Sezione III civile; sentenza 20 dicembre 1980, n. 6574; Pres. Pedace, Est. Meo, P. M. Leo (concl.conf.); Piccolo (Avv. Sparano) c. Musto e Fulcoli (Avv. Forzati) e Fall. soc. Sadior; Toscano (Avv.Guadagni) c. Musto e Fulcoli e Fall. soc. Sadior. Cassa App. Napoli 25 ottobre 1978Source: Il Foro Italiano, Vol. 104, No. 2 (FEBBRAIO 1981), pp. 359/360-365/366Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23171341 .
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PARTE PRIMA
cienti a rilevare il carattere di indennità di anzianità nel premio stesso.
Al contrario, gli argomenti e le circostanze addotti dal ricor
rente sono o inammissibili o irrilevanti.
È inammissibile l'asserzione che il premio ebbe un importo fis
so e prestabilito, perché contrasta con quanto ha rilevato, come
s'è appena notato, la corte di merito. Bene è possibile, del resto, che essendo nota la durata della lavorazione cui venivano ad
detti gli avventizi, fosse indicato in anticipo anche l'importo cor
rispondente al servizio reso per l'intero periodo e che ne fosse
prevista, poi, una decurtazione in proporzione alla eventuale ri
duzione delle prestazioni (per cui nella specie troverebbero con
ferma, anziché smentita, non solo il principio di proporzionalità fra indennità e durata del rapporto, ma anche il rilievo che
l'indennità stessa « è suscettibile di determinazione concreta sol
tanto alla fine del rapporto di lavoro», espresso, d'altronde, nel
la cit. sent. n. 3850 del 1975 con riguardo al rapporto di lavoro
a tempo indeterminato).
Che, infine, la stessa indennità fosse dovuta, dal 1954 al 1970, due volte, con denominazioni ed in misure diverse è certamente
inusitato. Ma è comprensibile, in un clima sindacale quale è
quello instauratosi con il ritorno alla libera contrattazione collet
tiva, in cui è sempre viva l'attenzione delle associazioni dei lavo
ratori a tener fuori, talora anche sotto il profilo formale, van
taggi acquisiti con precedenti accordi. E, comunque, trattasi di
anomalia che nel caso di specie non poteva giustificare una di
versa configurazione del premio, perché, essendo sopravvenuta
dopo alcuni anni dall'istituzione di esso senza influenzarne mini
mamente la disciplina, non poteva averne alterato i caratteri
attribuitigli dagli anteriori contratti collettivi.
Né sarebbe stata possibile una diversa valutazione di questi ultimi applicando l'art. 1362, 2° comma, cod. civ. che impone di
determinare la comune intenzione delle parti dal loro comporta
mento, anche posteriore alla conclusione del contratto, perché (la
parte che uguale regola ermeneutica sarebbe poi dovuta valere
pure per la contrattazione del 1970, a partire dalla quale i due
emolumenti vennero unificati) anche se le parti stipulanti aves
sero considerato nel 1954 il premio non assorbibile nell'inden
nità di anzianità a cagione di una sua — supposta — differenza
da questa, la loro sarebbe stata solo un'opinione, inidonea ad in
cidere sulla natura giuridica di quanto avevano pattuito. Unica
soluzione rimaneva, dunque, quella adottata dal giudice d'ap
pello, ossia di ritenere che il premio fu mantenuto in funzione
integrativa, per la sua modesta misura, dell'indennità.
E poiché nulla vieta un'integrazione del genere, l'I.n.a.m. non
ha ragione di disconoscerla.
Il ricorso deve pertanto essere respinto. (Omissis) Per questi motivi, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE; Sezione III civile; sentenza 20 di
cembre 1980, n. 6574; Pres. Pedace, Est. Meo, P. M. Leo
(conci, conf.); Piccolo (Avv. Sparano) e. Musto e Fulcoli (Avv.
Forzati) e Fall. soc. Sadior; Toscano (Avv. Guadagni) c.
Musto e Fulcoli e Fall. soc. Sadior. Cassa App. Napoli 25
ottobre 1978.
Procedimento civile — Successione a titolo particolare nel di
ritto controverso — Necessità di identità fra diritto oggetto del processo e diritto oggetto del trasferimento — Domanda
diretta all'esecuzione dell'obbligo a contrarre — Chiamata in
causa dal terzo avente causa dal convenuto — Poteri proces suali del subacquirente — Legittimazione ad impugnare — In
sussistenza (Cod. civ., art. 2652, n. 2; cod. proc. civ., art.
105, 111).
Proposta e trascritta domanda diretta ad ottenere l'esecuzione
in forma specifica di un contratto preliminare di compraven
dita, il terzo avente causa dal convenuto in base ad un con
tratto di compravendita trascritto dopo la trascrizione della do
manda giudiziale, stante la diversità fra diritto fatto valere
con la domanda trascritta (diritto ad ottenere la sentenza costi
tutiva) e diritto oggetto del trasferimento a suo favore (di
ritto di proprietà), non è da considerare successore a titolo
particolare nel diritto controverso e non è quindi titolare dei
poteri processuali di cui all'art. Ill cod. proc. civ.; in quanto,
però, titolare di una posizione giuridicamente subordinata a
quella oggetto della domanda originaria e per tale motivo sog
getto alla efficacia della relativa sentenza, il terzo avente cau
sa, ove abbia partecipato al processo a seguito di chiamata in
causa da parte dell'attore originario, assume rispetto alla con
troversia introdotta con la domanda originaria la posizione ed
i poteri dell'interveniente adesivo dipendente e, di conseguen
za, non è legittimato ad impugnare autonomamente la rela
tiva pronuncia (nella specie, con la chiamata del terzo avente
causa l'attore aveva chiesto che fosse dichiarata l'inefficacia nei suoi confronti del contratto di compravendita stipulato tra
esso terzo e convenuto originario, e che il terzo fosse condan
nato al rilascio dei beni; la Corte di cassazione ha riconosciu
to al terzo avente causa il potere di impugnare autonomamente
solo la pronuncia relativa a tali domande specificamente propo ste sui suoi confronti). (1)
(1) I. - Con la sentenza in epigrafe la Corte di cassazione accoglie esplicitamente quell'interpretazione dell'art. Ill cod. proc. civ. se condo cui (leggendo il quarto comma alla luce del primo comma della norma stessa, ravvisando cioè il proprium della disposizione nel consentire — in deroga ai principi generali in tema di legitimatio ad causarn — che il processo prosegue fra le parti originarie anche
quando, a seguito del trasferimento del diritto controverso, sarebbe venuta meno la situazione legittimante il dante causa a proseguire il giudizio) perché si abbia successione a titolo particolare nel di ritto controverso — e siano di conseguenza applicabili le proposi zioni normative contenute nell'art. Ill cod. proc. civ. — occorre che sussista identità fra diritto oggetto del processo pendente e diritto
oggetto di trasferimento a titolo derivativo e particolare, anche nel
l'ipotesi di trasferimento del diritto di proprietà su di un bene da parte del convenuto durante la pendenza di un'azione c. d. personale relativa allo stesso bene.
Nel caso di specie, infatti, proposta domanda diretta ad ottenere l'esecuzione in forma specifica di un contratto preliminare di com
pravendita, proposta cioè domanda diretta ad ottenere una sentenza costitutiva che producesse ex art. 2932 cod. civ. gli effetti del con tratto definitivo non concluso, nel corso del processo il convenuto aveva trasferito ad un terzo avente causa il bene che, in base al con tratto preliminare, aveva promesso di vendere all'attore (nel caso di
specie, trattandosi di bene immobile, sia la domanda ex art. 2932 che il contratto di compravendita del terzo avente causa erano stati tra scritti ex art. 2652, n. 2, e 2643 cod. civ., ed in particolare la do manda era stata trascritta prima della trascrizione del terzo avente causa dal convenuto); nel corso del processo l'attore originario aveva chiamato in causa il terzo avente causa; pronunciata sentenza di ac
coglimento della domanda attrice, nonostante l'acquiescenza del con venuto (promittente venditore rispetto l'attore, e venditore rispetto al terzo avente causa) il terzo avente causa aveva impugnato autono mamente tale sentenza denunciandone una serie di vizi; la Corte di cassazione, con la sentenza in epigrafe ha dichiarato inammissibile tale impugnazione in quanto ha negato che al terzo avente causa potesse riconoscersi la qualità di successore a titolo particolare nel diritto controverso ex art. Ill, cod. proc. civile. È opportuno riportare il passo centrale della motivazione al riguardo: « D'altro canto, nel caso in esame, non si è trattato di trasferimento del diritto contro verso in testa al terzo avente causa dal convenuto, si da doversi ritenere che questi sia intervenuto nel processo come successore a titolo particolare di tale diritto con i poteri dell'art. Ill cod. proc. civ. anche in ordine alle impugnazioni, giacché il diritto che è stato oggetto del trasferimento in favore del terzo avente causa dal con venuto, pur riguardando un bene che l'attore afferma essere identico a quello cui si riferisce l'azione da lui proposta per ottenere l'ese cuzione specifica del contratto preliminare concluso col convenuto, è tuttavia diverso da quello che l'attore ha fatto valere con tale sua azione, dato che quest'ultimo è il diritto ad ottenere una sentenza costitutiva che produce gli effetti del contratto definitivo di vendita non concluso, mentre quello acquistato dal terzo avente causa è il diritto di proprietà a lui trasferito dal convenuto con un successivo contratto di vendita, per cui il bene che è oggetto di quest'ultimo con tratto non costituisce l'oggetto immediato del giudizio » promosso dall'attore contro il convenuto originario: non sussiste cioè identità fra diritto oggetto della domanda ex art. 2932 e diritto di proprietà oggetto del trasferimento a titolo derivativo e particolare avvenuto durante la pendenza del processo; per tale motivo — si può ag giungere — il trasferimento del diritto di proprietà non ha deter minato il venir meno della legitimatio ad causarn ordinaria del con venuto e il processo ha legittimamente potuto proseguire nei suoi confronti senza che fosse necessario fare ricorso alla norma ecce zionale sulla legitimatio ad causarn contenuta nell'art. Ili, 1° comma, cod. proc. civile. Sempre dalla motivazione della sentenza in epigrafe emerge con assoluta chiarezza che dall'avere escluso che il terzo avente causa in esame possa essere considerato successore a titolo particolare nel diritto controverso e quindi destinatario delle propo sizioni normative contenute nell'art. Ill cod. proc. civ. (ed in parti colare di quelle contenute nel quarto comma relative sia alla effi cacia ultra partes della sentenza sia alla legittimazione ad impugnare), non discende affatto però che la sentenza resa fra le parti originarie sia inefficace nei confronti di tale terzo avente causa dal convenuto: integrando in parte la motivazione su questo punto, è infatti agevole desumere dalla seconda parte dell'art. 2652, n. 2, cod. proc. civ. che tale terzo, in quanto avente causa dal convenuto sulla base di un atto trascritto dopo la trascrizione della domanda giudiziale, « ac quista un diritto a titolo derivativo che si trova, rispetto a quello su cui la sentenza decide, in un rapporto di pregiudizialità-dipendenza », il che determina la sua soggezione alla efficacia della sentenza resa fra promittente acquirente e promittente venditore.
Ove si rifletta sulla circostanza che, ai fini della risoluzione del
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
La Corte, ecc. — Svolgimento del processo. — Con atto di
citazione notificato il 5 settembre 1968 Francesco Musto e Vin
cenza Fulcoli convennero in giudizio davanti al Tribunale di
Napoli la s.p.a. Sadior, esponendo quanto segue. Con scrit
tura privata del 26 ottobre 1963 la s.p.a. « Case M. Gagliar
di», successivamente fusa con la società intimata, si era obbli
problema se il trasferimento del diritto di proprietà da parte del convenuto costituisca o no trasferimento del diritto controverso, la
vicenda su cui la sentenza in epigrafe è stata chiamata a pronun ciarsi presenta caratteristiche identiche a quelle proprie anche delle
domande di risoluzione, rescissione, revocazione delle donazioni, simu
lazione, revoca degli atti compiuti in frode ai creditori, annullamento,
nullità, ecc., si comprende l'importanza del principio enunciato dalla sentenza riportata in tutte queste ipotesi, l'eventuale trasferimento del diritto di proprietà da parte del convenuto durante la pendenza del processo non dà luogo a successione a titolo particolare nel diritto
controverso ex art. Ill cod. proc. civ.: il terzo avente causa dal
convenuto non può pertanto essere considerato destinatario delle pro
posizioni normative contenute in tale disposizione e pertanto — è
questo il dato più rilevante — il problema del se la sentenza che
accolga la domanda attrice lo pregiudichi o no deve essere risolto sulla base dell'interpretazione di altre disposizioni di legge (art. 2909,
2652, 1458, 2° comma, 1452, 808, 1415, 1° comma, 2901, 4° comma, 1445 cod. civ. ecc.).
II. - La sentenza in epigrafe si segnala perché, a quanto consta, è la prima, fra quelle edite, a schierarsi chiaramente nel senso della inapplicabilità dell'art. Ill cod. proc. civ., per mancanza di
identità fra diritto oggetto del processo e diritto oggetto del trasfe
rimento, quando sia trasferito il diritto di proprietà su di un bene
in pendenza di una azione c. d. personale relativa al bene stesso. « Successione a titolo particolare nel diritto controverso si ha non
soltanto nel caso in cui sia alienato l'identico diritto che forma og
getto della controversia, ma in ogni caso in cui l'alienazione importi, per un rapporto di derivazione sostanziale, il subentrare dell'acqui rente nella posizione attiva o passiva cui inerisce la pretesa dedotta in giudizio»: cosi Cass. 22 giugno 1965, n. 1309, Foro it., 1966, I, 350, con osservazione critica di U. Morello, e, negli stessi identici
termini, Cass. 14 febbraio 1966, n. 442, id., 1966, I, 1775, con nota critica di L. Rovelli; entrambe le sentenze erano dirette ad accertare la posizione del terzo avente causa dal donatario sulla base di un
acquisto avvenuto in pendenza di un giudizio di riduzione ex art. 563 cod. civile. Secondo la soluzione accolta da entrambe le decisioni « non è da dubitare che l'alienazione di un bene immobile da parte del donatario, in pendenza del giudizio di riduzione per lesione di
legittima, rientri nell'ambito di applicazione» dell'art. Ill cod. proc.
civ., poiché « pur non verificandosi, in tal caso, una esatta e com
pleta coincidenza tra il diritto controverso e quello rispetto al quale si è avuto il trasferimento, tuttavia, mirando l'azione di riduzione
a fare attribuire, in definitiva, in tutto o in parte il bene alienato dal
donatario, agli eredi legittimari, non può negarsi che venga ad at
tuarsi in senso lato quella successione a titolo particolare nel diritto
controverso contemplata dall'art. Ill cod. proc. civ.»; e da ciò
traevano la conclusione che « l'acquirente dal donatario era tenuto
alla restituzione del bene acquistato non già in base al principio di
diritto sostanziale che limita la validità della alienazione dei beni
ereditari soggetti a riduzione, bensì in applicazione dell'art. Ill cod.
proc. civ., che pone esso acquirente nella stessa posizione processuale dell'alienante ed alla quale estende l'autorità del giudicato », con la
rilevantissima conseguenza pratica che l'avente causa non possa in
vocare la previa escussione del donatario né abbia il diritto a pagare
l'equivalente in denaro delle cose donate ex art. 563, 1° e 3° comma
cod. civ.; è opportuno, inoltre, osservare che entrambe le decisioni
citate consideravano pacifico che la sentenza resa contro l'alienante
esplicasse efficacia anche esecutiva, ex art. Ili, 4° comma, cod. proc.
civ., contro l'avente causa rimasto estraneo al giudizio di riduzione; nella motivazione di Cass. 442/1966, inoltre, si legge che « anche
se l'alienante continua ad essere pienamente legittimato a stare in
giudizio, in quanto l'alienazione del bene non viene a diminuire i
suoi poteri processuali e sostanziali del soggetto all'azione di ridu
zione e, come tale, non può essere estromesso in caso di intervento
dell'avente causa, è incontestabile, peraltro, che il mutamento pro dottosi nella situazione giuridica sostanziale non possa rimanere inos
servato durante la pendenza del giudizio, in cui l'acquirente ha di
ritto di intervenire e la sentenza deve avere effetto, in ogni caso, anche nei suoi confronti ».
Esplicitamente nello stesso senso delle due suindicate decisioni, è
Cass 12 gennaio 1950, n. 83, id., Rep. 1950, voce Procedimento ci
vile, n. 66, e per esteso in Giur. Cass. civ., 1950, I, 112, con nota
di F. Mazzacane (la sentenza ha offerto l'occasione allo scritto di
Bigiavi, cit. infra), secondo cui la sentenza che accoglie una domanda
di risoluzione di un contratto di compravendita di un'azienda pre
giudica, in forza dell'art. Ili, 4° comma, il terzo avente causa dal
convenuto dell'azienda stessa durante la pendenza del processo. Que
sta decisione è estremamente importante poiché evidenzia forse la più
rilevante delle conseguenze pratiche derivanti dal ritener applicabile l'art. Ill cod. proc. civ. anche ove non vi sia coincidenza fra diritto
oggetto del processo e diritto oggetto del trasferimento: essendo in
fatti relativa ad un'ipotesi per un verso di risoluzione, cioè ad una
ipotesi in cui l'art. 1458 cod. civ. (alla stessa stregua dell'art. 1452, e differentemente dall'art. 808 cod. civ.) dispone in via generale la
salvezza dei diritti acquistati dai terzi aventi causa senza distinguere
gata a vendere ad essi istanti un appartamento sito all'ottavo
piano (attico) del fabbricato in corso di costruzione in Na
poli, via Cagnazzi, contraddistinto con la lettera « L », ap
partamento che avrebbe dovuto essere composto di sette va
ni più due accessori. Il prezzo era stato convenuto in lire
15.500.000, di cui parte era stata versata al momento della
se avvenuti prima o dopo la proposizione della domanda giudiziale, per altro verso di universalità dei beni mobili, cioè dei beni sottratti sia alla regola di cui all'art. 1153, sia alla trascrizione delle domande relative a beni immobili, la salvezza o il pregiudizio del terzo avente causa durante la pendenza del processo sembrerebbe dipendere tutto e solo dall'interpretazione che si dia dell'art. Ill cod. proc. civile.
Sempre nello stesso senso, ma solo nella motivazione, sono poi altre sentenze; si considerino soprattutto: Cass. 13 ottobre 1961, n.
2121, Foro it., 1962, I, 519, che, pur affermando nella motivazione che l'art. Ill cod. proc. civ., coordinato con gli art. 1415 e 2652, n. 4, cod. civ., disciplina l'ipotesi di trasferimento del diritto di proprietà da parte del convenuto durante la pendenza di un giudizio di simu
lazione, nel caso di specie rigetta la domanda dichiarando la sen tenza inopponibile al terzo subacquirente in buona fede stante la non retroattività degli art. 1415 e 2652, n. 4, cod. civ., ai sensi dell'art. 226 disp. trans, cod. civ.; Cass. 12 febbraio 1973, n. 415, id., 1973, I, 3191, che, pur deducendo dall'art. Ill cod. proc. civ. la legitti mazione ad intervenire per la prima volta in appello del terzo avente causa dal convenuto in base ad atto trascritto successivamente alla trascrizione di una domanda di risoluzione, avrebbe egualmente po tuto giustificare la stessa conclusione argomentando dal solo art. 344 cod. proc. civile.
L'interpretazione secondo cui le proposizioni normative contenute
nell'art. Ill cod. proc. civ. postulano l'identità — quanto meno par ziale — fra diritto oggetto del processo e diritto oggetto del trasfe
rimento è — fuori del settore delle azioni c. d. personali relative ad
un bene — alla base di numerosissime decisioni: cfr., richiamata in
motivazione, Cass., Sez. un., 5 dicembre 1977, n. 5264, id., Rep.
1977, voce cit., n. 142, cui adde Cass. 5 aprile 1977, n. 1299, id.,
1977, I, 1696, e Cass. 27 gennaio 1976, n. 115, id., 1976, I, 2175, con note di richiami. Cfr. inoltre, per talune ipotesi particolari in
cui la giurisprudenza ha ravvisato che il trasferimento del diritto
di proprietà comporta anche il trasferimento delle situazioni stru
mentali (attive e passive) fatte valere tramite la domanda di costi
tuzione di servitù coattive, Cass. 19 luglio 1974, n. 2178, id., 1975,
I, 1820, con nota di richiami. Sulla applicabilità dell'art. Ill o dell'art. 110 cod. proc. civ. in
ipotesi di successione di enti pubblici, cfr. Cass. 18 luglio 1980, n. 3850 e 5 maggio 1980, n. 2939, id., 1980, I, 2130, con ampia nota
di richiami di A. Proto Pisani.
III. - Sulla legittimazione del successore a titolo particolare nel
diritto controverso ad avvalersi delle impugnazioni c. d. proprie delle
parti, cfr. da ultimo Cass. 24 ottobre 1975, n. 3516, id., 1976, I, 2217,
nonché Cass. 13 maggio 1977, n. 1910, id., 1978, I, 190, con nota
di richiami. Sulla mancanza di una autonoma legittimazione ad impugnare del
l'interveniente adesivo dipendente, cfr. da ultimo Cass. 23 ottobre
1980, n. 5704 e 26 maggio 1980, n. 3441, id., 1981, I, 56.
IV. - In dottrina nello stesso senso della decisione in epigrafe ne
gano che il trasferimento del diritto di proprietà durante la pendenza
di una azione c. d. personale relativa ad un bene, costituisca trasfe
rimento del diritto controverso e possa dar luogo all'applicazione del
l'art. Ill cod. proc. civ., C. M. De Marini, La successione nel di
ritto controverso, 1954, 48 ss., 263 ss., il quale però (cfr. dello stesso
autore L'impugnazione dell'interveniente adesivo, in Riv. dir. proc.,
1956, II, 106 ss.) riconosce all'interveniente adesivo dipendente au
tonomo potere d'impugnazione; Bigiavi, Risoluzione per inadempi
mento ed alienazione della cosa litigiosa, in Riv. trim. dir. proc. civ.,
,1954, 153 ss.; L. Rovelli, Sui rapporti tra azione di riduzione ed
art. Ill cod. proc. civ., in Foro it., 1966, I, 1775; A. Proto Pisani,
La trascrizione delle domande giudiziali, 1968 e Dell'esercizio del
l'azione, in Commentario del cod. proc. civ., diretto da Allorio,
1973, I, 2, 1227 ss., il quale nega all'interveniente adesivo dipendente autonoma legittimazione ad impugnare (cfr. dello stesso autore, Note
in tema di efficacia riflessa della sentenza, di dipendenza tra cause e
di legittimazione autonoma o meno ad impugnare dell'interveniente
adesivo dipendente, in Foro it., 1971, I, 414); Colesanti, Fallimento
e trascrizione delle domande giudiziali, 1972; Id., Trascrizione della
domanda e sequestro del bene alienato pendente lite, in Riv. dir.
proc., 1963, 227 ss., il quale, alle pp. 243 nota 25 e 248 testo e
nota, problematicamente non esclude che alle ipotesi della specie di
quella oggetto della sentenza in epigrafe possa ritenersi applicabile
solo il quarto comma dell'art. Ill cod. proc. civ.; S. Satta, Com
mentario, 1959, I, 419 ss., il quale però alle p. 396-7 riconosce all'in
terveniente adesivo dipendente autonomo potere d'impugnazione; An
drioli, Diritto processuale civile, 1979, I, 574 ss. In senso contrario
v. per tutti Picardi, La trascrizione delle domande giudiziali, 1968;
Mengoni, Gli acquisti « a non dominai2 », 1968, 255 ss.; Id., Note
sulla trascrizione delle impugnative negoziali, in Riv. dir. proc., 1969,
360 ss., il quale sembra fare propria l'ipotesi problematicamente in
dicata da Colesanti, e riportata supra; Monteleone, I limiti sogget
tivi del giudicato civile, 1978, 107 ss.; Verde, Il pignoramento, 1964,
296 ss.; Id., Profili del processo civile, 1978, 186 ss., il quale, dopo
avere qualificato « lettura colta » l'interpretazione oggi accolta dalla
sentenza in epigrafe, rileva che ove si ammetta — come egli am
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PARTE PRIMA
conclusione del contratto preliminare ed il residuo avrebbe
dovuto essere pagato al momento della stipulazione del con
tratto definitivo mediante cambiali ipotecarie scadenti entro
cinque anni dalla stipulazione medesima. La consegna dell'im
mobile avrebbe dovuto aver luogo entro il 31 ottobre 1964 e
l'atto pubblico di vendita entro 15 giorni dalla consegna, mentre,
in caso di inadempienza, la venditrice avrebbe dovuto corrispon dere una penale di lire 2.000 per ogni giorno di ritardo. Sca
duto, però, detto termine, essi istanti, nonostante ripetute ri
chieste e le assicurazioni dell'intimata, non erano riusciti ad
ottenere la consegna dell'appartamento. Chiesero pertanto: a) in
via principale, dichiararsi validamente conclusa ad ogni effetto
la compravendita di cui alla suddetta scrittura privata, e conse
guentemente dichiararsi trasferito ad essi istanti l'appartamento in questione, con la condanna della società Sadior alla conse
gna dell'immobile dietro rilascio, da parte di essi medesimi istan
ti, di cambiali ipotecarie con scadenze rateizzate entro cinque
anni, nonché con la condanna della stessa Sadior al pagamento della penale di lire 2.000 al giorno dal 1" novembre 1964 alla
data della consegna; b) in via subordinata, ove l'adempimento non fosse possibile per colpa della Sadior, dichiararsi risoluto
il contratto per inadempimento della promittente venditrice e
condannarsi la stessa alla restituzione della somma di lire 4.800.000,
pagata da essi istanti in conto del prezzo convenuto, nonché al
risarcimento del danno nella misura di lire 30.000.000, con gli interessi come per legge.
La convenuta, costituitasi, contestò la fondatezza della do
manda, di cui chiese il rigetto, negando la propria inadempien za ed assumendo che inadempienti dovevano invece ritenersi i
coniugi Musto e Fulcoli. All'uopo dedusse: che nella scrittura
de qua era stata inserita una clausola in forza della quale la so
cietà costruttrice si era riservata il diritto di apportare al pro
getto tutte le variazioni che, a suo criterio insindacabile, avesse
ritenuto opportuno; che a seguito di esigenze tecniche era stato
necessario modificare l'intera progettazione del fabbricato, con
la conseguenza che non era stato più possibile assegnare ai pre detti coniugi l'appartamento all'ottavo piano (attico), prescelto
dagli stessi sulla pianta in progettazione; che conseguentemente la società Gagliardi, trovandosi nell'impossibilità di consegnare
agli attori l'appartamento indicato, aveva offerto a costoro altro
appartamento all'ottavo piano di altra scala del fabbricato, avente
lo stesso numero di vani ed accessori, ma tale offerta era stata
illegittimamente rifiutata dal Musto e dalla Fulcoli, i quali suc
cessivamente, dopo avere aderito a proposte di bonaria defini
zione della vertenza, erano venuti meno agli impegni assunti.
Nelle more del giudizio gli attori dichiararono che, per effet
to di cambio della denominazione e di trasferimento della sede
sociale, le domande da essi formulate nell'atto introduttivo del
giudizio dovevano intendersi proposte nei confronti della s.p.a. «immobiliare Parco Amedeo di Savoia».
Nell'ulteriore corso i coniugi Musto e Fulcoli chiesero ed ot
tennero di essere autorizzati a chiamare in causa i coniugi Sa
bato Di Costanzo e Bianca D'Angelillo nonché Giuseppe Toscano
e Gennaro Piccolo. Al che provvidero con atto notificato il 21 di
cembre 1971, col quale premesso che l'area dove avrebbe dovuto
essere costruito l'appartamento da consegnare ad essi istanti era
stata viceversa adibita alla costruzione di tre appartamenti, uno
dei quali era stato venduto ai coniugi Di Costanzo e D'Ange
lillo, mentre gli altri due erano stati venduti rispettivamente al
Toscano ed al Piccolo; che i relativi atti di compravendita era
no stati stipulati successivamente alla trascrizione della domanda
da essi proposta contro la società Sadior, ora « immobiliare Par
co Amedeo di Savoia » ; ciò premesso, chiesero dichiarare ineffi
caci nei confronti di essi istanti gli atti di compravendita stipu lati dai predetti acquirenti limitatamente ai beni già acquistati da essi attori, e condannarsi gli stessi acquirenti al rilascio di
tali beni.
Sia i coniugi Di Costanzo e D'Angelillo che il Toscano ed il
Piccolo si costituirono, contestando la fondatezza della domanda
proposta contro di loro, della quale chiesero il rigetto.
mette — « che l'art. Ili regola anche ipotesi di successione in rapporti oggettivamente diversi da quello controverso, ... l'alienante non perde la legittimazione, alla quale si aggiunge la legittimazione di un altro soggetto, e ... pertanto la disciplina processuale sarà una disciplina sui generis, che si avvicinerà a quella degli interventi e in particolare a quella dell'intervento adesivo autonomo »; Cerino Canova, in Com mentario al cod. proc. civ., diretto da Allorio, 1980, II, 280-1.
Sul problema della efficacia esecutiva della sentenza contro gli aventi causa di una delle parti, cfr., da ultimo, Trib. Asti, ord. 30 aprile 1980, Foro it., 1980, I, 3100, ed ivi ampia nota di richiami di A. Proto Pisani.
La causa, interrotta per il sopravvenuto fallimento della con
venuta società «immobiliare Parco Amedeo di Savoia», venne
proseguita dagli attori con atto del 25 febbraio 1974, col quale costoro dichiararono, fra l'altro, di rinunziare alla domanda nei
confronti del Di Costanzo e della D'Angelillo, essendo stato chia
rito che i beni oggetto della scrittura 26 ottobre 1963 erano
stati alienati soltanto al Piccolo ed al Toscano.
Dopo l'espletamento di consulenza tecnica, il tribunale con
sentenza del 29 gennaio 1977 dichiarò l'improcedibilità del
l'azione proposta dal Musto e dalla Fulcoli contro la società « im
mobiliare Parco Amedeo di Savoia », dovendo la causa essere
devoluta, dopo il fallimento della società convenuta, alla cogni zione del giudice fallimentare. Rigettò, inoltre, la domanda propo sta contro il Di Costanzo e la D'Angelillo nonché contro il To scano ed il Piccolo, dovendo i primi due essere estromessi perché l'immobile da essi acquistato era stato eretto su area diversa da
quella oggetto del preliminare de quo, e dovendo gli altri due
acquirenti prevalere sulla richiesta d'inefficacia del loro acqui sto perché gli immobili da essi rispettivamente acquistati erano sostanzialmente diversi da quello rivendicato, con conseguente inidoneità della precedente trascrizione della domanda proposta contro la venditrice a privare di efficacia l'acquisto dei medesimi.
Tale pronuncia fu, però, riformata dalla Corte d'appello di Na
poli, la quale con sentenza del 25 ottobre 1978, in accogli mento del gravame proposto dal Musto e dalla Fulcoli, cosi
provvide: 1) dichiarò inefficaci, nei confronti degli appellanti e limitatamente ai beni da essi acquistati con la scrittura privata del 1963, gli atti di compravendita intervenuti fra la società « im mobiliare Parco Amedeo di Savoia » e, rispettivamente, il Tosca no ed il Piccolo; 2) dichiarò trasferiti in proprietà del Musto e
della Fulcoli i due appartamenti oggetto di tali atti,- condannan do il Toscano ed il Piccolo al rilascio degli stessi in favore dei primi; 3) condannò il fallimento della società « immobiliare Parco Amedeo di Savoia » a pagare al Musto ed alla Fulcoli la penale di lire 2.000 al giorno dal 1° novembre 1964 alla data di consegna degli appartamenti; 4) subordinò gli effetti della sen tenza alla sottoscrizione delle cambiali ipotecarie come in moti vazione per l'eventuale supero del residuo prezzo rispetto alla
penale dovuta, dichiarando compensati i rispettivi crediti fino a concorrenza, e disponendo, nell'ipotesi di supero della penale rispetto al prezzo, l'immediata efficacia della sentenza nonché la
corresponsione dell'eccedenza ai predetti coniugi.
Ritenne anzitutto la corte che non potesse negarsi la prevalen za della trascrizione della domanda di esecuzione specifica del
preliminare sulla trascrizione degli acquisti fatti dal Piccolo e dal Toscano, perché, contrariamente a quanto affermato dal tri
bunale, doveva escludersi che si trattasse di immobili diversi.
Infatti, la superficie sulla quale insistevano gli appartamenti ven dutti al Piccolo ed al Toscano era grosso modo la stessa
superficie sulla quale doveva sorgere l'appartamento oggetto del
compromesso in favore dei coniugi Musto, mentre il fatto che nella distribuzione delle unità immobiliari fossero stati realizzati
due appartamenti in luogo di uno non faceva venir meno la sostanziale identità dell'immobile. Ciò non senza considerare che la valutazione circa l'identità o meno dell'immobile allo specifi co fine doveva essere effettuata in relazione al contenuto della nota di trascrizione, e quella a favore dei coniugi Musto parla va di appartamento all'ottavo piano (attico) in corso di costru
zione, sito in Napoli alla via Cagnazzi, contraddistinto con la lettera L, ossia di appartamento allo stesso piano su cui insiste vano quelli del Toscano e del Piccolo, mentre nessuna caratte ristica predeterminata era indicata relativamente a detto apparta mento si da potersi affermare la diversità strutturale e funzio nale dell'immobile costruito al suo posto, trattandosi pur sempre di una realizzazione costruttiva destinata all'abitazione.
Ritenne, poi, la corte che erroneamente il tribunale avesse esclu so la possibilità dell'esecuzione specifica sul riflesso che l'immo bile realizzato fosse di maggior portata rispetto a quello su cui si era formato il consenso delle parti, giacché il preliminare era stato concluso su una planimetria di massima ed era espressa mente prevista la facoltà della promittente di apportare varia
zioni, ferma rimanendo la superficie complessiva, la quale dove va essere di 155 mq. coperti e di 64,50 mq. scoperti, cioè in totale di mq. 249,50: superficie, questa, che era sostanzialmente
uguale a quella su cui erano stati realizzati i due appartamenti del Piccolo e del Toscano, essendovi fra l'una e l'altra una ecce denza di soli mq. 1,15. Il fatto, poi, che risultasse un'eccedenza di mq. 21,90 di superficie coperta, non era di ostacolo all'esecu zione specifica del preliminare, dovendo escludersi che detta ecce denza rompesse l'equilibrio del contratto a vantaggio dei pro missari acquirenti sia perché nella relativa scrittura era prevista
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
la possibilità di variazioni nelle misure degli ambienti, sia perché, essendo stati costruiti altri due piani oltre l'ottavo, i coniugi Musto avevano perduto il grande terrazzo e la posizione favore
vole dell'attico.
Ciò posto, la corte escluse che l'esecuzione specifica non fosse
possibile in presenza del fallimento della società promittente,
giacché l'art. 72 1. fall., contemplante la facoltà del curatore di
scegliere alternativamente l'adempimento dell'obbligazione assun
ta col preliminare oppure di sciogliere il contratto, doveva rite
nersi nella specie inapplicabile, dato che i beni venduti al To
scano e al Piccolo erano usciti dal patrimonio della società fal
lita in epoca anteriore alla sentenza dichiarativa di fallimento,
ond'essi non erano più nella disponibilità del fallimento.
Aggiunse la corte che neppure era esatto che un'eventuale ob
bligazione risarcitoria del fallimento fosse di esclusiva compe tenza del giudice fallimentare, rientrando in tale competenza solo
le azioni relative ad obbligazioni aventi la loro causa determi
nante nel fallimento e non anche quelle concernenti rapporti
giuridici anteriori ad esso, come quelli in esame che non dipen devano dal dissesto e dalla procedura concorsuale.
Avverso tale sentenza il Piccolo ed il Toscano hanno propo
sto, ciascuno, ricorso per cassazione sulla base, rispettivamente, di quattro e di sette motivi, cui il Musto e la Falcoli resistono
con controricorso. Ognuno dei ricorrenti ha presentato memoria.
Motivi della decisione. — I due ricorsi devono essere riuniti
essendo stati proposti contro la medesima sentenza.
In ordine ad essi è anzitutto da rilevare che le censure, con le
quali i ricorrenti investono le parti della sentenza impugnata con
cernenti il rapporto giuridico intercorso tra i coniugi Musto e la
società immobiliare « Parco Amedeo di Savoia », non possono
avere ingresso, e ciò sia per quanto concerne la questione di rito
circa la competenza del giudice fallimentare, sia per quanto at
tiene alla questione di merito circa l'esecuzione specifica del
l'obbligo di concludere il contratto di compravendita dell'appar
tamento cui si riferisce l'anzidetto rapporto.
Il Piccolo ed il Toscano, infatti, avendo acquistato dalla pre
detta società, ciascuno indipendentemente dall'altro, due apparta
menti costruiti in luogo di quello che la società medesima si era
precedentemente obbligata a vendere ai coniugi Musto, sono stati
convenuti in giudizio dai detti coniugi per sentir dichiarare l'inef
ficacia dei contratti di compravendita ch'essi hanno rispettiva mente concluso con l'immobiliare « Parco Amedeo di Savoia »
dopo la trascrizione della domanda proposta contro quest'ulti
ma dagli stessi Musto per l'esecuzione specifica dell'obbligo sud
detto; sicché, rispetto al rapporto fra i Musto e la società, la
loro posizione soggettiva è quella, subordinata, di aventi causa
dalla promittente venditrice, con la conseguenza che nella causa
concernente detto rapporto essi non possono interloquire che in
veste di interventori adesivi dipendenti. Nella specie, invero, avendo i coniugi Musto promosso nello
stesso processo due distinte cause, una prima, introdotta origi
nariamente contro la società « Parco Amedeo di Savoia » (poi
fallita), per ottenere una sentenza costitutiva che tenesse luogo
del contratto definitivo di vendita non concluso, ed una secon
da, introdotta successivamente contro il Piccolo ed il Toscano
mediante chiamata in giudizio di costoro, per ottenere una pro
nuncia che dichiarasse inefficace l'acquisto effettuato dagli stessi
dopo la trascrizione della domanda proposta dai Musto nella pri
ma causa, occorre distinguere la posizione assunta dal Piccolo
e dal Toscano nella causa promossa contro di loro da quella as
sunta dagli stessi nella causa promossa contro la società; men
tre, infatti, nella prima la loro posizione è quella di parti con
venute, sia pure attraverso la loro chiamata nel processo già instau
rato contro la società, essendosi essi costituiti come tali per con
testare l'inefficacia del loro acquisto affermata dagli attori, vice
versa nell'altra causa, proposta nei confronti della società, essi,
trovandosi nella situazione di dover subire gli effetti della rela
tiva pronuncia quali aventi causa dalla società medesima, hanno
assunto, interloquendo, la stessa posizione in cui sarebbero ve
nuti a trovarsi se avessero spiegato intervento volontario per
sostenere le ragioni della loro dante causa, cioè quella di inter
ventori adesivi dipendenti, data la dipendenza del loro diritto
dalla posizione della venditrice.
Ed invero, poiché per l'art. 2909 cod. civ. « l'accertamento con
tenuto nella sentenza passata in giudicato fa stato ad ogni ef
fetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa », deve ritenersi
che l'avente causa, quale soggetto che acquista un diritto a ti
tolo derivativo, si trovi, rispetto a quello su cui la sentenza
decide, in un rapporto di pregiudizialità - dipendenza, ciò che
rende appunto subordinata la sua posizione nel processo.
D'altro canto, nel caso in esame non si è trattato di trasferi
mento del diritto controverso in testa al Piccolo ed al Toscano,
si da doversi ritenere che costoro siano intervenuti nel processo come successori a titolo particolare di tale diritto con i poteri
previsti dall'art. Ill cod. proc. civ. anche in ordine alle impu
gnazioni, giacché il diritto che è stato oggetto del trasferimento
in favore dei predetti, pur riguardando un bene che gli attori
affermano essere identico a quello cui si riferisce l'azione da essi
proposta per ottenere l'esecuzione specifica del contratto preli minare concluso con la società, è tuttavia diverso da quello che
i Musto hanno fatto valere con tale loro azione, dato che que st'ultimo è il diritto ad ottenere una sentenza costitutiva che
produce gli effetti del contratto definitivo di vendita non con
cluso, mentre quello acquistato dal Piccolo e dal Toscano è il
diritto di proprietà loro trasferito dalla predetta società con un
successivo contratto di vendita, per cui il bene che è oggetto di
quest'ultimo contratto non costituisce l'oggetto immediato del
giudizio promosso dai Musto contro la società.
Ne discende che, rispetto al rapporto giuridico intercorso fra
i coniugi Musto e la società « Parco Amedeo di Savoia », il
Piccolo ed il Toscano non sono legittimati ad impugnare la sen
tenza quali successori a titolo particolare, ai sensi dell'art. Ili, 4° comma, cod. proc. civ., poiché, come questa Corte suprema ha già avuto occasione di statuire (cfr. sent. Sez. un. 5 dicem
bre 1977, n. 5264, Foro it., Rep. 1977, voce Procedimento civile, n. 142), detta legittimazione postula un rapporto di identità o,
quanto meno, di derivazione diretta fra il diritto oggetto della
controversia decisa con la sentenza impugnata ed il diritto og
getto della successione a titolo particolare.
Conseguentemente i ricorrenti, stante la loro posizione subordi
nata rispetto all'anzidetto rapporto, non hanno altri poteri, quan to all'impugnazione della sentenza pronunciata contro la società,
che quelli dell'interventore adesivo dipendente, il quale, com'è
noto, se può aderire all'impugnazione della parte adiuvata, non
può proporre impugnazione in via autonoma ove quest'ultima non abbia proposto a sua volta impugnazione, onde in tal caso
il ricorso per cassazione proposto autonomamente da detto sog
getto avverso la pronuncia emessa contro la parte adiuvata è
inammissibile (cfr. Cass. 5 aprile 1977, n. 1306, id., Rep. 1977,
voce Impugnazioni civili, n. 12; 23 febbraio 1973, n. 532, id.,
Rep. 1973, voce Tributi locali, n. 172). In siffatta ipotesi, inve
ro, la mancata proposizione dell'impugnazione ad opera di tale
parte determina il passaggio in giudicato della sentenza con
conseguente formazione della cosa giudicata sostanziale anche
nei confronti dell'interventore adesivo, come si è appunto verifi
cato nel caso in esame, in cui, non avendo il fallimento della
predetta società proposto impugnazione, sulle parti della sen
tenza relativa al rapporto fra la società medesima ed i Musto si
è formato il giudicato con efficacia, non solo nei riguardi del
fallimento, ma altresì del Piccolo e del Toscano, quali aventi
causa della società.
Vanno perciò dichiarati inammissibili: a) il primo, il terzo ed
il quarto motivo del ricorso proposto dal Piccolo, nonché una
delle due censure (la seconda) del secondo motivo dello stesso
ricorso; b) il primo, il secondo, il terzo, il quarto ed il quinto
motivo del ricorso proposto dal Toscano, nonché una delle due
censure (la prima) del settimo motivo dello stesso ricorso.
(Omissis) Per questi motivi, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE; Sezione I civile; sentenza 22 no
vembre 1980, n. 6207; Pres. Sposato, Est. Sandulli, P. M.
Catelani (conci, parz. diff.); Comune di Roccaraso (Avv. Ab
bamonte) c. Soc. Aremogna. Cassa App. L'Aquila 7 novem
bre 1977.
Cassazione civile — Contratto — Nullità — Rilevabilità d'ufficio — Limiti (Cod. civ., art. 1421; cod. proc. civ., art. 360, n. 3).
Comune e provincia — Contratto — Trattativa privata — Auto
rizzazione prefettizia — Mancanza — Annullabilità (R. d. 3
marzo 1934 n. 383, t. u. della legge comunale e provinciale,
art. 87).
La nullità del contratto può essere rilevata anche d'ufficio per
la prima volta in Cassazione solo se fondata su elementi di
fatto già acquisiti in sede di merito. (1)
(1) Conf. Cass. 30 aprile 1979, n. 2515 e 30 gennaio 1979, n. 651,
Foro it., Rep. 1979, voci Contratto in genere, n. 248 e Cassazione
civile, n. 76; 8 settembre 1977, n. 3925, id., 1978, I, 1284, con nota
di richiami.
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