sezione III civile; sentenza 22 maggio 1997, n. 4562; Pres. Sciolla Lagrange Pusterla, Est. Duva,P.M. Morozzo Della Rocca (concl. conf.); Roccio (Avv. Barenghi, Vizzardelli) c. Soc. Saiassicurazioni; Soc. Sai assicurazioni e Ferrari (Avv. Perilli, Belli Paci) c. Roccio. Cassa App.Milano 24 ottobre 1995Source: Il Foro Italiano, Vol. 120, No. 9 (SETTEMBRE 1997), pp. 2473/2474-2477/2478Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23191678 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
sultanze sulle quali il convincimento del giudice è fondato, sic
ché la ratio decidendi venga a trovarsi priva di base.
La Corte d'appello di Milano considerò le deposizioni dei
testi Olcelli (amica del ricorrente, con cui lei si trovava a sciare) e Somaini (dipendente della Sib ed intento a spalare la neve
prima del passaggio dei due sciatori), e — preso atto che la
prima aveva riferito d'avere visto il Mutti a terra allorché, giun ta in fondo al raccordo, s'era voltata verso di lui, e che il se
condo aveva dichiarato di avere visto i suddetti scendere dalla
seggiovia e procedere appaiati, e di avere poi visto il Mutti ca
dere — giunse alla conclusione che non era rimasta identificata
la causa della caduta.
Ebbene, tale conclusione non sembra contraddicibile con giu dizio di certezza dagli elementi probatori dedotti nel mezzo, non
essendo di tale rilevanza da annullare il significato delle risul
tanze espressamente considerate dalla corte d'appello. Per la precisione, l'impossibilità di uscire dal raccordo, in
quanto delimitato da cumuli di neve, e la presenza di «grumi di neve» sul raccordo stesso non conducono necessariamente
ad affermare che la caduta del Mutti avvenne per causa di tali
circostanze, laddove poi, se il dipendente della Sib si tolse dal
raccordo al sopraggiungere di quest'ultimo, non potè essere di
ostacolo per lui.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 22 mag
gio 1997, n. 4562; Pres. Sciolla Lagrange Pusterla, Est.
Duva, P.M. Morozzo Delia Rocca (conci, conf.); Roccio
(Avv. Barenghi, Vizzardelli) c. Soc. Sai assicurazioni; Soc.
Sai assicurazioni e Ferrari (Avv. Perilli, Belli Paci) c. Roc
cio. Cassa App. Milano 24 ottobre 1995.
Minore agli effetti civili — Fatto illecito — Conseguenze invali
danti — Risarcimento — Transazione — Atto di straordina
ria amministrazione — Autorizzazione del giudice tutelare
(Cod. civ., art. 320).
La transazione, stipulata nell'interesse del minore dal genitore esercente la potestà, costituisce atto di straordinaria ammini
strazione qualora abbia ad oggetto il risarcimento del danno
da invalidità permanente per il minore e si accerti che il nego
zio transattivo comporta una valutazione complessa e diffici le del pregiudizio, nonché un'incidenza economica di rilevan
te gravità per il minore, potendo modificare la sua vita pre sente e futura. (1)
(1) L'elencazione degli atti che ai sensi dell'art. 320 c.c. non possono essere compiuti senza l'autorizzazione del giudice tutelare è meramente
semplificativa (clarius, v. Cass. 18 maggio 1957, n. 1809, Foro it., Rep. 1957, voce Minore civile, n. 7; in sordina, cfr. Cass. 14 luglio 1988,
Lupo, id., Rep. 1989, voce cit., n. 13; Trib. Bologna 14 marzo 1995,
id., Rep. 1995, voce cit., n. 25, e Lavoro giur., 1995, 744, con nota
di Feverati), sicché si presenta indispensabile l'individuazione di un
criterio discretivo tra gli atti di ordinaria amministrazione e atti di straor
dinaria amministrazione. La giurisprudenza è assolutamente pacifica nel
l'affermare che la distinzione tra atti di ordinaria e straordinaria ammi
nistrazione riposa sul criterio economico della maggiore o minore im
portanza patrimoniale degli atti stessi, vale a dire del loro grado di
incidenza economica sul patrimonio amministrato ex art. 320 (cfr. Cass.
6 aprile 1995, n. 4015, Foro it., Rep. 1995, voce Confessione civile, n. 8, e Dir. famiglia, 1995, 1418; 21 febbraio 1969, n. 592, Foro it.,
Rep. 1969, voce Minore civile, n. 2; 10 agosto 1966, n. 2173, id., Rep.
1966, voce cit., n. 9). Nello stesso ordine di idee si è precisato che
l'individuazione degli atti eccedenti l'ordinaria amministrazione va ef
fettuata in base all'esame della funzione dell'atto di gestione del patri monio del figlio minore: segnatamente, qualora gli effetti dell'atto ge storio riflettano la conservazione ed il miglioramento del patrimonio o la regolamentazione e la disponibilità delle rendite, l'atto deve classi
ficarsi tra gli atti di ordinaria amministrazione, mentre, quando gli ef
II Foro Italiano — 1997.
Svolgimento del processo. — Con sentenza non definitiva del
19 novembre 1990, il Tribunale di Milano, pronunciando sulla
domanda propota da Roccio Luca nei confronti di Ferrari Gem
ma e della compagnia assicuratrice di questa — s.p.a. Sai —
annullava l'accordo transattivo 30 luglio 1987 stipulato tra Roc
cio Giancarlo (parte dell'istante) e la s.p.a. Sai, avente per og
getto il risarcimento dei danni subiti dall'attore (allora mino
renne) in conseguenza dell'incidente stradale verificatosi il 31
agosto 1985 in Abbiategrasso allorché il ciclomotore condotto
dal minore Roccio veniva a collisione con l'autovettura condot
ta dalla convenuta Ferrari Gemma.
In particolare, il tribunale, qualificata come azione di annul
lamento ai sensi dell'art. 322 c.c. la pretesa dell'attore, ne rav
visava i presupposti dato che la transazione era stata stipulata senza l'autorizzazione del giudice tutelare, dovendo considerar
si che la transazione veniva ad acquisire la qualità di atto di
straordinaria amministrazione per la gravità del danno cui essa
si riferiva, costituito da lesioni personali (frattura della gamba
sinistra) con postumi invalidanti a carattere permanente del sei
per cento secondo la tesi della compagnia assicuratrice e del
fetti dell'atto incidono direttamente sul patrimonio del minore, per via di modificazioni o trasferimenti idonei ad alterarne la consistenza, l'at to medesimo deve considerarsi come di straordinaria amministrazione
(cfr. Cass. 16 febbraio 1966, n. 484, ibid., n. 7; 9 ottobre 1962, n.
2893, id., Rep. 1962, voce cit., n. 6; 21 maggio 1957, n. 1810, id.,
Rep. 1957, voce cit., n. 28). In base alle linee guida tracciate dal prefato orientamento giurispru
denziale, la Suprema corte, nella sentenza in epigrafe, ha affermato
che la transazione sul risarcimento del danno alla persona del minore,
stipulata dai genitori esercenti la potestà, si configura come atto ecce dente l'ordinaria amministrazione qualora ricorrano tre condizioni: a) il danno subito dal minore consiste nell'invalidità psicofisica a carattere
permanente; ti) il negozio transattivo sull'oggetto in discorso ha un'in
cidenza economica di rilevante gravità sul patrimonio del minore, po tendo modificare la sua vita presente e futura; c) infine, la stipulazione della transazione implica una valutazione complessa e difficile del pre
giudizio subito dal minore. A dispetto della prima impressione, la soluzione giurisprudenziale ora
delineata non si discosta dall'orientamento interpretativo della Cassa
zione in subiecta materia, piuttosto, ne rappresenta un correttivo. Se
condo la tradizionale idea liberale dei giudici di legittimità, i genitori che intendono concludere una transazione avente ad oggetto la pretesa risarcitoria del danno subito dal figlio minore non devono munirsi del
l'autorizzazione rilasciata dal competente giudice tutelare, perché la tran
sazione rientrerebbe nella categoria degli atti di ordinaria amministra
zione adottabili con le modalità previste dall'art. 320 (cfr. Cass. 11
gennaio 1989, n. 59, id., Rep. 1989, voce cit., n. 12; 14 maggio 1980, n. 3183, id., Rep. 1980, voce cit., n. 14, menzionata anche in motiva
zione; 30 marzo 1968, n. 1008, id., 1968, I, 1497). Siffatta interpreta zione, peraltro, costituisce sviluppo del consolidato indirizzo giurispru denziale inteso ad affermare che l'azione di risarcimento danni, pro mossa dai genitori nell'interesse del figlio minore, non si risolve in un
atto eccedente l'ordinaria amministrazione, cosicché non deve essere pre ceduta dall'assenso del giudice tutelare (cfr. Trib. Cagliari 8 agosto 1989,
id., Rep. 1995, voce cit., n. 22, e Riv. giur. sarda, 1995, 53, con nota
di Furcas; Cass. 15 dicembre 1980, n. 6503, Foro it., Rep. 1981, voce
cit., n. 3, e Giur. it., 1981, I, 1, 1453; 13 gennaio 1981, n. 294, Foro
it., 1981, I, 1325). L'interpretazione giurisprudenziale che considera co
me atti non eccedenti l'ordinaria amministrazione l'azione di risarci
mento e la relativa transazione, aventi ad oggetto le conseguenze dan
nose subite dal minore in potestate, non è dunque disattesa dalla odier
na sentenza, ma emendata nella parte in cui, in ordine alla configurabilità dell'ordinaria gestione, non tiene conto delle circostanze in presenza delle quali interviene il negozio transattivo, né dei suoi effetti sugli inte
ressi del minore. Alle corte la pronuncia in rassegna deve essere intesa
nel senso che solo in presenza delle tre condizioni sopra tratteggiate la transazione, relativa alle conseguenze dannose sofferte dal minore, si configura come atto di straordinaria amministrazione, richiedente in
quanto tale il rilascio dell'autorizzazione del giudice tutelare.
Su posizioni diametralmente opposte al tradizionale corrente giuris
prudenziale in materia di transazione sul risarcimento del danno perpe trato sul minore, si pone, invece, Trib. Roma 30 giugno 1992, id., 1993,
I, 961, secondo cui costituisce sempre atto eccedente l'ordinaria ammi
nistrazione la transazione stipulata dal genitore sulla pretesa al ristoro
dei danni alla persona del figlio minore che abbia riportato un'invalidi
tà permanente. In dottrina, per un inquadramento generale della materia degli atti
di ordinaria e straordinaria amministrazione compiuti dai genitori nella
gestione del patrimonio del figlio minore, v. L. Ferri, Potestà dei geni
tori, in Commentario Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1988, 60.
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2475 PARTE PRIMA 2476
dodici per cento secondo l'assunto dell'attore, lesioni da non
potersi definire di entità irrilevante.
In sede di gravame, la Corte di appello di Milano, con sen
tenza del 24 ottobre 1993, in riforma della decisione impugna
ta, rigettava la domanda di annullamento dell'accordo transat
tivo proposta da Roccio Luca e dichiarava conseguentemente
preclusa la pretesa avanzata da quest'ultimo di ottenere una
nuova liquidazione del danno.
La corte — sui punti che qui interessano — rilevava: — era anzitutto insussistente nella pronunzia di primo grado
il vizio di extrapetizione, dedotto (in sede di appello) dalla soc.
Sai e dalla Ferrari sotto il profilo che nell'atto introduttivo del
giudizio non vi sarebbe una domanda interpretabile o qualifica bile come domanda di annullamento della transazione: doveva
invero (affermava la corte) ravvisarsi l'inequivoco riferimento
dell'attore al disposto degli art. 320 e 322 c.c.; — peraltro, la transazione in questione, essendo diretta a com
porre una controversia risarcitoria, non poteva considerarsi at
to eccedente l'ordinaria amministrazione e quindi non doveva
essere previamente autorizzata dal giudice tutelare; — il genitore del Roccio, come avrebbe potuto promuovere
il giudizio risarcitorio per i danni del minore senza munirsi del
l'autorizzazione del giudice tutelare (trattandosi di azione diret
ta alla reintegarzione del patrimonio e non quindi alla modifica
della struttura e della consistenza del patrimonio medesimo), allo stesso modo ben poteva transigere la relativa controversia
senza detta autorizzazione; — la transazione era, pertanto, valida, sicché doveva respin
gersi la domanda di annullamento ed era in conseguenza pre clusa una nuova liquidazione del danno.
Ricorre per cassazione Roccio Luca, in base a tre motivi, de
positando anche memoria. Resistono unitamente la s.p.a. Sai
e la Ferrari con controricorso e propongono ricorso incidentale
condizionato, impostato su un solo motivo.
Riguardo all'ulteriore iter processuale della causa successiva
mente alla sentenza non definitiva 19 novembre 1990 di cui so
pra, veniva emessa dal Tribunale di Milano la sentenza 29 mar
zo 1993 che provvedeva alla liquidazione del quantum-, quest'ul tima sentenza veniva del tutto riformata dalla Corte di appello di Milano con la sentenza 24 ottobre 1995 che dichiarava non
dovute a Roccio Luca le somme risarcitone attribuitegli. Ricorre quindi per la cassazione di tale sentenza 24 ottobre
1995 il Roccio, in base a cinque motivi, depositando anche me
moria; resistono unitamente la s.p.a. Sai e la Ferrari con con
troricorso.
Motivi della decisione. — I ricorsi — 2781/94, 4326/94, 2408/96 — vanno riuniti, trattandosi di sentenze emesse in uni
ca causa, ed operando il disposto dell'art. 335 c.p.c. quanto ai ricorsi 2781/94 e 432694.
Con il primo motivo prospettato in entrambi i ricorsi propo sti dal Roccio, si denunzia «l'erronea valutazione della doman da di annullamento della transazione ai sensi degli art. 320 e 322 c.c. in relazione alla mancanza dell'autorizzazione del giu dice tutelare», oltre che «l'identificazione della domanda risar
citoria come atto di ordinaria amministrazione e non come atto di straordinaria amministrazione nel caso di gravissimo danno di natura fisica, biologica e morale» con violazione dell'art. 320, 3°, 4°, 6° comma, c.c., e dell'art. 32 Cost.; si deduce che la
transazione in questione era certamente atto eccedente l'ordina
ria amministrazione incidendo in particolare sul danno biologi co, strettamente legato alla persona, di carattere cioè persona
lissimo, ed esigeva quindi per i suoi gravi riflessi l'autorizzazio
ne del giudice tutelare, mentre i giudici d'appello si sono orientati secondo criteri in contrasto con le più recenti elaborazioni in
tema di danno biologico. La censura è fondata nei sensi qui di seguito delineati.
Il dato normativo — nel sistema del codice civile vigente —
non precisa il criterio distintivo fra atti di ordinaria ammini
strazione e atti eccedenti l'ordinaria amministrazione, e tale ri
lievo vale in generale, con riferimento cioè ai vari settori in cui si articola l'amministrazione (gestione in materia commer
ciale, comunione di diritti reali, gestione del patrimonio degli incapaci di agire). Si rinvengono disposizioni di legge che elen
cano, a titolo esemplificativo e non in modo tassativo, alcune
categorie di atti espressamente dichiarati di ordinaria ammini
strazione o ecedenti l'ordinaria amministrazione per i quali ulti mi è richiesta l'autorizzazione del giudice, senza dare la nozione
Il Foro Italiano — 1997.
dell'atto di ordinaria amministrazione o di atto eccedente l'or
dinaria amministrazione, sicché si è posta l'esigenza di perveni re, in base all'analisi delle elencazioni legislative, alla definizio
ne di un criterio di discriminazione fra amministrazione ordina
ria e amministrazione straordinaria.
Limitando l'esame — nel paradigma della presente contro
versia — all'ambito dell'amministrazione del patrimonio degli
incapaci di agire e più precisamente del minore (negli altri setto
ri emergono angolazioni diverse pur nell'identità del problema
fondamentale), si deve considerare che il criterio distintivo —
fra amministrazione ordinaria e amministrazione straordinaria — assolutamente prevalente in dottrina e nella giurisprudenza è costituito dal riferimento alla conservazione, alla fruttificazio
ne e al miglioramento del patrimonio, senza incidere sulla so
stanza di questo perché in collegamento con le rendite, quanto
agli atti di ordinaria amministrazione, ed è caratterizzato, inve
ce, quanto agli atti di amministrazione straordinaria, dalla inci
denza sulla sostanza del patrimonio nel senso che l'atto può intaccare la sostanza del patrimonio modificandone l'entità o
la composizione. In concreto, l'orientamento dominante pone il fondamento della distinzione fra le due categorie di atti con
riguardo al concetto di conservazione del patrimonio (nella giu risprudenza della Suprema corte, detto indirizzo, anche recente
mente più volte affermato, è molto risalente nel tempo: cfr., in particolare, Cass. 21 agosto 1952, n. 2715, Foro it., 1953,
I, 333; 6 febbraio 1954, n. 308, id., 1954, I, 1384; 11 gennaio 1957, n. 44, id., Rep. 1957, voce Minore età, n. 9; 29 aprile 1957, n. 1448, id., 1957, I, 1731; 30 marzo 1968, n. 1008, id., 1968, I, 1497; 19 aprile 1974, n. 1079, id., Rep. 1974, voce
Minore civile, n. 2; 15 febbraio 1980, n. 6503, id., Rep. 1980, voce cit., n. 7; 13 gennaio 1981, n. 294, id., 1981, I, 1325; 9 giugno 1983, n. 3977, id., Rep. 1983, voce cit., n. 7; 11 gen naio 1989, n. 59, id., Rep. 1989, voce cit., n. 12; 20 dicembre
1991, n. 13778, id., Rep. 1991, voce Successione ereditaria, n.
44; 12 marzo 1994, n. 2430, id., 1995, I, 1305; 6 aprile 1995, n. 4015, id., Rep. 1995, voce Confessione civile, n. 8).
Si è invece sostenuto da una parte della dottrina, in opposi zione alla teoria tradizionale, che criterio distintivo più idoneo
sia costituito dall'esistenza o meno di un rischio per il patrimo nio, venendo l'esistenza del rischio patrimoniale a caratterizzare
gli atti di amministrazione straordinaria; peraltro, in ordine a
tale costruzione giuridica si è formulata l'obiezione (qui condi
visa) che il criterio di attività richiesta per il patrimonio ammi
nistrato può certamente costituire un limite al potere di chi agi sce, ma tale limite può valere soltanto nel rapporto interno con
l'interesato come fonte di responsabilità o di altre conseguenze di legge, e non anche nei confronti del terzo contraente che
verrebbe gravato dall'onere di una valutazione a volte impossi bile o comunque difficile della situazione del patrimonio ammi
nistrato.
Ferma restando quindi l'impostazione tradizionale sopra ri
chiamata, si pone nell'ambito di essa una questione più partico lare che è quella — prospettata dal ricorrente — della qualifica zione della ricorrente — della qualificazione della transazione. Si tratta cioè di stabilire in linea di principio quale posizione assuma la transazione con riferimento all'esaminata discrimina zione degli atti di amministrazione, e nell'ambito della normati va sulla potestà dei genitori che appunto interessa ai fini della
presente controversia.
Rispetto alle tesi elaborate dalla dottrina (la transazione non
è, in se e per se, atto di straordinaria amministrazione; la tran
sazione è semrpe un atto di straordinaria amministrazione; la
transazione è atto di straordinaria amministrazione ma la disci
plina è meno rigorosa con riguardo alla potestà dei genitori a norma dell'art. 320 c.c., in quanto per la transazione è richiesta
l'autorizzazione solo se il negozio transattivo si riferisce ad un
atto di straordinaria amministrazione) la giurisprudenza del Su
premo collegio ha affermato, alla stregua del parallelismo tra
proposizione del giudizio e transazione, che è prescritta l'auto rizzazione solo quando la lite, e quindi la transazione, verta su un atto di straordinaria amministrazione.
La fattispecie in esame attiene ad una transazione riferita in
concreto al risarcimento del danno da fatto illecito. Sul punto, nella giurisprudenza della Suprema corte si rin
vengono le seguenti statuizioni costantemente affermate: — l'autorizzazione per transigere è necessaria solo per i giu
dizi relativi ad atti eccedenti l'ordinaria amministrazione (cfr.,
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
in particolare, Cass. 30 marzo 1968, n. 1008, cit.; 21 febbraio
1969, n. 592, id., Rep. 1969, voce Minore civile, n. 3; 14 mag
gio 1980, n. 3183, id., Rep. 1980, voce cit., n. 14; 11 gennaio
1989, n. 59, cit.); — il giudizio nel quale si esercita l'azione di risarcimento e
a maggior ragione quello in cui si agisce per la liquidazione dei danni nell'interesse del minore non possono essere ritenuti
relativi ad atti eccedenti l'ordinaria amministrazione poiché-questi
giudizi sono volti ad incrementare il patrimonio del minore e
non possono mai determinare la perdita e la diminuzione di
beni già acquisiti al patrimonio del minore (cfr., in particolare, Cass. 6 febbraio 1954, n. 308, cit.; 13 ottobre 1956, n. 3575,
id., Rep. 1956, voce Minore età, n. 20; 29 aprile 1957, n. 1448,
cit.; 19 aprile 1974, n. 1079, cit.; 15 dicembre 1980, n. 6503, cit.; 13 gennaio 1981, n. 294, cit.; 9 giugno 1983, n. 3977, cit.; 11 gennaio 1989, n. 59, cit.);
— non occorre quindi l'autorizzazione del giudice tutelare per ché il genitore possa promuovere, nell'interesse del figlio mino
re, giudizio di risarcimento e di liquidazione di danni (cfr. pro nunzie di cui al capoverso precedente);
— nei giudizi che si possono promuovere senza autorizzazio
ne questa non è necessaria neppure perché il genitore possa tran
sigere la lite (cfr. pronunzie di cui al 1° e al 2° capoverso).
L'impostazione giuridica che emerge da tali formulazioni si
fonda, da un lato, sul presupposto della conservazione del pa trimonio quale criterio tradizionale di discriminazione fra am
ministrazione ordinaria e straordinaria, e, dall'altro, sulla con
siderazione che il risarcimento del danno non modifica la strut
tura e la consistenza del patrimonio del danneggiato sicché
l'azione risarcitoria è atto di ordinaria amministrazione e paral lelamente ha la medesima caratterizzazione la relativa transazione.
Detta costruzione giuridica, peraltro, esige una precisazione, che non risulta essere stata evidenziata dalla giurisprudenza del
la Suprema corte: l'atto transattivo, pur se connesso all'azione
di risarcimento del danno, può assumere l'incidenza economica
propria dell'atto eccedente l'ordinaria amministrazione, nell'am
bito di una situazione di particolare gravità per il danneggiato
(per la stipula al di fuori di ogni garanzia processuale e per la natura e la rilevante entità del danno). In concreto, in tale
particolare situazione l'accordo transattivo non può non consi
derarsi atto eccedente l'ordinaria amministrazione e necessita
dell'autorizzazione del giudice tutelare.
Nella specie, è stato rilevato dai giudici di merito che si tratta
di un danno per lesioni personali (frattura alla gamba sinistra) le quali hano certamente provocato postumi invalidanti a carat
tere permanente, lesioni incidenti sulla integrità psicofisica del
soggetto (e quindi sul bene della salute), sulla capacità di lavoro
e di guadagno, sulle relazioni con i terzi, con conseguenze desti
nate a protrarsi per tutta la durata della vita.
La transazione, date tali circostanze di fatto, pur se attinente
all'azione risarcitoria, si caratterizza come atto che autonoma
mente coinvolge in modo rilevante la posizione patrimoniale del
danneggiato. Occorre rilevare che nella transazione opera sia il rapporto
controverso sul quale il negozio stesso agisce, sia il contenuto
del negozio; si può quindi verificare che il rapporto sottostante
sul quale agisce il negozio transattivo sia un atto di amministra
zione ordinaria, e invece la transazione, per il contenuto e per
gli effetti, rientri tra gli atti di straordinaria amministrazione; la transazione potrebbe vincolare il minore in modo a lui sfavo
revole in ordine alla consistenza stessa del patrimonio che ver
rebbe a subire una diminuzione rilevante.
Tali formulazioni non contrastano con la portata dell'art. 320
c.c. (è questa la norma che qui interessa, data la controversia
di cui trattasi), poiché, alla stregua della disciplina legislativa, è certamente compresa tra gli atti di amministrazione straordi
naria non solo la transazione su un atto di amministrazione
straordinaria ma anche la transazione che per il suo contenuto
autonomo venga ad integrare di per sé un atto di straordinaria
amministrazione, indipendentemente dalla natura del rapporto controverso sottostante.
È ciò che potrebbe ipotizzarsi nella specie: l'accordo transat
tivo in questione, pur riferendosi ad una pretesa risarcitoria,
si prospettava eventualmente con un'incidenza economica di ri
levante gravità, potendo in concreto modificare la vita presente e futura del minore, leso nel bene primario della salute, e impli cando una valutazione complessa e difficile del pregiudizio.
Il Foro Italiano — 1997.
In siffatta ipotesi, l'accordo transattivo si dovrebbe configu rare come atto eccedente l'ordinaria amministrazione, soggetto all'autorizzazione del giudice tutelare.
I giudici di appello hanno omesso di prendere in considera
zione i rilievi su esposti, e si sono limitati a richiamare l'orien
tamento giurisprudenziale che qui viene riesaminato e precisato sotto un profilo diverso, e sono pervenuti quindi ad una con
clusione che appare priva di adeguato supporto giuridico. Le impugnate sentenze devono conseguentemente essere cas
sate in relazione alla censura accolta con rinvio della causa ad
altro giudice — indicato in dispositivo —, il quale si uniforme rà al seguente principio di diritto:
«Alla stregua della disciplina di cui all'art. 320 c.c., la tran
sazione stipulata, nell'interesse del minore, dal genitore esercen
te la potestà, con riferimento all'azione di risarcimento del dan
no da fatto illecito produttivo di conseguenze invalidanti, a ca
rattere permanente, per il minore, costituisce atto eccedente
l'ordinaria amministrazione, ove si accerti che il negozio tran
sattivo abbia un'incidenza economica di rilevante gravità, po tendo in concreto modificare la vita presente e futura del mino
re, leso nel bene primario della salute, e implicando una valuta
zione .complessa e difficile del pregiudizio, sicché in tal caso
la transazione richiede l'autorizzazione del giudice tutelare».
Gli altri motivi dei due ricorsi proposti dal Roccio sono as
sorbiti (il secondo e il terzo motivo di entrambi i ricorsi sono
identici e prospettano rispettivamente l'annullamento della tran
sazione ai sensi dell'art. 1429 c.c., e il vizio della transazione
ai sensi dell'art. 375 c.c.; il quarto e quinto motivo del secondo
ricorso del Roccio prospettano rispettivamente la violazione del
l'art. 295 c.p.c., e l'erroneo assorbimento nel danno oggetto della transazione anche del danno futuro, per effetto del trau
matismo, oltre che l'erroneo rgolamento delle spese di lite).
Quanto al ricorso incidentale condizionato interposto dalla
soc. Sai e da Ferrari Gemma, con l'unico motivo («violazione dell'art. 112 c.p.c.: vizio di extrapetizione o ultrapetizione della
sentenza di primo grado») le ricorrenti deducono che non era
stata affatto proposta dal Roccio una domanda di annullamen
to della transazione ma solo si era affremato dall'attore che
la transazione non era liberatoria, ciò che non poteva significa re in alcun modo che la transazione fosse viziata o nulla o an
nullabile, e si era semplicemente sostenuto che la transazione
fosse «non opponibile» al minore.
La censura (che ha carattere preliminare, sul piano logico
giuridico, rispetto al primo motivo — già trattato — di entram
bi i ricorsi interposti dal Roccio, ma viene ora esaminata dato
che essa è stata dedotta in via subordinata per l'ipotesi di acco
glimento del ricorso principale) va disattesa.
I giudici di appello hanno deciso nell'ambito della domanda
del Roccio correttamente interpretata con adeguata motivazio
ne. Detti giudici, in relazione all'effettiva volontà dalla parte manifestata e al provvedimento in concreto richiesto, con ri
guardo alla situazione dedotta in causa e al complesso delle de
duzioni articolate, hanno rilevato che il Roccio, affermando che
la transazione doveva essere approvata dal giudice tutelare e
che in assenza di tale approvazione l'atto era impugnabile dal
diretto interessato non appena lo stesso avesse raggiunto la mag
giore età, e concludendo che pertanto la transazione non può considerarsi libatoria né per la Sai né per la sua assicurata, ha fatto inequivoco riferimento al disposto degli art. 320 e 322
c.c., deducendo la mancanza dell'autorizzazione quale difetto
che rende invalido l'accordo transattivo in questione e ne impe disce ogni effetto. I giudici medesimi hanno statuito che non
è quindi dubitabile che la domanda del Roccio è diretta ad otte
nere l'annullamento della transazione ai sensi del combinato di
sposto degli art. 320 e 322 c.c.
II ricorso incidentale di cui trattasi deve essere, pertanto, ri
gettato (occorre aggiungere che non si ravvisano i presupposti della chiesta cancellazione di espressioni ritenute sconvenienti
e offensive dalla ricorrente Sai, rimanendo in sostanza il ricor
rente principale nell'ambito dell'intento difensivo senza che vi
sia una concreta lesione dell'interesse tutelato dalla legge).
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