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sezione III civile; sentenza 18 giugno 2003, n. 9709; Pres. Nicastro, Est. Segreto, P.M. Russo(concl. parz. diff.); Min. difesa c. Montanaro (Avv. Iannotta). Conferma App. Roma 4 ottobre1999Source: Il Foro Italiano, Vol. 127, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 2004), pp. 2217/2218-2221/2222Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23199572 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
cazione del nuovo regime in materia di sanzioni, essendo tale
applicazione consentita solo quando si tratti di ius superveniens su punti della controversia in relazione ai quali non si è formato
il giudicato. Poiché la sentenza impugnata è stata pubblicata il 14 aprile
1998, le disposizioni previste dal d.leg. 18 dicembre 1997 n.
472, entrato in vigore il 1° aprile 1998, avrebbero dovuto essere
applicate, in forza del principio di legalità di cui all'art. 3 d.leg. 18 dicembre 1997 n. 471, entrato in vigore nella stessa data,
dalla commissione tributaria regionale. Pertanto, la mancata ap
plicazione di tale disciplina costituiva un vizio della sentenza, il
quale avrebbe dovuto essere denunciato con apposito motivo di
ricorso.
Alle stesse conclusioni deve pervenirsi per quanto attiene alla
disciplina introdotta con l'art. 10 1. 27 luglio 2000 n. 212 (sta tuto dei diritti del contribuente), pur essendo la stessa entrata in
vigore in data 1° agosto 2000, e pertanto successivamente alla
pubblicazione della sentenza impugnata, non avendo tale norma
alcuna portata innovativa rispetto ai principi introdotti con gli art. 39 bis d.p.r. 636/72 e 8 d.leg. 546/92. Anche in relazione a
tale regime, pertanto, avrebbe dovuto essere dedotto specifico motivo di ricorso.
3.5. - Il ricorso e le richieste formulate dal ricorrente con la
memoria devono essere, pertanto, rigettati.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 18
giugno 2003, n. 9709; Pres. Nicastro, Est. Segreto, P.M.
Russo (conci, parz. diff.); Min. difesa c. Montanaro (Avv.
Iannotta). Conferma App. Roma 4 ottobre 1999.
Responsabilità civile — Pubblica amministrazione — Com missario «ad acta» nominato dal giudice amministrativo — Inerzia — Condanna in solido al risarcimento dei danni
(Cost., art. 28; r.d. 26 giugno 1924 n. 1054, t.u. delle leggi sul
Consiglio di Stato, art. 27; 1. 6 dicembre 1971 n. 1034, istitu
zione dei tribunali amministrativi regionali, art. 28).
Il commissario ad acta nominato dal giudice amministrativo nel
giudizio di ottemperanza svolge un 'attività sostanzialmente
amministrativa ed è soggetto alla disciplina sulla responsa bilità civile dei dipendenti pubblici; pertanto, in caso di iner
zia nell'esecuzione della sentenza, è responsabile in solido
con l'amministrazione per il danno cagionato. (1)
(1) Secondo la Cassazione il commissario ad acta nominato dal giu dice amministrativo nel giudizio di ottemperanza opera quale organo ausiliare del giudice quando si limiti ad applicare una statuizione con
tenuta nella sentenza, mentre svolge compiti di «amministrazione so
stitutiva» quando debba affrontare profili non decisi nella sentenza.
La posizione della Cassazione si riallaccia a una pronuncia del 1999
in tema di responsabilità contabile (Cass., sez. un., 19 marzo 1999, n.
166/SU. Foro it., Rep. 1999, voce Responsabilità contabile, n. 619, e
Giust. civ., 1999, I. 3347, con nota di Visca, Giurisdizione della Corte
dei conti in tema di responsabilità amministrativo-contabile del com
missario «ad acta»), rimasta estranea al dibattito della giurisprudenza amministrativa ma non a quello dottrinale (cfr. Aprea, Inottemperanza, inerzia e commissario «ad acta» nella giustizia amministrativa, Mila
no, 2003. 146, note 111-113; Caputi Jambrenghi, Commissario «ad
acta», voce dell' Enciclopedia del diritto, Milano, 2002, aggiornamento VI, 306, che aderisce alla pronuncia «per l'evidenziazione, che si co
glie pienamente nella sentenza, della finalità specifica dell'intervento
dell'organo straordinario in questione, quella riparatoria e ripristinato ria della prestazione mancata da parte dell'amministrazione ordinaria»;
Casetta, Manuale di diritto amministrativo, Milano, 2001, 842). La Cassazione è vicina a quella dottrina che — pur non accogliendo
per il commissario ad acta la tesi dell'organo dimidiato o misto — si è
Il Foro Italiano — 2004.
Svolgimento del processo. — Con citazione notificata il 10
maggio 1990, Montanaro Giuseppe, generale di brigata dell'ar
ma dei carabinieri, citava in giudizio il ministero della difesa ed i generali di corpo d'armata Monastra Vittorio e Giannattasio
Pietro, chiedendo che venisse accertato che l'attore non aveva
mai aderito alla loggia massonica P2 e che i convenuti venissero
condannati al risarcimento dei danni subiti nella sua carriera a
causa di tale erronea attribuzione.
espressa però criticamente rispetto a ogni netta contrapposizione tra la
natura di ausiliario del giudice e quella di organo straordinario del
l'amministrazione (Verrienti, Commento all'art. 27 r.d. 26 giugno 1924 n. 1054, in Commentario breve alle leggi sulla giustizia ammini
strativa a cura di Romano, Padova, 2001). La tesi dottrinale, riproposta
puntualmente dalla sentenza in epigrafe (cfr. punto 2.1), concentra la
propria attenzione sulla «questione della definizione dell'oggetto del
l'attività del commissario», nel cui ambito s'inserisce il tema della na
tura giuridica del commissario. Le conclusioni della Cassazione risultano comunque articolate.
a) Per l'impugnazione degli atti del commissario, la Cassazione ri
chiama la distinzione tra attività esecutiva del giudicato ed attività non
regolata dal giudicato e prende posizione a favore dell'orientamento, minoritario nella giurisprudenza amministrativa (ma accolto di recente
da Cons. Stato, sez. IV, 10 marzo 2004, n. 1167, <www.giustizia amministrativa.it>; sez. V 17 aprile 2002, n. 2006, Foro it., Rep. 2002, voce Giustizia amministrativa, n. 1323; sez. IV 3 aprile 2001, n. 1999,
id., 2001, III, 473, con nota di Sigismondo, secondo cui gli atti di con
formazione al giudicato sono impugnabili davanti al giudice dell'ot
temperanza, mentre gli atti espressione di una potestà ulteriore vanno
impugnati in un ordinario giudizio di legittimità (sulle due ipotesi e
sulla difficoltà di distinguerle in concreto, cfr. Travi, L'esecuzione
della sentenza, in Trattato di diritto amministrativo a cura di Cassese, 2" ed., Milano, 2003, V, 4650). Per l'indirizzo che non ammette questa distinzione, ritenendo che l'attività del commissario ad acta inerisca
sempre all'esecuzione del giudicato, cfr. Tar Campania, sede Salerno,
sez. I, 14 ottobre 2003, n. 995, <www.giustizia-amministrativa.it>; Cons. Stato, sez. IV, 6 marzo 2002, n. 1336, Foro it., Rep. 2002, voce
Corte dei conti, n. 44; sez. Ili 3 aprile 2001, n. 1773/00, ibid., voce
Giustizia amministrativa, n. 1320 (impropriamente queste ultime due
decisioni qualificano «giurisdizionali» gli atti del commissario); Cass., sez. un., 12 marzo 2001, n. 108/SU, id., Rep. 2001, voce cit., n. 1071;
per ulteriori riferimenti si rinvia alla giurisprudenza analizzata da Sigi
smondo op. cit. L'affermazione secondo cui ogni contestazione sul
l'attività del commissario dovrebbe essere proposta al giudice del
l'ottemperanza è coerente con l'asserita natura di organo ausiliare del
giudice (così, valorizzando il profilo «funzionale» del ruolo del com
missario, Tar Liguria, sez. I, 24 febbraio 2004, n. 186, <www.
giustizia-amministrativa.it>). In dottrina, per approfondimenti. Travi, L'esecuzione della sentenza,
cit., 4648-4650; per la «funzione giustiziale» del commissario, Caputi
Jambrenghi, Commissario «ad acta», cit., 299-307 (tesi ripresa da
Aprea. Inottemperanza, inerzia e commissario «ad acta» nella giustizia amministrativa, cit.); per un tentativo di valorizzare il testo dell'art. 88
r.d. 17 agosto 1907 n. 642 (secondo cui «l'esecuzione delle decisioni si
fa in via amministrativa»), Orsoni, Il commissario «ad acta», Padova,
2001, 113 e 139; per un'analisi critica della giurisprudenza ammini
strativa, Villata, Orientamenti recenti della giurisprudenza in tema di
giudizio di ottemperanza, in Dir. proc. amm., 1993, 191; per l'esigenza che ogni aspetto dell'attività amministrativa successiva al giudicato e
concernente la garanzia del bene della vita attribuito in via giurisdizio nale sia ricompreso nel giudizio d'ottemperanza, Sassani, Sul commis
sario all'ottemperanza quale organo dell'esecuzione forzata, in Riv.
dir. proc., 1992, 1143; in generale, Cioffi, Sul regime degli atti de!
commissario «ad acta» nominato dal giudice dell'ottemperanza, in
Trib. amm. reg., 2001, II, 1.
b) In relazione alla responsabilità civile del commissario, la Cassa
zione abbandona invece la distinzione tra attività di mera attuazione del
giudicato e attività non regolata dal giudicato; propendendo in maniera
più decisa per la natura amministrativa del commissario, ravvisa un
rapporto di servizio tra il commissario e l'amministrazione inadem
piente. Il commissario agisce in sostituzione dell'amministrazione e la
sua attività è imputata all'amministrazione inadempiente. La natura «sostanzialmente amministrativa» dell'attività del com
missario comporta l'inapplicabilità della disciplina sulla responsabilità civile dei magistrati, invocata dai ricorrenti in relazione all'art. I 1. 13
aprile 1988 n. 117, che tratta anche degli «estranei che partecipano al
l'esercizio della funzione giudiziaria» (probabilmente questa disposi zione non sarebbe comunque applicabile; le ragioni di un regime spe ciale di responsabilità dei giudici, ivi compresi quelli che non svolgono
professionalmente attività giurisdizionale e sono perciò «estranei», non
sembrano concernere gli organi ausiliari del giudice. In altri termini,
l'espressione «estranei che partecipano all'esercizio della funzione
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PARTE PRIMA 2220
Si costituivano i convenuti, che chiedevano il rigetto della
domanda.
Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 14091 del 1995, riget tava la domanda.
Proponeva appello l'attore.
La Corte di appello di Roma, con sentenza depositata il 4 ot
tobre 1999, in parziale accoglimento dell'appello principale, condannava i convenuti Giannattasio e ministero della difesa in
giudiziaria» dovrebbe riferirsi solo a coloro che svolgono funzioni giu risdizionali in senso stretto: così, con riferimento ai lavori preparatori. Martino, in Nuove leggi civ., 1989, 1225).
c) La «natura» del commissario ad acta in passato è stata invocata
anche per affrontare il tema del compenso al commissario. La giuris
prudenza più recente ha ritenuto applicabile in via analogica il d.p.r. 27
luglio 1988 n. 352 in favore dei periti e dei consulenti tecnici, assimi
lando, dunque, il commissario ad un organo ausiliare del giudice (così Cons. Stato, sez. IV, 18 ottobre 2002, n. 5734, Foro it., Rep. 2002, vo
ce cit., n. 1327; 13 settembre 2001, n. 4795, ibid., n. 1326; 30 maggio 2001, n. 2957, ibid., n. 1325; 27 marzo 2001, n. 1794, id., Rep. 2001.
voce cit., n. 1075; 19 marzo 2001, n. 1606, ibid., n. 1076; sez. VI, ord.
1° ottobre 1999, n. 1297, id.. Rep. 2000, voce cit., n. 1383; Tar Campa nia, sez. IV, 4 maggio 1993, n. 77, id., Rep. 1993, voce cit., n. 1040; Cons. Stato, sez. IV, ord. 20 agosto 1991, n. 659, id., Rep. 1992, voce
cit., n. 1106; sez. VI, ord. 20 febbraio 1990, n. 274, id., Rep. 1990, vo
ce cit., n. 865, che ha ritenuto il credito vantato dal commissario assi
stito dal privilegio per spese di giustizia di cui agli art. 2755 e 2770
c.c.). In precedenza, invece, la giurisprudenza riteneva che spettasse al
giudice stabilire il compenso del commissario, da porre a carico del
l'amministrazione inadempiente, in relazione alla complessità, alla du
rata, alle modalità di svolgimento dell'incarico (Tar Lazio, sez. I, 1°
ottobre 1994, n. 1447, id.. Rep. 1995. voce cit., n. 942; 30 aprile 1988, n. 542, id., Rep. 1988, voce cit., n. 811; 16 settembre 1987, n. 1496, id.,
1988, III. 467, con nota di richiami) nonché in relazione al risultato
prodotto (Cons. Stato, sez. V, ord. 10 marzo 1999, n. 226, id., Rep. 1999, voce cit., n. 1116). Attualmente l'art. 57 d.p.r. 30 maggio 2002 n.
115 (t.u. delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di
spese di giustizia) stabilisce che «al commissario ad acta si applica la
disciplina degli ausiliari del magistrato, per l'onorario, le indennità e
spese di viaggio e per le spese sostenute per l'adempimento dell'incari
co».
d) In merito ai poteri del giudice dopo la nomina del commissario ad
acta, la tesi del commissario ad acta come ausiliario del giudice, re
spinta dalla Cassazione, è all'origine della posizione che ravvisa la
permanenza in capo al giudice di ampi poteri di controllo ed indirizzo
dell'attività svolta dal commissario (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 10 marzo
2004, n. 1167, cit., che fa riferimento al «penetrante controllo» del giu dice nei confronti del «suo» ausiliare; Tar Veneto, sez. I, 1° marzo
2002, n. 986, <www.giustizia-amministrativa.it>; nonché i richiami
giurisprudenziali e dottrinali in Sigismondo op. cit.). Sembra più diffi
cile configurare un potere così incisivo da parte del giudice in relazione ad un organo amministrativo, seppure occasionale.
Con riferimento al potere dell'amministrazione inadempiente, la giu
risprudenza sostiene che la nomina del commissario ad acta in sede di esecuzione del giudicato non determini il venir meno del potere «con corrente» dell'amministrazione di adottare il provvedimento; anche do
po la scadenza del termine eventualmente assegnato dal giudice al l'amministrazione per provvedere il potere sussiste fino a quando il commissario non abbia provveduto (cfr. Tar Sicilia 16 luglio 2003, n.
1176, <www.giustizia-amministrativa.it>; Tar Puglia, sez. II, 31 otto bre 2001. n. 4797, Trib. amm. reg., 2001, I, 4205; Tar Campania, sez.
II, 12 ottobre 2001, n. 4561, ibid., 4150; 18 luglio 2000, n. 2877, id., 2000, I, 4490; Cons. Stato, sez. IV, 3 luglio 2000, n. 3641, Foro it.,
Rep. 2001, voce cit., n. 1028; Tar Lazio, sez. Ili, 18 maggio 2000, n.
4071, id.. Rep. 2000, voce cit., n. 1319; Cons. Stato, sez. V, 3 febbraio
1999, n. 109, id., Rep. 1999, voce cit., n. 1186; sez. VI 15 luglio 1998, n. 1094, ibid., n. 1187, e Urbanistica e appalti, 1999, 656, con nota di De Palma, La nomina del commissario «ad acta» non consuma il pote re dell'amministrazione; Tar Molise 19 marzo 1997, n. 55, Foro it.,
Rep. 1997, voce cit., n. 1074; Cons. Stato, sez. V, 7 ottobre 1996, n.
1202, id.. Rep. 1996, voce cit., n. 858; Tar Puglia, sez. I, 13 novembre
1995, n. 1160, ibid., n. 865; Cons. Stato, sez. VI, 27 aprile 1995, n.
373, ibid., n. 869; 19 gennaio 1995, n. 41, id., 1995, III, 129, con nota di richiami, e Giornale dir. amm., 1995, 976, con nota di Travi, Il giu dizio di ottemperanza e il termine per l'esecuzione del giudicato, e Dir.
proc. amm.. 1995, 786, con nota di Luce, Ancora sul giudizio di ottem
peranza, nonostante l'affermata perentorietà del termine; contra, Tar
Puglia, sez. I, 2 maggio 1994, n. 910, Foro it.. Rep. 1994, voce cit., n.
823, secondo cui dopo la nomina del commissario ad acta gli atti com
piuti dall'amministrazione inadempiente sono nulli per carenza di pote re). Questo orientamento giurisprudenziale sembra discendere (almeno in molte delle pronunce richiamate; ex plurimis, cfr. Tar Sicilia 16 lu
II Foro Italiano — 2004.
solido al risarcimento dei danni morali in favore del Montanaro,
da liquidarsi in separato giudizio. Riteneva il giudice di appello che il Tar Lazio, con sentenza
confermata dal Consiglio di Stato aveva accertato che non sus
sisteva la prova dell'affiliazione alla loggia da parte del Monta
naro.
Quanto al risarcimento del danno patrimoniale, riteneva la
corte territoriale che il Tar Lazio, con sentenza 1/83, confermata
dal Consiglio di Stato, aveva annullato il provvedimento con cui
il Montanaro non era stato iscritto nel quadro di avanzamento
dei colonnelli dell'arma, per l'anno 1982, con l'obbligo del
l'amministrazione di provvedere alla sua rivalutazione; che con
sentenza 803/84, confermata dal Consiglio di Stato, aveva ordi
nato al ministero di dare esecuzione alla prima; che, con senten
za n. 1982 del 1986, il Tar aveva rilevato l'illegittima inerzia
del ministero, poiché per effetto del giudicato, la pubblica am
ministrazione non aveva altro potere che quello di rinnovare il
giudizio; che la mancata ottemperanza alle varie sentenze era da
imputare non solo al ministero, ma anche al generale Giannatta
sio, nominato commissario ad acta dal Tar, che in luogo di dare
esecuzione alla sentenza 1/83 nel termine fissato di giorni ses
santa, scriveva solo in data 29 gennaio 1987, sollecitando gli
organi preposti, mentre egli era il destinatario della nomina di
commissario ad acta e quindi dell'obbligo di provvedere. Riteneva la corte di merito, tuttavia, che era stata davanti a lei
censurata solo la mancanza della pronunzia da parte dell'ammi
nistrazione e del commissario e non anche il merito del mancato
avanzamento in carriera, che presupponeva una valutazione di
esclusiva competenza della pubblica amministrazione; che non
era stato provato alcun danno patrimoniale in merito alla sola
circostanza della mancata pronuncia, per cui la relativa doman
da andava rigettata.
Quanto al danno morale, riteneva la corte di merito che i fatti
integrassero il reato di omissione di atti di ufficio, poiché la re
iterata mancata esecuzione delle sentenze del giudice ammini
strativo costituiva prova indiscutibile di comportamenti volonta
ri contra legem di organi della pubblica amministrazione, tra i
quali doveva individuarsi anche il generale Giannattasio, quale commissario ad acta.
Quanto alla domanda nei confronti del gen. Monastra, ritene
va la corte di merito che non sussistesse la prova dell'elemento
soggettivo. Avverso questa sentenza hanno proposto ricorso per cassa
zione il ministero della difesa ed il generale Pietro Giannattasio.
Resiste con controricorso l'attore, che ha proposto anche ri
corso incidentale e memoria.
Motivi della decisione. — 1. - Preliminarmente vanno riuniti i
ricorsi, a norma dell'art. 335 c.p.c. Con il primo motivo di ricorso i ricorrenti principali lamenta
no la violazione degli art. 2043 e 2059 c.c. e dell'art. 28 Cost.,
l'erroneità e contraddittorietà della motivazione e la non riferi
bilità all'amministrazione del comportamento del commissario
ad acta.
Assumono i ricorrenti che è stata ritenuta la responsabilità dell'amministrazione, sulla base del comportamento omissivo
del commissario ad acta, mentre da una parte l'attività di questi non era riferibile all'amministrazione, poiché egli agiva solo
glio 2003, n. 1176, cit.; Tar Molise 19 marzo 1997, n. 55, cit.; Cons.
Stato, sez. V, 7 ottobre 1996, n. 1202, cit.; sez. VI 27 aprile 1995, n.
373, cit.) dalla qualificazione del commissario ad acta come ausiliario del giudice. Pertanto, anche questo profilo potrebbe essere posto in di
scussione dalla pronuncia in epigrafe. Quanto al punto della sentenza secondo il quale ai fini della respon
sabilità civile dell'amministrazione, la riferibilità dell'illecito dell'a
gente è esclusa solo nel caso di attività strettamente personale del di
pendente, estranea ai fini istituzionali dell'ente pubblico e non colle
gata neppure con nesso di occasionalità necessaria con le attribuzioni
conferitegli (nel caso di specie è stata ritenuta riconducibile all'ammi nistrazione l'attività del commissario ad acta nel giudizio di ottempe ranza) — con particolare riferimento al concetto di «occasionalità ne cessaria» — cfr. Cass. 13 novembre 2002, n. 15930, Foro it.. Rep. 2002, voce Responsabilità civile, n. 407; 15 dicembre 2000, S., id.,
Rep. 2001, voce cit., n. 278; 12 agosto 2000, n. 10803, id., 2001, I, 3289, con nota di Giracca, cui adde Cass. 20 giugno 2000, Occhipinti, id., Rep. 2001, voce cit., n. 276; sez. un. 22 febbraio 1995. n. 1963, id.,
Rep. 1996, voce Impiegato dello Stato, n. 440. [G. D'Angelo]
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
come ausiliare del giudice amministrativo, ed inoltre, proprio
per questa attività paragiurisdizionale dello stesso, la sua even
tuale responsabilità non poteva essere fatta valere se non con gli stessi limiti e modalità di quella del giudice, dovendo esso ri
spondere direttamente al giudice del suo operato. 2.1. - Ritiene questa corte che il motivo è infondato e che lo
stesso vada rigettato. Non può essere condivisa la tesi secondo cui il commissario
ad acta, nominato in sede di giudizio di ottemperanza (art. 27 1.
26 giugno 1924 n. 1054) deve essere considerato non organo di
amministrazione attiva, bensì organo ausiliario del giudice del
l'ottemperanza, i cui atti sono impugnabili davanti allo stesso
giudice che lo ha nominato, anche da parte dell'amministrazio
ne inadempiente (come già osservato da Cass., sez. un., 19 mar
zo 1999, n. 166/SU, Foro it., Rep. 1999, voce Responsabilità contabile, n. 619).
Infatti va in primo luogo rilevato che nella tipologia delle mi
sure adottabili dal giudice dell'ottemperanza (misure intimative
repressive, sanzionatone e sostitutorie), la misura sostitutoria
del commissario ad acta costituisce la decisione di maggior ri
lievo tra le varie possibili, in quanto esprime il potere tipico e
speciale di detto giudice, nell'ambito della giurisdizione ammi
nistrativa di merito, di sostituirsi concretamente all'amministra
zione al fine di dare esecuzione ad un giudicato, rendendo ef
fettiva la tutela sostanziale della posizione giuridica protetta. E
tale misura, ampiamente utilizzata nella pratica giudiziaria, ha
suscitato in giurisprudenza ed in dottrina un notevole dibattito
circa la definizione della natura giuridica del commissario ad
acta ed il regime di impugnazione dei suoi atti, se innanzi allo
stesso giudice dell'ottemperanza o in sede di giurisdizione di
legittimità con la proposizione di un nuovo ricorso.
Al riguardo, la giurisprudenza del Consiglio di Stato ha pre valentemente ricostruito l'istituto configurando il commissario
non come organo, sia pure straordinario, di amministrazione at
tiva, ma esclusivamente come organo ausiliario del giudice del
l'ottemperanza, i cui provvedimenti sono impugnabili non me
diante ricorso davanti al giudice amministrativo in sede di legit timità ma solo innanzi al giudice dell'ottemperanza ex art. 27
t.u. Cons. Stato. In dottrina, per quanto riguarda la qualificazio ne del commissario ad acta, si sono affacciate, oltre alla tesi
prevalente che lo configura come organo ausiliario del giudice ed a quella che sottolinea il carattere amministrativo dell'attività
svolta, anche la tesi dell'organo misto, in parte ausiliario del
giudice ed in parte organo dell'amministrazione.
In quest'ultima prospettiva la questione della natura giuridica del commissario si inserisce pertanto nella più ampia questione della definizione dell'oggetto dell'attività esercitata: se essa è
vincolata al decisum del giudicato, recepito nel dictum del giu dice di ottemperanza, il commissario è organo del giudice, non
tanto come ausiliario nel senso processualcivilistico, quanto come organo di giurisdizione esecutiva, cui è devoluto di attuare
l'ordine giudiziale, in sostituzione dell'amministrazione inot
temperante; se invece l'attività del commissario, pur originata dalla necessità di attuare il decisum del giudicato e suscitata
dalle prescrizioni del giudice di ottemperanza, non si limita al
riesercizio o alla riedizione del potere assorbito dalla vicenda
ottemperativa del giudicato, ma si inserisce nel ciclo normale
del potere, riattivato dopo la sospensione determinata proprio dal giudicato, con i poteri sostitutori conferiti dal giudice di me
rito, egli è organo, pur straordinario, dell'amministrazione, al
meno sul piano funzionale, cui è devoluto non solo di attuare la
prescrizione del giudicato (così come recepita nella decisione
che ne ha previsto l'istituzione), cioè non solo di esercitare una
funzione di giurisdizione esecutiva, ma anche di esercitare una
funzione di amministrazione sostitutiva in virtù dei poteri confe
riti dal giudice dell'ottemperanza, che è essenzialmente giudice del merito dell'attività amministrativa.
2.2. - La distinzione si riflette anche sul regime dei mezzi di
tutela avverso gli atti del commissario, impugnabili innanzi al
giudice dell'ottemperanza solo quando siano direttamente ri
collegabili ad un'attività di conformazione al giudicato, di natu
ra strettamente vincolata; ed invece soggetti all'ordinario con
trollo di legittimità, ove siano espressione di poteri discrezionali
ultronei rispetto alla vicenda ottemperativa disegnata nel giudi
cato, con maggiori poteri prescrittivi accordati al commissario.
2.3. - Chiarito quanto innanzi, sembra che la c.d. teoria mista
sia la più adeguata a comprendere l'istituto nella sua complessa
Il Foro Italiano — 2004.
tipicità, perché se, in buona sostanza, il commissario ad acta
agisce quale longa manus del giudice ma sostituendosi alla pub blica amministrazione per eseguire un giudicato, due elementi
sono incontestabili: che nel momento genetico dell'investitura il
commissario assume le vesti di organo ausiliario del giudice, ancorché tale espressione non si identifichi con l'analogo con
cetto processualcivilistico; che, tuttavia, nel momento funzio
nale, pone in essere i provvedimenti omessi dall'amministrazio
ne inottemperante, eppertanto agisce attraverso atti amministra
tivi che però, per la loro particolare collocazione nella vicenda
ottemperativa (la cui scansione logica si articola nelle seguenti fasi: giudicato ricorso al giudice dell'ottemperanza
— misura
sostitutoria — nomina del commissario — attività di quest'ul
timo), sono impugnabili davanti al giudice amministrativo (in sede di legittimità oppure anche di merito) ma non revocabili o
sostituibili da parte della pubblica amministrazione.
2.4. - Ora non è chi non veda come l'impugnabilità degli atti
commissariali, concernendo la sola legittimità degli stessi, lasci
scoperta l'area dell'eventuale illiceità del comportamento del
commissario che, ove non integri ipotesi penalmente persegui bili, risulterebbe esente da responsabilità, sotto il profilo ammi
nistrativo-contabile o risarcitorio. Ma se si considera che il
commissario, agendo in vece dell'amministrazione inadem
piente, si inserisce, ancorché in via provvisoria, nell'organizza zione amministrativa ed instaura con quest'ultima
— sotto il
profilo funzionale — un occasionale rapporto di servizio (dal momento che la sua attività, pur fondandosi sull'ordine conte
nuto nella decisione emanata in sede di ottemperanza, è prati camente la stessa che avrebbe dovuto essere prestata dall'am
ministrazione), emergono tutti gli elementi per la valutazione di
una sua responsabilità civile o per quella della pubblica ammi
nistrazione, a cui lo stesso si è sostituito.
2.5. - In tema di responsabilità della pubblica amministrazio
ne, per la riferibilità all'amministrazione del fatto illecito del
dipendente occorre che questo sia e si manifesti come esplica zione dell'attività della stessa pubblica amministrazione, in
quanto diretta al conseguimento dei suoi fini istituzionali nel
l'ambito del servizio al quale il dipendente è addetto.
Consegue, che siffatta riferibilità deve ritenersi esclusa nel
caso di attività strettamente personale del dipendente, estranea
ai fini istituzionali, e non collegata neppure con nesso di occa
sionalità necessaria con le attribuzioni affidate (Cass. 6617/00,
id., Rep. 2000, voce Responsabilità civile, n. 304). 2.6. - Ciò vale anche nel caso in cui sia proposta domanda
con cui un dipendente pubblico chiama a rispondere l'ammini
strazione cui egli appartiene, in solido con un funzionario della
stessa, del danno che assume di aver subito a seguito ed in con
seguenza del comportamento omissivo addebitato al funzionario
medesimo a titolo di colpa grave o di dolo, in virtù del rapporto di immedesimazione organica che, ai sensi dell'art. 28 Cost., le
ga il dipendente autore del fatto illecito all'ente pubblico e che
si può ritenere interrotto soltanto quando il comportamento del
l'agente non sia diretto a conseguire finalità istituzionali proprie dell'ufficio al quale è addetto, ma sia determinato da motivi
strettamente personali e comunque estranei all'ente (Cass., sez.
un., 22 febbraio 1995, n. 1963, id.. Rep. 1996, voce Impiegato dello Stato, n. 440).
2.7. - E appena il caso di aggiungere, per completezza di di
scorso e perché i ricorrenti vi fanno accenno, che non trova ap
plicazione il principio della responsabilità civile dei magistrati
per il risarcimento dei danni cagionati nell'esercizio delle fun
zioni giudiziarie di cui alla 1. 13 aprile 1988 n. 117 in quanto
nell'espressione «estranei che partecipano all'esercizio della
funzione giudiziaria» (art. 1, n. 1,1. cit.) non possono ricom
prendersi i commissari ad acta, i quali — come sopra detto —
esercitano, nell'ambito del giudizio di ottemperanza, un'attività
sostanzialmente amministrativa.
3. - Ne consegue che nella specie il primo motivo di ricorso è
infondato, a parte l'ulteriore rilievo che la sentenza impugnata ha ritenuto che il comportamento omissivo del ministero fosse
da individuare in tutto il complesso di inottemperanze delle va
rie sentenze amministrative, tra le quali rientrava anche il com
portamento del commissario ad acta.
Pertanto il comportamento omissivo del commissario ad acta
costituisce nella costruzione argomentativa della sentenza im
pugnata, solo uno dei vari comportamenti omissivi facenti capo a dipendenti del ministero. (Omissis)
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