sezione III civile; sentenza 20 agosto 2003, n. 12217; Pres. Giuliano, Est. Spirito, P.M. Ceniccola(concl. conf.0; Nicoli e altri (Avv. Laurita Longo, Giorgetti) c. Soc. Generali assicurazioni (Avv.Baiocchi, Cardani), Soc. Alpi assicurazioni (Avv. Graziani, Giuliano) e altro. Conferma App.Milano 16 aprile 1999Source: Il Foro Italiano, Vol. 127, No. 2 (FEBBRAIO 2004), pp. 523/524-527/528Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23200471 .
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PARTE PRIMA 524
Deve, quindi, ritenersi errato il principio giuridico sulla base
del quale la corte d'appello ha escluso l'applicabilità, nel caso
di specie, dell'art. 2051 c.c.
5. - Con riferimento alla fattispecie giudicata dalla corte
d'appello, va, inoltre, considerato che, come sembra affermarsi
in altra parte della sentenza impugnata (ove si fa riferimento «ad
una parte della sede stradale in via normale non esclusivamente
destinata al transito pedonale»), la strada ove è avvenuto l'e
vento dannoso, in una certa misura (non bene precisata dalla
sentenza impugnata), era destinata al transito pedonale. Se tale
situazione fosse quella sussistente nel luogo e nell'ora in cui la
Suzzani camminava con il bimbo in braccio ed è caduta per ter
ra, l'uso generale della strada sarebbe limitato perché ne sareb
bero esclusi i veicoli; il che renderebbe meno difficoltoso il
controllo continuo delle condizioni della strada e correlativa
mente maggiore l'affidamento dell'utente, con riduzione del
l'ambito di operatività del «principio di autoresponsabilità» a carico dell'utente nell'uso ordinario del bene demaniale (princi
pio richiamato dalla Corte costituzionale nella citata sentenza
156/99). Ed anche sull'altra menzionata situazione dell'estensione del
demanio stradale da controllare può incidere il fatto, pacifico tra
le parti, che l'incidente è avvenuto in una strada centrale della
città di Voghera, le cui caratteristiche potrebbero giustificare e
rendere possibile una più intensa vigilanza del comune.
Trattasi di elementi che devono essere accertati e valutati dal
giudice del merito, a cui spetta di motivatamente stabilire se
sussisteva o meno la possibilità oggettiva del comune di eserci
tare un potere continuo di controllo sulle condizioni della strada
dove la Suzzani è caduta per terra.
6. - Nel controricorso il comune intimato prospetta una diver
sa ragione giuridica a fondamento della non applicazione del
l'art. 2051, richiamando l'orientamento espresso da alcune
sentenze di questa corte (v., per esempio, la sentenza 1° giugno
1995, n. 6125, id., Rep. 1996, voce cit., n. 183), secondo cui il criterio di imputazione dei danni previsto da detta norma, in
luogo di quello previsto dall'art. 2043, presuppone che l'evento
dannoso sia derivato direttamente dalla cosa, per il suo intrinse
co dinamismo o per l'insorgere in essa di un processo dannoso,
non essendo sufficiente che la stessa abbia avuto un ruolo me
ramente passivo, cioè di strumento di un'azione od omissione
dell'uomo, come sarebbe avvenuto nel caso di specie. L'assunto del controricorrente è infondato.
A prescindere dalla considerazione che all'orientamento in
terpretativo richiamato dal comune se ne contrappone un altro,
secondo cui il dovere di controllo e di custodia posto dall'art.
2051 sussiste anche in relazione alle cose inerti e prive di un
proprio dinamismo, ben potendo anche esse essere idonee, in
concorso di altri fattori causali, a cagionare danni (così, tra le
altre, Cass. 28 ottobre 1995, n. 11264, ibid., n. 182), è suffi ciente qui rilevare che i danni derivati dalle non perfette condi
zioni di una strada vanno considerati come cagionati dalla stes
sa, come è implicitamente presupposto da tutto il dibattito giuris
prudenziale sopra ricordato e come è ribadito dalla stessa pro nunzia della Corte cost. 156/99.
7. - La sentenza impugnata va, pertanto, cassata e la causa va
rinviata per una nuova decisione sull'applicabilità, nel caso di
specie, dell'art. 2051 c.c., sulla base del seguente principio di
diritto: «L'art. 2051 c.c. non è applicabile nel caso di danni ca
gionati da una strada pubblica solo quando sia oggettivamente
impossibile, da parte dell'ente pubblico che ne è proprietario, l'esercizio di un continuo ed efficace controllo idoneo ad impe dire situazioni di pericolo per gli utenti».
8. - Rimane assorbito il secondo motivo del ricorso, con cui i
ricorrenti deducono vizi di motivazione della sentenza impu
gnata nella parte in cui ha escluso che la sconnessione del piano stradale causata dalla mancanza di alcuni cubetti di porfido co
stituisse un'insidia, rilevante per ritenere sussistente il criterio
di imputazione previsto dall'art. 2043 c.c.
Ed invero il nuovo accertamento, affidato al giudice di rinvio,
sull'applicabilità dell'art. 2051 c.c. può rendere irrilevante la
questione sulla sussistenza o meno dell'insidia, su cui comun
que il giudice di rinvio dovrà nuovamente pronunziarsi nell'i
potesi in cui ritenga inapplicabile l'art. 2051.
9. - Il giudice di rinvio si designa in altra sezione della Corte
d'appello di Milano.
Il Foro Italiano — 2004.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 20
agosto 2003, n. 12217; Pres. Giuliano, Est. Spirito, P.M. Ce
niccola (conci, conf.); Nicoli e altri (Avv. Laurita Longo,
Giorgetti) c. Soc. Generali assicurazioni (Avv. Baiocchi,
Cardani), Soc. Alpi assicurazioni (Avv. Graziani, Giuliano)
e altro. Conferma App. Milano 16 aprile 1999.
Assicurazione (contratto di) — Assicurazione obbligatoria r.c.a. — Impresa in liquidazione coatta amministrativa —
Sentenza — Violazione dei massimali di legge — Impu
gnazione — Legittimazione attiva (L. 24 dicembre 1969 n.
990, assicurazione obbligatoria della responsabilità civile de
rivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti,
art. 20,21,25, 29). Assicurazione (contratto di) — Assicurazione obbligatoria
r.c.a. — Intervento del fondo di garanzia — Limiti mas
simi del risarcimento vigenti al momento del sinistro —
Fattispecie (L. 24 dicembre 1969 n. 990, art. 19, 21).
In tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile
derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natan
ti, l'impresa in liquidazione coatta è legittimata ad impugna re la sentenza che, nel pronunciare condanna in favore del
danneggiato, abbia dichiarato la sentenza stessa opponibile
all'impresa designata oltre i limiti del massimale di legge. (1)
All'obbligazione risarcitoria del fondo di garanzia per le vitti
me della strada, nel caso di liquidazione coatta amministrati
va dell'impresa assicuratrice, devono essere applicati i mas
simali previsti nella tabella vigente al momento in cui il dan
no si è verificato e non quelli vigenti alla data del decreto mi
nisteriale di liquidazione coatta amministrativa. (2)
Svolgimento del processo. — Il Tribunale di Milano dichiarò
la responsabilità risarcitoria del Niro (conducente della vettura)
e della Alpi assicurazioni s.p.a. (compagnia assicuratrice per
r.c.a.) per la morte di Massimiliano Vittoria (avvenuta a seguito di incidente stradale in Gorgonzola il 21 gennaio 1988), in favo
re dei genitori e dei due fratelli della vittima, procedendo alla
liquidazione del solo danno morale e delle spese funerarie.
Propose appello principale la compagnia, nel frattempo posta in liquidazione coatta amministrativa, chiedendo la riduzione
del complessivo risarcimento al massimale minimo di legge,
(1-2) Circa la legittimazione attiva e l'interesse ad agire del com
missario liquidatore nel giudizio di appello sulla sentenza che, nel pro nunciare condanna in favore del danneggiato, abbia, in violazione di
legge, dichiarato la sentenza stessa opponibile all'impresa designata oltre i limiti del massimale di legge, v., in senso conforme, Cass. 30 lu
glio 2001, n. 10394, Foro it., Rep. 2002. voce Assicurazione (contrat
to), n. 166; 21 novembre 2001, n. 14722, ibid., n. 165; cfr., altresì, Cass. 15 marzo 2001, n. 3741, id., Rep. 2001, voce Liquidazione coatta
amministrativa, n. 62, e 3 febbraio 1982, n. 636, id., Rep. 1982, voce
Assicurazione (contratto), n. 316, nonché Giur. comm., 1982, II, 740, con nota di Cerasa. Con riferimento all'impresa cessionaria, v. Cass. 17 ottobre 1984, n. 5229, Foro it.. Rep. 1985, voce cit., n. 201. Sulla
responsabilità della compagnia di assicurazioni, oltre il limite del mas
simale per interessi e rivalutazione, in conseguenza ad un suo compor tamento defatigatorio e sulla successione ope legis dell'impresa cessio
naria a quella posta in liquidazione coatta amministrativa, v. Cass. 30 marzo 2001, n. 4733, id., Rep. 2001, voce cit., n. 148.
Per quanto attiene, invece, all'individuazione dei massimali applica bili al singolo caso concreto, Cass. 1° agosto 2001, n. 10490, id., Rep. 2002, voce cit., n. 171, ha precisato, in linea di principio, come il danno
risarcibile dal fondo di garanzia, ai sensi dell'art. 21, 3° comma. 1. n.
990 del 1969, sia contenuto nei minimi di garanzia previsti per l'assicu
razione obbligatoria, i quali vanno individuati, in presenza di una serie
di provvedimenti di variazione degli stessi, con riguardo all'epoca del
sinistro ed al provvedimento all'epoca vigente e non con riferimento a
quello vigente alla data del decreto ministeriale di liquidazione coatta
amministrativa o della decisione; la pronunzia ha ritenuto, in conse
guenza, di escludere l'applicabilità, ad un sinistro verificatosi nel 1984, della direttiva Cee 84/5/Cee del 30 dicembre 1983, che fissava il limite
minimo di massimale nella misura di 350.000 Ecu (sul punto, v., altre
sì, Cass. 3 ottobre 1997, n. 9678, id., Rep. 1998, voce cit., n. 179; 1°
marzo 1994, n. 2013, id., Rep. 1994, voce cit., n. 178; 21 giugno 1993, n. 6863, id., Rep. 1993, voce cit., n. 148; 27 giugno 1990, n. 6539, id.,
Rep. 1991, voce cit., n. 224. Con riferimento, invece, all'impresa ces
sionaria, v. Cass. 23 giugno 1999, n. 6403, id., Rep. 1999, voce cit., n.
212, con nota di commento di Cigliana in Danno e resp., 1999, 1201.
Infine, per una compiuta disamina dei profili attinenti a Corte cost. 18 dicembre 1987, n. 560, Foro it., 1989, I, 583, v. i commenti di Kohler, in Assicurazioni, 1988, II, 2, 3; Roversi, in Nuove leggi civ., 1988, 504, e Zerella, in Rass. dir. civ., 1988, 942).
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
quale vigente al momento del sinistro. Alla richiesta si associò
l'impresa designata ai sensi dell'art. 20 1. n. 990 del 1969 (la Generali assicurazioni s.p.a.), intervenuta volontariamente nel
giudizio. I congiunti della vittima proposero appello incidentale,
per ottenere le voci di danno che il tribunale non aveva conces
so (danno biologico, spese per l'allevamento, perdita delle
aspettative, lucro cessante). La corte d'appello, respingendo entrambe le impugnazioni,
ridusse l'obbligazione risarcitoria di cui all'art. 18 1. n. 990 del 1969 nel limite del massimale vigente alla data del sinistro.
Propongono ora ricorso per cassazione i congiunti della vit
tima (la madre Adelina Nicolini, i fratelli Fortunato e Diego Vittoria, in proprio e quali eredi del padre Silvano Vittoria),
svolgendo due motivi. Rispondono con controricorso la Alpi as
sicurazioni s.p.a. in liquidazione coatta amministrativa (l.c.a.) e
la Generali assicurazioni s.p.a. Motivi della decisione. — I. - Nel primo motivo di ricorso è
censurata la violazione e falsa applicazione dell'art. Ili c.p.c., in relazione agli art. 100 e 81 c.p.c., degli art. 344 e 404 c.p.c., nonché l'omessa motivazione in ordine all'eccepita improponi bilità dell'impugnazione della l.c.a. della Alpi assicurazioni ed all'inammissibilità dell'intervento dell'impresa designata. Par
tendo dal presupposto che, nella specie, il decreto ministeriale
che pose in l.c.a. la compagnia intervenne successivamente alla
pubblicazione della sentenza di primo grado (d.m. 23 maggio
1994) e che la natura del trasferimento dell'obbligazione inden
nitaria dalla compagnia posta in l.c.a. al fondo di garanzia per le
vittime della strada, vada ricondotta, ex art. Ili c.p.c., ad un'i
potesi di successione ex lege nel diritto controverso, con conse
guente diritto autonomo del successore ad impugnare, i ricor
renti sostengono che l'appello proposto dal commissario liqui datore sarebbe stato inammissibile per carenza di legittimazione attiva e per carenza ad interesse ad agire, in quanto non diretto
ad impugnare la sentenza nei capi e nella materia già oggetto della pronunzia del primo giudice, bensì diretto a conseguire una pronuncia in ordine ai limiti previsti dall'ultimo comma
dell'art. 21 1. n. 990 del 1969, a seguito della sopravvenuta suc
cessione del fondo. In altri termini, un interesse all'impugna zione da parte della compagnia in l.c.a. avrebbe potuto essere
ravvisato in relazione alle statuizioni sull'ara e sul quantum, ma
non su altri punti di interesse dell'impresa designata. Il motivo è infondato e va respinto. In forza del combinato disposto degli art. 19-29 1. 24 dicem
bre 1969 n. 990, 9 e 13 d.l. 23 dicembre 1976 n. 857 (converti
to, con modificazioni, nella 1. 26 febbraio 1977 n. 39), l'impresa
designata, ex art. 20 legge predetta, anticipa le somme necessa
rie per il ristoro dei danni nei limiti dei massimali obbligatori per legge (art. 21, ultimo comma, stessa legge) e, dopo aver ef
fettuato il pagamento, ha il diritto, in via di surroga (art. 29
cpv.), di inserire il relativo credito nella liquidazione coatta
amministrativa dell'impresa obbligata in origine al risarcimento, e di ottenere altresì il rimborso, dal fondo di garanzia, per il re
siduo non recuperato (art. 20, ultimo comma), dopo aver insi
nuato al passivo della procedura concorsuale la somma effetti
vamente versata al danneggiato (in caso di pagamento effettuato
in ottemperanza di titolo giudiziale). Ne consegue che — preve
dendo la legge, all'art. 25, l'opponibilità della sentenza all'im
presa designata da parte del terzo danneggiato nei limiti del
massimale — l'eventuale condanna a somme superiori, ed il
conseguente pagamento di queste ultime da parte dell'impresa stessa, comportandone la facoltà di insinuazione al passivo della
liquidazione coatta per dette somme, legittima l'impresa in li
quidazione coatta all'impugnazione della sentenza che, nel pro nunciare condanna in favore del danneggiato, abbia, in viola
zione di legge, dichiarato la sentenza stessa opponibile all'im
presa designata oltre i limiti del massimale di legge (Cass. 30
luglio 2001, n. 10394, Foro it., Rep. 2002, voce Assicurazione
(contratto), n. 166). Da questi principi discende l'ammissibilità sia dell'appello
della Alpi assicurazioni in l.c.a., sia dell'intervento adesivo
della Generali assicurazioni s.p.a. quale impresa designata per la
gestione del fondo di garanzia per le vittime della strada.
II. - Il secondo motivo di ricorso censura la sentenza impu
gnata per violazione e falsa applicazione degli art. 19 e 21 1. n.
990 del 1969, in riferimento alla tab. A) allegata alla predetta
legge, nonché i vizi della motivazione in ordine all'applicazione della tab. A) vigente al momento del sinistro e non a quello della
dichiarazione di l.c.a. I ricorrenti, consapevoli del consolidato
orientamento giurisprudenziale che stabilisce l'applicabilità dei
Il Foro Italiano — 2004.
massimali di cui alla tab. A) allegata alla 1. n. 990 del 1969 vi
genti alla data del sinistro, ne chiedono la revisione, nel senso
che i massimali applicabili dovrebbero essere quelli vigenti alla
data del provvedimento che dispone la l.c.a. (nella specie, non
quelli del 1988, bensì quelli del 1994). A sostegno della loro te
si i ricorrenti adducono che: il fondo si trova ad ereditare l'ob
bligazione gravante sull'assicuratore, la quale, dunque, non si
estingue ma si trasferisce a carico del debitore succeduto e (a
seguito di un fenomeno di scissione tra debito e responsabilità) il debito sorge al momento dell'evento dannoso ma la responsa bilità del fondo nasce nel momento in cui si verifica la succes
sione, ossia nel momento della pubblicazione del decreto mini
steriale che apre la procedura concorsuale; ne consegue che la
responsabilità del fondo si traduce in un'obbligazione pecunia ria che si determina, nel suo ammontare, nel momento stesso in
cui si verifica la successione e, quindi, sorge l'obbligo. Il motivo va respinto siccome infondato.
I ricorrenti non adducono ragioni idonee a mutare l'ormai
consolidato orientamento di questa Suprema corte secondo cui, nel caso di liquidazione coatta amministrativa dell'impresa assi
curatrice, al fini della liquidazione del danno da parte del fondo
di garanzia vittime della strada, devono essere applicati i mas
simali previsti dalla tabella vigente al momento in cui il danno
si è verificato e non da quella vigente alla data del decreto mini
steriale di liquidazione coatta amministrativa (Cass. 1° agosto 2001, n. 10490, ibid., n. 171; 3 ottobre 1997, n. 9678, id., Rep. 1998, voce cit., n. 179; lc marzo 1994, n. 2013, id., Rep. 1994,
voce cit., n. 178; 21 giugno 1993, n. 6863, id., Rep. 1993, voce cit., n. 148; 27 giugno 1990, n. 6539, id., Rep. 1991, voce cit., n. 224).
Va ricordato che la Corte costituzionale, con la sentenza 18
dicembre 1987, n. 560 (id., 1989,1, 583), dichiarò l'illegittimità dell'art. 21, 1° comma, 1. 24 dicembre 1969 n. 990 (come modi
ficato dalla 1. 26 febbraio 1977 n. 39), per la lesione recata al
principio di eguaglianza e di ragionevolezza (art. 3 Cost.), nella
parte in cui non prevedeva l'adeguamento dei valori monetari i
vi indicati, osservando che il fine solidaristico della contribu
zione della generalità degli assicurati all'alimentazione del fon
do di garanzia per le vittime della strada, non esclude né limita
in alcun modo la natura risarcitoria, e non già indennitaria, della
protezione garantita, dall'intervento del fondo, ai danneggiati da
veicoli non identificati; che il danno deve essere risarcito in
tutta la sua estensione, ivi compreso il danno alla vita di rela
zione cui è andata incontro per le menomazioni riportate la vit
tima del sinistro. Di qui l'evidente irrazionalità della disposi zione legislativa che non aveva adeguato nel tempo i previsti valori monetari della prestazione risarcitoria (quindici milioni
per ogni persona sinistrata, venticinque milioni per ogni sini
stro), sia perché rimasti sproporzionatamente invariati nono
stante l'elevazione di quelli dell'assicurazione obbligatoria (ai
quali essi erano inizialmente allineati), sia per la disequazione non giustificabile tra la provvista crescente del fondo (per il
meccanismo dell'alimentazione percentuale sui premi incassati
dalle imprese) e la fissità delle sue potenzialità di esborso, ma,
soprattutto, per la incongruenza di un intervento di natura risar
citoria che, per la immodificabilità dei termini monetari in cui si
esprime, sia assoggettato, nel decorso del tempo, alla progressi va riduzione e vanificazione del suo potere di mercato.
Dalla lettura costituzionale della disposizione (nel suo com
plesso e non limitatamente al solo 1° comma) possono dunque dedursi il fine solidaristico dell'alimentazione del fondo e la
natura risarcitoria (non indennitaria) della protezione garantita,
comprendente il danno in tutta la sua estensione. Così come può dedursi la sostanziale omogeneità tra l'originaria obbligazione della compagnia in bonis e quella sopravvenuta del fondo (eser citata attraverso l'impresa designata). Omogeneità che si dedu
ce, peraltro dalla circostanza — già esaminata in relazione al
primo motivo di ricorso — che, in forza del combinato disposto
degli art. 19-29 1. 24 dicembre 1969 n. 990, 9 e 13 d.l. 23 di cembre 1976 n. 857 (convertito, con modificazioni, nella 1. 26
febbraio 1977 n. 39), l'impresa designata, ex art. 20 legge pre
detta, anticipa le somme necessarie per il ristoro dei danni nei
limiti dei massimali obbligatori per legge (art. 21, ultimo com ma, stessa legge) e, dopo aver effettuato il pagamento, ha il di
ritto, in via di surroga (art. 29, cpv.), di inserire il relativo cre
dito nella liquidazione coatta amministrativa dell'impresa ob
bligata in origine al risarcimento, e di ottenere altresì il rimbor
so, dal fondo di garanzia, per il residuo non recuperato (art. 20,
ultimo comma), dopo aver insinuato al passivo della procedura
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527 PARTE PRIMA 528
concorsuale la somma effettivamente versata al danneggiato (in caso di pagamento effettuato in ottemperanza di titolo giudizia le). II che significa
— anche a voler accedere alla tesi dei ricor
renti secondo cui in questo campo si verificherebbe una scissio
ne tra debito (originario dell'assicuratore) e responsabilità (suc cessiva dell'impresa designata)
— che, per determinare il con
tenuto dell'obbligazione (e, quindi, l'ammontare del debito) bi
sogna fare necessariamente riferimento al momento del sinistro.
Diversamente opinando, si opererebbe un'arbitraria scissione tra
la responsabilità dell'impresa designata ed il contratto assicura
tivo vigente al tempo del sinistro, così svincolando del tutto le
conseguenze patrimoniali dell'assicurazione della responsabilità civile dall'ambito delle somme assicurate al tempo dell'inci
dente, con violazione, soprattutto, delle disposizioni di cui agli art. 1882 e 1917, 1° comma, c.c., e con l'esposizione dell'assi
curatore della responsabilità civile al rischio di pagare somme
sproporzionate rispetto ai premi percepiti, con un'inammissibile
stravolgimento dell'economia del contratto, che riposa sulla
piena corrispondenza tra il premio ed il rischio assicurato.
Il ricorso va, pertanto, respinto.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 18 lu glio 2003, n. 11247; Pres. Fiduccia, Est. Mazza, P.M. Fedeli
(conci, conf.); Soc. Life (Avv. Pirrongelli) c. Norzi (Avv. Massano, Cornelio). Conferma App. Venezia 19 gennaio 2000.
Mediazione e mediatore — Attività esercitata in forma so
cietaria — Contratto stipulato da soggetto non iscritto a
ruolo — Nullità (Cod. civ., art. 1754, 1755; 1. 3 febbraio
1989 n. 39, modifiche ed integrazioni alla 1. 21 marzo 1958 n.
253, concernente la disciplina della professione di mediatore, art. 6; d.m. 21 dicembre 1990 n. 452, regolamento recante
norme di attuazione della 1. 3 febbraio 1989 n. 39, sulla disci
plina degli agenti di affari di mediazione, art. 11).
E nullo il contratto di mediazione stipulato dal legale rappre sentante di una società non iscritto nel ruolo degli agenti in
affari di mediazione. (1)
(1) I. - Il Moloch del ruolo mediatizio continua (e tutto lascia sup porre che continuerà) a mietere vittime, nel solco dell'assoluta contro tendenza rispetto all'orientamento comunitario (come già osservava M. Caputi, in nota a Cass. 17 aprile 2002, n. 5505, 2 aprile 2002, n. 4635, e Trib. Bergamo 15 maggio 2002, in Foro it., 2002, I, 2709, Agenti, mediatori e difetto di iscrizione nei ruoli professionali: «unicuique suum»?). Per di più, con riferimento alle società, con una blindatura dell'iscrizione all'albo degna — come (ri)vedremo — di Fort Knox.
II. - La giurisprudenza, si diceva, è monolitica nel richiedere ai me diatori l'iscrizione all'albo, a pena di nullità del contratto e di inesigi bilità della provvigione (neppure a titolo di arricchimento senza causa, che vi è, appunto, contrarietà a norma imperativa) o, se percepita, a pe na della sua restituzione. Le variazioni sul tema non hanno scalfito il
principio, se è vero che Cass. 27 giugno 2002, n. 9380, id., Rep. 2002, voce Mediazione, n. 18 (e, per esteso, Guida al dir., 2002, fase. 42, 41, con nota di De Paola), ha laconicamente affermato che «[d]alla man cata iscrizione del mediatore nel ruolo professionale consegue non la nullità del contratto di mediazione, bensì la non configurabilità del di ritto al compenso». E sono rimaste voci isolate Trib. Cagliari 26 feb braio 2001, Foro it., Rep. 2002, voce cit., n. 20 {in extenso, Riv. giur. sarda, 2001, 827, con nota di M. Podda, L'obbligo di iscrizione nel ruolo dei mediatori fra la I. 3 febbraio 1989 n. 39 e il diritto comunita
rio), che ha ritenuto valido il contratto di mediazione concluso con un
soggetto che, pur non iscritto all'albo degli agenti di affari in media zione, svolge attività mediatoria, concludendo per la disapplicazione dell'art. 6, 2° comma, 1. 39/89, per contrasto con la direttiva comunita ria 86/653, immediatamente applicabile nell'ordinamento nazionale; e Cass. 18 luglio 2002, n. 10427, Foro it., Rep. 2002, voce Agenzia, n. 33, che — sia pure con riferimento alla nullità del contratto stipulato con l'agente non iscritto al ruolo — acconsente all'utilizzo dell'art. 2041 c.c. per dare ingresso all'indennizzo delle prestazioni svolte a fa
II Foro Italiano — 2004.
Svolgimento del processo. — La Life s.r.l. conveniva in giu
dizio, avanti al Tribunale di Venezia, Norzi Vittorio, onde sen
tirlo condannare al pagamento della somma di lire 23.800.000, a
titolo di provvigione, o di penale, per mediazione relativa alla
vendita di un immobile di proprietà del convenuto, o, in subor
dine al rimborso delle spese asseritamente erogate per l'attività
mediatoria. Esponeva che, su incarico del Norzi, aveva trovato
un aspirante compratore nella persona di tale Barbini, in favore
del quale il Norzi, dopo adeguata trattativa, sottoscrisse, in data
1° giugno 1994, un impegno a vendere per il prezzo di lire
vore del preponente, non ricorrendo la preclusione dell'azione generale di arricchimento, che si avrebbe qualora il contratto fosse nullo per illi ceità della causa dovuta a contrarietà al buon costume (e secondo la traiettoria delineata da Cass. 30 maggio 1997, n. 4798, id., Rep. 1997, voce cit., n. 12).
Con riferimento alle società che svolgono attività mediatizia, le ma
glie della necessaria iscrizione al ruolo si fanno, se possibile (e lo è, come vedremo), ancora più strette: sia la società, sia i soci devono esse re iscritti all'albo. E così per Cass. 1° ottobre 2002, n. 14076, id., Rep. 2002, voce Mediazione, n. 16, «[Inattività di mediazione può essere esercitata anche da una società, purché la stessa sia iscritta nell'albo
degli agenti di commercio in applicazione dell'art. 6 1. n. 39 del 1989 o sia iscritto in detto ruolo il suo rappresentante legale in quanto tale; pe raltro, se alcuno dei soci o lo stesso rappresentante legale sono iscritti nell'albo professionale a titolo personale questi possono delegare le funzioni relative all'esercizio della mediazione solo ad altro agente di affari in mediazione, iscritto nel ruolo, stante il disposto dell'art. 3 1.
cit.; pertanto il legale rappresentante di una società di mediazione, iscritto a titolo personale, non può ritenersi ipso facto abilitato, anche in tale ulteriore qualità, a svolgere legittimamente l'attività predetta an che per la società, atteso che l'iscrizione nel ruolo dei mediatori della
società, non consegue automaticamente all'iscrizione di una persona fi sica che rivesta, nel contempo, la qualità di rappresentante legale della società stessa». Per Cass. 31 luglio 2002, n. 11372, ibid., n. 17, l'iscri zione all'albo del legale rappresentante di una società lo abilita soltanto a svolgere la relativa attività (ed a percepire la provvigione) in nome
proprio e non anche a nome della società, con conseguente obbligo, in caso contrario, di restituire la provvigione percepita in capo al soggetto (in tal caso, società) non iscritto. E Cass. 17 giugno 2002, n. 8697, ibid., n. 19 (e, negli stessi termini, 2 maggio 2001, n. 6160, id., Rep. 2001, voce cit., n. 17, e, in extenso, Danno e resp., 2001, 797, con nota di V. Carbone, La responsabilità professionale del mediatore tra codi ce civile e leggi speciali), rimarca che «[t]utti coloro che esercitano l'attività di mediazione per conto di imprese organizzate, anche in for ma societaria, devono essere iscritti nell'apposito ruolo professionale»; tanto il legale rappresentante, tanto chi è preposto a tale ramo di attivi
tà, tanto gli ausiliari della società di mediazione devono essere iscritti al ruolo, per poter svolgere validamente (ed efficacemente ai fini prov vigionali) l'attività mediatizia. La giurisprudenza di legittimità ha fatto eco: Trib. Venezia 9 ottobre 2002, Foro it., 2002, I, 3469, con osserva zioni di A. Palmieri, ha rimarcato che «[a]nche in caso di mediazione
atipica, unilaterale e fiduciaria, è nullo il contratto sottoscritto, per conto di una società che esercita attività di mediazione, da un soggetto non iscritto nel ruolo degli agenti di affari in mediazione, quantunque all'interno della compagine aziendale operi altro soggetto abilitato».
La conclusione è che, in barba alla soggettività giuridica che connota le società (quantomeno, quelle di capitali), l'iscrizione a ruolo deve ne cessariamente riguardare chi fisicamente si occupa — quale mediatore — dell'affare («per volontà di legge, l'attività in questione deve essere esercitata esclusivamente dai soggetti a ciò abilitati», si rimarca in
sentenza). III. - In generale, l'iscrizione a ruolo persegue il generale interesse
della collettività a che gli incarichi professionali vengano effettuati da
persone competenti (per tutti, A.M. Sandulli, Abilitazioni, autorizza zioni, licenze, in Studi Messineo, Milano, 1959, III, 351). Questo modo di condizionare il legittimo esercizio dell'attività, radica il problema de
quo all'interno «di una generale tendenza neocorporativa dell'attuale società con cui si asseconda, tra l'altro, l'inclinazione ad un protezioni smo della categoria finalizzato alla limitazione della concorrenza» (U. Perfetti, La mediazione - Profili sistematici e applicativi, Milano, 1996, 77 ss.). A stridere con l'orientamento comunitario è la 1. 39/89: continua in modo esemplare ad introdurre incompatibilità non necessa rie ai fini perseguiti (dallo stesso ordinamento), determinando quell'in giustificata restrizione dell'attività già denunciata dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato (Norme limitative e discorsive della
concorrenza, segnalazione A.S. n. 173 del 10 maggio 1999, in Bolletti no, 1999, 17) e su cui, più in generale, si sono appuntati gli strali del commissario europeo alla concorrenza, fermo nel ribadire la necessità di liberalizzare il settore delle professioni (Il Sole-24 Ore del 29 ottobre 2003, Professioni Ue, liberalizzazione a tappe), per garantire costi infe riori alle imprese e tariffe più accessibili ai cittadini. Con riferimento alla disciplina in esame, però, il paradosso è che la misura protezioni stica (l'iscrizione al ruolo, a pena di nullità del contratto ed inesigibilità della provvigione) porta addirittura ad abbattere del tutto i costi tariffa
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