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sezione III civile; sentenza 21 maggio 1996, n. 4673; Pres. Taddeucci, Est. Duva, P.M. Marinelli...

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sezione III civile; sentenza 21 maggio 1996, n. 4673; Pres. Taddeucci, Est. Duva, P.M. Marinelli (concl. conf.); Borrelli (Avv. Di Rienzo) c. Comune di Portici (Avv. Cortiello). Cassa App. Napoli 18 giugno 1996 Source: Il Foro Italiano, Vol. 120, No. 5 (MAGGIO 1997), pp. 1597/1598-1599/1600 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23191223 . Accessed: 24/06/2014 21:23 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.2.32.121 on Tue, 24 Jun 2014 21:23:41 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione III civile; sentenza 21 maggio 1996, n. 4673; Pres. Taddeucci, Est. Duva, P.M. Marinelli(concl. conf.); Borrelli (Avv. Di Rienzo) c. Comune di Portici (Avv. Cortiello). Cassa App. Napoli18 giugno 1996Source: Il Foro Italiano, Vol. 120, No. 5 (MAGGIO 1997), pp. 1597/1598-1599/1600Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23191223 .

Accessed: 24/06/2014 21:23

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.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

cento per Iva e due per cento per contributo forense) — come

il resistente, seguito dal tribunale, ha sostenuto debba farsi —

e perciò di lire 157.940 (lire 789.700:5) si perviene ad una som ma finale di lire 947.640 (lire 789.700+157.940).

Orbene, se la parte, proponendo domanda di ingiunzione, in

dica la somma richiesta in un ammontare complessivo, ma lo

specifica riconducendolo in parte a quanto costituisce l'oggetto del credito, in parte a spese processuali del procedimento di

ingiunzione, l'indicazione di somma rilevante ai fini della com

petenza è quella relativa all'oggetto del credito: ai fini della com

petenza del valore non si tiene conto se non di ciò che è dovuto

alla data della domanda (art. 10, 2° comma, c.p.c.) e la distin

zione tra somma richiesta da un lato e spese e competenze del

procedimento di ingiunzione dall'altro è chiaramente evidenzia

ta dall'art. 641, 1° e 3° comma, c.p.c. La conclusione è che la competenza per valore a conoscere

della domanda proposta con l'ingiunzione spettava al giudice conciliatore.

4. - Il ricorso è accolto per violazione di norme sulla compe tenza e la sentenza impugnata è cassata.

La dichiarazione di incompetenza del pretore comporta quale suo effetto l'accertamento della nullità del decreto di ingiunzio ne 9 settembre 1986, pronunziato dal Pretore di Fondo su ricor

so di Luigi Menghini in confronto di Gaetano Santonocito e

Paola Graiff.

Il giudizio deve proseguire davanti al giudice competente a

conoscere della domanda di condanna proposta con il ricorso

per decreto di ingiunzione. La statuizione sulla competenza richiesta dall'art. 382, 2° com

ma, c.p.c., va fatta in applicazione dell'art. 90.3, 1° alinea, 1. 26 novembre 1990 n. 353, sub art. 9 d.l. 18 ottobre 1995

n. 432, conv. in 1. 20 dicembre 1995, n. 534 e perciò indicando

come competente a conoscere di tale domanda il giudice conci

liatore.

Questa statuizione comporta che, essendo stato l'ufficio del

giudice conciliatore soppresso, fatta salva l'attività necessaria

per l'esaurimento delle cause pendenti davanti a tale ufficio pri ma del 1° maggio 1995 (art. 43 e 44 1. 21 novembre 1991 n.

374; art. 13 d.l. 7 ottobre 1994, n. 571 conv. con modif. in

1. 6 dicembre 1994 n. 673), competente a conoscere della do

manda è il giudice di pace del comune di Fondo (art. 2 e 39

1. 21 novembre 1991 n. 374), in ragione del luogo in cui sono

state eseguite le operazioni di rimessione in pristino ed è sorta

l'obbligazione di restituzione delle spese anticipate.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 21 mag

gio 1996, n. 4673; Pres. Taddeucci, Est. Duva, P.M. Mari

nelli (conci, conf.); Borrelli (Avv. Di Rienzo) c. Comune

di Portici (Avv. Cortiello). Cassa App. Napoli 18 giugno 1996.

Responsabilità civile — Strada -

cagionato da cose in custodia

(Cod. civ., art. 2043, 2051).

- Danno da caduta — Danno — Responsabilità del comune

Dalla proprietà pubblica del comune sulle strade poste all'inter

no dell'abitato (art. 16, lett. b, /. 20 marzo 1865 n. 2248, ali. ¥) discende non solo l'obbligo dell'ente alla manutenzio

ne (come stabilito dall'art. 5 r.d. n. 2056 del 1923), ma anche

quello della custodia con conseguente operatività, nei con

fronti dell'ente stesso, della presunzione di responsabilità di

cui all'art. 2051 c.c., qualora abbia omesso di vigilare al fine di impedire che terzi, incaricati dell'esecuzione di lavori su

detti beni, vi procedano in maniera tale da arrecare danni

ad altri (nella specie, è stata ritenuta sussistente la responsa bilità del comune per i danni subiti da un passante a seguito

li Foro Italiano — 1997.

di una caduta sul bitume steso, dalla ditta appaltatrice, sul

manto stradale). (1)

Svolgimento del processo. — Con sentenza del 18 giugno 1994, la Corte di appello di Napoli riformava parzialmente la pro nunzia di primo grado con la quale era stata accolta la doman da risarcitoria proposta da Borrelli Aurelia nei confronti del

comune di Portici e dell'impresa Acierno Ciro, per lesioni per sonali subite allorché essa istante, il 30 dicembre 1982 verso le ore nove, in via Diaz di Portici, mentre attraversava la stra

da, dopo essere scesa dalla propria autovettura, scivolava su

un manto di bitume che veniva steso sul suolo stradale da una

squadra di operai senza alcuna segnalazione dei lavori in corso

o transennamento della zona.

(1) Qualche tempo fa si è tentato, da queste stesse colonne, di inte ressare il lettore ad un esame critico di quell'ampio orientamento giuris prudenziale teso a riservare all'amministrazione pubblica un'ingiustifi cata posizione di privilegio nella soggezione alle disposizioni codicisti che dettate in materia di responsabilità civile e, più in particolare, al

precetto di cui all'art. 2051 c.c. (v. Caringella, osservazioni a Cass. 23 marzo 1992, n. 3594, Foro it., 1993, I, 198).

Il punto di partenza — costituito dall'assunto secondo il quale, per determinate categorie di beni pubblici (come appunto le strade) caratte rizzati dalla notevole estensione e dall'uso generalizzato e diretto da

parte dei terzi, l'impossibilità di un'adeguata vigilanza del custode im

pedisce l'applicazione della fattispecie di cui all'art. 2051 — è noto al meno quanto la vasta e consolidata giurisprudenza in materia di insidia e trabocchetto cui, in definitiva, restano affidate le residue speranze di risarcimento dello sfortunato viandante, incappato in una pubblica via (sull'argomento è d'obbligo il rinvio a Comporti, Presunzioni di

responsabilità e pubblica amministrazione: verso l'eliminazione di privi legi ingiustificati, id., 1985, I, 1497, anche per un dettagliato sunto dell'evoluzione giurisprudenziale che ha progressivamente trasformato le nozioni di insidia e trabocchetto da situazioni esemplificative dell'at tività colposa della pubblica amministrazione chiamata a rispondere ex art. 2043 c.c. del danno prodotto, in veri e propri fatti costitutivi della

responsabilità del pubblico amministratore). Ma al lettore saranno altrettanto note le critiche che, da sempre, la

dottrina ha avuto cura di annotare a margine di decisioni che rischiava no di sfiorare il limite della legittimità costituzionale per l'ingiustificata disparità di trattamento fra custode pubblico e custode privato (v. Pret. Lecce 7 aprile 1994, id., Rep. 1994, voce Responsabilità civile, n. 135) o che, più semplicemente, escludevano l'applicazione dell'art. 2051 an che nell'ipotesi di danni cagionati da beni, la cui limitata estensione indubbiamente avrebbe consentito un'adeguata vigilanza da parte del custode (v., fra tutte, Cass. 23 marzo 1992, n. 3594, cit., che ha escluso la responsabilità del comune in ordine ai danni subiti da un'avvocato a seguito di una caduta da una pedana in un'aula di giustizia; Pret. Bari 13 maggio 1992, id., 1993, I, 2731, relativa, invece, alle lesioni subite da un passante inciampato su una sbarra metallica posta a pochi centimetri da terra e collegata con due pali metallici, destinati a soste nere un pannello pubblicitario; e cfr. le argomentazioni di Frumento, Allargamento di strade, danni, valutazione equitativa, commento a Cass. 27 dicembre 1995, n. 13114, in Danno e resp., 1996, 356; Cendon, La responsabilità extracontrattuale, Milano, 1994, 351).

Non che vi sia stata, quindi, recente necessità di ingrossare i prover biali fiumi di inchiostro già versati per chiarire, ove ve ne fosse mai stato bisogno, che gli argini posti dalla giurisprudenza all'applicazione dell'art. 2051 nei confronti del custode-pubblico paiono, in più punti, decisamente instabili (v., per tutti, Franzoni, Dei fatti illeciti, in Com mentario Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1993, 568; nonché La respon sabilità oggettiva, Padova, 1988, I, 432, che, nel contesto di una rilettu ra in termini di responsabilità oggettiva della fattispecie in esame, au

spica il superamento della logica del privilegio concessa alla pubblica amministrazione, analogamente a quanto avvenuto per l'art. 2050 c.c.).

Il rinnovato interesse verso questo capitolo della responsabilità civile è apparso, piuttosto, giustificato da un recente, sommesso mutamento di rotta del giudice di legittimità, sensibilmente attratto da alcune argo mentazioni della dottrina. In questo senso, infatti, si è voluta leggere la recente puntualizzazione della Cassazione, tesa a chiarire come le due condizioni necessarie per la non applicazione dell'art. 2051, e cioè la notevole estensione del bene e il suo uso generale e diretto da parte dei terzi, restano mere situazioni rappresentative dell'impossibilità di un concreto esercizio del potere di controllo e di vigilanza sulla res, sì che, anche il solo venir meno di una di esse, giustifica l'applicazione della più rigorosa fattispecie di responsabilità prevista per il custode

(v., sul punto, Laohezza, Alta tensione sull'art. 2051: l'Enel e i danni da elettrodotto, in Danno e resp., 1996, 351, e cfr. Cass. 15 gennaio 1996, n. 265, Foro it., Mass., 29, e 21 gennaio 1987, n. 526, id., 1987, I, 786). Ben poca cosa, si sarà pensato, considerando il permanere della cennata disparità di trattamento ma, già in quel contesto, era difficile non distinguere, sia pure tra le righe, i segni di qualche crepa nella tradizionale sfera di intangibilità riservata alla pubblica amministrazione.

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1599 PARTE PRIMA 1600

Precisamente, la corte — ferma restando l'estraneità della

s.p.a. Safco, chiamata in causa dall'Acierno il quale aveva ec

cepito il difetto di legittimazione passiva — riformava la statui

zione dei primi giudici circa l'affermata responsabilità del co

mune che invece escludeva sul rilievo che tra il comune e l'A

Conferma è nell'odierna sentenza che, nel ribadire come l'ente pro prietario della strada rimanga il principale obbligato, sia sotto il profilo dell'osservanza del principio del neminem laedere, sia con riguardo alla

più rigorosa responsabilità prevista per i danni cagionati da cose in

custodia, espressamente puntualizza che dalla proprietà pubblica del co mune sulle strade poste all'interno dell'abitato discende non solo l'ob

bligo della manutenzione, ma anche quello della custodia, con conse

guente operatività dell'art. 2051. Il radicale cambio di prospettiva ri

spetto ad altre pronunce, anche di un recente passato (v., fra tutte, Cass. 24 gennaio 1995, n. 809, id., Rep. 1995, voce Strade, n. 31; 16 marzo 1982, n. 1703, id., Rep. 1982, voce cit., n. 25; Pret. Ancona 23 dicembre 1991, id., Rep. 1992, voce cit., n. 20; Trib. Arezzo 24

luglio 1991, ibid., n. 22; Trib. Lanciano 23 novembre 1990, ibid., n. 24; e, più di recente, Pret. Torino 13 maggio 1996, con osservazioni di Laghezza in Danno e resp., 1996, 775), non può certamente passare inosservato, risolvendosi nell'implicita affermazione che il potere di fat to sulla res, quale condizione di ammissibilità della responsabilità del custode, non può essere escluso da un semplice riferimento alla natura del bene, ma deve essere accertato caso per caso e con rigore, al punto da concludere che la rete stradale urbana costituisce bene di estensione sufficientemente limitata da rendere possibile un adeguato controllo da

parte della pubblica amministrazione e, quindi, la sua soggezione alla norma di cui all'art. 2051.

Il richiamo giurisprudenziale in motivazione (sono citate Cass. 27 gen naio 1988, n. 723, Foro it., Rep. 1989, voce Responsabilità civile, n. 141, che ha confermato la responsabilità del comune per i danni, cagio nati ad un'abitazione, da infiltrazione di acqua piovana conseguente alla difettosa esecuzione di opere lungo la contigua strada comunale; Cass. 3 giugno 1982, n. 3392, id., Rep. 1983, voce cit., n. 121, che ha condannato l'amministrazione comunale per i danni alla stabilità di alcuni edifici conseguenti ai lavori di abbassamento della sede strada le eseguiti da terzi) non è, peraltro, privo di significato, riguardando due dei precedenti più frequentemente richiamati dalla dottrina, quali esempi di condanna della pubblica amministrazione, in qualità di custo de di beni demaniali (v. Franzoni, Dei fatti illeciti, cit., 569). A tacer d'altro, tale revirement giurisprudenziale potrebbe risolversi in un dra stico ridimensionamento degli enigmatici dogmi dell'insidia e del tra bocchetto, anche se, per il momento, sembra essere limitato alle sole ipotesi di danni subiti in occasione di lavori su beni di proprietà muni

cipale concessi in appalto a terzi (per un esame della responsabilità del custode nel caso di appalto non implicante il totale trasferimento al

l'appaltatore del potere di fatto sull'immobile, ci limitiamo ad un rin vio a Cass. 30 maggio 1996, n. 5007, Foro it., 1996, I, 3738). Il passo verso un'applicazione dell'art. 2051, estesa anche ai sinistri connessi alla circolazione di autoveicoli e riconducibili direttamente all'omessa o cattiva manutenzione della rete stradale urbana, non appare proibiti vo e varrebbe a schivare il rischio della creazione di una nuova, ingiu stificata, disparità di trattamento fra il comune viandante ed il condu cente di un automezzo.

Se è vero, infatti, che non si può prescindere dall'argomentazione, diffusamente ribadita in alcune recenti pronunzie (v. Pret. Torino 13 maggio 1996, cit.), secondo cui l'attività di circolazione degli autoveico li è per sua natura pericolosa ed è ammessa, per l'ovvia utilità generale che ne deriva, solo attraverso l'imposizione, agli automobilisti, di parti colari obblighi di prudenza (il riferimento è agli art. 140, 141 cod. stra da), è altrettanto evidente che da essa può solo farsi discendere la ne cessità di un maggiore rigore nella valutazione del fatto colposo del danneggiato, e non anche l'ulteriore conseguenza dell'inversione dell'o nere della prova posta in essere con la teoria dell'insidia e del traboc chetto, né la ratio giustificatrice di un'eventuale distinzione fra i danni subiti dall'automobilista e dal pedone (con particolare riferimento ad alcune considerazioni sul testo unico delle leggi sui lavori pubblici del 1865, v. Ai.ibrandi, Sinistri connessi alla manutenzione delle strade e responsabilità della pubblica amministrazione, in Arch, circolaz., 1986, 769, e, più in generale, Mazzocca, La responsabilità civile della pub blica amministrazione per i danni conseguenti all'omessa manutenzione delle opere stradali, in Riv. giur. circolaz. e trasp., 1977, 621).

Si profila, se mai, con ancor maggiore chiarezza, la necessità di ri condurre, per un definitivo assetto della materia, il giudizio di respon sabilità della pubblica amministrazione per difetto di manutenzione del le strade (occorre, ora, aggiungere extraurbane) nella completa applica zione dell'art. 2043 c.c., con conseguente maggiore libertà di azione nell'individuazione del comportamento colposo dell'amministrazione e senza alcun ostacolo alla valutazione del concorrente fatto colposo del danneggiato (v., sul punto, Comporti, cit., 1507, che sottolinea anche come la teoria dell'insidia e trabocchetto cancelli, tra l'altro, la possibi lità di un'applicazione dell'art. 1227, 1° comma, c.c., sul concorso del fatto colposo della vittima, argomento sul quale cfr. anche App. Roma 30 settembre 1987, Foro it., 1988, I, 261). [P. Laghezza]

Il Foro Italiano — 1997.

cierno era stato stipulato un contratto di appalto e pertanto il comune non era tenuto ad effettuare alcuna sorveglianza né a dirigere il traffico nell'area oggetto dell'appalto; osservava la corte al riguardo che si trattava nella specie di rifare il manto bituminoso di una strada del comune, e l'appaltatore aveva as sunto ai sensi dell'art. 1655 c.c. a proprio rischio l'organizza zione dei mezzi necessari, godendo di ampia autonomia, ma assumendosi completa responsabilità (tutte le attività di precau zione e di salvaguardia dell'incolumità di terzi facevano carico

all'appaltatore, e il fatto che furono mandati sul posto alcuni

vigili urbani non costituiva assunzione di responsabilità da par te del comune).

Riformava la corte anche la statuizione dei primi giudici, cir ca l'affermata responsabilità dell'Acierno e attribuiva all'Acier no il settanta per cento della responsabilità, emergendo la colpa della stessa infortunata per il trenta per cento dato che la Bor relli agì in fretta e con disattenzione.

Ricorre per cassazione la Borrelli, in base ad un solo motivo. Resiste il comune con controricorso.

Motivi della decisione. — Con unico motivo la ricorrente de nunzia la violazione e falsa applicazione degli art. 8, lett. c, e 13 cod. strada, 1655 e 2051 c.c., 5 r.d. 15 novembre 1923 n. 2506, nonché insufficiente motivazione e omesso esame di

punti decisivi rilevabili d'ufficio, in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c., e deduce che erroneamente i giudici di appello sono pervenuti all'addebito della responsabilità al solo appalta tore Acierno e non pure al comune appaltante, omettendo di tenere conto che l'intervento di manutenzione si svolgeva su

pubblica strada, rimasta aperta al traffico personale e veicolare, e che l'ente proprietario della strada rimaneva il principale ob

bligato sia sotto il profilo dell'osservanza del principio del ne minem laedere sia con riguardo alla custodia con conseguente operatività della presunzione di responsabilità ai sensi dell'art. 2051 c.c. anche rispetto ai terzi incaricati dell'esecuzione di la vori sui beni oggetto della proprietà pubblica.

La censura è fondata. Alla stregua dell'orientamento ripetu tamente accolto dalla giurisprudenza del Supremo collegio (cfr. Cass. 3 giugno 1982, n. 3392, Foro it., Rep. 1983, voce Re

sponsabilità civile, n. 121; 27 gennaio 1988, n. 723, id., Rep. 1989, voce cit., n. 141), dalla proprietà pubblica del comune sulle strade poste all'interno dell'abitato (art. 16, lett. b, 1. 20 marzo 1865 n. 2248, all. F) discende non solo l'obbligo dell'en te alla manutenzione, come stabilito dall'art. 5 r.d. 15 novem bre 1923 n. 2056, ma anche quello della custodia con conse

guente operatività, nei confronti dell'ente stesso, della presun zione di responsabilità ai sensi dell'art. 2051 c.c. qualora abbia omesso di vigilare al fine di impedire che terzi incaricati dell'e secuzione di lavori sui beni oggetto della detta proprietà vi pro cedessero in guisa tale da determinare danno ad altri.

Nella specie, i giudici di appello si sono discostati da tale

principio — che qui si riconferma —, omettendo di considerare che permaneva a carico del comune l'obbligo della sorveglianza sotto il profilo dell'art. 2051 c.c. dato che la strada, aperta al transito pedonale e veicolare, rimaneva anche nell'orbita del po tere di governo (custodia) del comune proprietario, tanto che esso aveva inviato sul posto alcuni vigili urbani; i giudici mede simi hanno omesso in particolare di valutare, sempre in relazio ne al paradigma del disposto dell'art. 2051 c.c., le circostanze inerenti all'obbligo di vigilare al fine di impedire che terzi, inca ricati dell'esecuzione dei lavori, vi procedessero in guisa tale da determinare danno a soggetti cui l'ente proprietario, nono stante l'esecuzione dei lavori, consenta l'accesso sul teatro degli stessi, ancorché in mancanza degli opportuni apparati di pro tezione.

Il ricorso, pertanto, va accolto, e l'impugnata sentenza deve essere cassata sul punto, con rinvio della causa (per un nuovo esame in base al principio su richiamato) ad altra sezione della Corte di appello di Napoli.

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