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Sezione III civile; sentenza 26 aprile 1961, n. 931; Pres. Mastrapasqua P., Est. Giansiracusa, P. M....

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Sezione III civile; sentenza 26 aprile 1961, n. 931; Pres. Mastrapasqua P., Est. Giansiracusa, P. M. Maccarone (concl. conf.); Corradini (Avv. Cattorini) c. Cohen (Avv. Musa) Source: Il Foro Italiano, Vol. 84, No. 9 (1961), pp. 1487/1488-1489/1490 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23174999 . Accessed: 25/06/2014 07:24 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.44.77.146 on Wed, 25 Jun 2014 07:24:38 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione III civile; sentenza 26 aprile 1961, n. 931; Pres. Mastrapasqua P., Est. Giansiracusa, P. M.Maccarone (concl. conf.); Corradini (Avv. Cattorini) c. Cohen (Avv. Musa)Source: Il Foro Italiano, Vol. 84, No. 9 (1961), pp. 1487/1488-1489/1490Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23174999 .

Accessed: 25/06/2014 07:24

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1487 PARTE PRIMA 1488

in altro modo qualsiasi, erano a conoscenza della costitu

zione delle servitù sull'immobile acquistato. E data ap

punto la necessità, che, per essere opponibili ai terzi ac

quirenti, le servitù già gravanti un fondo ma non ancora

trascritte siano specificatamente menzionate nell'atto di

acquisto del fondo, non hanno valore alcuno le clausole

del tutto generiche, di stile, con le quali si suole dichiarare

che l'acquisto ha luogo «... con tutti i pesi, gli oneri, le

servitù inerenti all'immobile » et similia. Sono tutti principi,

questi pacifici in dottrina e che ripetutamente questo

Supremo collegio ha affermato sia vigente il codice civile

del 1865 (cfr. sent. n. 2519 del 1926, Foro it., Rep. 1926, voce Trascrizione, n. 23 ; n. 3565 del 1928, id., Rep. 1928, voce cit., nn. 38, 39 ; n. 1740 del 1931, id., Rep. 1931, voce Servitù, n. 211) sia l'attuale (cfr. sent. n. 4205 del 1957,

id., Rep. 1957, voce Trascrizione, nn. 23-25 ; nn. 755 e 2845

del 1958, id., Rep. 1958, voce cit., nn. 10, 9). Ne consegue che, nel sistema della trascrizione, lo stato

soggettivo del terzo è normalmente irrilevante, e se in mate

ria si parla di buona e di mala fede del terzo rispetto un ti

tolo d'acquisto altrui è in significato del tutto diverso da

quello comune in diritto civile, cui si richiama il ricorrente.

Invero al riguardo si parla, piuttosto, di presunzione assoluta

(iuris et de iure) di ignoranza o di conoscenza dell'atto di tras

crizione e si dice che un terzo è in stato di buona fede quan do il precedente titolo non sia stato trascritto, ossia in base al dato oggettivo della mancata trascrizione, anche se, di

fatto, il terzo conosceva l'esistenza del titolo non trascritto

e, quindi, fosse soggettivamente in mala fede ; d'altra

parte è in mala fede il terzo quando il titolo sia stato, invece,

trascritto, cioè in base al dato oggettivo dell'avvenuta

trascrizione, anche se, di fatto, non era a conoscenza del

titolo e, quindi, soggettivamente fosse in buona fede. Si

potrebbe concludere che, in materia, il concetto di buona o di mala fede costituisce una sovrastruttura inutile, in

quanto ciò che conta è il fatto dell'avvenuta o non avvenuta

trascrizione poiché soltanto a tale fatto la legge ricollega, immancabilmente, certi effetti giuridici.

Orbene, avendo i Giudici del merito rigorosamente osser vati tali principi di diritto la loro pronuncia non può es sere annullata dato che essa, si adegua perfettamente alla situazione di fatto da essi accertata con un apprezzamento di fatto insindacabile in questa sede, anche perchè non

espressamente censurato, essendo pacifica tra le parti la situazione di fatto stessa. (Omissis)

Per questi motivi, rigetta, ecc.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezione III civile ; sentenza 26 aprile 1961, n. 931 ; Pres.

Mastkafasqua P., Est. Giansiracura, P. M. Macca rone (conci, conf.) ; Corradini (Avv. Cattokini) c. Cohen (Avv. Musa).

(Regolamento di competenza avverso Pret. Milano 14 luglio 1960)

Ingiunzione (procedimento per) — Clausola compro missoria — Eeeezione dell'opponente — Effetti

(Cod. proc. civ., art. 637, 808).

La clausola compromissoria, adietta al contratto in base al

quale viene richiesto un decreto ingiuntivo, non fa venir meno la competenza del giudice a concedere il decreto ; ma, se l'intimato propone opposizione eccependo la com

petenza arbitrale, la dichiarazione di incompetenza del

giudice determina la nullità del decreto. (1)

(1) La Suprema corte conferma la propria precedente giurisprudenza : v. Cass. 9 marzo 1943, n. 553, Foro it., 1943, I, 836, con nota critica di Micheli ; successivamente, le sentenze 19 giugno 1952, n. 1808, e 11 ottobre 1952, n. 2996, id., Rep. 1952, voce Ingiunzione, nn. 83, 84 ; 11 marzo 1961, n. 553, id.,

La Corte, ecc., — Viene pregiudizialmente eccepita l'inammissibilità dell'istanza di regolamento sotto il pro filo che la decisione impugnata non contiene una pronuncia sulla competenza, ma esclusivamente una pronuncia di me

rito, in quanto la clausola compromissoria rifletteva un

arbitrato libero, che, a differenza dell'arbitrato rituale,

importa solo improponibilità della domanda, onde la sen

tenza dichiarativa di tale improponibilità poteva essere

impugnata soltanto col mezzo dell'appello. In tesi generale, sebbene si neghi in dottrina che si possa

far richiamo alla nozione di competenza in senso tecnico

con riferimento agli arbitri, ai quali non può riconoscersi

un potere di giurisdizione, nondimeno si è indotti a pari ficare (riguardo agli effetti) a una pronuncia d'incompe tenza la improponibilità della domanda, pronunciata dal

giudice ordinario, allorché sia eccepita l'esistenza in con

tratto d'una clausola compromissoria. E la giurisprudenza, fondandosi su tale parificazione, ri

conosce implicito nella clausola l'effetto dell'incompetenza relativa, che può, come nella deroga di competenza terri

toriale, essere eccepita prima d'ogni altra eccezione. Un

tale effetto è però generalmente negato al caso in cui la

clausola configuri un arbitrato cosiddetto libero. Poiché

un tale arbitrato suppone che l'accordo preventivo delle

parti consista nel far definire convenzionalmente da un

terzo l'eventuale controversia, argomentasi che in una

clausola compromissoria di tal sorta non è configurabile una

deroga di competenza, in quanto il mezzo prescelto dalle

parti per dare assetto alla risoluzione della controversia

consisterebbe non già nella formazione, mediante giudizio, d'un atto destinato ad acquistare, come nell'arbitrato

rituale, autorità di sentenza, bensì consisterebbe nella for

mazione d'un atto avente natura ed effetti contrattuali. E

pertanto, non essendo ravvisabile nella clausola una deroga di competenza, la decisione d'improponibilità della domanda

non potrebbe essere impugnata con l'istanza di regolamento di competenza, mancandone il presupposto.

Nel caso in esame, invece, il tenore della clausola com

promissoria non rifletteva un arbitrato libero, in quanto mancava sia il conferimento agli arbitri dell'incarico di

regolare il rapporto mediante un accertamento sostitutivo

della volontà dei contraenti, sia l'impegno delle parti di considerare vincolante un tale accertamento ; rifletteva, bensì, un arbitrato rituale, in quanto agli arbitri attribui

vasi sostanzialmente il compito di sostituire con la propria decisione l'opera intellettiva del giudice.

Ciò posto, la pronuncia impugnata, con cui accoglie vasi l'eccezione d'incompetenza relativa, sollevata dalla

parte in base alla clausola compromissoria, anche se impor tava, come mero effetto di quell'accoglimento, la pronuncia d'improponibilità della domanda, non conteneva altro se non una pronuncia di competenza, e, pertanto, contro di essa non era ammissibile altra impugnazione se non quella del regolamento necessario di competenza, prevista dal l'art. 42 cod. proc. civile.

Ammissibile è quindi l'istanza di regolamento, benché debba disattendersene il motivo addotto, secondo il quale, poiché la richiesta d'un decreto ingiuntivo non presup pone una controversia, ma esprime soltanto una pretesa, mentre invece la controversia sorge dopo, con l'opposi zione al decreto, nel caso in esame si sarebbe dovuto rite nere che la pretesa di ottenere il decreto ingiuntivo costi tuisse un mero diritto, in quanto, subito dopo, appena noti ficato il decreto, gli ingiunti, ottemperandovi, si erano affrettati a pagare l'importo indicato nel decreto e sol tanto dopo avevano proposto tempestiva opposizione.

Senonché, dal fatto dell'avvenuto pagamento nulla è argomentabile ai fini dell'accoglimento dell'istanza. La

opposizione, anche se proposta dopo il pagamento, sortiva

Mass., 123. Conforme Trib. Lecce 1 marzo 1955, id., Rep. 1955, voce cit., n. 40. Contro, nel senso che il giudice manca fin dal l'inizio del potere di concedere il decreto, Trib. Milano 18 gen naio 1954, id., 1954, I, 395 ; Trib. Sulmona 3 agosto 1951, id., Rep. 1951, voce Arbitramento, n. 31.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

sempre l'effetto di far sorgere, nel giudizio di cognizione cui dava adito l'opposizione, una controversia in senso

processuale (non importa se anche in senso sostanziale), e il sorgere d'una siffatta controversia bastava a rendere

operante la clausola compromissoria espressamente ecce

pita dall'opponente, onde solo agli arbitri competeva, ove

mai, di risolvere la questione preliminare di merito se lo

eseguito pagamento rendesse inammissibile o no l'opposi zione per mancanza d'interesse. Fondatamente, quindi, il

Pretore, quale giudice dell'opposizione, dichiarò la propria

incompetenza. Tale dichiarazione non poteva che travolgere il decreto

ingiuntivo emesso ; ma non già (come affermasi nell'im

pugnata decisione) perchè il pretore fose incompetente, sin

dall'inizio, ad emetterlo, cioè per il solo fatto della esistenza

in contratto d'una clausola compromissoria, bensì in quanto era divenuto incompetente per effetto dell'opposizione con

cui erasi fatta valere la clausola compromissoria. In sostanza il principio applicabile è che il semplice

fatto dell'inserzione in un contratto della clausola compro missoria riflettente un arbitrato rituale, poiché pone in

essere una deroga comparabile, negli effetti, a quelli d'ima

incompetenza soltanto relativa, non impedisce al giudice

ordinario, che ne sia richiesto, di emettere decreto ingiun tivo nei limiti della sua normale competenza ; ma, affinchè

questa rimanga ferma, è necessario che l'ingiunto non faccia

tempestiva opposizione, o, nel proporla, si astenga dall'ec

cepire ritualmente la clausola compromissoria, oppure ri

sulti dall'interpretazione della clausola che questa ponga in essere un arbitrato libero o un arbitraggio, con esclu

sione dell'arbitrato rituale.

Venendo meno siffatte condizioni, viene meno la compe tenza del giudice ordinario ad emettere il decreto ingiuntivo, il quale resta per ciò necessariamente travolto ex j>ost dalla dichiarazione d'incompetenza.

Per questi motivi, rigetta, ecc.

CORTE feDPBEMA DI CASSAZIONE.

I

Sezione I civile ; sentenza 15 aprile 1961, n. 828 ; Pres.

Di Pilato P., Est. Passanisi, P. M. Silocchi. (conci,

conf.) ; Parlangeli (Avv. Lecciso) c. Parlangeli (Avv.

Ferri).

(Conferma App. Lecce 12 marzo 1960)

Tabacco — Concessione dei beni organizzati per la

coltivazione — Donazione — Validità tra le parti

(R. d. 12 ottobre 1924 n. 1590, regolamento per la colti

vazione del tabacco, art. 3, 13).

È valida tra le partì, pur senza il preventivo consenso della

pubblica Amministrazione, la donazione di una quota <lei beni organizzati per l'esercizio dei diritti derivanti da

una licenza di coltivazione del tabacco, della quale il

donante rimanga titolare. (1)

II

Sezione II civile ; sentenza 19 ottobre 1960, n. 2828 ; Pres.

ed est. Flore, P. M. Tavolaeo (conci, conf.) ; Mar

cucci (Avv. Jemolo, Fedele) c. Grassi (Avv. Massa,

Santoro), Cosina (Avv. Nicolò) e Tarantino.

(Conferma App. Lecce 5 gennaio 1959)

Tabacco — Concessione per la coltivazione — Attri

buzione agli eredi dell'intestatario — Presunzione

di parità delle quote (R. d. 12 ottobre 1924 n. 1590, art. 41).

Ove, morto il titolare della licenza di coltivazione del tabacco, VAmministrazione conceda la licenza agli eredi, il diritto di questi ultimi deriva esclusivamente dalla nuova licenza, e fra loro, in mancanza di disposizioni o convenzioni, si

determina una comunione, avente ad oggetto la concessione, le cui quote si presumono eguali. (2)

I

La Corte, ecc. — Con il primo mezzo del ricorso le

sorelle Parlangeli lamentano la violazione e l'errata appli cazione dei principi in materia di concessioni amministra

tive, nonché degli art. 3 e 13 del regolamento sulla colti vazione indigena del tabacco, appr. con r. decreto 12 ottobre

1924 n. 1590 e 1346 cod. civ. e censurano la sentenza im

pugnata per avere dichiarato valida la donazione fatta

dalla loro madre Crocefissa Quarta a favore del loro fra

tello Antonio ed avente per oggetto i diritti, le azioni e

le ragioni sulla concessione per la lavorazione dei tabacchi, senza considerare : 1) che non è possibile dividere «i diritti, le azioni e le ragioni » sulla concessione dalla concessione

stessa, la quale ha consistenza economica e giudirica unica

mente in quanto accompagnata dalla licenza; 2) che una

eventuale distinzione tra titolare della licenza e titolare della

azienda violerebbe il citato art. 3 del regolamento, secondo

il quale è concessionario il titolare della licenza ; omettendo,

altresì, con evidente difetto di motivazione, di indicare la

distinzione fra la concessione, che è intrasferibile ed il com

plesso patrimoniale, tra feribile indipendentemente dalla

licenza.

Le censure non hanno alcun fondamento.

La Corte d'appello di Lecce con apprezzamento di me

rito incensurabile, perchè tratto dalla valutazione di tutte le risultanze processuali ed in ispecie dalla interpretazione dell'atto pubblico di donazione 18 maggio 1944, adeguata mente motivato, ha accertato in fatto che la donazione stessa, fatta da Crocefissa Quarta al figlio Parlangeli Antonio, aveva

avuto per oggetto «la quota del complesso patrimoniale» (im mobiliare e mobiliare), « che consentiva l'esercizio dei diritti

derivanti » dalla nota licenza di coltivazione del tabacco, intestata alla donante e non già la licenza stessa. In propo sito,! Giudici di appello hanno precisato cheerano stati attri

buiti dalla donante al donatario l'immediato possesso legale e materiale, anche di ogni rendita, che la concessione poteva

produrre nella misura dei diritti a lei pervenuti dal defunto

marito, e che la parola « concessione », adoperata nell'atto

pubblico di donazione, era stata usata unicamente come

termine di riferimento delle anzidette rendite e non già nel significato di trasferimento della licenza concessione

n. 276, la quale era rimasta intestata al nome della donante

ed allo stesso nome era stata rinnovata, restando sempre, di fronte all'Amministrazione dei monopoli, la titolare della

licenza stessa. La Corte di merito, dopo tale accertamento, affermava che la donazione era pienamente valida fra i

contraenti ed i loro aventi causa, non ricorrendo la nullità dedotta dalle attuali ricorrenti e fondata sulla violazione delle norme del regolamento della coltivazione indigena del tabacco (art. 3 e 13). Considerava la Corte di Lecce :

(1-2) Cons., in senso conforme alla prima massima, App. Firenze 1 giugno 1960, Foro it., Rep. 1960, voce Tabacco, nn.

1, 2. V., anche, Cass. 28 maggio 1958, n. 1802 (id., 1959, I, 307, con nota di richiami), la quale distingue tra il trasferimento della concessione (del quale, p r non essere lecito, non può tenersi conto nella formazione fittizia della massa ereditaria, ancorché alcuno dei successori del concessionario abbia ottenuto di continuare l'esercizio) e la cessione dei beni strumentali desti

nati all'esercizio dell'attività, che forma oggetto della concessione. Sulla seconda massima, cons, la citata sentenza 28 maggio

1958, n. 1802, nella parte della motivazione, in cui precisa che alla situazione, determinata dalla concessione, « fa riscontro non

già un diritto soggettivo, ma una mera aspettativa ; la quale, riguardata a priori, e cioè con riferimento allo stato di fatto e

di diritto sussistente al momento dell'apertura della successione, risulta priva, in sè e per sè, di qualsiasi rilevanza economica ».

La sentenza 5 maggio 1959 della Corte d'appello di Lecce, ora confermata, è riassunta nel nostro Rep. 1959, voce cit., n. 1.

Il Foeo Italiano — Volume LXXXIV — Parte 1-96.

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