sezione III civile; sentenza 2 ottobre 2003, n. 14675; Pres. Vittoria, Est. Sabatini, P.M.Gambardella (concl. conf.); Ferraro (Avv. Di Giacomo, Bernardini), Banca Monte dei Paschi diSiena (Avv. Scognamiglio, Varvaro) c. Fall. soc. Progea (Avv. Marino). Conferma App. Palermo24 aprile 2001Source: Il Foro Italiano, Vol. 126, No. 12 (DICEMBRE 2003), pp. 3291/3292-3297/3298Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23199707 .
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PARTE PRIMA 3292
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 2 ot
tobre 2003, n. 14675; Pres. Vittoria, Est. Sabatini, P.M.
Gambardella (conci, conf.); Ferrara (Avv. Di Giacomo,
Bernardini), Banca Monte dei Paschi di Siena (Avv. Sco
gnamiglio, Varvaro) c. Fall. soc. Progea (Avv. Marino).
Conferma App. Palermo 24 aprile 2001.
Fallimento — Esecuzione del credito fondiario — Opposi zione — Curatore — Legittimazione (Cod. proc. civ., art.
615; r.d. 16 marzo 1942 n. 267, disciplina del fallimento, art.
51; d.leg. 1° settembre 1993 n. 385, t.u. delle leggi in materia
bancaria e creditizia, art. 41).
Ipoteca — Identità dei cespiti gravati — Incertezza della no
ta — Nullità (Cod. civ., art. 2826, 2841).
Nell'ipotesi in cui successivamente alla dichiarazione di falli mento, in relazione ad una operazione di credito fondiario, la
banca promuova l'esecuzione individuale consentita a norma
dell'art. 51 l. fall., il curatore è legittimato a proporre oppo sizione all'esecuzione per far valere l'inammissibilità del
l'esecuzione sul presupposto dell'invalidità dell'ipoteca. (1) E affetta da nullità l'iscrizione ipotecaria qualora dalla nota ri
sulti l'incertezza dei beni gravati. (2)
(1) Con una inversione logica non priva peraltro di significato, la
legge fallimentare stabilisce all'art. 52 che «il fallimento apre il con corso dei creditori sul patrimonio del fallito», mentre nel precedente art. 51 è fissata la regola per cui «nessuna azione individuale esecutiva
può essere iniziata o proseguita sui beni compresi nel fallimento». Secondo un criterio di coerenza sistematica in qualche modo corre
lato alla disciplina degli effetti del fallimento sul debitore e in partico lare al fenomeno del c.d. spossessamento ovverosia della perdita della
disponibilità da parte del fallito del potere di gestire il suo patrimonio, la norma che dovrebbe aprire la sezione della legge fallimentare desti nata al trattamento dei creditori andrebbe individuata in quella che
esprime il principio della concorsualità. La dichiarazione di fallimento è il presupposto della concorsualità
posto che con l'inizio della procedura si realizzano effetti di natura so stanziale e processuale che non potrebbero verificarsi se non in funzio ne della scelta del legislatore di implementare nel fallimento alcune re
gole di diritto comune — il principio della responsabilità patrimoniale (art. 2740 c.c.) e il concorso dei creditori e le cause di prelazione (art. 2741 c.c.) — assemblandole con una serie di disposizioni volte tutte a favorire l'effettività della concorsualità attraverso il ricorso a forme di concentrazione processuale.
La vocazione universale del fallimento deriva proprio dal principio di cui all'art. 52 1. fall., norma che al contempo racchiude in sé il valore di disciplina di sistema (1° comma) e di disciplina processuale specifica (2° comma), laddove si stabilisce la regola della vis attractiva concur sus. In questa prospettiva (l'essere il divieto di cui all'art. 51 1. fall, una norma precettiva assoluta), l'affermazione di principio e cioè l'espres sione della regola della concorsualità dovrebbe logicamente essere an
teposta alla disposizione che pone il divieto delle azioni esecutive. Tale divieto, infatti, non rappresenta altro che un mezzo per pervenire alla realizzazione dell'obiettivo della tutela della concorsualità, posto che
impedire ai creditori di proseguire o di iniziare ex novo azioni esecutive sul patrimonio destinato alla soddisfazione dell'intero ceto creditorio assolve allo scopo di evitare la dispersione delle attività processuali di rette alla trasformazione dei beni del debitore in somme di denaro da
ripartire ai creditori. Il divieto delle azioni esecutive mira dunque ad
impedire che ciascun creditore cerchi di soddisfare separatamente la
propria pretesa rendendo certamente più difficile il rispetto del concor so sostanziale all'interno della singola procedura espropriativa, ed a fa vorire la concentrazione dell'intera attività liquidatoria in capo al cu ratore. Che la ratio del divieto sia proprio questa lo si apprezza se si os servano le deroghe alla regola del divieto; la norma infatti lascia salve le diverse disposizioni di legge che consentono la prosecuzione e finan co l'inizio di azioni esterne individuali in costanza di procedura. Que ste deroghe sono rappresentative della tutela di particolarissime posi zioni il cui trattamento preferenziale ha però trovato sbocco in un mero
privilegio processuale visto che poi sul piano sostanziale anche quei creditori avvantaggiati debbono sottostare alla disciplina del concorso dei creditori di cui all'art. 52 1. fall. La ragione del divieto afferisce
dunque alla tutela della concorsualità formale e sostanziale; corrispon de all'esigenza della concentrazione dell'attività di liquidazione in ca
po al curatore; mira a garantire che nessun creditore possa trarre van
taggio da situazioni temporali favorevoli. La deroga di maggiore impatto è quella rappresentata dalle preroga
tive che spettano alle banche per operazioni di credito fondiario, visto che l'art. 41 t.u. n. 385 del 1993 ha perpetuato il privilegio processuale già riconosciuto agli istituti di credito fondiario nel r.d. n. 646 del 1905
(sulla natura di mero privilegio processuale, posto che il credito deve
Il Foro Italiano — 2003.
Svolgimento del processo. — Con atto notar Pietro Ferrara
del 22 maggio 1990 la sezione di credito fondiario della Banca
Monte dei Paschi di Siena concesse alla società Se. Fin. Italia,
per la costruzione di un complesso residenziale in Cefalù, il
mutuo ipotecario di lire 7.000.000.000; con atto in data 26 mar
zo 1991 del notaio Li Puma la mutuataria fu incorporata dalla
Generale costruzioni Ge.Cos. a r.l. che, con atto del 30 aprile 1993 del medesimo notaio, mutò la denominazione sociale in
Progea soc. coop, a r.l., la quale fu dichiarata fallita con senten
za in data 14 gennaio 1995 del Tribunale di Palermo; la banca
pignorò i beni ipotecati con atto del 26 settembre 1995, notifi
cato al fallimento ed alla società fallita rispettivamente il 28 ed
il 29 settembre successivi.
Con ricorso in data 4 ottobre 1996 il curatore del fallimento, tanto premesso, propose opposizione all'esecuzione immobilia
re così promossa, chiedendo che venisse dichiarata nulla ed
inefficace nei suoi confronti l'iscrizione ipotecaria del 31 mag
gio 1990, con conseguente nullità e comunque improcedibilità ex art. 51 1. fall, dell'esecuzione e del pignoramento.
A sostegno della domanda dedusse quanto segue: nella nota
di iscrizione ipotecaria il bene oggetto di ipoteca era stato indi
cato come complesso residenziale costituito da villette di varia
comunque essere determinato secondo le regole concorsuali, cfr. Cass. 19 febbraio 1999, n. 1395, Foro it., Rep. 2000, voce Credito fondiario, n. 12; 9 ottobre 1998, n. 10017, id.. Rep. 1999, voce Fallimento, n.
782; 29 agosto 1998, n. 8657, ibid., n. 482; 15 gennaio 1998, n. 314, id., 1998, I, 1934, con nota di Macario, cui si rinvia. Riconoscono na tura meramente processuale al privilegio del credito fondiario, Teren
ghi, Esecuzione di credito fondiario e fallimento, in Fallimento, 1999, 1073; Didone, Credito fondiario e fallimento: due privilegi in cerca di
«ratio», id., 1997, 953; Condemi, Le operazioni di credito fondiario, in La nuova legge bancaria a cura di P. Ferro Luzzi e G. Castaldi, Mila
no, 1996, II, 650; Benedetti, La riforma del credito fondiario nella nuova legge bancaria, in Fallimento, 1994, 5; per la legittimità costitu zionale di siffatto privilegio, v. Corte cost. 31 marzo 1988, n. 393, Foro
it., Rep. 1988, voce cit., n. 317; con riferimento alla normativa ora vi
gente, la perpetuazione del privilegio è criticata da Bozza, Il credito
fondiario nel nuovo t.u. bancario, Padova, 1996, 146; così pure nutrono dubbi sulla costituzionalità del nuovo assetto, Rispoli Farina, La nuova
legge bancaria, Napoli, 1995, 183; Corsi, Credito speciale e fallimen to, in Giur. comm., 1994, I, 569; Presti, La costituzionalità del credito
fondiario alla luce della nuova normativa, in Dir. fallim., 1996,1, 207). La nuova disciplina, nel comparto processuale, prevede espressa
mente solo l'ipotesi dell'intervento della curatela nel processo esecuti vo promosso dal creditore fondiario in danno del debitore fallito, inter vento che ha la limitata funzione di consentire da un lato l'esercizio dei
poteri strumentali propri di ogni intervento, dall'altro un'attribuzione delle somme in favore del creditore fondiario effettuata in conformità di quanto oggetto di verifica in sede di concorso fallimentare (Trib. Bologna 18 marzo 2002, Foro it.. Rep. 2002, voce Esecuzione forzata per obbligazioni pecuniarie, n. 69; Trib. Catania 20 gennaio 1996, id..
Rep. 1996, voce Credito fondiario, n. 12). I giudici di legittimità hanno però ritenuto che la facoltà di intervento
nel processo espropriativo singolare non assorba tutte le possibili ini ziative della curatela ed ha quindi affermato che con l'intervento può concorrere l'opposizione all'esecuzione laddove il fallimento contesti il diritto della banca a procedere con l'esecuzione individuale per effetto di un vizio dell'ipoteca, la cui validità costituisce condizione per l'at tribuzione del privilegio processuale (sulla necessità del rispetto delle
regole di concessione che governano tale tipo di credito perché possa trovare applicazione la normativa di favore, Trib. Milano 16 ottobre 1995, ibid., voce Fallimento, n. 483. con nota critica di Petraglia, Crediti fondiari e nuovo t.u. in materia bancaria e creditizia, in Falli
mento, 1996, 485; Trib. Roma 2 febbraio 1989, Foro it., Rep. 1990, vo ce cit., n. 529; per la caratterizzazione dell'ipoteca come elemento qua lificante del credito fondiario, Trequattrini, Le operazioni di credito
fondiario, in La nuova legge bancaria, cit., 624). In tale contesto si è riconosciuta la legittimazione al curatore per la
proposizione dell'opposizione, ancorché in passato si sia precisato che il debitore fallito è destinatario autonomo degli atti preliminari —
pre cetto — e di quelli propri del processo esecutivo individuale (Colombi ni, Fallimento ed esecuzione individuale di credito fondiario, in Falli
mento, 2000, 80) — pignoramento e atti successivi — nell'esecuzione del credito fondiario, onde la notificazione al curatore di detti atti non fa decorrere il termine per l'opposizione ad atti esecutivi. (Cass. 3 giu gno 1996, n. 5081, Foro it.. Rep. 1996, voce Esecuzione forzata in ge nere, n. 61; per l'espressa attribuzione al fallito della legittimazione a
proporre opposizione agli atti esecutivi con esclusione di ogni ingeren za del curatore, Cass. 11 marzo 1987, n. 2532, id., 1987, I, 2101, con nota contraria di Costantino).
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
tipologia, e la relativa area, non ancora censita nel catasto edili
zio, era stata indicata con riferimento a particelle del catasto ter
reni.
Il 3 marzo 1995, successivamente alla dichiarazione di falli
mento, la banca aveva notificato alla società debitrice precetto di pagamento delle semestralità del mutuo, rimaste impagate, e
quindi aveva sottoposto a pignoramento il terreno di proprietà della Progea e quanto su di esso realizzato.
Mentre, nella nota di iscrizione ipotecaria, il bene era o
avrebbe dovuto essere individuato con le particelle del catasto
terreni, il pignoramento faceva invece riferimento anche ai
mappali 879, 880 e 883 del N.c.e.u.
Orbene, come era stato certificato dall'ufficio tecnico erariale
di Palermo, le particelle menzionate nella nota di iscrizione
ipotecaria non trovavano corrispondenza nel N.c.t. poiché non
risultavano approvati i tipi di frazionamento delle particelle stesse: quelle indicate negli atti di compravendita
— con i quali * la Progea, poi fallita, aveva trasferito la proprietà dei fabbricati
nel frattempo realizzati — non corrispondevano a loro volta a
quelle indicate nella nota di iscrizione ipotecaria. Anche in considerazione della genericità dei confini indicati,
il bene, sul quale era stata iscritta ipoteca, non era pertanto in
alcun modo identificabile sulla base dei dati contenuti nella re
lativa nota di iscrizione.
La banca convenuta: eccepì preliminarmente il difetto di le
gittimazione della curatela sul rilievo che l'opposizione avrebbe
potuto essere proposta soltanto dal debitore esecutato: nel me
rito dedusse che la nota di iscrizione ipotecaria conteneva la
precisa descrizione degli immobili e che la difformità era costi
tuita soltanto dalla circostanza che le particelle erano state indi
cate come frazionate, mentre in realtà non lo erano; chiese ed
ottenne di chiamare in garanzia il notaio Ferrara.
Questi affermò la validità dell'ipoteca ed aggiunse che in
ogni caso non poteva essere ritenuto responsabile della even
tuale e contestata mancata corrispondenza dei dati catastali indi
cati nella nota di iscrizione, atteso che era stata la banca stessa a
In verità assai puntuale appare il richiamo contenuto in motivazione
alla norma di cui all'art. 43 1. fall, laddove si stabilisce che nelle con troversie relative a beni compresi nel fallimento, sta in giudizio il cu
ratore in luogo del fallito (implicitamente, Cass. 30 maggio 2000, n.
7142, id., Rep. 2002, voce Fallimento, n. 365; 15 febbraio 1999, n.
1236, id., Rep. 2000, voce cit., n. 644; per un'analisi della portata del
l'art. 43 1. fall, con riferimento ai beni «compresi» nel fallimento, cfr. M. Fabiani, Decreto di esecutorietà dello stato passivo e accertamento
negativo del credito , in Fallimento, 1996, 479). Poiché l'assoggettabilità del bene all'esecuzione individuale è que
stione che riguarda direttamente un bene appreso alla massa e non un
bene personale del fallito (sul punto, giova ricordare che l'eccedenza di
quanto spettante alla banca non compete al fallito ma va acquisita alla
massa fallimentare: cfr. Bozza, Il credito fondiario nel nuovo t.u. ban
cario, cit., 190; Sepe, Procedimento esecutivo, in Commentario al t.u.
delle leggi in materia bancaria e creditizia a cura di F. Capriglione,
Padova, 1994, 221), la decisione sulla legittimazione appare ineccepi bile, anche perché diversamente non vi sarebbe alcun interessato alla
proposizione dell'opposizione visto che il bene è comunque destinato alla soddisfazione dei creditori e il fallito non può quindi vantare su di
esso alcuna pretesa sino a che non siano stati soddisfatti tutti i creditori
concorrenti.
Sempre con riferimento al credito fondiario va rilevato come di re
cente si sia negato che il finanziamento di cui all'art. 38 t.u. 385/93
possa essere considerato un mutuo di scopo, con la conseguenza della
non prospettabilità della sanzione di nullità in caso di deviazione dallo
schema tipico (Cass. 11 gennaio 2001, n. 317, Foro it., Rep. 2001, voce
Credito fondiario, n. 4, con nota favorevole di Plenteda, Mutuo di sco
po e mutuo fondiario, in Fallimento, 2001, 1217).
(2) La norma di cui all'art. 2841 c.c., evocata in motivazione, sanci
sce l'invalidità dell'iscrizione ipotecaria ove sussista incertezza sull'i
dentità dei singoli beni gravati, identità che deve essere richiamata ai
sensi dell'art. 2839, n. 7, c.c. nella nota di iscrizione, con la precisazio ne che debbono essere specificate le indicazioni di cui all'art. 2826 c.c.
(per Trib. Udine 21 settembre 1998, Foro it.. Rep. 2000, voce Ipoteca, n. 9, è nullo l'atto di concessione di ipoteca volontaria che non indichi
specificamente i beni su cui iscrivere l'ipoteca; in dottrina, per la tesi
della nullità dell'ipoteca, Ravazzoni, Le ipoteche, in Trattato di diritto
privato diretto da P. Rescigno, Torino, 1985, XX, 63). Il vizio che riguardi anche una sola delle prescrizioni di cui al citato
art. 2841 c.c. è idoneo a determinare l'invalidità dell'ipoteca (Cass. 15
ottobre 1977, n. 4421, Foro it.. Rep. 1978, voce cit., n. 2). [M. Fabiani]
Il Foro Italiano — 2003.
fornirgli tutti gli estremi di identificazione del bene e che le
parti avevano allegato all'atto una planimetria dei luoghi, vi
stata dall'ufficio tecnico della banca e da esse sottoscritta, re
cante a colori l'indicazione dei lotti, sui quali doveva essere
iscritta ipoteca. Con sentenza del 28 luglio 1999 l'adito Tribunale di Termini
Imerese, respinta l'eccezione di difetto di legittimazione della
curatela, dichiarò la nullità dell'iscrizione ipotecaria stante
l'impossibilità di individuare esattamente il bene gravato di
ipoteca, con conseguente improcedibilità dell'esecuzione im
mobiliare giacché il difetto di valida garanzia ipotecaria, ele
mento indispensabile per la configurazione di un contratto di
mutuo fondiario, non consentiva alla banca di far ricorso allo
speciale privilegio di cui all'art. 51 1. fall.; rigettò invece la do
manda di garanzia, avanzata dalla stessa banca nei confronti del
notaio.
In parziale riforma di tale decisione, impugnata in via princi
pale dalla banca ed in via incidentale anche dal Ferrara, con la
sentenza, ora impugnata, la corte d'appello ha dichiarato che
quest'ultimo doveva tenere indenne la banca da ogni e qualsiasi
conseguenza dannosa derivante dalla dichiarata nullità dell'i
scrizione ipotecaria ed ha confermato nel resto, con motivazione
parzialmente diversa, la pronuncia di primo grado. Sotto il profilo processuale la corte ha osservato che soltanto
in presenza di mutuo garantito da ipoteca validamente iscritta
gli istituti di credito fondiario si sottraggono — a norma del r.d.
n. 646 del 1905 e dell'art. 41 d.leg. n. 385 del 1993, in vigore dal 1° gennaio 1994 — al divieto di azioni esecutive individuali
sancito dall'art. 51 1. fall, a decorrere dal giorno della dichiara
zione di fallimento.
Essendo il curatore organo pubblico dell'esecuzione colletti
va fallimentare ed in mancanza di diverse disposizioni delle
leggi sul credito fondiario, egli, a norma degli art. 31 e 88 1.
fall., è legittimato a proporre opposizione all'esecuzione qualo ra contesti, come nella specie, la pretesa del creditore fondiario
di sottoporre i beni ad esecuzione individuale in deroga al di
vieto posto dall'art. 51 1. fall., e lamenti la violazione di tale
norma.
Infondate erano le censure che investivano la dichiarata nul
lità dell'ipoteca: il tribunale aveva infatti correttamente affer
mato il principio, desumibile dal coordinamento degli art. 2826,
2839 e 2841 c.c., che l'iscrizione ipotecaria deve considerarsi
nulla qualora le omissioni ed inesattezze in essa contenute indu
cano incertezza sull'individuazione dei beni gravati, ed aveva
attentamente valutato le risultanze della disposta consulenza
tecnica, la quale aveva conclusivamente affermato che l'area
con sovrastanti undici nuclei con quattro unità immobiliari cia
scuno, su cui era stata iscritta ipoteca, non poteva essere identi
ficata nelle sue caratteristiche essenziali sulla base dei confini
descritti nella nota ipotecaria mentre, nei confronti dei terzi,
quale il fallimento, era del tutto irrilevante la planimetria alle
gata al rogito. Sussisteva la responsabilità del Ferrara giacché, per il notaio,
la preventiva verifica delle risultanze dei registri immobiliari
attraverso la loro visura costituisce, salvo espressa dispensa de
gli interessati, obbligo derivante dall'incarico conferitogli dal
cliente, come tale facente parte della prestazione d'opera pro fessionale: obbligo al quale egli si era reso inadempiente.
Per la cassazione di tale decisione il Ferrara ha proposto ri
corso, affidato a due motivi. La banca ha proposto successivo e
separato ricorso (da considerarsi, pertanto, incidentale) basato
anch'esso su due motivi. Nell'unico controricorso avverso i due
predetti ricorsi il fallimento ha dedotto un unico motivo di ri
corso incidentale. La banca ha depositato due distinti controri
corsi avverso i ricorsi del Ferrara e del fallimento. Tutte le parti hanno depositato memorie.
Motivi della decisione. — 1. - I tre ricorsi, iscritti con numeri
di ruolo diversi, devono essere riuniti ai sensi dell'art. 335 c.p.c.
perché investono la medesima sentenza.
2. - Per ragioni di ordine logico deve essere anzitutto esami
nato il primo motivo del ricorso della banca.
La corte territoriale ha affermato che soltanto in presenza di
un mutuo garantito da ipoteca validamente iscritta gli istituti di
credito fondiario si sottraggono — a norma del r.d. n. 646 del
1905 e del d.leg. n. 385 del 1993 — al divieto di azioni esecuti
ve individuali sancito dall'art. 51 1. fall, a decorrere dal giorno della dichiarazione di fallimento, e da ciò ha tratto che nella
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3295 PARTE PRIMA 3296
specie il curatore del fallimento, avendo lamentato la violazione
del citato art. 51 quale effetto del dedotto insussistente diritto
del creditore fondiario a sottoporre i beni ad esecuzione indivi
duale, era a tanto legittimato in quanto amministratore e custode
dei beni compresi nel fallimento; ha aggiunto che la massa atti
va fallimentare si compone non soltanto dei beni esistenti nel
patrimonio del debitore alla data della dichiarazione di falli
mento, ma anche di quelli che pervengono al fallito nel corso
della procedura anche a seguito dell'utile esperimento di azioni
revocatone o della declaratoria di inefficacia di atti pregiudizie voli.
Tali argomentazioni sono investite dall'anzidetto motivo di
ricorso, con il quale la banca lamenta la violazione degli art. 42
r.d. n. 646 del 1905, 41 d.leg. n. 385 del 1993 e dell'art. 615
c.p.c. anche in relazione agli art. 31 e 51 1. fall., nonché vizi di
motivazione su punti decisivi.
A sostegno delle censure la ricorrente osserva che, in consi
derazione della peculiare procedura di espropriazione singolare instaurata dagli istituti di credito fondiario, il debitore — ancor
ché dichiarato fallito — deve ritenersi l'unico soggetto passivo
dell'espropriazione stessa; richiama al riguardo la sentenza
2532/87 di questa Suprema corte (Foro it., 1987, I, 2101); con
sidera che la legittimazione attiva non può essere valutata se
cundum eventum, e da ciò trae che non può essere addotta a so
stegno della tesi seguita dalla corte territoriale la circostanza che
l'eventuale accoglimento dell'opposizione all'esecuzione —
avente ad oggetto la contestazione dei presupposti per l'esperi mento dell'esecuzione stessa — avrebbe determinato un risul
tato utile per il fallimento, il quale, a mezzo del curatore, ha la
sola facoltà di intervenire nell'esecuzione e farsi attribuire la
somma, ricavata dall'esecuzione eccedente la quota che in sede
di riparto risulti spettante alla banca.
Ad avviso della corte le censure sono infondate. Secondo
quanto disposto dall'art. 51 1. fall., dal giorno della dichiarazio
ne di fallimento nessuna azione individuale esecutiva può essere
iniziata o proseguita sui beni compresi nel fallimento, salva di
versa disposizione di legge. Una deroga al citato art. 51 era prevista dall'art. 42 r.d. 16 lu
glio 1905 n. 646, t.u. delle leggi sul credito fondiario, il quale —
applicabile nella specie ratione temporis —
disponeva tra
l'altro, a sua volta, che le disposizioni delle leggi e dei regola menti sul credito fondiario sono sempre applicabili anche in ca
so di fallimento del debitore per i beni ipotecari agli istituti di credito fondiario; tale testo normativo è stato abrogato, a far
data dal 1° gennaio 1994, dall'art. 162 d.leg. 1° settembre 1993 n. 385, il cui art. 41, 2° comma, stabilisce testualmente: «l'azio
ne esecutiva sui beni ipotecati a garanzia di finanziamenti fon
diari può essere iniziata o proseguita dalla banca anche dopo la
dichiarazione di fallimento del debitore. Il curatore ha facoltà di
intervenire nell'esecuzione. La somma ricavata dall'esecuzione, eccedente la quota che in sede di riparto risulta spettante alla
banca, viene attribuita al fallimento».
Orbene, in una fattispecie nella quale la banca creditrice ha
inteso giovarsi della deroga all'art. 51 1. fall, prevista dalla leg ge speciale, doveva essere accertato se le attribuzioni del falli
mento fossero limitate, come essa sostiene, all'intervento nella
procedura esecutiva individuale, espressamente previsto dalla
legge speciale, o comprendessero invece, come la sentenza im
pugnata ha affermato, anche il diritto di proporre opposizione all'esecuzione.
Trattavasi, come è incontroverso, di una questione di legitti mazione attiva, che la corte territoriale ha correttamente risolto in senso affermativo.
Come, infatti, questa Suprema corte ha più volte affermato
(da ultimo, con sentenza n. 6766 del 2001, id., Rep. 2001, voce
Procedimento civile, n. 133), a differenza della titolarità, attiva o passiva, del rapporto, che è questione attinente al merito e,
dunque, alla fondatezza della domanda, la legittimazione ad agi re consiste invece nella titolarità del potere e del dovere (rispet tivamente per la legittimazione attiva e per quella passiva) di
promuovere o subire un giudizio in ordine al rapporto sostan ziale dedotto in causa, secondo la prospettazione offerta dal
l'attore, indipendentemente dall'effettiva titolarità, dal lato atti vo o passivo, del rapporto stesso; con la conseguenza che, ove risulti che, secondo detta prospettazione, l'attore o il convenuto non possono identificarsi con il soggetto rispettivamente avente diritto o tenuto a subire la pronuncia giurisdizionale, la doman
II Foro Italiano — 2003.
da deve essere rigettata per difetto di legittimazione attiva o
passiva. Tanto precisato, sussisteva e sussiste la legittimazione del cu
ratore, avendo egli prospettato che l'esecuzione individuale,
promossa dal creditore, doveva essere ricondotta nell'alveo del
l'art. 51 1. fall, in difetto dei presupposti previsti dalla legge
speciale di deroga alla norma generale. Diversamente da quanto si pretende, non si trattava di dar ri
lievo, ai fini della legittimazione, all'evento che il curatore si
attendeva dalla opposizione, giacché esso sarebbe venuto in
considerazione com'è avvenuto, solo sotto il diverso profilo della fondatezza della domanda.
Gli effetti prodotti dal fallimento nei riguardi del fallito (art. 42 1. fall.) ed i poteri conferiti dalla stessa legge (art. 31 e 88) al
curatore, ben consentivano a quest'ultimo di proporre un'oppo sizione diretta ai fini anzidetti: configurandosi infatti l'opposi zione di cui all'art. 615 c.p.c. come accertamento negativo della
pretesa esecutiva del creditore procedente — come questa Su
prema corte (sentenza 9081/97, id., Rep. 1997, voce Esecuzione
forzata in genere, n. 71) ha affermato in linea con la dottrina
prevalente —, ben poteva egli, come ha fatto, agire per far ac
certare che il creditore non poteva giovarsi del privilegio pro cessuale di cui alla citata legge speciale.
Non giova alla ricorrente il richiamo alla sentenza n. 2532 del
1987 di questa Suprema corte, affermativa del principio che il
debitore, ancorché dichiarato fallito, è il soggetto passivo del
l'espropriazione singolare instaurata dagli istituti di credito fon
diario ed è l'unico legittimato alla proposizione dell'opposizio ne.
Detta sentenza — dopo aver richiamato i precedenti giuris
prudenziali in tema di coordinamento tra esecuzione individuale
ed esecuzione concorsuale — ha bensì osservato che «non è
possibile neppure ipotizzare una capacità processuale del cura
tore, anziché del debitore fallito, in nome del principio dell'uni
versalità della procedura concorsuale, visto che a tale principio forma deroga, sia pure temporanea e con possibilità di reversio
ne degli effetti conseguiti in via immediata con l'esecuzione in
dividuale, la norma di cui all'art. 42 r.d. n. 646 del 1905».
Come la corte territoriale ha, sul punto, esattamente osserva
to, il diniego della legittimazione del curatore è stato affermato
dalla menzionata sentenza 2532/87 in una fattispecie del tutto
diversa da quella ora in esame, riguardo alla quale era fuori di
scussione che ricorressero i presupposti, previsti dalla legge, del
privilegio processuale di cui alla legge speciale. D'altra parte, riconoscere al solo debitore fallito, e non anche
al curatore la legittimazione all'opposizione, comporterebbe il
risultato pratico del consolidamento di garanzie ipotecarie anche
costituite contra legem: non si vede infatti quale concreto inte
resse possa, in tale situazione, avere il debitore a far valere
eventuali vizi, essendo egli contemporaneamente soggetto sia
all'esecuzione individuale che a quella concorsuale.
Se, dunque, il curatore era legittimato ad opporsi all'esecu
zione, egli, e non anche la società fallita, era anche l'unico le
gittimato giacché l'art. 43 1. fall, dispone che nelle controversie, anche in corso, relative a rapporti di diritto patrimoniale del fal
lito compresi nel fallimento, sta in giudizio il curatore: norma
che, come questa corte ha affermato (sent. n. 9456 del 1997, id.,
Rep. 1998, voce Fallimento, n. 351), e va qui ribadito, comporta l'attribuzione in via esclusiva al curatore della capacità proces suale e, pertanto, la perdita della capacità processuale del fallito
(salvo casi di inerzia dell'amministrazione fallimentare, che qui non vengono in considerazione), e che — deve essere qui preci sato — va interpretata nel senso che è sufficiente la mera pro
spettazione che si tratti di beni da ricomprendersi nel fallimento
perché insorga la capacità processuale esclusiva del curatore:
conclusione dalla quale non possono derivare effetti pregiudi zievoli per il fallito essendo egli contemporaneamente soggetto all'esecuzione individuale ed a quella concorsuale, trattandosi
di verificare se ricorra l'una o l'altra, e non essendo ipotizzabile alcun conflitto giuridico (v., sul punto, Cass. 2327/90, id., Rep. 1990, voce Intervento in causa e litisconsorzio, n. 18) tra debi tore fallito e fallimento.
3. - I giudici del merito — affermato in diritto che, a norma
degli art. 2826, 2939 (recte, 2839) e 2841 c.c., l'iscrizione ipo tecaria è nulla qualora le incertezze ed omissioni in essa conte
nute inducano incertezza nell'individuazione dei beni gravati —
hanno ritenuto, facendo propria la consulenza d'ufficio, che tale
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
incertezza era riscontrabile nella nota in questione in considera
zione, in particolare, della circostanza che i dati catastali, in es
sa riportati, recavano un frazionamento derivante da un progetto mai approvato.
11 secondo motivo del ricorso della banca censura tali argo mentazioni, che afferma violatrici degli art. 2809, 2826, 2839 e
2841 c.c., ed allega inoltre vizi di motivazione.
A sostegno delle censure la ricorrente: sostiene che invece
che di validità della nota di iscrizione ipotecaria dovrebbe piut tosto parlarsi di operatività di effetti; osserva che l'ordinamento
è imperniato sulla base del sistema di registrazione personale e
che le particelle indicate sia nell'atto di mutuo che nella nota
esistevano, mentre non risultavano al catasto la frazione o il
subalterno; si duole che la corte del merito non abbia tenuto
conto dell'affermazione del c.t.u. secondo la quale nel foglio 3
del catasto in questione nessun altro fondo ha in comune i con
fini indicati nella nota, talché l'area poteva essere identificata
dai terzi sulla base dei confini stessi.
Le censure sono in parte inammissibili ed in parte infondate.
Premesso che la ricorrente non pone in discussione la natura
di pubblicità costitutiva dell'iscrizione ipotecaria, la quale pren de grado dal momento della sua iscrizione (art. 2852 c.c.), os
serva infatti la corte che l'art. 2841 c.c. disciplina le omissioni, le inesattezze e le incertezze nei titoli o note di iscrizione ipote caria, e, tra le varie ipotesi alternativamente previste (l'omissio ne o inesattezza può riguardare anche una sola delle indicazioni
relative all'immobile gravato previste dall'art. 2826 c.c.: Cass.
4421/77, id., Rep. 1977, voce Ipoteca, n. 7), contempla quella della incertezza, nella nota, sulla identità dei singoli beni grava ti: ipotesi, quest'ultima, che la corte di merito ha ritenuto ricor
rere nella specie e dalla quale ha fatto scaturire la nullità dell'i
scrizione ipotecaria. La tesi, secondo la quale la sanzione prevista dalla legge sa
rebbe quella, diversa dalla nullità, dell'inefficacia (come accen
nato, la ricorrente richiama la nozione di «operatività di effet
ti»), si pone in contrasto con il testo della norma, che fa espres so riferimento alla validità dell'atto (e quindi, implicitamente, al
suo contrario); così come formulata, la stessa affermazione non
sembra tradursi in una specifica censura della sentenza impu
gnata e, comunque, non indica quali diverse conseguenze giuri diche dovrebbero scaturire in punto di fondatezza della proposta
opposizione all'esecuzione: dal che segue, prima ancora della
infondatezza, l'inammissibilità della tesi stessa.
Giuridicamente irrilevante è il carattere personale (in luogo di
quello reale del sistema tavolare) dell'impostazione dei registri immobiliari, che viene invocato: il rilievo sarebbe stato infatti
pertinente nel caso in cui l'incertezza della nota avesse riguar dato la persona del creditore o del debitore, come anche prevede il citato art. 2841, mentre nella specie essa è stata riscontrata
sotto il diverso profilo, cui s'è già fatto cenno.
Tanto precisato non può non osservarsi che l'accertamento se
si versi in tema di inesattezza od invece di incertezza involge una questione di fatto, come tale rimessa al giudice del merito, la cui decisione non è sindacabile in sede di legittimità se ade
guatamente motivata ed immune da vizi logici e giuridici. Vizi siffatti non sono riscontrabili nella specie, nella quale la
corte territoriale ha dato ampia ragione del proprio convinci
mento in adesione alla espletata consulenza tecnica, che ha va
lutato criticamente e nel suo valore complessivo, rispondendo ai
rilievi ad essa mossi dalle parti: risultanze processuali delle
quali la ricorrente, anche a mezzo di censure rivolte a singoli
passi della relazione peritale, pretende nella sostanza il riesame
non consentito in questa sede di legittimità. (Omissis)
Il Foro Italiano — 2003.
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; ordinanza 1° ottobre 2003, n. 14669; Pres. Grieco, Rei. Vittoria, P.M.
Giacalone (conci, diff.); Abrescia (Avv. Caso, Squicciarini) c. Soc. Consultur (Avv. Picca, Sales). Regolamento di com
petenza avverso Trib. Bari 12 luglio 2001.
Contratto in genere, atto e negozio giuridico — Contratti del
consumatore — Designazione del foro competente — Pre
sunzione di vessatorietà — Foro esclusivo (Cod. civ., art.
1469 bis, 1469 ter; cod. proc. civ., art. 5, 20). Contratto in genere, atto e negozio giuridico — Contratti del
consumatore — Designazione del foro competente — Pre
sunzione di vessatorietà — Procedimenti promossi succes
sivamente all'entrata in vigore — Applicabilità (Cod. civ., art. 1469 bis\ cod. proc. civ., art. 5, 20; 1. 6 febbraio 1996 n.
52, disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dal l'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee
- legge co
munitaria 1994, art. 25).
La disposizione in virtù della quale si presume la vessatorietà
della clausola con cui si designa come sede del foro compe tente, in relazione alle controversie derivanti dal contratto
concluso tra un professionista e un consumatore, una località
diversa da quella di residenza o domicilio elettivo di que st'ultimo istituisce la competenza territoriale esclusiva del
giudice del luogo di residenza o domicilio elettivo del consu
matore (in motivazione, la corte ha specificato che una dero
ga è ammissibile soltanto se il professionista provi che, nel
caso concreto, non determina squilibrio dei diritti e degli ob
blighi derivanti dal contratto). (1) La disposizione in virtù della quale si presume la vessatorietà
della clausola con cui si designa come sede del foro compe
tente, in relazione alle controversie derivanti dal contratto
concluso tra un professionista e un consumatore, una località
diversa da quella di residenza o domicilio elettivo di que st'ultimo, avendo natura processuale, si applica alle cause
iniziate successivamente alla sua entrata in vigore, ancorché
derivanti da contratti stipulati in epoca anteriore. (2)
(1-2) Le sezioni unite compongono il contrasto giurisprudenziale vertente sulla portata precettiva e sull'applicabilità ratione temporis della presunzione di vessatorietà sancita dal n. 19 dell'art. 1469 bis c.c. a carico della deroga convenzionale alla competenza territoriale, che sia
congegnata in modo tale da incardinare le controversie scaturenti da un
contratto stipulato tra un professionista ed un consumatore presso gli uffici giudiziari di un luogo non coincidente con quello dove il consu matore risiede ovvero è domiciliato.
L'ordinanza in epigrafe accorda la preferenza alla ricostruzione pro spettata dalla prima sezione civile, laddove riconosce la configurabilità di un'ipotesi di competenza territoriale esclusiva e l'immediata appli cabilità di tale criterio nei procedimenti instaurati dopo la novella, ope rando nondimeno qualche distinzione sul punto relativo alle condizioni di ammissibilità della deroga (v. sent. 28 agosto 2001, n. 11282, Foro
it., 2001, I, 3587, con nota di A. Palmieri, Foro esclusivo del consu matore e abusività della deroga convenzionale alla competenza per territorio: mai più in giudizio lontano da casa, annotata altresì da R.
Conti, La Cassazione ripensa al foro esclusivo del consumatore, in Corriere giur., 2002, 217; M. De Cristofaro, La tutela processuale del consumatore tra volontà di espansione ed opzioni conservative: con trasti in cerca di assestamento nella giurisprudenza della Suprema corte, in Resp. civ., 2002. 114; R. Senigaglia. Il foro competente per le controversie derivanti da contratti di consumo, in Contratti, 2002, 5; R.
Limoncello, Le clausole relative al foro competente, in Dir. ed econo mia assicuraz-, 2002, 372; G. Franchi, Finalmente una sentenza della
Cassazione sul foro esclusivo del consumatore, in Giudice di pace, 2002, 16).
Viene, invece, sconfessato l'indirizzo ermeneutico cui si erano ispi rate le decisioni rese da collegi appartenenti alle altre sezioni:
— la seconda, che (con sent. 22 novembre 2000, n. 15101, Foro it.,
Rep. 2001, voce Contratto in genere, n. 319, e, per esteso, Contratti,
2001, 785, con nota di F. Farkas, Profili temporali in tema di foro
competente nei contratti dei consumatori; Dir. e pratica società, 2001, fase. 4, 52, con nota di G. Pattay, Contratti conclusi dai consumatori:
l'efficacia della clausola vessatoria) aveva attribuito natura sostanziale alla regola dettata dal citato n. 19, decretandone perciò l'inutilizzabilità nei giudizi che si riferivano a rapporti sorti in epoca precedente all'av
vento della nuova disciplina sulle clausole vessatorie; — la terza, che (con ord. 24 luglio 2001, n. 10086, Foro it.. Rep.
2001, voce Competenza civile, n. 115, annotata da R. Conti, La Cassa
zione chiude le porte al foro esclusivo del consumatore ?, in Corriere
giur., 2001, 1436; G. Capilli, Il foro del consumatore ex art. 1469 bis,
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