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Sezione III civile; sentenza 24 maggio 1960, n. 1329; Pres. Verzì P., Est. La Farina, P. M. Silocchi(concl. conf.); Caradonna (Avv. Augenti, Wertmüller) c. Altieri (Avv. Ardito, CartasegnaUmbriano)Source: Il Foro Italiano, Vol. 83, No. 7 (1960), pp. 1109/1110-1113/1114Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23151826 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
come si è detto, è indubbiamente esatto; non furono invece
esaminati, al fine di indagare, in base alle prove presuntive
prospettate dalle parti, se quella determinata fornitura
potesse essere qualificata come occasionale, in relazione
alla condizione (cbe la Cassa sosteneva inesistente) dell'es
sere la somministrazione subordinata alle concrete disponi bilità dell'impresa produttrice.
Anche per tale omissione la sentenza dev'essere an
nullata.
Per questi motivi, ecc.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
Sezione iii civile ; sentenza 24 maggio 1960, n. 1329 ;
Pres. Verzì P., Est. La Farina, P. M. Silocchi (conci,
conf.) ; Caradonna (Avv. Augenti, Wektmuller) c.
Altieri (Avv. Ardito, Cartasegna Umbriano).
(Gassa App. Roma 3 ottobre 1958)
Competenza e giurisdizione in materia civile —■
Appello avverso sentenza che pronunzia sulla
competenza — Dichiarazione di inammissibilità -—- Impugnativa — Iticorso ordinario per cassa
zione.
Appello in materia civile — Imputato prosciolto -—- Denuncia calunniosa — Domanda di risarci
mento danni ili sede civile — Dichiarazione di
improponibilità in primo grado — Appello —
Ammissibilità (Cod. proc. pen., art. 353, 383, 482).
La sentenza di secondo grado che abbia dichiarato inammis
sibile l'appello, ritenendo che la pronunzia di primo grado avesse statuito soltanto sulla competenza, può essere
denunciata in Cassazione solo a mezzo del ricorso ordi
nario. (1) Ove il giudice di primo grado, al quale l'imputato prosciolto
abbia proposto domanda di risarcimento danni per denunzia calunniosa, dichiari l'improponibilità della
domanda in sede civile e l'avveratasi definitiva decadenza
dal diritto al risarcimento causa l'omessa tempestiva
proposizione della domanda in sede propria, il giudice
d'appello non può pronunciare l'inammissibilità del
gravame dicendo proponibile il regolamento necessario di
competenza, ma deve giudicare il merito dell'impugna zione. (2)
La Corte, ecc. — Fatto. — Giuseppe Caradonna, dopo di
essere stato, con sentenza passata in giudicato, assolto,
perchè il fatto ascrittogli non costituisce reato, dall'impu tazione di truffa in danno di Dante Altieri, costituitosi
parte civile nel processo penale, con atto di citazione
dell'll luglio 1955 conveniva in giudizio davanti al Tribu
nale di Boma l'Altieri, per sentirlo condannare al risarci
mento dei danni patrimoniali e non patrimoniali deriva
tigli dalla denuncia penale infondata presentata a suo carico
dal convenuto e dall'opera persecutoria spiegata dal mede
fi) In senso conforme : Cass. 14 maggio 1960, n. 1157, Foro it., Mass., 259 ; 21 novembre 1959, n. 3431, 28 ottobre 1959, n. 3166, 21 ottobre 1959, n. 3011, 7 luglio 1959, n. 2161, id.,
Rep. 1959, voce Competenza civ.. nn. 362-365 ; 22 maggio 1959, n. 1572, id., 1959, I, 928, con ampia nota di richiami.
(2) Affermano l'esclusiva competenza del giudice penale sulla responsabilità della parte civile, Cass. 6 marzo 1956, Gui
dotti, Foro it., Rep. 1956, voce Parte civile, n. 49 e 14 maggio
1954, Orfino, id., 1954, II, 145, con osservazione critica di
G. Santucci. Per riferimenti, sulla discriminazione delle funzioni giuris
dizionali tra giudice civile e penale (ordinari), vedi Redenti, Dir. proc. civ.2, I, pag. 134 ; Andrioli, Lezioni, I, pag. 74 e segg.
Circa la definizione del regolamento di competenza come
mezzo di impugnazione diretto a provocare dalla Cassazione, omisso m&dio, la decisione sulle questioni di competenza insorte
in un giudizio in corso davanti a giudici ordinari, Cass. 8 luglio
1958, n. 2463, Foro it., Rep. 1958, voce Competenza civ., n. 470.
simo nei suoi confronti anche in sede diversa da quella penale.
Il Tribunale adito, accogliendo l'analoga eccezione sollevata dal convenuto, con sentenza in data 14 febbraio 1957 dichiarava « improponibile la domanda, per incompe tenza funzionale del giudice civile », ritenendo che, a norma
degli art. 383 e 482 cod. proc. pen., la domanda avrebbe
potuto e dovuto essere proposta esclusivamente davanti al giudice penale, affinchè questi si pronunciasse con la sentenza di proscioglimento.
Avverso tale sentenza il Caradonna proponeva appello. La Corte d'appello di Roma, con sentenza in data
3 ottobre 1958, dichiarava inammissibile il gravame. Riteneva la Corte che la sentenza impugnata, in quanto conteneva soltanto una statuizione sulla competenza, fosse
impugnabile esclusivamente con il regolamento di compe tenza ; rilevava a questo proposito la stessa Corte che il
regolamento trascende l'ipotesi del conflitto reale tra più giudici e tende ad ottenere una decisione sul punto se il
giudice adito sia in atto competente a conoscere di una
determinata controversia, non solo in relazione alle possi bilità che abbia l'attore di rivolgersi tuttora ad un altro
giudice, ma anche in relazione al fatto che siano soprav venute cause per le quali la domanda non può più proporsi davanti a un giudice, che, in diverse circostanze di tempo, avrebbe potuto conoscere. (Omissis)
Diritto. — Benché nessuna questione sia sorta in pro posito tra le parti, questa Suprema corte ritiene opportuno rilevare, in linea preliminare, che non potrebbe essere
profilato alcun dubbio sulla ritualità e sull'ammissibilità
dell'impugnazione per cassazione, proposta con le forme o nei termini più ampi propri del ricorso ordinario, e non
con le forme ed entro i termini più brevi previsti dalla
logge per il regolamento di competenza. Il dubbio avrebbe potuto, in via astratta, essere pro
spettato in relazione al contenuto della impugnata sen
tenza d'appello, che si è limitata a dichiarare inammis
sibile l'appello sotto il profilo che l'unica impugnazione
esperibile nella specie sarebbe stato il regolamento di
competenza, ed in rapporto ad un noto orientamento, che ha dominato per lungo tempo nella giurisprudenza di
questo Supremo collegio ; orientamento in base al quale, partendosi dalla premessa, costituente ormai iws receptum che, al pari di quelle di primo grado, anche le sentenze
d'appello, che abbiano pronunciato esclusivamente su una
questione di competenza, sono soggette soltanto al regola mento necessario di competenza e non all'impugnazione ordinaria, si identificava, nelle sentenze di appello aventi un contenuto analogo a quello della decisione ora impugnata, una pronuncia sulla sola competenza, cioè una discrimi
nazione e attribuzione di competenza tra lo stesso giudice
d'appello e la Corte di cassazione, cui l'impugnazione contro
la sentenza di primo grado avrebbe dovuto essere rivolta
a mezzo del regolamento di competenza ; con la conse
guenza, che la stessa sentenza d'appello avrebbe dovuto e potuto essere impugnata soltanto con il regolamento di
competenza, risultando inammissibile il ricorso ordinario.
Senonchè, tale orientamento è ormai superato da altra e più recente giurisprudenza (sent. 14 giugno 1958, n. 2014, Foro
it., 1958, I, 2014 ; 7 luglio 1959, n. 2161, id., Rep. 1959, voce
Competenza civ., n. 362 ; 21 novembre 1959, n. 3431,
ibid., n. 365), avallata anche dal suffragio delle Sezioni unite (22 maggio 1959, n. 1572, id., 1959, I, 928 ; 28 otto
bre 1959, n. 3166, id., Rep. 1959, voce cit., n. 364), per la quale l'accertamento del punto se, in relazione al suo
contenuto e alla natura delle censure mossele, una sentenza
di primo grado sia soggetta ad appello o soltanto al regola mento di competenza ; attiene ad una questione di ammssi
bilità, proponibilità dell'appello, e non ad un problema di
competenza del giudice di appello, ovvero della Corte di cassazione ; e, in conseguenza, la sentenza di secondo grado, la quale abbia dichiarato inammissibile l'appello, rite
nendo che la decisione di primo grado avesse statuito sol tanto sulla competenza, può essere denunciata in Cassa
zione solo a mezzo del ricorso ordinario, e non mediante
il regolamento necessario di competenza.
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1111 PARTE PRIMA 1112
Ciò premesso, e passando ad esaminare il primo motivo
del ricorso, si rileva che con esso il Caradonna, denunciando l'errata applicazione dell'art. 42, in relazione agli art. 49
e 50 cod. proc. oiv. ed ai principi generali, nonché la viola
zione degli art. 323 e 360 dello stesso codice, sostiene che la
sentenza del Giudice di primo grado, la quale aveva rite
nuto che la domanda proposta da esso ricorrente in sede civile per ottenere il risarcimento del danno a carico del
dennnciante costituitosi parte civile, avrebbe potuto essere
proposta, soltanto davanti al giudice penale, in modo ohe
questo potesse provvedere, a norma dell'art. 482 cod.
proc. pen., con la sentenza di proscioglimento, non conte
neva una statuizione sulla competenza, ma dichiarava
inammissibile la domanda, per cui, indipendentemente dalla formula adoperata nel dispositivo, la sentenza sarebbe
stata impugnabile soltanto con l'appello, e non già, come ritenuto dalla Corte di merito, con il regolamento di
competenza. Il motivo è fondato.
L'impugnata sentenza della Corte d'appello d.i Roma,
appare, invero, dominata da un duplice errore concettuale ; il primo di essi, di ordine generale, consiste nel ritenere che
il complesso sistema predisposto dal legislatore negli art. 42-50 cod. proc. civ. per regolare la competenza tra i
vari giudici civili, sia applicabile anche nell'ipotesi in cui
si profili un problema di conflitto, di discriminazione e di
attribuzione di competenza tra il giudice penale e il giudice civile a pronunciarsi su determinate pretese di natura
privatistica ; il secondo, più intrinseco alla specie, si con
creta nell'opinione che una pronuncia come quella adottata
dal Giudice di primo grado, negante che la pretesa dell'impu tato prosciolto al risarcimento del danno verso la parte
lesa, denunciante e costituitasi parte civile, fosse proponi bile in sede diversa dal giudizio penale, e dopo la chiusura
di questa, costituisce una dichiarazione di incompetenza del giudice civile, e non una pronuncia di merito.
Quanto al primo riflesso, è noto che non sussiste unani
mità di vedute, nè in dottrina, nè in giurisprudenza, sul
punto se la discriminazione, fissata dalla legge, di funzioni
giurisdizionali, tra giudice civile e giudice penale ordinari, costituisca un fenomeno di attribuzione e di ripartizione di giurisdizione, ovvero di semplice divisione di compe tenza. In omaggio alla concezione prevalente dell'unità
della funzione giurisdizionale ordinaria, penale e civile,
predomina l'opinione che si tratti di una semplice divi
sione di competenza ; e tale opinione è seguita, a maggior
ragione, per quanto attiene al potere del giudice penale di
giudicare, dati certi presupposti, connessione con la pub blica pretesa punitiva, su azioni e domande di natura
privatistica (costituzione di parte civile per ottenere il
risarcimento del danno derivato dal fatto-reato, domanda
di risarcimento di danni e spese a favore dell'imputato
prosciolto). Ma l'accettazione di tale concetto non è ancora
sufficiente per ritenere che, ogni qual volta il giudice penale declini la propria competenza sulla domanda di carattere
privatistico a favore del giudice civile, o viceversa, o,
comunque, si profili, sempre su domande di quella natura, un conflitto di competenza tra giudice penale e giudice civile, l'impugnazione di quelle pronunce e il componi mento, in genere, di quel conflitto, trovino la loro disci
plina nel già citato sistema degli art. 42 e segg. cod. proc. civile. Come è stato posto in evidenza, sia pure a proposito di specie diversa, in una recente decisione di questo Supremo
collegio, le predette norme costituiscono un sistema chiuso
nell'ambito del processo civile in senso proprio, un sistema
applicabile, cioè, soltanto al rapporto processuale instau
rato davanti al giudice civile, ed il loro scopo è quello di
fissare e di discriminare in concreto la competenza tra i
vari giudici civili ordinari, in base soltanto agli specifici e tassativi criteri di competenza fissati dal codice di rito
civile, ai quali è estraneo il criterio della connessione facol
tativa o necessario con la pubblica pretesa punitiva. Ne
deriva che è impossibile, per questo riflesso, il raccordo
tra le norme civilistiche del processo penale e il sistema dei
predetti art. 42 e segg. cod. proc. civile. In particolare, ove
il giudice penale abbia declinato la propria competenza a
giudicare su pretese di natura patrimoniale, designando
quale competente il giudice civile, e viceversa, non è
concepibile la translatio iudicii, non è cioè possibile consi
derare il rapporto processuale ancora in vita, pur dopo
quella pronuncia declinatoria di competenza, e trasferibile
con le forme, nei termini e con gli effetti previsti dall'art. 50
cod. proc. civ. davanti al giudice indicato come compe tente. Correlativamente, il conflitto di competenza nascente
da simili pronunce, non è ovviabile, neanche se la pronuncia
provenga dal giudice civile, con l'impugnazione a mezzo
del regolamento di competenza, considerate, tra l'altro, le
caratteristiche peculiari di simile rimedio, che si atteggia, oltre che ad impugnazione civile sui generis, anche ad
incidente del processo civile, e a strumento specifico, inteso, appunto, ai fini della continuità del rapporto proces suale, dopo la definizione, in forme semplici e sollecite, dell'incindente di competenza. S'intende che l'inapplicabi lità del regolamento di competenza non esclude il soccorso
di rimedi di altra natura, come, per la declinatoria di
competenza proveniente dal giudice civile, la trafila delle
impugnazioni ordinarie, attraverso le quali la questione
può pervenire pur sempre alle Sezioni civili della Corte di cassazione, che si pronuncerà su di essa con l'efficacia
regolatrice e vincolante propria di tutte le decisioni del
Supremo collegio sul tema della competenza. Pertanto, anche se nella specie la sentenza del giudice
di primo grado avesse inteso effettivamente declinare la
competenza del giudice civile a favore di quello penale, il giudice dell'appello avrebbe dovuto giudicare pur sempre del merito dell'impugnazione, e non dichiararla inammis
sibile in base all'errato presupposto che, contro quella pronuncia dei primi giudici, potesse essere proposto sol
tanto il regolamento di competenza. Ma, come si è già accennato, la sentenza della Corte
d'appello di Koma appare errata anche sotto altro, e,
per alcuni riflessi, assorbente profilo, in quanto deve
escludersi che nella specie la sentenza del Tribunale conte
nesse una pronuncia sulla competenza almeno in quel senso proprio e restrittivo che rende ammissibile, ó in taluni casi esclusivo, contro la pronuncia il rimedio del
regolamento di competenza. In sostanza, il Tribunale di Eoma, rilevato che, secondo
la giurisprudenza di questa Corte, a parte l'ipotesi della
denuncia calunniosa, la responsabilità civile del denunciante,
o, comunque, della parte lesa verso l'imputato prosciolto, può sorgere, a norma dell'art. 482, 2° comma, cod. proc. pen., soltanto dalla costituzione di parte civile nel giu dizio penale ; che la domanda di risarcimento di danni
per tale responsabilità (avente carattere processuale e
basata sul presupposto della colpa grave della parte) può, a norma del predetto art. 482 in relazione all'art. 383 cod. proc. pen., essere proposta esclusivamente davanti al giudice penale, il quale può provvedere soltanto con la sentenza di proscioglimento dell'imputato stesso ; accertato che nella specie l'imputato, avendo trascurato di proporre tale domanda in sede penale, l'aveva, invece, successiva mente proposta davanti al giudice civile ; da tali premesse trasse la conseguenza che la domanda fosse improponibile in quella sede civile, essendosi, a causa della omessa tem
pestiva proposizione in sede propria, avverata una defi nitiva decadenza del Caradonna dal diritto al relativo risarcimento del danno, in modo che nè il giudice penale nò alcun altro giudice avrebbe potuto più pronunciarsi su
quella domanda, nel senso dell'accoglimento. Ora, una pronunzia di simile genere, in cui dall'accer
tamento della omessa adizione del giudice esclusivamente
(funzionalmente) competente, e per ragioni di connessione
necessaria, ad tempus, cioè prima della chiusura defini tiva di un determinato processo, si desume la conseg lenza della perdita del diritto, e dell'azione, attiene piuttosto al merito che alla competenza, equivalendo, sostanzial
mente, quale che sia la formula, propria o impropria, usata nel dispositivo, ad una sentenza di rigetto definitivo, che rende inutile e inconcepibile l'adizione, nell'ambito dello stesso o di altro separato processo, di altro giudice, desi
gnato in ipotesi quale competente, perchè si pronunci su
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1113 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 1114
quella istanza. Deve, in proposito, essere considerato che
la legge concepisce la pronuncia sulla competenza, sia emessa
dal giudice di merito, sia emessa dal Supremo collegio in sede di ricorso ordinario, e tanto più se in sede di regola mento di competenza (che, come si è detto, pur avendo la
sostanza d'impugnazione, si profila, nello stesso tempo,
quale un vero e proprio incidente processuale), essen
zialmente in funzione strumentale e mediata rispetto alla
domanda, al processo e alla decisione finale di merito, cioè
quale un mezzo idoneo alla conservazione del rapporto
processuale o, comunque, a spianare la via al fine ultimo
del processo, che è quello di ottenere dal giudice, designato definitivamente quale competente, una pronuncia di merito
(rigetto o accoglimento della domanda giudiziale). Yale
a dire, la decisione sulla competenza, quando le questioni attinenti a tale presupposto processuale costituiscono
oggetto primario, immediato e diretto della pronuncia, serve a far proseguire il processo (cfr. art. 49, 2° comma, e 50 cod. proc. civ.), e tende a fissare in modo definitivo
innanzi a quale giudice il processo debba avere il suo
ulteriore svolgimento (o anche essere ripreso ex novo, ove
l'efficacia della pronuncia su tale tema, come avviene per le sentenze della Corte di cassazione regolatrici delle com
petenze, sopravviva alla estinzione dell'originario rapporto
processuale) sia che venga riconosciuto essere detto giu dice quello già adito originariamente dalla parte, sia che
venga identificato in altro giudice ; in quest'ultimo caso,
il legislatore vuole che alla dichiarazione di incompe tenza del giudice a quo corrisponda l'affermazione della
competenza concreta di un giudice ad quem, che possa ancora pronunciarsi su quella stessa originaria domanda,
tuttora impregiudicata. Invece, a veder bene, nello pronunce come quella in oggetto, la definizione della questione di
competenza avviene su un piano storico e retrospettivo, e in Via soltanto incidentale e pregiudiziale alla vera
sostanza della decisione, che è quella dell'accertamento
della perdita del diritto ; nè sarebbe ammissibile, neces
saria o utile, a seguito di quella pronuncia, una prosecu
zione, o una instaurazione ex novo del processo, davanti
a quel giudice (nella specie, penale), che sarebbe stato
olim competente. Ciò nemmeno allo scopo di fare dichia
rare o ribadire l'ormai avvenuto irreparabile pregiudizio del diritto e dell'azione.
La Suprema corte ha avuto più volte, in tempi recenti,
occasione di precisare concetti analoghi, sui criteri identi
ficatori della sentenza di merito in contrapposto alla
pronuncia sulla competenza, a proposito della questione,
già sopra indicata, circa la natura, e circa i mezzi di impu
gnazione, conseguentemente esperibili, delle sentenze d'ap
pello. che, per la ritenuta ammissibilità del solo regola
mento di competenza, abbiano dichiarato inammissibile
il gravame ordinario d,i secondo grado. In contrasto con tali concetti, la sentenza impugnata
ha ritenuto che il difetto attuale di ogni alternatività di
giudice, e l'impossibilità concreta di rivolgersi al giudice astrattamente competente, per far decidere sulla domanda
dell'imputato prosciolto, come tuttora impregiudicata, non
togliesse alla sentenza del Tribunale il carattere di pro nuncia sulla competenza, e da ciò ha desunto l'inammissi
bilità dell'appello. L'error:: è evidente, e quindi, l'impu
gnata sentenza dev'essere annullata con rinvio ad altro
giudice. L'accoglimento del primo motivo del ricorso importa
l'assorbimento degli altri due motivi, in cui, mediante
la riproposizione di censure già proposte, a suo tempo, con l'appello, si contesta, tra l'altro, l'interpretazione
più ricevuta degli art. 482 e 383 cod. proc. pen., nel senso
della preclusione della pretesa dei danni dell'imputato
prosciolto contro la parte civile, ove non fatta valere nel
processo penale, e si assume, altresì, che, nella specie, la
pretesa di risarcimento esulasse, almeno in parte, dall'am
bito della responsabilità processuale prevista dai predetti
articoli, derivando da comportamento gravemente colposo "
del denunciante come tale, indipendentemente dalla costi
tuzione di parte civile, e da altre attività illecite di ordine
chiaramente extraprocessuali. È ovvio che su queste
questioni dev'essere ancora svolto, in sede di rinvio, il
giudizio di secondo grado, totalmente mancato per essersi il giudice di appello territoriale arrestato erroneamente, in limine, alla dichiarazione di inammissibilità dell'appello. Così pure, non è luogo di occuparsi della dedotta eccezione di illegittimità costituzionale dell'art. 482 cod. proc. pen. clie, se interpretato nel senso più ricevuto, importerebbe, secondo il ricorrente, una preclusione ai diritti di difesa
giurisdizionale del cittadino, garantiti dalla Carta costi tuzionale negli art,. 3 e 24.
Trattasi, infatti, di una eccezione prematura nella fase attuale di giudizio, dovendo il problema dell'interpre tazione del predetto art. 482 essere ancora definito in fase di merito.
L'accoglimento del ricorso importa l'ordine di restitu zione del deposito per soccombenza (art. 382 cod. proc. civ.). Appare opportuno demandare al giudice di rinvio la pronuncia sulle spese di questo grado di giudizio (art. 385 cod. proc. civ.).
Per questi motivi, cassa, ecc.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
Sezione II civile ; sentenza 23 maggio 1960, n. 1315 ; Pres. Fibbi P., Est. Iannelli, P. M. Mazza (conci,
conf.) ; Sinisgalli (Avv. Russo, Yiceconte) c. Robi lotta (Avv. Petrelli, Talamanca).
(Conferma Trib. Lagonegro 30 giugno 1958)
Scrittura — Produzione e disconoscimento in primo
«jrado — Istanza di verificazione in appello —
Inammissibilità (Cod. proc. civ., art. 217, 324, 345).
No-n può proporsi per la prima volta in appello l'istanza di
verificazione della scrittura privata esibita in primo
grado e in quella sede debitamente disconosciuta dalla
parte contro cui è stata prodotta. (1)
La Corte, ecc. — Con il mezzo di ricorso il ricorrente
lamenta la violazione e falsa applicazione degli art. 214,
215, 216 e 345 cod. proc. civ., sostenendo che il Tribunale
sia incorso in errore nel ritenere preclusa in appello la
ìichiesta di verificazione della scrittura privata del 24
settembre 1948, sul presupposto che si trattasse di una
domanda nuova, quando avrebbe dovuto considerare la
richiesta stessa relativa ad un nuovo mezzo istruttorio, che, come tale, è ammissibile anche in appello.
La censura sopraesposta sottopone, quindi, all'esame
di questa Corte suprema la questione di diritto, risolta, come già detto, in senso negativo dalla denunciata sen
tenza, se cioè sia o non consentito proporre in appello, per la prima volta, l'istanza per la verificazione della privata scrittura acquisita al processo nel primo grado del giudizio e debitamente disconosciuta in quello stesso grado dalla
parte contro la quale è stata prodotta. Or giova rilevare preliminarmente che la questione
non è nuova nella giurisprudenza del Supremo collegio,
perchè essa, vigente l'attuale codice di rito, è stata esa
minata altre volte, con soluzioni, però, tra loro contrastant i.
(1) Gli immediati precedenti, nella giurisprudenza della
Corte suprema, son ricordati nel corso della motivazione : in
senso conforme Cass. 18 ottobre 1956, n. 3699, Foro it., Rep. 1956, voce Appello civ., n. 216 e voce Scrittura, nn. 36-38 ; App. Milano 9 ottobre 1951, id., Rep. 1951, voce Appello civ., n. 230 ;
Andrioli, Commento, II3, pag. 146, che pone come termine
preclusivo quello in cui l'istruttore, ai sensi dell'art. 209, dichiara
chiuse le prove. Contra Cass. 2 m&rzo 1957, n. 737, Foro it., Rep. 1957, voce Scrittura, n. 42 e 27 ottobre 1956, n. 3988, id., Rep. 1956, voce cit., n. 35 ; Denti, Verificazione di scrittura e giudizio
d'appello, in Riv. dir. proc., 1958, 106 (nota alle sentenze, n. 3988 e
n. 3699 del 1056, citate); La verificazione delle prove documentali, ! Torino, 1957, pag. 288 e segg.
Il Foro Italiano — Volume LXXXIII — Parte 1-72.
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