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Sezione III civile; sentenza 20 ottobre 1964, n. 2633; Pres. Pellettieri P., Est. Bartolomei, P. M.Gedda (concl. conf.); Min. interno (Avv. dello Stato G. Santoro-Passarelli) c. Leoni (Avv. Mereu,Bellu)Source: Il Foro Italiano, Vol. 87, No. 11 (1964), pp. 2089/2090-2093/2094Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23155130 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
cazione dell'affermazione della inderogabilità del quorum costitutivo delle assemblee ordinarie, in seconda convoca
zione, ed esattamente, a giudizio di questo collegio, ha
dato risposta affermativa a tale quesito.
Questa Suprema corte ha già avuto occasione di enun
ciare il principio, secondo cui la volontà dei soci può ri
cevere limiti se la norma statutaria più rigorosa di quella del codice turbi il normale svolgimento delle attività so
ciali (Cass. 1° dicembre 1959, n. 3436, Foro it., 1960, I,
1357, nella motivazione), ed è sulla scorta di tale principio che la sentenza impugnata ha condotto l'argomentazione.
L'assemblea ordinaria, invero, come ha rilevato la
stessa sentenza impugnata, è l'organo destinato, secondo la
previsione legislativa, al normale funzionamento della vita
sociale, la cui paralisi è indice di una crisi che tocca la vi
talità stessa dell'ente. All'assemblea ordinaria, infatti, è
attribuito il compito precipuo di approvare il bilancio, che
è l'atto fondamentale della gestione sociale, non solo in
quanto dà luogo alla distribuzione degli utili ed all'accer
tamento delle perdite, ma soprattutto in quanto offre ad
ogni interessato, sia socio sia terzo, la possibilità di cono
scere la situazione patrimoniale della società. L'interesse
alla formazione del bilancio è tutelato, in modo specifico, sia dalla norma che ne prevede il deposito entro un termine
fisso (art. 2435), sia, e soprattutto, dalle norme che ne san
zionano la veridicità (art. 2423 segg.). L'essenzialità del funzionamento dell'assemblea ordi
naria trova conferma sia nella norma che ne impone la con
vocazione almeno una volta l'anno (art. 2364, 2° comma),
sia nella norma che prevede, quale specifica causa di scio
glimento della società, l'impossibilità di funzionamento
di tale organo (art. 2448, n. 3). Deve ritenersi da escludere, appunto in relazione alla
essenzialità delle deliberazioni della assemblea ordinaria
nella vita della società, che possa essere lasciata alla auto
nomia dei soci la libera determinazione di minimi di par
tecipazione o di modalità che rendano impossibile il nor
male svolgimento dell'assemblea ordinaria e, attraverso
questo, la minima attività che si richiede per il funziona
mento dell'ente sociale. A questa esigenza essenziale di
funzionamento si deve ritenere che vada sacrificato anche
l'interesse della minoranza, alla cui tutela sarebbe rivolta
la pattuizione limitativa dei requisiti di validità della as
semblea, appunto in quanto deve essere ritenuto premi
nente in tutti i soci, sia di maggioranza sia di minoranza, e
coincidente con l'interesse generale, l'interesse al normale
funzionamento della società.
La sentenza impugnata ha anche perspicuamente ri
levato che, qualora si ammettesse la piena autonomia ne
goziale su tale punto, verrebbe a darsi efficacia a due mani
festazioni di volontà, entrambe contenute nell'atto costi
tutivo, che verrebbero sostanzialmente ad elidersi : da un
lato la determinazione di dar vita all'ente sociale, dall'altro
la fissazione di modalità ostative al funzionamento degli
organi vitali dell'ente medesimo. Nè tale considerazione
contrasta con il rilievo che all'autonomia delle parti è at
tribuito il potere di determinare liberamente le cause di
scioglimento della società (art. 2448, n. 6), giacché la pre
visione di una causa di scioglimento è destinata ad avere
effetto durante il corso del rapporto, mentre la previsione
di una clausola ostativa del funzionamento dell'assemblea
ordinaria viene a rendere inattuabile fin dall'inizio la vita
della società.
Ed infine la stessa sentenza ha tratto ulteriore con
ferma dall'esattezza della tesi accolta dal rilievo che nella
disciplina di alcuni altri tipi di società la derogabilità del
quorum costitutivo delle assemblee ordinarie è espressa
mente prevista (per la società a responsabilità limitata, art.
2436, 1° comma ; per le società cooperative, art. 2532, 4°
comma), sì che appare deducibile che, ove una espressa
norma manchi, si applichi il principio dell'inderogabilità.
Deve essere affermato, quindi, in conformità con la
soluzione accolta dalla sentenza impugnata e dalla preva
lente dottrina, che la norma contenuta nel 3° comma del
l'art. 2369, che prevede la validità della costituzione del
l'assemblea ordinaria della società per azioni qualunque
Il Folto Italiano — Volume LXXXV11 — Parte I-132
sia la parte di capitale rappresentata dai soci intervenuti, è
norma inderogabile e che le pattuizioni contrattuali o le
disposizioni statutarie che richiedono un minimo di parteci
pazione per la valida costituzione di tale assemblea sono
nulle ed inefficaci, sì che l'assemblea delibera validamente
anche ove difetti la presenza dei partecipanti richiesti.
Nel primo motivo di ricorso, peraltro, viene sollevata
una ulteriore e diversa questione ; se, cioè, possa essere
affermata la validità di un'assemblea della quale il socio
assente ritenga, in buona fede, l'invalidità, poiché costi
tuita in contrasto con una disposizione contenuta nello
statuto sociale, regolarmente omologato. A tale riguardo la ricorrente prospetta la tesi subordinata che per la va
lidità dell'assemblea fosse necessaria, quanto meno, la
previa comunicazione od intimazione della circostanza che
l'assemblea sarebbe stata considerata valida pur in difetto
della sua partecipazione, ed afferma che su tale punto, che
sarebbe stato decisivo per la soluzione della controversia, la sentenza impugnata ha omesso di pronunciare.
Va rilevato al contrario che la corte di merito si è pro
posta anche questo quesito e vi ha dato esatta risposta. La
sentenza impugnata ha precisato, infatti, che la nullità
della pattuizione che determina un quorum convenzionale
nelle ipotesi in cui la legge impone un quorum legale indero
gabile, è nullità insanabile, operante ex tunc, per la cui
applicazione non è necessaria alcuna dichiarazione del pre sidente dell'assemblea nè alcuna deliberazione dell'as
semblea stessa.
Non essendo necessaria, nè ipotizzabile, una delibera
zione su tale punto, non può essere ritenuto nè che sussi
stesse l'onere di inclusione dell'argomento nell'ordine del
giorno, ai sensi dell'art. 2366, 1° comma, nè che alla nul
lità potesse essere negata l'efficacia e l'opponibilità al
socio assente, per difetto di comunicazione. La nullità di
una pattuizione per contrarietà a norma imperativa e la
sostituzione di diritto della regola legale alla regola pat tizia sono, infatti, operanti erga omnes, indipendentemente da ogni dichiarazione, sì che l'eventuale buona fede di uno
degli interessati è del tutto priva di rilevanza.
La corte di merito ha anche rilevato che la buona fede
del socio, nei confronti di una pattuizione invalida, avrebbe
potuto avere rilevanza ai sensi e per gli effetti di cui al
l'art. 1338, ma che tale questione non ha formato oggetto di trattazione in questo giudizio.
Sotto entrambi gli aspetti, quindi, il primo motivo di
ricorso si palesa privo di fondamento e va respinto. (Omissis)
Per questi motivi, rigetta, ecc.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
Sezione III civile ; sentenza 20 ottobre 1964, n. 2633 ;
Pres. Pellettieri P., Est. Bartolomei, P. M. Gedda
(conci, conf.) ; Min. interno (Avv. dello Stato G. San
toro-Passarelli) c. Leoni (Avv. Mereu, Bellu).
{•Conferma App. Cagliari 3 novembre 1961)
Prescrizione in materia civile — Condanna penale
generica dei conducente del veicolo investitore
ai danni — Domanda di risarcimento in via civile
contro il proprietario del veicolo — Prescrizione
decennale (Cod. civ., art. 2054, 2947, 2° comma, 2953).
La condanna penale generica ai danni, pronunciata nei con
fronti del solo conducente del veicolo investitore e passata
in giudicato, importa la prescrizione decennale, anziché
biennale, del diritto al risarcimento del danno fatto valere
in via civile contro il proprietario del veicolo. (1)
(1) In senso conforme, vedi Cass. 6 ottobre 1962, n. 2819,
Foro it., 1963,1, 1826, con nota di richiami. Nega l'estensione del
termine decennale al responsabile civile Trib. Napoli 19 feb
braio 1962, id., Rep. 1963, voce Prescrizione civ., n. 120, e in
Dir. e giur., 1963, con nota dissenziente di Mayer. Perviene a
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2091 PARTE PRIMA 2092
La Corte, eoo. — La denunziata sentenza rilevò : a) clie
il sottufficiale di p. s. Pisu, il quale, guidando un camion
della questura di Nuoro, aveva investito la Leoni, era
stato ritenuto, con sentenza penale passata in giudicato,
responsabile del reato di lesioni colpose in danno di costei, ed inoltre genericamente condannato, in favore della stessa
Leoni, costituitasi parte civile, al risarcimento dei danni, da liquidarsi in separata sede ; b) che, essendo stata pronun ciata, dal giudice penale, la condanna generica al risar
cimento dei danni dell'autore del fatto illecito, attinente
alla circolazione stradale, il diritto della vittima alla liqui dazione del quantum debeatur non era più soggetto (come
prima che intervenisse il giudicato) alla prescrizione breve
(biennale) di cui all'art. 2947, 2° comma, cod. civ., ma sog giaceva alla prescrizione ordinaria (decennale) di cui al
successivo art. 2953 ; c) che l'amministrazione degli interni, convenuta, nel presente giudizio, dalla Leoni al fine di ottenere il ristoro dei danni sofferti, data la sua responsa bilità solidale, ex art. 2054 cod. civ., con l'autore del fatto
illecito, per essere proprietaria dell'autoveicolo investi
tore, aveva eccepito che il diritto dell'attrice a conseguire, nei confronti di essa amministrazione, il risarcimento dei danni si era prescritto, per l'avvenuto decorso, dalla data dell'evento dannoso, della prescrizione biennale pre vista dal menzionato art. 2947, 2° comma.
La corte di merito rigettò peraltro l'eccezione di pre scrizione, opposta dal convenuto ministero, ritenendo che, in virtù del giudicato penale, che aveva pronunciato la
generica condanna ai danni del conducente dell'autovei colo investitore, la prescrizione del diritto della Leoni al relativo risarcimento si era trasformata da biennale in
decennale, sia che essa volesse far valere tale diritto contro il condannato autore del fatto illecito, sia che volesse azio narlo contro l'amministrazione, quale proprietaria dell'auto
mezzo, e quindi solidalmente responsabile con l'autista ex art. 2054.
Nè rilevava in contrario, ad avviso dei giudici d'appello, la mancata partecipazione del ministero, sotto la veste
processuale del responsabile civile, al giudizio penale con clusosi con la condanna dell'autista investitore, dovendo
desumersi, dal dettato dell'art. 1310, 2° comma, cod. civ.
(« Gli atti, con i quali il creditore interrompe la prescri zione contro uno dei debitori in solido . . ., hanno effetto
riguardo agli altri debitori »), l'unicità del termine prescri zionale riguardo a tutti i soggetti passivi dell'obbligazione solidale.
Perciò, secondo la Corte sarda, una volta prolungatosi, da due a dieci anni, per le ragioni accennate, il termine
prescrizionale, entro il quale la Leoni avrebbe potuto pro porre l'azione risarcitoria (per ottenere la liquidazione del danno genericamente accertato) contro l'autista investi
tore, doveva ritenersi analogamente prolungato il termine
prescrizionale, entro il quale la danneggiata avrebbe potuto esperire (come esperì) l'identica azione contro il ministero, quale coobbligato in solido con l'autista medesimo. Il che
portava ad escludere, secondo la denunziata sentenza, l'eccepita prescrizione della domanda di risarcimento di
danni, che la Leoni propose contro l'amministrazione degli interni assai prima che si compisse il decennio dalla data dell'evento dannoso.
Con l'unico mezzo il ricorrente ministero contesta esat tamente (anche se, come si dirà, la denunziata sentenza dovrà essere parimenti confermata) la ritenuta unicità, in senso assoluto, del termine prescrizionale nei confronti di tutti i soggetti passivi dell'obbligazione solidale, da cui
soluzioni difformi da quelle della sentenza annotata anche Cass., 27 marzo 1964, n. 696 (retro, 1665, con nota di richiami), per la quale il diritto al risarcimento nei confronti del proprietario si prescrive in due anni decorrenti dalla data in cui la sentenza penale pronunciata contro il conducente è divenuta irrevocabile (art. 2947, 3° comma, cod. civ.), senza peraltro porsi il problema se la condanna generica del conducente ai danni, pronunciata a favore della vittima, costituitasi nel giudizio penale e passata in giudicato, determini l'applicazione ex art. 2963 cod. civ. del l'ordinario termine decennale di prescrizione.
i giudici di appello inferirono che il verificatosi prolunga mento del termine prescrizionale riguardo all'autista in
vestitore importasse l'analogo prolungamento dello stesso
termine riguardo all'amministrazione, quale corresponsa bile solidale in ordine ai danni lamentati dalla Leoni. In
fatti, come ben osserva la difesa del ministero, l'art. 1310, su cui la denunziata sentenza basò l'opinione dell'unicità
del termine prescrizionale fra i condebitori solidali, con
incompleto esame, riferito al solo 1° comma, rileva, nei
due successivi comma, la possibilità di durata diversa
della prescrizione dell'obbligazione solidale tra i vari sog
getti passivi, dettando (2° comma) che « la sospensione della prescrizione nei rapporti di uno dei debitori. . . non
ha effetto riguardo agli altri », ed inoltre (3° comma) che
« la rinunzia alla prescrizione, fatta da uno dei debitori in solido, non ha effetto riguardo agli altri ». Non avrebbe
potuto perciò la denunziata sentenza ritenere, in riferi mento alla pretesa unicità di termine prescrizionale ri
guardo ai condebitori solidali (che non trova fondamento, almeno in senso assoluto, nel sistema positivo), l'identità di prescrizione della pretesa risarcitoria della resistente, ex art. 1310, nei confronti di entrambi i condebitori soli dali (autista investitore e amministrazione proprietaria dell'automobile da lui guidata).
Sostiene inoltre il ricorrente ministero che l'adottata decisione non si giustifica neppure sotto il riflesso che il
giudice penale, accertata la responsabilità dell'autore del fatto illecito in ordine al reato ascrittogli di lesioni colpose, pronunciò, a suo carico, la condanna generica ai danni verso la Leoni, costituitasi parte civile. E ciò perchè, ad avviso del ricorrente, la condanna generica ai danni, pronunciata dal giudicato penale, varrebbe, ai sensi dell'art. 2953 cod.
civ., a prolungare fino al decennio, nei riguardi del solo
condannato, la prescrizione dell'azione risarcitoria della
danneggiata, mirante ad ottenere la liquidazione del danno subito ; non anche nei riguardi del ministero dell'interno, che, non avendo partecipato al processo penale in qualità di responsabile civile, non potrebbe subire pregiudizio per effetto della sentenza che lo concluse. Sicché, ad avviso
dell'amministrazione, la denunziata sentenza, ritenendo la durata decennale della prescrizione del diritto della Leoni al risarcimento del danno sofferto anche nei confronti di essa, che non partecipò al giudizio penale, avrebbe vio lato i limiti soggettivi del giudicato, sanciti, in via gene rale, dall'art. 2909 cod. civ., e, con particolare riguardo alle
obbligazioni solidali, dall'art. 1306 stesso codice. Senonchè non pare a questa Corte che i giudici di appello
siano incorsi nella denunziata violazione dei limiti sogget tivi della cosa giudicata, una volta ch'essi non riconobbero affatto alla resistente il diritto di esperire contro il mini
stero, sulla base di una sentenza emessa a conclusione di un processo dal quale l'amministrazione si tenne estranea, Vactio indicati ; nò avrebbero potuto riconoscerlo, dato che la Leoni non ha proposto contro il ministero ì'actio indicati, ma la ben diversa azione di danni, basata sul lamentato fatto illecito, facendo valere la sua solidale
corresponsabilità con l'autore dell'illecito, ai sensi dell'art. 2054.
D'altro canto, il diritto della Leoni al risarcimento del danno patito, una volta riconosciuto giudizialmente nei confronti di uno dei condebitori solidali (autista investi
tore), non poteva non fruire, in virtù della res indicata, anche nei confronti dell'altro (ricorrente ministero), della
più ampia prescrizione decennale, venutasi a sostituire alla
prescrizione breve, a norma dell'art. 2953. Questa norma, infatti, ammette i diritti, per i quali la legge stabilisce la
prescrizione breve, a beneficiare dell'ordinaria prescri zione decennale per il solo fatto che siano stati canonizzati in un giudicato, che li rende meritevoli di una più ampia tutela legislativa, mal conciliabile con il rigore della pre scrizione breve, a prescindere dai soggetti contro cui i diritti stessi siano fatti valere, e quindi dalla circostanza che essi, dopo essere stati giudizialmente riconosciuti contro uno dei condebitori solidali (come nella specie), vengano azio nati contro altro condebitore.
Nè può seguirsi la tesi della ricorrente amministrazione
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
che la pretesa risarcitoria della Leoni, giudizialmente rico
nosciuta, in sede penale, nei confronti dell'autista investi
tore, e quindi prescrittibile in dieci anni, non sia la stessa fatta valere contro essa amministrazione nel presente giu dizio, in quanto, a dire del ministero, mentre l'autista,
sottoposto a procedimento penale, dovrebbe rispondere dei lamentati danni, quale autore del fatto illecito, esso
ne dovrebbe invece rispondere quale proprietario dell'auto
veicolo investitore. Difatti è ovvio ohe il diritto della Leoni
al risarcimento del danno sofferto, riconosciuto dal giudi cato penale, e quindi ammesso a fruire della prescrizione decennale, è necessariamente identico a quello attual
mente azionato contro il ministero, giacché la domanda
risarcitoria della Leoni, esperita prima in sede penale ed
attualmente in sede civile, ha l'identica causa petendi,
qual'è il fatto illecito (investimento automobilistico) gene ratore del danno, nonché l'identico petitum, consistente
nell'invocata riparazione del pregiudizio economico deri
vante dall'illecito : anche se di tale pregiudizio l'autista,
sottoposto a procedimento penale, è tenuto a rispondere
quale autore dell'evento dannoso, mentre il ministero degli interni ne è responsabile come proprietario dell'autovei
colo investitore.
Alla stregua delle suesposte considerazioni può affer
marsi (anche a volersi ammettere, con l'amministrazione, che il principio affermato possa non trovare fondamento
anche nell'art. 27 cod. proc. pen., invocato dalla resistente, il cui esame rimane perciò assorbito) che, pronunziata, con sentenza penale passata in giudicato, emessa nei con
fronti del conducente di autoveicolo, autore dell'investi
mento stradale, la condanna generica di costui al risarci
mento dei danni sofferti dal danneggiato, costituitosi parte civile, il diritto dello stesso danneggiato a conseguire suc
cessivamente, in sede civile, nei confronti del proprietario dell'autoveicolo, ex art. 2054 cod. civ., il ristoro del patito
pregiudizio economico, non è soggetto alla prescrizione breve (biennale) di cui all'art. 2947, 2° comma, stesso codice, ma a quella ordinaria (decennale) stabilita dal successivo
art. 2953.
Avendo, dunque, esattamente ritenuto la denunziata
sentenza che l'azione di danni esperita dalla Leoni contro
il ministero fosse soggetta alla prescrizione ordinaria, an
ziché a quella breve (anche se con motivazione non del tutto
corretta, che va rettificata nei sensi suespressi), il ricorso
va rigettato, mentre la delicatezza della questione trattata
giustifica la totale compensazione, fra le parti, delle spese di questo grado.
Per questi motivi, rigetta, ecc.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
Sezione III civile ; sentenza 9 ottobre 1964, n. 2557 ; Pres.
Caizzi P., Est. La Farina, P. M. Toro (conci, conf.) ; Morbelli (Avv. Borgogelli, Bellonjdi) c. Ostini (Avv.
Pinto).
(Conferma App. Milano 28 luglio 1961)
Obbligazioni e contratti — Rappresentanza — Inca
pacità naturale del rappresentante — Annullabi
lità del contratto — Fattispecie (Cod. civ., art.
428, 1389). Guerra (provvedimenti per la) — Termini di prescri
zione — Sospensione di diritto (E. d. J. 3 gennaio 1944 n. 1, sospensione del corso delle prescrizioni, dei
termini di decadenza e dei termini processuali, art. 1 ;
d. 1.1. 24 dicembre 1944 n. 392, proroga delle disposizioni sulla sospensione del corso delle prescrizioni, art. 1).
Prescrizione in materia civile — Sospensione — In
capacità naturale del rappresentante lejjalc —
Irrilevanza (Cod. civ., art. 2942).
Rilevanti ai fini dell'annullabilità del contratto sono il di
fetto di capacità naturale nel rappresentante, e non nel
rappresentato, al momento della stipulazione, e, correlativa
mente, lo stato eli buona o mala fede dell'altro contraente circa le condizioni psichiche del rappresentante (nella specie, è stata peraltro respinta la domanda di annulla mento per non essere stata provata l'incapacità naturale del rappresentante e per non essersi ritenuta ammissibile la chiesta consulenza tecnica). ( 1 )
La sospensione del termine di prescrizione per cause dipen denti dallo stato di guerra opera di diritto, è dichiarata di
ufficio, e non è subordinata all'accertamento della con creta impossibilità di esercizio del diritto. (2)
Lo stato di incapacità di intendere e di volere del genitore eser cente la patria potestà costituisce un impedimento di mero
fatto all'esercizio dei diritti del minore, ma non integra l'ipotesi di mancanza di rappresentante legale, idonea a
sospendere, ex art. 2942 cod. civ., il corso della prescri zione. (3)
La Corte, ecc. — Con il primo motivo del ricorso, si deduce che, a norma dell'art. 1389 cod. civ., per la vali dità del contratto concluso dal rappresentante è sufficiente che il rappresentato sia legalmente capace, mentre il requi sito della capacità naturale riguarda solo il rappresentante. Secondo il ricorrente, i giudici di merito avrebbero dovuto, quindi, ammettere la consulenza tecnica, chiesta dal ricor rente per dimostrare la esistenza d'uno stato d'incapacità naturale nel rappresentante al momento della stipulazione della compravendita in oggetto (violazione degli art. 428, 1389 cod. civ., 61, 187, 191 cod. proc. civ., in relazione al l'art. 360, nn. 3 e 5, cod. proc. civile).
Il motivo è infondato. In ordine al delicato problema
(1) Non constano precedenti. Sulla capacità e sulla rilevanza degli stati soggettivi del
rappresentante e del rappresentato, cons. Santoro Passarelm, Dottrine generali del diritto civile, 1954, pag. 260 ; Messineo, Manuale di dir. civ. e comm., I, 1957, pag. 514, 515 ; Mira belli, Dei contratti in generale, 1961, pag. 284, 285 ; Mosco, La rappresentanza volontaria nel diritto privato italiano, 1961, pag. 265 e segg.
Quest'ultimo Autore, ritenuto (pag. 274) necessario e suf ficiente che il rappresentante abbia la capacità di intendere e volere (capacità naturale) avuto riguardo alla natura e al con tenuto del contratto, aggiunge (pag. 280), in senso analogo a
quanto è accennato in motivazione, che ciò vale limitatamente ai negozi che il rappresentante stipula a nome del rappresen tato ; non anche, ad es., per un negozio (quale il mandato) sot tostante alla procura il quale resta disciplinato dalle regole generali sulla capacità legale ; e che (pag. 282) — anche su tale
punto la sentenza che si annota si esprime in conformità — nel
rappresentato è richiesta la capacità di agire, sia legale sia naturale : in mancanza, esso potrà chiedere l'annullamento della
procura, nel ricorso delle condizioni di cui all'art. 428 cod. civile.
Conformi, sii quest'ultima questione, Cariota Ferrara, Il
negozio giuridico, pag. 686 ; App. Roma 16 aprile 1958, Foro
it., Rep. 1958, voce Mandato, n. 8. Nel senso che il giudice non è tenuto ad ammettere la consu
lenza tecnica per il solo fatto che la parte adduca circostanze da accertarsi con quel mezzo, quando non risulti che le circo stanze indicate abbiano qualche fondamento per una retta so luzione della lite, Cass. 11 marzo 1963, n. 593, id., Rep. 1963, voce Consulente tecnico, n. 6 ; 12 marzo 1960, n. 477, id., Rep. 1960, voce cit., n. 3 ; nonché Cass. 8 maggio 1957, n. 1586, id., Rep. 1957, voce cit., n. 12 ; 4 luglio 1953, n. 2084, id., Rep. 1953, voce cit., n. 4.
(2) Conformi, Cass. 20 luglio 1963, n. 2002, Foro it., Rep. 1963, voce Guerra, n. 16 ; 27 ottobre 1961, n. 2428, 18 febbraio
1961, n. 360, id., Rep. 1961, voce cit., nn. 10, 11, 14 ; 7 giugno 1956, n. 1962, id., Rep. 1956, voce cit., n. 27 ; 26 giugno 1956, n. 2314, ibid., n. 28 ; 10 ottobre 1955, n. 2983, id., Rep. 1955, voce cit., n. 21 ; 30 aprile 1954, n. 1342, id., Rep. 1954, voce cit., n. 26 ; 27 luglio 1954, n. 2740, ibid., n. 27 ; 10 giugno 1954, n. 1934, ibid., n. 29 ; 8 ottobre 1954, n. 3429, ibid., n. 30 ; 2 ottobre 1954, n. 3219, ibid., nn. 31, 32 ; 25 marzo 1953, n.
762, id., Rep. 1953, voce cit., n. 31.
(3) Conformi, nel senso che la sospensione della prescrizione riflette gli impedimenti di ordine giuridico e non anche gli even
tuali ostacoli di fatto, Cass. 17 giugno 1963, n. 1615, Foro it.,
Rep. 1963, voce Prescrizione civ., n. 39 ; 21 settembre 1954, n. 3093, id., Rep. 1954, voce cit., n. 17.
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