Sezione III civile; sentenza 23 gennaio 1961, n. 99; Pres. Sagna P., Est. Salerni, P. M. Criscuoli(concl. conf.); Nicotra (Avv. Nicolosi-Alberti) c. TrovatoSource: Il Foro Italiano, Vol. 84, No. 2 (1961), pp. 211/212-215/216Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23151886 .
Accessed: 25/06/2014 01:48
Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp
.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].
.
Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.
http://www.jstor.org
This content downloaded from 195.34.79.82 on Wed, 25 Jun 2014 01:48:01 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
211 PARTE PRIMA 212
alcun rimedio, laddove, nella specie, il decreto della Corte
era impugnabile con l'opposizione, insieme alla sentenza
dichiarativa del fallimento : opposizione, per giunta, nella
specie, già istituita dai falliti nelle more della pronuncia
impugnata. E se così è, chiara ne consegue l'inammissi
bilità del ricorso per cassazione avverso la decisione di
inammissibilità della istanza di revoca contenuta nella
decisione impugnata. Nè vale sostenere, in contrario, che la pronuncia di
inammissibilità della istanza di revoca emessa dalla Corte
presenterebbe natura sostanziale di sentenza. È ovvio
che dei due aspetti in cui viene articolata la questione è
prevalente il primo, perchè ove si neghi radicalmente
l'ammissibilità di qualsiasi reclamo avverso il provve dimento che rimette gli atti al tribunale per la dichia
razione di fallimento, dovendosi considerare ormai esau
rito il particolare procedimento ex art. 22 legge fall., non può più contestarsi l'inammissibilità di qualsiasi im
pugnativa, il che rende superflua l'indagine diretta a sapere se la pronuncia di inammissibilità del reclamo si concreti
in un atto di natura contenziosa, impugnabile in via auto
noma per cassazione.
Per questi motivi, dichiara inammissibile, ecc.
Ili
La Corte, ecc. — (Omissis). Il ricorso, proposto contro
un decreto della Corte d'appello che, confermando il prov vedimento del Tribunale, respinse un'istanza per esten
sione del fallimento da un imprenditore individuale ad
una società di fatto, è chiaramente inammissibile, non
essendo quel provvedimento una « sentenza ».
Dal punto di vista formale, infatti, non vi è dubbio
clic il decreto disciplinato dall'art. 22 r. decreto 16 marzo
1942 n. 267 (e, per gli stessi motivi, anche l'analogo provve dimento pronunziato ai sensi dell'art. 147 della stessa
legge), col quale la corte d'appello respinge il reclamo
proposto contro un decreto del tribunale che ha rigettato l'istanza di fallimento, sia soggetto alle comuni disposizioni che regolano i procedimenti in camera di consiglio, di
« volontaria giurisdizione » ; ed in particolare alla norma
per la quale non è consentito alcun reclamo, e quindi, il
ricorso in Cassazione, contro i decreti della corte d'appello
(art. 739 cod. proc. civ.). Se la non impugnabilità in Cassazione del decreto
pronunciato ex art. 22 e 147 legge fall, è quindi certamente
stabilita dal sistema vigente all'epoca in cui fu redatta
la legge fallimentare ; analoga disciplina deve intendersi
mantenuta, anche dopo che, con l'entrata in vigore della
Costituzione del 1948, è stata sancita l'ammissibilità del
ricorso in Cassazione contro tutte le «sentenze» (art. 111). Questa Corte suprema ha, con orientamento ormai
costante, stabilito che, consentendo il riesame di legitti mità da parte della Cassazione di tutte le « sentenze », la Costituzione, a garanzia dei diritti di difesa delle parti nel giudizio, abbia inteso assicurare quel mezzo d'impu
gnazione anche contro quei provvedimenti che, quantunque qualificati dal legislatore ordinario in modo diverso (e cioè
quali ordinanze o decreti), abbiano natura e carattere sostanziale di sentenza ; e cioè carattere decisorio. Pur
tuttavia, malgrado tale larga interpretazione del precetto dell'art. Ili, questa stessa Corte ha costantemente escluso
(da ultimo, con le sentenze 5 aprile 1956, n. 970, Foro it.,
1956, I, 876, e 8 maggio 1957, n. 1581, id., Rep. 1957, voce
Fallimento, n. 181) che siano soggetti al ricorso in ( assa zione i decreti di reiezione dell'istanza di fallimento pro nunciati dalla corte d'appello ; nè i ricorrenti prospet tano oggi argomenti tali da poter indurre ad una diversa
soluzione della questione. Anche se rivestito della forma dell'ordinanza e del
decreto, infatti, un provvedimento giurisdizionale può ritenersi sentenza in senso sostanziale, agli effetti di cui all'art. Ill Cost., soltanto allorché ha carattere decisorio ;
quando, cioè, decida con efficacia di giudicato sulla domanda
proposta da una parte nei confronti dell'altra ; sì che la.
sua eventuale ingiustizia resterebbe irreparabilmente e
definitivamente incontrollata, se non fosse almeno assi
curato quel controllo della Corte suprema che la norma
costituzionale ha inteso inderogabilmente stabilire. Ma
ciò non avviene per i provvedimenti di volontaria giurisdi zione ; che sono, per loro natura, revocabili e modificabili
in ogni tempo (art. 742 cod. proc. civ.), anello in base a
semplice riesame da parte del giudice degli elementi di
fatto preesistenti ; e perciò non idonei ad acquistare effi
cacia di cosa giudicata. Tale è anche il decreto che rigetta l'istanza per la dichiarazione di fallimento ; anch'esso
revocabile in ogni momento (sì che il docreto stesso non
pone alcuna preclusione agli interessati per riproporre l'istanza di fallimento allo stesso giudice di merito, nè. al
giudice perchè in un secondo momento, melius re perpen)sa, dichiari il fallimento, dopo avere respinto l'istanza.
• Nè, ad accogliere la soluzione opposta, sembra decisivo
l'argomento prospettato dai ricorrenti, i quali fanno osser
vare come appaia per lo meno strano che il decreto di
rigetto, essendo l'equivalente negativo della sentenza dichia
rativa di fallimento, abbia natura diversa da quest'ultimo ;
perchè la natura di un provvedimento adottato su una
determinata istanza, deve ritenersi la medesima, sia il
provvedimento positivo (accoglimento), o negativo (rigetto). Questa asserita anomalia, del resto, non rappresenta un
caso isolato : ad esempio, per il decreto pronunziato sul
l'istanza di chiusura del fallimento, ai sensi dell'art. 119
legge fall., è stato ritenuto da questa Suprema corte, con la decisione 4 ottobre 1954, n. 3241 (Foro it., 1955,
I, 509), che il decreto in questione ha natura sostanziale
di sentenza ed è perciò impugnabile in Cassazione, se
dispone la chiusura del fallimento ; ma ha natura di decreto, e non è soggetto alle disposizioni dell'art. Ill Cost., se
rigetta l'istanza per la chiusura del fallimento.
La differenza di natura fra i provvedimenti, in caso
di accoglimento o di rigetto, è perfettamente spiegata da
diversi effetti che la legge ricollega ad essi rispettivamente nelle due ipotesi ; si pensi, infatti, che la c i hiarazic ne di
fallimento, oltre che dare inizio alla procedura esecutiva
concorsuale, ha notevoli rispercussioni sulla capacità
personale del fallito, mutandone lo status ; onde è chiaro
che essa ha carattere decisorio, e che, in relazione a quei suoi effetti, sia consentita la suprema garanzia del ricorso
in Cassazione. Col decreto di rigetto, invece, il giudice di
merito nega soltanto che possa aver luogo la procedura esecutiva concorsuale ; ma non decide definitivamente su
alcun rapporto di carattere sostanziale, onde la pronunzia, non incidendo su alcun diritto delle parti, non ha carattere
decisorio.
Il decreto pronunziato dalla Corte d'appello di Milano
non ha quindi carattere sostanziale di sentenza, contro
di esso non è perciò ammissibile il ricorso per cassazione.
(Omissis) Per questi motivi, dichiara inammissibile, ecc.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
I
Sezione III civile ; sentenza 23 gennaio 1961, n. 99 ; Pres. Sagna P., Est. Salerni, P. M. Criscuoli (conci, conf.) ; Nicotra (Avv. Nicolosi-Alberti) c. Trovato.
(Conferma Trib. Catania 13 settembre 1958)
Sentenza in materia civile — Giudizio per risarci
mento di danni —• Domande iniziali «li accerta
mento e liquidazione dei danni — Successive
limitazioni all'accertamento sull'« an debeatur » —
Mancato accordo del convenuto —- Inammissibilità
(Cod. proc. civ., art. 278).
Proposte, in un giudizio per risarcimento di danni, domande
relative all'accertamento dell' an ed alla liquidazione del
quantum, è inammissibile, in difetto di accordo del con
This content downloaded from 195.34.79.82 on Wed, 25 Jun 2014 01:48:01 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE i
venuto, la successiva limitazione al solo accertamento del l'un operata dall'attore. (1)
TI
Sezione III civile ; sentenza 11 novembre 1960, n. 3018 ; Pres. Fresa P., Est. Pellettieri, P. M. Cutrupia
(conci, conf.) ; Campari (Avv. Barbagallo) c. Ana
st.asi e Peruzzi.
(Conferma App. Milano 3 ottobre 1959)
Procedimento in materia civile —- Maggiore elià
conseguita dal minore in corso di «{indizio — Man
cata denunzia ad opera del procuratore — Interru
zione del processo — Esclusione (Cod. proc. civ., art. 300).
Sentenza in materia civile —- (-indizio per risarci
mento di danni — Domanda iniziale di accerta
mento e liquidazione dei danni — Successiva li
mitazione all'accertamento sull'«an dcbeatur » ■—■
Mancata opposizione del convenuto — Sentenza
sull'«an» —. Validità (Cod. proc. civ., art. 278).
Il conseguimento della maggiore età, avvenuto in corso di giu
dizio, non opera interruzione del processo se non sia di
chiarato dal procuratore costituito del rappresentante
legale del minore medesimo. (2)
Proposta, in un giudizio per risarcimento di danni, domanda
relativa all'accertamento dell'in ed alla liquidazione del
quantum, la successiva limitazione al solo accertamento
dell'a,n operata dall'attore è ammissibile, ove il convenuto
non si opponga. (3)
(1,3) In ordine alla facoltà dell'attore di chiedere la separa zione della pronunzia sul quantum dalla pronuncia sull'ara nel corso del processo originariamente unico, ove il convenuto aderi sca o almeno non si opponga a tale limitazione della domanda, consulta, in senso conforme : Cass. 6 agosto 1960, n. 2334, Foro
it., Mass., 511 ; 18 maggio 1960, n. 1218, ibid., 269 ; 17 giugno 1959, n. 1896, id., Rep. 1959, voce Sentenza civile, n. 93 ; 12 feb braio 1959, n. 417, ibid., n. 99 ; 28 novembre 1958, n. 3807, id.,
Rep. 1958, voce cit., n. 109 ; 23 dicembre 1958, n. 3948, ibid., n. 110 ; 30 aprile 1958, n. 1435, ibid., n. 116 (che ha affermato ammissibile la limitazione della domanda ad opera dell'attore al solo accertamento dell'ara, anche in caso di contumacia del
convenuto) ; App. Roma 31 gennaio 1958, ibid., n. 119 ; Oass. 10 luglio 1957, n. 2760, id., Rep. 1957, voce eit.,n. 108; App. Roma 5 luglio 1956, ibid., n. 109 ; contra Trib. Roma 31 ottobre
1958, id., Rep. 1959, voce cit., n. 100, per cui, nel giudizio di
responsabilità, la facoltà di scindere il giudizio in due distinti
processi sull'ara e sul quantum può essere esercitata solo ab initio. Il caso inverso a quello oggetto della sentenza che si annota
è stato deciso da App. Lecce 24 gennaio 1957, id., Rep. 1957, voce Procedimento civile, n. 311, che ha affermato potersi chie dere in corso di giudizio la liquidazione dei danni, nonostante si fosse con l'atto introduttivo della lite chiesta solo la condanna
generica ; contrasta con tale soluzione Trib. Ancona 6 giugno 1956, ibid., n. 313, che qualifica la richiesta di liquidazione dei
danni, fatta in sede di precisazione delle conclusioni, domanda
nuova, che deve essere respinta dal giudice. Più in generale, circa l'ammissibilità della proposizione di
domande nuove dopo la contestazione della lite, si vedano : Cass. 4 agosto 1960, n. 2294, id., Mass., 502, che ha affermato non potersi eccepire la preclusione dopo che, proposta la do
manda nuova, la controparte abbia accettato il contraddittorio su di essa ; Oass. 16 maggio 1960, n. 1202, ibid., 265, si è pro nunziata in senso conforme alla precedente e Oass. 22 ottobre
1959, n. 3022, id., 1960, I, 1971, in motivazione, che ha pure subordinato l'ammissibilità della mutatio libelli all'assenso o al
mancato dissenso del convenuto. Sulla diversa questione, relativa alla facoltà del convenuto
di chiedere la liquidazione dei danni nel giudizio proposto dal
l'attore per il solo accertamento dell'ara, ed alla qualifica in
termini processuali di tale pretesa del convenuto (se si tratti
o meno di una domanda riconvenzionale), si veda : Trib. Roma 10 gennaio 1959, id., Rep. 1959, voce Sentenza civile, n. 98,
per cui l'estensione dell'accertamento al quantum può essere
chiesta dal convenuto anche in sede di precisazione delle con
clusioni ; Oass. 21 luglio 1958, n. 2805, id., 1959, I, 306, con nota
I
La Corte, ecc. — (Omissis). Comunque, va tenuto pre
sente che l'istante, nel giudizio di primo grado, aveva
richiesto pronuncia sia sull'«w sia sul quantum e che, in
grado di appello, insistè nella richiesta di accertamento del
quantum, formulando, nell'atto di impugnazione (cui si ri
portò, poi, in sede di precisazione delle conclusioni), sol
tanto alternativamente la richiesta di rimessione.
Orbene, secondo il principio ripetutamente affermato
da questo Supremo collegio (vedi, da ultimo, sent. n. 1218
dell'anno 1960, Foro it., Mass., 269 e n. 1896 dell'anno
1959, id., Rep. 1959, voce Sentenza civ., n. 93), qualora inizialmente sia stata proposta in giudizio domanda per l'accertamento della responsabilità e per la liquidazione del
quantum, all'attore non è consentito di limitare, in corso
di causa, la domanda al solo accertamento dell'ai, con il
rinvio della liquidazione del quantum in separato giudizio, senza che su tale richiesta di limitazione sussista accordo
dell'altra parte, accordo che, nella specie, non è interve
nuto. In conseguenza, il fatto che i Giudici di appello ab
biano preso in considerazione la suddetta richiesta di limi
tazione della pronuncia alla condanna generica, non ri
guardando la richiesta medesima un punto decisivo della
controversia, non può formare oggetto di ricorso per cas
sazione. (Omissis) Per questi motivi, rigetta, ecc.
II
La Corte, ecc. — Col primo mezzo si denuncia la viola
zione dell'art. 300, 1° e 2° comma, cod. proc. civ., in quanto si assume che la Corte di merito avrebbe dovuto dichiarare
la nullità del giudizio di primo grado, per non avere il Tri
bunale dichiarato interrotto il processo per la cessazione
nel padre, Campari Giuseppe, della veste di legale rap
presentante di esso ricorrente, a seguito dell'avvenuto com
pimento della maggiore età.
La censura è priva di fondamento giuridico. La cessazione della legale rappresentanza per compi
mento della maggiore età non opera, invero, automatica
mente come causa di interruzione del processo e ciò in
virtù del generale principio, secondo cui le cause di inter
ruzione del processo operano soltanto se espressamente dichiarate. Nella specie, incombeva quindi a carico del
di richiami, che afferma, in generale, la suddetta facoltà del convenuto. Alla nota di richiami adde App. Rema 24 luglio 1956, id., Bep. 1957, voce Sentenza civile, n. 113, per cui la richiesta del convenuto deve qualificarsi domanda riconvenzic nale impropria.
In dottrina consulta in argomento : Carnelutti, Appunti sulla riconvenzionale, in Riv. dir. proc., 1959, 647; Estensione del giudizio di risarcimento del danno a iniziativa del convenuto, ibid., 626 e Giudicato implicito in tema di liquidazione del danno, id., 1957, 629 ; Colesanti, Riconvenzionale d'accertamento'^nel giudizio per danni ?, in Giur. it., 1959, I, 1, 563 ; Gualandi, Domanda di condanna generica e richiesta del convenuto di accer tamento contestuale delVan e del quantum, in Riv. trim. dir. e
proc. civ., 1959, 1141 ; Rognoni, Domanda di condanna generica e istanza del convenuto di liquidazione dei danni, in Riv. dir. proc., 1959, 445.
(2) Conformi, sull'irrilevanza della cessazione della rappre sentanza legale del minore in corso di giudizio, ove essa non venga dichiarata dal procuratore costituito : Pret. Roma 14 aprile 1958, Foro it., Bep. 1959, voce Procedimento civile, n. 305 ; Cass. 8 marzo 1958, n, 786, id., Bep. 1958, voce cit., n. 396 ; App. Lecce 27 gennaio 1958, ibid., n. 397 ; Oass. 29 luglio 1957, n. 3201, id., Bep. 1957, voce cit., n. 389 ; Trib. Boma 13 dicembre 1955, id., Bep. 1956, voce cit., n. 494 ; Cass. 9 giugno 1951, n. 1482, id., Bep. 1951, voce cit., n. 332.
In generale, sulla necessità della dichiarazione degli eventi di cui all'art. 300 cod. proc. civ. perchè si operi l'interruzione del
processo e sull'inammissibilità di equipollenti della dichiarazione, vedi, da ultimo, Cass. 9 maggio 1960, n. 1053, id., Mass., 240.
Per riferimenti, si veda l'analoga ipotesi di cessazione della
rappresentanza volontaria per morte del rappresentante, oggetto della decisione di Cass. 14 aprile 1959, n. 1095, id., 1959, I, 1308, con nota di richiami.
This content downloaded from 195.34.79.82 on Wed, 25 Jun 2014 01:48:01 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
215 PARTE PRIMA 216
procuratore del padre dell'odierno ricorrente l'onere di
dichiarare l'avvenuta cessazione della sua qualità di
legale rappresentante : nè al difetto di tale dichiarazione
avrebbe potuto provvedere ex officio il Tribunale, posto che trattasi di iniziativa che la legge riserva esclusivamente
alle parti e non al giudice. Onde il primo mezzo di ricorso
deve essere disatteso.
Col secondo mezzo si sostiene dal ricorrente che la
Corte di merito avrebbe errato nel ritenere valida la sen
tenza del Tribunale che ebbe a limitare la sua pronuncia al
solo an debeatur, mentre gli attori per tutto il corso del giu dizio di primo grado, avevano richiesto la pronunzia anche
sul quantum dei danni risarcibili, e solo al momento della
precisazione delle conclusioni definitive davanti al Collegio, essi avevano scisso i due capi di domanda. Anche questa censura è destituita di giuridico fondamento.
È senza dubbio pacifico nella giurisprudenza di questo
Supremo collegio il principio, al quale fa richiamo il ricor
rente, ed in virtù del quale si è affermato che l'attore in
giudizio per risarcimento di danni, quando abbia chiesto
la pronunzia sia sull'are sia sul quantum debeatur, non possa, in corso di causa, limitare poi la domanda al solo accerta
mento dell'ari con il rinvio della liquidazione del quantum ad un separato giudizio, e ciò anche nell'ipotesi in cui l'at
tore non abbia chiesto la liquidazione del danno in una
cifra determinata. Ma è altrettanto pacifico che tale prin
cipio incontra eccezione ogni qualvolta alla limitazione
della domanda, fatta dall'attore, il convenuto vi presti adesione espressa ovvero non vi si opponga. Ed è del pari noto che l'accertamento della adesione espressa o della man
cata opposizione del convenuto è un accertamento di mero
fatto, demandato pertanto al giudice del merito ed insinda
cabile in sede di legittimità. Nella specie in esame, la Corte di merito ha fatto espresso
richiamo al principio dianzi detto, soggiungendo che esso
non poteva trovare applicazione in concreto, appunto
perchè l'odierno ricorrente non aveva formulato alcuna
opposizione alla richiesta degli attori della separazione della pronuncia sul quantum dalla pronuncia sull'are, pro
posta in sede di precisazione delle conclusioni per il Collegio ; ed un tale accertamento, in punto di fatto, sfugge, come si è
detto, al sindacato di questa Corte suprema. Onde anche il secondo mezzo va disatteso. (Omissis)
Per questi motivi, rigetta, ecc.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
I
Sezione I civile ; sentenza 20 gennaio 1961, n. 79 ; Pres Lonardo P., Est. Straniero, P. M. Cresouoi.i (conci conf.) ; Miliacca (Avv. Pieroni) c. Narpinti (Ayv. Finzi de Barbora).
(Gassa App. Roma 27 giugno 1958)
Camera di consiglio — Parti del procedimento —
Impugnativa in via contenziosa — Inammissi bilità (Cod. proc. civ., art. 739).
Affiliazione — Coniuge dell'affiliatile — Mancata
impugnazione del provvedimento d'affiliazione —
Azione in sede contenziosa — Inammissibilità
(Ood. civ., art. 405, 406, 410 ; cod. proc. civ., art. 739).
Ohi è stato parte nel procedimento in camera di consiglio, non
può impugnare in via contenziosa il provvedimento che lo ha definito. (1)
(1) Sull'info rexsautf argomento, il quale ha formato oggetlo della relazione della terza sottocommissione del Convegno di studi sui procedimenti in camera di consiglio, tenutosi a Milano i 17, 18 e 19 dicembre 1960 (Est. Massari, Gravami e revoca, un. 2, 5, Milano, 1960, pag. 141), la Corte di cassazione ha
La moglie dell'affinante separata consensualmente, che sia
stata sentita nel procedimento onorario e si sia opposta alla richiesta di affiliazione, non può impugnare in via
contenziosa il relativo provvedimento, assumendo sussi
stere, fra affiliante ed affiliato, un rapporto di filiazione adulterina, ma deve sperimentare il reclamo previsto
pronunciato le sentenze, il cui contenuto qui appresso riassu miamo :
а) sent. 8 maggio 1952, n. 1291 (Foro it., 1952, I, 686, con nota di richiami conformi e difformi, cui acide, in nota alla stessa sentenza, Rolla, in Foro padano, 1952,1, 945 ; Restaino,
in^Giur. Cass, civ., 1952, 2° quadr., 379 ; Liebman, in Biv. dir.
proc., 1953, II, 195), che non consenti a colui al quale era stato
nominato, a norma dei decreti legge 1943 n. 8 e 29 gennaio 1942 n. 82, il curatore speciale, di dedurre come motivi d'impu gnazione della vendita consentita dal curatore i vizi di legit timità della sua nomina, che non aveva fatto valere in sede di reclamo alla corte d'appello avverso il decreto del tribunale ;
б) sent. 28 marzo 1953, n. 837 (Foro it., Rap. 1953, voce Camera di consiglio, n. 8), la quale ritenne ammissibile la con
testazione, da parte del terzo in sede contenziosa, della legitti mità del provvedimento di autorizzazione per il minore all'eser cizio di un'impresa commerciale, di cui il tutore intendeva va lersi per conseguire la decadenza del convenuto dal beneficio della proroga legale della locazione per urgente e improrogabile necessità ;
c) sent. 30 aprile 1953, n. 1213 (id., 1953, I, 1121, con nota di richiami), la quale ammise il rappresentante legale del minore a far valere come motivo di annullamento dei negozi consentiti nell'interesse del minore stesso il vizio di legittimità del decreto del giudice tutelare, che li aveva omologati, perchè emesso successivamente ai negozi e su istanza dell'altro con traente (è da notare che del decreto il rappresentante non aveva avuto tempestiva notizia) ;
d) sent. 13 marzo 1955, n. 1021 (id., Rep. 1955, voce cit., nn. 2-4), la quale ammise il terzo a contestare la legittimità della nomina del curatore dello scomparso ;
e) sent. 24 ottobre 1957, n. 4080 (id., Rep. 1957, voce cit., nn. 7-9), la quale ammise il minore ad impugnare la vendita consentita dal suo rappresentante sulla considerazione che, nel
procedimento conclusosi con il provvedimento autorizzativo della vendita, il suo rappresentante, era privo di poteri ;
f) sent. 6 dicembre 1957, n. 4590 (id., Rep. 1957, voce
cit., n. 10), nella cui motivazione, riprodotta in Giur. it., 1958, I, 1, 1190, con nota di Lo Cigno, si legge : « è da osservare che questa Suprema corte, dopo la decisione 16 gennaio 1952, n. 109, citata dal ricorrente a sostegno della sua tesi, ha in varie
pronunce ed anche recentemente (sent. 13 aprile 1955, n. 21) posto il principio che i vizi di legittimità del provvedimento onorario possono essere fatti valere (in particolare dai terzi interessati all'invalidazione del provvedimento stesso) nel pro cesso contenzioso : ciò per il precipuo riflesso che la procedura del reclamo stabilita nell'art. 739 riguarda solo le parti che abbiano invocato il provvedimento e quelle sulla cui sfera giu ridica questo viene direttamente ad incidere, donde l'obbligo della notificazione ad esse dello stesso provvedimento a cura di chi lo ha provocato ed ottenuto » (nella specie l'altro con traente impugnava la legittimità del decreto di nomina del curatore dell'assente) ;
g) sent. 27 marzo 1958 n. 1032, inedita (Foro it., Rep. 1958, voce cit., nn. 17, 18), per la quale « è consentito agli inte ressati far valere in via contenziosa la illegittimità dei decreti in camera di consiglio, onde ottenere la invalidazione dei prov vedimenti con essi emessi o dei negozi autorizzati, e ciò nei confronti dei terzi acquirenti, salvi gli effetti della loro eventuale buona fede » ;
h) sent. 6 marzo 1959, n. 645, inedita (id., Rep. 1959, voce cit., n. 4), per la quale « mentre i motivi di merito attinenti
all'opportunità dei decreti di volontaria giurisdizione e che ne autorizzano la revoca e la modifica possono essere dedotti solo da coloro che furono parti nel procedimento volontario, me diante ricorso allo stesso giudice che li ha emessi o a quello superiore, con osservanza, in quest'ultimo caso, del termine perentorio previsto nell'art. 739, è consentito a tutti gli interes sati di far valere in via contenziosa gli eventuali vizi di legit timità dei decreti di volontaria giurisdizione ».
Per completezza d'informazione occorre ricordare che con sent. 19 novembre 1959, n. 3407 (id., 1960, I, 393, con nota di richiami), la Cassazione Ila ammesso l'incapace a chiedere l'annullamento del contratto autorizzato sulla base di decreto del tribunale per difetto del parere del giudice tutelare, preci sando che la relativa sentenza di annullamento pregiudica i diritti acquistati a titolo oneroso da terzi di buona fede, allorché
This content downloaded from 195.34.79.82 on Wed, 25 Jun 2014 01:48:01 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions