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sezione III civile; sentenza 21 febbraio 2002, n. 2504; Pres. Nicastro, Est. Di Nanni, P.M. Schirò...

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sezione III civile; sentenza 21 febbraio 2002, n. 2504; Pres. Nicastro, Est. Di Nanni, P.M. Schirò (concl. conf.); Flajani (Avv. Mellini, Di Filippo) c. Soc. Costruzioni edili adriatiche (Avv. Ascani). Conferma Trib. Fermo 19 gennaio 2000 Source: Il Foro Italiano, Vol. 125, No. 9 (SETTEMBRE 2002), pp. 2431/2432-2433/2434 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23197797 . Accessed: 25/06/2014 00:54 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.44.77.28 on Wed, 25 Jun 2014 00:54:49 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione III civile; sentenza 21 febbraio 2002, n. 2504; Pres. Nicastro, Est. Di Nanni, P.M. Schirò(concl. conf.); Flajani (Avv. Mellini, Di Filippo) c. Soc. Costruzioni edili adriatiche (Avv. Ascani).Conferma Trib. Fermo 19 gennaio 2000Source: Il Foro Italiano, Vol. 125, No. 9 (SETTEMBRE 2002), pp. 2431/2432-2433/2434Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23197797 .

Accessed: 25/06/2014 00:54

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PARTE PRIMA 2432

risprudenza di questa corte di legittimità (riaffermato più di re

cente da Cass. n. 2545 del 1990, id., Rep. 1990, voce Fallimen

to, n. 493, e, proprio per la limitazione «all'interno della proce dura concorsuale», da Cass. n. 3830 del 2001, id., Mass., 309) onde i giudici dell'appello non avrebbero potuto riconoscere al

decreto di ammissione al passivo del credito di lire 438.920.334

fatto valere dalla banca nel fallimento della società Sinopsy il

valore probatorio conseguente ad un accertamento definitivo ed

indiscutibile del credito stesso, idoneo a spiegare effetti anche

nei confronti dei fideiussori. E ciò nemmeno nei confronti di

Brovia Bruno, essendo fondata la contestazione dei ricorrenti

sul punto (con riferimento tanto alla posizione unitaria di essi

fideiussori rispetto all'accertamento del debito intervenuto nei

confronti della società Sinopsy, debitore principale, tanto nei

rapporti interni tra i fideiussori, ossia nei rapporti del suddetto

Brovia con gli altri fideiussori) nel senso che dal silenzio di co

stui in sede di verifica fallimentare dei crediti nessuna conse

guenza, in termini di riconoscimento del credito della banca, avrebbe potuto trarsi. In effetti la sentenza ora impugnata nem

meno spiega quale significato, valore, o apporto probatorio si

sarebbe potuto trarre, e in quali limiti (v. art. 1309 c.c.), dalla

circostanza che il suddetto Brovia, presente all'udienza, «non

aveva mosso alcuna contestazione».

Sul punto, ossia nella parte in cui ha confermato la statuizio

ne di condanna dei fideiussori pronunciata dal tribunale, anche

per detta maggior somma sul fondamento del solo provvedi mento di ammissione della banca al passivo del fallimento per la maggior somma corrispondente al credito verso la debitrice

società Sinopsy, la sentenza dev'essere dunque cassata con rin

vio.

Il quarto motivo di ricorso, anche richiamandosi alla clausola

n. 5 del contratto che regolava i rapporti tra le parti, censura la

statuizione di rigetto dell'eccezione di compensazione per vio

lazione della norma dell'art. 1243 c.c. nonché per mancanza e

insufficienza di motivazione. Anche tale censura è fondata, tanto più in relazione alla com

pensazione giudiziale (art. 1243, 2° comma, c.c.). La corte di merito, pur dando atto che la banca «aveva ven

duto alla società Sinopsy Bot trimestrali con scadenza al 30 lu

glio 1993» e che la stessa banca si era «obbligata a restituire il

controvalore dei titoli alla scadenza, a custodirli e ad accreditar

ne l'importo alla scadenza» ha poi escluso di poter far luogo alla compensazione parziale che i fideiussori (anche richiaman

do la clausola n. 5 del contratto di fideiussione) avevano ecce

pito per l'ammontare (lire 100.000.000) dei titoli, sulla base del

duplice rilievo «che i titoli non erano ancora scaduti all'atto del

decreto ingiuntivo» (emesso il 25 giugno 1993) e che «in corso

di causa era emerso un maggior importo del credito» della ban

ca.

Ora, come non è dubbia la proponibilità dell'eccezione di

compensazione da parte del fideiussore, ex art. 1945 c.c. e, spe cificamente, ex art. 1247 c.c., del pari è evidente l'erroneità della sentenza — che per di più risulta incomprensibile nella

valutazione del «maggior ammontare del credito della banca

emerso nel corso del giudizio» come di un dato ostativo alla op ponibilità del controcredito in compensazione

— nella parte in cui ha conferito rilievo alla mancata scadenza dei titoli all'atto

del decreto ingiuntivo, ossia al momento dell'emissione dello

stesso, laddove il credito della correntista per il controvalore dei

titoli era divenuto esigibile alla data del 30 luglio 1993, nel cor so del giudizio di opposizione.

Il motivo in esame dev'essere dunque accolto, onde anche in

relazione alla censura di violazione dell'art. 1243 c.c., con esso

proposta, la sentenza dev'essere cassata.

Il Foro Italiano — 2002.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 21

febbraio 2002, n. 2504; Pres. Nicastro, Est. Di Nanni, P.M.

Schirò (conci, conf.); Flajani (Avv. Mellini, Di Filippo) c.

Soc. Costruzioni edili adriatiche (Avv. Ascani). Conferma Trib. Fermo 19 gennaio 2000.

Procedimento civile — Udienza per deduzioni istruttorie —

Mancato svolgimento — Precisazione delle conclusioni —

Legittimità (Cod. proc. civ., art. 184, 187; disp. att. cod.

proc. civ., art. 80 bis).

Legittimamente il giudice istruttore, ritenuta la causa matura

per la decisione, invita le parti a precisare le conclusioni

prima dello svolgimento dell'udienza per la formulazione di

deduzioni istruttorie prevista dall'art. 184 c.p.c. (1)

(1) Più che per l'affermazione riassunta nella massima, che costitui sce puntuale applicazione degli art. 184 e 187 c.p.c. in parte qua, così come generalmente intesi (di recente, in dottrina, R. Caponi-A. Proto Pi

sani, Lineamenti di diritto processuale civile, Napoli, 2001, 147), la ri

portata sentenza si segnala per l'enunciazione, contenuta in motivazio

ne, secondo cui «la scansione del procedimento ordinario di cognizione non pone l'udienza per le deduzioni istruttorie indicata dall'art. 184

c.p.c. come momento non eliminabile del procedimento stesso», rica vandosi «la conferma del dato dalla riserva di applicazione dell'art. 187 contenuta nello stesso art. 184».

Dalla or riprodotta enunciazione si desume, a contrariis, che per la

riportata sentenza: a) nel procedimento ordinario di cognizione, disci

plinato dalla vigente normativa, esistono momenti e/o fasi ineliminabi

li; b) l'immediata rimessione della causa alla fase decisoria (con il contestuale invito alle parti a precisare le conclusioni) non può avvenire

prima, e in difetto, della consumazione degli uni e/o delle altre.

Ora, il rilievo sub a), solo implicitamente desumibile dalla pronuncia in rassegna, è ormai acquisito nella giurisprudenza della corte che ne ha

esplicitato significato e portata. Con la sent. 24 maggio 2000, n. 6808 (est. Del Core), Foro it., 2000,

1, 3163, con nota di richiami (cui adde, da ultimo, Monteleone, Diritto

processuale civile, Padova, 2002, 379-380), la Cassazione ha, infatti, chiarito che il giudice è obbligato a fissare la prima udienza di tratta zione disciplinata dall'art. 183 c.p.c., con contestuale assegnazione del termine ex art. 180, trattandosi di adempimenti ineludibili, che prescin dono «dalla richiesta del convenuto, cioè dalla sua comparizione o co stituzione». Con la successiva sent. 29 ottobre 2001, n. 13414 (est. Lu

po), Foro it.. Rep. 2001, voce Procedimento civile, n. 187, la medesima corte ha, quindi, ribadito le enunciazioni della sent. n. 6808 del 2000, osservando che, a tutela del diritto di difesa delle parti, il giudice, all'e sito dell'udienza di prima comparizione, deve fissare d'ufficio l'u dienza di trattazione ed assegnare al convenuto il termine perentorio non inferiore a venti giorni prima di tale udienza per proporre le ecce zioni processuali e di merito che non siano rilevabili d'ufficio. Qualora il convenuto sia rimasto contumace ed il giudice non abbia assegnato detto termine — ha soggiunto il Supremo collegio — non si verifica la nullità della sentenza di primo grado, solo se ed in quanto tra l'udienza di prima comparizione e quella di trattazione siano intercorsi almeno i venti giorni richiesti dalla legge.

La prospettazione sub b), che trova risolutivo e definitivo sostegno nelle anzidette inequivoche enunciazioni della corte, si pone in contra sto con le antitetiche enunciazioni di alcuni giudici di merito (Pret. To rino 3 giugno 1996, id., 1996, I, 3563, con nota redazionale; Trib. Ve rona 2 settembre 1999, id., Rep. 2000, voce cit., n. 236, e, per esteso, con informata nota critica di Vullo, in Resp. civ., 2000, 736), (propala zioni) che, messe definitivamente in crisi dalle sopravvenute afferma zioni del Supremo collegio, avevano comunque già trovato adeguata e convincente confutazione in autorevoli opinioni dottrinali espresse, ol tre che da R. Caponi-A. Proto Pisani, op. loc. cit., da Montesano

Arieta, Trattato di diritto processuale civile, Padova, 2001, I, 2, 1098 10".

Per questi ultimi due autori, infatti (op. cit., 1099, in fine), «si deve concludere che in sede di udienza ex art. 180, il giudice istruttore non

possa mai disporre la rimessione della causa in decisione (invitando le

parti alla precisazione delle conclusioni) ma debba sempre fissare la

prima udienza di trattazione ex art. 183. Di conseguenza, l'art. 80 bis

disp. att. c.p.c., non abrogato dalla riforma, va interpretato nel senso che 'l'udienza destinata esclusivamente alla prima comparizione delle

parti'sia quella dell'art. 183 e non già quella dell'art. 180». E la or ricordata impostazione, già di per sé convincentemente argo

mentata, trova ulteriori punti di riferimento nella constatazione che, mentre l'art. 184 c.p.c., nel prendere in considerazione il disimpegno dell'attività istruttoria (come momento successivo all'esaurimento della fase di trattazione contemplata nell'art. 183 c.p.c.), fa espressamente «salva l'applicazione dell'art. 187» (e quindi la possibilità di imme diata rimessione della causa in decisione), gli art. 180 e 183 c.p.c. non

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Motivi della decisione. — 1. - Il ricorso svolge tre motivi.

2. - È preliminare l'esame del secondo motivo con il quale è

sostanzialmente denunciata la nullità del giudizio di opposizio ne svoltosi davanti al tribunale.

Il Flajani denuncia che il tribunale ha invitato le parti a preci sare le conclusioni del giudizio di opposizione prima dell'u

dienza per le deduzioni istruttorie delle parti, in contrasto con il

disposto degli art. 184 e 187 c.p.c. e dell'art. 80 bis disp. att.

detto codice.

Il motivo non è fondato.

2.1. - L'art. 187 c.p.c. dispone che «il giudice istruttore, se

ritiene che la causa sia matura per la decisione di merito senza

bisogno di assunzione di mezzi di prova, rimette le parti davanti

al collegio» per la decisione.

La norma si riferisce all'ipotesi in cui tra le parti sia insorta

controversia solo in punto di diritto relativamente a diritti di

sponibili delle parti, a quella in cui i fatti controversi tra le parti sono provati attraverso documenti, a quella, infine, in cui le

parti abbiano chiesto l'ammissione di prove sui punti controver

si della decisione. La norma trova, ancora, applicazione quando, pure in pre

senza di richieste istruttorie, il giudice istruttore ritenga che

queste siano inammissibili o non rilevanti e la causa possa es

sere immediatamente decisa.

La scansione del procedimento ordinario di cognizione non

pone, quindi, l'udienza per le deduzioni istruttorie indicata dal

l'art. 184 c.p.c. come momento non eliminabile del procedi mento stesso.

La conferma del dato si ricava dalla riserva di applicazione dell'art. 187 prima citato contenuta nello stesso art. 184.

2.2. - Ne deriva che il giudice istruttore non è incorso nella

violazione di legge denunciata, perché la difesa del Flajani non

ha indicato neppure di avere allegato prove che dovessero essere

ammesse o assunte. (Omissis)

contengono una previsione del genere, evidenziando, così, anche dal

punto di vista formale, l'impossibilità dell'immediato passaggio in de cisione della causa prima e, comunque, in difetto, della fissazione del l'udienza ex art. 183 e della contestuale assegnazione del termine sta bilito dal precedente art. 180. [C.M. Barone]

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 20 feb

braio 2002, n. 2431; Pres. Saggio, Est. Forte, P.M. Russo (conci, conf.); Galli (Avv. Di Prima, Romanelli) c. Inps

(Avv. Cantarini, Fonzo, Correrà). Conferma App. Trieste

19 maggio 1998.

Impugnazioni civili in genere — Cause inscindibili — Inte

grazione del contraddittorio — Omessa indicazione del

termine di notifica — Termine applicabile (Cod. proc. civ., art. 102, 163 bis, 331).

Nel caso in cui il giudice dell'impugnazione, nell'ordinare

l'integrazione del contraddittorio nei confronti del litiscon

sorte necessario, ometta di indicare il termine entro cui le

parti devono provvedere, la corrispondente notifica deve es

sere effettuata almeno sessanta giorni prima della data del

l'udienza di comparizione. ( 1 )

(1) La Corte di cassazione torna a pronunciarsi sul controverso tema

del termine per l'integrazione del contraddittorio in sede di impugna zione affermando il principio secondo cui ove il giudice ometta di fis

sare il termine entro cui le parti devono notificare l'atto di integrazione, occorre comunque applicare l'art. 163 bis c.p.c., per cui la notifica deve

essere effettuata almeno sessanta giorni prima dell'udienza di compari

li. Foro Italiano — 2002.

Svolgimento del processo. — Con ricorso del 30 marzo 1991

ex art. 102 r.d. 16 marzo 1942 n. 267 al Tribunale di Pordenone, l'Istituto nazionale della previdenza sociale (da ora Inps) ha

chiesto la revocazione dell'ammissione in via privilegiata del

credito di lire 636.731.954 di Gianfranco Galli al passivo del fallimento della G. Alex data center s.r.l., assumendo che il pre detto era stato presidente e amministratore unico della società

fallita e non dipendente di essa; nella contumacia del curatore e

zione. In termini, cfr. Cass. 6 dicembre 1984, n. 6396, Foro it., Rep. 1984, voce Impugnazioni civili, n. 79, citata in motivazione.

In tal senso l'odierna sentenza si pone in contrappunto al prevalente orientamento giurisprudenziale che è fermo nell'escludere l'applica bilità dell'art. 163 bis c.p.c.; sul punto, cfr., da ultimo (in motivazione), Cass. 26 marzo 1997, n. 2653, id., 1997, I, 2509, con nota di richiami.

Va comunque detto, che l'odierno indirizzo merita di essere condivi so in base a diversi ordini di motivi. In una prospettiva sistematica, si rileva che l'art. 163 bis c.p.c. è in genere applicato in ipotesi di integra zione del contraddittorio ex art. 102 c.p.c. del litisconsorte necessario

pretermesso; sul punto, cfr. Cass. 13 febbraio 1999, n. 1206, id.. Rep. 1999, voce Procedimento civile, n. 236, nella parte in cui afferma che la parte che, in ottemperanza all'ordine del giudice di integrare il con

traddittorio, cita il terzo, deve, a pena di estinzione del giudizio, ri

spettare il termine previsto dall'art. 163 bis c.p.c., senza che rilevino, in senso impeditivo della sussistenza di quest'onere, né la mancata indi cazione nell'ordinanza del termine per la notificazione, né la circostan za che l'udienza di comparizione sia fissata a data più breve del termi ne dilatorio per comparire. In questa stessa direzione, si deve notare che l'art. 163 bis c.p.c. è espressamente richiamato all'art. 125 disp. att.

c.p.c. che in materia di riassunzione del processo stabilisce che la rias sunzione della causa è fatta con comparsa che — tra l'altro — deve contenere «l'indicazione dell'udienza in cui le parti debbono compari re, osservati i termini stabiliti dall'art. 163 bis del codice»; dove, se condo l'opinione comune, la riassunzione, al pari dell'integrazione del

contraddittorio, è un atto di impulso processuale espressione del princi

pio della domanda (per richiami sul punto, v., da ultimo, Gambineri, Garanzia e processo. II. Il procedimento, Milano, 2002, 475 ss.). E

comunque, si deve anche ricordare che al termine posto dall'art. 163 bis c.p.c. è sottesa l'esigenza di garantire il convenuto cui si vuole assi curare un tempo ragionevole e adeguato perché possa apprestare la pro pria difesa; sicché la sua applicazione alla fattispecie in esame si impo ne in considerazione del fatto che il terzo chiamato ad integrare il con traddittorio ex art. 331 c.p.c. è legittimato a proporre impugnazione in

cidentale se del caso tardiva (art. 334 c.p.c.), per cui si può dire che la

sua posizione è assimilabile a quella del convenuto di primo grado. Volendo tracciare un breve quadro di riepilogo delle altre questioni

sollevate dal meccanismo di integrazione del contraddittorio ex art. 331

c.p.c., si può ricordare che:

a) per la giurisprudenza maggioritaria la mancata ottemperanza al

l'ordine di integrazione fissato dal giudice determina l'inammissibilità

dell'impugnazione senza che sia possibile disporre la proroga del ter

mine che avrebbe natura perentoria e come tale non suscettibile di pro

roga secondo quanto stabilito dall'art. 153 c.p.c.; in tal senso, cfr., da

ultimo, Cass. 26 febbraio 2001, n. 2756, Foro it., 2002, I, 218, con nota di richiami di Fortini, cui si rinvia per un quadro esaustivo degli orientamenti che si sono ormai consolidati in giurisprudenza.

Nel quadro degli indirizzi di minoranza, meritano di essere segnalate le pronunce che hanno escluso che il mancato rispetto all'ordine im

partito dal giudice generi la non ammissibilità dell'impugnazione qua lora la parte interessata dimostri di essere incorsa nella decadenza per una situazione di forza maggiore e cioè per un fatto a lei non imputa bile né per dolo né per colpa; in questa direzione, in aggiunta ai riferi menti riportati nella nota in calce a Cass. 2756/01 sopra richiamata, cfr.

già Cass. 18 ottobre 1990, n. 10151, nella misura in cui sostiene che la

mancata integrazione del contraddittorio davanti alla Corte di cassazio

ne non genera l'inammissibilità del regolamento di giurisdizione lad

dove siano ravvisabili giusti motivi di revoca dell'ordinanza nella parte in cui il termine per la notificazione risultava troppo esiguo, id., 1991,

I, 1834, con osservazioni di C.M. Barone, e Giur. it., 1991, I, 1, 1433, con nota adesiva nella conclusione ma non nella motivazione di Conso

lo, Due questioni scabre attorno all'art. 331 c.p.c.: inscindibilità della

causa litisconsortile nel regolamento di giurisdizione? «perentorietà» e

solo indiretta prorogabilità del termine per l'integrazione del contrad

dittorio?, secondo cui «il velo della nozione dogmatica di revoca del

provvedimento ordinatorio è trasparente, come pure la sostanza proro

gatoria che esso credette di celare» con la conseguenza che allora non

v'è ragione «per non consentire infine, e su un piano doverosamente

generale, ingresso in questa materia a diretti interventi del giudice volti

a scrutinare l'esigibilità dell'osservanza del termine; e così a disporre misure di proroga oppure in senso ampio di rimessione del termine sca

duto (del resto, pur in attesa di un positivo fondamento normativo gene

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