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Sezione III civile; sentenza 17 settembre 1963, n. 2536; Pres. Naso P., Est. Sbrocca, P. M. Gentile(concl. conf.); Iucci (Avv. Ciancarelli, Cipollone) c. Coniglione e Nicotra (Avv. Giorgianni); LaRosa (Avv. Condorelli) c. Coniglione e Nicotra (Avv. Giorgianni)Source: Il Foro Italiano, Vol. 87, No. 3 (1964), pp. 611/612-613/614Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23153735 .
Accessed: 28/06/2014 11:22
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611 PAftTÈ PRIMA 612
La violazione di legge sussiste per avere il tribunale
erroneamente tratto, dagli art. 1599 e segg. cod. civ., e in
specie dall'art. 1602, il principio per cui l'acquirente della
cosa locata subentrerebbe, nel rapporto di locazione, nella identica posizione del venditore (originario loca
tore), talché al primo sarebbe opponibile qualsiasi ec
cezione che si sarebbe potuta opporre al secondo. Ora, se è vero che, quando succede nel rapporto, l'acquirente subentra nei diritti e nelle obbligazioni derivanti dal
contratto di locazione, è altrettanto vero che già la suc
cessione nel rapporto avviene sotto certe condizioni ed
entro determinati limiti (art. 1599, 1600). Inoltre, ed ancor prima, il contratto, precedentemente
stipulato fra venditore e conduttore, è per sè un atto
al quale l'acquirente è palesemente estraneo : onde in
linea di principio si pone un problema di opponibilità,
all'acquirente, del contratto stesso, cioè un problema
preliminare a quello della successione nei diritti e nelle
obbligazioni. Se la legge, appunto sotto certe condizioni ed entro
determinati limiti, stabilisce la opponibilità del con
tratto all'acquirente, non ne resta per ciò cancellato
il dato della realtà che questi è stato estraneo alla sti
pulazione ; ed inoltre, trattandosi di deroga al prin
cipio che i contratti vincolano soltanto le parti, la deroga stessa vige fin dove è posta ; fuori del suo àmbito, il
principio riprende vigore. Quando, poi, si verta in tema di aspetti non appa
renti del contratto, e quindi di simulazione, occorrerebbe
una ulteriore, specifica deroga, perchè la opponibilità dell'accordo simulatorio costituisce un principio a parte, che trova la sua localizzazione tipica proprio in quelle situazioni nelle quali, viceversa, i terzi debbono rispet tare il contratto, seppure non in quanto li vincoli ma in
quanto forma per essi un antecedente dal quale non
possono prescindere (per lo più, a guisa di presupposto di legittimazione del titolare apparente in ordine ai rap porti che essi terzi abbiano separatamente instaurato
con costui). E tale ulteriore specifica deroga non sussiste in danno
dell'acquirente della cosa precedentemente locata.
Nella^specie, contro quel che appare dal contratto
scritto di locazione, il Venerito assùme che la posizione di conduttore spetterebbe non a lui ma ai suoi figli, talché il motivo di decadenza dalla proroga, verificatosi
nei suoi confronti, sarebbe irrilevante. Egli eccepisce, così, la simulazione per interposizione fittizia di per sona. Il tribunale ha ritenuto detta eccezione opponi bile alla terza acquirente, Martone, mentre, per le cose
dette, non lo è.
Correlativamente, i giudici di appello, fuorviati dalla astratta premessa di diritto che hanno affermato come
pacifica, mentre semmai è pacifico l'orientamento con trario (in termini, Cass. 20 gennaio 1955, n. 146, Foro it.,
Kep. 1955, voce Frode e simulazione, nn. 47-49 ; 29 giu gno 1945, n. 485, id., Eep. 1943-1945, voce cit., nn. 134, 135 ; più in generale : Cass. 27 luglio 1960, n. 2175, id.,
Rep. 1960, voce cit., nn. 42, 43 ; 31 luglio 1950, n. 2271, id., Eep. 1950, voce Locazione, n. 314), da un lato si sono intrattenuti ad apprezzare gli elementi di fatto della causa al fine di decidere se il Venerito dovesse consi derarsi stipulante in proprio o invece per conto dei figli, e dall'altro hanno omesso qualsiasi considerazione di tali elementi di fatto sotto il profilo della opponibilità alla
Martone.
La sentenza del tribunale va dunque cassata, restando assorbito il secondo motivo di ricorso.
Il giudice di rinvio, che si designa in altra sezione dello stesso tribunale, compirà l'indagine da ultimo ac
cennata, attenendosi al seguente principio di diritto : la simulazione afferente al contratto di locazione non è
opponibile all'acquirente della cosa locata. Per questi motivi, cassa, ecc.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
Sezione III civile ; sentenza 17 settembre 1963, n. 2536 ; Pres. Naso P., Est. Sbrocca, P. M. Gentile (conci,
conf.) ; lucci (Avv. Ciancakelli, Cipollone) c. Coni
gliene e Nicotra (Avv. Giokgianni) ; La Eosa (Avv.
Condokelli) c. Coniglione e Nicotra (Avv. Giok
gianni).
(0on ferma App. Catania 9 giugno 1962)
Posta e telegrafo — Agenzia espressi di città —
Domanda di concessione — Preventivi patti con
terzi per la gestione — Nullità —- Fattispecie
(Cod. civ., art. 1344, 1372, 1418 ; r. d. 27 febbraio
1936 n. 645, codice postale e delle telecomunicazioni, art. 19 ; r. d. 18 aprile 1940 n. 689, approvazione del regolamento di esecuzione dei titoli I e II del libro
1° del codice postale, art. 142). Società — Gestione di agenzia recapito espressi
— Nullità per illiceità dell'oggetto. Azienda — Fine illecito — Presupposto di eser
cizio — Concessione amministrativa — Avvia
mento — Insussistenza.
È nullo perchè in frode alla legge il patto mediante il quale il richiedente la concessione di una agenzia recapito espressi si impegni con terzi, per l'eventualità di rilascio
della concessione, a non ingerirsene ma a fungere da
mero prestanome. (1) È nullo per illiceità dell'oggetto il contratto sociale mirante
alla gestione di un'agenzia recapito espressi la cui
concessione debba ottenersi in frode alla legge. (2) Non può darsi avviamento di un'azienda attraverso il cui
esercizio, che presuppone una concessione amministra tiva revocabile, si persegue un fine illecito. (3)
La Corte, ecc. — Deve essere preliminarmente ordi nata la riunione dei ricorsi dello lucci e del La Rosa, a norma dell'art. 335 cod. proc. civ., trattandosi di impu gnazioni proposte separatamente contro la stessa sen tenza.
Con il primo motivo, comune ai due ricorsi, perchè formulato in termini identici, denunciandosi la violazione e la falsa applicazione degli art. 1344, 1372 e 1418 cod.
civ., 19 r. decreto 27 febbraio 1936 n. 645 (il cosiddetto codice postale) e 142 del regolamento di esecuzione appro vato con r. decreto 18 aprile 1940 n. 689, in relazione all'art. 360, n. 3, cod. proc. civ., si sostiene che la corte di merito avrebbe errato, ritenendo nulla, perchè in frode alla legge, la cessione della concessione dell'agenzia di accettazione e recapito espressi n. 5, in Catania, dal Nicotra Antonino al Coniglione, allo lucci, al La Eosa ed al Nicotra Giuseppe, legati dal contratto sociale del l'il settembre 1956 ; ed al riguardo si rileva che la ces sione era valida nei rapporti tra le parti contraenti,
(1) Non risultano precedenti in termini. Per la nullità dei patti che tendono ad eludere le norme
imperative sul carattere personale della licenza di esercizio di sala cinematografica, Cass. 15 ottobre 1963, n. 2754, retro, 302, con ampia nota redazionale cui si rinvia per i precedenti.
(2-3) Mentre sulla terza massima non constano precedenti, a proposito della seconda possono consultarsi : Cass. 22 feb braio 1961, n. 413, Foro it., Rep. 1961, voce Società n, 326 (l'im possibilità giuridica della concessione amministrativa per l'im pianto e l'esercizio d'una centrale del latte, a mente dell'art. 1 legge 16 gennaio 1938 n. 851, importa l'impossibilità del conse guimento dello scopo in una società creata per tale impianto ed esercizio, e la nullità del contratto sociale) ; Cass. 31 luglio 1954, n. 2810, id., Rep. 1954, voce cit., nn. 126, 127 (l'illiceità dell'og getto produce la nullità assoluta del contratto sociale) ; App. Milano 28 marzo 1947, id., Rep. 1947, voce cit., n. 56 (un con tratto sociale che abbia per oggetto l'esercizio d'una casa di tolleranza è nullo per illiceità della causa) ; Cass. 27 luglio 1942, id., 1943, I, 265 (la trasformazione da lecita in illecita dell'atti vità sociale provoca l'illiceità dell'oggetto).
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613 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 614
riservato all'amministrazione il diritto di revocare l'atto
di concessione.
Il motivo non merita di essere accolto.
Questa Corte suprema ha, invero, ripetutamente affer
mato il principio in tema di cessione di rivendita di generi di monopolio (sent. 19 giugno 1959, n. 1922, Foro it.,
1959, I, 1103, e 27 marzo 1963, n. 755, id., 1963, I, 903) o dell'esercizio di autoservizi di linea (sent. 18 febbraio
1960, n. 264, id., Rep. 1960, voce Automobili (servizio), nn. 124, 125) o di licenza di coltivazione di tabacco (sent. 15 aprile 1961, n. 828, id., 1961, I, 1489), cbe la cessione
della concessione, relativa alla rivendita o all'autoser
vizio o alla coltivazione, non autorizzata dall'ammini
strazione competente, dà a quest'ultima il diritto di
revocare la concessione stessa, ma non impedisce, fin
quando la revoca non sia intervenuta, elio la cessione
esplichi la sua efficacia tra cedente e cessionario, salvo
che al divieto di cessione la legge espressamente ricol
leghi la sanzione di nullità per fini di particolare interesse
pubblico, come si verifica nell'ipotesi prevista dalle norme
di carattere legislativo per disciplinare la ricerca e la
coltivazione delle miniere, emanate con il r. decreto 29
luglio 1927 n. 1443 ; ed ha giustificato l'enunciato prin
cipio, osservando che il fatto stesso che la validità della
cessione è, di solito, subordinata al consenso dell'am
ministrazione, come per le concessioni dei servizi di corri
spondenza, indicati nell'art. 19 del codice postale, è
stabilito dall'art. 142 del regolamento, dimostra che la
legge non vieta in modo assoluto il trasferimento di
aziende, il cui esercizio sia soggetto a concessione, ma
intende soltanto impedire che della concessione usufruisca, nel proprio esclusivo interesse, chi non ne sia titolare,
mediante convenzioni, anche dissimulate, le quali, vio
lando la regola della personalità della concessione, ne
eludano quella correlativa della intrasmissibilità.
Orbene, a prescindere dal rilievo che il cedente avrebbe, in ipotesi, trasferito ai cessionari non già l'azienda, del
cui esercizio è presupposto la concessione, e che non
esisteva al momento della conclusione del contratto ante
riore all'atto amministrativo di concessione, ma l'atto
stesso, così come sarebbe stato emanato dalla competente autorità e che, isolatamente considerato, non può costi
tuire oggetto di private contrattazioni, l'osservazione
connata offre lo spunto per risolvere la questione, pro
posta con il motivo di ricorso, sotto un profilo di diritto
che, pur essendo decisivo, non è stato esaminato dalla
corte di merito e ohe, senza necessità di ricorrere ad una
nuova valutazione del fatto, inammissibile in sede di
legittimità, permette di mantenere ferma la soluzione
adottata, nell'àmbito del potere di correzione spettante al Supremo collegio a mente dell'art. 384, 2° comma, cod. proc. civile.
Hanno, invero, accertato i giudici del merito che, alla scadenza o in previsione della scadenza della con
cessione relativa all'agenzia di accettazione e recapito
espressi n. 4 (31 dicembre 1957), i concessionari (cioè :
il Coniglione, lo lucci, il La Rosa ed il Nicotra Giuseppe), invece di chiederne la rinnovazione, com'era loro con
sentito dall'art. 151 del citato regolamento, indussero
altra persona (il Nicotra Antonino) a presentare a suo
nome domanda per ottenere la concessione di una diversa
agenzia (quella poi indicata con il n. 5), con l'intesa, consacrata nella scrittura del 25 novembre 1957, che egli non se ne sarebbe in alcun modo ingerito ed avrebbe
agito da mero prestanome, perchè dell'atto di conces
sione sarebbero stati effettivi destinatari, all'insaputa
dell'amministrazione, coloro che a presentare la domanda
l'avevano indotto.
Ora, è evidente che l'intesa, così congegnata, non
realizzava la cessione nè dell'azienda, ancora inesistente,
nè della titolarità della concessione che all'azienda si
sarebbe ricollegata, ma era invece diretta a porre in essere
un negozio, che costituiva il mezzo per eludere l'appli cazione di una norma imperativa, qual'è quella della
personalità dell'atto di concessione, ribadita in tema di
concessione ai privati dei servizi delle corrispondenze
dall'art. 143 del citato regolamento, e clie pertanto era
nullo, come in frode alla legge, a mente degli art. 1344
e 1418 cod. civile.
Di una situazione siffatta è ovvia la conseguenza, ed essa coincide con quella cui la corte di merito è perve nuta, pur muovendo da diverse premesse, e cioè che l'ap
parente concessionario (il Nicotra Antonino) poteva in
qualsiasi momento, denunciando il fraudolento negozio all'amministrazione, impedirne l'attuazione, determinando
la revoca della concessione, senza incontrare alcuna
responsabilità nei confronti delle alt-re parti, perchè del
negozio nullo per illiceità della causa nulli sono gli effetti, e da esso non discendono azioni a favore di alcuno dei
soggetti che vi hanno partecipato. Con il secondo motivo, anch'esso comune ai ricorsi
dello lucci e del La Rosa, denunciandosi il vizio di omessa
motivazione circa un punto decisivo della controversia
debitamente prospettato, in relazione all'art. 360, n. 5, cod. proc. civ., si assume che la corte di merito non avrebbe
considerato che la società, costituitasi con la scrittura
privata dell'11 settembre 1956, mai si sarebbe potuta
anticipatamente sciogliere, potendo chiedere altra conces
sione di agenzia di accettazione e recapito espressi, e così
conseguire il raggiungimento dell'oggetto sociale nel
tempo dalla scrittura stabilito.
Ma anche di questo motivo è manifesta l'infondatezza, avendo la corte di merito accertato, con apprezzamento in questa sede incensurabile perchè sorretto da logica ed esauriente motivazione, che se le parti convennero
di prorogare la società, successivamente alla scadenza
della concessione relativa all'agenzia n. 4 (31 dicembre
1957), nondimeno codesta proroga era in funzione del
l'oggetto sociale unicamente determinato, oltre che dalla
gestione dell'agenzia n. 5 attraverso l'intesa fraudolenta
sopra delineata, dalla futura gestione di altre agenzie da
ottenersi con accordi di identico contenuto, nulli a norma
dei richiamati art. 1344 e 1418 cod. civ., talché nullo
era lo stesso contratto sociale per illiceità del suo oggetto. Con il terzo motivo, ancora comune ai ricorsi dello
lucci e del La Rosa, denunciandosi la violazione del
l'art. 2043 cod. civ. ed il vizio di insufficiente motiva
zione circa un punto decisivo della controversia, in rela
zione all'art. 360, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., si sostiene
che la corte di merito avrebbe erronamente ritenuto, non rendendo neppure adeguato conto del suo convin
cimento, che il Coniglione ed il Nicotra Giuseppe non
dovessero rispondere dei danni per essersi indebitamente
appropriati dell'avviamento dell'azienda sociale, relativa
all'agenzia n. 5, sulla falsa premessa che non può esi
stere avviamento dell'azienda quando la società, che ne
è titolare, ha un oggetto illecito.
Ma l'opinione della corte, sorretta da concisi, ma non
insufficiènti argomenti, non è affatto erronea in diritto,
come dai ricorrenti si pretende. Da un lato, infatti, l'avviamento, quale attitudine
dell'azienda a produrre profitti, ha come logico e neces
sario antecedente che il titolare possa, in relazione agli elementi che la compongono, svolgere quell'attività di
organizzazione, di cui l'avviamento costituisce il più
tangibile effetto, il che deve escludersi quando il fine,
che il titolare si propone attraverso l'esercizio dell'azienda,
sia illecito, e perciò non tutelato dall'ordinamento giuri dico ; e, dall'altro, i ricorrenti non hanno considerato
che l'avviamento sarebbe, nella specie, inerente ad una
azienda, di cui l'atto amministrativo di concessione costi
tuirebbe il presupposto di esercizio, talché, revocato l'atto,
l'avviamento non potrebbe assumere alcuna rilevanza
economica nei rapporti tra i concessionari, sia in rela
zione alla concessione revocata, sia in relazione a even
tuali concessioni future.
Esaurito l'esame dei motivi comuni ai ricorsi dello
lucci e del La Rosa, l'attenzione deve essere rivolta ai
motivi autonomamente proposti da quest'ultimo. (Omissis) Per questi motivi, rigetta, ecc.
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