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Sezione III civile; sentenza 23 settembre 1983, n. 5651; Pres. Pedace, Est. Taddeucci, P. M....

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Sezione III civile; sentenza 23 settembre 1983, n. 5651; Pres. Pedace, Est. Taddeucci, P. M. Pandolfelli (concl. diff.); Fiuzzi e altro (Avv. Grigoletto) c. Fusaro e altro (Avv. Barbantini, Fedeli, G. B. Martini, Fusaro) e Saccani. Conferma Trib. Sanremo 12 giugno 1981 Source: Il Foro Italiano, Vol. 107, No. 3 (MARZO 1984), pp. 775/776-779/780 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23175873 . Accessed: 25/06/2014 07:40 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.44.78.76 on Wed, 25 Jun 2014 07:40:48 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione III civile; sentenza 23 settembre 1983, n. 5651; Pres. Pedace, Est. Taddeucci, P. M.Pandolfelli (concl. diff.); Fiuzzi e altro (Avv. Grigoletto) c. Fusaro e altro (Avv. Barbantini,Fedeli, G. B. Martini, Fusaro) e Saccani. Conferma Trib. Sanremo 12 giugno 1981Source: Il Foro Italiano, Vol. 107, No. 3 (MARZO 1984), pp. 775/776-779/780Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23175873 .

Accessed: 25/06/2014 07:40

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PARTE PRIMA

determinazione della competenza secondo il criterio della pena edittale massima. Non osta all'adozione di tale criterio la natura amministrativa del procedimento disciplinare dinanzi al consiglio notarile, perché di tal natura è altresì partecipe il procedimento dinanzi al tribunale, quando anche in concreto l'organo giudizia rio ritenga di applicare una sanzione minore, dal momento che

detto procedimento si svolge nelle forme della volontaria giuris dizione. Del resto, anche dai lavori preparatori della 1. notari

le, e in particolare dalla relazione illustrativa, emerge la volontà del legislatore di considerare l'attività di applicazione delle san

zoni di carattere propriamente amministrativo.

Assume, viceversa, importanza fondamentale l'osservazione se condo la quale, atteso il particolare carattere del giudizio disci

plinare, che sfocia, in caso positivo, nella comminazione di sanzio ni di natura sicuramente afflittiva, propria delle sanzioni penali, — e giammai ripristinatorie o risarcitorie — proprie delle sanzio

ni civili — nulla vieta che siano applicate, per analogia, alcune

regole della procedura penale, come in concreto è stato ritenuto

dalla Suprema corte (cfr. sent. 27 luglio 1961, n. 1833, Foro

it., Rep. 1961, voce Notaio, n. 100 e 20 dicembre 1972, n.

3641, id., 1973, I, 1466), per il principio del divieto della

reformatio in peius e della corrispondenza tra sentenza e accusa

contestata, e come, ritiene il tribunale, anche per il suddetto

criterio determinativo della competenza, che si risolve comunque nella favorevole condizione per il soggetto sottoposto a procedi mento disciplinare di fornire delle più pregnanti garanzie proce durali stabilite per il rito camerale dinanzi all'organo giudiziario.

D'altronde va considerato che la competenza del tribunale resta

ferma anche se il collegio ritenesse di applicare in concreto una

delle sanzioni minori nell'ipotesi che ravvisi il fatto di minore

gravità, come nel caso dell'art. 147 citato, atteso che il sistema

prevede un meccanismo di commutazione della pena in caso di

concessione delle attenuanti (art. 144 1. notarile). Infine non va sottaciuto un argomento letterale che inequivoca

bilmente depone a favore del criterio della pena edittale massima

sopraenunciato e che si evince dall'art. 265 del regolamento: il

legislatore ha previsto di dare immediata notizia al p.m. del fatto

che l'illecito disciplinare sottoposto alla cognizione del consiglio sia tale da dar luogo all'applicazione delle più gravi sanzioni di

competenza del tribunale, mentre non ha ritenuto di disciplinare il caso inverso; e ciò non è senza significato.

Per i suesposti motivi l'eccezione di incompetenza deve ritener

si infondata.

Nel merito il collegio non ritiene di doversi discostare dall'o

rientamento espresso in una precedente pronuncia in tema di c.d. * recapiti » notarili.

In quella occasione il tribunale ritenne di dover aderire all'in

dirizzo giurisprudenziale più liberale, perché più logico ed equo, e conforme alla prassi ormai consolidata, secondo il quale il

recapito organizzato fuori sede non costituisce un richiamo illeci

to e non viola l'art. 26 1. notarile, che tutela l'interesse pubblico al regolare svolgimento della funzione notarile e non l'interesse

privato del notaro.

Si osservò allora: 1) che l'unico limite territoriale previsto dalla legge per l'esecizio della funzione notarile è il distretto, nell'ambito del quale il notaro può recarsi per compiere atti del

suo ministero; 2) che, mentre è espressamente sanzionato il

divieto per il notaro di prestare servizio fuori del distretto cui

appartiene, non esiste un divieto espresso di apertura di un secondo studio notarile fuori della sede di competenza e che

anzi l'art. 48 r.d. 10 settembre 1914 n. 1326 prevede come

obbligatorio il recapito per il notaro che sia stato autorizzato a

risiedere altrove; 3) che la prassi consolidata nei distretti notarili

della Toscana, ed altrove, conferma che i notari, una volta

adempiuti gli obblighi di legge nella sede assegnata, svolgono prevalentemente la loro attività professionale nel recapito ove

ricevono chiunque faccia richiesta del loro ministero. Tanto premesso, a parere del tribunale, il fatto contestato al

notaro Maccheroni non integra gli estremi dell'illecito disciplinare di cui all'art. 147 1. notarile in relazione all'art .14 r.d. n. 1666/37, né costituisce violazione dell'art. 44, 2° comma, r.d. n. 1326/14.

In particolare quanto a quest'ultima disposizione, che prevede la cessazione della facoltà di tenere aperto uno studio nella sede

dalla quale il notaro sia stato trasferito appena il successore abbia ottenuto l'iscrizione nel ruolo (norma che è stata dettata non già dall'intento di proteggere un interesse del notaro succes sore ma, all'opposto, dall'opportunità di conservare al notaro trasferito una titolarità di sede, e quindi una possibilità di

esercizio di funzioni, per il tempo necessario a perfezionare il

trasferimento e di assicurare, al contempo, la continuità della

pubblica funzione notarile), osserva il collegio che la stessa

sarebbe violata qualora lo « studio » tenuto aperto oltre i termini di legge nella precedente sede fosse formalmente tale, se cioè in

esso fossero depositati gli atti, i registri e i repertori notarili, ma

cosi nella fattispecie in esame non è. Risulta il fatto che il notaro

Maccheroni ha aperto un ufficio nel comune di Pietrasanta, ove è

stato trasferito, con deposito degli atti, registri e repertori e che

contemporaneamente egli ha restituito il sigillo della vecchia sede

di Seravezza, trasferendone i repertori, i registri e gli atti

all'ufficio della nuova sede di Pietrasanta: cosi facendo l'incolpa to ha provveduto alla chiusura del proprio precedente ufficio nel

senso voluto dalla legge, onde della violazione dell'art. 44 ad esso

non può farsi carico.

Quanto alla contestata concorrenza illecita occorre esaminare se

l'attività presso l'ufficio-recapito mantenuto aperto nella preceden te sede notarile, ritenuta preliminarmente la legittimità del recapi to organizzato fuori sede secondo le considerazioni già evidenzia

te, si sia svolta in contrasto con le disposizioni degli art. 147 1.

notarile e 14 r.d. citato.

Premesso che, come sopra ricordato, l'unico limite territoriale

ricavabile dalla legge notarile per l'esercizio della funzione notari

le è il distretto, non è peraltro senza significato il fatto che la

precedente disciplina contenuta nel r.d. 25 maggio 1879 n. 4900

prevedesse l'obbligo del notaro di avere stabile e permanente dimora, giorno e notte, nella propria sede, mentre la normativa

vigente abbia soppresso tale obbligo, sostituendolo con quello di

assistenza presso lo studio solo in determinati giorni ed ore

stabiliti dal presidente della corte d'appello ed abbia addirittura

previsto l'obbligo di esporre un avviso indicante i giorni e le ore

in cui il notaro è presente in sede e dove può essere reperito

negli altri giorni e nelle altre ore.

Se dunque il legislatore del 1913 ha soppresso l'obbligo della

residenza continua lo ha fatto, oltre che nell'interesse pubblico di

dilatare la concorrenza tra i notari, per consentire ai titolari delle

sedi meno ambite di poter esercitare anche in quelle in cui

esistono maggiori possibilità di lavoro sempre, ovviamente, nel

rispetto degli obblighi di assistenza (che, nella specie, risultano

essere stati soddisfatti, come accertato dagli organi di polizia

giudiziaria) e sempre che la concorrenza che si viene cosi a

creare si svolga nei limiti della correttezza professionale. Resta allora da esaminare se, in fatto, con il mantenimento del

recapito il notaro Maccheroni abbia compiuto « gravi atti di

concorrenza sleale ».

Secondo quanto è emerso nel corso del procedimento discipli

nare, e in particolare dai già ricordati accertamenti di polizia

giudiziaria, l'incolpato non può ritenersi responsabile di illecita

concorrenza, con riferimento al luogo di esercizio della professio

ne, dal momento che egli non ha esercitato le sue funzioni nella

sede notarile di Querceta, ove è situato il recapito, in violazione

del 2° comma dell'art. 14 r.d. citato, cioè nei giorni festivi o di

mercato, né è risultato in alcun modo provato (e comunque non

è stato neppure contestato) che abbia operato riduzioni di onora

rio, si sia servito dell'opera di procacciatori di clienti o di

richiami pubblicitari non confacenti al decoro e al prestigio della

classe notarile, onde la sua attività deve ritenersi pienamente lecita.

CORTE DI CASSAZIONE; Sezione III civile; sentenza 23 set

tembre 1983, n. 5651; Pres. Pedace, Est. Taddeucci, P. M. Pan

dolfelli (conci, diff.); Fiuzzi e altro (Avv. Grigoletto) c. Fu

saro e altro (Aw. Barbantini, Fedeli, G. B. Martini, Fusaro) e Saccani. Conferma Trib. Sanremo 12 giugno 1981.

Opposizione di terzo — Notificazione della citazione al domicilio

eietto — Estremi (Cod. proc. civ., art. 137, 323, 330, 404). Locazione — Legge 392/78 — Immobile ad uso abitativo —

Disciplina transitoria — Recesso del locatore — Offerta di

alloggio in cambio — Consenso del locatore dell'immobile

offerto — Necessità (L. 27 luglio 1978 n. 392, disciplina delle

locazioni di immobili urbani, art. 59).

L'opposizione di terzo ex art. 404 c.p.c. deve essere notificata alle parti convenute, ai sensi dell'art. 330 c.p.c., presso il loro

procuratore costituito o nella residenza dichiarata o nel domici

lio eletto per il giudizio definito con la sentenza opposta, ovvero, in difetto di tali indicazioni ed in ogni caso dopo un

anno dalla pubblicazione della predetta sentenza, alle parti

personalmente, a norma degli art. 137 ss. c.p.c. ( 1)

(1) Non si rinvengono precedenti in termini. Nel senso che l'opposizione di terzo ex art. 404 c.p.c. costituisce mezzo d'impugna

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Ai sensi dell'art. 59, n. 2, l. 392/78, il consenso del locatore dell'im

mobile offerto in cambio costituisce imprescindible condizione

dell'azione di recesso. (2)

Svolgimento del processo. — Con ricorso depositato il 22

gennaio 1979 i coniugi Augusto Fiuzzi e Marisa Mengozzi, premes so di avere concesso in locazione a Nullo Saccani un alloggio di

loro proprietà, sito all'interno 19 dello stabile di via N. Sauro n.

1 in Arma di Taggia, e di avere quindi invano proposto al

predetto il cambio di tale alloggio con altro parimenti idoneo

sito all'interno 5 dello stesso stabile, parimenti di loro proprietà e

del quale avevano la disponibilità, convenivano il Saccani davanti

al Pretore di Taggia per sentirlo condannare al rilascio dell'ap

partamento da lui occupato, in cambio di quello offertogli ai

sensi dell'art. 59, n. 2, 1. n. 392 del 1978.

Riconosciuta la concorrenza dei requisiti per la applicabilità di

tale istituto, il pretore con sentenza 27 aprile 1979 accoglieva la

domanda ed in rigetto del gravame interposto dal Saccani (che

lamentava la inadeguatezza dell'alloggio offertogli) il Tribunale di

Sanremo con sentenza del 20 novembre 1979 confermava la

pronuncia resa in primo grado. Con atto di citazione notificato il 12-13 agosto 1980, Stefano

Fusaro, assumendo di essere proprietario unitamente alla moglie Giovanna Boeri dell'appartamento situato all'interno 5 e condotto

in locazione dai coniugi Fiuzzi, di avere preso pochi giorni addietro conoscenza della sentenza che autorizzava questi ultimi

a cedere in cambio l'uso dell'alloggio falsamente asserito di loro

proprietà; di ricevere grave pregiudizio dalla pronuncia emessa a

sua insaputa e che gli precludeva la possibilità di disporre dell'immobile per proprie esigenze familiari, proponeva opposi

zione di terzo ex art. 404 c.p.c. e conveniva i summenzionati

coniugi oltre al Saccani davanti al Tribunale di Sanremo per sentir dichiarare la illegittimità dell'offerta di cambio degli allog

gi

Sospesa la esecuzione della sentenza opposta, alla domanda del

Fusaro si associava la moglie Giovanna Boeri mediante atto di

intervento. A detta domanda aderiva altresì il Saccani, mentre i

coniugi Fiuzzi rimanevano contumaci.

L'adito tribunale con sentenza del 12 giugno 1981, in accogli mento della opposizione, dichiarava la inefficacia inter partes della propria precedente pronuncia, e per l'effetto dichiarava che

i coniugi Fiuzzi non avevano il diritto di offrire al loro inquilino

Saccani, in cambio dell'appartamento da essi locatogli, quello di

proprietà dei coniugi Fusaro.

Osservava il tribunale che gli attori avevano un doppio interes

se alla caducazione della sentenza opposta: sul piano processuale,

per non essere stati evocati nel precedente giudizio, pur dovendo

in esso assumere veste di litisconsorti necessari; e sul piano

sostanziale, perché l'art. 59, n. 2, 1. n. 392 del 1978 aveva

abrogato la disposizione di cui all'ult. comma dell'art. 4 1. n. 253

del 1950, che consentiva al conduttore di cedere il contratto di

locazione anche invito et inscio locatore. Soggiungeva il tribunale

che gli attori — locatori del bene di cui l'inquilino aveva

abusivamente disposto e perciò nei suoi confronti creditori e

controparti nel rapporto locatizio — erano altresì' legittimati a

proporre l'opposizione di terzo ex art. 404, 2° comma, avverso

zione ordinario, v. Cass. 5 febbraio 1977, n. 514, Foro it., Rep. 1977, voce Opposizione di terzo, n. 3.

In dottrina, in senso conforme Andrioli, Commento, II2, 388; in sen

so contrario Redenti, Diritto processuale civile 1957, 332.

(2) Sulla questione v., in senso difforme, Pret. Pavia 17 maggia 1982, Foro it., 1983, I, 514, con nota di richiami, che esclude radicalmente la facoltà di recesso del locatore mediante offerta in

cambio dell'immobile di cui è conduttore, anche nell'ipotesi di adesione del titolare del potere di disposizione sull'immobile offerto.

V., inoltre, in dottrina, nel senso della Cassazione, G. Mancini, Il recesso del locatore mediante l'offerta, in cambio, di un immobile altrui, in Giur. merito, 1982, I, 80.

Dalla decisione riportata sembra desumersi altresì, sul piano pro cessuale, che il locatore dell'immobile offerto in cambio assume la

veste di litisconsorte necessario: in tal senso, con riferimento alla

normativa previgente, v., oltre alla giurisprudenza richiamata in

motivazione, Cass. 10 marzo 1979, n. 1501, Foro it., Rep. 1979, voce

Locazione, n. 305. Secondo Pret. Portici 17 giugno 1982, Giur. merito, 1983, I, 344, il

rapporto che si instaura a seguito di recesso ex art. 59, n. 2, 1.

392/78 in relazione all'immobile offerto in cambio non è soggetto alla disciplina transitoria della legge, ma è un contratto nuovo rientrante nell'ambito della previsione dell'art. 1 1. 392/78.

Sulla costituzionalità del combinato disposto degli art. 58, 59, n.

2, e 65 1. 392/78, nella parte in cui non prevedeva il recesso del locatore nell'ipotesi di offerta di alloggio in cambio per i contratti non soggetti a proroga, v. Corte cost. 28 luglio 1983, n. 250, Foro it., 1983, I, 2636.

alla sentenza, frutto dì dolo in loro danno e destinata a far stato, almeno tra le parti in lite, in ordine ad una pretesa fondata su

presupposto incompatibile con il diritto dei terzi opponenti. Per la cassazione di questa sentenza il Fiuzzi e la Mengozzi

hanno proposto ricorso, articolato in due motivi. Il Fusaro e la Boeri hanno resistito con controricorso. Il Saccani non si è costituito.

Motivi della decisione. — Con il primo mezzo di annullamento i ricorrenti lamentano la irritualità della notifica dell'atto di citazione per opposizione di terzo (art. 404 c.p.c.) e sostengono che detta notificazione avrebbe dovuto essere eseguita ai sensi degli art. 137 ss. c.p.c. e non già avvalendosi della elezione di domicilio presso il procuratore avvocato Pastorelli, da loro fatta quali attori ed appellati nel giudizio di rilascio, in quanto gli opponenti erano, per definizione, terzi rispetto a quel processo.

La censura non può essere accolta. Essa prescinde dal rilievo che la opposizione di terzo è compresa nel novero dei mezzi di

impugnazione (art. 323 c.p.c.) e che la disciplina generale prevista circa il luogo di notificazione dell'impugnazione (art. 330 c.p.c.) si

applica, per quanto di ragione, anche in tema di opposizione di terzo.

Mentre infatti la dichiarazione di residenza o la elezione di domicilio effettuate dalla parte nell'atto di notificazione della sentenza impugnata non sono vincolanti per l'opponente che, quale terzo, non è destinatario di quell'atto, la restante disciplina conserva, nei suoi confronti, piena validità: nel senso che l'im

pugnazione ex art. 404 c.p.c. deve essere notificata alle parti convenute presso il loro procuratore costituito o nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto per il giudizio definito con la sentenza opposta; oppure, in difetto di tali indicazioni, ed in ogni caso dopo un anno dalla pubblicazione di detta sentenza, alle

parti personalmente, a norma degli art. 137 ss.

Nel caso di specie l'atto di citazione in opposizione risulta notificato ai coniugi Fiuzzi Mengozzi — entro l'anno — nel domicilio da loro eletto presso l'avv. Pastorelli, procuratore costi tuito nel giudizio di rilascio dell'appartamento; ed alla elezione del domicilio — che è espressione del diritto spettante alla parte di stabilire un domicilio speciale per determinati affari ex art. 47 c.c. — fu conferita una estensione temporale corrispondente a

quella della procura, come cioè valevole « in ogni fase o grado, anche di esecuzione o di opposizione ».

E poiché è indubitabile la inerenza dell'opposizione dei coniugi Fusari all'affare dedotto in lite (recesso dal contratto mercè offerta di altro alloggio disponibile) per il quale era stato conferito mandato ed eletto domicilio presso il procuratore, appare evidente la ritualità della notificazione dell'impugnazione seguita ai sensi dell'art. 141, 1° comma, e dell'ultima parte del 1° comma dell'art. 330 c.p.c., nel luogo che la parte intreressata aveva indicato come il più idoneo per la conoscenza degli atti di cui sarebbe stata destinataria nello svolgimento dell'intera vicenda

processuale. Con la prima parte del secondo motivo i ricorrenti ravvisano

una erronea applicazione di norme di legge nella sequenza argomentativa esposta dal tribunale, secondo cui i coniugi Fusaro Boeri avevano un duplice interesse ad agire in opposizione sia

perché non erano stati evocati nel giudizio di rilascio di alloggio in cambio di altro, pur essendo il loro intervento necessario; sia

perché la normativa prevista al n. 2 dell'art. 59 1. n. 392 del 1978 aveva in ogni caso comportato la abrogazione implicita del

disposto di cui all'ultimo comma dell'art. 4 1. n. 253 del 1950, a tenore del quale il locatore dell'alloggio offerto in cambio non

può opporsi, salvo che comprovi un giusto motivo, alla cessione del contratto da parte dell'inquilino, a sua volta locatore di altro

immobile, in favore del conduttore di quest'ultimo.

Neppure queste censure possono essere accolte. Anteriormente all'entrata in vigore della 1. n. 392 del 1978, la giurisprudenza di

questa corte regolatrice era ferma nel ritenere che, qualora il

locatore, avvalendosi della disposizione dell'ultimo comma dell'art. 4 1. n. 253 del 1950, offrisse in cambio al proprio inquilino l'alloggio da esso tenuto, alla sua volta, in locazione, e sorgesse controversia al riguardo, il giudizio cosi instaurato doveva essere necessariamente integrato con la chiamata del locatore dell'immo bile offerto (cfr. Cass. 12 giugno 1953, n. 1731, Foro it., Rep. 1953, voce Locazione, n. 795; 23 gennaio 1953, n. 196, id., 1953,

I, 498; 30 giugno 1953, n. 2031, id., Rep. 1953, voce cit., n. 796; 6 marzo 1954, n. 653, id., Rep. 1954, voce cit., n. 911; 11 ottobre

1954, n. 3574, ibid., n. 910; 23 febbraio 1955, n. 551, id., Rep. 1955, voce cit., n. 693; 28 gennaio 1955, n. 222, ibid., n. 998; 6

maggio 1955, n. 1293, ibid., n. 697; 20 ottobre 1955, n. 3350,

ibid., n. 700; 3 novembre 1955, n. 3588, ibid., n. 694; 31 gennaio 1956, n. 274, id., Rep. 1956, voce cit., n. 668; 31 gennaio 1957, n.

2001, id., Rep. 1957, voce cit., n. 631; 16 luglio 1962, n. 1890, id.,

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PARTE PRIMA

Rep. 1962, voce cit., n. 263; 21 aprile 1965, n. 705, id., Rep.

1965, voce cit., n. 137). A tale rigore — giustificata dalla considerazione che la

sentenza invocata non avrebbe potuto produrre i suoi effetti

costitutivi, tra cui quelli della novazione soggettiva nell'ambito

del contratto ceduto ex lege, se non nei confronti di tutte le parti interessate al cambio degli alloggi — veniva consentita deroga soltanto nell'ipotesi in cui, pur essendo l'immobile offerto in

cambio di proprietà di un terzo, l'offerente mostrasse di averne la

disponibilità attuale ed effettiva (cfr. Cass. 21 maggio 1958, n.

1700, id., Rep. 1958, voce cit., n. 457; 19 ottobre 1961, n. 2243,

id., Rep. 1961, voce cit., n. 230), salvo al giudice del merito il

potere-dovere di accertare la validità dell'obbligo del fatto del terzo (cfr. Cass. 6 marzo 1970, n. 582, id., Rep. 1970, voce cit., n.

56). Ipotesi, questa, certamente non invocabile nella fattispecie in

esame, in cui i coniugi Fiuzzi si autoesonerarono dalla prova della disponibilità dell'alloggio altrui, offerto in cambio, fraudo lentemente vantandosene proprietari.

Successivamente all'entrata in vigore della 1. n. 392 del 1978, la adesione all'iniziativa dell'attore in recesso da parte del locatore dell'immobile per abitazione offerto in cambio risulta non solo

indispensabile, ma sotto tale aspetto finalizzata anche ad una sua

maggiore tutela.

Da un lato, infatti, non è stata riprodotta nella nuova discipli na la disposizione di cui all'ultimo comma dell'art. 4 1. n. 253 del

1950, la quale aveva introdotto una deroga eccezionale alla regola generale (art. 1594 c.c.) del divieto della cessione della locazione senza il consenso del locatore, e consentito la operatività della cessione anche invito domino-, per altro verso è stato riaffermato

(art. 2, 1° comma) che il conduttore non può cedere ad altri il contratto senza il consenso del locatore.

Seguendo i criteri posti dall'art. 15 preleggi in tema di abroga zione delle leggi, deve pertanto ritenersi che la nuova disciplina, di cui al n. 2 dell'art. 59 1. n. 392 del 1978, del recesso del locatore mercé offerta di cambio di alloggio, è innovativa ed

incompatibile con la precedente disciplina, di cui all'art. 4, n. 2, 1. n. 253 del 1950, non solo per quanto concerne la indicazione dei

soggetti beneficiari dell'uso dell'immobile di cui si chiede il

rilascio, ma anche per quanto riguarda la ampiezza dei poteri del locatore dell'alloggio offerto (dal suo inquilino) in cambio.

!È sufficiente, infatti, che egli, nella propria discrezionalità, non

presti consenso alla cessione del contratto, perché la domanda

dell'inquilino resti paralizzata, mentre secondo la precedente normativa per la produzione di quell'effetto reiettivo occorreva che egli comprovasse la ricorrenza di un giusto motivo di

opposizione alla cessione. Le conseguenze della innovazione sul piano processuale sono

che, mentre a tenore della disciplina dettata dalla 1. n. 253 del

1950, una volta emersa nel terzo opponente la qualità di litisconsorte necessario pretermesso ed una volta annullata la sentenza opposta, le parti dovevano essere rimesse davanti al

giudice di primo grado (cfr. Cass. 9 giugno 1969, n. 2033, id., 1969, I, 1683), perché questi accertasse la fondatezza dei giusti motivi di contrasto addotti dal locatore dell'alloggio offerto in cambio, ai

sensi dell'ultimo comma dell'art. 4, secondo la normativa intro dotta con la 1. n. 392 del 1978 ogni esigenza di rinvio risulta

superata, una volta che detto locatore faccia valere la mancanza del proprio consenso alla cessione del contratto quale difetto di una imprescindibile condizione dell'azione di recesso, a sua insa

puta, proposta ex art. 59, n. 2. Le considerazioni sin qui svolte valgono inoltre a palesare la

infondatezza delle ulteriori censure dei ricorrenti, volte (con la

seconda parte del secondo motivo) a contestare la legittimazione dei coniugi Fusaro-Boeri alla opposizione di terzo revocatoria.

Giova precisare che la frode processuale da loro lamentata, e consistita nella affermazione da parte degli attori in recesso, di

un inesistente diritto di proprietà, in luogo dell'effettivo e taciuto

rapporto di locazione, aveva fatto si che quest'ultimo rimanesse

totalmente estraneo all'area della indagine processuale (masche rando sinanche l'esigenza di una integrazione del contraddittorio); e che la sentenza conclusiva di quel giudizio aveva comportato, per i locatori rimasti ad esso estranei, l'efficacia riflessa di vedere, in linea pratica, liberati gli inquilini Fiuzzi-Mengozzi, dai vincoli nascenti dal contratto e sostituito ad essi, nel godimento dell'al

loggio, il Saccani, cosi da provocare, in pregiudizio dei detti

locatori, la instaurazione di una situazione di fatto che soltanto

una consentita cessione del contratto avrebbe potuto legittimare. Avuto riguardo alle peculiarità della vicenda, quindi, rettamen

te la sentenza impugnata ha posto in risalto negli opponendi, agli effetti della proponibilità dell'opposizione revocatoria, la posizione di « creditori » e di « controparti » dei Fiuzzi (nell'ambito di quel

rapporto di locazione in cui l'avvenuta cessione senza il consenso

del locatore integrava gli estremi di una inadempienza dei con

duttori: cfr. Cass. 8 luglio 1960, n. 1815, id., Rep. 1960, voce cit., n. 108), anche se aggiuntive considerazioni circa la loro condizio

ne di «proprietari » e di « aventi causa » non risultano pertinenti al tema della legittimazione all'azione.

Ma poiché le critiche dei ricorrenti, si appuntano soltanto

contro queste ultime considerazioni, mentre non investono il

rilievo dato, in sentenza, alla qualità incontroversa, negli op

ponenti, di locatori dell'immobile offerto in cambio dai loro

inquilini (qualità da cui dipendeva la disponibilità del bene), la

soluzione della questione della legittimazione risulta sorretta,

comunque, da valida ragione giuridica, anche se la motivazione

adottata sul punto dal tribunale vada, nel senso suindicato,

precisata ed emendata (ex art. 384, 2° comma, c.p.c.) da argo mentazioni sovrabbondanti al fine del decidere. (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; Sezione II civile; sentenza 19 lu

glio 1983, n. 4980; Pres. G. Caleca, Est. Maresca, P. M. Pan dolfelli (conci, conf.); Capitti e altri (Avv. Brancati) c. Bion do (Avv. Russo, Gazzara). Cassa App. Messina 15 dicembre 1980.

Vendita — Garanzia per i vizi — Azione redibitoria ed estimato ria — Esercizio congiunto in via subordinata — Inammissibilità (Cod. civ., art. 1490, 1492).

Vendita — Garanzia per i vizi — Azione contro il venditore per la riparazione della cosa — Inammissibilità (Cod. civ., art.

1453, 1476, 1492). Vendita — Garanzia per i vizi — Azione di risarcimento dei

danni — Eliminazione dei vizi più gravi ad opera del venditore in corso di causa — Rigetto della domanda senza esame del suo fondamento in relazione ai vizi residui — Vizio di motiva zione (Cod. civ., art. 1494).

L'azione estimatoria non può essere esercitata congiuntamente al l'azione redibitoria, ancorché subordinatamente al mancato ac

coglimento della domanda principale. (1) Non è proponibile azione contro il venditore per ottenere la

riparazione della cosa affetta da vizi, anche se il venditore sia in colpa. (2)

Va cassata per vizio di motivazione la decisione che rigetti la domanda di risarcimento per vizi della cosa venduta senza esaminare il suo fondamento in relazione ai vizi sussistenti

dopo che il venditore abbia provveduto ad eliminare, in corso di causa, i più gravi. (3)

(1-3) I. - La sentenza affronta due problemi di rilievo: a) se l'acquirente, nell'avvalersi della garanzia per i vizi della cosa venduta possa esperire l'azione estimatoria subordinatamente al mancato ac coglimento dell'azione redibitoria, proposta in via principale; b) se, nella stessa ipotesi, l'acquirente possa anche agire per ottenere dal venditore la riparazione della cosa difettosa.

Alla prima questione la sentenza ha dato soluzione negativa, affermando l'incompatibilità delle due domande in quanto l'una mira alla risoluzione del contratto e l'altra alla manutenzione del mede simo, sia pure condizionatamente ad una riduzione del prezzo. Il diniego di esercizio congiunto, pur venendo spiegato in maniera non univoca, come ora si mostrerà, costituisce giurisprudenza costante: v. Cass. 12 luglio 1978, n. 3519, Foro it., Rep. 1978, voce Vendita, n. 40; 9 ottobre 1976, n. 3362, id., 1977, I, 889; 21 febbraio 1969, n. 595, id., 1969, I, 1471; 19 ottobre 1963, n. 2787, id., 1964, I, 567; 12 maggio 1962, n. 1146, id., Rep. 1962, voce cit., n. 68; 29 gennaio 1960, n. 129, id., 1960, I, 992; 17 maggio 1956, n. 1685, id., Rep. 1956, voce cit., n. 126; 27 giugno 1953, n. 2011, id., Rep. 1953, voce cit., n. 177; tra i giudici di merito, Trib. (Pavia 15 gennaio 1972, id., Rep. 1972, voce cit., n. 85; Trib. Firenze 22 novembre 1958, id., Rep. 1959, voc cit., n. 117; App. Venezia 23 aprile 1958, ibid., n. 114; App. Milano 10 dicembre 1952, id., Rep. 1953, voce cit., n. 178. Isolatissime eccezioni sono Cass. 6 ottobre 1978, n. 4462, id., Rep. 1978, voce cit., n. 50, e 30 giugno 1955, n. 2007, id., Rep. 1955, voce cit, n. 171 (che accolse la domanda redibitoria in un giudizio promosso con l'esperimento deWactio quanti minoris).

La sentenza riportata, lasciando il dubbio di una certa incoerenza, riconosce invece, almeno in astratto, il diritto dell'acquirente al risarcimento nell'ipotesi di rigetto della domanda redibitoria. Invero l'azione di risarcimento, quando viene esercitata in via autonoma (cioè non in collegamento con un'azione di risoluzione), appare sorretta proprio dalla volontà di conservare il contratto e di chiedere la sola reintegrazione nella perdita causata dal vizio (v., in generale, Bianca, La vendita e la permuta, in Trattato diretto da Vassalli, Torino, 1972, 876). Probabilmente la Cassazione ha inteso evitare il totale vanificarsi del diritto di garanzia del compratore a fronte del rigetto della domanda di risoluzione (rigetto non gravato di ricorso), e ciò nonostante che una parte della giurisprudenza affermi la

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