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Sezione III civile; sentenza 20 ottobre 1964, n. 2630; Pres. Pellettieri P., Est. La Farina, P. M....

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Page 1: Sezione III civile; sentenza 20 ottobre 1964, n. 2630; Pres. Pellettieri P., Est. La Farina, P. M. Gedda (concl. conf.); Azienda comm. e ind. municipalizzata farmacie comunali riunite

Sezione III civile; sentenza 20 ottobre 1964, n. 2630; Pres. Pellettieri P., Est. La Farina, P. M.Gedda (concl. conf.); Azienda comm. e ind. municipalizzata farmacie comunali riunite di ReggioEmilia (Avv. Fresa, Spadoni) c. Morelli (Avv. Bonasi Benucci)Source: Il Foro Italiano, Vol. 88, No. 4 (1965), pp. 661/662-665/666Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23154902 .

Accessed: 28/06/2014 17:42

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661 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 662

La Corte, ecc. — Con i due mezzi, da esaminare con

giuntamente per essere fra loro collegati, si lamenta vio lazione degli art. 10 del decreto 14 aprile 1939 n. 636 e

360, n. 5, cod. proc. civ. per non avere la corte del merito dato un giudizio complessivo del quadro patologico denun

ciato, obliterando che il computo delle varie lesioni « non va fatto aritmeticamente, ma geometricamente », e per non aver considerato clie i disturbi posteriori si ricolle

gavano alle infermità preesistenti e ne costituivano una fatale evoluzione.

Le censure non hanno consistenza. Come è noto, in tema di assicurazione obbligatoria contro l'invalidità, nel caso in cui l'assicurato risulti affetto da più infermità,

per determinare la misura della riduzione della capacità di

guadagno da lui subita, non può procedersi a una mera somma delle percentuali di invalidità relative a ciascuna

delle infermità riscontrate, ma deve compiersi una valu

tazione complessiva dello stato invalidante, con riferi

mento alla sua incidenza sull'attività in precedenza svolta

dall'assicurato e su ogni altra attività, a cui egli, per l'età,

l'intelligenza, la capacità e l'esperienza, potrebbe adat

tarsi, senza esporre ad ulteriore danno la propria salute

(Cass. 16 maggio 1963, n. 1221, Foro it., Kep. 1963, voce

Previdenza sociale, n. 330). A tale principio si è, nella specie, puntualmente uni

formata la corte del merito, la quale, ricbiamati i certi

ficati medici in atti e gli accertamenti tecnici compiuti nella fase amministrativa, secondo cui il soggetto era affetto

da modeste note di bronchite e segni ecografici di iper trofia ventricolare sinistra, senza segni di danno cardiaco, nè di insufficienza coronaria, ne ha desunto, attraverso

un giudizio complessivo ed attendibile, che il Viola non

poteva ritenersi invalido nella misura stabilita per avere

diritto a pensione. Ed ha confutato le contrarie conclusioni, cui era giunto il consulente tecnico d'appello, che aveva

tenuto presente lo stato invalidante anche in rapporto al

l'aggravamento successivo alla fase amministrativa e messo

in evidenza nel corso del procedimento contenzioso, avendo

l'assicurato subito ulteriori infortuni in miniera, per inala

zione di S02. Del proprio convincimento i giudici di appello hanno

dato congrua e corretta giustificazione, che consente di

il grado d'invalidità richiesto sia comunque emerso nel procedi mento amministrativo : v. Cass. 3 marzo 1959, n. 608, id., Kep. 1959, voce cit., nn. 361-363, ove si rileva che, nell'ipotesi, il diritto alla pensione può farsi decorrere dal primo giorno del mese successivo rispetto al tempo in cui, nel procedimento in

questione, è emerso il grado d'invalidità rilevante ; App. Brescia 7 maggio 1958, id., Rep. 1958, voce cit., n. 315 ; App. Lecce 29 gennaio 1958, ibid., n. 319 ; App. Lecce 13 gennaio 1958, ibid., n. 318 ; Cass. 11 ottobre 1957, n. 3755, id., Rep. 1957, voce cit., nn. 632, 633 ; App. Messina 4 settembre 1957, id.,

Rep. 1958, voce cit., n. 345 ; Trib. Ragusa 27 luglio 1957, ibid., n. 375 ; App. Brescia 5 giugno 1957, ibid., n. 321, ove si riaf

ferma, per la decorrenza della pensione nell'ipotesi, quanto ri badito nella sentenza della Cassazione n. 608 del 1959 ; Trib. Cosenza 26 giugno 1956, id., Rep. 1956, voce cit., n. 396 ; App. Caltanissetta 21 giugno 1956, ibid., nn. 393-395 ; Trib. Brindisi 14 giugno 1956, ibid., nn. 404-406 ; Cass. 24 marzo 1956, n. 853, ibid., nn. 391, 392 ; Trib. Ragusa 23 febbraio 1956, ibid., n. 381.

In dottrina v. gli scritti di Tabdtjcci, in Sicurezza soc., 1959, 48 e di Richard, in Riv. dir. lav., 1960, II, 125.

La sentenza riportata appare alquanto contraddittoria sul punto, affermandosi in un primo momento che deve aversi

riguardo alla situazione esistente al momento della domanda amministrativa e soggiungendosi poi che non può tenersi conto di aggravamenti emersi in epoca successiva rispetto alla chiusura del procedimento amministrativo, per quanto la scelta tra l'una o l'altra soluzione sia di rilevanti implicazioni, special mente sul punto della decorrenza della pensione.

Sulla questione dei rapporti tra il procedimento ammini

strativo e quello giudiziario per quanto attiene alle infermità deducibili nel secondo, v. in generale Cass. 2 aprile 1964, n. 707, Foro it., 1904, I, 1539 ; 9 gennaio 1964 n. 31, ibid., 792, con ampie note di richiami ; il problema affrontato dalla Cassazione nella

presente sentenza costituisce un profilo particolare della più

generale questione.

controllare l'iter logico seguito per giungere alla soluzione

adottata. Con giudizio di fatto, insindacabile in questa sede, la corte nissena, ha, invero, ritenuto lieve l'entità

del male, con esatto riferimento alla sola fase ammini

strativa, sul riflesso che pur sommate e, quindi, comples sivamente valutate l'artrosi lombare e l'affezione bron

chiale, era da escludere l'invalidità del Viola, « non pre sentando l'artrosi una gravità tale, da limitare in modo

efficiente e permanente i movimenti dell'assicurato».

Non poteva tenersi conto dell'aggravamento posteriore

quale pretesa « evoluzione fatale del male », una volta

accertato che la causa determinante dei più gravi disturbi

non era identificabile o sussumibile nel quadro patologico

originario, essendo essa di alcuni anni successiva.

Questo Supremo collegio ha più volte affermato, e

anche di recente ribadito, che l'esistenza del grado di meno

mazione della capacità lavorativa, stabilito dalla legge

per il riconoscimento della pensione di invalidità, deve

riferirsi alla situazione in atto al momento della presen tazione della domanda in via amministrativa, cioè al mo

mento da cui dovrebbe decorrere la corresponsione della

pensione. Con l'ulteriore precisazione che non deve tenersi

alcun conto degli aggravamenti sopravvenuti, dopo la

chiusura del procedimento amministrativo, dell'infermità

da cui l'assicurato sia affetto, in quanto tali aggravamenti

possono eventualmente giustificare soltanto la presenta zione di una nuova domanda di pensione ai competenti

organi dell'istituto assicuratore (fra le più recenti, sen

tenze n. 1980 del 1961, Foro it., Rep. 1961, voce Pre

videnza sociale, n. 313; n. 2585 del 1963, id., Rep. 1963, voce

cit., nn. 280-282). A tale insegnamento si è pure espressamente richia

mata la corte del merito, la quale a conclusione della sua

motivazione ha, appunto, osservato che « le nuove e più

gravi infermità potranno soltanto costituire base per una

nuova domanda di pensione, suscettibile, se contestata, di ulteriore sviluppo contenzioso in altro autonomo giu dizio ».

Il diverso assunto difensivo, trova precisa smentita

nel giudizio di fatto, ineccepibilmente condotto dai giu dici di appello ed è, comunque, incompatibile con la costru

zione logico-giuridica della sentenza impugnata, chiara

nel senso che l'aggravamento si ricollega alle ulteriori

inalazioni di S02, avvenute in epoca posteriore agli accer

tamenti nella competente fase amministrativa.

E, come è ovvio, codesto giudizio di fatto, corretta

mente motivato, non può essere contestato in questa sede

di legittimità, come pretenderebbe di fare il ricorrente,

specie nel secondo mezzo di ricorso. Pertanto il ricorso

va respinto. Per questi motivi, ecc.

Gk Pera

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezione III civile ; sentenza 20 ottobre 1964, n. 2630 ; Pres. Pellettieri P.. Est. La Farina, P. M. Gedda

(conci, conf.) ; Azienda comm. e ind. municipalizzata farmacie comunali riunite di Reggio Emilia (Avv. Presa,

Spadoni) c. Morelli (Avv. Bonasi Benucci).

(Conferma App. Bologna 9 dicembre 1961)

Farmacia — Rinuncia del titolare — Conferimento

di direzione — Decreto prefettizio — Interpreta zione — Poteri dei giudice ordinario — Limiti

(E. d. 27 luglio 1934 n. 1265, t. u. delle leggi sanitarie, art. 113 ; r. d. 30 settembre 1938 n. 1706, approva zione del regolamento per il servizio farmaceutico, art. 61).

Farmacia — Rinuncia del titolare non seguita da

pronuncia di decadenza — Gestione provvisoria autorizzata dal prefetto —- Legittimità (R. d. 30

settembre 1938 n. 1706, art. 61).

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663 PARTE Prima 664

Nel decreto prefettizio che, in seguito alla rinuncia del tito

lare dell'esercizio, attribuisce la direzione della farmacia a

persona diversa dal rinunciante o dai suoi eredi, il giudice

può ravvisare il conferimento in via provvisoria della

titolarità della farmacia stessa ove, dall'esame del compor tamento delle parti, tale risulti essere stata l'intenzione

del prefetto. (1)

Qualora il titolare della farmacia abbia rinunciato all'eser

cizio, il prefetto può affidarne la gestione provvisoria a

persona diversa da quelle menzionate nel 2° comma del

l'art. 61 del r. decreto 30 settembre 1938 n. 1706, ancorché

non sia stata pronunciata la decadenza del rinunciante. (2)

La Corte, ecc. — Con l'unico motivo del ricorso, la

azienda deduce la violazione dell'art. 113, 1° comma, lett.

c) del t. u. 1934 delle leggi sanitarie (r. decreto 27 luglio 1934 n. 1265), in relazione all'art. 61 del regolamento per il servizio farmaceutico (r. decreto 30 settembre 1938 n. 1706) e difetto di motivazione. Sostiene, a questo riguardo, clie,

per i testi legislativi predetti, la scelta tra chiusura ed

esercizio provvisorio della farmacia si pone nei casi di morte

(caso che non interessa nella specie) o di decadenza del ti

tolare. Ora, al momento dell'emanazione del decreto pre fettizio non si sarebbe potuto parlare di decadenza in quanto la rinuncia del titolare non importerebbe una decadenza

ipso iure, ma richiederebbe un'apposita declaratoria da

parte dell'autorità amministrativa, declaratoria che nella

fattispecie non era intervenuta. Il provvedimento del pre fetto avrebbe, quindi, comportato (poco rilevando se le

gittimamente o no) un semplice conferimento della dire zione della farmacia in conformità del testuale tenore del

decreto stesso. Il Morelli, pertanto, continuando ad essere

titolare dell'esercizio, sarebbe rimasto responsabile per le

obbligazioni assunte ai fini della gestione del medesimo. Il motivo è infondato. La ricorrente pone un'esatta

premessa legislativa nel senso che, a norma dell'art. 113

del t. u. delle leggi sanitarie in tutti i casi previsti dalle

lettere a)-g) dell'articolo predetto, e, quindi, anche in quello

contemplato dalla lettera c) (volontaria rinunzia dell'in

teressato) la decadenza del titolare della farmacia è pro nunciata con decreto del prefetto, sentito il consiglio pro vinciale di sanità ; soltanto nel caso previsto dalla lettera

(1-2) Nei precisi termini delie massime non si rinvengono precedenti.

In generale, nel senso che anche per gli atti amministrativi vale la regola secondo la quale, nella loro interpretazione bi sogna indagare l'intenzione delle parti, o in genere dell'organo amministrativo autore dell'atto, e non limitarsi al senso letterale delle parole, interpretando inoltre le singole clausole le une per mezzo delle altre, onde attribuire a ciascuna di esse il significato che risulta dal complesso dell'atto, cons. Cass. 13 maggio 1964, n. 1142, Foro it., Hep. 1964, voce Atto amministrativo, n. 75.

Nel senso che il giudice ordinario può dare al provvedimento amministrativo un significato diverso da quello attribuito dalla pubblica amministrazione giacché ciò non equivale all'annulla mento del provvedimento medesimo, vietato al giudice ordinario, cons. Cass. 23 gennaio 1956, n. 203, id., Rep. 1956, voce Compe tenza ci»., n. 123, citata nella presente.

Circa l'applicabilità agli atti amministrativi dei criteri di interpretazione dei contratti, cons, in motivazione Cass. 25 lu glio 1964, n. 2061, retro, 552 ; 20 gennaio 1964, n, 128, Foro it., Hep. 1964, voce Atto amministrativo, n. 72 ; 11 ottobre 1963 n. 2711, id., 1964, I, 72; 29 luglio ; 963, n. 2150, id., Rep. 1963, voce cit., n. 60, entrambe richiamate nel testo.

Nel senso che non si incorre ipso iure nella decadenza con templata dall'art. 113 t. u. leggi sanitarie, ma occorre la proce dura dell'art. 17 regol. 13 luglio 1914 n. 829 e dell'art. 60, 1° comma, regol. 30 settembre 1938 ri. 1706, cons. Min. sanità 16 marzo 1963, id., Rep. 1963, voce Farmacia, n. 91.

Per qualche riferimento, Cons. Stato, Sez. IV. 15 novembre 1961, n. 580, id., 1961, III, 225, con nota di richiami, secondo cui l'autorizzazione provvisoria all'apertura di farmacia rientra, a seguito dell'entrata in vigore della legge 13 marzo 1958 n. 296, nella competenza del medico provinciale, e, ai sensi del r. decreto 27 luglio 1934 n. 1265, può essere accordata soltanto nella ipo tesi in cui dalla interruzione o dalla sospensione di una farmacia già in esercizio sia derivato o possa derivare nocumento all'as sistenza farmaceutica locale.

b) (morte dell'autorizzato) la decadenza dell'autorizzazione

all'esercizio si verifica ipso iure. Tale concetto è ribadito dall'art. 61 del regolamento farmaceutico del 1938, il quale stabilisce, tra l'altro (1° comma), che nei casi di cui alla lett. e), ecc. del predetto art. 113, il prefetto pronuncia, sentito il consiglio provinciale di sanità, la decadenza

stessa, e notifica agli interessati il ìelativo provvedimento ;

aggiungendo il predetto art. 61 (2° comma) che nei casi delle lett. c) e 6) il prefetto, qualora la farmacia non debba essere chiusa, autorizza all'esercizio provvisorio il titolare rinunciatario e gli eredi, fino al conferimento della farmacia stessa.

Ora, dallo stesso testo del decreto del prefetto di Seggio Emilia (del seguente tenore : «Omissis. In attesa che venga pronunciata la decadenza dell'autorizzazione dell'esercizio farmaceutico in parola, ai sensi del combinato disposto del l'ult. comma dell'art. 113 del vigente t. u. delle leggi sa nitarie e dell'art. 61 del regolamento per il servizio farma ceutico approvato con r. decreto 30 settembre 1938 n.

1706, viene autorizzata, in via temporanea, ad assumere la direzione della farmacia medesima la farmacista dott. Cristina Cerchi, domiciliata in questo capoluogo, via Al

legri 3, iscritta all'albo professionale dei farmacisti di questa provincia, che ha presentato istanza a questo prefetto per essere incaricata dell'esercizio provvisorio della predetta farmacia ») risulta che l'autorizzazione emanata a seguito della dichiarazione di rinuncia del dott. Morelli non era stata preceduta dalla pronuncia di decadenza. Tuttavia, inesattamente la ricorrente da tale circostanza pretende desumere, attraverso un ragionamento non rettilineo, che la sentenza impugnata avrebbe violato o falsamente in

terpretato le predette disposizioni della legislazione farma

ceutica, e che, conseguentemente, sarebbe pervenuta ad una erronea interpretazione del decreto prefettizio, travi sando la natura, gli scopi e gli effetti dello stesso.

Nel processo di interpretazione dell'atto amministra tivo (su cui v. infra), il canone ermeneutico, se pure possa ritenersi sussistere, di una aprioristica presunzione di con formità dell'atto stesso alle prescrizioni di legge, specie per quanto attiene ai presupposti di legittimità della sua

emanazione, ha una portata e un peso del tutto sussidiarii non potendo esso assumere un valore decisivo qualora altri elementi siano idonei a dimostrare che, pur in mancanza di quei presupposti, la pubblica amministrazione abbia voluto esercitare un determinato potere e raggiungere un correlativo risultato specifico nel campo pratico e giu ridico. Ciò bene ha avvertito l'impugnata sentenza, quando ha rilevato che l'essere stata preposta alla farmacia per sona diversa da quelle specificatamente previste dall'art. 61, 2° comma, predetto (per cui l'esercizio provvisorio può essere conferito soltanto al titolare rinunciatario o ai suoi eredi) poteva soltanto costituire vizio di legittimità dell'atto, che, tuttavia, non era stato fatto valere nelle sedi e nei modi

appropriati, e che, comunque, non poteva incidere sul l'efficacia del provvedimento specie per i riflessi privati stici di cui si discute nel presente processo, ove, comunque, risultasse dimostrato che il prefetto aveva voluto conferire la titolarità provvisoria, e non la semplice direzione alla dott. Cerchi. Analoghe considerazioni possono, senz'altro, essere adottate per l'ulteriore vizio di legittimità (difetto di previa formale declaratoria di decadenza) denunciato in questa sede, vizio che non risulta sia stato fatto in alcun modo valere nelle sedi e nelle forme opportune, e che, co

munque non avrebbe potuto togliere all'atto l'efficacia di attribuire alla dott. Cerchi la qualità di titolare dell'eser cizio provvisorio e non quella di semplice direttrice, qua lora questa fosse stata l'effettiva intenzione della pubblica amministrazione.

Il problema si riduce, quindi, in ogni caso, ad accer tare se, attraverso un logico e congruo processo interpre tativo, la corte di merito sia pervenuta ad una plausibile interpretazione della volontà della pubblica amministra zione, obiettivata nel decreto prefettizio del 28 aprile 1950.

A questo riguardo, è appena necessario ricordare che

l'interpretazione degli atti amministrativi non esula dalla giurisdizione del giudice ordinario, non involgendo alcun

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665 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 666

l

apprezzamento sull'esercizio del potere discrezionale della

pubblica amministrazione ma consistendo semplicemente nella ricostruzione della volontà della pubblica ammini strazione stessa ; ne può avere rilevanza il fatto che il

giudice possa dare al provvedimento amministrativo un

significato diverso da quello eventualmente attribuitogli dalla stessa pubblica amministrazione, che l'ha emanato,

giacché ciò non può equivalere, in alcun modo, all'annulla mento dell'atto amministrativo vietato al giudice ordi nario (cfr. Cass. 23 gennaio 1956, n. 203, Foro it., Kep. 1956, voce Competenza ci»., n. 123).

Pertanto, tribunale e corte d'appello non hanno vio lato alcuna norma giuridica, quando hanno interpretato il decreto 28 aprile 1950 in modo difforme da quello che

poteva apparire prima facie il senso letterale delle parole, quando, cioè, hanno interpretato il decreto prefettizio, che letteralmente attribuiva « un incarico di direzione » nel senso che sostanzialmente, tale decreto avesse autoriz zato la dott. Cerchi « all'esercizio provvisorio ».

E, inoltre, ius receptum che le norme di interpretazione dei contratti, per il loro carattere generale, sono applica bili anche nell'interpretazione degli atti unilaterali, e perciò anche in quella degli atti amministrativi, pure con le dovute

differenze, inerenti alla circostanza che questi ultimi sono manifestazioni e mezzi di esercizio di un potere rivolto al

perseguimento di pubblici interessi (da ultimo, Cass. 11 otto bre 1963, n. 271, Foro it., 1964, I, 72). Deve, in conseguenza, tra gli altri canoni ermeneutici, trovare applicazione l'art.

1362_cod. civ. per cui il senso letterale delle parole non è suf ficiente per una esatta interpretazione del negozio, ma occorre

indagare quale sia stata la comune intenzione delle parti (nel caso di atto amministrativo, l'intenzione dell'autore

dell'atto) ; per determinare la quale si deve valutare il

comportamento, anche posteriore delle parti stesse. Nella

specie, rettamente, quindi, la corte di Bologna ha affer mato che il comportamento delle parti era sintomatico e decisivo per dedurne che il prefetto di Reggio Emilia,

pur menzionando con il decreto più volte ricordato una direzione provvisoria, sostanzialmente avesse voluto attri buire alla dott. Cerchi l'« esercizio provvisorio », e, con

seguentemente, in via provvisoria, anche la titolarità della farmacia.

Infatti, come è stato riconosciuto, in sede di interro

gatorio, dallo stesso presidente dell'azienda la dott. Cerchi, conformemente al decreto autorizzativo della prefettura, aveva gestito la farmacia come vera ed effettiva tito

lare, mentre il Morelli era impedito per malattia ; la

dott. Cerchi faceva le ordinazioni a proprio nome ed effet tuava direttamente i pagamenti, in sostanza era lei a ge stire la farmacia. Sottolinea, poi, la corte di merito che le P.c.r. erano perfettamente a conoscenza di tale situa

zione, sia perchè la Cerchi era una loro dipendente, e tale era rimasta anche durante il periodo 1950-1955, conti nuando ad esercitare le funzioni contemporaneamente di direttrice della farmacia comunale di Reggio Emilia, sia

perchè le F.c.r. non avevano mai cessato di occuparsi della farmacia « Due Maestà », che viveva nella loro sfera d'in fluenza ; sicché era evidente che la domanda della Cerchi alla prefettura era stata fatta a saputa delle P.c.r. se non addirittura per suggerimento della stessa azienda.

Deve aggiungersi che la corte di merito, nel complesso di elementi presi in esame, non ha trascurato l'elemento

interpretativo che poteva desumersi dallo specifico ri

chiamo, nel testo del provvedimento prefettizio, alle norme di legge che conferiscono alla pubblica amministrazione il potere di autorizzare la gestione provvisoria (anche se, come si è accennato, potessero ritenersi difettanti uno o più dei presupposti legali per tale autorizzazione, cioè per l'esercizio legittimo di quel particolare potere). D'altra

parte, può rilevarsi che, nell'« ampio ambito di poteri discrezionali che il t. u. del 1934 (art. 129, 1° comma :

« In caso di sospensione o di interruzione di un servizio

farmaceutico, dipendenti da qualsiasi causa, e dalle quali sia derivato o possa derivare nocumento all'assistenza

farmaceutica, il prefetto adotta i provvedimenti di ur

genza per assicurare tale assistenza ») attribuisce al pre

fetto per evitare il nocumento clie alla collettività potrebbe derivare dalla sospensione od interruzione di un servizio

farmaceutico, si profila come legittima l'eventualità, che, in caso di volontaria rinuncia dell'autorizzato, il prefetto possa autorizzare una « gestione » e non una semplice di rezione provvisoria, nominando gestore persona diversa da quelle previste dall'art. 61, 2° comma, del regolamento, e ancorché non sia stata ancora pronunciata la decadenza della rinunciante (ciò restando salvo ogni problema atti nente alla definizione, nei rapporti interni tra titolare non ancora dichiarato formalmente decaduto e gestore provvisorio, delle situazioni patrimoniali derivanti dal l'attività del gestore stesso).

In altri termini il partico are potere dispositivo pre visto dall'art. 61, può, in linea generale, rimanere assor bito e potrebbe essere stato assorbito, nella specie, nell'eser cizio del più ampio e più discrezionale potere di urgenza concesso dal sopracitato art. 129.

Concludendo, l'interpretazione del decreto prefettizio e la conseguente determinazione della sua portata e dei suoi effetti sono stati condotti dalla corte di Bologna con la osservanza delle norme di ermeneutica legale, attraverso una motivazione persuasiva, non viziata da errori logici e

giuridici ; esse, quindi, sfuggono al controllo di questa Suprema corte, giacché l'interpretazione dei provvedi menti amministrativi da parte del giudice di merito costi tuisce una valutazione di fatto, che è sottratta al controllo della Suprema corte, ogni qual volta sia immune da vizi

logici e giuridici, e, ogni qual volta, in particolare, sia immune dalla violazione di quelle norme giuridiche che,

disposte dal legislatore per l'interpretazione dei contratti in genere, ben possono estendersi all'interpretazione degli atti e dei provvedimenti unilaterali, e di quelli ammini strativi in particolare (da ultimo, Cass. 29 luglio 1963, n. 2150, Foro if., Rep. 1963, voce Atto amministrativo, n. 60).

Per questi motivi, rigetta, ecc.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezioni unite civili ; sentenza 19 ottobre 1964, n. 2622 ; Pres. Tavolaro P. P., Est. Giannattasio, P. M. Cei scuoli (conci, conf.) ; Opera laica privata Segapeli (Avv. De Martini, Gambuli) c. Giglio (Avv. Rasponi, Magrone).

(Cassa App. Perugia 13 giugno 1962)

Persona <|iuridica — Fondazione (li diritto privato — Deliberazione — Inefficacia — Poteri «lei <|iu dice ordinario — Fattispecie (Cod. civ., art. 16, 25).

Persona jfiuridica — Fondazione di diritto privato Deliberazione Inefficacia — Condizioni (Cod.

civ., art. 16, 25).

Non esorbita dai limiti della giurisdizione ordinaria il giudice che dichiara inefficace la delibera con la quale una fon dazione di diritto privato, in difetto dell'autorizzazione

governativa, eleva il limite di età richiesto dallo statuto

per l'assegnazione della borsa di studio annualmente messa a concorso per volontà del fondatore. (1)

Il giudice non può dichiarare inefficace, per mancanza del

l'autorizzazione governativa, la deliberazione con la quale una fondazione di diritto privato eleva il limite di età ri

chiesto dallo statuto per l'assegnazione della borsa di studio

annualmente messa a concorso per volontà del fondatore, ove non accerti che la innovazione introdotta dagli am

ministratori ne abbia modificato l'atto costitutivo. (2)

(1-2) Nei precisi termini della massima non si rinvengono precedenti.

In generale nel senso che gli enti morali sorti in epoca nella

quale non occorreva un formale riconoscimento dello Stato per

Il Foro Italiano — Volume LXXXV111 — Parte I-44.

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