stesso, e cioè quando la omissione
o l'errore materiale o di calcolo costituisca non un vizio del ragionamento attinente al contenuto sostanziale della
decisione, ma un errore estrinseco del provvedimento rile
vabile dal semplice raffronto tra la motivazione ed il dispo sitivo, per la non corrispondenza formale o sostanziale tra l'una e l'altro, e comunque dal contenuto del provvedimento.
Pertanto non sono suscettibili di correzione gli errori determinati dalla mancata o erronea considerazione di un
presupposto, anche se necessario, della decisione adottata ; tale vizio concretandosi in un difetto del ragionamento che
sorregge la decisione stessa e potendo pertanto identificarsi con la violazione di norme di legge o in un vizio di attività.
Così essendo, non sembra che nella fattispecie possa ritenersi legittimamente applicata la procedura di cor rezione.
Nè sotto il profilo addotto nella ordinanza del 16 set tembre (erronea presupposizione dell'avvenuta integra zione del deposito), nè per le ragioni addotte nella sentenza
impugnata a sostegno dell'ordinanza opposta (difetto di una
esplicita dichiarazione di rinuncia alla integrazione del depo sito ai fini della conversione del pignoramento).
Intanto le provvidenze adottate con l'ordinanza del 30
aprile 1960 non presupponevano necessariamente l'avve nuta integrazione del deposito nei sensi della precedente ordinanza del 12 marzo, se si ammette, come nella sentenza
impugnata si è ammesso, la possibilità di una rinuncia alla
integrazione, se si considera che la stessa rinuncia poteva bene, contrariamente a quanto sembra avere ritenuto il
pretore, risultare da una tacita manifestazione di volontà
desumibile da circostanze concludenti, univoche ed incom
patibili con la volontà di insistere nella chiesta integrazione, come appunto dalla istanza del Sambucci di assegnazione della somma depositata, manifestamente non compatibile con la persistente pretesa di un ulteriore versamento da
parte della debitrice, ai fini dello stesso processo esecutivo
elio con l'assegnazione sollecitata veniva a concludersi, e
se si considera ancora che quella rinuncia poteva essere
determinata, se non dall'avvenuto versamento nelle mani
del creditore, da un accordo tra quest'ultimo e la debitrice, che il Sambucci non era tenuto a chiarire al giudice della
esecuzione.
Comunque, anche ammesso che all'integrazione della
somma depositata fossero subordinate le provvidenze adot
tate il 30 aprile e che l'avverarsi di siffatta condizione fosse
stato erroneamente presupposto dal giudice, tale errore
non era ovviamente, per sua natura e per quanto si è ac
cennato, suscettibile di correzione ex art. 287.
In quanto alle osservazioni contenute nella sentenza
impugnata, è evidente che le stesse intendano rilevare un
preteso vizio di ragionamento del giudice dell'esecuzione ; il quale, secondo la sentenza, avrebbe dovuto rigettare l'istanza del creditore per la ritenuta impossibilità giuridica di accoglierla in difetto di una esplicita dichiarazione di
rinuncia alla richiesta integrazione del deposito preceden temente formulata.
Ma, a prescindere dalle ragioni addotte, sembra del
tutto inconciliabile con la procedura di correzione di omis
sioni o errori materiali o di calcolo la parte dispositiva della ordinanza del 16 settembre, per cui, revocandosi pra ticamente l'ordinanza del 30 aprile, venne riaperto il pro cesso esecutivo (facendosi risuscitare il vincolo del pigno ramento sui mobili della debitrice e preparandosi la vendita
degli stessi mobili) che la sentenza impugnata riconosce
definitivo con una pronuncia irrevocabile ex officio da
parte del giudice della esecuzione ed ormai non più impu
gnabile dalle parti con il rimedio della opposizione. Infatti siffatta nuova pronuncia, che importa una so
stanziale e radicale riforma della precedente ordinanza,
consegue al riconoscimento non di un mero errore mate
riale, ma di una pretesa inesatta identificazione e valuta
zione della situazione processuale, per individuare la quale, nell'ordinanza opposta e nella sentenza impugnata che l'ha
confermata con nuove argomentazioni, sono state svolte
nuove indagini di fatto e di diritto.
Mentre, come si è chiarito, le omissioni e gli errori
considerati nell'art. 287 debbono essere conseguenza di mere sviste del giudice nella compilazione del provvedi mento, che non attengano al contenuto sostanziale della decisione e non esigano per la loro identificazione nuovi accertamenti di fatto e la risoluzione di conseguenti pro blemi giuridici.
Concludendo, l'ordinanza del 30 aprile 1960 era suscet tibile di essere corretta dei pretesi errori che si sono chia riti mediante non il procedimento di correzione, ma attra verso il rimedio della opposizione agli atti esecutivi.
Per questi motivi, ecc.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
Sezione iii civile ; sentenza 8 luglio 1963, n. 1838 ; Pres.
Mastrapasqua P., Est. De Santis, P. M. Tavolaro
(conci, conf.) ; Amato (Avv. Barberio) c. Battista
(Avv. Lucarelli).
(Conferma App. Napoli 2 febbraio 1962).
Divisione — Attribuzione «Ielle quote — Intervento del creditore di uno dei partecipanti — Poteri —
limiti (Cod. civ., art. 1113).
Il creditore intervenuto nel giudizio di divisione non pud opporsi alla assegnazione delle quote per attribuzione,
This content downloaded from 91.229.229.44 on Wed, 25 Jun 2014 09:51:07 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions