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sezione III civile; sentenza 18 giugno 2003, n. 9709; Pres. Nicastro, Est. Segreto, P.M. Russo...

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sezione III civile; sentenza 18 giugno 2003, n. 9709; Pres. Nicastro, Est. Segreto, P.M. Russo (concl. parz. diff.); Min. difesa c. Montanaro (Avv. Iannotta). Conferma App. Roma 4 ottobre 1999 Source: Il Foro Italiano, Vol. 127, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 2004), pp. 2217/2218-2221/2222 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23199572 . Accessed: 25/06/2014 04:41 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.78.108.81 on Wed, 25 Jun 2014 04:41:43 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione III civile; sentenza 18 giugno 2003, n. 9709; Pres. Nicastro, Est. Segreto, P.M. Russo(concl. parz. diff.); Min. difesa c. Montanaro (Avv. Iannotta). Conferma App. Roma 4 ottobre1999Source: Il Foro Italiano, Vol. 127, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 2004), pp. 2217/2218-2221/2222Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23199572 .

Accessed: 25/06/2014 04:41

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

cazione del nuovo regime in materia di sanzioni, essendo tale

applicazione consentita solo quando si tratti di ius superveniens su punti della controversia in relazione ai quali non si è formato

il giudicato. Poiché la sentenza impugnata è stata pubblicata il 14 aprile

1998, le disposizioni previste dal d.leg. 18 dicembre 1997 n.

472, entrato in vigore il 1° aprile 1998, avrebbero dovuto essere

applicate, in forza del principio di legalità di cui all'art. 3 d.leg. 18 dicembre 1997 n. 471, entrato in vigore nella stessa data,

dalla commissione tributaria regionale. Pertanto, la mancata ap

plicazione di tale disciplina costituiva un vizio della sentenza, il

quale avrebbe dovuto essere denunciato con apposito motivo di

ricorso.

Alle stesse conclusioni deve pervenirsi per quanto attiene alla

disciplina introdotta con l'art. 10 1. 27 luglio 2000 n. 212 (sta tuto dei diritti del contribuente), pur essendo la stessa entrata in

vigore in data 1° agosto 2000, e pertanto successivamente alla

pubblicazione della sentenza impugnata, non avendo tale norma

alcuna portata innovativa rispetto ai principi introdotti con gli art. 39 bis d.p.r. 636/72 e 8 d.leg. 546/92. Anche in relazione a

tale regime, pertanto, avrebbe dovuto essere dedotto specifico motivo di ricorso.

3.5. - Il ricorso e le richieste formulate dal ricorrente con la

memoria devono essere, pertanto, rigettati.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 18

giugno 2003, n. 9709; Pres. Nicastro, Est. Segreto, P.M.

Russo (conci, parz. diff.); Min. difesa c. Montanaro (Avv.

Iannotta). Conferma App. Roma 4 ottobre 1999.

Responsabilità civile — Pubblica amministrazione — Com missario «ad acta» nominato dal giudice amministrativo — Inerzia — Condanna in solido al risarcimento dei danni

(Cost., art. 28; r.d. 26 giugno 1924 n. 1054, t.u. delle leggi sul

Consiglio di Stato, art. 27; 1. 6 dicembre 1971 n. 1034, istitu

zione dei tribunali amministrativi regionali, art. 28).

Il commissario ad acta nominato dal giudice amministrativo nel

giudizio di ottemperanza svolge un 'attività sostanzialmente

amministrativa ed è soggetto alla disciplina sulla responsa bilità civile dei dipendenti pubblici; pertanto, in caso di iner

zia nell'esecuzione della sentenza, è responsabile in solido

con l'amministrazione per il danno cagionato. (1)

(1) Secondo la Cassazione il commissario ad acta nominato dal giu dice amministrativo nel giudizio di ottemperanza opera quale organo ausiliare del giudice quando si limiti ad applicare una statuizione con

tenuta nella sentenza, mentre svolge compiti di «amministrazione so

stitutiva» quando debba affrontare profili non decisi nella sentenza.

La posizione della Cassazione si riallaccia a una pronuncia del 1999

in tema di responsabilità contabile (Cass., sez. un., 19 marzo 1999, n.

166/SU. Foro it., Rep. 1999, voce Responsabilità contabile, n. 619, e

Giust. civ., 1999, I. 3347, con nota di Visca, Giurisdizione della Corte

dei conti in tema di responsabilità amministrativo-contabile del com

missario «ad acta»), rimasta estranea al dibattito della giurisprudenza amministrativa ma non a quello dottrinale (cfr. Aprea, Inottemperanza, inerzia e commissario «ad acta» nella giustizia amministrativa, Mila

no, 2003. 146, note 111-113; Caputi Jambrenghi, Commissario «ad

acta», voce dell' Enciclopedia del diritto, Milano, 2002, aggiornamento VI, 306, che aderisce alla pronuncia «per l'evidenziazione, che si co

glie pienamente nella sentenza, della finalità specifica dell'intervento

dell'organo straordinario in questione, quella riparatoria e ripristinato ria della prestazione mancata da parte dell'amministrazione ordinaria»;

Casetta, Manuale di diritto amministrativo, Milano, 2001, 842). La Cassazione è vicina a quella dottrina che — pur non accogliendo

per il commissario ad acta la tesi dell'organo dimidiato o misto — si è

Il Foro Italiano — 2004.

Svolgimento del processo. — Con citazione notificata il 10

maggio 1990, Montanaro Giuseppe, generale di brigata dell'ar

ma dei carabinieri, citava in giudizio il ministero della difesa ed i generali di corpo d'armata Monastra Vittorio e Giannattasio

Pietro, chiedendo che venisse accertato che l'attore non aveva

mai aderito alla loggia massonica P2 e che i convenuti venissero

condannati al risarcimento dei danni subiti nella sua carriera a

causa di tale erronea attribuzione.

espressa però criticamente rispetto a ogni netta contrapposizione tra la

natura di ausiliario del giudice e quella di organo straordinario del

l'amministrazione (Verrienti, Commento all'art. 27 r.d. 26 giugno 1924 n. 1054, in Commentario breve alle leggi sulla giustizia ammini

strativa a cura di Romano, Padova, 2001). La tesi dottrinale, riproposta

puntualmente dalla sentenza in epigrafe (cfr. punto 2.1), concentra la

propria attenzione sulla «questione della definizione dell'oggetto del

l'attività del commissario», nel cui ambito s'inserisce il tema della na

tura giuridica del commissario. Le conclusioni della Cassazione risultano comunque articolate.

a) Per l'impugnazione degli atti del commissario, la Cassazione ri

chiama la distinzione tra attività esecutiva del giudicato ed attività non

regolata dal giudicato e prende posizione a favore dell'orientamento, minoritario nella giurisprudenza amministrativa (ma accolto di recente

da Cons. Stato, sez. IV, 10 marzo 2004, n. 1167, <www.giustizia amministrativa.it>; sez. V 17 aprile 2002, n. 2006, Foro it., Rep. 2002, voce Giustizia amministrativa, n. 1323; sez. IV 3 aprile 2001, n. 1999,

id., 2001, III, 473, con nota di Sigismondo, secondo cui gli atti di con

formazione al giudicato sono impugnabili davanti al giudice dell'ot

temperanza, mentre gli atti espressione di una potestà ulteriore vanno

impugnati in un ordinario giudizio di legittimità (sulle due ipotesi e

sulla difficoltà di distinguerle in concreto, cfr. Travi, L'esecuzione

della sentenza, in Trattato di diritto amministrativo a cura di Cassese, 2" ed., Milano, 2003, V, 4650). Per l'indirizzo che non ammette questa distinzione, ritenendo che l'attività del commissario ad acta inerisca

sempre all'esecuzione del giudicato, cfr. Tar Campania, sede Salerno,

sez. I, 14 ottobre 2003, n. 995, <www.giustizia-amministrativa.it>; Cons. Stato, sez. IV, 6 marzo 2002, n. 1336, Foro it., Rep. 2002, voce

Corte dei conti, n. 44; sez. Ili 3 aprile 2001, n. 1773/00, ibid., voce

Giustizia amministrativa, n. 1320 (impropriamente queste ultime due

decisioni qualificano «giurisdizionali» gli atti del commissario); Cass., sez. un., 12 marzo 2001, n. 108/SU, id., Rep. 2001, voce cit., n. 1071;

per ulteriori riferimenti si rinvia alla giurisprudenza analizzata da Sigi

smondo op. cit. L'affermazione secondo cui ogni contestazione sul

l'attività del commissario dovrebbe essere proposta al giudice del

l'ottemperanza è coerente con l'asserita natura di organo ausiliare del

giudice (così, valorizzando il profilo «funzionale» del ruolo del com

missario, Tar Liguria, sez. I, 24 febbraio 2004, n. 186, <www.

giustizia-amministrativa.it>). In dottrina, per approfondimenti. Travi, L'esecuzione della sentenza,

cit., 4648-4650; per la «funzione giustiziale» del commissario, Caputi

Jambrenghi, Commissario «ad acta», cit., 299-307 (tesi ripresa da

Aprea. Inottemperanza, inerzia e commissario «ad acta» nella giustizia amministrativa, cit.); per un tentativo di valorizzare il testo dell'art. 88

r.d. 17 agosto 1907 n. 642 (secondo cui «l'esecuzione delle decisioni si

fa in via amministrativa»), Orsoni, Il commissario «ad acta», Padova,

2001, 113 e 139; per un'analisi critica della giurisprudenza ammini

strativa, Villata, Orientamenti recenti della giurisprudenza in tema di

giudizio di ottemperanza, in Dir. proc. amm., 1993, 191; per l'esigenza che ogni aspetto dell'attività amministrativa successiva al giudicato e

concernente la garanzia del bene della vita attribuito in via giurisdizio nale sia ricompreso nel giudizio d'ottemperanza, Sassani, Sul commis

sario all'ottemperanza quale organo dell'esecuzione forzata, in Riv.

dir. proc., 1992, 1143; in generale, Cioffi, Sul regime degli atti de!

commissario «ad acta» nominato dal giudice dell'ottemperanza, in

Trib. amm. reg., 2001, II, 1.

b) In relazione alla responsabilità civile del commissario, la Cassa

zione abbandona invece la distinzione tra attività di mera attuazione del

giudicato e attività non regolata dal giudicato; propendendo in maniera

più decisa per la natura amministrativa del commissario, ravvisa un

rapporto di servizio tra il commissario e l'amministrazione inadem

piente. Il commissario agisce in sostituzione dell'amministrazione e la

sua attività è imputata all'amministrazione inadempiente. La natura «sostanzialmente amministrativa» dell'attività del com

missario comporta l'inapplicabilità della disciplina sulla responsabilità civile dei magistrati, invocata dai ricorrenti in relazione all'art. I 1. 13

aprile 1988 n. 117, che tratta anche degli «estranei che partecipano al

l'esercizio della funzione giudiziaria» (probabilmente questa disposi zione non sarebbe comunque applicabile; le ragioni di un regime spe ciale di responsabilità dei giudici, ivi compresi quelli che non svolgono

professionalmente attività giurisdizionale e sono perciò «estranei», non

sembrano concernere gli organi ausiliari del giudice. In altri termini,

l'espressione «estranei che partecipano all'esercizio della funzione

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PARTE PRIMA 2220

Si costituivano i convenuti, che chiedevano il rigetto della

domanda.

Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 14091 del 1995, riget tava la domanda.

Proponeva appello l'attore.

La Corte di appello di Roma, con sentenza depositata il 4 ot

tobre 1999, in parziale accoglimento dell'appello principale, condannava i convenuti Giannattasio e ministero della difesa in

giudiziaria» dovrebbe riferirsi solo a coloro che svolgono funzioni giu risdizionali in senso stretto: così, con riferimento ai lavori preparatori. Martino, in Nuove leggi civ., 1989, 1225).

c) La «natura» del commissario ad acta in passato è stata invocata

anche per affrontare il tema del compenso al commissario. La giuris

prudenza più recente ha ritenuto applicabile in via analogica il d.p.r. 27

luglio 1988 n. 352 in favore dei periti e dei consulenti tecnici, assimi

lando, dunque, il commissario ad un organo ausiliare del giudice (così Cons. Stato, sez. IV, 18 ottobre 2002, n. 5734, Foro it., Rep. 2002, vo

ce cit., n. 1327; 13 settembre 2001, n. 4795, ibid., n. 1326; 30 maggio 2001, n. 2957, ibid., n. 1325; 27 marzo 2001, n. 1794, id., Rep. 2001.

voce cit., n. 1075; 19 marzo 2001, n. 1606, ibid., n. 1076; sez. VI, ord.

1° ottobre 1999, n. 1297, id.. Rep. 2000, voce cit., n. 1383; Tar Campa nia, sez. IV, 4 maggio 1993, n. 77, id., Rep. 1993, voce cit., n. 1040; Cons. Stato, sez. IV, ord. 20 agosto 1991, n. 659, id., Rep. 1992, voce

cit., n. 1106; sez. VI, ord. 20 febbraio 1990, n. 274, id., Rep. 1990, vo

ce cit., n. 865, che ha ritenuto il credito vantato dal commissario assi

stito dal privilegio per spese di giustizia di cui agli art. 2755 e 2770

c.c.). In precedenza, invece, la giurisprudenza riteneva che spettasse al

giudice stabilire il compenso del commissario, da porre a carico del

l'amministrazione inadempiente, in relazione alla complessità, alla du

rata, alle modalità di svolgimento dell'incarico (Tar Lazio, sez. I, 1°

ottobre 1994, n. 1447, id.. Rep. 1995. voce cit., n. 942; 30 aprile 1988, n. 542, id., Rep. 1988, voce cit., n. 811; 16 settembre 1987, n. 1496, id.,

1988, III. 467, con nota di richiami) nonché in relazione al risultato

prodotto (Cons. Stato, sez. V, ord. 10 marzo 1999, n. 226, id., Rep. 1999, voce cit., n. 1116). Attualmente l'art. 57 d.p.r. 30 maggio 2002 n.

115 (t.u. delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di

spese di giustizia) stabilisce che «al commissario ad acta si applica la

disciplina degli ausiliari del magistrato, per l'onorario, le indennità e

spese di viaggio e per le spese sostenute per l'adempimento dell'incari

co».

d) In merito ai poteri del giudice dopo la nomina del commissario ad

acta, la tesi del commissario ad acta come ausiliario del giudice, re

spinta dalla Cassazione, è all'origine della posizione che ravvisa la

permanenza in capo al giudice di ampi poteri di controllo ed indirizzo

dell'attività svolta dal commissario (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 10 marzo

2004, n. 1167, cit., che fa riferimento al «penetrante controllo» del giu dice nei confronti del «suo» ausiliare; Tar Veneto, sez. I, 1° marzo

2002, n. 986, <www.giustizia-amministrativa.it>; nonché i richiami

giurisprudenziali e dottrinali in Sigismondo op. cit.). Sembra più diffi

cile configurare un potere così incisivo da parte del giudice in relazione ad un organo amministrativo, seppure occasionale.

Con riferimento al potere dell'amministrazione inadempiente, la giu

risprudenza sostiene che la nomina del commissario ad acta in sede di esecuzione del giudicato non determini il venir meno del potere «con corrente» dell'amministrazione di adottare il provvedimento; anche do

po la scadenza del termine eventualmente assegnato dal giudice al l'amministrazione per provvedere il potere sussiste fino a quando il commissario non abbia provveduto (cfr. Tar Sicilia 16 luglio 2003, n.

1176, <www.giustizia-amministrativa.it>; Tar Puglia, sez. II, 31 otto bre 2001. n. 4797, Trib. amm. reg., 2001, I, 4205; Tar Campania, sez.

II, 12 ottobre 2001, n. 4561, ibid., 4150; 18 luglio 2000, n. 2877, id., 2000, I, 4490; Cons. Stato, sez. IV, 3 luglio 2000, n. 3641, Foro it.,

Rep. 2001, voce cit., n. 1028; Tar Lazio, sez. Ili, 18 maggio 2000, n.

4071, id.. Rep. 2000, voce cit., n. 1319; Cons. Stato, sez. V, 3 febbraio

1999, n. 109, id., Rep. 1999, voce cit., n. 1186; sez. VI 15 luglio 1998, n. 1094, ibid., n. 1187, e Urbanistica e appalti, 1999, 656, con nota di De Palma, La nomina del commissario «ad acta» non consuma il pote re dell'amministrazione; Tar Molise 19 marzo 1997, n. 55, Foro it.,

Rep. 1997, voce cit., n. 1074; Cons. Stato, sez. V, 7 ottobre 1996, n.

1202, id.. Rep. 1996, voce cit., n. 858; Tar Puglia, sez. I, 13 novembre

1995, n. 1160, ibid., n. 865; Cons. Stato, sez. VI, 27 aprile 1995, n.

373, ibid., n. 869; 19 gennaio 1995, n. 41, id., 1995, III, 129, con nota di richiami, e Giornale dir. amm., 1995, 976, con nota di Travi, Il giu dizio di ottemperanza e il termine per l'esecuzione del giudicato, e Dir.

proc. amm.. 1995, 786, con nota di Luce, Ancora sul giudizio di ottem

peranza, nonostante l'affermata perentorietà del termine; contra, Tar

Puglia, sez. I, 2 maggio 1994, n. 910, Foro it.. Rep. 1994, voce cit., n.

823, secondo cui dopo la nomina del commissario ad acta gli atti com

piuti dall'amministrazione inadempiente sono nulli per carenza di pote re). Questo orientamento giurisprudenziale sembra discendere (almeno in molte delle pronunce richiamate; ex plurimis, cfr. Tar Sicilia 16 lu

II Foro Italiano — 2004.

solido al risarcimento dei danni morali in favore del Montanaro,

da liquidarsi in separato giudizio. Riteneva il giudice di appello che il Tar Lazio, con sentenza

confermata dal Consiglio di Stato aveva accertato che non sus

sisteva la prova dell'affiliazione alla loggia da parte del Monta

naro.

Quanto al risarcimento del danno patrimoniale, riteneva la

corte territoriale che il Tar Lazio, con sentenza 1/83, confermata

dal Consiglio di Stato, aveva annullato il provvedimento con cui

il Montanaro non era stato iscritto nel quadro di avanzamento

dei colonnelli dell'arma, per l'anno 1982, con l'obbligo del

l'amministrazione di provvedere alla sua rivalutazione; che con

sentenza 803/84, confermata dal Consiglio di Stato, aveva ordi

nato al ministero di dare esecuzione alla prima; che, con senten

za n. 1982 del 1986, il Tar aveva rilevato l'illegittima inerzia

del ministero, poiché per effetto del giudicato, la pubblica am

ministrazione non aveva altro potere che quello di rinnovare il

giudizio; che la mancata ottemperanza alle varie sentenze era da

imputare non solo al ministero, ma anche al generale Giannatta

sio, nominato commissario ad acta dal Tar, che in luogo di dare

esecuzione alla sentenza 1/83 nel termine fissato di giorni ses

santa, scriveva solo in data 29 gennaio 1987, sollecitando gli

organi preposti, mentre egli era il destinatario della nomina di

commissario ad acta e quindi dell'obbligo di provvedere. Riteneva la corte di merito, tuttavia, che era stata davanti a lei

censurata solo la mancanza della pronunzia da parte dell'ammi

nistrazione e del commissario e non anche il merito del mancato

avanzamento in carriera, che presupponeva una valutazione di

esclusiva competenza della pubblica amministrazione; che non

era stato provato alcun danno patrimoniale in merito alla sola

circostanza della mancata pronuncia, per cui la relativa doman

da andava rigettata.

Quanto al danno morale, riteneva la corte di merito che i fatti

integrassero il reato di omissione di atti di ufficio, poiché la re

iterata mancata esecuzione delle sentenze del giudice ammini

strativo costituiva prova indiscutibile di comportamenti volonta

ri contra legem di organi della pubblica amministrazione, tra i

quali doveva individuarsi anche il generale Giannattasio, quale commissario ad acta.

Quanto alla domanda nei confronti del gen. Monastra, ritene

va la corte di merito che non sussistesse la prova dell'elemento

soggettivo. Avverso questa sentenza hanno proposto ricorso per cassa

zione il ministero della difesa ed il generale Pietro Giannattasio.

Resiste con controricorso l'attore, che ha proposto anche ri

corso incidentale e memoria.

Motivi della decisione. — 1. - Preliminarmente vanno riuniti i

ricorsi, a norma dell'art. 335 c.p.c. Con il primo motivo di ricorso i ricorrenti principali lamenta

no la violazione degli art. 2043 e 2059 c.c. e dell'art. 28 Cost.,

l'erroneità e contraddittorietà della motivazione e la non riferi

bilità all'amministrazione del comportamento del commissario

ad acta.

Assumono i ricorrenti che è stata ritenuta la responsabilità dell'amministrazione, sulla base del comportamento omissivo

del commissario ad acta, mentre da una parte l'attività di questi non era riferibile all'amministrazione, poiché egli agiva solo

glio 2003, n. 1176, cit.; Tar Molise 19 marzo 1997, n. 55, cit.; Cons.

Stato, sez. V, 7 ottobre 1996, n. 1202, cit.; sez. VI 27 aprile 1995, n.

373, cit.) dalla qualificazione del commissario ad acta come ausiliario del giudice. Pertanto, anche questo profilo potrebbe essere posto in di

scussione dalla pronuncia in epigrafe. Quanto al punto della sentenza secondo il quale ai fini della respon

sabilità civile dell'amministrazione, la riferibilità dell'illecito dell'a

gente è esclusa solo nel caso di attività strettamente personale del di

pendente, estranea ai fini istituzionali dell'ente pubblico e non colle

gata neppure con nesso di occasionalità necessaria con le attribuzioni

conferitegli (nel caso di specie è stata ritenuta riconducibile all'ammi nistrazione l'attività del commissario ad acta nel giudizio di ottempe ranza) — con particolare riferimento al concetto di «occasionalità ne cessaria» — cfr. Cass. 13 novembre 2002, n. 15930, Foro it.. Rep. 2002, voce Responsabilità civile, n. 407; 15 dicembre 2000, S., id.,

Rep. 2001, voce cit., n. 278; 12 agosto 2000, n. 10803, id., 2001, I, 3289, con nota di Giracca, cui adde Cass. 20 giugno 2000, Occhipinti, id., Rep. 2001, voce cit., n. 276; sez. un. 22 febbraio 1995. n. 1963, id.,

Rep. 1996, voce Impiegato dello Stato, n. 440. [G. D'Angelo]

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

come ausiliare del giudice amministrativo, ed inoltre, proprio

per questa attività paragiurisdizionale dello stesso, la sua even

tuale responsabilità non poteva essere fatta valere se non con gli stessi limiti e modalità di quella del giudice, dovendo esso ri

spondere direttamente al giudice del suo operato. 2.1. - Ritiene questa corte che il motivo è infondato e che lo

stesso vada rigettato. Non può essere condivisa la tesi secondo cui il commissario

ad acta, nominato in sede di giudizio di ottemperanza (art. 27 1.

26 giugno 1924 n. 1054) deve essere considerato non organo di

amministrazione attiva, bensì organo ausiliario del giudice del

l'ottemperanza, i cui atti sono impugnabili davanti allo stesso

giudice che lo ha nominato, anche da parte dell'amministrazio

ne inadempiente (come già osservato da Cass., sez. un., 19 mar

zo 1999, n. 166/SU, Foro it., Rep. 1999, voce Responsabilità contabile, n. 619).

Infatti va in primo luogo rilevato che nella tipologia delle mi

sure adottabili dal giudice dell'ottemperanza (misure intimative

repressive, sanzionatone e sostitutorie), la misura sostitutoria

del commissario ad acta costituisce la decisione di maggior ri

lievo tra le varie possibili, in quanto esprime il potere tipico e

speciale di detto giudice, nell'ambito della giurisdizione ammi

nistrativa di merito, di sostituirsi concretamente all'amministra

zione al fine di dare esecuzione ad un giudicato, rendendo ef

fettiva la tutela sostanziale della posizione giuridica protetta. E

tale misura, ampiamente utilizzata nella pratica giudiziaria, ha

suscitato in giurisprudenza ed in dottrina un notevole dibattito

circa la definizione della natura giuridica del commissario ad

acta ed il regime di impugnazione dei suoi atti, se innanzi allo

stesso giudice dell'ottemperanza o in sede di giurisdizione di

legittimità con la proposizione di un nuovo ricorso.

Al riguardo, la giurisprudenza del Consiglio di Stato ha pre valentemente ricostruito l'istituto configurando il commissario

non come organo, sia pure straordinario, di amministrazione at

tiva, ma esclusivamente come organo ausiliario del giudice del

l'ottemperanza, i cui provvedimenti sono impugnabili non me

diante ricorso davanti al giudice amministrativo in sede di legit timità ma solo innanzi al giudice dell'ottemperanza ex art. 27

t.u. Cons. Stato. In dottrina, per quanto riguarda la qualificazio ne del commissario ad acta, si sono affacciate, oltre alla tesi

prevalente che lo configura come organo ausiliario del giudice ed a quella che sottolinea il carattere amministrativo dell'attività

svolta, anche la tesi dell'organo misto, in parte ausiliario del

giudice ed in parte organo dell'amministrazione.

In quest'ultima prospettiva la questione della natura giuridica del commissario si inserisce pertanto nella più ampia questione della definizione dell'oggetto dell'attività esercitata: se essa è

vincolata al decisum del giudicato, recepito nel dictum del giu dice di ottemperanza, il commissario è organo del giudice, non

tanto come ausiliario nel senso processualcivilistico, quanto come organo di giurisdizione esecutiva, cui è devoluto di attuare

l'ordine giudiziale, in sostituzione dell'amministrazione inot

temperante; se invece l'attività del commissario, pur originata dalla necessità di attuare il decisum del giudicato e suscitata

dalle prescrizioni del giudice di ottemperanza, non si limita al

riesercizio o alla riedizione del potere assorbito dalla vicenda

ottemperativa del giudicato, ma si inserisce nel ciclo normale

del potere, riattivato dopo la sospensione determinata proprio dal giudicato, con i poteri sostitutori conferiti dal giudice di me

rito, egli è organo, pur straordinario, dell'amministrazione, al

meno sul piano funzionale, cui è devoluto non solo di attuare la

prescrizione del giudicato (così come recepita nella decisione

che ne ha previsto l'istituzione), cioè non solo di esercitare una

funzione di giurisdizione esecutiva, ma anche di esercitare una

funzione di amministrazione sostitutiva in virtù dei poteri confe

riti dal giudice dell'ottemperanza, che è essenzialmente giudice del merito dell'attività amministrativa.

2.2. - La distinzione si riflette anche sul regime dei mezzi di

tutela avverso gli atti del commissario, impugnabili innanzi al

giudice dell'ottemperanza solo quando siano direttamente ri

collegabili ad un'attività di conformazione al giudicato, di natu

ra strettamente vincolata; ed invece soggetti all'ordinario con

trollo di legittimità, ove siano espressione di poteri discrezionali

ultronei rispetto alla vicenda ottemperativa disegnata nel giudi

cato, con maggiori poteri prescrittivi accordati al commissario.

2.3. - Chiarito quanto innanzi, sembra che la c.d. teoria mista

sia la più adeguata a comprendere l'istituto nella sua complessa

Il Foro Italiano — 2004.

tipicità, perché se, in buona sostanza, il commissario ad acta

agisce quale longa manus del giudice ma sostituendosi alla pub blica amministrazione per eseguire un giudicato, due elementi

sono incontestabili: che nel momento genetico dell'investitura il

commissario assume le vesti di organo ausiliario del giudice, ancorché tale espressione non si identifichi con l'analogo con

cetto processualcivilistico; che, tuttavia, nel momento funzio

nale, pone in essere i provvedimenti omessi dall'amministrazio

ne inottemperante, eppertanto agisce attraverso atti amministra

tivi che però, per la loro particolare collocazione nella vicenda

ottemperativa (la cui scansione logica si articola nelle seguenti fasi: giudicato ricorso al giudice dell'ottemperanza

— misura

sostitutoria — nomina del commissario — attività di quest'ul

timo), sono impugnabili davanti al giudice amministrativo (in sede di legittimità oppure anche di merito) ma non revocabili o

sostituibili da parte della pubblica amministrazione.

2.4. - Ora non è chi non veda come l'impugnabilità degli atti

commissariali, concernendo la sola legittimità degli stessi, lasci

scoperta l'area dell'eventuale illiceità del comportamento del

commissario che, ove non integri ipotesi penalmente persegui bili, risulterebbe esente da responsabilità, sotto il profilo ammi

nistrativo-contabile o risarcitorio. Ma se si considera che il

commissario, agendo in vece dell'amministrazione inadem

piente, si inserisce, ancorché in via provvisoria, nell'organizza zione amministrativa ed instaura con quest'ultima

— sotto il

profilo funzionale — un occasionale rapporto di servizio (dal momento che la sua attività, pur fondandosi sull'ordine conte

nuto nella decisione emanata in sede di ottemperanza, è prati camente la stessa che avrebbe dovuto essere prestata dall'am

ministrazione), emergono tutti gli elementi per la valutazione di

una sua responsabilità civile o per quella della pubblica ammi

nistrazione, a cui lo stesso si è sostituito.

2.5. - In tema di responsabilità della pubblica amministrazio

ne, per la riferibilità all'amministrazione del fatto illecito del

dipendente occorre che questo sia e si manifesti come esplica zione dell'attività della stessa pubblica amministrazione, in

quanto diretta al conseguimento dei suoi fini istituzionali nel

l'ambito del servizio al quale il dipendente è addetto.

Consegue, che siffatta riferibilità deve ritenersi esclusa nel

caso di attività strettamente personale del dipendente, estranea

ai fini istituzionali, e non collegata neppure con nesso di occa

sionalità necessaria con le attribuzioni affidate (Cass. 6617/00,

id., Rep. 2000, voce Responsabilità civile, n. 304). 2.6. - Ciò vale anche nel caso in cui sia proposta domanda

con cui un dipendente pubblico chiama a rispondere l'ammini

strazione cui egli appartiene, in solido con un funzionario della

stessa, del danno che assume di aver subito a seguito ed in con

seguenza del comportamento omissivo addebitato al funzionario

medesimo a titolo di colpa grave o di dolo, in virtù del rapporto di immedesimazione organica che, ai sensi dell'art. 28 Cost., le

ga il dipendente autore del fatto illecito all'ente pubblico e che

si può ritenere interrotto soltanto quando il comportamento del

l'agente non sia diretto a conseguire finalità istituzionali proprie dell'ufficio al quale è addetto, ma sia determinato da motivi

strettamente personali e comunque estranei all'ente (Cass., sez.

un., 22 febbraio 1995, n. 1963, id.. Rep. 1996, voce Impiegato dello Stato, n. 440).

2.7. - E appena il caso di aggiungere, per completezza di di

scorso e perché i ricorrenti vi fanno accenno, che non trova ap

plicazione il principio della responsabilità civile dei magistrati

per il risarcimento dei danni cagionati nell'esercizio delle fun

zioni giudiziarie di cui alla 1. 13 aprile 1988 n. 117 in quanto

nell'espressione «estranei che partecipano all'esercizio della

funzione giudiziaria» (art. 1, n. 1,1. cit.) non possono ricom

prendersi i commissari ad acta, i quali — come sopra detto —

esercitano, nell'ambito del giudizio di ottemperanza, un'attività

sostanzialmente amministrativa.

3. - Ne consegue che nella specie il primo motivo di ricorso è

infondato, a parte l'ulteriore rilievo che la sentenza impugnata ha ritenuto che il comportamento omissivo del ministero fosse

da individuare in tutto il complesso di inottemperanze delle va

rie sentenze amministrative, tra le quali rientrava anche il com

portamento del commissario ad acta.

Pertanto il comportamento omissivo del commissario ad acta

costituisce nella costruzione argomentativa della sentenza im

pugnata, solo uno dei vari comportamenti omissivi facenti capo a dipendenti del ministero. (Omissis)

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