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sezione III civile; sentenza 17 ottobre 1992, n. 11401; Pres. Cecere, Est. Sommella, P.M. Iannelli...

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sezione III civile; sentenza 17 ottobre 1992, n. 11401; Pres. Cecere, Est. Sommella, P.M. Iannelli (concl. conf.); Soc. Riomaggiore (Avv. Pilli) c. Alessandra (Avv. Scripelliti). Conferma App. Firenze 18 gennaio 1988 Source: Il Foro Italiano, Vol. 116, No. 6 (GIUGNO 1993), pp. 1911/1912-1913/1914 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23188106 . Accessed: 24/06/2014 23:28 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.78.108.51 on Tue, 24 Jun 2014 23:28:42 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione III civile; sentenza 17 ottobre 1992, n. 11401; Pres. Cecere, Est. Sommella, P.M. Iannelli(concl. conf.); Soc. Riomaggiore (Avv. Pilli) c. Alessandra (Avv. Scripelliti). Conferma App.Firenze 18 gennaio 1988Source: Il Foro Italiano, Vol. 116, No. 6 (GIUGNO 1993), pp. 1911/1912-1913/1914Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23188106 .

Accessed: 24/06/2014 23:28

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PARTE PRIMA 1912

cassata con rinvio per nuovo esame alla Commissione tributaria

centrale, che dovrà fare applicazione del seguente principio di

diritto:

«Il reddito di partecipazione agli utili del socio di società di persone costituisce, ai fini dell'Irpef (o dell'Irpeg), reddito pro

prio del contribuente (al quale è imputato sulla base della pre sunzione di effettiva percezione) e non della società. Pertanto, detto socio, ove non abbia dichiarato, per la parte di sua spet

tanza, il reddito societario nella misura risultante dalla rettifica

operata dall'amministrazione finanziaria, è tenuto — oltre che

al pagamento del supplemento d'imposta — alla pena pecunia ria per infedele dichiarazione, ai sensi dell'art. 46 d.p.r. 29 set tembre 1973 n. 600».

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 17 otto

bre 1992, n. 11401; Pres. Cecerb, Est. Sommella, P.M. Ian

nelli (conci, conf.); Soc. Riomaggiore (Avv. Pilli) c. Ales

sandra (Avv. Scripelliti). Conferma App. Firenze 18 gen naio 1988.

Locazione — Legge 392/78 — Immobili adibiti ad abitazione — Manutenzione dell'immobile — Pattuizione a carico del

conduttore — Nullità (Cod. civ., art. 1339, 1576, 1590, 1609; 1. 27 luglio 1978 n. 392, disciplina delle locazioni di immobili urbani, art. 79).

In tema di locazioni abitative soggette al c.d. equo canone, an

che se già in corso alla data di entrata in vigore della l. 392/78, la clausola che obbliga il conduttore ad eliminare, al termine

del rapporto, le conseguenze del deterioramento subito dal

l'immobile locato per il suo normale uso (nella specie, im

biancatura, verniciatura, raschiatura dei pavimenti in legno e lucidatura di quelli in marmo) deve considerarsi nulla, ai

sensi dell'art. 79 l. 392/78, perché, addossando sul condutto re una spesa che la legge pone di regola a carico del locatore, attribuisce a quest'ultimo un vantaggio che si aggiunge al ca

none legale. (1)

(1) Analogamente, per la nullità della clausola contrattuale che pon ga a carico del conduttore le spese di manutenzione dell'immobile in deroga agli art. 1576 e 1609 c.c., qualora si tratti di locazione abitativa

soggetta all'equo canone, v. Pret. Milano 24 novembre 1987, Foro it., Rep. 1988, voce Locazione, n. 118.

In dottrina, cfr. F. Lazzaro, Stato locativo, manutenzione e ripara zione dell'immobile in regime di equo canone, Giuffré, Milano, 1980, 155 ss.; G. Saieva, Gli oneri condominiali nel contratto di locazione, Cedam, Padova, 1989, 58.

Diversamente, in tema di locazioni per uso diverso dall'abitazione, Cass. 15 marzo 1989, n. 1303, Foro it., 1989, 1. 1825 (riportata anche in Nuova giur. civ., 1989, I, 843, con nota di S. Giove e in Giusi,

civ., 1989, I, 2112, con nota di G. Grasselli), ha ritenuto che l'accollo al conduttore di opere manutentive eccedenti la piccola manutenzione non urta contro il divieto di cui all'art. 79 1. 392/78, sia perché con riferimento a tali rapporti non trova applicazione il disposto dell'art. 23 della stessa legge (in tema di riparazioni straordinarie), sia perché il relativo regime «non è caratterizzato dalla predeterminazione ex lege di limiti massimi di canone (passibili di superamento in caso di distribu zione pattizia del peso economico richiesto da opere manutentive)».

Con riferimento alle innovazioni normative recentemente introdotte dall'art. 11 d.l. 333/92, convertito, con modificazioni, nella 1. 359/92

(su cui v., il commento di D. Piombo, in Foro it., 1992, I, 3161), F. Lazzaro, Le locazioni per uso abitativo, Giuffré, Milano, 1993, 429, osserva che «lo sganciamento dall'equo canone operato dalla 1. n. 359 del 1992 con riguardo alle nuove costruzioni ed ai contratti in deroga porta a credere che siano valide... le pattuizioni, afferenti a tali tipolo gie, che specifichino le riparazioni a carico, rispettivamente, del locato re e del conduttore».

Per riferimenti circa le «piccole riparazioni», gravanti sull'inquilino ai sensi degli art. 1576 e 1609 c.c., v., da ultimo, Pret. Milano 20 aprile 1990, Foro it., 1992, I, 993, con nota di richiami; cui adde (entrambe nel senso che non vi rientra la riparazione degli infissi esterni dell'im

II Foro Italiano — 1993.

Svolgimento del processo. — Con atto di citazione notificato

il 26 maggio 1983 la s.n.c. Riomaggiore conveniva innanzi al

Tribunale di Firenze Alessandra Armando, chiedendone la con

danna al pagamento di lire 2.250.000 (oltre rivalutazione e inte

ressi), pari all'ammontare delle spese necessarie per la esecuzio

ne di specifiche opere di ripristino dell'appartamento in Firen

ze, via del Romito n. 55, locato all'Alessandra, il quale, alla

fine del rapporto, aveva riconsegnato l'immobile senza avere

effettuato tali lavori, e ciò in violazione di quanto disposto nel

l'art. 6 del contratto.

Il convenuto, costituitosi in giudizio, instava per il rigetto della domanda, contestando il diritto fatto valere dall'attrice.

Con sentenza in data 7-13 maggio 1986, il tribunale rigettava la domanda.

Tale decisione, impugnata dalla società soccombente, era con

fermata dalla Corte d'appello di Firenze, con sentenza del 3

novembre 1987 - 18 gennaio 1988.

Riteneva la corte territoriale: 1) che la pattuizione invocata

dall'appellante, ancorché valida ai sensi della disciplina disposi tiva del codice civile, era invece vietata e colpita da nullità ex

art. 79 1. n. 392 del 1978, perché poneva a carico del conduttore

l'onere economico di un ulteriore corrispettivo del godimento della cosa locata, in aggiunta a quello stabilito inderogabilmen te dalla legge e senza che trovasse giustificazione nel sinallagma contrattuale; 2) che, pertanto, la detta pattuizione risultava in

contrasto con quanto inderogabilmente previsto dagli art. 62

e 65 1. cit., rispettivamente, per i contratti soggetti a proroga e per quelli non prorogati; 3) che la nullità della clausola con

trattuale appariva ancor più evidente, considerando che la nor

mativa concernente gli oneri accessori per gli immobili locati

ad uso abitativo è derogabile soltanto a favore del conduttore, talché qualsiasi patto di maggior favore per il locatore è nullo

ex art. 79.

Per la cassazione di questa sentenza ha proposto ricorso la

s.n.c. Riomaggiore di Carlo Ermini e C. (già Riomaggiore s.n.c.

di Silvio Parigi e C.), formulando tre motivi; resiste l'Alessan

dra con controricorso. Il resistente ha depositato anche memoria.

Motivi della decisione. — Con i motivi di ricorso si deduce:

1) l'errata interpretazione e l'errata qualificazione della pattui zione contrattuale dedotta in causa, per avere la corte d'appello ritenuto che con essa si fosse posto a carico del conduttore un

ulteriore onere economico, laddove invece si era inteso soltanto assicurare la restituzione della cosa locata nel medesimo stato

in cui era stata ricevuta, donde la perfetta liceità della clausola;

2) l'errata applicazione dell'art. 79 1. 392/78 e la violazione del

l'art. 14 disp. sulla legge in generale, perché la prima di tali

norme non vieta qualsiasi vantaggio del locatore, ma soltanto

quelli di natura pecuniaria che, nella specie, non venivano af fatto realizzati mediante la clausola in questione, la quale, quindi era pienamente valida, attenendo a materia rimasta nella libera

contrattazione delle parti; 3) la falsa applicazione del citato art.

79 1. 392/78 e la violazione degli art. 1418, 2° comma, 1344

c.c., perché la detta clausola non costituiva un mezzo per elude

re l'applicazione di una norma imperativa, essendo stata inseri ta in un negozio sorto prima della 1. n. 392 del 1978, per cui

conserva validità anche successivamente alla detta legge. I suesposti motivi che, essendo tra loro connessi, possono

essere esaminati congiuntamente, sono infondati, L'art. 79 1. n. 392 del 1978 (secondo cui «è nulla ogni pattui

mobile locato) nn. 155, Cass. 18 giugno 1991, n. 6896, id., Rep. 1991, voce cit., nn. 155, 163 e Pret. Milano 20 ottobre 1990, ibid., n. 164.

A norma dell'art. 1590 c.c., il conduttore, al termine del rapporto, è tenuto a riconsegnare la cosa locata nello stato in cui l'aveva ricevuta, ma non risponde del deterioramento da essa subito per l'uso fattone nel corso della locazione in conformità alla destinazione contrattuale

(o, comunque, dovuto a vetustà) e con l'impiego di una diligenza me dia. Per la definizione del concetto di deterioramento conseguente al l'uso della cosa locata, è opinione consolidata che debba farsi ricorso ad un criterio di «normalità»; cfr., tra le più recenti, Cass. 18 giugno 1991 n. 6896, cit. (per esteso in Arch, locazioni, 1992, 324); 8 febbraio

1990, n. 880, Foro it., Rep. 1990, voce cit., n. 148; Pret. Pordenone 3 febbraio 1990, ibid., n. 149; Pret. Ragusa 8 marzo 1984, id., Rep. 1985, voce cit., n. 224. In dottrina v., per tutti, Tabet, La locazione conduzione, in Trattato diretto da Cicu e Messineo, Giuffré, Milano, 1972, 469 ss.; P. Cosentino-P. Vitucci, Le locazioni dopo le riforme del 1978-1985, Utet, Torino, 1986, 155 ss.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

zione diretta ad attribuire al locatore un canone maggiore ri

spetto a quello previsto dagli articoli precedenti ovvero ad attri

buirgli altro vantaggio in contrasto con le disposizioni della pre sente legge») trova applicazione per i contratti di locazione ad

uso abitativo in regime sia normale che transitorio.

Tanto premesso, va osservato che le spese prese in considera zione dalle parti (di imbiancatura, verniciatura, raschiatura dei

pavimenti in legno, arrotatura e lucidatura dei pavimenti in mar

mo: opere queste da eseguirsi al termine della locazione) debbo

no gravare sul locatore. Pertanto, non vi è dubbio che la loro

assunzione pattizia da parte del conduttore ricada senz'altro sotto

la sanzione di nullità del citato art. 79, con riguardo o alla

previsione di attribuzione al locatore di un canone maggiore di quello prederminato per legge nei suoi limiti massimi oppure alla previsione di attribuzione allo stesso di un ulteriore vantag

gio (di qualsiasi natura) in contrasto con le disposizioni di leg

ge, per le quali l'unico corrispettivo lecitamente pattuibile a ca

rico del conduttore ed in favore del locatore di immobile ad

uso abitativo è appunto l'anzidetto inderogabile canone legale

(cfr., a contrario, Cass. 1303/89, Foro it., 1989, I, 1825). Ne consegue che giustamente, nella specie, la corte territoria

le ha ritenuto colpita da nullità assoluta la clausola in questio

ne, venendo la stessa a rendere più gravosa la posizione del

conduttore rispetto a quella inderogabilmente prevista dalla leg ge, dato che esonerava il locatore dall'onere di spesa per la rein

tegrazione degli elementi indispensabili per l'efficienza e la de

stinazione del bene locato.

Ed a quanto precede va soggiunto che una norma di carattere

imperativo e come tale inderogabile, qual è quella di cui all'art.

79 1. cit., si inserisce automaticamente nei contratti in corso, ai sensi dell'art. 1339 c.c., in sostituzione di quelle difformi

apposte dai contraenti, le quali, quindi, non possono soprav vivere.

Il ricorso deve essere dunque integralmente respinto.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 12 otto

bre 1992, n. 11115, Pres. Favara, Est. Lupo, P.M. Lo Ca

scio (conci, conf.); Soc. Italiana assicurazione crediti (Avv.

Nicolò) c. Soc. Ben Club (Avv. Tornabuoni). Cassa App. Roma 18 maggio 1988.

Società — Rappresentanza — Poteri — Atti negoziali conclusi

da dipendente — Inefficacia (Cod. civ., art. 2384).

Non sono efficaci nei confronti della società gli atti negoziali

posti in essere da un dipendente non amministratore. (1)

(1) Il principio espresso dalla Cassazione è, ormai, scienza acquisita; nel senso, infatti, di riconoscere agli amministratori delle società per azioni il ruolo di rappresentanti delle stesse si esprime la dottrina (F.

Galgano, Il negozio giuridico, in Trattato già diretto da A. Cicu -

F. Messineo e continuato da L. Mengoni, Milano, 1988, III, t. 1, 383

ss.; G. Cottino, Diritto commerciale, Padova, 1987, I, 459; F. Corsi,

Lezioni di diritto dell'impresa, Milano, 1992, 159) e la giurisprudenza

(Cass. 4 maggio 1991, n. 4928, Foro it., Rep. 1991, voce Società, n.

536; 3 giugno 1991, n. 6240, ibid., n. 537; 15 giugno 1989, n. 2876, id., Rep. 1990, voce cit., n. 582; App. Milano 29 gennaio 1991, id.,

Rep. 1991, voce cit., n. 541; Trib. Cassino 29 marzo 1990, id., Rep.

1990, voce cit., n. 575). Infine, particolare rilievo, in relazione alla fat

tispecie concreta, assumono Cass. 11 febbraio 1989, n. 850, id., Rep.

1989, voce cit., n. 573 e App. Roma 9 marzo 1987, id., 1987, I, 2835,

che, con riferimento rispettivamente alle figure del direttore generale e del dipendente di una società per azioni, subordinano l'esercizio legit timo ed efficace del potere di rappresentanza al rilascio, da parte di

amministratori, di procure speciali.

Il Foro Italiano — 1993.

Svolgimento del processo. — Con atto di citazione notificato

il 15 luglio 1981 la s.n.c. Benn Club di Berti Enzo e C. con

sede in Forlì' esponeva che, il 14 novembre 1980, aveva stipula to con la Siac - società italiana assicurazione crediti s.p.a. poliz za assicurativa contro i rischi del credito commerciale derivante

da esportazione di merci; che l'efficacia del contratto aveva pe rò avuto inizio sin dal 1° ottobre 1980. Poiché la società assicu

ratrice si era rifiutata di corrispondere la indennità per la man

cata riscossione di un credito di lire 85.036.000, dalla parte at

trice vantato nei confronti della società francese Intercom, credito

per il quale un dirigente della Siac aveva comunicato telefonica

mente all'agente Carlo Moretti di Forlì il proprio «benestare», la società Benn Club conveniva davanti al Tribunale di Roma

la Siac per sentirla condannare al pagamento di detta somma, con rivalutazione monetaria ed interessi; in subordine la società

attrice chiedeva il pagamento della somma di lire venti milioni, in applicazione della «clausola di latitudine» di cui all'appendi ce n. 1 della polizza.

* * *

Rappresentanza di società per azioni: amministratori e apparenza del diritto.

1. - La sentenza offre lo spunto (ed in verità, solo quello) per un'ana lisi allargata del rapporto di rappresentanza organica che intercorre tra amministratori e società per azioni; senza perder di vista la tutela rico nosciuta ai terzi che entrano in rapporti con amministratori, a vario titolo, rappresentanti della società, si cercherà di concentrare l'attenzio ne su risvolti troppo spesso lasciati in ombra.

2. - La Suprema corte giunge alle conclusioni di cui alla massima

attraverso il seguente percorso logico: a) rappresentanti (organici) di una s.p.a. sono gli amministratori. Solo questi, quindi, possono porre in essere atti negoziali; b) coloro che, pur essendo dipendenti della so cietà, non rivestono il ruolo di amministratori possono, al massimo e se ciò rientra nelle loro funzioni, dare attuazione ad un contratto

già concluso da chi era legittimato; c) per questo, compito della corte di rinvio è di valutare se l'atto posto in essere dal dipendente abbia valore negoziale: in tale circostanza, non si può non concludere che

per l'inefficacia del contratto nei confronti della società. Questa con

clusione, sicuramente valida, merita di essere integrata da un'ulteriore

considerazione, che in motivazione compare solo tra le righe. Occorre, cioè, verificare che il dipendente non sia apparso, agli occhi incolpevoli del terzo contraente, legittimo rappresentante della società (1). Una tale

indagine non compete alla corte di legittimità (2); tuttavia, è fuor di dubbio che la tutela del terzo, entrato in rapporti con una s.p.a., passi anche attraverso le maglie della rappresentanza apparente. I margini di tutela del terzo, infatti, non possono diminuire per il solo fatto che il falsus procurator, invece di spendere il nome di una persona fisica, si professi rappresentante di una s.p.a. (3).

Alle stesse conclusioni, invece, non giunge una certa giurisprudenza

per cui «l'assoluta carenza di potere rappresentativo da parte di chi

agisce in nome e per conto di una società di capitali preclude al terzo contraente l'adozione di qualsiasi strumento di tutela nei confronti del

la società medesima, non essendo invocabile il principio dell'apparenza del diritto nei casi in cui la legge prescrive specifici mezzi di pubblicità

(1) La rappresentanza apparente che oramai rientra a pieno diritto nel nostro lessico giuridico (v., solo per citare due fra le più autorevoli fonti, R. Sacco, Il contratto, in Trattato diretto da Rescigno, 1982, Torino, X, 202 e C.M. Bianca, Il contratto, Milano, 1987, III, 121) può essere rivendicata dal terzo solo allorché questi sia in buona fede e sia stato indotto in errore da un comportamento del preteso mandan te (cosi, Cass. 11 ottobre 1991, n. 10709, Foro it., Rep. 1991, voce

Rappresentanza nei contratti, n. 6; 8 marzo 1990, n. 1841, id., Rep. 1990, voce cit., n. 3; 19 gennaio 1987, n. 423, id., Rep. 1987, voce cit., n. 10; 24 febbraio 1986, n. 1125, id., Rep. 1986, voce cit., n. 3).

(2) Cass. 3 febbraio 1984, n. 821, Foro it., Rep. 1984, voce Rappre sentanza nei contratti, n. 12, per cui «L'accertamento degli elementi richiesti perché possa attribuirsi rilevanza giuridica alla situazione appa rente rientra nei compiti istituzionali del giudice di merito il cui apprez zamento è sottoposto al sindacato di legittimità, qualora sia sorretto da motivazione immune da vizi logici e giuridici».

(3) In tal senso Cass. 18 ottobre 1991, n. 11039, Foro it., Rep. 1991, voce Impresa, n. 29, e, soprattutto, 28 novembre 1992, n. 12741, id.,

Mass., 1143, per cui «anche per le società fornite di responsabilità giu ridica il pagamento fatto all'agente della società sfornito di poteri rap presentativi può aver efficacia liberatoria qualora il debitore sia stato indotto in errore da comportamento degli organi sociali che abbiano

più volte consentito all'agente senza rappresentanza di compiere atti

giuridici in nome e per conto della società stessa».

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