sezione III civile; sentenza 20 febbraio 2004, n. 3399; Pres. Duva, Est. Segreto, P.M. Consolo(concl. diff.); Giatti (Avv. Barbantini, Ghirelli) c. Soc. Ufficio centrale italiano - Uci (Avv.Cefaly) e altro. Cassa App. Bologna 27 maggio 1999Source: Il Foro Italiano, Vol. 127, No. 4 (APRILE 2004), pp. 1059/1060-1063/1064Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23199130 .
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1059 PARTE PRIMA 1060
prestazione in misura inferiore a quella dovuta (novanta giorni
per ricorrere al comitato provinciale, novanta per la decisione, novanta più novanta per ricorso e decisione di secondo grado) (Cass. 10 settembre 1997, n. 8871, id., Rep. 1998, voce cit., n.
706). In altri termini, secondo tale indirizzo la decadenza so
stanziale prevista dall'art. 47 d.p.r. n. 639 del 1970, secondo
l'interpretazione autentica fornita dall'art. 6 d.l. n. 103 del
1991, preclude la domanda giudiziale diretta ad ottenere l'inte
grazione dell'indennità di disoccupazione, prevista dalla senten
za n. 497 del 1988 della Corte costituzionale, tutte le volte in
cui la stessa, in relazione alle varie istanze annuali presentate
per ottenere l'indennità di disoccupazione, dovesse risultare
proposta oltre i cinque anni e trecentosessanta giorni (questi ul
timi relativi ali "iter amministrativo) dalla data dell'originaria domanda amministrativa o dalla comunicazione, se avvenuta, del provvedimento di liquidazione dell'indennità nella misura
originariamente fissata dalla legge, non potendosi ritenere che la
domanda di una prestazione previdenziale impedisca la deca
denza del diritto anche in relazione ad eventuali, sopravvenute
integrazioni della medesima prestazione (Cass. 16 settembre
1997, n. 9210, ibid., n. 704). Il ricorso deve essere quindi rigettato.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 20 febbraio 2004, n. 3399; Pres. Duva, Est. Segreto, P.M. Con
solo (conci, diff.); Giatti (Avv. Barbantini, Ghirelli) c. Soc.
Ufficio centrale italiano - Uci (Avv. Cefaly) e altro. Cassa
App. Bologna 27 maggio 1999.
Danni in materia civile — Danno biologico — Estremi
(Cost., art. 32; cod. civ., art. 2059). Danni in materia civile — Danno biologico — Liquidazione
— Criterio equitativo — Triplo della pensione sociale —
Applicabilità — Esclusione (Cod. civ., art. 1226, 2056, 2059; d.l. 23 dicembre 1976 n. 857, modifica della disciplina dell'assicurazione obbligatoria della responsabilità civile de
rivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, art. 4; 1. 26 febbraio 1977 n. 39, conversione in legge, con
modificazioni, del d.l. 23 dicembre 1976 n. 857).
La tutela dell'integrità psicofisica della persona è fondata sul
combinato disposto degli art. 2059 c.c. e 32 Cost., senza ne
cessità di rapportare il danno biologico al paradigma del
l'art. 2043 c.c. attraverso la costruzione dell'ipotesi di dan
no-evento o ad un tertium genus di danno rispetto al danno
patrimoniale ed al danno morale soggettivo. (1) Il criterio equitativo è imprescindibile per una valutazione ef
fettiva del danno biologico ma non può innestarsi, neppure come correttivo, su un sistema di liquidazione che abbia come
base il triplo della pensione sociale. (2)
(1-2) Ritengono il danno biologico un danno-evento, distinguendolo dal danno-conseguenza eventualmente da esso derivante, Cass. 11 ago sto 2000, n. 10725, Foro it., Rep. 2001, voce Damii civili, n. 184, e. per esteso, Danno e resp., 2001, 946, con nota di F. Pellerito, Ancora
«guidelines» delta Cassazione sul danno biologico; 7 giugno 2000, n.
7713, Foro it., 2001, I, 187; 17 novembre 1999, n. 12741, id., Rep. 1999, voce cit., n. 179; 29 settembre 1999, n. 10762, id., Rep. 2000, voce cit., n. 158; 30 ottobre 1998, n. 10897, id.. Rep. 1998, voce cit., n.
250; 18 settembre 1996, n. 8344, id., Rep. 1996, voce cit., n. 209; 16 settembre 1995, n. 9772, id., Rep. 1995, voce cit., n. 247, e, per tutte, Corte cost. 14 luglio 1986, n. 184, id., 1986, I, 2053, con nota di G.
Ponzanelli, La Corte costituzionale, il danno non patrimoniale e il danno alla salute.
Per la ricostruzione del danno alla salute come tertium genus di pre giudizio idoneo a scardinare il sistema bipolare della responsabilità ci vile delineato dagli art. 2043 e 2059 c.c., v. Cass. 5 luglio 2001, n.
Il Foro Italiano — 2004.
Svolgimento del processo. — Con sentenza dell'11 luglio
1988 il Tribunale di Modena definiva il giudizio promosso da
Claudio Giatti con citazione del 17 giugno 1983 nei confronti di
Antonio De Gaetano e dell'Ufficio centrale italiano (Uci), que st'ultimo quale garante della compagnia Winterthur, per ottene
re il risarcimento dei danni subiti a seguito di incidente stradale
in cui erano rimaste coinvolte la sua motocicletta e l'autovettura
condotta dal De Gaetano. Il tribunale dichiarava il concorso di
colpa nella produzione del sinistro (ottanta per cento a carico
del convenuto De Gaetano ed il venti per cento a carico del
Giatti) e condannava l'Uci al pagamento nei confronti dell'atto
re della somma di lire 438.307.053, franchi svizzeri 2.150 e marchi tedeschi 7.475.
Con sentenza del 5 febbraio 1993, la Corte d'appello di Bo
logna, in accoglimento parziale degli appelli del Giatti e del l'Uci riduceva dal venti al dieci per cento lo scarto tra vita fisica
e vita lavorativa ed escludeva il danno alla vita di relazione, li
quidato in lire cento milioni dal tribunale, ritenendo che tale vo
ce di danno fosse già compresa nel danno biologico. Il Giatti proponeva ricorso per cassazione e questa, con sen
tenza del 17 novembre 1995, in accoglimento del secondo moti
vo, cassava la sentenza, ritenendo che la corte di merito non
aveva motivato sul punto se la somma liquidata a titolo di danno
biologico, fosse idonea a risarcire anche il danno alla vita di re
lazione, per quanto concettualmente compreso nel danno biolo
gico. La Corte d'appello di Bologna, decidendo in sede di rinvio,
9090, id., Rep. 2002, voce cit., n. 194, nonché Resp. civ., 2001, 1224, con nota di R. Muroni, La rilevanza del frazionamento de! «petitum» risarcitorio da sinistro stradale nel medesimo giudizio: un unico diritto all'«an» e più diritti al «quantum»?; App. Milano 23 giugno 1998, Fo ro it., Rep. 1999, voce cit., n. 181; Cass. 10 giugno 1994, n. 5669, id., 1994, I, 2070, con osservazioni di E. Borrelli; 19 novembre 1990. n.
11164, id.. Rep. 1990, voce cit., n. 148; Trib. Milano 7 luglio 1988, id.,
Rep. 1989, voce cit., nn. 142, 143, e, per esteso, Giur. it., 1989, I, 2, 318; Cass. 11 novembre 1986, n. 6607, Foro it., 1987, I, 833, con nota di A. Princigalli; Trib. Genova 20 ottobre 1975, id.. Rep. 1976, voce
Responsabilità civile, n. 81, e Resp. civ., 1976, 469, con nota G. Scalfì, «Errare humanum est, perseverare diabolicum».
Sulla necessità di fare riferimento al criterio equitativo per una liqui dazione del danno biologico che sia effettiva, v., da ultimo, Cass. 12 dicembre 2003, n. 19057, Foro it., Mass., 1661; 25 novembre 2003, Min. economia e finanze in c. Barillà, id., 2004, II, 138; 7 novembre
2003, n. 16716, id., Mass., 1490 (che affermano espressamente che la tutela dell'integrità psicofisica della persona si fonda sull'art. 2059
c.c.); 4 novembre 2003, n. 16525, ibid., 1475; 1° ottobre 2003, n.
14645, ibid., 1370; 16 settembre 2003, n. 13558, ibid., 1312; 19 agosto 2003, n. 12124, id., 2004, I, 434, con nota di M. Costanza, Ancora sul danno esistenziale; 14 luglio 2003, n. 11003, id., Mass., 1004; 16 mag gio 2003, n. 7632, id., 2003,1, 2681, con osservazioni di A. Bitetto; 24 marzo 2003, n. 4242, id., Mass., 361 (che si esprime negli esatti termini della sentenza in epigrafe anche in relazione all'inutilizzabilità dei
principi di cui all'art. 4 I. n. 37 del 1977); 18 marzo 2003, n. 3997, ibid., 343; 18 marzo 2003, n. 3980, ibid., 338, che pure ritiene illegit tima una liquidazione del danno biologico effettuata facendo riferi mento al criterio del triplo della pensione sociale; 27 gennaio 2003, n.
1205, ibid., 125 (secondo cui il potere del giudice di merito di procede re alla valutazione equitativa del danno biologico non può essere limi tato neppure dall'indicazione dei criteri di liquidazione dello stesso ef fettuata dalla Suprema corte in sede di rinvio); 20 gennaio 2003, n. 737, ibid., 79 (secondo cui il giudice, oltre all'entità delle lesioni e all'età del soggetto leso, non è tenuto a prendere in considerazione altre circo stanze astrattamente idonee ad incidere sulla valutazione se queste non siano state specificamente dedotte dal danneggiato); 15 gennaio 2003, n. 484, ibid., 55; 31 luglio 2002, n. 11376, id., Rep. 2002, voce Danni
civili, n. 260; Trib. Napoli 17 luglio 2002, ibid., n. 269; Cass. 8 aprile 2002, n. 5012, ibid., n. 262; 5 luglio 2001, n. 9090, cit.; 24 maggio 2001, n. 7084, id., Rep. 2001, voce cit., n. 210; 8 maggio 2001, n. 6396, ibid., n. 208; 24 aprile 2001, n. 6023, ibid., n. 205, e Dir. e giu stizia, 2001, fase. 20, 71, con nota di M. Rossetti, Restano irrisolti i dubbi sul risarcimento per la perdita del reddito futuro; 20 aprile 2001, n. 5910, Foro it., Rep. 2002. voce cit., n. 270 (secondo cui il giudice di merito nel liquidare il danno biologico può ricorrere alternativamente o ad una tabella di capitalizzazione, ovvero ad un criterio equitativo pu ro), e, per esteso, Nuova giur. civ., 2002, I, 35, con nota di M. Cereso la. Sui criteri di liquidazione deI danno biologico e modalità di com
puto degli interessi sulle somme liquidate a titolo di risarcimento del danno aquiliano; Trib. Firenze 29 gennaio 2001, Foro it., Rep. 2001, voce cit., n. 214; Cass. 9 gennaio 2001, n. 239, id., 2001, I, 2276, con nota di F. Agnino, Danno biologico: frammenti di una nuova discipli na.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
con sentenza depositata il 27 maggio 1999, condannava i con
venuti in solido al pagamento nei confronti dell'attore della
somma complessiva di lire 188.244.574, oltre rivalutazione ed
interessi.
Riteneva il giudice di rinvio che, avendo il Giatti, giovane di anni 28 all'epoca del sinistro, riportato gravissime lesioni, con
impotenza funzionale degli arti inferiori, incontinenza degli sfinteri, impotenza sessuale, ed essendo costretto all'uso di car
rozzella ortopedica, erano fortemente limitate le sue relazioni
con il mondo esterno, per cui la liquidazione del danno biologi co, effettuata dalla sentenza impugnata sulla base del solo triplo della pensione sociale, non era idonea a risarcire anche la com
ponente del danno alla vita di relazione. Riteneva la corte terri
toriale che appariva conforme a giustizia liquidare in favore
dell'attore l'ulteriore somma di lire novantacinque milioni, con
valuta del 1° luglio 1998, da ridurre del venti per cento per il
ritenuto concorso di colpa.
Quanto al regolamento delle spese processuali, riteneva il
giudice di rinvio che non avevano costituito oggetto di cassa
zione quelle fissate dal giudice di appello e che, in ogni caso, esse apparivano tuttora congrue, nonostante la modificazione
sul quantum della pretesa risarcitoria effettuata in sede di rinvio.
Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione
Giatti Claudio, che ha presentato memoria.
Resiste con controricorso l'Uci.
Motivi della decisione. — 1. - Con il primo motivo di ricorso
il ricorrente lamenta la violazione dell'art. 360, n. 5, c.p.c., l'o
messa, insufficiente e contraddittoria motivazione sul punto in
cui la sentenza impugnata ha liquidato il danno biologico com
prensivo del danno alla vita di relazione, nella misura del triplo della pensione sociale, con la maggiorazione di lire novantacin
que milioni. Assume il ricorrente che la sentenza impugnata ha liquidato
l'incidenza dei postumi sui rapporti interpersonali del Giatti, nella misura di lire novantacinque milioni, oltre al triplo della
pensione sociale, non fornendo adeguata motivazione sui criteri
di congruità, se non la frase generica che detta liquidazione ap
pariva conforme a giustizia, mentre detta liquidazione è insuffi
ciente a risarcire il danno biologico comprensivo di quello alla
vita di relazione. Secondo il ricorrente detta liquidazione è in
grave discrasia con le premesse della riconosciuta gravità delle
lesioni dell'attore.
Nella memoria depositata il ricorrente sostiene che detta in
congruità della somma liquidata emerge anche dal nuovo
orientamento di questa corte in tema di danno non patrimoniale di cui all'art. 2059 c.c.
2.1. - Ritiene questa corte che il motivo è fondato e va accol
to.
Osserva preliminarmente questa corte che nell'evoluzione dei
criteri relativi alla liquidazione del danno, fermo il principio per cui nella liquidazione del danno biologico e di quello morale
occorre far riferimento al criterio equitativo, di cui agli art. 2056
e 1223 c.c. (Cass. 23 gennaio 1996, n. 477, Foro it., Rep. 1996, voce Danni civili, n. 186), nella necessità di rendere effettiva la
valutazione equitativa del danno biologico, il giudice di merito
deve considerare le circostanze del caso concreto, e specifica mente, quali elementi di riferimento pertinenti, la gravità delle
lesioni, gli eventuali postumi permanenti, l'età, l'attività esple tata, le condizioni sociali e familiari del danneggiato.
E un criterio valido di liquidazione equitativa del danno alla
salute quello che assume a parametro il valore medio del punto di invalidità, calcolato sulla media dei precedenti giudiziari; on
de la decisione che ricorre a tale criterio non è di per sé censu
rabile in sede di legittimità, purché sia sorretta da congrua moti
vazione in ordine all'adeguamento del valore medio del punto alla peculiarità del caso, mentre non può essere adottato il crite
rio di cui all'art. 4 1. 39/77 (triplo della pensione sociale), che è norma speciale, attinente solo alla liquidazione del danno patri moniale nell'ambito dell'azione diretta contro l'assicuratore
(Cass. 22 maggio 1998, n. 5134, id., Rep. 1998, voce cit., n. 238; 16 novembre 1998, n. 11532, id., Rep. 1999, voce cit., n. 245; 13 maggio 1995, n. 5271, id., Rep. 1996, voce cit., n. 183; 11 novembre 1996, n. 9835, ibid., n. 188; 14 maggio 1997, n. 4236, id., Rep. 1997, voce cit., n. 225).
2.2. - Tale criterio di liquidazione del danno biologico non
muta, pur a seguito del nuovo orientamento di questa corte sulla
portata dell'art. 2059 c.c., espresso da Cass. 31 maggio 2003, n.
Il Foro Italiano — 2004.
8827 e 31 maggio 2003, n. 8828 (id., 2003, I, 2272), per cui nell'ambito del danno non patrimoniale rientrano anche i casi di
danno da lesione di valori della persona umana costituzional
mente protetti, non potendo il legislatore ordinario rifiutarne la
riparazione mediante indennizzo, che costituisce la forma mi
nima di tutela di tali valori.
Infatti, una volta esattamente ritenuto che il concetto di danno
non patrimoniale, a cui testualmente fa riferimento l'art. 2059
c.c., non si identifichi con la formula tradizionale riduttiva di
danno morale subiettivo (sofferenza o patema d'animo), limita
zione estranea alla lettera della norma, ed una volta ritenuto che
la lettura costituzionalmente orientata della norma comporti che,
per il principio della gerarchia delle fonti, il legislatore ordina rio non possa limitare, ai soli casi previsti dalla normativa ordi
naria, il risarcimento della lesione dei valori della persona uma
na ritenuti inviolabili dalla Costituzione, ne consegue che non vi
è più la necessità di allocare la tutela del danno biologico nel
l'art. 2043 c.c., attraverso la costruzione dell'ipotesi del «dan
no-evento» o del tertium genus di danno rispetto al danno pa trimoniale ed al danno morale subiettivo.
2.3. - Nella struttura della responsabilità aquiliana il danno
sia esso patrimoniale che non patrimoniale non si identifica con
l'evento illecito (che rimane pur sempre una componente del
l'elemento materiale e, in buona sostanza, del fatto illecito) ma
è una conseguenza dello stesso, cioè un pregiudizio (o, se si
vuole, una perdita intesa in senso ampio, cioè come elemento
negativo rispetto alla situazione preesistente patrimoniale o non
patrimoniale) subito dal danneggiato, alla cui riparazione, in ca
so di danno non patrimoniale non si può provvedere che con
criterio equitativo, a norma del combinato disposto degli art.
1226 e 2056 c.c. Ne consegue che, anche a seguito del nuovo inquadramento
della tutela del diritto all'integrità psicofisica della persona umana nell'ambito del combinato disposto degli art. 2059 c.c. e
32 Cost., rimangono validi i principi elaborati da questa corte
per il risarcimento del danno biologico (nonché, ovviamente, di
quello morale) sopra esposti. 3.1. - Sennonché nella fattispecie il giudice di rinvio ha prov
veduto alla liquidazione del danno biologico, recependo il crite
rio di liquidazione di cui all'art. 4 1. 39/77, adottato dal primo
giudice, e poi maggiorandolo di lire novantacinque milioni, ri
tenendo detta maggiorazione «conforme a giustizia». Ritiene questa corte che la motivazione non si sottrae alle
censure mosse.
Infatti, anzitutto, per quanto apparentemente la liquidazione sia fondata sul criterio equitativo, in effetti essa recepisce il si
stema di liquidazione fondato sul triplo della pensione sociale
ed il criterio equitativo interviene solo come correttivo del ri
sultato raggiunto con tale sistema.
Sennonché, come sopra detto, il potere equitativo di liquida zione del danno biologico non può innestarsi, sia pure come
correttivo, su un sistema liquidatorio che ponga a base il criterio
di cui all'art. 4 1. 39/77. 3.2. - In ogni caso il giudice di rinvio non indica sulla base di
quale percorso logico-argomentativo ritenga che sia «conforme
a giustizia» liquidare la somma di lire novantacinque milioni in
aggiunta a quella ottenuta dal calcolo effettuato sulla base del
triplo della pensione sociale.
Nella liquidazione equitativa del danno per evitare che la re
lativa decisione — ancorché fondata su valutazioni discrezionali — sia arbitraria e sottratta a qualsiasi controllo, è necessario che
il giudice indichi, almeno sommariamente e sia pure con l'ela
sticità propria dell'istituto e nell'ambito dell'ampio potere di
screzionale che lo caratterizza, i criteri che egli ha seguito per determinare l'entità del danno (Cass. 3 luglio 1996, n. 6082, id.,
Rep. 1996, voce cit., n. 197; 9 maggio 2001, n. 6426, id., Rep. 2001, voce cit., n. 232).
Tanto non è avvenuto nella fattispecie, essendosi il giudice di
rinvio limitato a ritenere apoditticamente conforme a giustizia l'aumento della somma liquidata in lire 132.628.400 (in moneta
attuale) dal primo giudice a titolo di risarcimento del danno
biologico, di ulteriori lire novantacinque milioni. Né il solo riferimento ai gravissimi postumi dell'attore, ri
dotto a vivere su una sedia ortopedica, con incontinenza degli sfinteri, impotenza funzionale e sessuale, di per sé è esaustivo
della motivazione della liquidazione equitativa. Detti postumi costituiscono solo l'evento dannoso posto a
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1063 PARTE PRIMA 1064
monte della liquidazione, mentre la somma di lire novantacin
que milioni costituisce il risultato della liquidazione: quale sia il percorso argomentativo seguito dal giudice per giungere dal
primo elemento al secondo non risulta enunciato.
Ne consegue che il primo motivo di ricorso vada accolto.
Ciò comporta l'assorbimento del secondo e del terzo motivo
di ricorso, attinenti alle spese processuali. Va pertanto cassata l'impugnata sentenza, in relazione al mo
tivo accolto, con rinvio, anche per le spese del giudizio di cas
sazione, ad altra sezione della Corte d'appello di Bologna.
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; ordinanza 3 febbraio 2004, n. 1994; Pres. Delli Priscoli, Rei. Graziadei, P.M. Uccella (conci, conf.); M. (Avv. Grassi) c. A. (Avv. Sinisi). Regolamento di giurisdizione.
Giurisdizione civile — Domanda di separazione personale —
Coniugi stranieri — Matrimonio celebrato all'estero —
Convenuto residente o domiciliato all'estero — Attore re
sidente in Italia — Giurisdizione italiana (Cod. proc. civ., art. 18; 1. 21 giugno 1971 n. 804, ratifica ed esecuzione della
convenzione concernente la competenza giurisdizionale e
l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale e
protocollo, firmati a Bruxelles il 27 settembre 1968: conven
zione, art. 1; 1. 31 maggio 1995 n. 218, riforma del sistema
italiano di diritto internazionale privato, art. 3, 32).
La domanda di separazione personale, quando nessuno dei co
niugi sia cittadino italiano ed il matrimonio non sia stato ce
lebrato in Italia, è devoluta alla cognizione del giudice italia
no, non solo se il convenuto sia residente o domiciliato in
Italia, ma, in difetto di tale situazione, anche se la parte attri
ce abbia la residenza in Italia. (1)
La corte, a sezioni unite, considerato che A.L.A., unita in
matrimonio a J.F.M. con atto celebrato il 20 ottobre 1989 nello
Stato di New York, ha promosso davanti al Tribunale di Napoli
giudizio di separazione personale, mediante ricorso depositato il
30 gennaio 2002 e notificato al marito F8 marzo successivo, chiedendo anche l'addebito della separazione stessa al conve
nuto, l'affidamento delle tre figlie minori, l'attribuzione di un
emolumento mensile di euro 3.098, nonché l'assegnazione della casa coniugale in Pozzuoli (condotta in locazione);
che il M. ha eccepito il difetto di giurisdizione del giudice italiano, e poi ha riproposto la tesi con ricorso per regolamento
preventivo notificato il 17 settembre 2002, premettendo di esse
re, al pari della moglie, cittadino statunitense ed irlandese, e de
ducendo che il centro dei loro interessi è sempre rimasto a New
(1) Negli stessi termini, con riferimento ad una domanda di separa zione personale, v. Cass. 27 novembre 1998, n. 12056, Foro it., Rep. 1999, voce Giurisdizione civile, n. 52, citata in motivazione.
La decisione in rassegna invoca anche a sostegno della conclusione
raggiunta Cass. 11 febbraio 2003, n. 2060, id., Mass., 195, la quale, tuttavia, non si confronta con l'esegesi dell'art. 3, 2° comma, ultimo
periodo, 1. 218/95, per l'assorbente ragione che il processo nel quale la
questione di giurisdizione era stata sollevata (giudizio risarcitorio fon dato su responsabilità extracontrattuale e contrattuale in relazione a contratto di trasporto gratuito) verteva su materia inclusa nell'ambito della convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968.
Per l'affermazione, in generale, che lo straniero privo di residenza o domicilio nel territorio della repubblica può essere convenuto innanzi al giudice italiano, qualora in Italia risieda l'attore, v. Cass. 12 settem bre 1997, n. 9033 (id., 1998, I, 2526, con nota di richiami ove si dà conto della contraria opinione della dottrina prevalente; alle citazioni i vi indicate, adde Broggini, Commento all'art. 3, in Nuove leggi civ., 1996, 910), che si colloca nel solco di Cass. 9 dicembre 1996, n. 10954. Foro it., Rep. 1997, voce cit., n. 41. [G. De Marzo]
Il Foro Italiano — 2004.
York, ove dispongono di un appartamento, mentre in Italia, co
me in precedenza in altri paesi, hanno avuto solo precaria dimo
ra, per ragioni di lavoro, e che di conseguenza manca ogni col
legamento giustificativo della giurisdizione italiana;
che l'A. ha replicato con controricorso, sostenendo la giu risdizione del giudice italiano;
che il procuratore generale, concludendo per il rigetto dell'i
stanza di regolamento, ha osservato che le risultanze di causa e
le circostanze pacifiche fra le parti evidenziano la presenza in
Pozzuoli al tempo della domanda di una residenza di fatto, ove
si è svolta la vita familiare dei coniugi, fino all'allontanamento
del marito, con inserimento delle figlie in scuole italiane; che per la decisione sul ricorso è stata fissata l'odierna came
ra di consiglio, ai sensi dell'art. 375, 1° comma, n. 5 (nuovo te
sto), c.p.c.; che il M. ha depositato memoria; che la domanda di separazione personale, quando nessuno dei
coniugi sia cittadino italiano ed il matrimonio non sia stato ce
lebrato in Italia, è devoluta alla cognizione del giudice italiano, nella disciplina dell'art. 3 1. 31 maggio 1995 n. 218, in relazione
al successivo art. 32, non solo se il convenuto sia residente o
domiciliato in Italia (1° comma), ma, in difetto di tale situazio ne, anche se la parte attrice abbia residenza in Italia, tenendosi
conto che l'ultima parte del 2° comma di detto art. 3, rendendo
operanti ai fini della giurisdizione pure i criteri stabiliti per la competenza territoriale, con riguardo alle controversie non sog
gette alla convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968 (resa esecutiva con 1. 21 giugno 1971 n. 804), comporta l'applicabi lità dell'art. 18, 2° comma, c.p.c. sul foro della residenza del
l'attore, ove il convenuto non abbia residenza o domicilio in
Italia (v. Cass., sez. un., 27 novembre 1998, n. 12056, Foro it.,
Rep. 1999, voce Giurisdizione civile, n. 52, e 11 febbraio 2003, n. 2060, id., Mass., 195);
che il M. e l'A. concordano nel riferire che la loro permanen za in Italia, con il godimento da parte dell'intero nucleo familia
re dell'alloggio in Pozzuoli, è durata circa due anni e sei mesi, e
che, dopo la cessazione della convivenza il 22 gennaio 2002,
quando il M. è ritornato negli Stati uniti portando con sé le tre
figlie, l'A. ha conservato detta sistemazione abitativa, ottenendo
il rientro in Italia della prole in forza di provvedimento adottato
dall'autorità giudiziaria di New York a norma della convenzio
ne dell'Aja sulla sottrazione internazionale dei minori; che gli indicati elementi portano a ritenere che la moglie, al
l'epoca della domanda di separazione, per scelta volontaria e
duratura, collocava in Pozzuoli e nella casa coniugale il centro
delle proprie esigenze, abitudini e relazioni di vita, e, quindi, aveva in Italia una residenza di fatto, nel concorso dell'oggetti vo perdurare della predetta situazione, con durata e modalità di
verse dal mero soggiorno precario e temporaneo, e dell'intento
di attribuirle stabilità, quale sede del residuo nucleo familiare
(v. Cass. 6 luglio 1983, n. 4525, id., Rep. 1983, voce Domicilio, n. 2, e 25 febbraio 1995, n. 2143, id., Rep. 1995, voce Notifica zione civile, n. 17);
che, pertanto, i rilievi del M., ancorché condivisibili nella
parte in cui contestano l'ubicazione in Italia della sua effettiva
residenza al momento dell'iniziativa giudiziale della moglie, sotto il profilo dell'anteriore verificarsi della crisi del rapporto
coniugale e del suo ritorno negli Stati uniti (v. Cass. 26 giugno 1992, n. 8019, id., Rep. 1993, voce Separazione dì coniugi, n.
19), non valgono ad escludere la giurisdizione del giudice ita
liano, in ragione della collocazione in Pozzuoli della residenza
di fatto dell'A. e della consequenziale applicabilità del menzio
nato criterio di collegamento di cui al 2° comma dell'art. 3 1. n.
218 del 1995 (in relazione all'art. 18, 2° comma, c.p.c.); che, in conclusione, si deve respingere il ricorso ed affermare
la giurisdizione del giudice italiano.
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