+ All Categories
Home > Documents > sezione III civile; sentenza 18 maggio 2001, n. 6819; Pres. Duva, Est. Segreto, P.M. Raimondi...

sezione III civile; sentenza 18 maggio 2001, n. 6819; Pres. Duva, Est. Segreto, P.M. Raimondi...

Date post: 31-Jan-2017
Category:
Upload: ngokhuong
View: 215 times
Download: 0 times
Share this document with a friend
4
sezione III civile; sentenza 18 maggio 2001, n. 6819; Pres. Duva, Est. Segreto, P.M. Raimondi (concl. conf.); Caparesi (Avv. Leproux, Biamonti) c. Soc. Grande distribuzione avanzata Postalmarket (Avv. Bosco, Parenti). Conferma App. Roma 19 marzo 1998 Source: Il Foro Italiano, Vol. 124, No. 11 (NOVEMBRE 2001), pp. 3183/3184-3187/3188 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23197636 . Accessed: 28/06/2014 11:37 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 92.63.97.126 on Sat, 28 Jun 2014 11:37:11 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
Transcript
Page 1: sezione III civile; sentenza 18 maggio 2001, n. 6819; Pres. Duva, Est. Segreto, P.M. Raimondi (concl. conf.); Caparesi (Avv. Leproux, Biamonti) c. Soc. Grande distribuzione avanzata

sezione III civile; sentenza 18 maggio 2001, n. 6819; Pres. Duva, Est. Segreto, P.M. Raimondi(concl. conf.); Caparesi (Avv. Leproux, Biamonti) c. Soc. Grande distribuzione avanzataPostalmarket (Avv. Bosco, Parenti). Conferma App. Roma 19 marzo 1998Source: Il Foro Italiano, Vol. 124, No. 11 (NOVEMBRE 2001), pp. 3183/3184-3187/3188Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23197636 .

Accessed: 28/06/2014 11:37

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

.

Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.

http://www.jstor.org

This content downloaded from 92.63.97.126 on Sat, 28 Jun 2014 11:37:11 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 2: sezione III civile; sentenza 18 maggio 2001, n. 6819; Pres. Duva, Est. Segreto, P.M. Raimondi (concl. conf.); Caparesi (Avv. Leproux, Biamonti) c. Soc. Grande distribuzione avanzata

PARTE PRIMA

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 18

maggio 2001, n. 6819; Pres. Duva, Est. Segreto, P.M. Rai

mondi (conci, conf.); Caparesi (Avv. Leproux, Biamonti) c.

Soc. Grande distribuzione avanzata Postalmarket (Avv. Bo

sco, Parenti). Conferma App. Roma 19 marzo 1998.

Contratto in genere, atto e negozio giuridico — Interpreta zione secondo buona fede — Presupposti

— Fattispecie

(Cod. civ., art. 1363, 1366). Contratto in genere, atto e negozio giuridico — Interpreta

zione — Criteri — Fattispecie (Cod. civ., art. 1362). Contratto in genere, atto e negozio giuridico — Contratti dei

consumatori — Disciplina interpretativa — Efficacia

(Disp. sulla legge in generale, art. 11; cod. civ., art. 1469

quater, 1. 6 febbraio 1996 n. 52, disposizioni per l'adempi mento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle

Comunità europee -

legge comunitaria 1994, art. 1-8, 48, 55

57).

Posto che l'interpretazione del contratto secondo buona fede costituisce mezzo ermeneutico sussidiario che presuppone la

(1-2) I. - Giunge all'epilogo la vicenda processuale della pubblica offerta di un premio di valore, effettuata — nell'ambito di una campa gna pubblicitaria — da una nota azienda di vendita per corrispondenza. In primo grado i giudici avevano rigettato l'opposizione della Postal market al decreto ingiuntivo ottenuto dalla ricorrente, condannando l'a zienda a pagare trenta milioni quale equivalente del valore dell'opera d'arte offerta per le ordinazioni effettuate (v. Trib. Roma 11 gennaio 1995, Foro it., 1995, I, 1355, con nota di P. Lorusso). Il giudizio veni va ribaltato in appello con la revoca del decreto ingiuntivo ed il rigetto della domanda dell'attuale ricorrente, sul presupposto che quest'ultima fosse conscia di aver vinto solo un esemplare tratto dall'opera origina le, cioè una copia, e quindi negando l'effetto ingannatorio ed il conse

guente affidamento della parte. La Cassazione, nel confermare la sentenza d'appello, ribadisce il

proprio orientamento in merito al senso letterale delle parole quale im

prescindibile dato di partenza dell'indagine ermeneutica: v. Cass. 18

luglio 2000, n. 9438, id., Rep. 2000, voce Contratto in genere, n. 459, secondo cui l'interpretazione del contratto rientra nella competenza istituzionale del giudice di merito, il quale deve seguire la gradualità dei criteri stabiliti dall'art. 1362 c.c., così che, ove ritenga di aver rico struito la volontà delle parti sulla base delle espressioni letterali usate, non ha l'obbligo di fare ricorso ai criteri sussidiari, la cui adozione è

legittima e necessaria solo quando l'interpretazione letterale dia adito a dubbi. V. anche Cass. 24 aprile 1998, n. 4221, id.. Rep. 1998, voce cit., n. 395, ove si precisa che i criteri d'interpretazione della volontà con

trattuale, stabiliti dagli art. 1362 ss. sono graduali, sì che, se il giudice del merito ritiene di averla ricostruita in base alle espressioni letterali usate dalle parti, valutando il contratto nella sua interezza, non ha l'ob

bligo di ricorrere agli altri criteri extratestuali; nonché Cass. 18 agosto 1986, n. 5073, id., Rep. 1987,-voce cit., n. 316, che rimarca come, per essere il giudice tenuto a indagare quale sia stata la comune volontà dei

contraenti, l'elemento letterale esaurisce ed assorbe ogni altro possibile mezzo d'interpretazione soggettiva solo quando non sussista alcuna ra

gione di divergenza tra le espressioni adoperate nel contratto e lo spi rito della convenzione; spetta al giudice del merito il potere-dovere di stabilire se la comune intenzione delle parti risulti in modo certo e im mediato dalla dizione letterale del contratto o se occorra accertarla me diante un'ulteriore indagine secondo le regole stabilite nel codice; an

cora, Cass. 15 maggio 1987, n. 4472, ibid., n. 305, a cui avviso il prin cipio f'/j claris non fit interpretatio — ancorché non possa essere inteso nel suo significato letterale, posto che al giudice del merito incombe

sempre l'obbligo di individuare esattamente la volontà delle parti — è sostanzialmente operante quando il significato delle parole usate nel contratto sia tale da rendere palese l'effettiva volontà dei contraenti: nel

qual caso l'attività del giudice può, e deve, limitarsi al riscontro della chiarezza e univocità del tenore letterale dell'atto per rilevare detta volontà e diventa inammissibile qualsiasi ulteriore attività interpretativa che condurrebbe il giudice a sostituire la propria soggettiva opinione alla volontà dei contraenti. Per Cass. 18 luglio 1987, n. 6359, ibid., n.

306, nella ricerca della comune intenzione delle parti contraenti, il pri mo e principale strumento dell'operazione interpretativa è costituito dalle parole ed espressioni di contratto: qualora queste consentano di ricavarne il contenuto in maniera sufficientemente precisa, il giudice non può ricercarne uno diverso, venendo così a sovrapporre la propria soggettiva opinione all'effettiva volontà dei contraenti. Cfr. anche Cass. 8 marzo 1986, n. 1582, id., Rep. 1986, voce cit., n. 274, ove, pe raltro, si rileva che nell'interpretazione del contratto il ricorso ad ele menti diversi da quello letterale, che si pone come primo ma non pre minente strumento ermeneutico, non è consentito solo quando il signi ficato delle parole usate sia univoco, la volontà delle parti risulti in modo certo dal tenore letterale e non sussista ragione di divergenza fra

Il Foro Italiano — 2001

persistenza di un dubbio suI reale significato delle dichiara

zioni contrattuali delle parti, non è dato farvi ricorso quando il giudice di merito, attraverso l'esame degli elementi di pro va raccolti, abbia già accertato l'effettiva volontà delle par ti. (1)

Nella ricerca della comune intenzione delle parti contrattuali il

principale strumento dell'operazione interpretativa è costi

tuito dalle parole ed espressioni del contratto, la cui chiarez

za preclude al giudice la ricerca di una ratio diversa, sovrap

ponendo la propria soggettiva opinione all'effettiva volontà

dei contraenti (nella specie, è stata confermata la sentenza

con cui i giudici d'appello avevano ritenuto che le espressio ni usate nella comunicazione di vincita pervenuta alla ricor

rente non inducessero a ritenere che oggetto della vincita fos se un'opera d'arte originale, ma al più litografie o mere co

pie, sì che la domanda relativa all'originale dell'opera d'arte, o al suo equivalente valore, andava rigettata). (2)

L'art. 1469 quater c.c. ha effetto solo per i contratti successivi

all'entrata in vigore della I. 52/96, che lo ha introdotto nel

l'ordinamento, oltre che per gli effetti ancora in corso di

quelli stipulati anteriormente. (3)

la lettera e lo spirito del patto; pertanto, il giudice del merito, allorché riconosce che le parole usate non sono congrue rispetto all'effettiva volontà dei contraenti, deve dar conto dei diversi elementi con cui rico struisce l'intento comune delle parti.

Alcune pronunce pongono il criterio letterale come limite vero e pro prio all'indagine del giudice: v. Cass. 24 febbraio 1990, n. 1416, id.,

Rep. 1990, voce cit., n. 266, che precisa come, allorché la volontà delle

parti emerga in modo certo ed immediato dalle espressioni adoperate, l'elemento letterale, che deve essere applicato nel primo momento in

terpretativo. assorbe ed esaurisce ogni altro criterio d'interpretazione del contratto ed impone al giudice di limitarsi all'esame del senso lette rale delle parole; adde Cass. 28 giugno 1986, n. 4309, id., Rep. 1986, voce cit., n. 273; 6 giugno 1983, n. 3831. id.. Rep. 1984, voce cit.. n. 163. e 11 marzo 1983, n. 1845, id., Rep. 1983, voce cit., n. 204, secon do le quali, se non sussiste ragione di divergenza tra senso letterale e

spirito dell'accordo, è addirittura inammissibile per il giudice ricorrere a qualsiasi altro criterio interpretativo, non potendo egli sovrapporre la

propria soggettiva opinione all'effettiva volontà dei contraenti; 17 set tembre 1983, n. 5620, id., Rep. 1985, voce cit., n. 180.

Sulla scorta dell'insegnamento dottrinario (cfr., ex multis, C.M.

Bianca, Diritto civile. 3. Il contratto, Milano, 1984), Cass. 21 maggio 1983, n. 3526, Foro it.. Rep. 1983. voce cit., n. 200, rimarca peraltro che, nell"interpretare il contratto, si deve indagare quale sia stata la comune intenzione delle parti, senza limitarsi al senso letterale delle

parole; l'art. 1362 va inteso nel senso che, pur essendo l'accertamento della comune intenzione lo scopo precipuo dell'attività interpretativa, la lettera delle dichiarazioni contrattuali deve rappresentare pur sempre il punto di partenza, sicché, qualora si assuma che l'intenzione delle

parti contrasti con il significato proprio delle parole usate, occorre dar ne una rigorosa dimostrazione, specie quando tale significato sia in sé

compiuto e univoco. Si è anche detto che l'indagine ermeneutica non deve limitarsi al senso letterale delle parole e che oggetto della ricerca è l'elemento logico, necessario per l'individuazione dell'effettiva vo lontà dei contraenti: così Cass. 14 marzo 1990, n. 2058, id., Rep. 1990, voce cit., n. 265; 21 novembre 1983, n. 6935, id.. Rep. 1983, voce cit.. n. 196; 22 ottobre 1981, n. 5528, id.. Rep. 1981, voce cit., n. 193; 10

gennaio 1980, n. 198, id.. Rep. 1980, voce cit.. n. 173. D'altronde, deve comunque tenersi presente (Cass. 22 ottobre 1981,

n. 5528, id.. Rep. 1981, voce cit., n. 188) che il giudice non è vincolato

all'interpretazione che le parti danno al contratto, ma alla domanda ed ai fatti confessati dalle parti, per cui non può adottare un'interpretazio ne contraria alla volontà comune affermata dalle parti in giudizio.

II. - In merito al problema delle promesse ingannevoli di premi al consumatore, deve registrarsi l'importanza assegnata dalla giurispru denza al criterio interpretativo basato sulla necessità di valutare la sus sistenza di una specifica esperienza del consumatore nel settore. Se condo tale orientamento (Trib. Milano 12 novembre 1992, id., Rep. 1993, voce Concorrenza (disciplina), n. 198), dalla diuturnitas del rap porto intercorrente con la società di distribuzione deriverebbe una mag giore esperienza da parte del consumatore che, in quanto più smalizia to, avrebbe la possibilità di comprendere d'esser di fronte a promesse ingannevoli. Questa linea interpretativa si ricollega ad alcune pronunce della Suprema corte (Cass. 12 gennaio 1991, n. 257, id., Rep. 1991, vo ce Contratto in genere, n. 355; 6 febbraio 1982, n. 683, id., Rep. 1982, voce cit.. n. 240) a cui dire gli artifici o raggiri, la reticenza o il silenzio in cui si concreta un comportamento doloso devono essere valutati in relazione alle particolari circostanze di fatto e alle qualità e condizioni

soggettive dell'altra parte, onde stabilire se erano idonei a sorprendere una persona di normale diligenza, giacché l'affidamento non può rice vere tutela giuridica se fondato sulla negligenza.

Interessante, al riguardo, il rilievo conferito all'autodisciplina del

This content downloaded from 92.63.97.126 on Sat, 28 Jun 2014 11:37:11 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 3: sezione III civile; sentenza 18 maggio 2001, n. 6819; Pres. Duva, Est. Segreto, P.M. Raimondi (concl. conf.); Caparesi (Avv. Leproux, Biamonti) c. Soc. Grande distribuzione avanzata

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Svolgimento del processo. — Con atto notificato il 27 aprile 1991 la Grande distribuzione avanzata Postalmarket s.p.a. pro

poneva opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso dal

presidente del Tribunale di Roma in data 19 marzo 1991, con il

quale le si ingiungeva di consegnare alla ricorrente Caparesi Adriana un esemplare dell'opera di Emilio Greco del valore di

trenta milioni di lire o il suo equivalente in denaro.

L'opponente assumeva l'infondatezza della pretesa della ri

corrente opposta, in quanto era chiaro dalla comunicazione di

settore pubblicitario, con il relativo codice, che tende a tutelare anche e

soprattutto il consumatore meno provveduto ed agguerrito criticamente

(v. L.C. Ubertazzi, La giurisprudenza del giurì di autodisciplina pub blicitaria: alcune osservazioni, id., 1986, I, 2948; Giurì codice autodi

sciplina pubblicitaria 15 aprile 1980, n. 9, in Giurisprudenza completa del giurì di autodisciplina pubblicitaria a cura di L.C. Ubertazzi, Mi

lano, 1986). Sul tema specifico della pubblicità ingannevole, disciplinato dal

d.leg. 25 gennaio 1992 n. 74, di attuazione della direttiva Cee 450/84, v., per una panoramica nei principali settori d'interesse, C. Alvisi, Pa

rallelismi ed interferenze fra ordinamento autodisciplinare e ordina

mento statuale in tema di repressione del mendacio pubblicitario nel

settore delle comunicazioni cellulari, in Resp. comunicazione impresa, 1999, 125; C.S. Carrassi, Attività dell'Autorità garante della concor

renza e del mercato nei servizi turistici, con particolare riferimento ai

provvedimenti in materia dì pubblicità ingannevole, in Economia e dir.

del terziario, 1997, 1015; V. Franceschelli, Il messaggio pubblicitario come ipotesi di pubblicità ingannevole e come elemento della fattispe cie «concorrenza sleale», in Riv. dir. ind., 1998, II, 221; S. Capitano, Alcune riflessioni in tema di pubblicità ingannevole e televendite, in

Disciplina comm., 1998, 288, e Ancora in tema di pubblicità inganne vole: il caso «Millionaire card», ibid., 567; M. Granieri, Garanzie commerciali e pubblicità ingannevole, id., 1997, 1197; G. Besia, Of

ferta di connessione ad Internet e pubblicità ingannevole, in Riv. dir.

ind., 1997, II, 197; nonché, in merito allo specifico aspetto delle ven

dite per corrispondenza con operazioni a premi, R. Bitetti, Vendite per

corrispondenza, operazioni a premi e conseguenze giuridiche della

pubblicità ingannevole, in Nuova giur. civ., 1996,1, 452.

La dottrina, nel ritenere ingannevole anche la pubblicità che sugge stiona anziché informare, distingue tra falsa informazione in senso

stretto (relativa al criterio della conformità al vero dell'affermazione o

rappresentazione) e falso in senso ampio, concernente le modalità di

rappresentazione del messaggio pubblicitario, concretandosi in affer

mazioni vere ma presentate in modo subdolo o tendenzioso (Alpa

Rossello, Prime note sull'attuazione della direttiva comunitaria in

materia di pubblicità ingannevole, in Dir. informazione e informatica, 1992. 267; F. Cafaggi, Pubblicità commerciale, voce del Digesto comm., Torino, 1995, XI, 460, che pure considera come le capacità de

codificative dei molteplici destinatari del messaggio pubblicitario siano

diverse, talché il quesito sullo standard da adottare in relazione alla

percezione del messaggio pubblicitario si risolve normalmente pren dendo in considerazione il consumatore più sprovveduto, a meno che

non vi siano interessi di una parte dei destinatari tali da giustificare l'adozione dello standard del consumatore medio). Ai fini della valuta

zione d'ingannevolezza si prescinde dalla considerazione di elementi

concernenti il dolo o la colpa dell' operatore pubblicitario adottandosi

un criterio oggettivo: così F. Cafaggi, op. cit., 461, il quale pone altresì

in rilievo (477) che la pubblicità ingannevole può avere rilevanza ai fini

della formazione e della validità del contratto anche indipendentemente dall'ipotesi che configuri dolo contrattuale, sì che la tutela inibitoria di

cessazione e quella a carattere restitutorio, il c.d. corrective advertising,

possano operare anche a prescindere dalla colpa o dal dolo.

Altro rilievo attiene alla natura giuridica dell'attribuzione del pre mio, che secondo buona parte della dottrina e della giurisprudenza non

costituisce (proposta di) donazione (G. Sicchiero, Osservazioni sul

contratto gratuito atipico, in Giur. it., 1995, I, 2, 945, che analizza at

tentamente le posizioni dottrinarie al riguardo; Trib. Roma 11 gennaio 1995, cit.; Trib. Milano 12 novembre 1992, cit.).

(3) Nel senso della massima, v. Cass. 29 novembre 1999, n. 13339, Foro it., Rep. 2000, voce Contratto in genere, n. 379, che rimarca come

la nuova disciplina dei contratti del consumatore non sia applicabile ai

contratti stipulati prima della sua entrata in vigore, in virtù del generale

principio dell'irretroattività della legge, e Trib. Palermo 7 aprile 1998,

id., 1998, I, 1624, con osservazioni di G. Lener, secondo cui gli art.

1469 bis ss. sono applicabili a rapporti negoziali pendenti alla data di

entrata in vigore della novella legislativa in materia di clausole vessato

rie. In dottrina, v. M. Granieri, in Danno e resp., 1998, 906; D. Maffeis,

Somministrazione di energia elettrica e vessatorietà di clausole, in

Contratti, 1998, 344; G. Alpa-S. Patti, Le clausole vessatorie nei con

tratti con i consumatori-Commentario agli art. 1469 bis - 1469 sexies

c.c., Milano, 1997, passim; E. Capobianco, La nuova disciplina delle

clausole vessatorie nei contratti con i consumatori (art. 1469 bis - 1469

sexies c.c.), in Vita not., 1996, 1142. [A. Fabrizio-Salvatore]

Il Foro Italiano — 2001

vincita che l'istante aveva vinto solo una copia riproduttiva del

l'originale, questo sì del valore di trenta milioni di lire.

Resisteva la Caparesi. Il Tribunale di Roma, con sentenza dell'11 gennaio 1995

(Foro it., 1995,1, 1355) rigettava l'opposizione.

Proponeva appello la Postalmarket.

La Corte d'appello di Roma, con sentenza depositata l'8

aprile 1998, in accoglimento dell'appello, revocava il decreto

ingiuntivo e rigettava la domanda della Caparesi. Riteneva la corte d'appello che nel plico inviato dalla Po

stalmarket all'appellata vi era una comunicazione secondo cui il

maestro Emilio Greco aveva consentito di trarre un numero li

mitato di esemplari da una sua splendida opera d'arte originale; che tra i premi offerti in precedenza e non ritirati vi era un'o

pera del detto maestro del valore di trenta milioni di lire, con

vertibili in gettoni d'oro; che in detto plico vi era anche un buo

no d'ordine speciale, che la Caparesi inoltrava per un totale di

acquisto per ottantamila lire.

Secondo il giudice d'appello la Caparesi, alla luce di queste circostanze, era ben consapevole di aver vinto solo un esempla re tratto dall'opera originale, e cioè una copia, per cui non vi era

stato nessun effetto ingannatorio della Postalmarket e nessun af

fidamento dell'appellata. Secondo la corte territoriale, tuttavia, la pubblicità effettuata

era scorretta ed ambigua, in quanto la stessa poteva far pensare non a mere copie, ma a litografie dell'opera.

Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione la

Caparesi. Resiste la Postalmarket con controricorso, che contiene anche

ricorso incidentale condizionato.

Entrambe le parti hanno presentato memorie.

Motivi della decisione. — 1. - Preliminarmente vanno riuniti i

ricorsi, ai sensi dell'art. 335 c.p.c. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente lamenta la viola

zione e falsa applicazione degli art. 345 e 112 c.p.c., nonché la

violazione e falsa applicazione degli art. 1427 ss., 1439 ss. e

1441 c.c., nonché il mancato esame di un punto decisivo e di

fetto assoluto di motivazione.

Assume la ricorrente che essa aveva già eccepito in appello l'inammissibilità del gravame concernente il preteso difetto di

idoneità ingannatoria della proposta inviata dalla Postalmarket,

poiché durante il primo grado la controparte aveva espressa mente limitato l'oggetto della controversia al solo «valore della

prestazione», mentre l'eccezione di annullamento, richiedendo

una pronuncia costitutiva, necessita di una domanda in tal sen

so, inammissibile in appello. Inoltre la ricorrente rileva che è solo il soggetto passivo del

dolo che può invocare l'annullamento del contratto e non il

soggetto attivo, che non è legittimato al riguardo. Assume poi la ricorrente che erano inammissibili le eccezioni

mosse in sede d'appello di nullità del contratto per difetto di

causa o di accordo.

2.1. - Il motivo è infondato e va rigettato. Contrariamente all'assunto della ricorrente il thema disputan

dum è rimasto, anche in grado d'appello, quello relativo all'in

terpretazione del contratto intervenuto tra le parti. Infatti il giudice d'appello ha ritenuto che fosse posto il moti

vo d'appello nel merito avverso la decisione di primo grado

(«errata interpretazione da parte del primo giudice dell'effetto

ingannatorio del bando in generale ... poiché chiarissimo nel ri

ferirsi ad una copia dell'originale, e, in particolare sul soggetto

specifico ...»). In questi termini ha deciso la corte di merito che, sulla base

della documentazione prodotta dalle parti, ha ritenuto sì che non

vi fosse un effetto ingannatorio nel comportamento della società

appellante e la conseguente esistenza di un affidamento tutela

bile da parte dell'appellata, ma sempre nell'ambito dell'inter

pretazione del contratto.

Infatti il giudice d'appello si sofferma a valutare quale fosse

il contenuto della documentazione spedita dalla Postalmarket

alla Caparesi, per trarne poi la conseguenza che da esso non si

poteva non essere consapevoli che la vincita atteneva solo ad

una copia e non all'originale dell'opera d'arte.

Se questa poi fosse l'esatta interpretazione della proposta contrattuale (e quindi del contratto) è una questione che attiene

al secondo motivo del ricorso.

2.2. - Ciò che va messo in rilievo in relazione al primo moti

vo di ricorso è che la sentenza impugnata, interpretandola cor

This content downloaded from 92.63.97.126 on Sat, 28 Jun 2014 11:37:11 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 4: sezione III civile; sentenza 18 maggio 2001, n. 6819; Pres. Duva, Est. Segreto, P.M. Raimondi (concl. conf.); Caparesi (Avv. Leproux, Biamonti) c. Soc. Grande distribuzione avanzata

PARTE PRIMA

rettamente (come rientra nei poteri del giudice dell'impugna

zione), non ha esaminato e deciso su un eventuale vizio del con

senso della Caparesi, ma sul contenuto del contratto intervenuto

tra lei e la Postalmarket (e tanto meno ha deciso su eventuali

cause di nullità dello stesso). Infatti il giudice d'appello ha ritenuto che l'opera d'arte in

originale non fosse dovuta, non in quanto sussisteva una causa

di annullamento del contratto (dolo) o addirittura una causa di

nullità, bensì l'esatto contrario e cioè che l'oggetto del contratto

(evidentemente valido) fosse una riproduzione dell'originale e

che di tanto fosse consapevole non solo la Postalmarket ovvia

mente, ma anche la Caparesi. In altri termini, dalla lettura della sentenza impugnata si in

tende che i giudici d'appello hanno ritenuto che la comune in

tenzione delle parti (art. 1362 c.c.), espressa nel contratto, aves

se ad oggetto una riproduzione dell'opera e non l'originale della

stessa.

3.1. - È vero che la sentenza impugnata si è posta anche il

problema della portata ingannatoria della proposta della Postal

market e dell'affidamento della Caparesi, ma ciò non nell'ottica

di un i ntuale annullamento del contratto, come ritiene la ri

corrente, ma in quella dell'interpretazione del contratto.

Infatti tra i criteri interpretativi del contratto, vi è anche

quello secondo cui il contratto deve essere interpretato secondo

buona fede (art. 1366 c.c.). La buona fede è un criterio che serve ad escludere, nell'inter

pretazione del contratto, il ricorso ad un significato unilaterale o

sforzato o contrastante con un criterio di affidamento dell'uomo

medio (Cass. 13 dicembre 1978, n. 5939, id., Rep. 1979, voce

Contratto in genere, n. 217). Il principio dell'interpretazione dei contratti secondo buona

fede, che rappresenta il punto di sutura tra la ricerca della reale

volontà delle parti — costituente il primo momento del processo

interpretativo, in base alla comune intenzione ed al senso lette

rale delle parole — ed il persistere di un dubbio sul preciso

contenuto della volontà contrattuale, in base ad un criterio

obiettivo, avente per fondamento un canone di reciproca lealtà

nella condotta tra le parti, ed a tutela dell'affidamento che cia

scuna parte deve porre sul significato della dichiarazione del

l'altra, costituisce un mezzo sussidiario dell'interpretazione conferito al giudice, il quale presuppone la persistenza di un

dubbio sul reale significato delle dichiarazioni contrattuali. Tale

principio non è pertanto invocabile quando il giudice, attraverso

l'esame degli elementi di prova raccolti, abbia già accertato

l'effettiva volontà delle parti (Cass. 14 aprile 1975, n. 1418, id.,

Rep. 1975, voce cit., n. 209). 3.2. - Nella fattispecie, quindi, il giudice di merito, avendo

ritenuto che la Caparesi era ben consapevole che si trattava di

una riproduzione, sulla base di quanto emergeva dal contenuto

letterale della proposta contrattuale, correttamente ha ritenuto

che non sussistesse un problema di affidamento della Caparesi. Ciò denota che nell'operazione interpretativa della comune

volontà delle parti il giudice di merito non ha ritenuto perma nessero dubbi sul contenuto contrattuale in questione, tale da

rendere necessaria l'adozione del criterio sussidiario ermeneuti co dell'interpretazione secondo buona fede.

4. - Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli art. 1362 ss. c.c. e dell'art.

1469 quater; nonché il difetto assoluto di motivazione.

Lamenta la ricorrente che erroneamente la corte d'appello ha

omesso di prendere in esame il punto relativo all'espressione

«esemplare originale», che non significa «esemplare unico».

In ogni caso, avendo la corte territoriale ritenuto che la pub blicità «era scorretta ed ambigua», doveva trarne le dovute con

seguenze, ai sensi dell'art. 1469 quater c.c., applicando l'inter

pretazione più favorevole al consumatore.

5. - Il motivo è infondato e va rigettato. Va anzitutto osservato che, quando la parte che denunzi in

Cassazione l'erronea determinazione della volontà negoziale ef

fettuata dal giudice di merito in violazione degli art. 1362 c.c., è

tenuta ad indicare quali canoni o criteri interpretativi siano stati

violati; in mancanza l'individuazione della volontà negoziale —

che avendo ad oggetto una realtà fenomenica ed oggettiva, si ri solve in un accertamento di fatto, istituzionalmente riservato al

giudice di merito — è censurabile non già quando le ragioni ad dotte a sostegno sono diverse da quelle della parte, bensì allor ché esse sono insufficienti o inficiate da contraddittorietà logica o giuridica (Cass. 12 marzo 1994, n. 2415, id.. Rep. 1994, voce

Il Foro Italiano — 2001.

Lavoro (rapporto), n. 1018; 2 febbraio 1996, n. 914, id., Rep. 1996, voce Cassazione civile, n. 81).

Nella fattispecie la ricorrente non indica quale canone erme

neutico sia stato violato, tra i vari indicati dalle norme di cui

agli art. 1362 ss. c.c.

6. - In ogni caso, nella ricerca della comune intenzione dei

contraenti, il primo e principale strumento dell'operazione in

terpretativa è costituito dalle parole ed espressioni del contratto

e, qualora queste siano chiare e dimostrino un'intima ratio, il

giudice non può ricercarne una diversa, venendo così a sovrap

porre la propria soggettiva opinione all'effettiva volontà dei

contraenti (Cass. 29 aprile 1994, n. 4121, id.. Rep. 1995, voce

Contratto in genere, n. 324; 22 aprile 1995, n. 4563, id., 1995,1,

2870, in motivazione). La corte di merito, facendo riferimento alla comunicazione,

proposta dalla Postalmarket, con cui si comunicava che, con un

buono d'ordine speciale, si aveva diritto a ritirare un premio, costituito da un numero limitato di esemplari tratti da un'opera d'arte del maestro Emilio Greco, da assegnare ad alcuni clienti, ha ritenuto che non dell'opera originale si trattasse, ma appunto di copie, potendo, al più pensarsi a litografie.

Trattasi d'interpretazione che la corte di merito ha ritenuto di

poter trarre dalle locuzioni usate dalla Postalmarket nella propo sta contrattuale, e non essendo la motivazione né insufficiente

né contraddittoria, è incensurabile in questa sede di legittimità, risolvendosi le censure della ricorrente in una diversa lettura

delle dette espressioni letterali.

7.1.- Infondata è anche quella parte del motivo con cui si la

menta la violazione e falsa applicazione dell'art. 1469 quater c.c.

Va infatti osservato che detta norma è stata introdotta solo

con l'art. 25 1. 6 febbraio 1996 n. 52.

Giusta la regola generale posta dall'art. 11, 1° comma, disp.

prel. c.c., la legge non dispone che per l'avvenire e non ha ef

fetto retroattivo.

Ne consegue che lo ius superveniens, costituito dalla detta

normativa, svolge i propri effetti solo in relazione ai contratti

successivi alla data di entrata in vigore, mentre, per quanto con

cerne i precedenti, solo in relazione alla regolamentazione degli effetti ancora in corso (Cass. 13339/99, id.. Rep. 2000, voce cit., n. 379).

7.2. - In ogni caso nella specifica fattispecie (in cui la clau

sola contrattuale del premio era riportata in moduli pubblicitari), il principio, invocato dalla ricorrente come fissato dall'art. 1469

quater, 2° comma, c.c., relativamente alla circoscritta ipotesi del

«contratto del consumatore», secondo cui le clausole proposte

per iscritto al consumatore vanno interpretate, in caso di dubbio, nel modo più favorevole allo stesso, trova già il suo referente

normativo nell'art. 1370 c.c.

Sulla base di detta ultima norma le clausole inserite nelle

condizioni generali del contratto o in moduli o formulari predi sposti da uno dei contraenti si interpretano nel dubbio in favore

dell'altro.

Sennonché, il presupposto per l'applicazione del principio fissato dall'art. 1370 c.c. (come dall'art. 1469 quater c.c. per il

«contratto del consumatore») è che rimanga un dubbio inter

pretativo della clausola contrattuale, dopo aver effettuato l'in

terpretazione della stessa sulla base dei criteri fissati dagli art.

1362 ss. c.c., secondo la gerarchia ivi prevista. 7.3. - Nella fattispecie la sentenza di merito, pur definendo la

pubblicità effettuata dalla Postalmarket «ambigua e scorretta», ha ritenuto che essa facesse pensare che il premio era costituito

da litografie e non da copie. In altri termini, secondo il giudice di merito, non vi era dubbio che l'originale (o il suo equivalente in gettoni d'oro) non costituiva oggetto della clausola contrat

tuale, mentre poteva permanere un dubbio sul punto se dette ri

produzioni erano litografie o mere copie. Poiché però la domanda era relativa all'originale dell'opera

d'arte (o al suo equivalente valore) e non alla litografia, corret

tamente la sentenza impugnata ha rigettato la domanda.

8. - Il ricorso va pertanto rigettato. Il rigetto del ricorso principale comporta l'assorbimento del

ricorso incidentale condizionato.

This content downloaded from 92.63.97.126 on Sat, 28 Jun 2014 11:37:11 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions


Recommended