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sezione III civile; sentenza 23 giugno 1999, n. 6402; Pres. Vittoria, Est. Calabrese, P.M. Golia(concl. diff.); Sangiorgi (Avv. D'Aura) c. Mercadante (Avv. Montelione), Trizzino; Trizzino (Avv.D'Asaro) c. Mercadante, Sangiorgi. Cassa App. Palermo 18 dicembre 1996Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 10 (OTTOBRE 1999), pp. 2853/2854-2857/2858Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23194899 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
dettato dall'art. 101 c.p.c., è applicabile — sia pure con i modi
del rito camerale, caratterizzato da particolare celerità e sempli cità di forme — anche nei procedimenti di volontaria giurisdi zione, tutte le volte che sia identificabile un controinteressato.
Al riguardo, la sentenza di questa corte 593/92 {id., Rep. 1992, voce cit., n. 737) ha posto in rilievo che l'accertamento
dei presupposti della nomina del liquidatore è idoneo ad incide
re su situazioni giuridiche dei soci che non possono non essere
qualificate come diritti soggettivi, quali il diritto alla prosecu zione dell'attività sociale e quello, alternativo, alla liquidazione della quota (nello stesso senso, da ultimo, Cass. 4979/98, cit.): non vi dev'essere, quindi, un dissenso sulla causa di scioglimen
to, perché «quando, invece, detto accordo sostanziale non emerga o non venga accertato, il tipo di accertamento relativo alla sus
sistenza della causa di scioglimento è idoneo di per sé ad incide
re sui diritti soggettivi inerenti al cambiamento dello scopo so
ciale e detti diritti viola in fatto quando il contrasto oggettiva mente vi sia, ancorché non emerso in fase processuale per mancata instaurazione di un contraddittorio, sia pure informale».
A ciò si aggiunga che, anche indipendentemente dal rispetto del principio del contraddittorio, il provvedimento presidenziale di nomina del liquidatore non può non contenere una sia pur succinta motivazione in ordine alla pacificità della dedotta cau
sa di scioglimento della società, sì da evidenziare che tale pre
supposto dell'esercizio del potere attribuito dall'art. 2450, 3°
comma, c.c., emerge quantomeno dagli atti: in difetto di ciò, si deve ritenere che l'accertamento della sussistenza del presup
posto non sia stato effettuato in alcun modo.
Quanto alla possibilità, per il socio dissenziente, di promuo vere un separato giudizio ordinario, al fine di far valere l'insus
sistenza della causa di scioglimento e di ottenere la rimozione
degli effetti del decreto di nomina del liquidatore, va osservato,
per un verso, che, sebbene il presidente del tribunale non debba — né possa — accertare l'intervenuto scioglimento della società
e/o le cause che lo hanno prodotto, è comunque certo che non
possa emettere il provvedimento in caso di non accertata pacifi cità dell'esistenza di dette cause; per altro verso, che, nell'ipote si di provvedimento «atipico» di nomina del liquidatore ed a
fronte delle sue gravi ed immediate conseguenze non soltanto
per i soci dissenzienti, ma anche per la stessa società ed i terzi
(alla cui tutela è principalmente volto il legittimo esercizio del
potere previsto dall'art. 2450, 3° comma, c.c.), l'esperimento di un giudizio ordinario si configura come rimedio astratto, pri vo di tempestiva e reale efficacia.
Le considerazioni svolte in ordine all'ammissibilità del ricor
so valgono anche per ritenerne la fondatezza: dal provvedimen to impugnato, non preceduto da alcun tipo di indagine e/o di
contraddittorio e caratterizzato, in punto di motivazione, dal
mero richiamo dell'art. 2450 c.c., non risulta che l'organo adito
abbia accertato in qualche modo la pacificità della causa di scio
glimento della società (eventualmente riscontrabile sulla base degli atti prodotti), quale presupposto indefettibile per il legittimo esercizio dal potere di nomina del liquidatore. Ne deriva che
il provvedimento ha implicitamente assunto valore e funzione
decisori, in violazione del principio secondo cui la controversia
sull'esistenza o meno dei presupposti per l'emanazione del de
creto medesimo deve essere risolto mediante la proposizione di
un'azione in via ordinaria: la procedura prevista dall'art. 2450, 3° comma, c.c., quindi, non poteva nemmeno essere proposta,
onde, in accoglimento del ricorso, il provvedimento impugnato va cassato senza rinvio, ai sensi dell'art. 382, ultimo comma,
c.p.c.
Il Foro Italiano — 1999.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 23 giu
gno 1999, n. 6402; Pres. Vittoria, Est. Calabrese, P.M.
Golia (conci, diff.); Sangiorgi (Avv. D'Aura) c. Mercadante
(Avv. Montelione), Trizzino; Trizzino (Aw. D'Asaro) c.
Mercadante, Sangiorgi. Cassa App. Palermo 18 dicembre 1996.
Agricoltura — Preliminare di vendita comunicato a più affit
tuari — Indicazione di un prezzo unico — Esercizio della pre lazione da parte di un affittuario per la parte del fondo con
dotta — Ammissibilità (L. 26 maggio 1965 n. 590, disposizio ni per lo sviluppo della proprietà coltivatrice, art. 8).
Agricoltura — Prelazione — Mancata alienazione di fondi ru
stici nel biennio precedente — Prova (L. 26 maggio 1965 n.
590, art. 8).
Nel caso di preliminare di vendita di fondo non indivisibile con
dotto da più affittuari e con l'indicazione del prezzo globale del fondo stesso, l'affittuario che esercita il diritto di prela zione della quota condotta non decade dal diritto per omesso
pagamento del prezzo nel termine di tre mesi dalla notifica zione del preliminare (art. 8, 6° comma, l. 590/65), non po tendosi fargli carico di individuare il prezzo della porzione condotta e costituendo la specificazione del prezzo un obbli
go posto dalla legge a carico del proprietario. (1) Al fine della prova della mancata alienazione di fondi rustici
nel biennio precedente all'esercizio della prelazione, sono suf
ficienti le certificazioni notarili dell'affittuario relative alle vi sure effettuate presso la conservatoria dei registri immobiliari
dell'ambito territoriale della residenza dello stesso affittuario, che si presume essere il centro di interessi del soggetto, spet tando alla controparte di estendere l'indagine oltre tale limite
territoriale. (2)
Svolgimento del processo. — Con raccomandata del 12 luglio 1988 Furitano Giulio comunicava a Sangiorgi Nicolò di avere
stipulato in data 7 luglio 1988 con Mercadante Giuseppe un
preliminare di vendita del proprio terreno sito in contrada Serra
Acqua dei Comuni, Canalotto e Parchi, in parte in comune
di Vicari e in parte in quello di Lercara Friddi, suddiviso in
più appezzamenti ed esteso complessivamente ha 19.47.96, per il prezzo globale di lire 140 milioni, invitando il Sangiorgi e
Mavaro Domenico e Pietro, affittuari degli appezzamenti di ter
reno, ad esercitare il diritto di prelazione. Con raccomandata del 4 agosto 1988, ricevuta il successivo
5 agosto 1988, il Sangiorgi comunicava di volere esercitare il
diritto di prelazione, precisando che il diritto veniva esercitato
per quella porzione del fondo da lui condotta in affitto, offren
do in pagamento la somma di lire 11.516.000 quale quota della
(1-2) Il principio di cui alla prima massima è stato giustificato con la considerazione che l'indicazione del prezzo di vendita risponde all'e
sigenza di porre il coltivatore nella condizione di valutare l'opportunità di esercizio del diritto di prelazione, e che nel caso in cui il fondo non indivisibile sia condotto da più affittuari con l'indicazione del prezzo globale di tutto il fondo, l'affittuario che esercita la prelazione per la sua quota non decade dall'esercizio per il mancato pagamento del prez zo entro tre mesi dalla notifica del preliminare come disposto dall'art.
8, 6° comma, 1. 590/65 (Cass. 15 aprile 1986, n. 2649, Foro it., Rep. 1986, voce Agricoltura, n. 153; 9 agosto 1991, n. 8669, id., Rep. 1991, voce cit., n. 190; 3 agosto 1995, n. 8488, id., Rep. 1995, voce cit., n. 152).
Sulla seconda massima (per cui v. Cass. 25 febbraio 1994, n. 1932, id.. Rep. 1994, voce cit., n. 104), si osserva che sarebbe a dire poco assurdo che chi esercita il diritto di prelazione debba fornire la certifi cazione tratta dalle conservatorie dei registri immobiliari di tutta l'Italia.
Il requisito in questione ha dato luogo a varie pronunce giurispruden ziali: Cass. 8 novembre 1991, n. 11900, id., Rep. 1991, voce cit., n.
143, ha ritenuto che il requisito pur essendo previsto espressamente con riferimento alla prelazione del coltivatore insediato, va esteso al pro prietario confinante non potendosi favorire chi, avendo venduto fondi
propri nel biennio precedente, ha mostrato con tale suo comportamen to di non avere di mira la coltivazione diretta della terra come fonte
principale del proprio reddito. In tema di prova del requisito è stato ritenuto che questa spetta a chi esercita la prelazione, a nulla rilevando che si tratti di un fatto negativo, comportando ciò non già l'inversione dell'onere della prova, ma soltanto che essa debba essere fornita me diante fatti positivi contrari (anche con testimoni, o con presunzioni quale ad es. la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà) (Cass. 25
gennaio 1991, n. 756, ibid., n. 128; 4 maggio 1989, n. 2064, id., Rep. 1989, voce cit., n. 121; 11 giugno 1987, n. 5095, id., Rep. 1987, voce
cit., n. 131). [D. Bellantuono]
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2855 PARTE PRIMA 2856
caparra proporzionata all'estensione del terreno oggetto del con
tratto.
Non avendo il Furitano accettato la somma, il Sangiorgi pro cedeva alla relativa offerta reale, ma la somma anche in tale
occasione veniva rifiutata.
Ciò premesso, e dichiarandosi pronto a pagare la rimanente
parte del prezzo in relazione al fondo che intendeva acquistare,
pari a lire 69.090.000 (tenuto conto che l'intero prezzo per ha
11.21.54 condotti in affitto era di lire 80.606.000, mentre il prezzo
pattuito per l'intero fondo era di lire 140 milioni), con citazione
notificata il 30 dicembre 1988 e il 13 gennaio 1989 Sangiorgi Nicolò conveniva davanti al Tribunale di Palermo gli eredi del
Furitano, deceduto nel dicembre del 1988, ovverosia Trizzino
Giuseppina Maria Pia in proprio e nella qualità di esercente
la potestà sui figli minori Furitano Leonardo e Luigi Gioacchi
no, ai fini dell'esercizio del diritto di prelazione ai sensi dell'art.
8 1. 590/65, con invito ai medesimi convenuti a comparire, an
cor prima dell'udienza di costituzione, davanti al notaio per la stipula dell'atto.
Costituitasi in giudizio, in proprio e nella qualità, la Trizzino
eccepiva: 1) che l'appezzamento di terreno condotto in affitto
dal Sangiorgi faceva parte di un unico fondo suddiviso in più
porzioni tra loro interdipendenti e strutturalmente collegate, per cui il diritto di prelazione avrebbe dovuto essere esercitato con
giuntamente dagli affittuari delle singole porzioni, con la conse
guenza che non poteva essere riconosciuto al Sangiorgi il diritto
stesso sulla sola porzione da lui condotta; 2) che la determina
zione del prezzo da parte del Sangiorgi in misura proporzionale alla parte da lui condotta era arbitraria, essendo stato il prezzo
pattuito nel preliminare determinato a corpo e non a misura
e che un diverso criterio non avrebbe rispettato il valore delle
singole porzioni aventi caratteristiche diverse; 3) che lo stesso
Sangiorgi non aveva versato il prezzo dopo l'esercizio della pre lazione e che in caso di accoglimento della domanda avrebbe
dovuto corrispondere la rivalutazione e gli interessi sul saldo
del prezzo dovuto. In via riconvenzionale chiedeva la condanna
dell'attore al risarcimento dei danni per avere impedito, con
l'azione proposta, la vendita del terreno.
Con comparsa del 13 settembre 1989 interveniva in giudizio Mercadante Giuseppe, il quale deduceva che con apposita clau
sola era stato previsto che il preliminare di vendita avrebbe avu
to effetto subordinatamente al mancato esercizio del diritto di
prelazione da parte di Mavaro Domenico e Pietro e di Sangior
gi Rosolino e Nicola, insediati sui terreni oggetto della promes sa di vendita come affittuari. Oltre a quanto in pratica eccepito dalla Trizzino, eccepiva inoltre che il Sangiorgi non era coltiva
tore diretto, dedicandosi ad attività di autotrasportatore, chie
dendo in conclusione che esso interveniente aveva diritto ad ot
tenere il trasferimento dell'intero fondo di cui al preliminare e la condanna dell'attore al risarcimento dei danni.
Alla domanda del Mercadante la Trizzino replicava sotto vari
profili, svolgendo poi domanda riconvenzionale, mentre il San
giorgi insisteva nelle proprie domande.
Con sentenza del 26 novembre 1993 il tribunale rigettava le
domande del Sangiorgi nei confronti della Trizzino e dei Furita
no, e della Trizzino nei confronti del Sangiorgi e del Mercadan
te, nonché la domanda risarcitoria proposta dal Mercadante con
tro il Sangiorgi. Dichiarava, poi, che Mercadante Giuseppe ave
va diritto ad ottenere dai Trizzino e Furitano il trasferimento
del fondo suddetto, oggetto del preliminare stipulato il 7 luglio 1988 tra esso Mercadante e Furitano Giulio, e provvedeva in
ordine alle spese. La pronuncia, gravata da Trizzino Giuseppina Maria Pia ved.
Furitano e da Furitano Leonardo e Luigi Gioacchino, da un
lato, da Sangiorgi Nicolò, dall'altro, e con appello incidentale
da Mercadante Giuseppe, veniva confermata dalla Corte d'ap
pello di Palermo con sentenza del 18 dicembre 1996, provve dendosi in ordine alle spese come da relativo dispositivo.
Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione, da un lato, Sangiorgi Nicolò, svolgendo cinque motivi, e, dal
l'altro, con un unico motivo, Trizzino Giuseppina Maria Pia
ved. Furitano, Furitano Leonardo e Furitano Luigi, che hanno
altresì resistito, con controricorso, al ricorso del Sangiorgi. Ha resistito ad entrambi i ricorsi, con controricorso, Merca
dante Giuseppe. Le parti hanno anche depositato memoria.
Motivi della decisione. — Preliminarmente i due ricorsi —
Il Foro Italiano — 1999.
di Sangiorgi Nicolò e di Trizzino Giuseppina Maria Pia, Furita
no Leonardo e Furitano Luigi — sono riuniti ai sensi dell'art.
335 c.p.c., essi involgendo la medesima sentenza.
Col primo motivo, denunciando, in relazione all'art. 360, nn.
3 e 5, c.p.c., la violazione e falsa applicazione di norme di dirit
to (in particolare relative all'interpretazione del contratto e al
l'art. 8 1. 590/65), il ricorrente Sangiorgi lamenta che i giudici di merito abbiano ritenuto non essersi verificata — per effetto
dell'esercizio da parte sua del diritto di prelazione — la condi
zione risolutiva espressa, prevista nel preliminare di vendita, non
avendo — secondo i detti giudici — tutti gli affittuari manife
stato la volontà di esercitare la prelazione, come richiedeva la
relativa clausola, e mancando il Sangiorgi dei requisiti per eser
citare il diritto stesso.
La censura, relativamente alla prima parte (dato che quella relativa all'ultima parte, ovvero alla sussistenza in capo al San
giorgi dei requisiti per l'esercizio del diritto, è ricompresa nei
motivi secondo e terzo), deve essere disattesa.
La Corte d'appello di Palermo ha difatti ritenuto che la sem
plice manifestazione di volontà del Sangiorgi di voler esercitare
la prelazione non costituiva avveramento della condizione riso
lutiva espressa apposta alla promessa di vendita — nel senso
che gli effetti dell'impegno assunto col preliminare in data 7
luglio 1988 da Furitano Giulio con Mercadante Giuseppe sareb
bero venuti meno in conseguenza dell'esercizio della prelazione
degli aventi titolo — in quanto la relativa clausola contrattuale
n. 4 subordinava l'efficacia della promessa di vendita stessa al
l'esercizio della prelazione da parte di tutti gli affittuari e non
di uno solo (nella specie il Sangiorgi), giacché — motiva la cor
te — «nel caso in cui le parti avessero voluto subordinare l'effi
cacia della promessa di vendita alla sola 'dichiarazione' di uno
degli affittuari di voler acquistare il fondo, certamente sarebbe
ro state usate altre espressioni». Trattasi di apprezzamento di fatto — integrando l'interpreta
zione di una clausola contrattuale una questione di fatto — ade
guatamente e logicamente espresso, che, come tale, si sottrae
a sindacato in questa sede.
Dei successivi motivi va previamente esaminato, per la sua
antecedenza logico-giuridica, il quarto motivo.
Con esso, denunciando, in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5,
c.p.c., la violazione e falsa applicazione di norme di diritto (in
particolare relative alla validità di un contratto e agli art. 8 1.
590/65 e 7 1. 817/71) e difetto di motivazione in ordine alla
propria richiesta di consulenza tecnica, il Sangiorgi assume il
corretto esercizio da parte sua del diritto di prelazione e deduce
che la corte di merito non poteva rilevare d'ufficio che l'offerta
di prelazione era improduttiva di effetti perché contenente l'in
dicazione di un prezzo unico per l'intero compendio, essendo
il prezzo di una parte rispetto all'intero (nella specie quella da
lui condotta) sempre determinabile.
Il motivo è, per quanto si espone, fondato.
La corte d'appello, nel disattendere la pretesa del Sangiorgi, ha affermato che «non v'è stato in ogni caso da parte del San
giorgi esercizio del diritto di prelazione perché la comunicazio
ne fatta dal Furitano non conteneva l'indicazione del prezzo relativo ai singoli spezzoni di terreno e quindi non è stato possi bile che la proposta potesse essere utilmente accettata dai singo li affittuari», ma l'affermazione si palesa erronea alla luce del
l'elaborazione giurisprudenziale in argomento della Suprema corte.
Per un verso, infatti, questa ha ritenuto che nella ipotesi in
cui il fondo sia concesso separatamente a più coltivatori con
altrettanti rapporti agrari, aventi rispettivamente ad oggetto por zioni distinte ed autonome che siano indipendenti per caratteri
stiche ed esigenze culturali e produttive, il coltivatore può eser
citare il diritto di prelazione (o il succedaneo diritto di riscatto) limitatamente alla parte di fondo oggetto del rapporto a lui re
lativo (v. Cass. 2649/86, Foro it., Rep. 1986, voce Agricoltura, n. 153).
Per altro verso, relativamente allo specifico problema se per il coltivatore, il quale abbia diritto di prelazione rispetto ad una
parte soltanto del complesso dei beni oggetto del preliminare di vendita, il cui valore sia indicato complessivamente, il termi
ne per effettuare il pagamento decorra ugualmente dalla data
di notifica del preliminare, ovvero, invece, dalla data in cui venga
specificato il prezzo relativo alla porzione di fondo in ordine
alla quale sussiste il suo diritto di prelazione, ovvero ancora
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
se il suddetto coltivatore, ricevuta la notifica del preliminare, abbia l'onere di individuare egli stesso il valore del bene e farne
offerta reale in presenza di contestazione da parte del proprie
tario, la stessa Suprema corte ha dettato una serie di criteri
da tenere presenti per la risoluzione del problema medesimo.
Ha considerato, invero: a) che l'indicazione del prezzo di vendi
ta, prescritta dal 4° comma dell'art. 8 1. 590/65, risponde all'e
sigenza di porre il coltivatore nella condizione di valutare l'op
portunità di esercitare il diritto di prelazione riconosciutogli dalla
medesima legge nel termine di trenta giorni ivi previsto e di
effettuare, quindi, il versamento del prezzo nel termine di tre
mesi prescritto dal successivo 6° comma; b) che da ciò consegue che il prezzo deve essere determinato fin dall'inizio con riferi
mento specifico al fondo in ordine al quale il coltivatore ha
il diritto di prelazione; c) che, pertanto, ove nel preliminare comunicato al coltivatore detto fondo sia stato promesso in ven
dita unitamente ad altri, l'indicazione di un prezzo complessivo non soddisfa il precetto di cui al 4° comma dell'art. 8, perché il coltivatore non è in grado di sapere quale è il prezzo che
dovrà pagare per l'acquisto a seguito dell'esercizio del diritto
di prelazione; d) che, quindi, in mancanza di specificazione del
prezzo, nei sensi sopra spiegati, deve escludersi che l'affittuario
decada dal diritto di prelazione per l'omesso versamento dello
stesso nel termine decorrente dalla notificazione del prelimina
re, non potendo farsi carico al coltivatore dell'onere di indivi
duare quale parte del complessivo prezzo sia attribuibile al fon
do in ordine al quale egli vanti il diritto di prelazione, perché
l'obbligo dell'indicazione del prezzo è dalla legge posto a carico
del proprietario (v., negli esposti termini, sent. 8669/91, id.,
Rep. 1991, voce cit., n. 190, ed anche sent. 8488/95, id., Rep.
1995, voce cit., n. 152).
Ora, pacifico essendo — come ritenuto dalla corte territoriale — che nella specie non si trattava di un unico e indivisibile
fondo, ma di un fondo suddiviso in più «spezzoni» condotti
da diversi e separati affittuari, in forza di contratti singoli sorti
in epoche diverse (nonché pacifico essendo che non fu accettata
la somma offerta dal Sangiorgi quale ritenuta dovuta per la
porzione da lui condotta), risulta evidente che la stessa corte
non si è attenuta ai suddetti principi allorché ha affermato che
«non v'è stato ... da parte del Sangiorgi esercizio del diritto
di prelazione perché la comunicazione fatta dal Furitano non
conteneva l'indicazione del prezzo relativo ai singoli spezzoni di terreno (e in specie anche a quello riguardante il Sangiorgi) e quindi non è stato possibile che la proposta potesse essere
utilmente accettata dai singoli affittuari» (tra i quali, appunto, il Sangiorgi). La legittimità della prelazione esercitata da questi,
infatti, andava invece riscontrata alla stregua dei detti principi stessi.
Fondato è inoltre il secondo motivo, col quale il Sangiorgi, denunciando violazione e falsa applicazione di norme di diritto
(in particolare relativi all'onere della prova) e vizio di motiva
zione di punto decisivo, si duole per essere stata ritenuta non
dimostrata la mancata alienazione di fondi rustici nel biennio
precedente l'esercizio della prelazione. Ciò ha fatto la corte d'appello, rilevando che «le certificazio
ni notarili prodotte dal Sangiorgi, relative alle visure effettuate
nei registri della conservatoria di Palermo al fine di provare che egli nel biennio precedente la proposta di alienazione non
aveva trasferito a terzi alcun fondo . . . sono insufficienti in
quanto riguardano solo il territorio di Palermo e provincia e
quindi hanno carattere parziale», ma, così argomentando, il giu dice d'appello non ha fatto corretta applicazione dei criteri che
regolano l'onere della prova. Al fine di escludere la condizione ostativa prevista dall'art.
8 1. 590/65, ovvero non aver venduto altri fondi nel biennio
precedente, è stato infatti affermato, da questa corte, che l'at
tore può limitarsi a fornire la prova della condizione con una
certificazione che si riferisca all'ambito territoriale della sua re
sidenza, che si presume essere il centro di interessi del soggetto,
spettando alla controparte di eventualmente estendere l'indagi
ne oltre tale limite territoriale (così sent. 1932/94, id., Rep. 1994,
voce cit., n. 104). Parimenti fondato, poi, è il terzo motivo, col quale, denun
ciando difetto di motivazione in ordine alla prova chiesta su
punto decisivo e violazione di norme di diritto sulla prelazione, il Sangiorgi lamenta che la corte d'appello abbia affermato che
egli non aveva provato di essere un coltivatore diretto, per con
II Foro Italiano — 1999.
tro assumendo, in una ad altre circostanze, di ayere prodotto certificazioni amministrative e atto di notorietà e di avere de
dotto prova orale, chiedendone espressamente l'ammissione.
Sul punto la corte ha ritenuto l'insufficienza delle menzionate
certificazioni notarili concernenti le visure effettuate presso la
conservatoria di Palermo anche relativamente alla prova che il
Sangiorgi «non si occupava a titolo di enfiteuta o proprietario di altri fondi che avrebbero potuto contribuire a superare il tri
plo della superficie corrispondente alla di lui capacità lavorati
va», ma nulla ha detto, oltre che della documentazione cui il
ricorrente si richiama (certificazione del sindaco di Lercara Friddi, libretto Usi, ecc.), della prova per interrogatorio e testi dallo
stesso articolata — e riprodotta in ricorso — allo scopo, pro
prio, di provare la sua qualità di coltivatore diretto, richiesta
per far valere il diritto di prelazione. Mancando perciò ogni motivazione al riguardo, anche questa
censura si rivela legittimamente proposta.
Conclusivamente, rigettato il primo motivo del ricorso del San
giorgi, ne vanno accolti il secondo, il terzo ed il quarto, restan
do invero il quinto, attinente alle spese giudiziali, assorbito.
Quanto — a sua volta — al ricorso di Trizzino Giuseppina Maria Pia, Furitano Leonardo e Luigi, con esso si lamenta che
la corte d'appello abbia negato che potesse essere considerata
condizione risolutrice del preliminare di vendita la manifesta
zione di volontà anche di uno degli affittuari di avvalersi della
prelazione, ovvero, in pratica, che la manifestazione di volontà
del Sangiorgi di voler esercitare la prelazione non costituiva av
veramento della condizione risolutiva apposta alla promessa di
vendita, fatta dal loro dante causa a Mercadante Giuseppe. La censura è infondata, giacché, come si è visto relativamen
te al primo motivo — analogo — del ricorso Sangiorgi, la corte
territoriale, con valutazione di merito adeguatamente e logica mente espressa, ha ritenuto che, ai fini del verificarsi della con
dizione de qua, che avrebbe fatto venir meno l'efficacia del pre
liminare, fossero tutti gli affittuari, e non già uno solo, ad eser
citare la prelazione.
Questo ricorso, pertanto, deve essere rigettato. Di conseguenza, in relazione ai motivi accolti del ricorso San
giorgi, la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata per nuovo esame, sulla base dei principi sopraesposti, ad altra se
zione della Corte d'appello di Palermo.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 22 giu
gno 1999, n. 6334; Pres. Vittoria, Est. Petti, P.M. Golia
(conci, conf.); Dalpiaz (Avv. Piccarozzi, Pezcoller) c. Pe
dron (Aw. De Bertolini, Romanelli). Conferma App. Trento
7 gennaio 1997.
Agricoltura — Prelazione — Pendenza della decisione di riscat
to — Domanda di esecuzione specifica — Pagamento del prez zo — Termine — Decorrenza (Cod. civ., art. 2909, 2932; 1.
8 gennaio 1979 n. 2, interpretazione autentica dell'art. 8 1.
26 maggio 1965 n. 590, con le modificazioni e integrazioni della 1. 14 agosto 1971 n. 817, art. unico).
In pendenza di decisione per il riscatto di fondo rustico, e pro
posta azione ex art. 2932 c.c. per ottenere sentenza costituti
va degli effetti del contratto che la parte proprietaria non
aveva voluto concludere, il termine per il pagamento del prezzo di cui alla l. 2/79 decorre dal passaggio in giudicato della
decisione ex art. 2932 c.c. (1)
(1) Nel caso di specie, l'azione ex art. 2932 c.c. era stata proposta in pendenza della decisione del diritto di riscatto, e questa decisione
era intervenuta nel corso del detto giudizio ex art. 2932 c.c.; la parte
proprietaria aveva dedotto che il prezzo andava versato entro tre mesi
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