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sezione III civile; sentenza 24 febbraio 1999, n. 1584; Pres. Grossi, Est. Manzo, P.M. Mele (concl.conf.); Soc. f.lli Ferri (Avv. Longhi) c. Soc. Adriatica di navigazione; Soc. Adriatica dinavigazione (Avv. Stella Richter, Forlati) c. Soc. f.lli Ferri. Conferma App. Firenze 22 aprile1996Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 10 (OTTOBRE 1999), pp. 2953/2954-2957/2958Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23194915 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
singola procedura concordataria con cessione dei beni quando sia parte della proposta di concordato, sia oggetto dell'ammis
sione da parte del tribunale nonché dell'approvazione da parte dei creditori, oltre ovviamente all'omologazione finale.
Il collegio condivide questo percorso argomentativo, al quale
dunque aderisce intendendo darvi continuità, con l'aggiunta delle
considerazioni che seguono. In primo luogo non sembra che la gestione dell'impresa come
modalità essenziale del concordato, diretta ad una più proficua
liquidazione del patrimonio a favore dei creditori concorrenti, sia configurabile soltanto in relazione al concordato preventivo con cessione dei beni. Non si ravvisano ragioni per negare tale
configurabilità anche nel concordato per garanzia o in quelle forme di concordato cosiddetto misto, in cui pure lo scopo li
quidators non soltanto è coordinabile con la gestione dell'im
presa ma può trovare in questa una modalità essenziale di rea
lizzazione, sotto la vigilanza del commissario giudiziale e la di
rezione del giudice delegato (art. 167, 1° comma, 1. fall.).
Invero, il dato centrale del ragionamento sopra richiamato
risiede nel carattere essenziale attribuibile alla gestione dell'im
presa come modalità per portare a compimento i fini liquidato ri della procedura, durante la quale peraltro la gestione dell'im
presa è prevista senza distinzioni tra le tipologie del concordato
presentato dal debitore insolvente. Se cosi è, quel dato, e gli elementi ulteriori richiesti, sono verificabili e utilizzabili in ogni tipo di concordato preventivo, con indagine da compiere in con
creto secondo la proposta presentata dal debitore insolvente, da passare al vaglio dei creditori e del tribunale sino all'omolo
gazione finale.
Ciò posto, si deve osservare che, qualora sia acclarata l'es
senzialità della gestione dell'impresa per la realizzazione dei fini
della specifica procedura concordataria, non sono ravvisabili ar
gomenti persuasivi idonei a giustificare un trattamento differen
ziato tra i debiti contratti durante quella procedura e i debiti
insorti per la continuazione dell'esercizio provvisorio in sede fal
limentare (se questo è stato autorizzato) oppure in regime di
amministrazione controllata.
Né varrebbe addurre che nel concordato preventivo (come, del resto, nell'amministrazione controllata) la gestione rimane
al debitore. È agevole replicare che ciò avviene in un sistema
di controlli e di autorizzazioni (art. 167, 1° e 2° comma, 1.
fall.) i quali danno sufficiente affidamento che l'attività sia po sta in essere nel perseguimento dei fini propri della procedura. E si tratta di un sistema adeguatamente sanzionato, visto che — ai sensi dell'art. 173, 2° comma, 1. fall. — se il debitore
durante la procedura compie atti non autorizzati a norma del
l'art. 167 o comunque diretti a frodare le ragioni dei creditori, o se in qualunque momento risulta che mancano le condizioni
prescritte per l'ammissibilità del concordato, egli è dichiarato
fallito.
Pertanto, pur non volendo aderire alla tesi secondo cui l'am
missione al concordato preventivo (o all'amministrazione con
trollata) determina per il debitore uno spossessamento cosiddet
to attenuato del suo patrimonio, il sistema di controlli e di au
torizzazioni è tale da giustificare l'opinione dottrinaria per la
quale l'ufficio processuale in quelle procedure può essere consi
derato anticipatore dell'ufficio fallimentare in caso di con
versione.
La sostanziale assimilazione che dai rilievi fin qui esposti si
trae tra esercizio provvisorio autorizzato in sede fallimentare,
gestione imprenditoriale nell'amministrazione controllata e con
tinuazione della gestione dell'impresa nel concordato preventi vo (quando acquisti i connotati di essenzialità per la specifica
procedura) induce a ritenere applicabile anche alla terza ipotesi
l'interpretazione estensiva della disciplina dell'art. Ili, n. 1,1.
fall., con il riconoscimento della prededucibilità, nel fallimento
consecutivo, dei debiti contratti dall'imprenditore per la gestio ne dell'impresa nel corso del concordato preventivo.
Alla stregua delle considerazioni fin qui svolte, va dunque affermato il seguente principio: nel concordato preventivo, quan do la gestione dell'impresa diviene modalità essenziale della sin
gola procedura concordataria (siccome diretta ad una più profi cua liquidazione patrimoniale a favore dei creditori concorren
ti), perché sia parte della proposta di concordato, sia oggetto dell'ammissione da parte del tribunale e dell'approvazione da
parte dei creditori, e formi altresì oggetto dell'omologazione fi
nale, in caso di fallimento consecutivo si rende applicabile l'art.
Il Foro Italiano — 1999.
Ill, 1° comma, n. 1,1. fall., dovendosi considerare le spese della gestione dell'impresa come spese della procedura.
Nella fattispecie in esame il servizio riscossione tributi - Cas
sa di risparmio in Bologna con l'atto di appello aveva posto la questione, richiamando l'indirizzo favorevole alla prededuci bilità nei casi in cui la costituzione di nuove obbligazioni fosse
stata necessaria «per conservare l'azienda nella sua interezza»
ed aggiungendo che il concordato della Zanasi s.p.a., che pre vedeva l'integrale pagamento dei creditori privilegiati e di quelli
chirografari nel termine di cinque anni era stato un «concorda
to dilatorio».
La corte territoriale ha risposto limitandosi a richiamare lo
scopo liquidatorio della procedura e ad esternare il dubbio che
il mancato assolvimento degli obblighi fiscali dell'imprenditore avrebbe potuto far conseguire un vantaggio alla società. In tal
modo, però, ha del tutto trascurato i profili e il principio sopra
enunciati, omettendo qualsiasi indagine sui contenuti e sulle ca
ratteristiche del concordato de quo e così incorrendo nelle cen
sure denunciate.
Pertanto, in accoglimento del ricorso, per quanto di ragione e nel quadro delle considerazioni sopra svolte, la sentenza im
pugnata deve essere cassata e la causa va rinviata per nuovo
esame ad altra sezione della Corte di appello di Bologna.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 24 feb
braio 1999, n. 1584; Pres. Grossi, Est. Manzo, P.M. Mele
(conci, conf.); Soc. f.lli Ferri (Aw. Longhi) c. Soc. Adriati ca di navigazione; Soc. Adriatica di navigazione (Aw. Stel
la Richter, Forlati) c. Soc. f.lli Ferri. Conferma App. Fi
renze 22 aprile 1996.
Trasporto marittimo e aereo, noleggio e locazione di nave e
di aeromobile — Polizza di carico — Antidatazione — Illeci
to — Limiti — Fattispecie (Cod. nav., art. 460, 461).
L'antidatazione della polizza di carico, rispetto alla data effetti va di caricazione, al fine di consentire al caricatore-venditore
di riscuotere il pagamento del prezzo della merce, integra gli estremi del fatto illecito solo in quanto da essa derivi un dan
no ingiusto a terzi (nella specie, il ricorrente aveva comunque ricevuto ed accettato la merce). (1)
(1) Con la presente decisione la Suprema corte ribadisce la tesi (giuris prudenziale) a tenore della quale l'indicazione della data di consegna o di caricazione della merce non è requisito essenziale della polizza di
carico, sì che, la data di emissione può anche non coincidere con la data della consegna o della caricazione della merce, senza per questo dar luogo a responsabilità extracontrattuale in mancanza di un danno
ingiusto. Inoltre, l'alterazione del titolo non implica, per la giurispru denza, che il danno sia in re ipsa; l'onere di fornire la prova del nocu mento subito sub specie di danno emergente e/o di lucro cessante verte in capo al destinatario. In tal senso, v. Cass. 14 agosto 1997, n. 7612, Foro it., Rep. 1997, voce Trasporto marittimo, n. 27, ove si chiarisce
che la falsa indicazione della data di caricazione della merce, quando 11 titolo rappresentativo non debba essere emesso entro una data deter
minata, assume rilievo quale evento produttivo di responsabilità extra contrattuale (solidale del vettore e del caricatore) solo quando sia deri
vato un danno ingiusto a terzi (solitamente al destinatario della merce). V., anche, App. Napoli 12 maggio 1983, id., Rep. 1985, voce cit., n.
43, e, per esteso, Dir. maritt., 1985, 332, con nota di Costa; Cass. 23 febbraio 1979, n. 1218, Foro it., Rep. 1979, voce cit., nn. 60, 61; 12 settembre 1963, n. 2486, id., 1964, I, 95.
In dottrina, sono state espresse perplessità circa il carattere non es senziale dell'indicazione della data di caricazione della merce nella po lizza, che permarrebbe valida nonostante la falsità o l'erroneità della
data di carico in essa indicata. V. Grigoli, In merito alla rilevanza
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2955 PARTE PRIMA 2956
Svolgimento del processo. — Con atto di citazione notificato
il 28 dicembre il 1984, la F.lli Ferri s.p.a. conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Livorno l'Adriatica di navigazione s.p.a., deducendo di aver concluso con la ditta Comark con sede in
Egitto un contratto di compravendita di duecento tonnellate di
semi di trifoglio alessandrino con imbarco e pagamento contro
documenti entro il mese di dicembre del 1983 quanto a cento
tonnellate, ed entro il mese di gennaio del 1984 quanto al resto.
Assumeva che dopo l'imbarco e il pagamento delle prime cento
tonnellate la ditta venditrice aveva presentato alla banca per il pagamento del residuo quantitativo una polizza di carico per Livorno emessa il 26 gennaio 1984 dall'agente in loco Adriatica
di navigazione s.p.a. con la dicitura clean on board-, che la ban
ca in presenza di imbarco apparentemente effettuato nei termini
previsti dalla lettera di credito aveva pagato alla Comark il prezzo della vendita pari a dollari 119.500; che peraltro l'imbarco era
avvenuto per ammissione della stessa Adriatica il 2 febbraio
1984, ossia due giorni dopo la scadenza della concessione del
credito; che senza tale grave irregolarità del vettore marittimo essa non avrebbe sostenuto l'esborso della somma di lire 212.599.466. Ciò premesso, chiedeva la condanna dell'Adriati ca di navigazione al pagamento della somma di lire 120.468.448, con interessi e rivalutazione, a titolo di risarcimento dei danni derivatile dal censurato comportamento. La convenuta si costi tuiva eccependo l'incompetenza per territorio dell'adito tribu
nale; nel merito contestava il fondamento della domanda dedu cendo la prescrizione del diritto ai sensi dell'art. 438 c. nav., il difetto di prova della falsità della polizza di carico, la circo stanza che il deprezzamento della merce era derivato non dal ritardo di due giorni della spedizione ma dal ritardo con cui la merce era stata ritirata e commercializzata. In via riconven zionale chiedeva la condanna della controparte al pagamento della somma di dollari Usa 17.100 a titolo di danni subiti per ritardata consegna dei containers, detratta la somma di lire due milioni già corrisposte.
Il tribunale, con sentenza del 12 aprile 1990, respingeva le domande. La F.lli Ferri s.p.a. proponeva appello. La Adriatica di navigazione s.p.a. contestava il fondamento dell'impugna zione e proponeva, a sua volta, appello incidentale.
La Corte d'appello di Firenze, con sentenza (non definitiva) del 15 dicembre 1993, dichiarava proposta dalla F.lli Ferri s.p.a. domanda di danni sia per responsabilità contrattuale che per responsabilità extracontrattuale; dichiarava prescritto il diritto al risarcimento dei danni per responsabilità contrattuale; con fermava la sentenza appellata quanto al capo attinente al riget to della domanda riconvenzionale dell'Adriatica di navigazione s.p.a.; rimetteva la causa in istruttoria per l'ulteriore corso in
dell'antidatazione della polizza di carico, in Giust. civ., 1979, I, 994, per il quale tale assunto ometterebbe di considerare che l'obbligo legale di esatta redazione della polizza, che si evince dal sistema normativo di circolazione del titolo, sussiste indipendentemente dall'essenzialità o meno dell'indicazione contenuta nella polizza stessa. Contra, Cobian chi, Responsabilità del vettore marittimo e del caricatore per il rilascio e l'uso di polizze antidatate o comunque non conformi a verità, in Dir. maritt., 1952, 253.
Sulle medesime posizioni della giurisprudenza, v., altresì, Costa, Profili di responsabilità in ipotesi di negoziazione a mezzo banca di polizza di carico antidatata o falsa, id., 1985, 332, il quale sottolinea come la Suprema corte voglia in realtà raggiungere un risultato ispirato ad esigenze di equità sostanziale, escludendo che il caricatore, dopo aver ottenuto l'emissione di una polizza antidatata, potesse poi invocare a suo favore la falsità della polizza stessa, scaricando sul vettore le conse guenze economiche del suo comportamento fraudolento.
Più di recente, cfr. Colafigli, Intestazione della polizza di carico ai fini dell'individuazione del vettore e risarcimento del lucro cessante, in Dir. trasporti, 1995, 531; Murtas, Efficacia probatoria e costitutivi tà della polizza di carico, Torino, 1996, passim; nonché, Benedetti, Antidatazione della polizza di carico e responsabilità del vettore marit timo, in Danno e resp., 1997, 696, il quale rileva che da una medesima fattispecie di illecito (l'antidatazione della polizza di carico) possono sorgere vari titoli di responsabilità in capo ai soggetti in essa coinvolti: oltre alla responsabilità contrattuale del venditore (che abbia antidatato la data della polizza per occultare un proprio inadempimento) può in fatti profilarsi quella extracontrattuale di chi abbia concorso ad agire in frode al destinatario direttamente (ad es. il vettore od il caricatore che falsifichi la polizza), o indirettamente (il mediatore che contribuisca ad occultare la falsificazione agli occhi del destinatario).
Il Foro Italiano — 1999.
ordine alla domanda di responsabilità extracontrattuale. Avver
so tale sentenza la F.lli Ferri s.p.a. proponeva riserva di ricorso ex art. 361 c.p.c.
Con sentenza del 22 aprile 1996, la corte d'appello rigettava
l'appello proposto dalla F.lli Ferri s.p.a. La corte territoriale,
pur considerando astrattamente sussistente una responsabilità extracontrattuale derivante dall'antidatazione della polizza di ca
rico, riteneva che mancasse la prova del danno.
Avverso tale sentenza la F.lli Ferri s.p.a. propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi. L'Adriatica di navigazione s.p.a. resiste con controricorso e propone ricorso incidentale condi
zionato, al quale, a sua volta, resiste con controricorso la F.lli Ferri s.p.a., che ha inoltre depositato memoria.
Motivi della decisione. — Il ricorso principale e quello inci
dentale vanno riuniti a norma dell'art. 335 c.p.c. (Omissis) Con il primo motivo la ricorrente censura la sentenza non
definitiva per avere ritenuta prescritta l'azione contrattuale. Più
specificamente lamenta che la corte d'appello: a) non aveva ri tenuto applicabile il termine di decadenza annuale previsto dal la convenzione di Bruxelles sulla polizza di carico, applicando invece il termine di prescrizione semestrale previsto dall'art. 438 c. nav.; b) aveva ritenuto che il termine di prescrizione decor resse dalla data di arrivo del carico, sulla base di una clausola di polizza, senza considerare che la merce era stata ritirata suc
cessivamente, in ciò violando la norma (art. 438 c. nav.) che
prevede la decorrenza dalla riconsegna delle cose; c) aveva to
talmente omesso di motivare sulle ragioni per cui «i tre messag gi inviati all'Adriatica (doc. 6, 8 e 9 primo grado), il primo dalla Ferri, ed i secondi dai suoi legali, non consistessero in 'intimazioni di pagamento', quando la raccomandata del 20 ago sto 1984 testualmente recitava: 'la F.lli Ferri s.p.a. ci ha incari cati di agire nei vs. confronti per tutti i danni conseguenti al
l'apposizione di data falsa sulla p/c in oggetto».
Pregiudiziale alla trattazione del motivo è l'esame dell'ecce zione di inammissibilità dello stesso proposta dalla controricor rente. Secondo quanto dedotto, la sentenza del 15 dicembre 1993 della corte territoriale era definitiva per quanto riguardava l'a zione contrattuale e non definitiva relativamente all'azione ex tracontrattuale per la quale era stata disposta la prosecuzione della causa. Di qui l'inammissibilità del motivo, rivolto avverso ad una sentenza parziale e definitiva insuscettibile di riserva di ricorso e di impugnazione differita.
L'eccezione è priva di fondamento. Le sezioni unite della Corte di cassazione, con sentenza 1°
marzo 1990, n. 1577 (Foro it., 1990, I, 836), nel dirimere un conflitto insorto in seno alla giurisdizione di legittimità in ordi ne ai criteri distintivi tra sentenze definitive e sentenze non defi nitive hanno affermato che «nel caso di cumulo di domande fra gli stessi soggetti, la sentenza, che decida una o più di dette
domande, con prosecuzione del procedimento per le altre, ha natura non definitiva, e come tale può essere oggetto di riserva
d'impugnazione differita (art. 340 e 361 c.p.c.), qualora non
disponga la separazione, ai sensi dell'art. 279, 2° comma, n.
5, c.p.c., e non provveda sulle spese relative alla domanda od alle domande decise, rinviando all'ulteriore corso del giudizio, atteso che, anche al fine indicato, la definitività della sentenza
esige un espresso provvedimento di separazione, ovvero la pro nuncia sulle spese, che chiude la contesa cui si riferisce e quindi necessariamente implica la separazione medesima».
Avuto riguardo alla decisione delle sezioni unite, che il colle
gio condivide, nel caso di specie, dando rilievo al profilo for male sopra indicato, non vi è dubbio che ci si trovi in presenza di una sentenza non definitiva, atteso che non è stata disposta la separazione tra le cause e non si è provveduto sulle spese della causa avente ad oggetto la responsabilità contrattuale del vettore (riguardando espressamente la pronunzia sulle spese con tenuta nella sentenza altro capo dell'appello incidentale).
Ciò premesso, il primo motivo appare infondato, in tutti i suoi profili.
L'infondatezza della censura per non aver la corte di merito ritenuta applicabile la convenzione di Bruxelles del 25 agosto 1924 «per l'unificazione di certe regole in materia di polizza di carico» (resa esecutiva con r.d. 6 gennaio 1928 n. 1958, con vertito con 1. 19 luglio 1929 n. 1638) deriva da ciò, che nella convenzione (art. 3.6) il termine di un anno per proporre l'azio ne riguarda esclusivamente le azioni proposte contro il vettore
per ottenere il risarcimento conseguente alle perdite o ai danni
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
alle merci, mentre con la domanda proposta si fa valere una
responsabilità qualificata dalla ricorrente come contrattuale per un inadempimento conseguente all'antidatazione della polizza di carico.
Anche relativamente alla decorrenza della prescrizione, la la
mentata violazione dell'art. 438 c. nav. non sussiste. La dispo sizione dispone infatti che il termine di sei mesi decorre dalla
«riconsegna delle merci». Correttamente la corte territoriale ha
ritenuto che tale termine dovesse coincidere con la scaricazione
delle merci, avuto riguardo all'art. 23 delle condizioni di poliz za. Tale clausola, che non necessitava della sottoscrizione del
ricevitore, dispone che «il commerciante è tenuto a ritirare la
merce alla scaricazione», cosicché, come rilevato dalla sentenza
impugnata, resta irrilevante la circostanza che il ritiro da parte della F.lli Ferri s.p.a. sia avvenuto successivamente.
Relativamente infine alla doglianza per non aver la corte con
siderato l'intervenuta interruzione della prescrizione, va innanzi
tutto rilevato che sul punto il ricorso manca della necessaria
specificazione e viola il principio di autosufficienza, riferendosi
genericamente ai «tre messaggi inviati all'Adriatica» e rinvian
do per l'identificazione degli stessi ai documenti del processo di primo grado. Unica indicazione specifica è quella della rac
comandata 20 agosto 1984, che tuttavia è intervenuta successi
vamente alla scadenza del termine di prescrizione di sei mesi, decorrente dalla riconsegna della merce avvenuta, in coinciden
za con la scaricazione, il 14 febbraio 1984, come risulta dalla
sentenza impugnata. Con il secondo motivo la ricorrente censura la sentenza im
pugnata per non aver ritenuto sussistente la prova del danno.
Secondo quanto dedotto, era a suo carico l'onere di provare l'avvenuto esborso del prezzo e non quello di provare, contro
il proprio interesse, l'importo da portare in deduzione del dan
no a seguito della sua diligente gestione del medesimo, tramite
rivendite parcellizzate in piccolissimi lotti della merce. L'insuf
ficienza e contraddittorietà della motivazione consisterebbe nel
l'avere la corte di merito ritenuto: a) che il danno fosse ravvisa
bile nella differenza tra prezzo pagato e prezzo ricavato dalle
successive rivendite, anziché dal mero fatto di aver subito un
esborso che altrimenti avrebbe evitato; b) che le dichiarazioni
dei testi e i documenti prodotti non consentissero comunque
una ricostruzione sufficientemente esatta del prezzo di mercato
a cui furono rivendute le sementi; c) che non sussistessero ele
menti di prova in ordine agli altri danni di diversa natura (soste
e controstallie contenitori, oneri bancari e danni finanziari), do
cumentalmente provati ma che la corte aveva dimenticato di
considerare nonostante nessuna contestazione fosse stata mossa
in proposito. La ricorrente sostiene in pratica che in caso di antidatazione
della polizza di carico, il danno si verificherebbe automatica
mente e consisterebbe nell'esborso del prezzo della merce che
altrimenti non sarebbe stato pagato. Di qui l'ulteriore corolla
rio che essa non avrebbe dovuto provare «contro il proprio in
teresse» l'importo del ricavo da portare in deduzione. Tale im
postazione non appare corretta e inficia tutto l'argomentare del
motivo. Come ha avuto modo di affermare questa corte, l'anti
datazione della polizza di carico rispetto alla data effettiva di
caricazione al fine di consentire al caricatore-venditore di ri
scuotere il pagamento del prezzo della merce dall'istituto ban
cario autorizzato integra gli estremi del fatto illecito solo in quan
to da essa derivi un danno ingiusto a terzi (normalmente al de
stinatario del carico) (Cass. 23 febbraio 1979, n. 1218, id., Rep.
1979, voce Trasporto marittimo, nn. 60, 61; 12 settembre 1963,
n. 2486, id., 1964, I, 95). Occorre dunque la prova del danno — che, nel caso di specie, avendo il destinatario ricevuto e ac
cettato la merce, non potrebbe consistere nel prezzo pagato —
e, secondo le regole generali, la prova del nesso di causalità
tra il fatto illecito e il danno.
Tale è il quadro giuridico di riferimento, considerato anche
dalla corte territoriale, la quale, sia pure prescindendo dall'ac
certamento se fra il danno allegato e l'antidatazione della poliz
za di carico sussistesse un nesso di causalità, ha ritenuto, con
valutazione insindacabile in questa sede in quanto adeguatamente
motivata, che mancava la prova del danno. Più specificamente
che mancava la prova dell'effettivo ricavo della rivendita, dal
quale poi ottenere per sottrazione dal prezzo pagato il danno
e che, anzi, non si poteva escludere che in effetti il ricavato
della vendita non avesse lasciato residuare differenze di sorta.
Il Foro Italiano — 1999.
La ricorrente deduce che la corte, per considerare il prezzo di mercato dell'epoca, non aveva tenuto conto di fatture «rela
tive alla vendita di semi di trifoglio alessandrino intorno al set
tembre 1984 (doc. 11/14 fascicolo di primo grado) né della pro va testimoniale del sig. Morelli che aveva dichiarato esservi sta
to un calo del prezzo di mercato nel 1984». Tali deduzioni sono
prive di fondamento. Quanto al generico richiamo alle fatture
con rinvio al fascicolo del giudizio di primo grado, il ricorso
manca della necessaria autosufficienza. Ma a prescindere da ciò, la corte d'appello ha mostrato di considerare gli elementi pro batori in atti relativi al «deprezzamento» della merce, ritenendo
per un verso che i riferimenti erano generici, per altro verso
che la prova del deprezzamento non integrava quella dell'effet
tivo ricavo necessaria al fine di liquidare il danno nella diffe
renza tra il prezzo pagato e quello ricavato. Anche in tal caso
dunque la decisione appare sufficientemente motivata, mentre
le censure appaiono rivolte non alla base del convincimento del
giudice di merito, ma, inammissibilmente in questa sede, al con
vincimento stesso e, cioè, alla valutazione degli elementi istrut
tori in modo difforme da quello auspicato. La ricorrente deduce ancora il difetto di motivazione in ordi
ne ad altri danni indicati, quali soste e controstallie contenitori, oneri bancari e danni finanziari. Trattasi di profili che all'evi
denza non attengono a punti decisivi, considerando che ciò di
cui si discute è l'antidatazione della polizza di carico, il cui nes
so di causalità con le spese in questione non appare in alcun
modo evidenziato.
Con il terzo motivo la ricorrente censura la sentenza impu
gnata per non aver proceduto alla liquidazione equitativa del
danno. Anche tale motivo è infondato. La liquidazione equita tiva del danno a norma degli art. 1226 e 2056 c.c. presuppone infatti che il danno sia certo nella sua esistenza. La corte di
merito ha escluso che gli elementi probatori potessero consenti
re di ritenere sussistente un danno, concludendo anzi che, come
si è detto, non era da escludere «che in effetti il ricavato della
rivendita non abbia lasciato residuare differenze di sorta». In
tale contesto non poteva procedersi ad una liquidazione equita tiva di un danno ritenuto non certo nella sua esistenza.
In conclusione il ricorso va rigettato. Il ricorso incidentale,
in quanto condizionato all'accoglimento del ricorso principale, rimane assorbito.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 19 feb
braio 1999, n. 1391; Pres. Rocchi, Est. Criscuolo, P.M. Mac
carone (conci, conf.); Inail (Aw. Lai, Napolitano, Varo
ne) c. Fall. soc. Nuve costruzioni (Avv. Crimi) e altri; Soc.
R.B.L.-Riello bruciatori Legnago (Avv. Barbato) c. Inail.
Conferma Trib. Brindisi 27 dicembre 1996.
Fallimento — Dichiarazioni tardive di credito — Diritto ai ri
parti — Esclusione — Diritto all'accantonamento — Esclu
sione (R.d. 16 marzo 1942 n. 267, disciplina del fallimento,
art. 101, 110, 112, 113).
Il creditore tardivo non ha diritto a partecipare a riparti ante
riori alla sua ammissione al passivo, né ha diritto all'accanto
namento di somme a salvaguardia del suo credito non ancora
ammesso. (1)
(1) La Cassazione torna ancora una volta sulla questione della distri
buzione del ricavato fra i creditori in pendenza di dichiarazioni tardive
di credito, e conferma il proprio consolidato orientamento secondo il
quale queste ultime non bloccano l'esecuzione dei riparti, ed il creditore
tardivo non è titolare né del diritto a prendervi parte, se alla data del
deposito del riparto il suo credito non era stato ancora ammesso al
passivo, né di quello all'accantonamento di somme in suo favore, poi
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