sezione III civile; sentenza 19 maggio 2003, n. 7768; Pres. Nicastro, Est. Durante, P.M. Russo(concl. conf.); Petrani e altri (Avv. Sartori) c. Bambozzi (Avv. Mascio). Conferma App. Ancona27 dicembre 2000Source: Il Foro Italiano, Vol. 126, No. 10 (OTTOBRE 2003), pp. 2671/2672-2675/2676Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23198698 .
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PARTE PRIMA 2672
atto, essendo invero consentita l'identificazione anche aliunde,
come, del resto, osserva lo stesso ricorrente: il nome della per sona fisica può essere infatti indicato anche nella sola intesta
zione del ricorso per cassazione, e nel relativo giudizio è possi bile, nei limiti indicati nell'art. 372 c.p.c., documentare idonea
mente il riferimento della già indicata qualità di legale rappre sentante ad una ben individuata persona fisica (Cass. 1167/94,
cit.); nel procedimento dinanzi al pretore, e nel successivo grado di appello, spetta al giudice del merito, sulla base del complesso
degli atti acquisiti, valutare se la sottoscrizione della procura con firma illeggibile sia nondimeno riferibile a soggetto che ab
bia la rappresentanza della società (Cass. 9596/01, id., 2002, I,
101). Tali precisazioni, che introducono rilevanti temperamenti al
l'assolutezza del principio, a maggior ragione devono trovare
applicazione nel giudizio dinanzi al giudice di pace, caratteriz
zato, come già si è accennato e come la stessa Corte costituzio
nale (sent. 29 maggio 1997, n. 154, id., 1997,1, 2761) ha osser
vato, dalla massima semplificazione delle forme.
Nella specie il giudice di pace —
pur erroneamente richia
mando l'art. 182 c.p.c., invero non applicabile non essendo l'o
riginario difetto di procura emendabile in tal senso (in motiva
zione, Cass. 9596/01, citata) è pervenuto alla decisione gravata sulla base dell'atto costitutivo dell'associazione e della dichia
razione resa in udienza dalla persona fisica, investita in base a
tale atto del potere rappresentativo, di riconoscimento come
propria della firma illeggibile in questione: dati probatori i qua li, nella loro attualità, non formano, come accennato, oggetto di
ricorso.
Orbene, in tali accertamenti non è ravvisabile alcun profilo di
illegittimità: le parti possono infatti produrre documenti a soste
gno delle rispettive domande, eccezioni e difese (art. 320, 3°
comma, c.p.c.), e delle stesse parti è previsto il libero interro
gatorio (1° comma dello stesso art. 320). Al contrario, gli stessi accertamenti non hanno comportato
—
come invece il giudice di pace ha anche affermato — la sanato
ria di un atto nullo.
In senso proprio, tale nozione si riferisce infatti — come si
argomenta in particolare dall'art. 1444 c.c. — all'atto valido, successivo ad uno invalido ed inteso a rimuoverne i vizi.
Nella specie non è intervenuto alcun atto successivo ed inte
grativo dell'originaria procura, ma si è soltanto accertato che
questa, ancorché rilasciata con firma illeggibile e, pertanto, da
persona apparentemente non identificabile, nondimeno era stata
conferita, legittimamente, proprio dalla persona fisica che già al
momento era investita del potere rappresentativo dell'ente col
lettivo, che ebbe a richiedere il decreto ingiuntivo. E regola generale che non può essere pronunciata la nullità
per inosservanza di forme di alcun atto del processo, se la nul
lità non è comminata dalla legge (art. 156, 1° comma, c.p.c.): sanzione, questa, di per sé non prevista per il caso della sola il
leggibilità della firma del soggetto conferente la procura che
agisca per un ente collettivo, e che consegue invece al difetto di
collegamento tra lo stesso sottoscrittore e l'ente, con la conse
guenza che tale collegamento, ove — come nella specie —
contestato, ben può essere dimostrato, con adeguati elementi di
prova, nel corso del giudizio (Cass. 6815/01, id., Rep. 2001, vo
ce Procedimento civile, n. 87). A tale soluzione conduce altresì il principio del giusto pro
cesso (art. Ili, 1° comma, Cost.), apparendo ad esso contraria
ogni interpretazione — quale propugnata dal ricorrente —
ispi rata a vacuo formalismo.
Erratamente lo stesso ricorrente adduce anche che il ricorso
per decreto ingiuntivo fu proposto «da un non identificato Club
Novecento La Fratta»: è vero infatti che l'indicazione delle parti è richiesta dall'art. 125 c.p.c.
— così come, nell'ordinario giu dizio di cognizione dinanzi al giudice di pace, dall'art. 318, 1°
comma, c.p.c.: Cass. 5919/99 (id., Rep. 2000, voce Procedi mento civile davanti al giudice di pace, n. 13) — e, tuttavia, nella specie tale indicazione venne effettuata, mentre l'eccezio ne sollevata dall'odierno ricorrente concerneva la diversa que stione dell'identificazione della persona fisica, che aveva rila
sciato la procura per il club, e dell'accertamento del suo effetti vo potere rappresentativo. (Omissis)
Il Foro Italiano — 2003.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 19
maggio 2003, n. 7768; Pres. Nicastro, Est. Durante, P.M.
Russo (conci, conf.); Petrani e altri (Avv. Sartori) c. Bam
bozzi (Avv. Mascio). Conferma App. Ancona 27 dicembre
2000.
Agricoltura — Prelazione e riscatto — Comunicazione del
proprietario al confinante dell'intento di alienare il fondo
rustico — Mancata notificazione del preliminare di vendi
ta — Diritto di riscatto — Esclusione (L. 26 maggio 1965 n. 590, disposizioni per lo sviluppo della proprietà coltivatrice, art. 8; 1. 14 agosto 1971 n. 817, disposizioni per il rifinanzia
mento delle provvidenze per lo sviluppo della proprietà colti
vatrice, art. 7).
Non ha diritto all'esercizio del riscatto il proprietario confi nante che sia stato informato dell'intento del proprietario di
vendere il fondo rustico, prima della stipula del preliminare di vendita con terzi, ed al quale non sia stato notificato il
preliminare di vendita. (1)
(1) Il proprietario confinante era stato informato dell'intento del pro prietario di vendere il fondo rustico, prima della stipula del preliminare di vendita con il terzo, a mezzo di raccomandata, ed egli si era riservato di decidere sull'acquisto quando fosse stato perfezionato il preliminare di vendita con il terzo.
I giudici del merito avevano escluso il diritto di riscatto del confi nante.
Ha proposto ricorso per cassazione il proprietario confinante, assu mendo che la raccomandata inviata prima del preliminare non aveva il valore di denuntiatio, tant'è che in essa non era stato indicato il nome
dell'acquirente. La sentenza riportata, nel rigettare il ricorso, ha affermato che la co
municazione del preliminare di vendita, come previsto dall'art. 8 1.
590/65, pur perseguendo finalità di interesse sociale (creazione di im
prese coltivatrici moderne ed efficienti con conseguente incremento della produttività agricola), ha carattere dispositivo invece che cogente ed inderogabile, e pertanto è rimessa all'iniziativa delle parti l'adozio ne di forme alternative di comunicazione, purché idonee a consentire la
piena conoscenza della proposta in funzione dell'esercizio della prela zione (è stata richiamata Cass. 14 aprile 2000, n. 4858, Foro it., 2000, 1. 2529, con osservazioni di D. Bellantuono).
Ha aggiunto la sentenza riportata, che il diritto di prelazione agraria, che si esercita secondo lo schema delineato dagli art. 1326-1329 c.c., e cioè attraverso lo scambio della proposta e dell'accettazione, sorge per effetto della comunicazione del proprietario e non per il fatto che si è
stipulato un contratto preliminare di vendita a terzi, per cui il titolare del diritto di prelazione, che abbia ricevuto la comunicazione, non può rimandare l'esercizio del diritto stesso al momento nel quale gli verrà data notizia del perfezionamento del preliminare, sostenendo che gli è stato comunicato semplicemente che sono pendenti trattative, e, se lo
rimanda, si verifica ai suoi danni la decadenza. Per quanto concerne la mancata indicazione del nome del promissa
rio acquirente nella comunicazione anteriore alla stipula del preliminare di vendita, la sentenza riportata ne ha sottolineato l'irrilevanza, avendo interesse a conoscere il nome del promissario acquirente il conduttore insediato sul fondo in vendita, per valutare la convenienza dell'acqui sto, ma non già il proprietario confinante «in quanto per effetto del mancato esercizio del diritto di prelazione egli non subentra in alcun
rapporto giuridico con il nuovo proprietario del fondo» (richiamate Cass. 19 luglio 1990, n. 7392, id., Rep. 1990, voce Agricoltura, n. 166; 14 febbraio 1987, n. 1651, id., 1987, I, 1754, con osservazioni di D.
Bellantuono). In precedenza, la giurisprudenza della Cassazione aveva ritenuto che
l'art. 8 1. 590/65 aveva «portata innovativa e perentoria tassatività»
quanto al modo di portare a conoscenza dell'avente diritto alla prela zione la proposta di alienazione, escludendo pertanto che potesse farsi validamente ricorso a forme e modi equipollenti, con conseguente nul lità assoluta della comunicazione realizzata in forma diversa dall'invio della raccomandata prevista dall'art. 8 (Cass. 5 marzo 1988, n. 2306. id.. Rep. 1988, voce cit., n. 148; 6 maggio 1986, n. 3032, id.. Rep. 1987, voce cit., n. 179, e Giur. agr. it., 1987, 44; 13 luglio 1983, n. 4787, Foro it.. Rep. 1984, voce cit., n. 147. In dottrina, Triola, La
prelazione agraria, Milano, 1990, 126 ss.). Va detto che il principio della libertà delle forme adottato dalla sen
tenza riportata, oltre che «disapplicare» quanto disposto dall'art. 8 circa la forma scritta della denuntiatio, non tutela nemmeno l'interesse del
proprietario-venditore del fondo, perché appare quanto mai problemati co, e rischioso, affidare a prova testimoniale l'avvenuta conoscenza della proposta di alienazione da parte dell'avente diritto, con tutti gli elementi che la proposta deve contenere a pena di invalidità (estensione
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Svolgimento del processo. — Verdolini Gino convenne innan
zi al Tribunale di Ancona Bambozzi Teresa e Cenoni Mario; sull'assunto che era coltivatore diretto proprietario del fondo
confinante con quello che il Cerioni aveva alienato alla Bam
bozzi senza notificargli «nelle forme di legge» la proposta di
vendita in modo che potesse esercitare il diritto di prelazione chiese il riscatto del fondo e la condanna dei convenuti al risar
cimento dei danni dipendenti dal loro comportamento illegitti mo.
I convenuti si costituirono e si opposero alla domanda, evi
denziando che il Cerioni aveva comunicato l'intenzione di alie
nare il fondo ed indicato il prezzo. II tribunale rigettò la domanda e la Corte di appello di Anco
na confermò il rigetto con sentenza resa il 2 novembre 2000 su
gravame del Verdolini.
Per la cassazione di tale sentenza hanno proposto ricorso Pe
trani Giuditta, Verdolini Giancarlo, Amedeo e Claudio, eredi di
Verdolini Gino, deducendo due motivi; la Bambozzi ha resistito
con controricorso.
Motivi della decisione. — Con il primo motivo i ricorrenti
denunciano violazione e falsa applicazione dell'art. 8 1. 590/65
e 817/71, nonché vizi di motivazione.
Per consentire l'esercizio del diritto di prelazione — sosten
gono — «il proprietario deve notificare con lettera raccoman
data al coltivatore la proposta di alienazione, trasmettendo il
preliminare di compravendita in cui devono essere indicati il
nome dell'acquirente, il prezzo di vendita e le altre norme pat tuite»; ciò perché «il diritto di prelazione va esercitato non sulla
semplice volontà del proprietario di alienare il fondo, ma sulla
effettiva conclusione della compravendita con il terzo».
La lettera raccomandata in data 11 dicembre 1987 non ha
valore di denuntiatio per la ragione che, allorquando è stata in
viata, non era stato ancora concluso il preliminare di vendita, tant'è che non è stato indicato il nome dell'acquirente. Il Ver
dolini ha, comunque, comunicato di «riservarsi ogni decisione
all'acquisto del fondo rustico al momento del perfezionamento del contratto di compravendita con il terzo».
Non è condivisibile la giurisprudenza formatasi con riferi
mento alla prelazione dell'affittuario coltivatore diretto del fon
dei fondo e dati catastali, prezzo e condizioni di pagamento, indicazio ne del promittente-acquirente).
Va ricordato che la questione della necessità della forma scritta è stata ampiamente dibattuta da giurisprudenza e dottrina, con riferi mento all'atto di recesso da un contratto, per cui v., tra le altre, Cass. 7
giugno 1990, n. 5454, Foro it., 1991,1, 172, con nota di R. Rossi, ed ivi richiami.
Si ritiene che la giurisprudenza tende ad assoggettare alla forma tutti i contratti da cui deriva l'obbligo di operare, o il diritto di pretendere, una circolazione di diritti immobiliari, nonché tutti i contratti da cui de riva a taluno il potere di operare una circolazione di diritti immobiliari. Se così non fosse, le norme sulla forma delle vendite di cosa altrui ver rebbero frustrate mediante la conclusione di opzioni bilaterali di ven
dita immobiliari informali; le norme sulla vendita di cosa altrui verreb
bero frustrate mediante conclusione di mandati all'acquisto; le stesse vendite di cosa propria verrebbero sostituite da commissioni all'acqui sto (o alla vendita), con facoltà del commissionario di vendere (o di ac
quistare) in proprio (Sacco, Obbligazioni e contratti, in Trattato Resci
gno, Torino, 1995, 284). 11 principio della libertà delle forme, che non ha avuto fortuna con
riferimento al recesso da un contratto di compravendita di bene immo
bile, ha trovato credito nell'ambito della prelazione agraria, come di mostra la sentenza riportata; materia tormentata, quella della prelazione agraria, oggetto di interpretazioni restrittive nei confronti dell'avente diritto alla prelazione e/o al riscatto, e portata, come tutte le leggi in
materia di agricoltura, all'esame della Corte costituzionale: v. sentenza
n. 32 del 26 gennaio 1990, Foro it.. Rep. 1990, voce cit., n. 113, che ha
affermato che la situazione del comproprietario di un fondo rustico non
è paragonabile a quella del coltivatore diretto insediato e del proprieta rio di terreni confinanti, e pertanto non è in contrasto con gli art. 3 e 44
Cost. E v. anche Corte cost. 13 febbraio 1985, n. 36. id., 1986, I, 638. che
ha escluso l'illegittimità costituzionale della 1. 8 gennaio 1979 n. 2,
legge quest'ultima interpretativa, che aveva stabilito che in caso di
esercizio del diritto di riscatto il termine di tre mesi per il versamento
del prezzo decorreva dall'adesione — avente forma scritta — del terzo
acquirente, o di successivo avente causa, oppure, ove sorga contesta
zione, dal passaggio in giudicato della sentenza che riconosce il dirit
to. [D. Bellantuono]
Il Foro Italiano — 2003.
do alienato, secondo la quale il diritto di prelazione diventa at
tuale e concreto nel momento in cui il proprietario comunica in
qualunque modo, anche verbalmente, l'intenzione di alienare il
fondo; peraltro, tale giurisprudenza non può essere estesa alla
prelazione del confinante-coltivatore diretto in quanto la norma, che la prevede, fa espresso riferimento alla conclusione del pre liminare per evitare che la prelazione possa essere sfruttata a fi
ni speculativi, sicché il diritto di prelazione diventa attuale con
la conclusione del preliminare ed il proprietario è tenuto non
solo a comunicare l'intenzione di vendere, ma altresì a trasmet
tere il preliminare ed a palesare il nome dell'acquirente. La stipula del contratto di vendita ed il pagamento del prezzo
avrebbero dovuto avvenire entro e non oltre la data indicata
nella comunicazione; essendo, invece, avvenuti oltre tale data, si è realizzata la fattispecie acquisitiva del diritto di riscatto.
Il Verdolini ha inoltre comunicato «di essere intenzionato al
l'acquisto e di voler essere informato sull'evoluzione della
contrattazione al fine dell'esercizio della prelazione». In base al principio tempus regit actum deve ricevere applica
zione l'art. 8 1. 817/71, che ha modificato la 1. 590/65, impo nendo al venditore di trasmettere al titolare del diritto di prela zione il preliminare dì vendita con l'indicazione del nome del
l'acquirente. Il complesso motivo non può ricevere accoglimento. La comunicazione della proposta di alienazione del fondo a
terzi al fine dell'esercizio del diritto di prelazione fa parte di un
particolare congegno negoziale, di stampo legale, che si sovrap
pone a quello contrattualistico di trasferimento del fondo basato
sul libero incontro delle volontà negoziali ed è inteso alla pro mozione dell'attività coltivatrice mediante la riunione nella me
desima persona della titolarità del dominio e della gestione del
l'azienda agricola. Come è stato chiarito, la norma che prevede le formalità della
comunicazione, pure perseguendo finalità di interesse sociale
(creazione di imprese coltivatrici moderne ed efficienti con con
seguente incremento della produttività agricola), ha carattere di
spositivo invece che cogente ed inderogabile (ex plurimis, Cass.
14 aprile 2000, n. 4858, Foro it., 2000,1, 2529, in motivazione);
è, pertanto, rimessa all'iniziativa delle parti l'adozione di forme
alternative di comunicazione, purché idonee a consentire la pie na conoscenza della proposta in funzione dell'esercizio della
prelazione. Nell'ambito del principio generale di libertà delle forme si ri
tiene sufficiente la forma verbale, anche se sul terreno pratico l'adozione di tale forma può ingenerare difficoltà probatorie (ex
plurimis, Cass. 26 gennaio 1995, n. 936, id.. Rep. 1995, voce
Agricoltura, n. 142), mentre nessun ostacolo deriva dal disposto dell'art. 1351 c.c. che per i contratti preliminari aventi forma
scritta richiede ad substantiam la medesima forma, atteso che la
comunicazione non ha valore di proposta contrattuale (Cass. 8
luglio 1991, n. 7527, id., Rep. 1991, voce cit., n. 158). La trasmissione del preliminare di vendita unitamente alla
raccomandata contenente la proposta non è imposta dall'art. 8 1.
817/71 a pena di inefficacia, sicché la comunicazione della pro
posta di alienazione è valida anche se non venga trasmesso il
preliminare, purché sia ugualmente conseguita la finalità di con
sentire l'esercizio della prelazione (Cass. 21 marzo 1995, n.
3241, id., Rep. 1998, voce cit., n. 160). Del resto, siccome le formalità sono previste nell'esclusivo
interesse del coltivatore, affittuario o confinante, titolare del di
ritto di prelazione, e mirano a permettergli una migliore valuta
zione della convenienza dell'esercizio del diritto, la stessa co
municazione ed a maggior ragione la trasmissione del prelimi nare diventano inutili quando risulti in qualsiasi modo che per iniziativa del proprietario-venditore il coltivatore ha avuto piena conoscenza della proposta di vendita, dovendosi in questo caso
ritenere realizzata la finalità della legge (ex plurimis, Cass. 8 lu
glio 1991, n. 7527, cit.; 8 maggio 2001, n. 6378 id., Rep. 2002, voce cit., n. 119).
Il diritto di prelazione agraria, che si esercita secondo lo
schema delineato dagli art. 1326-1329 c.c. e, cioè, attraverso lo
scambio della proposta e dell'accettazione, sorge per effetto
della comunicazione del proprietario e non per il fatto che si è
stipulato il contratto preliminare di vendita a terzi (Cass. 5 otto
bre 1991, n. 10429, id.. Rep. 1992, voce cit., n. 121), per cui il
titolare del diritto di prelazione, che abbia ricevuto la comuni
cazione, non può rimandare l'esercizio del diritto al momento
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2675 PARTE PRIMA 2676
nel quale gli verrà data notizia del perfezionamento del prelimi nare, sostenendo che gli è stato comunicato semplicemente che
sono pendenti trattative, e, se lo rimanda, si verifica ai suoi dan
ni decadenza.
Mentre il colono o affittuario coltivatore diretto del fondo ha
interesse a conoscere fin dal momento della comunicazione
della proposta il nome del compratore onde poter valutare l'op
portunità di esercitare il diritto di prelazione con riferimento alle
qualità dello stesso, identico interesse non ha il proprietario coltivatore diretto di fondo confinante in quanto per effetto del
mancato esercizio del diritto di prelazione egli non subentra in
alcun rapporto giuridico con il nuovo proprietario del fondo
(Cass. 19 luglio 1990, n. 7392, id., Rep. 1990, voce cit., n. 166; 14 febbraio 1987, n. 1651, id., 1987, I, 1754) ed è conseguen temente valida la comunicazione della proposta di alienazione
che venga fatta al proprietario coltivatore diretto di fondo confi
nante senza l'indicazione del nome del terzo acquirente. Né vale in contrario richiamarsi alla lettera dell'art. 8 1.
817/71 in quanto tale disposizione va interpretata con riguardo alla sua specifica funzione costituita dall'esigenza che il titolare
del diritto di prelazione sia posto in condizione di conoscere gli elementi integrativi del progettato contratto di vendita (Cass. 14
febbraio 1987, n. 1651, cit.). Il titolare del diritto di prelazione, che non lo abbia esercitato,
non ha diritto al riscatto, ove sia semplicemente differita la data
del contratto definitivo di vendita fissata nel preliminare notifi
catogli, salvo che il differimento non sia così notevole (nella
specie, è di un solo mese) da comportare sostanziale mutamento
delle condizioni indicate nella proposta (Cass. 18 giugno 1988, n. 4163, id., Rep. 1989, voce cit., n. 161).
Il secondo motivo, con il quale i ricorrenti, in definitiva, la
mentano che i giudici di merito non abbiano ravvisato nella spe cie gli estremi del riscatto ed accolto la relativa domanda, rima
ne assorbito, presupponendo l'accoglimento del primo motivo.
In conclusione, il ricorso va rigettato.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 16 mag
gio 2003, n. 7704; Pres. Mattone, Est. D'Agostino, P.M.
Frazzini (conci, conf.); Federico (Avv. D'Avino, Silvestro) c. Comune di Napoli (Avv. E. Barone). Conferma Trib. Na
poli 16 luglio 2001.
Impiegato dello Stato e pubblico in genere — Contrattualiz
zazione del rapporto — Procedimento disciplinare — Re
gole di diritto privato — Applicabilità (L. 20 maggio 1970 n. 300, norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di
lavoro e norme sul collocamento, art. 7; d.leg. 30 marzo 2001
n. 165, norme generali sull'ordinamento del lavoro alle di
pendenze delle amministrazioni pubbliche, art. 55, 69, 72).
A seguito della contrattualizzazione del rapporto di lavoro pub blico, l'esercizio del potere disciplinare da parte della pub blica amministrazione datrice di lavoro è governato dal di
ritto privato, non più dalle norme previste in tema di pubblico
impiego, né dalle regole che presidiano il procedimento am
ministrativo. (1)
(1) I. - La sentenza in epigrafe afferma l'applicabilità al procedi mento disciplinare nel rapporto di lavoro pubblico delle regole stabilite dai contratti collettivi e della normativa del lavoro privato; esclude, in
particolare, che seguitino a trovare applicazione le disposizioni dettate in tema di impiego pubblico e la 1. 241/90 sul procedimento ammini strativo.
II. - Conformi, in motivazione, Cass.. sez. un., 19 gennaio 2001, n. 10/SU, Foro it., Rep. 2001, voce Impiegato dello Stato, n. 860, e, per esteso, Giust. civ., 2001, I, 1381; 5 dicembre 2000. n. 1251/SU, Foro
Il Foro Italiano — 2003.
Svolgimento del processo. — Con ricorso del 14 novembre
2000 al Tribunale di Napoli in funzione di giudice del lavoro, Alfredo Federico, dipendente del comune di Napoli, esponeva:
— che con decreto 4 aprile 2000, n. 161 del dirigente del
servizio di disciplina, in esito a procedimento disciplinare, era
stato licenziato senza preavviso a seguito del passaggio in giu dicato di sentenza penale di condanna per reati commessi in
servizio; — che avverso tale provvedimento aveva proposto ricorso ex
art. 412 ter c.p.c. al collegio arbitrale di disciplina deducendo la
it.. Rep. 2001, voce Giurisdizione civile, n. 187; 7 aprile 1999, n. 3373, id., 1999, voce Impiegato dello Stato, nn. 1348, 1359, e, per esteso, Giust. civ., 1999, I, 2189; per la giurisprudenza di merito, Trib. Nocera Inferiore 16 novembre 2000, Foro it.. Rep. 2001, voce cit., n. 784.
In termini, per la giurisprudenza amministrativa. Cons. Stato, sez.
IV, 12 marzo 2001, n. 1380, ibid., n. 851; Tar Lombardia 20 novembre
1998, n. 2674, id., Rep. 1999, voce cit., n. 1446. III. - Sulla natura rituale del lodo emesso dal collegio arbitrale di di
sciplina, Cass. 24 luglio 2002, n. 10859, id., 2002, I, 3252, e sui tempi di scelta tra procedura arbitrale e giudizio ordinario, Cass. 26 luglio 2002, n. 11106, id., Rep. 2002, voce cit., n. 964.
IV. - Da ultimo, in tema di procedimento disciplinare nel lavoro pri vato, Cass. 7 giugno 2003, n. 9167, in questo fascicolo, I, 2673, con nota di richiami.
V. - Sulla responsabilità disciplinare del lavoratore pubblico a se
guito della contrattualizzazione, v., tra gli studi più recenti, M. Esposi
to, La «nuova» responsabilità disciplinare dei pubblici dipendenti, in M. Rusciano-L. Zoppoli, L'impiego pubblico nel diritto del lavoro, To
rino, 1993, 223; I. Cacciavillani, Il diritto disciplinare, Milano, 1994; C. Alessi, Il potere disciplinare nel pubblico impiego riformato, in Riv.
giur. lav., 1994, I, 491; M. Esposito, La riforma del potere disciplinare nel lavoro pubblico: dalla riserva di legge alla contrattazione colletti
va, in M. Rusciano-L. Zoppoli (a cura di). Lo spazio negoziale nella di
sciplina del lavoro pubblico, Bologna, 1995, 251; P. Passalacqua, Il
potere disciplinare nel rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbli che amministrazioni, in Inpdap, 1996, 171; L. Viola, Il nuovo proce dimento disciplinare del pubblico impiego privatizzato, in Cons. Stato, 1997, II, 1675; Id., Del diritto disciplinare nel pubblico impiego priva tizzato, in Ragiusan, 1997, fase. 153, 360; F. Fracchia, Sanzioni disci
plinari e convergenza tra diritto pubblico e diritto privato, in Dir.
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VI. - L'art. 55 d.leg. 165/01 lascia ferma per i dipendenti «contrat tualizzati» «la disciplina attualmente vigente in materia di responsabi lità civile, penale e contabile per i dipendenti delle amministrazioni
pubbliche», ma non comprende nel novero la responsabilità disciplina re.
In dottrina, si è dubitato della legittimità costituzionale della disci
plina della materia per difetto di delega: E. Mele, Linee evolutive in
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