sezione III civile; sentenza 19 febbraio 2002, n. 2380; Pres. Vittoria, Est. Trifone, P.M. Apice(concl. conf.); Comune di Altidona (Avv. Ortenzi) c. Lanciotti e altri (Avv. Cantarini).Conferma App. Ancona 15 maggio 1999Source: Il Foro Italiano, Vol. 125, No. 9 (SETTEMBRE 2002), pp. 2437/2438-2441/2442Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23197799 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
voce Impugnazioni civili, n. 50, e 23 luglio 1990, n. 7468, id.,
Rep. 1990, voce cit., n. 72), pur se il chiaro rinvio all'art. 163
bis c.p.c. del 2° comma dell'art. 342 c.p.c. deve far ritenere che
nel caso di mancato rispetto dei termini a comparire si abbia una
riduzione di essi che non può eccedere il limite del 2° comma
del citato art. 163 bis, determinandosi altrimenti la nullità della
citazione ex art. 164 c.p.c. per il litisconsorte, che rischia di
rendere inutile la stessa integrazione, consentendo a detta parte di non partecipare alla causa nella quale è stata invalidamente
chiamata (Cass. 19 aprile 2000, n. 5125, id., Rep. 2000, voce
Procedimento civile, n. 402). Si condivida o meno l'indirizzo giurisprudenziale per il qua
le, nell'integrare il contraddittorio in appello, il giudice può fis
sare un termine per la notifica al litisconsorte anche in deroga ai
termini a comparire, quando l'istruttore nel suo provvedimento rinvìi espressamente ai predetti termini legali (Cass. 17 luglio
1999, n. 7570, id., Rep. 1999, voce Impugnazioni civili, n. 99, e
6 dicembre 1984, n. 6396, id., Rep. 1984, voce cit., n. 79) o ometta di fissare qualsiasi termine, questo non può che essere
quello iniziale dei termini legali dilatori a comparire, determi
nabile ex art. 163 bis c.p.c. dalla data dell'udienza fissata per la
comparizione del litisconsorte dal medesimo istruttore.
L'affermazione dell'inapplicabilità dell'art. 163 bis c.p.c.,
per individuare il termine entro il quale le parti hanno l'onere
d'integrare il contraddittorio, a causa della diversa funzione dei
termini dilatori rispetto a quello sollecitatorio o acceleratorio
imposto ai fini degli art. 331 e 102 c.p.c. (Cass. 26 marzo 1997, n. 2653, id., 1997, I, 2509) non è condivisibile, non solo per evidenti motivi di economia processuale, ma anche perché raf
fronta situazioni non omogenee, comparando la data entro la
quale deve avvenire la notifica su ordine del giudice con il pe riodo prima del quale non è possibile la comparizione di chi è
evocato in causa.
Il termine acceleratorio entro il quale l'interessato deve prov vedere all'integrazione è invece identificabile in quello iniziale
dei termini dilatori a comparire, essendo entrambi costituiti da
un singolo giorno o da una data, ordinariamente inderogabile, ed essendo ambedue comunque giudiziali, ricavandosi il secon
do in base alla data del rinvio disposto con l'ordine d'integra
zione, salva l'espressa modifica possibile nei limiti del 2° com
ma dell'art. 163 bis c.p.c.
Quando l'autorità giudiziaria ordina l'integrazione del con
traddittorio senza indicare il termine perentorio entro il quale la
stessa deve avvenire, questo va individuato nel termine iniziale
di cui all'art. 163 bis c.p.c., da rilevare in base alla data dell'u
dienza di rinvio, sempre che detto termine non sia inferiore a un
mese o superiore a sei mesi dal citato ordine del giudice, ai sen
si dell'art. 307, 3° comma, ultimo inciso. Nel caso, anche appli cando i termini a comparire dell'art. 163 bis novellato (tempus
regit actum), poiché l'udienza di comparizione per il litiscon
sorte cui l'appello doveva notificarsi era il 23 gennaio 1996, il
termine nel quale il gravame andava notificato cadeva il 24 no
vembre 1995 ed era di oltre un mese successivo all'ordinanza
del 17 ottobre di quell'anno: pure per detto profilo il ricorso è
infondato.
Infine, sul difetto di legittimazione dell'appellato ad eccepire l'estinzione del giudizio che la sua omessa notifica aveva cau
sato, risulta anzitutto che con le conclusioni l'Inps ha eccepito l'inammissibilità del gravame e non l'estinzione del procedi mento e poi che, comunque, trattandosi di situazione rilevabile
di ufficio, anche la parte che ha concorso a determinarla può sollecitare il giudice a rilevarla (in tal senso, Cass. 4 aprile
2001, n. 4948, id., Mass., 409); anche per l'ultimo profilo le
censure prospettate sono infondate.
Il Foro Italiano — 2002.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 19
febbraio 2002, n. 2380; Pres. Vittoria, Est. Trifone, P.M.
Apice (conci, conf.); Comune di Altidona (Avv. Ortenzi) c.
Lanciotti e altri (Avv. Cantarini). Conferma App. Ancona 15
maggio 1999.
Responsabilità civile — Danno cagionato al minore — Ser
vizio di scuolabus gestito dal comune — Conducente —
Responsabilità —
Presupposti —
Fattispecie (Cod. civ., art.
2043).
Nell 'esercizio del servizio di accompagnamento di studenti mi
norenni a mezzo scuolabus, gestito dal comune, la conduzione
del minore dalla fermata dell'automezzo fino alla propria abitazione compete, di regola, ai genitori o ai soggetti da co
storo incaricati, senza che ciò possa, peraltro, esimere da re
sponsabilità extracontrattuale l'autista incaricato dell'ac
compagnamento ove quest 'ultimo, allorché alla fermata del
l'automezzo non sia presente nessuno dei soggetti predetti, non abbia cura di adottare tutte le necessarie cautele sugge rite dall'ordinaria prudenza in relazione alle specifiche cir
costanze di tempo e di luogo (nella specie, è stata confermata la decisione di merito che aveva ravvisato la responsabilità extracontrattuale del conducente dello scuolabus e quindi de)
comune per non avere avvertito il minore, nel momento della
discesa dall'automezzo, che stava per sopraggiungere l'au
tovettura investitrice). (1)
(]) La pronuncia in epigrafe, intervenendo a distanza di un lustro dal
suo diretto precedente (Cass. 30 dicembre 1997, n. 13125, Foro it.,
Rep. 1998, voce Responsabilità civile, n. 188, e, per esteso, Danno e
resp., 1998, 462, con nota di A. Palmieri, Scuolabus e sorveglianza dei
minori) e a distanza di poco più di quindici anni dalla pronunzia capo
stipite (Cass. 5 settembre 1986, n. 5424, Foro it., Rep. 1987, voce cit., n. 97, e, per esteso, Nuova giur. civ., 1987, I, 493, con nota di G.
Amenta: entrambe le decisioni sono oggi richiamate adesivamente), of
fre l'occasione al Supremo collegio di occuparsi nuovamente della que stione concernente la responsabilità aquiliana del conducente di scuola
bus nel trasporto di soggetti minori d'età per incidenti occorsi a questi ultimi nella fase successiva alla loro discesa dall'automezzo adibito al
loro trasporto da scuola a casa (e viceversa). 1 principi che emergono dalla terna di sentenze testé richiamate pos
sono essere condensati come segue: a) la responsabilità del conducente
di scuolabus viene riconosciuta formalmente a titolo di colpa (e, in par ticolare, a titolo di culpa in vigilando: nel caso odierno, per essersi
l'autista «disinteressato di qualsiasi cautela proprio nel momento più
pericoloso dell'attraversamento della strada da parte della minore, in un
punto a maggiore densità di traffico ed in una situazione di sua scarsa
percepibilità del pericolo a causa dell'ingombro rappresentato dal pul mino»); b) il dovere di vigilanza è definito in via squisitamente «rela
zionale», essendo esso parametrato sull'età e sullo sviluppo fisio
psichico del minore trasportato; c) tale dovere è giustificato daH'«affidamento» del minore al conducente (e ciò esclude la respon sabilità dei genitori del minore, nel caso di specie preavvertiti dell'arri
vo anticipato di quest'ultimo, in quanto lo stesso non risultava ad essi
affidato al momento del sinistro) e rappresenta un «obbligo ulteriore»
rispetto all'obbligazione principale del vettore, scaturente dalle parti colarità del caso concreto [v., in ambito nordamericano, per un caso
simile di arrivo anticipato del minore a casa, senza che, tuttavia, i ge nitori fossero preavvertiti, Turner v. Central Local School District, 85
Ohio St. 3d 95, 706 N.E.2d 1261 (Ohio Sup. Ct. 1999), Cook J. dissen
ting, in cui l'incidente era occorso quando un bambino di nove anni,
dopo aver assicurato al conducente di avere la chiave di casa ed essersi
poi accorto di non averla con sé, tentava di entrare nella propria abita
zione attraverso una finestra, rimanendo travolto sotto il peso della
stessa: la corte, annullando la decisione d'appello e rinviando ad un
nuovo giudizio, ha precisato che non può essere esclusa in linea di
principio la responsabilità del conducente, considerato che il danno al
bambino non era certo imprevedibile: «[a] young child being dropped off thirty minutes earlier than expected without any notification to the
parents who are not in the house creates a high potential for danger»];
d) il dovere di vigilanza (e la connessa responsabilità) del conducente è
connotato da specificità anche sotto il profilo temporale, non venendo
meno con l'arrivo alla fermata e la discesa del minore dall'automezzo, ma solo quando alla vigilanza del conducente si sostituisca la vigilanza «effettiva o potenziale, senza pericoli per il minore», dei genitori (ciò
comporta, tra l'altro, l'obbligo del conducente o della persona apposi tamente incaricata — la cui presenza è obbligatoria nel caso di tra
sporto di alunni della scuola materna e dell'asilo nido ai sensi dell'art.
2 d.m. 31 gennaio 1997, nuove disposizioni in materia di trasporto
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2439 PARTE PRIMA 2440
Svolgimento del processo. — Il giorno 19 maggio 1975 Maria
Paola Lanciotti di nove anni veniva investita da un'autovettura
guidata da Umberto Cudini riportando lesioni che ne cagiona vano la morte. Il sinistro si verificava in una strada provinciale subito dopo che la minore era discesa da un automezzo, guidato dalla guardia comunale Antonio D'Ercoli ed adibito dal comune
di Altidona al trasporto gratuito degli alunni della scuola mater
na ed elementare.
scolastico — di accompagnare il minore sino al lato opposto della car
reggiata in cui eventualmente risieda). Lo stesso principio potrebbe, a
rigor di logica, essere esteso anche all'ipotesi inversa (trasporto da casa
a scuola), ove il momento conclusivo sarebbe rappresentato dalla so
stituzione della vigilanza del conducente con quella «effettiva o poten ziale» dei precettori o altri soggetti incaricati; e) non costituisce esi
mente invocabile dall'autista l'eventuale istruzione dei genitori di la
sciare il minore, senza sorveglianza, in luogo in cui possa trovarsi in situazione di pericolo (e ciò in considerazione del fatto che il modo di
esercizio della potestà dei genitori non è in assoluto insindacabile da
parte del terzo affidatario del minore: in generale, sulla potestà dei ge nitori e sul suo esercizio, v. A. Bucciante, La potestà dei genitori, la
tutela e l'emancipazione, T ed., in Trattato di diritto privato diretto da
P. Rescigno, 4. Persone e famiglia, Milano, 1997, III, 517 ss., il quale osserva che, «[s]e considerato nell'ambito della potestà, l'interesse del minore è interesse autonomo, l'unico rilevante per l'ordinamento giuri dico. Non vi sono due interessi contrapposti, del figlio e dei genitori, né
paralleli, ma viene in considerazione l'unico interesse del figlio»: ibid., 527 e 538 ss.). Il profilo del nesso di causalità non è, invece, mai stato
portato all'attenzione della corte di legittimità — quantomeno in sede
civile — e non è considerato essenziale al fine del giudizio di respon sabilità in torto.
Quanto alla predisposizione delle necessarie cautele da parte del
conducente e, soprattutto, ad opera del comune gestore del servizio di
trasporto degli studenti (responsabile vicario ex art. 2049 c.c. per il fatto del conducente), la Suprema corte, confermando la decisione della
corte d'appello anconetana e richiamandosi ad un obiter dictum di una sua precedente pronuncia resa a sezioni unite (riguardante il caso di un
bambino undicenne che, nell'attesa dell'arrivo dello scuolabus, scivo
lava sulla neve ghiacciata e finiva per essere investito dallo stesso au toveicolo adibito al trasporto degli studenti: Cass. 20 aprile 1991, n.
4290, Foro it., Rep. 1991, voce cit., n. 105) chiarisce l'assoluta impor tanza dell'investimento in misure di sicurezza con riguardo ai minori
trasportati: la predisposizione di tali cautele costituisce «una prestazio ne accessoria, a seconda dei casi indefettibilmente dovuta, e comunque non declinabile a priori per motivi di economia in sede di strutturazio
ne, da parte della pubblica amministrazione di un servizio di scuolabus; di modo che suona inaccettabile la scindibilità, in tale settore, dell'as sunzione di compiti di assistenza e vigilanza sulle persone trasportande durante gli intervalli nei quali questi ultimi doveri non siano ad altri
rimessi, né siano assolvibili negli ambiti delle famiglie o della scuola».
V., altresì, Cass. 14 aprile 1993, n. 4410, id., Rep. 1993, voce cit., n.
115, concernente un caso di danno occorso ad un bambino mentre gio cava con altri bambini in una scuola materna, la quale ha precisato, in
generale, che il rapporto intercorrente tra scuola (nel caso, ad es., in cui la stessa, ovvero un ente pubblico, gestisca il trasporto degli alunni) ed i genitori del minore va considerato di natura pubblicistica, con la con
seguenza che l'eventuale danno al minore conseguente a difetto di vi
gilanza da parte del personale incaricato deve essere inquadrato nel l'ambito del «risarcimento del danno derivante da fatto illecito, con cretante un'ipotesi di responsabilità aquiliana», e non un rapporto di carattere bilaterale e sinaliagmatico da cui possa originare una respon sabilità di tipo contrattuale. Una fattispecie simile a Cass. n. 4290 del
1991, cit., è stata risolta, riconoscendo sussistente la responsabilità aquiliana del conducente, da App. Milano 1° ottobre 1991, id., Rep. 1992, voce Circolazione stradale, n. 168, la quale ha imputato la re
sponsabilità del danno conseguente all'investimento di un piede di un bambino in capo all'autista di uno scuolabus che si era avvicinato all'a rea affollata dagli studenti con le portiere già aperte prima di arrestarsi, così da indurre gli stessi a tentare di salire quando il veicolo era ancora in moto, violando in tal modo «la particolare prudenza richiesta dalle
circostanze, essendo prevedibili movimenti anomali da parte dei giova ni utenti».
Diametralmente opposto è l'orientamento maggioritario della giuris prudenza penale, con riguardo alla responsabilità del conducente di scuolabus (per i reati di lesioni personali o omicidio colposo) in rela zione sempre alla medesima fattispecie: attraversamento della strada da
parte di un bambino, rimasto travolto da un veicolo sopraggiungente. Negano, infatti, la sussistenza di una condotta colposa in capo al con ducente (e addirittura ritengono insussistente il nesso di causalità tra condotta ed evento), Cass. 9 giugno 1987, Ciccocioppo, id.. Rep. 1988, voce Omicidio e lesioni personali colpose, n. 19 (bambina frequentante le scuole elementari); 22 aprile 1988, Valerio, id., Rep. 1989, voce cit.,
Il Foro Italiano — 2002.
Con sentenza irrevocabile del Tribunale di Fermo, emessa nel
procedimento penale a suo carico per il delitto di omicidio col
poso, Umberto Cudini era assolto perché il fatto non costituiva
reato.
Franco Lanciotti ed Adalgisa Paternesi, genitori della minore
deceduta, convenivano, perciò, in giudizio, in proprio e quali esercenti la potestà sulle altre due figlie minori Marisa e Marina
Lanciotti, il comune di Altidona per ottenere la condanna a! ri
sarcimento dei danni, conseguenti alla morte di Maria Paola
Lanciotti, che assumevano essere l'effetto dell'omissione, da
parte del dipendente comunale, della doverosa cautela idonea ad
assicurare l'incolumità della minore a lui affidata.
Nel contraddittorio del comune, che contrastava la pretesa, l'adito Tribunale di Fermo, con sentenza depositata il 28 no
vembre 1997, rigettava la domanda e compensava interamente
le spese del giudizio. Il giudice di primo grado considerava che il servizio di tra
sporto gestito dal comune non comprendeva necessariamente il
passaggio nelle immediate vicinanze dell'abitazione dell'alunna
e che era scontato che la stessa, lasciata sulla strada, quivi do
veva essere prelevata dai genitori, per cui non era ravvisabile
colpa del conducente il c.d. scuolabus, il quale, al momento
della discesa della bimba dal veicolo, non aveva avvertito che
stava per sopraggiungere l'autovettura investitrice.
Sull'impugnazione dei soccombenti la Corte d'appello di An
cona, con sentenza pubblicata il 15 maggio 1999, in totale ri
forma della decisione impugnata, condannava il comune a paga
re, a titolo di risarcimento del danno morale, la somma di lire
250.000.000 a favore di ciascuno dei genitori della minore de
ceduta e la somma di lire 70.000.000 a favore di ciascuna delle
sorelle, oltre le spese processuali del doppio grado. 1 giudici d'appello — premesso che il servizio pubblico di
trasporto, predisposto dal comune, comportava che la relativa
organizzazione fosse ispirata principalmente agli interessi del
l'utenza, piuttosto che a criteri di stretta economicità — ritene
vano che nei punti di salita e di discesa dall'automezzo i bambi
ni non potessero essere lasciati in condizioni di non sicurezza
solo perché sul posto mancasse chi doveva prenderli in conse
gna; ravvisavano, perciò, a carico del conducente del mezzo un
dovere di vigilanza di natura extracontrattuale; allo stesso rim
proveravano di essersi disinteressato di qualsiasi cautela proprio nel momento più pericoloso dell'attraversamento della strada da
parte della minore, in un punto a maggiore densità di traffico ed
in una situazione di sua scarsa percepibilità del pericolo a causa
dell'ingombro rappresentato dal pulmino scuolabus; affermava
no, di conseguenza, la responsabilità del comune in virtù del
rapporto di preposizione ex art. 2049 c.c.; riconoscevano la
spettanza agli appellanti del danno morale, poiché il fatto ille
cito del dipendente rivestiva i connotati del reato di omicidio
colposo, nessuna preclusione per detta valutazione potendo de
rivare dalla sentenza di assoluzione di Umberto Cudini né dal
mancato esercizio dell'azione penale a carico degli addetti al
servizio.
Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso il comu
ne di Altidona, che affida l'impugnazione a quattro mezzi di
doglianza, cui resistono con controricorso Franco, Marisa e Ma
rina Lanciotti nonché Adalgisa Paternesi.
Le parti hanno presentato memoria.
Motivi della decisione. — Con il primo mezzo di doglianza — denunciando l'omessa, insufficiente e contraddittoria moti
vazione circa un punto decisivo della controversia nonché la
n. 123 (bambino di sette anni); 2 agosto 1994, Picardi, id., Rep. 1996, voce cit., n. 14 (bambina di tredici anni). Affermano, al contrario, la re
sponsabilità penale del conducente di scuolabus, Trib. Isernia 22 aprile 1983, id., Rep. 1984, voce Responsabilità civile, n. 89 (bambina di
quattro anni, investita dallo stesso scuolabus da cui era appena discesa), nonché Cass. 21 novembre 1983, Mazzini, id., Rep. 1985, voce Omici dio e lesioni personali colpose, n. 48 (bambini di anni sette e nove).
Sull'argomento, in dottrina, v. P. Salvi, Responsabilità per trasporto di minori con scuolabus, in Nuova rass., 1988, 2066; A. Palmieri, Scuolabus e sorveglianza, cit.; G. Amenta, op. cit.', A. Flores, La re
sponsabilità nel trasporto degli alunni di scuola materna, in Riv. giur. scuola, 1983, 1401, e, dello stesso autore, Il principio di continuità nel dovere di vigilanza verso gli alunni, id., 1987, 403; nonché, in genera le, P.G. Monateri, La responsabilità civile, in Trattato di diritto civile diretto da R. Sacco, Torino, 1998, 962-964. [F. Ronconi]
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
violazione e la falsa applicazione delle norme di cui agli art.
2043 e 2054 c.c. — il comune ricorrente assume che il giudice di merito avrebbe dovuto escludere il comportamento colposo dell'autista del veicolo, il quale avrebbe dovuto soltanto curare
che la minore fosse discesa nel punto prestabilito di ritrovo e
non poteva prevedere eia parte della stessa l'improvviso e re
pentino attraversamento della strada in una situazione di peri
colo, per cui del tutto erroneamente lo stesso giudice aveva fatto
applicazione dell'art. 2043 c.c., in tema di responsabilità aqui liana, in mancanza di violazione delle regole dell'ordinaria dili
genza e prudenza ad opera del medesimo conducente del mezzo.
La censura non è fondata.
Questo giudice di legittimità, in tema di responsabilità della
pubblica amministrazione nell'istituzione e nell'organizzazione di un servizio di autotrasporto riservato agli alunni delle scuole
di un comune, ha, in via generale, ritenuto (Cass. 4290/91, Foro
it., Rep. 1991, voce Responsabilità civile, n. 105) che nella ge stione di detto servizio — riservato ad una particolare categoria di utenti, privi della sufficiente capacità di autodisciplina per età, inesperienza e naturale esuberanza — il soggetto pubblico
organizzatore non è tenuto soltanto ad operare scelte discrezio
nali circa i costi, i mezzi meccanici da usare, i tempi e le altre
modalità tecniche del trasferimento dei giovani passeggeri dal
l'ambito familiare di tutela a quello della scuola. Non diversa
mente da ogni altro privato, infatti, che organizzi e gestisca tra
sporti dello stesso tipo, anche la pubblica amministrazione è te
nuta all'adozione di tutte quelle idonee cautele, che, in concreto, si rendano necessarie per la sicurezza del trasporto e del servi
zio nel suo complesso, e la predisposizione delle misure occor
renti deve essere commisurata al limitato affidamento che può
ragionevolmente farsi sul grado di prudenza e di disciplina degli scolari, costituendo dette misure una prestazione accessoria, in
defettibilmente dovuta in virtù dell'obbligo di osservanza delle
regole comuni della prudenza e della diligenza, la cui violazio
ne, con pregiudizio per il privato, concreta fatto illecito lesivo di
diritti soggettivi. Più in particolare, inoltre, questa corte ha precisato (Cass.
13125/97, id., Rep. 1998, voce cit., n. 188) che, in tema di affi damento a terzi di un servizio parascolastico relativo a studenti
minorenni e consistente nell'accompagnamento a mezzo di c.d.
scuolabus, la conduzione del minore dalla fermata dell'auto
mezzo alla sua abitazione compete di regola ai genitori o ad altri
soggetti da costoro incaricati senza tuttavia che da ciò possa de
sumersi l'esenzione da responsabilità dell'autista del veicolo
tutte le volte che quest'ultimo, non essendo presente alla fer
mata alcuno dei soggetti predetti, non abbia cura di adottare le
ordinarie cautele, suggerite dalla normale prudenza, in relazione
alle specifiche circostanze di tempo e di luogo, quali anche l'as
sistenza nell'attraversamento di una strada.
Analogo principio, del resto, questa corte aveva già espresso
(Cass. 5424/86, id.. Rep. 1987, voce cit., n. 97) statuendo che
l'affidamento di un minore alla persona, alla quale un istituto
scolastico ha assegnato il compito di effettuare il trasporto dal
l'abitazione al luogo ove si svolge l'attività di istruzione e vice
versa, comporta il particolare dovere di controllare che lo stesso
non venga a trovarsi in una situazione di pericolo per la sua in
columità, per cui la vigilanza deve essere svolta dal momento
dell'affidamento sino a quando ad essa si sostituisca quella, ef
fettiva o potenziale, dei genitori, senza che possano costituire
esimenti della responsabilità dell'istituto e del suo incaricato le
eventuali disposizioni date dai genitori medesimi (quale quella di lasciare il minore in un determinato luogo) potenzialmente
pregiudizievoli per il pericolo che da esse può derivare all'in
columità dello stesso minore.
Ai principi di cui innanzi il giudice di merito si è puntual mente attenuto, onde non sussiste il denunciato vizio di viola
zione delle norme di cui agli art. 2043 e 2054 c.c., né è ravvisa
bile il dedotto vizio di motivazione, giacché la corte anconetana
ha evidenziato che, pur non essendo l'autista rimproverabile per non avere accompagnato la bambina a ridosso dell'abitazione,
allo stesso era addebitabile a titolo di colpa il fatto di essersi di
sinteressato di qualsiasi cautela nel momento più pericoloso dell'attraversamento da parte della minore di una strada densa
mente trafficata e nella condizione di scarsa percepibilità della
sopravvenienza di altri mezzi.
Con il secondo mezzo d'impugnazione — deducendo l'insuf
ficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo
Il Foro Italiano — 2002.
della controversia nonché la violazione e la falsa applicazione delle norme di cui agli art. 2043, 2054 e 2055 c.c. — il comune
ricorrente assume che il giudice di merito avrebbe dovuto ravvi
sare per l'evento letale la responsabilità unica o, quantomeno, concorrente dei genitori della minore, che, sebbene preavvertiti circa l'anticipata uscita della figlia dalla scuola, non si erano
fatti trovare al punto di raccolta.
Aggiunge, altresì, il ricorrente che la corte di merito avrebbe
dovuto valutare anche la condotta di guida dell'investitore, al
fine di ritenerne la colpa esclusiva ovvero concorrente.
Il motivo nel suo complesso non è fondato, poiché l'impu
gnata sentenza ha implicitamente recepito la valutazione del
giudice penale circa l'esclusione di responsabilità dell'investito
re Cudini, in rapporto all'improvviso attraversamento della
strada da parte della minore, ed allo stesso modo ha negato che
la responsabilità dell'accaduto potesse in qualche misura essere
attribuita anche ai genitori della vittima, cui la minore stessa al
momento del sinistro non risultava affidata.
Con il terzo motivo di ricorso — denunciando la violazione e
la falsa applicazione della norma di cui all'art. 2059 c.c. nonché
l'omessa, contraddittoria ed insufficiente su un punto decisivo
della controversia — il comune lamenta l'eccessività di quanto
liquidato a titolo di danno morale ai congiunti della vittima ed
assume che l'operata determinazione secondo il criterio equita tivo sarebbe privo di uno specifico elemento di riferimento.
Anche detta doglianza è infondata.
Premesso, infatti, che la liquidazione del danno può avvenire
soltanto in base all'apprezzamento discrezionale del giudice di
merito improntato al criterio equitativo e che nel motivare detta
liquidazione il giudice non è tenuto a fornire una dimostrazione
minuziosa e particolareggiata degli elementi in base ai quali si è
formato il suo convincimento, essendo sufficiente che dimostri
di avere tenuto presente tutti gli elementi di fatto e di diritto ac
quisiti al processo, rileva questo giudice di legittimità che l'im
pugnata sentenza, ancorché in motivazione di sintesi, ha all'uo
po considerato la gravità del fatto, l'intensità del dolore patito a
causa dell'evento luttuoso, la giovane età della minore, le ine
vitabili approssimazioni proprie del giudizio equitativo e il rap porto di ciascun congiunto con la vittima, evitando, perciò, un
indifferenziato giudizio delle distinte posizioni dei congiunti. Con l'ultimo mezzo di doglianza
— denunciando la violazio
ne e la falsa applicazione dell'art. 2059 c.c. in relazione all'art.
185 c.p. nonché l'omessa, insufficiente e contraddittoria moti
vazione su un punto decisivo della controversia — il ricorrente
assume che, non essendo il danno morale liquidabile in assenza
di reato, nella specie esso non era riconoscibile a carico di un
ente pubblico, che non può essere autore di reato, né poteva de
rivare dal fatto-reato del suo dipendente, la cui condotta non
aveva costituito l'oggetto di un'indagine penale né integrava la
fattispecie di un comportamento penalmente punibile. La censura, nel suo complesso, non ha pregio. Il giudice di merito ha posto in risalto, con adeguata motiva
zione riferita al comportamento negligente del dipendente co
munale, che la condotta dello stesso rivestiva i connotati del
reato di omicidio colposo; la valutazione compiuta, certamente
possibile pure in assenza di pregressa imputazione penale, non è
in questa sede rivedibile nel giudizio di legittimità, non poten dosi rimettere in discussione il nesso di causalità tra la condotta
colposa dell'autista del veicolo e l'evento mortale.
Nel resto, devesi ribadire che la sussistenza di specifici ele
menti di colpa addebitabili all'autore del comportamento dan
noso e la propagazione della responsabilità ex art. 2049 c.c. le
gittimano il danneggiato alla domanda di risarcimento del danno
non patrimoniale anche nei confronti del soggetto tenuto a ri
spondere per il fatto altrui, quale responsabile civile.
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.
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