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sezione III civile; sentenza 2 dicembre 1998, n. 12236; Pres. Grossi, Est. Segreto, P.M. V. Nardi...

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sezione III civile; sentenza 2 dicembre 1998, n. 12236; Pres. Grossi, Est. Segreto, P.M. V. Nardi (concl. conf.); Pipino (Avv. De Tilla) c. Soc. Secips (Avv. Del Vecchio). Conferma App. Napoli 17 dicembre 1996 Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 2 (FEBBRAIO 1999), pp. 521/522-527/528 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23192830 . Accessed: 28/06/2014 15:30 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 141.101.201.31 on Sat, 28 Jun 2014 15:30:24 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione III civile; sentenza 2 dicembre 1998, n. 12236; Pres. Grossi, Est. Segreto, P.M. V. Nardi(concl. conf.); Pipino (Avv. De Tilla) c. Soc. Secips (Avv. Del Vecchio). Conferma App. Napoli 17dicembre 1996Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 2 (FEBBRAIO 1999), pp. 521/522-527/528Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23192830 .

Accessed: 28/06/2014 15:30

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

ni sono negate a chi sia già proprietario di una abitazione ido

nea alla propria situazione personale (Cass. 6476/96, Foro it.,

1996, I, 3369) e traspare anche dalla previsione di cui sub b),

perché, contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, la di

sposizione non è formulata nel senso che l'acquirente dell'im

mobile debba dichiarare «di volerlo adibire a propria abitazio

ne», ma che dichiari «di adibirla a propria abitazione». La let

tera della legge, in altri termini, indica che il legislatore, in

coerenza con le finalità perseguite, non ha inteso agevolare me

ri progetti di future (ed eventuali) sistemazioni abitative, ma

attuali e concrete utilizzazioni degli immobili acquistati come

abitazioni da parte di acquirenti che ne siano privi (o siano pri vi di abitazione idonea).

Deve pertanto confermarsi quanto questa corte ha già avuto

modo di affermare (Cass. n. 2027 del 1996, id., Rep. 1996, voce Tributi in genere, n. 1272), sia pure in altro contesto, e

cioè che l'agevolazione prevista dalla norma di cui si tratta può essere mantenuta solo se l'acquisto sia seguito dall'effettiva rea

lizzazione della destinazione dell'immobile acquistato ad abita

zione propria. 3. - Gli ulteriori profili del ricorso, con i quali si censura

la decisione impugnata per aver ritenuto necessario il trasferi

mento della residenza anagrafica nell'immobile acquistato e per aver attribuito valore prevalente alla seconda attestazione del

comune di S. Benedetto del Tronto, basata su un'erronea no

zione giuridica di residenza sono inammissibili. Il primo perché la commissione centrale ha affermato che per il mantenimento

dei benefici è necessaria «l'effettività dell'abitazione della con

tribuente nell'immobile aquistato» e non che in tale immobile

debba essere trasferita la residenza anagrafica; il secondo per ché si tratta di censura relativa alla valutazione della prova do

cumentale, che presuppone la fondatezza del primo profilo, già di per sé inammissibile.

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 2 di

cembre 1998, n. 12236; Pres. Grossi, Est. Segreto, P.M.

V. Nardi (conci, conf.); Pipino (Avv. De Tilla) c. Soc. Se

cips (Avv. Del Vecchio). Conferma App. Napoli 17 dicem

bre 1996.

Locazione — Legge 392/78 — Immobili adibiti ad uso diverso

dall'abitazione — Disciplina transitoria — Stipulazione di nuo

vo contratto secondo la disciplina ordinaria — Configurabili tà — Condizioni — Fattispecie (L. 27 luglio 1978 n. 392,

disciplina delle locazioni di immobili urbani, art. 67). Locazione — Legge 392/78 — Accordi in deroga — Proroga

legale del contratto alla prima scadenza successiva all'entrata

in vigore della 1. 359/92 — Immobili adibiti ad uso diverso

dall'abitazione — Esclusione (D.l. 11 luglio 1992 n. 333, mi

sure urgenti per il risanamento della finanza pubblica, art.

11; 1. 8 agosto 1992 n. 359, conversione in legge, con modifi

cazioni, del d.l. 11 luglio 1992 n. 333, art. unico).

Per stabilire se le parti si siano avvalse della facoltà, prevista dal 3 ° comma dell'art. 67 l. 392/78, di stipulare un «nuovo

contratto» di locazione secondo la disciplina ordinaria del ca

po II, titolo I, della stessa legge, è irrilevante accertare in

quale delle tre ipotesi previste dal 1 ° comma dello stesso arti

colo (lett. a, b, c) rientrasse il contratto originario; né rileva

il carattere novativo, o meno, del nuovo accordo, essendo

sufficiente ai suddetti fini che si tratti di un contratto modifi cativo di quello precedente nel quale le parti, anche mediante

un semplice richiamo alle norme di legge, stabiliscano quale

Il Foro Italiano — 1999 — Parte 7-10.

termine finale del rapporto locatizio (almeno) quello minimo

imposto a favore del conduttore dall'art. 27 l. 392/78. (1) La proroga biennale del contratto di locazione, prevista dal com

ma 2 bis dell'art. 11 d.l. 333/92, aggiunto dalla legge di con

versione 359/92, non trova applicazione con riferimento alle

locazioni di immobili ad uso diverso dall'abitazione. (2)

II

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 25 no

vembre 1998, n. 11972; Pres. Iannotta, Est. Amatucci, P.M.

Frazzini (conci, conf.); Oliveto (Aw. Camardese) c. Ostuni

(Aw. Lapolla). Conferma App. Potenza 28 novembre 1996.

Locazione — Legge 392/78 — Immobili adibiti ad uso diverso

dall'abitazione — Disciplina transitoria — Contratti non sog

getti a proroga — Stipulazione di nuovo contratto secondo

la disciplina ordinaria (L. 27 luglio 1978 n. 392, art. 67, 71). Locazione — Legge 392/78 — Immobili adibiti ad uso diverso

dall'abitazione — Disciplina transitoria — Stipulazione di nuo

vo contratto secondo la disciplina ordinaria — Configurabili tà — Condizioni — Fattispecie (Cod. civ., art. 1418; 1. 27

luglio 1978 n. 392, art. 67, 71).

La disposizione dell'ultimo comma dell'art. 671. 392/78, a nor

ma della quale è in facoltà delle parti stipulare un nuovo con

tratto di locazione prima della scadenza stabilita dal 1 ° com

ma dello stesso articolo per le locazioni ad uso non abitativo

in corso e soggette a proroga alla data di entrata in vigore della legge sull'equo canone, esprime un principio generale,

applicabile anche ai contratti in corso e non soggetti a proro

ga alla data anzidetta. (3) Perché ricorra l'ipotesi del «nuovo contratto» secondo la disci

plina ordinaria della l. 392/78, prevista dall'art. 67, ultimo

comma, della stessa legge, occorre che il nuovo accordo espri

ma, anche attraverso richiami, la volontà delle parti di assog

gettare la locazione al suddetto regime ordinario, non poten do altrimenti l'autonomia negoziale delle parti incidere sulla

disciplina dei rapporti in corso alla data di entrata in vigore della citata l. 392/78, la cui durata è stabilita da norme di

carattere imperativo (nella specie, sulla base di tale principio, la Cassazione ha escluso che ricorresse l'ipotesi di cui all'art.

67, ultimo comma, l. 392/78 nel caso di un contratto trienna

le stipulato tra le parti nella vigenza della durata imposta dal

l'art. 71 stessa legge, con conseguente nullità dell'accordo ed

assoggettamento della locazione alla scadenza legale). (4)

(1, 3-4) Le due pronunzie in rassegna applicano, con riferimento a

fattispecie differenti, principi sostanzialmente consolidati, sottolinean do come la disposizione dell'ultimo comma dell'art. 67 1. 392/78 (che, ancorché riguardante le locazioni non abitative già in corso alla data del 30 luglio 1978, non ha ancora perduto del tutto la sua rilevanza sul piano concreto) sia stata concepita per favorire «l'immediato ade

guamento del rapporto al regime ordinario, sottraendolo a quello tran sitorio» della 1. 392/78: in proposito, v. Cass. 14 febbraio 1992, n.

1834, Foro it., 1993, I, 1967, con nota di richiami, la quale (al pari della riportata Cass. 12236/98) sottolinea come l'interpretazione della volontà contrattuale delle parti si risolva in un accertamento di fatto, riservato al giudice del merito e, come tale, insindacabile in sede di

legittimità, se congruamente motivato; successivamente, Cass. 28 luglio 1993, n. 8402, id., Rep. 1994, voce Locazione, n. 141, e 6 aprile 1995, n. 4027, id., Rep. 1995, voce cit., n. 132 (secondo cui la volontà delle

parti di assoggettare la locazione al regime ordinario, stipulando un

nuovo contratto ai sensi dell'art. 67, ultimo comma, 1. 392/78, deve

essere manifestata in modo chiaro, o attraverso il richiamo alle norme

degli art. 27 ss. 1. cit. o attraverso una disciplina pattizia ad esse corri

spondente); 13 settembre 1996, n. 8264, id., Rep. 1997, voce cit., n.

133 (circa i criteri da seguire per stabilire se si tratti di «nuovo contrat to» ai sensi dell'art. 67, ultimo comma, cit., ovvero di cessione del

contratto in corso soggetto alla disciplina transitoria della 1. 392/78, nel caso di conclusione di un nuovo accordo contrattuale con l'inter

vento in veste di conduttore di un soggetto diverso da quello origina

rio); 3 dicembre 1997, n. 12249, ibid., n. 132 (che puntualizza, a sua

volta, come l'accertamento della volontà delle parti di attrarre il rap

porto di locazione nel regime ordinario sia riservato all'apprezzamento del giudice di merito).

In senso sostanzialmente difforme con riferimento alla fattispecie con

creta, rispetto alla riportata Cass. 11972/98, risulta, peraltro, Cass. 4

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PARTE PRIMA

I

Svolgimento del processo. — Con atto notificato il 12 feb braio 1990 la s.r.l. Secips intimava a Pipino Rosa licenza per finita locazione per la scadenza ex lege del 3 marzo 1993 relati va all'immobile sito in Napoli, via Carlo Poerio 46, adibito a bar e contestualmente la citava davanti al pretore per la con valida.

La convenuta eccepiva che la locazione, sorta anteriormente al 1978, era soggetta al regime transitorio ex art. 67 1. 392/78, e che poi si era successivamente rinnovata, con l'ulteriore appli cabilità della disciplina di cui agli art. 28 e 29 1. 392/78.

Il pretore emetteva ordinanza provvisoria di rilascio e rimet teva le parti davanti al tribunale competente per valore.

Il Tribunale di Napoli, con sentenza del 1° giugno 1994, ac

coglieva la domanda.

La Pipino proponeva appello. La Corte di appello di Napoli, con sentenza del 14 novembre

1996, rigettava l'appello. Riteneva la corte che il contratto originario tra le parti era

certamente anteriore al 1978 ed esso era stato stipulato o nel l'anno 1963, come poteva desumersi dalla data della licenza com merciale in favore della Pipino, rilasciata nell'anno 1963 per l'esercizio di attività di bar in detto locale, oppure era relativo all'anno 1968, come emergeva dal contratto di locazione esibi

to, con scadenza 3 luglio 1969.

Nella prima ipotesi, alla data di entrata in vigore della 1.

392/78, il contratto in corso, perché sottoposto a proroga lega le, rientrava nella disciplina transitoria di cui alla lett. a) del 1° comma dell'art. 67 1. 392/78; nel secondo caso, rientrava

nell'ipotesi di cui alla lett. b); in entrambi i casi le parti poteva no avvalersi della facoltà di stipulare un nuovo contratto per sottoporre il rapporto locativo alla disciplina ordinaria, a nor ma dell'art. 67, ultimo comma, 1. 392/78.

Riteneva la corte che tanto avevano fatto le parti stipulando il nuovo contratto in data 4 marzo 1981, per anni sei, con la

conseguenza che la prima scadenza interveniva il 4 marzo 1987, e la seconda, a norma dell'art. 29 1. 392/78, il 4 marzo 1993.

Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la Pipino.

Resiste con controricorso la Secips. Motivi della decisione. — 1. Con il primo motivo di ricorso

la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell'art. 2697 c.c. nonché dell'art. 67, lett. c), 1. 392/78, in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c., in quanto la sentenza impugnata avrebbe ritenuto che alla locazione de qua era applicabile la

disciplina di cui al cit. art. 67, ultimo comma, per cui si tratte rebbe di un nuovo contratto rispetto al precedente, mentre nes suna prova aveva fornito il locatore in merito alla data di sca denza dell'originario contratto, e quindi non avrebbe provato

marzo 1995, n. 2518, id., Rep. 1995, voce cit., n. 133, secondo la quale non vale ad escludere la configurabilità del «nuovo contratto» ai sensi dell'art. 67, ultimo comma, 1. 392/78 il fatto che la durata convenuta sia «inferiore al termine legale», posto che in tal caso «opera l'eteroin tegrazione ex lege della clausola nulla».

In argomento v., da ultimo, Cass. 24 agosto 1998, n. 8378, id., Mass., 893, nel senso che l'ultimo comma dell'art. 67 cit. non esclude la legitti mità di una pattuizione novativa includente «l'ampliamento o la ridu zione, o altra modifica, dell'oggetto della locazione».

(2) In senso conforme, v. Cass. 11 settembre 1997, n. 8959, Foro it., 1997, I, 3559, con nota di richiami (riportata anche in Giusi, civ., 1997, I, 2703, con nota di N. Izzo).

Nel senso che l'ambito di operatività della normativa sui «patti in deroga» alla 1. 392/78, introdotta dall'art. 11 d.l. 333/92 (come conver tito nella 1. 359/92), deve intendersi circoscritto alle locazioni abitative ordinarie (con esclusione, quindi, di quelle «transitorie»), v., altresì, Cass. 8 maggio 1998, n. 4678, Foro it., 1998 I, 1800, con nota di D. Piombo (annotata anche da A. Carrato, in Corriere giur., 1998, 774; D. Piombo, in Contratti, 1998, 371).

Una indiretta conferma della validità della interpretazione secondo cui la normativa in discorso non riguarda le locazioni di immobili ad uso diverso dall'abitazione viene dalla recente 1. 9 dicembre 1998 n. 431 (Le leggi, 1998, I, 4739) che, modificando la disciplina delle loca zioni abitative (e non anche quella dettata per quelle ad uso diverso dalla 1. 392/78), ha espressamente abrogato (lasciandola tuttavia in vi gore per i rapporti già in corso, «per la loro intera durata»: v. art. 14 1. 431/98), tra l'altro, la normativa di cui all'art. 11 del citato d.l. 333/92 (1. 359/92). [D. Piombo]

Il Foro Italiano — 1999.

che, per effetto della detta norma, nella fattispecie si trattava di una locazione ordinaria.

Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente lamenta la vio

lazione e falsa applicazione degli art. 67, lett. c), e 27, 28, 29 1. 392/78 e dell'art. 1597 c.c. nonché l'omesso esame di un pun to decisivo della controversia, in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c., per avere errato nel ritenere che le parti avevano inteso stipulare un nuovo contratto prima delle scadenze previ ste dall'art. 67 cit., mentre nella fattispecie il contratto scadeva il 3 marzo 1987, per effetto delle proroghe di legge, con la con

seguenza che esso si rinnovava per altri sei anni, passando dal

regime transitorio a quello definitivo a norma degli art. 27 ss. 1. 392/78, con prima scadenza al 3 marzo 1993.

2.1. -1 due motivi, essendo strettamente connessi, vanno trat tati congiuntamente.

Essi sono infondati e vanno rigettati. Osserva preliminarmente questa corte che l'art. 67 1. 27 luglio

1978 n. 392, dopo aver stabilito al 1° comma la proroga e la relativa scadenza dei contratti in corso al momento dell'entrata in vigore della legge e già soggetti a proroga, stabilisce al 3°

comma che «è in facoltà delle parti di stipulare anche prima della scadenza sopra prevista un nuovo contratto di locazione secondo le disposizioni del capo II, titolo I della presente legge».

Il «nuovo contratto» di locazione secondo la disciplina ordi naria della 1. 392/78, che ai sensi dell'art. 67, 3° comma, della stessa legge è in facoltà delle parti stipulare anche prima della scadenza stabilita dai precedenti commi del medesimo art. 67, non deve avere necessariamente carattere novativo, essendo in vece sufficiente che si tratti di un contratto modificativo di quello precedente, nel quale le parti stabiliscano quale termine finale del rapporto locatizio (almeno) quello minimo imposto dall'art. 27 1. 392/78; pertanto, se con il «nuovo contratto» le parti si sono limitate, anche con un mero richiamo alla norma di legge, a stabilire il predetto termine minimo di durata della locazione, ne deriva, oltre all'applicabilità della regola dell'automatica rin novazione del contratto alla scadenza (a norma dell'art. 28, sal va la facoltà per il locatore di denegare la rinnovazione per i motivi di cui all'art. 29), il correlativo potere delle parti di determinare liberamente l'ammontare del canone di locazione

(soggetto ad aggiornamento nei limiti di cui all'art. 32 1. 392/78), mentre restano in vigore le altre clausole accessorie dell'origina rio contratto, concernenti — ad esempio — il tempo e le moda lità di pagamento del canone (Cass. 13 novembre 1987, n. 8357, Foro it., 1988, I, 432).

2.2. - Nella fattispecie la sentenza impugnata, con accerta mento in fatto, ha ritenuto che, anteriormente al contratto sti

pulato in data 4 marzo 1981, tra le parti vi era un originario contratto, con data di inizio al 1963, in quanto dagli atti risulta la licenza di vendita, intestata alla conduttrice, per attività com merciale da svolgersi nel locale in questione datata 30 novembre

1963, per cui il contratto in questione rientrava nell'ipotesi di

disciplina transitoria di cui alla lett. a) dell'art. 67, cit. La stessa sentenza rileva che, anche a ritenere che il contratto

originario fosse quello esibito del 1968, con scadenza al 3 luglio 1969, la soluzione non cambia poiché si tratterebbe di contratto

soggetto alla disciplina transitoria di cui alla lett. b) del 1 ° com ma dell'art. 67, cit.

In ogni caso, secondo il giudice di merito, alla data di entrata in vigore della 1. 392/78 il rapporto locativo in questione era

regolato da un contratto già soggetto a proroga legale ed ulte riormente prorogato a norma del 1° comma dell'art. 67 1. 392/78, con la conseguenza che era in facoltà delle parti stipulare «un nuovo contratto» soggetto alla disciplina ordinaria.

Va, a tal fine, rilevato che trattasi di ricostruzione di circo stanze di fatto (la data di stipula dell'originario contratto) che rientra nei poteri del giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità ove immune da vizi logici o da errori giuridici.

Peraltro la stessa ricorrente (segnatamente sotto il secondo

motivo) non esclude che il contratto originario esistente tra le

parti, costituiva un contratto in corso soggetto alla disciplina transitoria, ma sostiene che esso rientrava «nella disciplina tran sitoria prevista per le locazioni di immobili adibiti ad uso diver so con scadenza di cui all'art. 67, lett. c), 1. 391/78».

2.3. - Senonché, una volta ritenuto che il contratto origina rio, in corso alla data di entrata in vigore della 1. 392/78, rien trava tra i contratti in corso già soggetti a proroga ed ulterior mente prorogati a norma dell'art. 67, 1° comma, ai fini di sta

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

bilire se le parti si sono avvalse della facoltà di stipulare «un

nuovo contratto», a norma dell'art. 67, ultimo comma, rinun

ciando, quindi, alla disciplina transitoria ed accedendo imme

diatamente alla disciplina ordinaria, è irrilevante accertare in

quale delle tre ipotesi di cui al 1° comma dell'art. 67 (lett. a,

b, c) detto contratto originario rientrasse, poiché la facoltà con

cessa alle parti dall'ultimo comma investe tutte le predette ipotesi. 3. - Diversa questione è se con il contratto stipulato il 4 mar

zo 1981 le parti abbiano voluto porre in essere «un nuovo con

tratto», ai sensi dell'art. 67, 3° comma, 1. 392/78, sottoponen

do il rapporto locativo tra loro esistente al regime ordinario.

Va ribadito che si ha il «nuovo contratto», cui fa riferimento

l'art. 67, ultimo comma, anche nell'ipotesi di un qualsiasi ac

cordo non necessariamente novativo del contratto in corso, con

il quale anche mediante un mero richiamo, venga stabilito qua

le termine finale del rapporto (almeno) quello minimo imposto

a favore del conduttore dall'art. 27, in modo che l'accordo sia

espressione della volontà delle parti di assoggettare la locazione

al regime ordinario (Cass. 28 luglio 1993, n. 8402, id., Rep.

1994, vocz Locazione, n. 141; 13 novembre 1987, n. 8357, cit.).

La sentenza impugnata, in esatta applicazione di questi prin

cipi e con motivazione esente da censure in questa sede di legit

timità, ha ritenuto che il contratto stipulato tra le parti, in data

4 marzo 1981, integrasse, appunto, detta ipotesi del «nuovo con

tratto» di cui all'art. 67, 3° comma, cit., in quanto le parti

avevano indicato come durata del contratto il termine di anni

sei, pari alla durata legale e che, pertanto, con tale accordo

le parti posero fine al regime transitorio e diedero vita al regime

convenzionale ordinario.

La ricorrente contesta detta ricostruzione della volontà delle

parti, limitandosi a ritenere che non esiste nella fattispecie un'i

potesi di «nuovo contratto», sottoposto al regime ordinario.

Senonché in tema di interpretazione della volontà negoziale,

la parte che denunci in Cassazione l'erronea determinazione in

sede di merito di detta volontà, è tenuta ad indicare quali cano

ni o criteri interpretativi siano stati violati. In mancanza, l'indi

viduazione della volontà contrattuale — che avendo ad oggetto

una realtà fenomenica ed obiettiva, si risolve in un accertamen

to di fatto, istituzionalmente riservato al giudice di merito —

è censurabile non già quando le ragioni addotte a sostegno della

decisione sono diverse da quelle della parte, bensì allorché esse

siano insufficienti o inficiate da contraddittorietà logica o giuri

dica (Cass. 12 marzo 1994, n. 2415, ibid., voce Lavoro (rappor

to), n. 1018; 2 febbraio 1996, n. 914, id., Rep. 1996, voce Cas

sazione civile, n. 81). 4.1. - Infondato è anche il terzo motivo di ricorso con cui

la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell'art.

111. 359/92 nonché il vizio di motivazione insufficiente ed illo

gica in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c., per aver ritenuto

che detta norma fa esclusivo riferimento alle locazioni abitati

ve, mentre a parere della ricorrente la detta norma si applica

anche alle locazioni non abitative.

4.2. - Ritiene questa corte che l'art. 11, comma 2 bis, 1. 8

agosto 1992 n. 359 si riferisce esclusivamente agli immobili de

stinati ad uso abitativo e che, pertanto, solo nei confronti di

questi vale la proroga biennale dei termini di scadenza contrat

tuale da detta norma previsti. Come già rilevato dalla dottrina, va, anzitutto, osservato co

me l'occasione del d.l. 333/92, coincidente con la manovra fi

scale del 1992, e la dichiarata finalità di voler assicurare, a fronte

del nuovo ed oneroso trattamento fiscale della proprietà immo

biliare, una più adeguata potenzialità reddituale all'edilizia abi

tativa, sia di nuova realizzazione (1° comma dell'art. 11), sia

preesistente (2° comma) onde garantire la continuità degli inve

stimenti nel settore e prevenire l'eventualità di una contrazione

della disponibilità sul mercato degli alloggi per uso locativo (co

sì si esprime la relazione al parlamento sul decreto legge), siano

indicative della volontà del legislatore di incidere esclusivamen

te sulla disciplina dell'equo canone delle locazioni ad uso abita

tivo, prevenendone la progressiva liberalizzazione.

Conforta tale rilievo Corte cost. 21 luglio 1993, n. 323, id.,

1993, I, 2761, che, nel disattendere l'eccezione di illegittimità

costituzionale della proroga biennale prevista dall'art. 11, com

ma 2 bis, ha ritenuto di dover inquadrare la detta proroga nel

contesto normativo nel quale è inserita, riferendola inequivoca

mente alle sole locazioni abitative. Essa ha osservato che con

l'art. 11 è stata dettata una disciplina volta ad aprire una fase

Il Foro Italiano — 1999.

di graduale transizione dalla determinazione del canone di loca

zione secondo parametri vincolanti stabiliti dal legislatore alla

libera negoziazione del canone tra le parti, sicché il comma 2

bis, lungi dall'integrare una riedizione del regime vincolistico,

risponde all'esigenza di predisporre una soluzione, limitata nel

tempo, per il passaggio ad un nuovo sistema caratterizzato dal

tendenziale superamento del principio della quantificazione le

gale del corrispettivo per le locazioni abitative.

L'espressione, del resto, del 2° comma dell'art. 11, «immobi

li non compresi tra quelli di cui al 1° comma», che la tesi esten

siva vorrebbe riferita a tutti gli immobili (sia adibiti ad abita zione «vecchi», sia adibiti ad uso diverso, siano essi «vecchi»

o «nuovi»), individua gli immobili oggetto dei contratti di cui

al 2° comma negli immobili appartenenti al patrimonio edilizio

preesistente. Sicché l'effettivo e coerente significato della nor

ma va colto in ciò che con essa viene completata la disciplina

di progressiva liberalizzazione del corrispettivo delle locazioni

ad uso abitativo, instaurata dal 1° comma con riferimento ai

nuovi contratti relativi al patrimonio edilizio di nuova realizza

zione, e compiuta dal 2° comma — mediante l'istituto degli

accordi in deroga — con riferimento ai contratti nuovi o costi

tuenti rinnovazione di contratti in corso relativi al patrimonio

edilizio preesistente adibito ad uso di abitazione. Nello stesso

ordine di idee si muovono anche Corte cost. 25 luglio 1996,

n. 309, id., 1996, I, 2601, e Cass. 11 settembre 1997, n. 8959,

id., 1997, I, 3559. Conferma, inoltre, sempre sul piano sistematico e logico, la

limitata area applicativa del 2° comma, il richiamo, al fine di ribadirne l'inderogabilità, all'art. 24 1. 392/78, relativo all'ag giornamento del canone di locazione ad uso di abitazione, e

non anche all'art. 32, concernente l'aggiornamento del canone

delle locazioni ad uso diverso.

A sua volta, il richiamo all'art. 30, pure contenuto nel 2°

comma, è ritenuto giustificato dall'estensione alle locazioni ad

uso abitativo, per effetto degli accordi in deroga, di un diniego

di rinnovo per motivi in parte mutuati da quelli previsti per

le locazioni ad uso diverso dall'art. 29 ed in parte propri dell'a

nalogo istituto del recesso da locazione abitativa in regime tran

sitorio di cui all'art. 59, per il quale era già espressamente pre

vista (nel suo ultimo comma) l'applicazione della procedura di

cui all'art. 30.

Va, altresì, rilevato che la praticabilità di accordi in deroga

assistiti anche per le locazioni ad uso diverso è contrastata dal

l'omessa menzione delle organizzazioni di categoria dei condut

tori commercianti, artigiani e professionisti (indipendentemente

dal problema dell'incostituzionalità dell'obbligatoria assistenza

sancita da Corte cost. 309/96, cit.), diversamente da quanto

avviene ex art. 45 1. 203/82, che richiede in tema di accordi

in deroga l'assistenza delle rispettive «organizzazioni agricole».

Anche detto motivo è pertanto infondato.

5. - Il ricorso va, pertanto, rigettato.

II

Svolgimento del processo. — Con atto del 1994 Antonio Ostuni

intimò a Giuseppina Oliveto licenza per finita locazione alla

data del 30 aprile 1994 di due vani locati per uso commerciale

in Tito, contestualmente citandola per la convalida innanzi al

Pretore di Potenza.

Espose che il rapporto locativo — della durata convenzionale

di cinque anni a decorrere dal 1° maggio 1976 — era stato pro

rogato ex lege n. 392 del 1978 fino al 30 aprile 1982 e che si

era tacitamente rinnovato di sei anni in sei anni dapprima fino

al 30 aprile 1988 e poi sino al 30 aprile 1994, data per la quale

era stata comunicata regolare disdetta nel 1992.

Il convenuto resistette assumendo che, prima della scadenza

convenzionale del 30 aprile 1981, le parti avevano rinnovato

il contratto, con un nuovo canone, per tre anni, rinnovandolo

ancora per un ulteriore triennio in data 6 aprile 1984. Essendo,

peraltro, tale ultima durata inferiore a quella minima prevista

dall'art. 27 1. n. 392 del 1978, il contratto sarebbe venuto a

scadenza il 6 aprile 1990 e, dunque, in difetto di disdetta, il

6 aprile 1996. Negata dal pretore la convalida, il Tribunale di

Potenza (competente per valore) innanzi al quale le parti erano

state rimesse, con sentenza del 26 maggio 1995 dichiarò la loca

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Page 5: sezione III civile; sentenza 2 dicembre 1998, n. 12236; Pres. Grossi, Est. Segreto, P.M. V. Nardi (concl. conf.); Pipino (Avv. De Tilla) c. Soc. Secips (Avv. Del Vecchio). Conferma

PARTE PRIMA

zione cessata alla data del 30 aprile 1994 e condannò la Oliveto

al rilascio alla data del 31 agosto 1995.

Con sentenza n. 230 del 28 novembre 1996 la Corte d'appello di Potenza ha rigettato il gravame della Oliveto, cui aveva resi

stito l'Ostuni, sui rilievi: — che a norma dell'art. 71 1. n. 392 del 1978 il rapporto,

in corso alla data di entrata in vigore della legge e con scadenza

convenzionale al 30 aprile 1981, era stato prorogato di diritto

sino al 29 aprile 1982; — che l'accordo dell'aprile del 1981, col quale le parti aveva

no convenuto la rinnovazione della locazione per un triennio

sul presupposto che essa dovesse cessare nel 1981, era nullo per contrasto con norma imperativa di legge che ne aveva già pro

rogato la scadenza al 30 aprile 1982; — che alla scadenza del 30 aprile 1982 il contratto si era rin

novato, in mancanza di disdetta, per ulteriori sei anni ex art.

1597 c.c., e di ulteriori sei anni il 30 aprile 1990 ex art. 28 1. n. 392 del 1978;

— che al contratto erano applicabili gli art. 28 e 29 1. n.

392 del 1978, sicché era nullo per contrasto con norma impera tiva anche il successivo accordo col quale, nel 1984, le parti avevano convenuto di rinnovare il contratto per tre anni.

Avverso detta sentenza ricorre per cassazione Giuseppina Oli

veto sulla base di un unico motivo, cui resiste con controricorso

Antonio Ostuni.

Motivi della decisione. — 1. - Si duole la ricorrente — dedu

cendo con unico motivo violazione e falsa applicazione degli art. 27, 67 e 71 1. n. 392 del 1978, nonché degli art. 1322, 1596

e 1597 c.c. — che la corte territoriale abbia ritenuto il rapporto

regolato dagli art. 1596 e 1597 c.c. alla scadenza fissata dal

l'art. 71 1. n. 392 del 1978 (24 aprile 1982) e che non abbia

considerato che, in base all'art. 67 della stessa legge, non era

vietato alle parti di stipulare un nuovo contratto di locazione

prima della scadenza del termine prorogato, così favorendo an

che il passaggio dei rapporti locativi dal regime transitorio a

quello ordinario.

La circostanza che le parti avessero convenzionalmente stabi

lito, nel 1981, una durata di tre anni del nuovo contratto aveva

comportato solo l'effetto dell'automatica sostituzione della du

rata legale di sei anni a quella convenzionale, sicché il nuovo

rapporto sarebbe venuto a scadenza il 29 aprile 1987. Ma prima di tale data le parti avevano concluso un nuovo contratto di

durata triennale dal 29 aprile 1984 al 29 aprile 1987, al quale

pure doveva applicarsi la medesima regola, onde il rapporto locativo veniva a scadere il 29 aprile 1990 e, dunque, a seguito di rinnovazione tacita per uguale periodo in mancanza di di

sdetta, il 29 aprile 1996.

2.1. - La censura è infondata.

Questa corte ha bensì statuito — come sostenuto dal ricor

rente, che ha richiamato anche Cass. n. 7933 del 1991, Foro

it., Rep. 1992, voce Locazione, n. 131 — che la disposizione dell'ultimo comma dell'art. 67 I. n. 392 del 1978, a norma della

quale è in facoltà delle parti di stipulare un nuovo contratto

di locazione prima della scadenza stabilita dal 1° comma dello

stesso articolo per i contratti di locazione destinati ad uso non

abitativo in corso alla data di entrata in vigore della legge sul

l'equo canone e soggetti a proroga, esprime un principio di ca rattere generale, applicabile anche ai contratti in corso non sog getti a proroga, come quello di specie.

Ma ha anche affermato che lo scopo della norma è quello di favorire l'immediato adeguamento del rapporto al regime or

dinario, sottraendolo a quello transitorio (Cass. n. 1634 [recte,

1834] del 1992, id., 1993, I, 1967), e che la vicenda considerata dalla disposizione in esame si articola in due fasi, costituite ri

spettivamente dallo scioglimento, per mutuo consenso, del pre cedente rapporto locativo (la cui scadenza sia stata differita da

gli art. 67 e 71 1. n. 392 del 1978) e dalla stipulazione di un

nuovo contratto a regime ordinario (Cass. n. 7933 del 1991,

già citata), con il quale venga stabilito quale termine finale del

rapporto almeno quello minimo di cui all'art. 27 1. n. 392 del

1978, con la rinnovazione automatica alla scadenza, a norma del successivo art. 28 (Cass. n. 8357 del 1987, id., 1988, I, 432). Occorre, insomma, «che il nuovo contratto sia conforme alla

disciplina del regime ordinario, che l'accordo sia espressione della volontà delle parti di assoggettare la locazione al regime ordina rio attraverso il richiamo alle norme regolatrici degli ordinari

rapporti locativi per uso non abitativo o una concreta disciplina

li Foro Italiano — 1999.

corrispondente a quella di queste norme» (così Cass. n. 4027

del 1995, id., Rep. 1995, voce cit., n. 132, richiamata in memo

ria dal controricorrente; ma v. anche, fra le altre, Cass. n. 8402

del 1993, id., Rep. 1994, voce cit., n. 141). In difetto di tali connotazioni dell'accordo, l'autonomia ne

goziale delle parti non può dunque esplicarsi nel senso di inci

dere sui rapporti in corso alla data di entrata in vigore della

1. n. 392 del 1978, la cui durata è stabilita da norme di carattere

imperativo, che possono non ricevere applicazione solo se le

parti stipulino, prima della scadenza prevista dagli art. 67 e 71, «un nuovo contratto di locazione secondo le disposizioni del

capo II, titolo I della presente legge». 2.2. - Nella specie è assolutamente pacifico che i contendenti

hanno, prima della scadenza legale del 30 aprile 1982 (e di quel la convenzionale del 30 aprile 1981), manifestato soltanto la

volontà di «rinnovare» il medesimo rapporto per altri tre anni

a decorrere dal 30 aprile 1981 con dichiarazione in calce allo

stesso contratto, provvedendo esclusivamente all'adeguamento del canone, ma senza in alcun modo fare riferimento alla 1.

n. 392 del 1978 e non prevedendo una nuova disciplina della

locazione conforme ai dettami della nuova legge. Va pertanto escluso, sulla scorta degli accertamenti di fatto

compiuti dal giudice di merito, che ricorresse nella specie l'ipo tesi novativa di cui all'art. 67, 3° comma, 1. cit. (applicabile, come s'è detto, anche ai contratti non soggetti a proroga di

cui all'art. 71, siccome espressiva di un principio di carattere

generale). Ne consegue la nullità dell'accordo stesso per contrasto con

norma imperativa ai sensi dell'art. 1418, 1° comma, c.c.

Pur dopo tale accordo (nullo), il contratto sarebbe dunque venuto a scadenza il 30 aprile 1988, a seguito di rinnovazione

tacita ai sensi dell'art. 1597 c.c.

Le stesse considerazioni si attagliano all'ulteriore rinnovazio

ne triennale dal 30 aprile 1984 al 30 aprile 1987, prevedente addirittura una scadenza anteriore a quella legale (ex art. 71

1. 392/78) del 30 aprile 1988. La corte di merito ha dunque correttamente deciso, pur se

con motivazione che va corretta nel senso sopra indicato.

3. - Il ricorso va conclusivamente respinto.

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 27 no

vembre 1998, n. 12060; Pres. V. Sgroi, Est. Carbone, P.M. Morozzo Della Rocca (conci, conf.); Ente consorzi di boni fica prov. Reggio Calabria (Avv. Mancini) c. Casile (Avv. Rizzo). Cassa Trib. Reggio Calabria 5 aprile 1996.

Impugnazioni civili in genere — Morte del difensore prima del

la costituzione nel giudizio d'appello — Interruzione del pro cesso (Cod. proc. civ., art. 301, 330).

Nel caso in cui il difensore, per mezzo del quale la parte si sìa costituita nel precedente grado di giudizio e a cui sia stato

notificato l'atto d'impugnazione, muoia dopo la notificazio ne dell'impugnazione, e prima del decorso dei termini per la

costituzione in giudizio e la proposizione dell'impugnazione incidentale, si verifica l'interruzione del processo. (1)

(1-2) I. - Le sezioni unite, con la prima sentenza in epigrafe, compon gono il contrasto di giurisprudenza sul problema se, sopraggiunta pri ma della scadenza dei termini per la costituzione nel giudizio d'appello la morte del difensore costituito nel precedente grado di giudizio, difen sore a cui è notificata l'impugnazione ai sensi dell'art. 330, 1° comma

c.p.c., si verifichi o meno l'interruzione del processo secondo l'art. 301

c.p.c. In senso negativo v., nella giurisprudenza più recente, Cass. 3

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